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RICLASSIFICAZIONE DEI FONDI SOSTENIBILI
La nuova normativa europea sugli investimenti sostenibili ha creato una rivoluzione nel settore del risparmio gestito. Le comunicazioni ESG sono ora le priorità dei Consigli di Amministrazione. Tuttavia, sul mercato regna una notevole confusione.
Negli ultimi anni abbiamo visto come il panorama legislativo a livello europeo abbia continuato a svilupparsi, con l’entrata in vigore di molteplici obblighi di disclosure riguardanti la sostenibilità per gli asset manager. L’anno scorso abbiamo considerato come la SFDR, entrata in vigore il 10 marzo 2021, abbia segnato una vera e propria svolta. Ad un anno dal nostro ultimo Barometro ESG le modifiche alla SFDR continuano a essere un punto focale per l’industria finanziaria grazie anche ai continui aggiornamenti normativi.
Il nostro Barometro ESG 2023, arrivato alla seconda edizione, offre approfondimenti e analisi ESG su un universo globale di fondi d’investimento ed ETF. Risultato dell’analisi condotta dal nostro Fund Research Team, il report attinge al database ESG proprietario di MainStreet Partners composto da oltre 5.800 fondi/ETF e più di 64.000 ISIN individuali, che coprono più di 300 asset managers per un patrimonio totale di 4,4 trilioni di euro. Attraverso l’ana- lisi dei cambiamenti nelle valutazioni ESG basate sulla nostra ricerca olistica, sui dati EET (European ESG Template) resi recentemente disponibili e sulle informazioni raccolte dai gestori patrimoniali e dalle autorità di regolamentazione, intendiamo evidenziare i cambiamenti avvenuti nel 2022 rispetto all’anno precedente così da comprendere l’evoluzione in corso.
Nel complesso, la percentuale di fondi Articolo 9 nell’universo analizzato da MainStreet Partners è rimasta pressoché invariata, mentre si è verificato un chiaro passaggio dei fondi da Articolo 6 a Articolo 8 (Articolo 6: 75% nel 2021 vs 50% nel 2022).
DA ARTICOLO 6 A 8
Sicuramente, l’elevato deflusso di masse investite in fondi Articolo 6 registrato nell’ultimo anno ha avuto un peso elevato nella diminuzione percentuale di patrimonio in gestione investito in fondi che non considerano fattori di sostenibilità durante il processo di investimento. Tuttavia, un’altra componente rilevante che giustifica l’aumento delle masse gestite in fondi Articolo 8 è la riclassificazione di strategie precedentemente etichettate come Articolo 6; infatti, si parla di più di 550 strategie passate da Articolo 6 ad Articolo 8 nel 2022. Tra gli aspetti rilevanti vi è inoltre la riclassificazione di molti fondi Articolo 9, dovuta principalmente ai nuovi requisiti richiesti dalla fase “Livello 2” dell’implementazione della regolamentazione SFDR. Qui viene richiesto che i fondi Articolo 9, oltre a specificare un obiettivo di impatto, abbiano il 100% di allocazione in “investimenti sostenibili”; tuttavia, al momento non esiste una definizione standardizzata di ciò che costituisce tali investimenti. Per questo motivo le metodologie utilizzate dai vari gestori variano molto tra loro, portandoli ad assumere un atteggiamento più conservativo, consci del rischio di greenwashing in cui potrebbero incorrere.
In relazione a ciò è fondamentale riuscire ad identificare quali siano i prodotti più esposti al rischio di greenwashing.
Consideriamo un fondo esposto a questo rischio se etichettato come Articolo 8 o Articolo 9 e con una performance ESG debole, ovvero un punteggio inferiore a 3 su 5, secondo il Rating ESG proprietario di MainStreet Partners.
Attualmente, all’interno nel nostro universo circa il 19% dei fondi classificati come Articolo 8 e l’1% dei fondi eti- chettati come Articolo 9 non raggiungono il Rating ESG minimo per essere considerati prodotti “sostenibili”, pertanto vengono ritenuti prodotti a potenziale rischio di greenwashing. Approfondendo la ricerca possiamo sostenere che la debolezza in termini ESG di questi fondi sia riconducibile principalmente alla non chiarezza degli obiettivi di sostenibilità e alla mancanza di addizionalità ed innovazione delle strategie, due sotto-pilastri parte dell’analisi relativa alla “Strategia”. Questa analisi è stata possibile grazie al nostro approccio olistico, basato su tre pilastri, utilizzato per l’analisi di sostenibilità dei fondi, che non si basa esclusivamente sulla valutazione delle partecipazioni che compongono il portafoglio (pilastro 3 – “Portafoglio”), ma considera anche il profilo di sostenibilità del gestore (pilastro 1 – “Asset Manager”) e il modo in cui i criteri di sostenibilità vengono implementati durante il processo di investimento pilastro 2 – “Strategia”).
Confusione Esg
Grazie alla sempre più diffusa adozione da parte delle società di gestione degli EET, il formato standardizzato sviluppato dall’Associazione europea delle società di gestione e investimento (EFAMA) per la comunicazione delle informazioni relative all’investimento ESG, siamo stati in gradi di analizzare e valutare anche i dati relativi alla sostenibilità che vengono comunicati pubblicamente dai gestori al mercato.
Analizzando i dati riportati dai gestori sugli EET e relativi ai Principali effetti negativi (PAI), vediamo che il numero di fondi Articolo 6 che prendono in considerazione tali indicatori è basso (9%), mentre la stessa cifra per i fondi Articolo 8 e 9 è notevolmente più alta, rispettivamente 91% e 94%. Tuttavia, la mancanza di affidabilità di alcuni indicatori (solo la metà degli indicatori obbligatori ha una copertura solida), la mancanza di dati per altri (ad esempio, il divario retributivo tra uomini e donne) e la definizione vaga di cosa significhi considerare i PAI (riportarli su base ex-post o impattare effettivamente sul processo di investimento), costituiscono certamente sfide complesse che a nostro avviso necessitano di ulteriori chiarimenti e implementazioni. Analogamente alla considerazione dei PAI, non esiste una definizione chiara di ciò che è “sostenibile”; ciò spiega in parte perché solamente il 42% dell’intero universo dei fondi abbia dichiarato una percentuale minima di investimenti sostenibili.
Nell’ambito dei fondi Articolo 8, poco più della metà ha comunicato una percentuale minima inferiore al 30% e solo il 10% dei prodotti ha superato il 30%. Per quanto riguarda i fondi Articolo 9, solo il 16% ha dichiarato una percentuale minima inferiore al 30%, mentre due terzi di essi hanno comunicato una cifra superiore al 30 per cento.
In conclusione, la nuova normativa europea sugli investimenti sostenibili ha creato una rivoluzione nel settore del wealth and asset management e le comunicazioni ESG sono ora le priorità dei Consigli di Amministrazione e dei comitati esecutivi. Tuttavia, sul mercato regna una notevole confusione su cosa si intenda per fondo sostenibile e su come evitare il rischio di “greenwashing” in un’enorme offerta di nuovi prodotti commercializzati come ESG, Impact o sostenibili. Per questi motivi continuiamo a registrare un numero crescente di investitori in Europa e in Asia che richiedono o desiderano Rating ESG coerenti e di facile comprensione che vadano oltre la semplice aggregazione bottom-up dei Rating ESG delle partecipazioni per fornire una due diligence ESG olistica e indipendente.
I Rischi Del Climate Change Sui Ritorni A Lungo Termine
Più di 30 milioni di investitori individuali in tutto il mondo hanno affidato a Vanguard i propri risparmi ed è nostro unico obiettivo massimizzarne i ritorni a lungo termine, offrendo loro le migliori possibilità di successo negli investimenti.
Circa l’80% del patrimonio dei nostri clienti è investito in fondi indicizzati, che offrono un accesso ampiamente diversificato ai mercati, a costi minimi. In quanto gestore di fondi indicizzati, Vanguard non sceglie i titoli di un fondo, così come non detta la strategia di una società in portafoglio. L’indicizzazione, però, si basa su mercati dei capitali efficienti. La divulgazione dei rischi finanziari rilevanti da parte delle società è una componente fondamentale di questo processo, così come la loro identificazione è una nostra priorità.
Il cambiamento climatico avrà importanti conseguenze economiche per società, mercati e investitori, in quanto chiaro esempio di rischio finanziario rilevante e multiforme. Vanguard si è attivata per comprendere e affrontare questo rischio, dialogando e interagendo con le società, con i responsabili politici e con le iniziative più ampie del settore. Il nostro obiettivo è capire come si stanno affrontando i rischi materiali, compreso quello climatico, nell’interesse a lungo termine degli investitori.