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Basket, un gioco di squadra davvero inclusivo

I

l basket fa parte della mia vita praticamente da sempre. Ho indossato la mia prima uniforme a sette anni, e da allora non l’ho più lasciata. La mia passione per questo sport mi ha accompagnato in tutto il mio percorso di vita, dalle elementari agli studi all’estero, e continua a essere il mio “luogo felice” durante il proseguimento della mia carriera professionale. Adesso mi diletto in

BASKET efficiente allenamento di cui ho fatto tesoro anche nella vita professionale. Della pallacanestro mi piace lo spirito, la sfida, il mettersi in gioco insieme agli altri, pur mantenendo sempre la propria individualità. Quando ho vissuto negli UN GIOCO Stati Uniti e nel Regno Unito, il basket è stato un ottimo modo per conoscere persone nuove e “fare squadra” con colleghe e colleghi di tutto il mondo: è uno sport che non fa distinzione di genere o DI SQUADRA di nazionalità, fondato e pervaso da uno spirito di grande inclusione, un valore che ho imparato presto a far mio, anche grazie a questo sport meraviglioso. DAVVERO Una squadra di basket è composta da cinque persone e questo impone un clima di grande cooperazione: un numero così ristretto di giocatori permette INCLUSIVO al singolo di partecipare alla dinamica del gioco in maniera attiva e di avere un impatto che può rivelarsi determinante. D’altro canto, sul campo non esistono protagonismi, poiché ogni membro del Spesso, quando si cresce, ci si dimentica team ha una parte fondamentale da giocare in armonia con il resto della squadi quanto siano importanti le passioni dra. Il basket è l’esempio perfetto di sport in cui il noi trionfa sempre sull’io.nate da bambini, che ci permettono di Col passare del tempo, nella mia ritagliarci del tempo solo per noi. vita professionale sono aumentati i compiti e le responsabilità, ma il basket continua a essere, appunto, un gioco il cui obiettivo ultimo è quello di tutte un campionato over 40, ma l’emozione le attività ludiche: divertirsi, come ci un attimo prima di scendere in campo, si diverte quando si è bambini. Spesl’adrenalina della conquista della pal- so, quando si cresce, ci si dimentica la e la gioia di far canestro, pur dopo di quanto siano importanti le passiotanti anni, sono uguali al primo giorno. ni che ci permettono di ritagliarci del Gioco nel ruolo del playmaker, e cioè il tempo, che sia solo per noi. Mettermi giocatore che detta i ritmi della squadra, a giocare, che sia allenamento, partita chiama gli schemi d’attacco e, in poche o “campetto”, mi fa sentire come il raparole, imposta il gioco: imparare a co- gazzino che palleggiava e tirava quanordinare i miei compagni e bilanciare il do aveva dieci anni… e gli acciacchi del gioco per mettere il talento di ognuno al giorno dopo, però, mi ricordano che di servizio della squadra è da sempre un tempo ne è passato un po’.

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