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Angelo Mereu Angelo e nuvole

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Povero Fenton

Povero Fenton

Angelo nuvolee

Da ragazzo, nell’anima tutta “strepito e furore” (Macbeth), la poesia faceva romanticamente -ma drasticamente- i conti con l’idea di famiglia, patria, oro, suggerendo di ispirarsi alle nuvole per la propria “educazione sentimentale”. Il mio legame con la serie di fotografie di Angelo Mereu dedicate alle nuvole, “le nuvole, le meravigliose nuvole” è dunque particolarmente profondo e antico. Nell’atto V, scena V del Macbeth, di William Shakespeare, dopo il passaggio Domani, e poi domani, e poi domani, / il tempo striscia, un giorno dopo l’altro, / a passetti, fino all’estrema sillaba / del discorso assegnato, spesso evocato su queste pagine, si incontra La vita è solo un’ombra che cammina, / un povero attorello sussiegoso / che si dimena sopra un palcoscenico / per il tempo assegnato alla sua parte, / e poi di lui nessuno udrà più nulla: / è un racconto narrato da un idiota, / pieno di grida, strepiti, furori, / del tutto privi di significato!

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di Lello Piazza

Vi parlo di un fotografo eccezionale, singolare e unico -Angelo Mereu-, e delle sue Nuvole. Come sempre, gli argomenti che affrontiamo in queste pagine finiscono per disegnare un intreccio ingarbugliato di molteplici fili. Nessuno dei quali è rouge.

Angelo Mereu mi perdonerà, se approfitto delle sue Nuvole per rievocare una mia esperienza di ragazzo. A quei tempi, che ricordo come beatamente tumultuosi, si sfogliavano libri e si trascrivevano su libriccini segreti le osservazioni in cui si inciampava, e che più ci piacevano. Una di queste fu l’illuminate poesia Lo straniero (L’étranger) del poeta francese Charles Baudelaire (1821-1867), tratta da Le Spleen de Paris (una collezione di cinquanta poemetti in prosa, pubblicato nel 1869, due anni dopo la prematura scomparsa del poeta). [Nota a margine: uno dei fili legati a Charles Baudelaire riporta al suo spavaldo ritratto di Nadar, del 1855].

Ma non lasciamoci strangolare dai fili, e approdiamo alla poesia. Eccone il testo.

Dimmi, enigmatico uomo, chi ami di più? tuo padre, tua madre, tua sorella o tuo fratello? – Non ho né padre, né madre, né sorella, né fratello. – I tuoi amici? – Usate una parola il cui senso mi è rimasto fino a oggi sconosciuto. – La patria? – Non so sotto quale latitudine si trovi. – La bellezza? – L’amerei volentieri, ma dea e immortale. – L’oro? – Lo odio come voi odiate Dio. – Ma allora, cosa ami, meraviglioso straniero? – Amo le nuvole... Le nuvole che passano... laggiù... Le meravigliose nuvole!

Da ragazzo, nell’anima tutta “strepito e furore” (Macbeth), la poesia faceva romanticamente -ma drasticamente- i conti con l’idea di famiglia, patria, oro, suggerendo di ispirarsi alle nuvole per la propria “educazione sentimentale”. Il mio legame con la serie di fotografie dedicate alle nuvole da Angelo Mereu, “le nuvole, le meravigliose nuvole”, è dunque particolarmente profondo e antico.

Chi è Angelo Mereu? Per una risposta esauriente, rimando alla nostra edizione dello scorso novembre Duemilaventuno. Se dovessi aggiungerne una mia, userei il sostantivo “poeta”. Un poeta nella vita, per la grazia con la quale intrattiene relazioni con le persone, per la delicatezza dei suoi lavori come orafo, per le molteplici declinazioni con cui interpreta la Fotografia. Un poeta in armonia con l’infinito vivente (svaligiando, questa volta, la definizione al capitano Nemo).

Scegliendo all’interno dell’infinito vivente quella piccola porzione che riguarda la Fotografia, ricordo la curiosità e rapidità con le quali Angelo Mereu si è adattato al digitale, lui che della pellicola fotosensibile ne ha frequentate anche intelligenti arbitrarietà (per esempio, in infrarosso). Realizzò fotografie appassionanti e coinvolgenti anche con il suo primo cellulare, un Nokia antidiluviano [detta oggi], con un sensore da 0,3 milioni di pixel (rispetto i valori tecnologici attuali). Credetemi: realizzare belle, bellissime fotografie con quello strumento “primordiale” fu un’impresa che riuscì a pochissimi fotografi nel mondo; e non mi limito all’aspetto formale, ma allungo sul contenuto.

Sulla tecnica che gli permise di ottenere quei piccoli capolavori, scrisse per me anche una serie di consigli che pubblicai sulla rivista Airone, insieme con le sue immagini, originariamente stampate su una carta caratteristica riciclata, che gli ha permesso di ottenere effetti simili all’acquerello. (continua a pagina 45)

Allora, sessanta anni fa, la formidabile architettura culturale di un liceo portava frequentemente noi ragazzi a inciampare in infiniti argomenti che ci piacevano. In quell’architettura, mancava la fotografia, nella quale sarei incespicato più tardi. Ma c’era la pittura e, dopo Charles Baudelaire, c’erano le nuvole che fecero parte della mia educazione sentimentale.

Fu inevitabile inciampare nelle opere del surrealista belga René Magritte (1898-1967), soprattutto in quelle dedicate alle nuvole. Come e prima di Angelo Mereu, nel proprio lavoro, René Magritte sembra vivere a tratti con la testa tra le nuvole. Molte sue opere, tutte folgoranti, contengono o si riferiscono a nuvole.

Forse, fu il quadro Grelots roses, ciels en lambeaux (Campane rosa, cieli a brandelli; olio su tela 73x100cm), del 1930, anzi la sua parte sinistra, il capostipite di differenti opere in diversi periodi dedicati alle nuvole, ognuna delle quali era intitolata La Malédiction.

Da dove nascerebbe questo interesse di René Magritte per le nubi? L’artista belga si interessava a ciò che si crede di conoscere, ma che -in realtà- non si comprende affatto. Cosa c’è di più facile che vedere nubi nel cielo, si chiedeva il pittore? Cosa c’è di più misterioso e sfuggente? Dipingendo le nuvole, il surrealista René Magritte si pone grandi domande sul cielo e sulla loro presenza. Il cielo, “dove si parla di azzurri, nuvole e fragilità della felicità”, avrebbe ispirato l’artista per tutta la vita.

Lo stesso sentimento di Angelo Mereu? Dal sedici luglio al trentuno agosto, le Nuvole di Angelo Mereu sono state esposte presso La Stanza del Vento, nel piccolo borgo di Montemarcello, in Liguria, il cui territorio fa parte del Parco Naturale Regionale di Montemarcello - Magra - Vara, istituito nel 1985. Eletto tra i cento borghi più belli d’Italia, si trova a duecentocinquanta metri sopra il mare, nell’ultima propaggine della Liguria, il promontorio del Caprione, separato dalla Toscana dal fiume Magra. Da Montemarcello, c’è una vista sulle Alpi Apuane e l’Arcipelago Spezzino. L’accogliente La Stanza del Vento ospita l’associazione culturale omonima, dedicata a Enrico Negretti, giornalista, inviato speciale del quotidiano Corriere della Sera per oltre quarant’anni. L’associazione nasce nel 2010, per opera di Paola Ciana Negretti, e ogni anno ospita una mostra d’arte (pittura, scultura o fotografia), che rimane aperta tutta l’estate. Nello stesso periodo espositivo, si svolgono autorevoli presentazioni di libri, si tengono piccoli concerti, momenti teatrali e dibattiti culturali, sia in riferimento alle opere alle pareti o tra le stanze, sia da queste svincolate. Delle fotografie di Nuvole, di Angelo Mereu, è stato realizzato un catalogo ben confezionato (rispettoso dell’autore: chi dai tanti/troppi Festival fotografici italiani può affermare lo stesso?), distribuito ai visitatori della mostra, magari attirati anche dal fascino della via dei poeti, che dal Golfo di Lerici arriva a Bocca di Magra.

(continua da pagina 40)

Ma torniamo alle Nuvole. Sentiamo come ne riferisce lo stesso Angelo Mereu.

«Ho iniziato con le prime immagini di nuvole, in bianconero, tra il Millenovecento ottanta e il Millenovecento ottantacinque, con una Nikon F2 e un grandangolare estremo Venti millimetri. La mia scoperta delle nuvole avvenne grazie all’uso di un filtro rosso, che scurisce il cielo ed esalta il contrasto. Ma il massimo della qualità, nel risultato finale, l’ho raggiunto nel laboratorio di Patrizio Parolini, a Milano, con le sue magistrali stampe bianconero.

«Le fotografie sono state scattate tutte su pellicola. L’unica digitale, recente, è quella di mio nipote Tobia, nella quale le nuvole somigliano a sue ali. L’ho scattata a casa mia, a Porto Rafael, in Sardegna, l’estate scorsa (e senza filtro rosso). È anche l’unica fotografia “posata” delle mie Nuvole. Chiesi a Tobia di spalancare le braccia, per far collimare le ali delle nuvole con il suo corpo, ottenendo l’impossibile immagine di un piccolo angelo reale... un Piccolo Principe.

«La composizione di Nuvola Sardegna, invece, fu un colpo di fortuna. Era la seconda volta che questa nuvola mi capitava in cielo! La prima, non fui abbastanza pronto. Bisogna agire rapidamente, essere il più veloce possibile a scattare, perché in un attimo ogni nuvola cambia forma. Anche questa fotografia è analogica, pellicola Quattrocento Iso, realizzata nel porticciolo di Porto Rafael, mi pare nel Duemila, con una Nikon F100 e uno zoom 24-120mm. Qualche invidioso ha sostenuto che ero intervenuto con una aggiustatina digitale. Gli ho risposto che ho il negativo!

«Dell’intera serie, l’unica fotografia “straniera” è quella scattata in Messico. Tutte le altre sono state realizzate in Sardegna».

Non suggerirò nessuna interpretazione critica delle fotografie di Angelo Mereu. Avete la fortuna di averle davanti agli occhi, per quanto in selezione: lasciatevi catturare, assecondando le emozioni che suscitano (o non suscitano) nella vostra Anima.

Mi preme -invece- riferirmi, molto brevemente, alle nuvole nella Storia delle Fotografia. Sono molti i fotografi che hanno nuvole tra i propri soggetti. Ma sono pochissimi quelli che vi hanno dedicato progetti completi. Oltre ad Angelo Mereu, ovviamente.

Sollecito la vostra curiosità ad andarveli a scoprire, sul web o sui libri, e a confrontare le loro immagini con quelle qui in pagina; ne menziono tre.

Comincio dagli Equivalents [straordinariamente valutati dalla Storia; sopravvalutati?], un cammino durato dal 1925 al 1934, realizzato dal fotografo statunitense Alfred Stieglitz (1864-1946). Ecco il suo nuvole-pensiero: «Volevo fotografare le nuvole, per scoprire che cosa avessi imparato in quarant’anni di fotografia. Attraverso le nuvole, esporre la mia filosofia della vita, mostrare che le mie fotografie non erano dovute al soggetto, non a privilegi speciali: le nuvole erano lì per tutti; non erano sottomesse a tasse, erano libere».

Poi, cito Luigi Ghirri (1943-1992), che -nel 1974- scattò ogni giorno dell’anno una fotografia del cielo. Questo lavoro prese il nome di ∞ Infinito. Le trecentosessantacinque immagini sono riunite e accostate in un mosaico di tessere bianche, azzurre, con nuvole di varie forme, grigie gialle, monocrome.

Il terzo lavoro è quello realizzato dalla fotografa greca Tzeli Hadjidimitriou, nata a Lesbo, l’isola di Saffo, nel 1964 (www. odoiporikon.com / cloudscapes_gallery). Dedicato al cielo sopra l’isola di Kythira (Cythera), insieme a fotografie del cielo scattate in altre parti della Grecia, il progetto è stato raccolto in nella monografia O χρόνος χάθηκε στα σύννεφα / Time Fading into Clouds, le cui immagini mi evocano nubi di omerica memoria, che spetta a Zeus di riunire. νεφεληγερέτα Ζεύς [Nebulosa Zeus]: Iliade, Libro I, 511. ■ ■

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