3 minute read

ASIMMETRIA EMERGENTE

I mercati azionari emergenti potrebbero registrare un anno migliore di quelli sviluppati, alla luce dell’indebolimento del dollaro, del rallentamento dell’inflazione e della riapertura dell’economia cinese.

In un mondo sempre più multipolare, diverse regioni emergenti sono salite alla ribalta nel 2022. La Russia ha invaso l’Ucraina a febbraio e, tra le conseguenze della guerra, la crisi energetica si è fatta sentire soprattutto in Europa, ma la scarsità e i rincari dei generi alimentari hanno colpito più duramente altre aree meno sviluppate e preparate, come buona parte dell’Africa. La Cina è passata dal lockdown all’apertura e l’indice della Turchia ha registrato una delle performance più brillanti dell’esercizio, un risultato difficile da prevedere data la politica monetaria erratica promossa da Erdogan.

E, come tutti sanno, l’Argentina ha vinto i Mondiali di calcio, anche se l’economia nazionale è ben lontana dai primi posti in altre classifiche.

Analizzando le prospettive dei Paesi emergenti nel 2023, giungiamo a conclusioni diverse per l’economia e i mercati. Sul fronte congiunturale, le nazioni emergenti non sembrano fare eccezione al rallentamento atteso su scala mondiale. David Rees, senior emerging markets economist di Schroders, cita almeno tre motivi per ritenere che la crescita delle economie emergenti vada incontro a una decelerazione nel corso di quest’anno. “Innanzitutto, la nostra previsione che gli Stati Uniti seguano la zona euro e il Regno Unito sulla strada della recessione implica una probabile contrazione della domanda globale di beni. Questa dinamica rappresen - ta una minaccia in particolare per le economie piccole e aperte dell’Asia, dell’Europa centrale e orientale e del Messico, che dipendono dalle esportazioni come motore della crescita”, spiega l’esperto. “Inoltre, anche se la riapertura dell’economia cinese può dare impulso alla domanda di risorse naturali, il rallentamento della crescita mondiale finirà per pesare sui prezzi delle materie prime, penalizzando i mercati produttori”, aggiunge. Infine, secondo Rees i governi di molti Paesi continueranno a inasprire le politiche fiscali per cercare di porre rimedio ai danni subiti dalle finanze pubbliche durante la pandemia, mentre l’effetto ritardato dei rialzi dei tassi di interesse contribuirà a indebolire la domanda. Dal canto loro, le prospettive dei mercati finanziari sono leggermente più incoraggianti. Pierre-Henri Cloarec, gestore di Nordea AM, si mostra ottimista nei confronti dell’azionario emergente e in particolare dei titoli growth. “I fattori negativi che hanno caratterizzato il 2022 sono venuti meno o stanno gradualmente rientrando: il picco dell’inflazione, il picco del dollaro, la stretta monetaria della Federal Reserve e, da ultimo, la politica zero COVID cinese.” Gli esperti concordano nell’affermare che l’andamento della Cina e del biglietto verde sarà determinante per le valutazioni complessive dei mercati emergenti. Quando Luca Paolini, chief strategist di Pictet, afferma che “per la prima volta da tanti anni ci

“PER LA PRIMA VOLTA DOPO TANTI ANNI CI SONO LE CONDIZIONI NECESSARIE PER UNA SOVRAPERFORMANCE DEI MERCATI EMERGENTI”

LUCA PAOLINI (PICTET AM)

ECONOMICA E POTREBBERO REGISTRARE UN RIALZO MAGGIORE SE IL RAFFORZAMENTO CONGIUNTURALE SUPERASSE LE ATTESE”. DIOGO GOMES (UBS AM) sono le condizioni necessarie per una sovraperformance dei mercati emergenti”, ha ben presente che “la Cina è il secondo mercato azionario più sottovalutato” e che la debolezza del dollaro (a suo avviso sopravvalutato del 20-25%) gioca a favore del complesso emergente.

L’elevato peso della Cina nei principali indici azionari emergenti spinge anche UBS AM a prevedere che le piazze emergenti possano sovraperformare quelle sviluppate, come sostiene Diogo Gomes, senior CRM di UBS AM. A suo avviso, la riapertura dell’economia cinese favorirà soprattutto la ripresa dei consumi interni, ma continuerà anche a esercitare impatti positivi, benché moderati, sui partner commerciali della Cina e sul mercato delle materie prime. “Ciò significa che i mercati emergenti hanno meno probabilità di subire ulteriori ribassi in caso di deterioramento della crescita economica e potrebbero registrare un rialzo maggiore se il rafforzamento congiunturale superasse le attese”.

Oltre alla Cina, Pierre-Henri Cloarec di Nordea AM cita altre due piazze interessanti. “Nonostante le valutazioni elevate di alcuni settori crediamo che il mercato indiano includa alcune delle aziende di maggiore qualità, con un ampio margine di crescita, dato il basso livello del PIL pro capite (intorno a 2.000 dollari), e un dividendo demografico molto appetibile.” Secondo il portfolio manager, anche il Brasile offre l’opportunità di guardare oltre il rumore di breve periodo e concentrarsi sui fondamentali a lungo termine, che rimangono molto solidi. Cloarec prevede un progressivo calo della volatilità, “soprattutto se il nuovo governo darà segnali chiari di responsabilità fiscale”.

A livello settoriale punta in particolare sui semiconduttori: si aspetta infatti “una ripresa della domanda nella seconda metà del 2023, dopo che l’intero settore ha registrato una correzione nel 2022 accompagnata da forti revisioni al ribasso delle stime di utile, in particolare nel secondo semestre”. Tom Wilson, head of Emerging Market Equities di Schroders, esprime la stessa preferenza e indica che la società di gestione ha ricominciato “a investire in aziende tecnologiche di Corea del Sud e Taiwan, che offrono buone prospettive di crescita strutturale”. Quindi attenzione al dollaro, alla Fed e alla Cina. Tutti gli occhi saranno puntati sull’Assemblea nazionale del popolo e sulla Conferenza politica consultiva del popolo di marzo, che in genere tracciano gli obiettivi macroeconomici della Cina.

This article is from: