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controeditoriale

Pomodorini che marciscono sulla pianta o cadono in terra, senza essere raccolti, “perché oggi il mercato non li vuole”. E se li vuole li paga “ non più di 30 centesimi al chilo, quando il costo di produzione per le aziende locali oggi supera l’euro”. è la denuncia dei produttori di ortaggi del ragusano, che di fronte alle telecamere Rai del Tgr Sicilia - il servizio è andato in onda il 4 gennaio (a lato un frame) - parlano di una situazione a dir poco drammatica, in cui centinaia di aziende rischi di fallire Nelle serre del ragusanoanche del siracusano - ci sono infat ti tonnellate di prodotto che resta sulle piante, invenduto, e il triste destino che si prospetta è quello di finire al macero. “Tutto ha origine da un problema di fondo, la carenza di manodopera - spiega Giuseppe Cilio, presidente di AASSE (Associazione Agroalimentare Sicilia Sud Est) e ceo di Italo’s Farmer brand premium degli ortaggi sicili. In estate molte aziende si sono t prive di operai e sono state costrette a posticipare i trapianti. A ciò si aggiunge il clima anomalo tra fine e inizio anno, con temperature primaverili, giornate soleggiate e assenza di piogge: condizioni che hanno anticipato le raccolte. Insieme questi due fattori hanno causato un surplus di prodotto sul mercato, incapace di assorbire tutta l’offerta A complicare le cose, la concorrenza agguerrita dei Paesi extraeuropei, come il Marocco” “Si parla tanto di sovranità alimentare - aggiunge il ceo di Italo’s Farmer - questo è il momento di mettere in pratica le parole. Noi italiani non siamo mai stati dei bravi patrioti. In situazioni come questa occorrerebbe evitare l’import per dare spazio ai prodotti locali, ma noi produttori non abbiamo voce in capitolo Solo il Governo può dire alla GDO di regolarizzare le entrate e le uscite, favorendo un dialogo costruttivo tra attori della filiera Se la politica ci mette gli uni contro gli altri finiremo per farci male tutti”.

“Dal punto di vista commerciale - commenta Enzo Di Rosa, fondatore de La Marca del Consumatore - si è spinto l’acceleratore sulla leva del prezzo, che non è solo il punto di incontro fra domanda e offerta, ma anche un modo per comunicare con gli acquirenti. Il prezzo basso è quello del prodotto che costa meno, ma anche quello che fa pensare al consumatore di averci quasi guadagnato, di fatto l’affare All’inizio dell’era low t tutto sembrava un affare Sembrava addirittura che fino a quel momento ci avessero quasi imbrogliato. Il low cost invece ci rende p i ù p o v e r i : m e n o q u a l i t à e meno ambizione di accedere a beni e servizi migliori. Si frena così lo sviluppo e si insegna a non percepire la qualità Le persone percepiscono meno reddito e si appiattiscono i consumi Se tutto è alla portata di tutti, il ndo non diventa più egualitario, Tutto non è alla portata di tutti e la qualità si abbassa non solo per il prodotto che compriamo, ma per l’intera economia. Esiste un destino ineluttabile per il quale siamo condannati a vivere in un modello con queste contraddizioni? O forse c’è la possibilità di mettere assieme qualità del prodotto, dignità del lavoro, tutela dell’ambiente e salute? Quello che serve è un patto di assunzione di corresponsabilità collettiva a quattro mani: il mercato, istituzioni lungimiranti, cittadinanza attiva e imprese responsabili”.

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