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UE VERSO UNA POLITICA ENERGETICA COMUNE?
Per la transizione green sono necessari circa 520 miliardi di euro l’anno da oggi al 2030, oltre ai circa 250 miliardi di euro fino al 2027 per completare il ‘decoupling’ dell’economia europea dalle fonti energetiche russe.
Lo scenario geo-politico, e di conseguenza quello energetico, è profondamente mutato dopo il 24 febbraio 2022, con l’invasione russa dell’Ucraina e la decisione, da parte della stessa Federazione Russa, di utilizzare il gas come strumento politico, riducendone i volumi verso l’Europa già qualche mese prima dell’invasione, e minacciando a più riprese la completa sospensione delle forniture.
Lo scenario internazionale, però, può cambiare ad un ritmo più veloce della capacità di azione dell’Europa, un fenomeno che rischia di minare la competitività europea e il suo ruolo di potenza economica nel contesto geo-politico che si determinerà nel post-guerra in Ucraina.
Nell’immediato, gli Stati membri sembrano avere gestito gli approvvigionamenti necessari per l’inverno 2022-23, differenziando le fonti (dalla Norvegia e dal Sud del Mediterraneo), aumentando la capacità di utilizzo del gas liquefatto (LNG) importato via nave da Qatar e Stati Uniti, e al contempo riducendone i consumi. Tuttavia, tale strategia è stata basata anche sul riempimento di stoccaggi, a cavallo tra primavera ed estate, utilizzando gas russo a questo scopo, gas che potrebbe non essere disponibile per la prossima stagione. Da qui la necessità di formulare una strategia comune, coerente per la gestione delle prossime stagioni invernali e da gestire a livello comunitario. Gli Stati membri stanno faticando a trovare un accordo su un mix di politiche coerenti che possano dare risposta a questo mutato contesto internazionale, a riprova del fatto che le questioni energetiche, non a caso lasciate al di fuori delle libertà fondamentali del mercato interno, muovono considerazioni strategiche di lungo periodo di non facile soluzione. Eppure, è evidente un duplice rischio. Senza politiche comuni, esiste un tema di autonomia degli approvvigionamenti per i prossimi due anni, che rischia di creare razionamenti in alcuni Paesi europei, o una ulteriore esplosione dei costi
STIMA DELLA PERDITA DI BENESSERE DOVUTA A DIVERSI IMPATTI CLIMATICI FUTURI APPLICATA ALL’ECONOMIA ODIERNA, PER REGIONE E LIVELLO DI RISCALDAMENTO GLOBALE, % DEL PIL energetici. Inoltre, procedere in ordine sparso sul tema dell’autonomia energetica potrebbe rallentare il percorso della transizione alle rinnovabili, con grave danno anche economico per l’Unione. La necessità di andare in questa direzione è messa in evidenza dalle stime di perdita di welfare nel caso di aumento della temperatura.
Clima Vs Pil
Il totale delle perdite di benessere dell’UE28 (compreso il Regno Unito), sarebbero di almeno 175 miliardi di euro all’anno con un aumento della temperatura di 3°C, 83 miliardi di euro con 2°C e 42 miliardi di euro con 1,5°C. Le regioni più colpite dai cambiamenti climatici subiranno probabilmente anche perdite materiali maggiori, soprattutto se questi luoghi sono meno preparati, come suggeriscono i dati di ND-GAIN (2022). I risultati della Commissione confermano che l’Europa meridionale sarebbe la più colpita, con una perdita annua dell’1,3% del PIL con un riscaldamento globale di 2°C, rispetto a una media per l’UE28 di solo lo 0,7 per cento.
Nell’ottobre 2022 (al summit comunitario di Praga), l’allora primo ministro italiano Mario Draghi, affermava che si rischia di perdere la nostra identità europea, se non si affronta la crisi energetica in modo ordinato. Il vero passaggio di identità è nella sfida offerta dalla corrente situazione geopolitica vista come opportunità per accelerare sul tema delle energie rinnovabili, nella fase della transizione del Green Deal. Il nodo più che economico diventa di natura politica. L’uso di tassazione e sussidi dovrebbe essere coordinato a livello europeo senza creare delle frizioni sul mercato interno. Il coordinamento delle regole fiscali, quindi, diventa un passaggio rilevante nel percorso di
RINCARI PER LE FAMIGLIE E DOMANDA DI GAS CAMBIAMENTI NEI PAESI DELL’UE
SOSTEGNO FORNITO DA ALCUNI PAESI DELL’UE AI LORO CITTADINI E ALLE LORO IMPRESE (SETTEMBRE 2021-LUGLIO 2022)
In Europa
indipendenza energetica e di una ordinata transizione climatica. Condividere costi e benefici in una situazione di disparità dei percorsi di crescita, in presenza di elevato indebitamento, richiede un cambio di approccio, maggior visione e solidarietà.
MERCATO DELL’ENERGIA
L’impatto della crisi energetica e la risposta che ne deriva definirà la struttura fisica e istituzionale del settore energetico europeo. E non solo. La necessità di indipendenza energetica è una delle vie di salvaguardia della pace.
La Commissione stima che per la transizione green siano necessari circa 520 miliardi di euro l’anno da oggi al 2030, oltre ai circa 250 miliardi di euro fino al 2027 per completare il ‘decoupling’ dell’economia europea dalle fonti energetiche russe. Evidentemente queste risorse non possono arrivare solo dagli investimenti pubblici. Nel mondo finanziario, queste risorse possono essere disponibili. Tuttavia, la maggior parte delle risorse finanziarie è nelle mani di generazioni che non sono particolarmente sensibili al tema del cambiamento climatico. Per attrarre l’investimento degli scettici e limitare i rischi da greenwashing, i cui costi sono maggiormente elevati a causa della crisi energetica, è necessario rendere attraenti gli investimenti in energie rinnovabili, in modo da generare già oggi rendimenti positivi rispetto ai benefici attesi futuri. Fino al 2018 l’Ue ha sviluppato circa il 23% dei brevetti mondiali in tecnologie legate all’ambiente (seguita da USA e Cina). Se, come indica l’IEA, l’investimento in energie rinnovabili dell’Ue rappresenta il 27% del livello mondiale (contro il 13% degli USA), si nota che l’investimento in innovazione e R&D verde ha iniziato a decrescere. Quindi mobilitare il capitale rispetto a questi investimenti, con sussidi o incentivi di natura europea, è un passaggio necessario per la realizzazione del moltiplicatore di cui sopra.
La crisi energetica derivante dalle tensioni geopolitica mette in evidenza la necessità di un cambio di visione nella gestione della ‘casa comune’, l’Europa, per raggiungere gli obiettivi di transizione climatica, ma anche innovare il modello economico, attraverso la condivisione delle informazioni. La fragilità dell’Europa si manifesta nella sua incapacità di riconoscere il proprio punto di forza nell’essere più unita, come mercato dell’energia, come mercato dei capitali, come insieme di cittadini, che credono nei principi che hanno dato origine alla nascita dell’Europa stessa.
AZIONI E BOND: CATALIZZATORI SOTTO LA LENTE
I mercati finanziari hanno realizzato performance ampiamente positive dall’inizio dell’anno, guidati principalmente da due fattori: da un lato, il rallentamento dell’inflazione e, dall’altro, i dati relativi alla ripresa dell’attività economica che riducono il pessimismo degli investitori sulla probabilità di una recessione. Quest’ultimo fattore può essere un importante catalizzatore per i mercati, ma non necessariamente positivo: la resilienza della crescita aumenta la probabilità che l’inflazione si riduca più lentamente e resti su livelli più elevati rispetto a quelli pre-pandemia, mettendo a dura prova le valutazioni dei segmenti più cari all’interno delle azioni globali, come gli Stati Uniti. Le azioni dei Paesi emergenti, in particolare la Cina, hanno invece prospettive di revisione al rialzo degli utili e valutazioni interessanti. Le obbligazioni sono tornate ad essere uno strumento da inserire all’interno dei portafogli, soprattutto quelle di qualità più elevata che in un contesto di inflazione in calo riescono di nuovo a svolgere il loro ruolo di diversificazione e a coprire dal rischio di una recessione. Preferiamo la parte breve della curva e strategie flessibili in grado di beneficiare della volatilità causata dal bilanciarsi di una crescita più resiliente e cicli di inasprimento delle banche centrali ormai ben avanzati.
Idrogeno
CPR Invest - Hydrogen, un’opportunità da cogliere per creare valore investendo nell’ecosistema dell’idrogeno: dà accesso a un mercato innovativo e ad alto potenziale; si stima che l’idrogeno coprirà circa il 17% dell’intero fabbisogno energetico entro il 2050**; l’idrogeno potrebbe avere un ruolo determinante per la riduzione delle emissioni di gas serra. amundi.it
*Fonte: IPE “Top 500 Asset Managers” pubblicato a giugno 2022, sulla base delle masse in gestione al 31/12/2021.
**ETC (Energy Transition Commission), “Making the Hydrogen Economy Possible”, aprile 2021.
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