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Giornale di Informazione per l’Edilizia e le Nuove Tecnologie house organ • numero unico • febbraio 2007
I F R AT E L L I R E S TA U R O CA RBON I A : A L B E R G O P E R I M P I E G AT I IL COMPLESSO RELIGIOSO DI SAN CASCIANO DEI BAGNI I L C I N E M A T E AT R O A P O L L O EX CINEMA REX
LA EX CASA G.I.L. DI MONTESACRO L A S O C I E TA ’ U M A N I TA R I A A M I L A N O ANAGRAFICA IMMOBILIARE L ’ A R C H I T E T T U R A E ’ . . . U N A M AT R I O S K A E V E N T O I N S O N O R I Z Z AT O
JET S
house all’evento r legato espositivo SET2 • firenze g saschall 27 feb. • 1 mar a numero unico n febbraio 2007 editore tecnopromo srl via dante 43 52025 montevarchi, ar t. 055 980801• f. 055 9102728 www.tecnopromo.com info@tecnopromo.com responsabile manifestazione
luciano dotti
redazione jet set
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s t u d i o d i a rc h i t e t t u r a
studio di architettura e comunicazione g@ut via giotto 1 50019 sesto fiorentino, fi t+f +39 055 440881 studiogaut@virgilio.it
Ebbene sì! Siamo al secondo numero di Jet-set, house-organ monotematica, che si rivolge al mondo dell’edilizia, cercando di approfondire alcuni suoi temi. JET-set come al solito esce in concomitanza della Mostra Convegno su Edilizia e Tecnologia che si tiene a Firenze dal 27 febbraio al 1 marzo 2007, come del resto il precedente primo numero. Un appuntamento questo, che vede la commistione sinergica tra chi fa edilizia sul campo e chi studia la materia e fa ricerca tra le aule e gli atenei italiani. Un potenziale di conoscenza pratica al servizio di chi teoricamente crea le “fondazioni” per l’innovazione progettuale; un punto di incontro concreto per chi vuole dibattere e scambiarsi opinioni su un argomento importante quale l’edilizia. Utenti del settore e professionisti avranno modo di incontrarsi in un contesto diverso da quello fieristico; in un ambiente più ristretto anche più intimo meno dispersivo. JET-set è perciò, la voce di questo appuntamento; sul primo numero venivano trattate tematiche riguardanti l’acustica. Argomento dibattuto nel Convegno tenutosi che ha visto la presenza tra gli altri dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura, dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Firenze Commissione Ambiente. In questo secondo numero, il tema affrontato è il Restauro Edilizio; tema importante soprattutto in un paese, dove il restauro trova l’humus giusto per le sue applicazioni più disparate. Aziende di settore presentano sia sulla rivista JET-set che all’interno della Mostra Convegno, prodotti che sono all’avanguardia, prodotti che la tecnologia rende sempre più specifici per la risoluzione di qualsiasi problema tecnico. Restaurare, conservare, consolidare, opere di particolare pregio storico, ma anche opere di più recente costruzione; supportare e soprattutto sensibilizzare alle nuove tecnologie, professionisti di diversa estrazione culturale, accompagnati nel loro percorso lavorativo da professionisti riconosciuti provenienti dalla Soprintendenza, dal Politecnico di Milano, dall’Istituto Nazionale di Bioarchitettura. Quanto di più innovativo offre il mercato dando spunti progettuali concreti a chi opera tutti i giorni in questo settore. L’edilizia un patrimonio economico che deve sapere autorinnovarsi per porre l’Italia all’avanguardia tra i paesi propositivi. JET-set e i suoi dibattiti convegnistici vuole essere un banco di prova per trovare nuove soluzioni esportabili anche al di fuori dei confini nostrani. Ci tengo a sottolineare che anche in questo numero di JET-set, come nel primo numero, è presente una storia che apre la rivista e che si ispira liberamente al tema trattato a firma mia e di Silvia Scuffi Abati. Un modo più narrativo meno concettuale per introdurre un argomento; un modo più leggero per introdursi a trattare tematiche ben più importanti. Questo è un po’ il taglio nuovo che lo studio d’architettura e comunicazione G@UT vuole dare alla rivista. Una storia di carattere narrativo, una sorta di firma progettuale che sottolinea la sperimentazione che deve pervadere il progetto di qualsiasi natura sia e che diventi motivo propulsivo e dinamico per sinergie possibili JET-set si comporrà di diverse sezioni così suddivise: - sezione dedicata ai professionisti (ingegneri, architetti, progettisti) - sezione dedicata all’edilizia privata - sezione dedicata all’edilizia pubblica - sezione dedicata restauro, con particolare attenzione al restauro del moder no - sezione dedicata all’arredo urbano - sezione dedicata ai convegni svoltisi in occasione di delle tre edizioni annuali di SET - sezione dedicata agli eventi presentati durante le singole edizioni fieristiche di SET - sezione per la presentazione di aziende emergenti di settore - sezione per schede aziende leaders - sezione pubblicitaria sul mercato edile - sezione con elenchi ragionati su tutte le aziende di settore che operano sul mercato e loro peculiarità JET-set non è la summa di tutto quello che avviene nel mondo edile, ma vuole offrie uno spaccato esaustivo su quelle che sono le innovazioni e le tecnologie più avanzate. JET-set è un supporto essenziale per chi deve lavorare in questo settore, ma anche un modo di scambio culturale aperto tra le parti interessate al mondo edile. JET-set propone edilizia a chi sa fare edilizia e insegna edilizia a chi vuole iniziare a farla. JET-set è un annuario che raccoglie le esperienze dei tre saloni convegno annuali e ne sancisce i risultati scritti, promuovendo in maniera nuova le novità emerse nei gior ni di esposozione. JET-set è quanto un’azienda che opera nel settore può desiderare per continuare a lavorare nel settore dell’edilizia o intraprendere questa strada.
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direttore di redazione
luca bolognese
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comitato redazione lydia aurora padula cristina lombardi giulia mincigrucci giacomo bevanati responsabile redazione lydia aurora padula
© 2007
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graphic design studio di architettura e comunicazione g@ut @
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di arch. luca bolognese
I FRATELLI RESTAURO
a rc h . lu c a b o lo g n e s e , s ilvia scuff i abati
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sommario
vice direttore di redazione
silvia scuffi abati
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CARBONIA: ALBERGO PER IMPIEGATI a rc h . a nt onella sanna
IL COMPLESSO RELIGIOSO DI SAN CASCIANO DE I BAGNI, SI a rc h . or nella viz z arri
dodici
IL CINEMA TEATRO APOLLO EX CINEMA REX
diciotto
LA EX CASA G.I.L. DI MONTESACRO, ROMA
ventidue ventisei trenta
a rc h . ba rbara puggioni a rc h . c h iara de simone
LA SOCIETA’ UMANITARIA A MILANO a rc h . v a le nt ina f isichella
ANAGRAFICA IMMOBILIARE
a rc h . marco forcelli
L’ARCHITETTURA E’... UNA MATRIOSKA a rc h . lu c a b o lo g n e s e , s ilvia scuff i abati
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EVENTO INSONORIZZATO
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POLITECNICO DI MILANO
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ESPOSITORI PROGRAMMA CONVEGNI
LA CITTA’ ESTETICA studio di architettura G@UT
I FRATELLI RESTAURO di Luca Bolognese e Silvia Scuffi Abati I fratelli Michelangelo e Guglielmo provenivano da una buona famiglia fiorentina. Il padre Pietro e la madre Costanza, avevano avuto problemi ad avere figli e dopo essersi sottoposti ad una intensa e stressante cura ormonale fecondativa, avevano dato alla luce due fratelli gemelli, perfettamente identici: Michelangelo e Guglielmo; due gocce d’acqua nell’aspetto, identici in tutto e per tutto, nei modi di fare, nella voce e nel modo di pensare. Come molti fratelli gemelli erano unitissimi: vestivano uguale, stesse abitudini, stessi gusti; inseparabili sempre; sempre insieme per tutta la loro gioventù e sempre insieme ora che erano divenuti entrambi insigni e rinomati professionisti. Il dott. Michelangelo era diventato un luminare nell’ambito del Restauro Conservativo di monumenti e di edifici storici; era tanto famoso che le sue consulenze erano richieste in tutto il mondo; gli edifici antichi, classici e moderni, non avevano segreti per lui, di qualsiasi epoca si parlasse; tecnico preparato e pignolo, profondo conoscitore di tecnologie costruttive. Svolgeva la sua attività nell’ambito universitario come docente, dove trasmetteva con gioia e trasporto il suo sapere alle giovani leve dell’architettura e nel suo studio privato, dove aveva un amore quasi viscerale con ogni edificio, struttura o manufatto sul quale aveva occasione di intervenire. Il dott. Guglielmo, invece si era laureato in Chirurgia Estetica ed anche lui svolgeva la sua attività alternandosi tra lo studio privato e la cattedra universitaria; in un certo senso era un esperto di restauro anche lui, non di edifici ma di corpi umani. Due luminari al servizio della conservazione di beni pregiati; due aspetti diversi della stessa medaglia: la salvaguardia e la conservazione di un bene prezioso; cambiava l’oggetto di interesse, ma il fine era il solito. I due fratelli, come dicevamo, non potevano stare distanti e nonostante avessero entrambe famiglie numerose e simpatiche, per non perdersi di vista neanche un secondo avevano l’abitazione e lo studio nello stesso edificio. Si frequentavano perciò in continuazione. Questi due intraprendenti ed abili professionisti erano anche dei vulcanici irrequieti comunicatori: già in tenera età amavano giocare con la loro somiglianza, sfruttando questa situazione come meglio potevano. Iniziarono con innocenti scherzi, tipici dei gemelli per schernire gli amici o per gabbare qualche maestra troppo solerte, fino ad arrivare a scambiarsi di posto ai danni delle proprie fidanzate. La loro fervida immaginazione aveva forgiato i loro caratteri e la loro intelligenza, tanto che in molte occasioni la loro più frequente conversazione verteva sul fatto che i loro lavori avessero delle peculiari similitudini: sia Guglielmo, chirurgo estetico, restauratore per eccellenza dei corpi umani, sia Michelangelo, architetto ed ingegnere consolidatore di edifici monumentali si divertivano a pensare che le loro scienze potessero in qualche modo compenetrarsi. Inizialmente furono solo scaramucce accademiche, ma ben presto diventarono fatti, non solo parole. I due, per quanto fossero riconosciuti in tutti i lincei internazionali, forse proprio per questo godevano della stessa insana dose di pazzia, decisero di sostituirsi nelle loro rispettive cattedre per alcuni mesi. Michelangelo avrebbe dovuto studiare le staticità di un corpo umano ed applicare al suo “restauro” principi e tecnologie usate di solito nel campo dell’architettura conservativa e consolidativa; Guglielmo avrebbe analizzato gli edifici con lo stesso interesse e metodo con cui si opera su un gluteo sfatto o su di un seno cadente. Nessuno si sarebbe accorto dello scambio delle loro identità. Le loro professionalità sarebbero state di aiuto al sonnecchioso mondo universitario abituato a dibattere solo sugli argomenti relativi alle singole specificità. Senza perder tempo in inutili elucubrazioni, Iniziarono la loro sperimetazione direttamente sul campo: Michelangelo si applicò intensamente alla nuova materia, studiando accuratamente i suoi clienti; di fronte ad un nuovo caso clinico-estetico identificava velocemente ogni tipo di macro e micro fessurazione, ne computava il valore in cedimento strutturale e ne cercava la soluzione statica più idonea con l’ausilio di conglomerati cementizie, colle epossidiche e quant’altro la tecnologia da lui appresa in tanti anni di esperienza sul campo potesse aiutarlo. Guglielmo al contrario, interveniva sugli edifici partendo dallo stato dell’intonaco, i suoi strati deperiti e sfaldati, trattandola come una vera e propria pelle di rivestimento del corpo di fabbrica; nacquero edifici con innesti al silicone, rasature superficiali molto più simili ad un epidermide che ad un intonaco, non più facciate deteriorate, ma protesi e voluttuosi avvolgenti edifici. Michelangelo operò a tal punto che frequentemente si vedevano uomini dai tratti scolpiti, quasi pietrificati ma altamente espressivi e duraturi nel tempo. I due non furono mai scoperti, fondarono una nuova scuola di pensiero, sensibilizzarono i colleghi ignari dello scambio. Finirono perciò la loro vita senza rivelare il segreto, in fondo il loro scambio di identità era servito per smuovere le acque rimaste a lungo troppo ferme in entrambe i loro campi di studio. Guglielmo presentò le sue sperimentazioni in un libro intitolato “la città estetica”, che ancora viene studiato negli atenei universitari; e Michelangelo pubblicò “il volto edificato” best seller acclamato….. ma nessuno fino ad oggi si era accorto del loro simpatico complotto. Da poco la verità è venuta a galla: il ritrovamento casuale nella soffitta dell’edificio da loro abitato di un quaderno di appunti rivelatore del fatto. Dal momento del ritrovamento, sono stati ribattezzati Fratelli Restauro.
IL VOLTO EDIFICATO studio di architettura G@UT
LA CITTA’ ESTETICA studio di architettura G@UT
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storia e progetto
carbonia:
albergo
per
impiegati
arch. eugenio montuori 1938 ingegnere antonella sanna phd dipartimento di architettura, università di cagliari
L’IDEA DELLA FONDAZIONE L’Italia degli anni ’30 sostiene attraverso la fondazione di nuove città alcuni dei più cruciali aspetti della propria politica interna: l’urgente ripresa economica, l’attuazione di politiche di controllo sociale e demografico e, non ultimo, il costante impulso alla propaganda di regime. Oltre al noto progetto, sviluppato nella pianura pontina, per la bonifica ed il ripopolamento di aree malariche attuato attraverso la creazione delle nuove città, il fascismo porta avanti un altro programma, meno noto ma non meno essenziale per il Paese: il potenziamento delle risorse energetiche interne, che sfocerà più tardi nel varo della politica autarchica e nella Seconda Guerra Mondiale. E’ quindi in una situazione internazionale già sensibilmente tesa che, intorno al 1935, si “riscopre” il carbone italiano, presente nei due principali bacini localizzati in Istria e Sardegna. In entrambe le regioni sono storicamente già attive alcune piccole miniere, ma la scarsa qualità del minerale e le difficoltà dell’estrazione hanno sempre reso preferibile il ricorso a combustibile di provenienza inglese o belga; solo le ambizioni di autosufficienza energetica e il blocco delle importazioni rendono finalmente conveniente la sua coltivazione. A questo scopo, nel 1935 si fonda in Istria la cittadina di Arsia (attualmente in Croazia), progetto dell’architetto triestino Gustavo Pulitzer Finali, e nel 1940 si integra il sistema con il vicino villaggio di Pozzo Littorio, opera dell’arch. Eugenio Montuori. In Sardegna, secondo un quasi esatto parallelismo di tempi e linguaggi architettonici1, si avvia il potenziamento del borgo ottocentesco di Bacu Abis; in seguito, si affronta la fase principale nello sviluppo del bacino minerario con la realizzazione del primo nucleo della città di Carbonia, integrato poi da un progetto di ampliamento, purtroppo interrotto dall’entrata in guerra, e conclusosi dalla costruzione del nuovo villaggio di Cortoghiana, firmato dall’arch. Saverio Muratori. Carbonia, panorama
PROGETTO E COSTRUZIONE Il programma di strutturazione del bacino carbonifero sardo, ripercorre fedelmente le tappe dell’evoluzione del pensiero architettonico sul tema della città e dell’abitazione sviluppato attraverso l’arco del XX secolo: 2 a partire dal villaggio di Bacu Abis, ancora improntato a modelli protoindustriali e ottocenteschi, passando poi al primo piano di Carbonia, in cui si concretizza l’insegnamento giovannoniano della “città-giardino”, e sfociando in seguito nel successivo piano di espansione e nel progetto di Cortoghiana che sono espressione compiuta dell’idea della città razionalista e moderna, alludendo ai più luminosi esempi della cultura internazionale. Tanta eterogeneità di accenti e qualità di esiti è certo dovuta alla levatura dei progettisti coinvolti, riconducibili alle “scuole” mitteleuropea e romana 3 . La prima impronta è data dalla mano di Gustavo Pulitzer Finali, raffinato progettista di interni navali laureatosi a Monaco con Theodor Fischer e uomo di fiducia dei primi industriali del carbone; il suo intervento a Carbonia riguarda certo la gran parte delle architetture pubbliche, mentre non è abbastanza documentato, seppur per molti aspetti sia più che evidente, un suo intervento nel programma urbano. Il secondo influsso culturale è riconducibile a Cesare Valle ed Ignazio Guidi, entrambi laureatisi a Roma e orbitanti intorno alle figure di Giovannoni e Piacentini; essi vengono affiancati ai triestini, prima che questi siano definitivamente estromessi con l’entrata in vigore delle leggi razziali, e progettano il piano urbanistico di Carbonia quasi contemporaneamente al loro impegno, analogo ma di risalto ben maggiore, nella capitale etiope Addis Abeba. Valle e Guidi approntano per la città un progetto urbano che coniuga funzionalità, logicità di impianto e una costante attenzione verso le componenti ambientali e paesaggistiche. È già in questa fase che essi sono affiancati, relativamente al progetto di un’area circoscritta ma molto rilevante nella “città nuova”, dal giovane architetto Montuori, cui si devono il “Quartiere per Impiegati e Dirigenti”, le relative tipologie residenziali, la Villa del Direttore ed il vicino Albergo Centrale. Già in questa fase, e ancora di più nel piano di ampliamento a lui quasi integralmente ascrivibile, egli fa mostra di un pensiero indubbiamente attento ai più recenti movimenti europei, con una notevole capacità di integrarli a temi più spiccatamente italiani, legati alle specificità del clima e alla tradizione costruttiva nazionale a carattere prevalentemente murario e lapideo. L’ALBERGO PER IMPIEGATI: PRESUPPOSTI PER UN RESTAURO4 Interessarsi oggi all’opera di Montuori a Carbonia costituisce, oltre all’ovvio approfondimento su un episodio fondamentale dell’urbanistica e dell’architettura sarda del Novecento, anche un’importante occasione storiografica, che restituisce al panorama italiano tra le due guerre lo spessore di una figura troppo spesso trascurata sotto il peso
Carbonia, albergo per impiegati
di una critica architettonica a lungo legata a schematismi e letture stereotipate. Crediamo infatti che la memoria della sua produzione non si possa, e non si debba, ridurre ai pur importantissimi progetti per la città di Sabaudia -1934 - e per il corpo aggiunto della Stazione Termini - 1947 - ma debba estendersi al corso di una carriera che l’ha visto sempre rigorosamente al servizio della modernità e dell’onestà progettuale, come il caso dell’Albergo Impiegati innegabilmente dimostra. Il progetto dell’Albergo costituisce, infatti, all’interno dell’opera di Montuori a Carbonia, un punto di assoluta eccellenza ed un evidente condensato dei suoi fondamenti architettonici. In esso egli trova una conciliazione tra la sua propensione alla modernità e le prescrizioni di rispondenza allo “spirito nazionale” imposte dal regime, proponendo l’adesione ad un “mediterraneismo razionalista” - che ha la sua eco nelle coeve architetture coloniali, ma anche profonde radici nella tradizione della classicità grecoromana - come estremo tentativo di creare un ponte fra tradizione e modernità. In particolare, l’efficace chiaroscuro della sequenza di logge e l’adozione di volumi elementari equilibratamente combinati riflettono questa commistione tra temi nazionali e echi della miglior architettura moderna di marca tedesca e francese. Il valore che si vuole riconoscere all’edificio, oltre a quello intrinseco, è anche nel suo far indissolubilmente parte del sistema dello spazio pubblico principale della città, di uno dei cui assi viari fondamentali costituisce fondale privilegiato in contrapposizione alla Torre Littoria; la posizione, prossima alla piazza centrale ed alla passeggiata alberata, appaiono perfettamente consone alla sua funzione. La destinazione originaria dell’Albergo è infatti quella di ospitare gli impiegati della miniera ai quali non sia ancora assegnato un alloggio individuale, ma anche residenza per gli ospiti di riguardo in visita alla miniera ed alla città. La distribuzione interna è impostata su standard abbastanza alti, relativamente ai servizi collettivi e agli spazi comuni, proprio in ragione della sua clientela d’elite. Il piano terra è interamente destinato al soggiorno e allo svago, alla preparazione e al servizio dei pasti e ovviamente alla reception, con un ampio dehor prospiciente la strada. La forma a T dell’edificio ha al piano terra un’estensione nell’ala delle cucine. Il corpo centrale è organizzato su una distribuzione a pettine con corridoio retrostante, rispetto alla quale si allineano alcuni ambienti di soggiorno e la sala da pranzo. L’ala destra è suddivisa
tra la hall d’ingresso, con relativa portineria e ufficio, la scala di accesso ai piani superiori e un blocco di servizio per il personale. I due piani superiori sono esattamente coincidenti tra loro; di profondità leggermente minore rispetto al piano terra, sono affacciati su ampie terrazze retrostanti e sulle logge del prospetto su strada. La struttura si riduce ad una sola manica, nella quale i corridoi posteriori distribuiscono in serie le stanze per gli ospiti, con i servizi esterni concentrati alle estremità dei corridoi. L’Albergo mostra a quasi settanta anni dalla sua costruzione, molti dei quali trascorsi in piena attività, uno stato di conservazione generale discreto. Dal punto di vista globale la consistenza strutturale muraria, abbastanza tradizionale salvo alcune controllate e localizzate inserzioni del cemento armato, ha assicurato una decisa resistenza dell’involucro edilizio; fatto che ha permesso la trasmissione dell’edificio fino a noi nella sua interezza, con l’evidente permanenza della sua fisionomia architettonica originaria, solo parzialmente alterata dall’incostanza della manutenzione e da alcune, circoscritte, forzature d’uso. La perfetta funzionalità e coerenza del progetto originario lo candidano a conservare una destinazione molto prossima a quella di partenza, che si sposa perfettamente con la tendenza di sviluppo espressa dalla città. La proposta progettuale si è orientata verso una struttura ricettiva a destinazione giovanile, eventualmente convertibile successivamente in un organismo a carattere più esteso. La posizione centrale, ma allo stesso tempo discosta dai principali flussi di traffico, ne fa un ambito ideale per garantire ai futuri occupanti le attività di riposo, socialità e studio. Alcune delle funzioni collettive potranno poi essere condivise con l’esterno, innescando un circuito virtuoso di scambi e relazioni che fornirebbe anche alla città una ricaduta in ter mini di servizi ed offerta culturale. La controllata rimodulazione degli spazi e dei servizi e l’indispensabile adeguamento normativo sono gli strumenti “leggeri” del progetto, che si pone volutamente in una dimensione che rifugge da atteggiamenti prevaricatori sull’architettura esistente e decide intenzionalmente di “fare un passo indietro” rispetto all’eventualità di modificazioni o bruschi adattamenti; si situa quindi in diretta continuità con il progetto originario, del quale assume in pieno i valori, sia funzionali che architettonici, cercando di preservarne i principi fondamentali e garantirne la continuità d’uso.
Carbonia, albergo per impiegati planimetrie
RIFERIMENTI BILBIOGRAFICI ESSENZIALI
1. “Carbonia, nuova città della Sardegna”, in “Architettura”, sett. 1940 2. Vittorio Maltese, “Carbonia”, all. a “L’economia nazionale”, dic. 1938 3. “Eugenio Montuori: architetto”, Edizioni Over, Milano, 1980 4. Aldo Lino (a cura di), “Le città di fondazione in Sardegna”, Cagliari, Cuec, 1998 5. Antonello Sanna (a cura di), “Tipi e Caratteri dell’abitazione razionale: il laboratorio Carbonia”, Cagliari, CUEC, 2004
NOTE
1. Cfr. Antonella Sanna, “Istria e Sardegna: due storie parallele”, in Sergio Pratali Maffei e Federica Rovello (a cura di), “Il Moderno tra Conservazione e Trasformazione. Dieci Anni di Do.Co.Mo.Mo. Italia: Bilanci e Prospettive., Atti del Convegno Internazionale, Trieste 5-8 dicembre 2005”, Editreg, Trieste, 2005. 2. Cfr. Antonella Sanna, “Carbonia_dal villaggio alla città. Programmi, piani e progetti per la fondazione”, in Antonello Sanna (a cura di), “Tipi e Caratteri dell’abitazione razionale: il laboratorio Carbonia”, Cagliari, CUEC, 2004. 3. Cfr. Antonella Sanna, “Le culture progettuali e gli architetti: da Pulitzer a Muratori”, in “Carbonia: progetto e costruzione dello spazio pubblico nella città razionalista di fondazione”, Dottorato di Ricerca in Ingegneria Edile (XVII ciclo), Dipartimento di Architettura dell’Università di Cagliari, tutor prof. Antonello Sanna. 4. Le considerazioni che seguono costituiscono un’estrema sintesi della tesi discussa presso il DIAP (Dipartimento di Architettura e Pianificazione) del Politecnico di Milano, nell’ambito del Master Universitario di II Livello in Carbonia, piano regolatore “Restauro del Moderno_istruttoria e progetto per la tutela e il recupero di architetture del XX secolo”, sotto la direzione della prof. Maria Antonietta Crippa e del prof. Pierfranco Galliani, e la preziosa assistenza del prof. Ferdinando Zanzottera.
il complesso religioso
recupero e restauro
di san casciano dei bagni - siena la collegiata, il campanile, l’oratorio di sant’antonio
1. San Casciano dei Bagni La Collegiata
architetto
ornella vizzarri
STORIA, ANALISI, RECUPERO ED INTERVENTI
Nella Toscana meridionale, uno dei borghi “minori” più rappresentativi che hanno caratterizzato il panorama territoriale storico- difensivo della scenografia urbana è San Casciano dei Bagni. Situato in una zona “ di confine”, crocevia tra la Toscana meridionale, l’alto Lazio e la parte occidentale dell’Umbria, San Casciano dei Bagni era dapprima attraversato dall’antica via Cassia (da cui probabilmente il nome di San Casciano da San Cassiano), poi “costeggiato” dalla via Francigena che dalla Galizia giungeva a Roma (Patrimonium Sancti Petri); da qui i pellegrini proseguivano o verso la Puglia per raggiungere il Santo Sepolcro (la Terra Santa) o si imbarcavano per la Spagna per Santiago de Compostela. Grazie alle numerose acque termali “Fontes Clusinae”, citate da Orazio (Horatio Flacci, Epist. XV), era frequentato sin dai tempi romani da numerose personalità che vi si recavano per “prendere i bagni”; fu proprio per tale motivo che in epoca granducale al toponimo San Casciano fu aggiunto “dei Bagni” (per differenziarlo dall’altra località omonima San Casciano Val di Pesa). Eretto sulle pendici del monte Cetona San Casciano presenta una configurazione urbana triangolare (foto 4), presidiata ai vertici da tre Porte di accesso (la Porta Principale a sud, quella della Caldagna o del “Bagno Grande” ad ovest e quella della Porticciola ad est): appariva così nel Medioevo racchiusa da una consistente cinta muraria, interrotta da numerose torri di varie dimensioni. La funzione difensiva assunta inizialmente dal sistema delle torri, col tempo perse la sua importanza strategica e nell’età comunale si incominciò ad assistere alla fase dell’incastellamento, vale a dire che con la progressiva espansione urbana furono le stesse abitazioni a circoscrivere il confine dell’intero borgo, come si può osservare nella foto 6. San Casciano dei Bagni ospita, sulla parte più alta, nel contesto urbano più rappresentativo delle istanze politicoreligiose della Comunità, edifici quali la sede dell’Arcipretura ed il Palazzo del Potestà, un importante Complesso Religioso costituito dalla Collegiata di San Cassiano e San Leonardo, il campanile ad essa adiacente e l’Oratorio di Sant’Antonio. La Collegiata,risalente al XIII secolo, era inizialmente un’antica 2. vista del campanile pieve sotto la giurisdizione dei Quattro sacerdoti “pensionieri di San Guglielmo”, i quali a loro volta dipendevano da un convento di monaci Guglielmiti posto in prossimità della località Acerona. Nel 1618 venne elevata al rango di Collegiata grazie al periodo di massimo splendore del borgo, frequentato da vescovi e cardinali sia italiani che stranieri, che vi si recavano per le cure termali. Conseguentemente anche la struttura architettonica ha subito varie modifiche nel corso dei secoli: l’antica pieve era orientata secondo l’asse W-E, mentre successivamente venne ruotata secondo l’asse S-N. Tutto ciò viene testimoniato dalla costruzione prima dell’Oratorio di Sant’Antonio, adiacente al lato sinistro
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della Collegiata e poi da quella del campanile nel 1606 sull’angolo posteriore destro. Quest’ultimo domina l’intero borgo oggi in tutta la sua altezza di circa trenta metri, a pianta quadrangolare, sviluppato su tre ordini architettonici ed in ogni lato ed in ogni livello presenta monofore, tamponate quelle dei due ordini inferiori ed aperte quelle relative alla cella campanaria per la diffusione del suono delle campane. L’intero organismo strutturale è stato realizzato con una muratura costituita da due paramenti quello esterno e quello interno di pietrame, grossolanamente squadrato e mattoni, riempiti a sacco con muratura di pietrame calcareo e malta debolmente idraulica, ottenuta da calce aerea, acqua e sabbia tufacea con caratteristiche pozzolaniche. Dall’accurato rilievo planimetrico ed altimetrico sono state riscontrate diverse modalità costruttive, che hanno ricondotto all’ipotesi che il campanile non sia stato realizzato inizialmente in un unico blocco. Infatti si è constatato dal rilievo effettuato che la parte edificata corrispondente ai primi due ordini ha una misurazione perfettamente multipla del braccio toscano, mentre quella relativa all’ordine superiore, cioè alla cella campanaria, corrisponde ad una misurazione metrico-decimale. Tale ipotesi è stata supportata da un’indagine storica dettagliata che ha confermato le intuizioni iniziali riguardo la consecutio aedificandi; infatti sono state avvalorate da testimonianze grafiche molto importanti: la prima presso la Biblioteca Nazionale di Firenze da un manoscritto acquerellato datato 1650, nel quale il campanile appare raffigurato con due ordini e monofore aperte su ogni lato, la cella campanaria posta al secondo ordine e la copertura piana (foto 6); la seconda conservata presso l’Archivio di Stato di Firenze, datata 1789, relativa alla mappatura delle dogane del Granducato di Toscana, nella quale il suddetto campanile appare di due ordini, con monofore aperte e la copertura a guglia piramidale (foto 3). La realizzazione della cella campanaria è senz’altro postuma, di datatura non certa, ma sicuramente post-napoleonica, visto il sistema di misurazione adottato per la realizzazione dell’ultimo ordine, nel quale fu collocato l’impianto campanario, con copertura a falda celata su tutti i lati da cornicioni e dodici pinnacoli. Gli effetti dinamici, originati probabilmente dalle azioni quotidiane delle campane (azioni cicliche) e degli eventi sismici, oltre alle esigenze statiche causate dall’ultima sopraelevazione, hanno indotto alla necessità di chiudere le monofore dei due ordini sottostanti la cella campanaria. Tali tamponature hanno aumentato la massa resistente del campanile come elemento stabilizzante, irrigidendo la struttura. A seguito dell’ultimo evento sismico dell’Amiata del 2000, il campanile ha subito degli evidenti danneggiamenti con riaperture di vecchie e nuove fessurazioni lungo le monofore con aumento dei distacchi nella muratura. A causa di ciò venne emessa l’Ordinanza del Sindaco, sotto l’egida dell’Ufficio Regionale del Genio Civile, che dichiarò l’inagibilità dell’intera torre campanaria. Si rese così indispensabile un serio intervento di consolidamento mirato a compattare meglio la muratura a sacco, diminuire l’effetto delle lesioni ed assicurare un miglior comportamento strutturale dell’insieme, alleviando gli effetti della diversa discontinuità muraria. Interventi questi atti a migliorare la resistenza nei confronti degli eventi sismici poiché gli elementi alti e stretti sono maggiormente sollecitati da azioni orizzontali poste in sommità e che producono effetti amplificati per quanto riguarda le conseguenti oscillazioni. quindi aumentare la massa crea
5. “la Dogana di San Casciano dei Bagni”, anno 1789, da “Miscellanea di Piante”, Archivio di Stato di Firenze
4. San Casciano dei Bagni, 1825, Catasto Toscano poi Catasto Italiano Archivio di Stato di Siena
una diminuzione di oscillazione con conseguente diminuzione di discontinuità nei paramenti murari. Successivamente sono stati applicati interventi di restauro sia all’esterno (ricuciture di lesioni, pulitura della superficie lapidea ecc.) sia all’interno per permettere un migliore accesso in tutti gli ordini, migliore ispezionabilità e per intraprendere un futuro progetto di accesso turistico come è avvenuto per la vicina torre campanaria della cattedrale di San Secondiano di Chiusi.
5. particolare del parziale cedimento della chiave di volta di una delle monofore del campanile
6. Tavola acquerellata, anno 1650 circa, “Città e Castelli del senese” Biblioteca Nazionale di Firenze
“INCASTELLAMENTO” E FASI EVOLUTIVE SUCCESSIVE DEI BORGHI NEL SENESE Per comprendere l’evoluzione della città nei tempi passati occorre conoscere le varie fasi di connotazione tipologica. La città della Toscana del Medievo era denominata in vari modi: col termine “castrum” o “castello” le fonti indicano realtà urbanistiche accomunate solo dalla presenza di una cinta muraria. Ciò non deve indurre a sottovalutare torri e cortine murarie che oltre ad essere tipologie funzionali rappresentavano anche il simbolo di un potere pubblico, e di una realtà giurisdizionale gestita da signori o da comunità. Così la parola “castrum” è ricca nei documenti e nelle cronache di altri sinonimi sempre più usati: “castellum”, “castellio”, “casserum”, “arx”, “rocca”, “fortelitium”, termini tutti da usare con cautela in quanto non sempre <<corrispondono ad una qualificazione tecnica, anche se “casserum” pare indicare la parte più interna delle fortificazioni collegate con la torre; “rocca” (o “arx”) denota spesso la parte più alta ed inaccessibile del castello talvolta un intero complesso abitato, di accesso arduo, fortificato, sul vertice di un rilievo molto aspro;”castrum”, un villaggio circondato da mura, spesso , ma non sempre, munito anche di un “casserum” o “castellum”, cioè di quel tipo di costruzione fortificata che ancora oggi siamo soliti individuare più propriamente come castello>>. (G.Vismara) I castelli potevano essere: quelli con residenze feudali o comunque signorili, centri di potere giurisdizionali di controllo militare, di immagazzinamento di derrate, di amministrazione burocratica e poi vi sono quelli di insediamenti rurali, che le fonti chiamano “castra” protetti da mura, borghi fortificati sorti attorno ad una chiesa pievana, oppure raccolti attorno alla residenza fortificata del “dominus castri”. Inoltre si può evidenziare l’analogia tipologica, anche se la non contemporaneità dei processi evolutivi, che portano, specie nel dissolversi del potere e nella generale insicurezza, ad incastellare, da un lato, il nucleo centrale delle vecchie signorie curtensi altomedievali, dall’altro le pievi o anche solo talune chiese parrocchiali, che poi, inserite nella cinta castellana e da questa valorizzate, divenivano a loro volta PIEVI. Ma se in alcuni casi, il centro abitato pare disporsi spontaneamente attorno alla dimora signorile, o generate dalle esigenze di quest’ultima, si verifica il caso contrario in un “castrum”, dove un determinato potere impianta una fortezza o pianifica una ristrutturazione muraria e di conseguenza un intero borgo al proprio servizio. Questa “militarizzazione” d’insediamenti, già del resto fortificati, è un elemento abbastanza consueto della politica confinaria seguita da Siena durante i secoli XII-XIII, quando essa non diversamente dalle altre città comunali toscane, ampliò la sua cinta urbana ed i suoi poteri sul circostante territorio. Infatti nella II metà del trecento il territorio senese era pervaso da una profonda insicurezza, a causa delle continue minacce costituite, a parte i briganti, dalle compagnie di ventura e dalle condizioni di vita e di lavoro non proprio facili e quindi l’insediamento fortificato, il CASTELLO, prevale e domina; accanto del resto le forme insediative differenti, quali la VILLA (cioè il centro rurale non cinto da mura di solito accerchiato attorno alla chiesa pievana o parrocchiale) o il CASOLARE, forma intermedia tra l’insediamento accentrato e quello disseminato più frequente nel fiorentino a partire dal ‘200, meno frequente nel senese dove le condizioni del suolo non si presentavano altrettanto favorevoli. Infatti nel senese, le mura dei centri abitati e del castello, che sono come una “cortina” uniforme, saranno le pareti esterne delle case, addossate l’una all’altra senza soluzioni di continuità a costituire il sistema difensivo del borgo. Il paesaggio rurale senese sarà contrassegnato da questa realtà strutturale. Solo dopo tutti i conflitti tra guelfi e ghibellini, la guerra degli undici anni, alla conquista medicea di Siena e l’entrata del nuovo ducato mediceo senese, a far parte del granducato di Toscana, le esigenze difensive confinarie mutarono, fatto questo che motivò i castelli ad indurre il cambiamento del loro aspetto e delle loro funzioni, quando non vennero smantellati o abbandonati ad un lento degrado. si ringrazia per parte del materiale storico Paolo Morelli
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un’architettura moderna a firenze
il cinema teatro Apollo ex cinema Rex nello baroni
architetto
193 7
barbara puggioni
“Nella storia dell’architettura vi è sempre stato un rinnovamento continuo di forme e di spazi, ma se ambedue ristagnano non vi è nessun progresso: solo invecchiamento di un resultato che, appunto perché invecchia, diventa immediatamente comprensibile e comunicabile senza alcuna fatica o choc. Ma tale resultato (tale immagine architettonica ormai invecchiata) paga questa sua accessibilità col non significare più niente a nessuno: essa ha subito lo stesso processo di ciò che nel linguaggio letterario è ormai definito come “luogo comune”. (G.K. Koenig, L’invecchiamento dell’architettura moderna ed altre dodici note, Firenze 1967, p. 17)
1. Scorcio della facciata su via Nazionale in una foto d’epoca (1937) Archivio Eredi Nello Baroni
Le parole di Giovanni Klaus Koenig, proverbiale nella sua capacità di analisi, ben focalizzano una delle questioni più spinose in merito alle architetture moderne; il problema del loro invecchiamento e, di rimando, su come intervenire per la loro conservazione. Se si confronta l’aspetto attuale degli edifici del moderno - e nel nostro specifico caso studio l’aspetto del cinema Apollo con le immagini che ce lo documentano appena uscito dal cantiere, si resta sconcertati. Gli intonaci scrostati, i serramenti inservibili e lo stato di avanzato degrado in cui versa, conferiscono a questo edificio un aspetto di fatiscenza; non solo per la sua violata matericità ma anche per il valore di testimonianza che il cinema rappresenta. Testimonianza di un momento storico particolare, la Firenze della metà degli anni Trenta, dove a seguito della costruzione del Fabbricato Viaggiatori di Santa Maria Novella, si era pensato di rendere più decorosa “(..) una baraccaccia informe, sgangherata, a ossatura di legno e a tetto di stelle, di nuvole, al naturale”1. La baraccaccia rispondeva al nome di Arena Nazionale e colui che aveva voluto trasformarla in un moderna sala cinematografica e teatrale era Raffaello Castellani, impresario fiorentino con una grande passione per i cinematografi. L’artefice della trasformazione fu Nello Baroni, giovane allievo di Michelucci e membro del “Gruppo Toscano”, convinto assertore dei “Gruppi futuristi di iniziative” di Antonio Marasco, di cui aveva firmato il manifesto il 1° gennaio 1933. In soli sei mesi di lavori, Baroni trasformò la modesta costruzione dell’Arena Nazionale in un cinema teatro di “(..) modernissima chiarezza architettonica” 2 . Il cinema Rex, in seguito denominato Apollo, testimonia tutto questo: l’identità di un luogo, che ha sempre avuto nel tempo la stessa funzione sin dalla sua nascita come Arena Nazionale, l’opera di un architetto tra i più moderni del panorama architettonico della Firenze di quegli anni ed il coraggio del medesimo, nel rompere, formalmente, il tessuto di una strada, come via Nazionale, disegnata da un’edilizia neorinascimentale, con la costruzione di un volume totalmente privo di “(..) ogni fatto decorativo (..)”.3 LINEE GUIDA PER LA CONSERVAZIONE DELLA MEMORIA Nel 1936, quando Raffaello Castellani si rivolge a Baroni, per la costruzione del nuovo cinema, l’architetto era chiamato a rispondere a specifiche esigenze del committente ed indicazioni del piano regolatore. Tra le prime, vi erano il mantenimento dell’originario palcoscenico dell’Arena Nazionale, con tutti i servizi ad esso connessi e il conseguimento di una capienza di circa tremila posti e tra le altre, l’allineamento con il filo stradale e il contenimento dell’altezza del fronte. Il progetto di Baroni per il cinema Rex, negli anni Sessanta denominato Apollo, apporta grande innovazione ai progetti per il cinema. Le elaborazioni dell’architetto fiorentino riguardano la proiezione e lo spettatore, tralasciando le monumentalità e le decorazioni dell’edificio. Nell’ideazione della sala, Nello Baroni studia
oltre che la risoluzione di problemi acustici, il modo di assicurare una visibilità completa da ogni punto della stessa. Seguendo questa finalità, l’architetto inverte il rapporto sala- palcoscenico rispetto agli antichi teatri, sfruttando lo spazio in relazione diretta con la visibilità; disegnando la conformazione dei corridoi divisori tra le poltrone e i bracci laterali superiori, convergenti verso il fondo sala. Convogliando lo spazio di maggior importanza dell’ambiente: il palco. L’identità del cinema Apollo è quella di un luogo che unisce la duplice funzione di cinema storico. E’ un edificio importante perché arditamente e volutamente moderno, sia per il fronte su via Nazionale, scevro di qualsiasi decorazione ma arricchito solamente da una fascia marcadavanzale che per l’interno, dove lo spazio è connotato dal forte aggetto della galleria, sostenuta da due sole travi in cemento armato collegate da mensoloni in senso longitudinale. L’Apollo ha il suo esordio cinematografico l’11 dicembre 1937 con la proiezione del film “Saratoga” con Jean Harlow e Clark Gable, ottenendo “il più vivo successo”4. La sua parabola cinematografica si conclude nel settembre 1986, serata in cui era in programmazione un concerto di musica rock degli “Ultravox”, in seguito annullato a causa di un guasto all’impianto elettrico. Nel gennaio 1987, l’edificio è stato definitivamente chiuso per lavori di messa a norma e da allora, il suo destino è stato altalenante, sempre sospeso tra la possibilità di trasformarsi in parcheggio, centro commerciale Coop ed infine Sala Bingo. La Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio delle province di Firenze, Pistoia e Prato, ha vincolato l’edificio il 7 febbraio 1997, confor memente alla legge 1089/ 1939 art.1. La Società Immobiliare Primaticcio che ha rilevato l’immobile tramite asta, ha presentato in data 30 gennaio 2003 ricorso al TAR affinché i vincoli posti dalla Soprintendenza fossero tolti. Pertanto, essendo stata respinta la richiesta, in data 13 agosto la Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio delle province di Firenze, Pistoia, Prato ha trascritto il vincolo. Nel frattempo, la Primaticcio ha dato avvio ad i lavori di restauro e demolizione del cinema Apollo nel febbraio del 2005. Il progetto proposto dall’immobiliare, prevede un complesso con abitazioni, residenze e varie attività di uso commerciale, con un piano interrato di parcheggi e la certezza che, come la cronista scrive sulle pagine del quotidiano “La Nazione” :”Del vecchio e glorioso cinema degli anni che furono, non rimarrà che il nome fuori”5. Nel maggio del 2005 i lavori sono stati bloccati dalla Soprintendenza, in quanto non rispettosi dei vincoli imposti all’immobile. Il destino di questo cinema violato, sembra condannarlo a non proseguire, dopo gli anni bui dell’abbandono, la sua storia e la sua vita di cinematografo. La facciata, a testimonianza dello stato in cui versa, emerge ancor di più, per essere collocata lungo una via di grande affluenza e traffico. Sembra impossibile che in una città d’arte come Firenze, non si sia potuto fare qualcosa per
2. scorcio della facciata con relativo degrado in una foto attuale
una “struttura moderna”, testimonianza di una corrente architettonica che riuscì a portare delle innovazioni stilistiche alla città, in un periodo non certo facile 6. IDENTITÀ DI UN LUOGO E SUO VALORE: Lo stato attuale del cinema e patologie di degrado L’edificio mostra uno stato di conservazione non particolarmente drammatico, sicuramente foriero di futuri riutilizzi; ciò è sicuramente dovuto alle tecniche impiegate e all’abile capacità dell’ ingegner Neumann, progettista delle strutture. Dal punto di vista generale, la consistenza muraria realizzata in muratura ordinaria mista e cemento armato, intonacata in entrambi i lati, ha assicurato una decisa resistenza dell’involucro edilizio, la qual cosa ha permesso la trasmissione dell’edificio fino ai nostri giorni, attraverso la sua fisionomia originaria. Il persistere dell’utilizzo della struttura come cinema, in funzione fino alla metà degli anni Ottanta, ha giovato alla costruzione, evitando radicali trasformazioni e alterazioni dell’organismo architettonico, anche se ha permesso qualche concessione al gusto contemporaneo. A differenza di altri manufatti architettonici coevi, il cinema Apollo non ha subito pregiudizi politici culturali legati al ripudio del fascismo, momento storico in cui venne realizzato e la collettività, pur non avendogli mai espressamente riconosciuto la sua natura di monumento, ne ha sempre affermato il suo valore sociale. Il degrado dell’intero edificio è da imputare a due cause principali; l’assenza di interventi (abbandono e incuria, mancanza di manutenzione) ed a cause naturali, quali l’umidità, l’inquinamento naturale e l’aggressione biologica. Le patologie di degrado inerenti all’umidità, sono per lo più a causa dell’acqua piovana. La scarsa tenuta della guaina di bitume posta sulla terrazza,
3. lucernario interno di Nello Baroni in una foto d’epoca (1937) Archivio Eredi Baroni
ha provocato macchie in prossimità della cornice marcapiano all’attacco del solaio di copertura, con conseguenti segni di dilavamento mentre, internamente, è stato possibile constatare che l’umidità, favorita dalla penetrazione e ristagno di acqua piovana, era penetrata a causa della cattiva aderenza delle lastre di eternit del tetto e dall’assenza totale, in alcuni punti, della copertura. Le rimanenti patologie di degrado che caratterizzano l’esterno dell’edificio sono causate, come già accennato, dall’abbandono ed incuria a cui è sottoposto il manufatto da circa vent’anni. Questo ha prodotto un ammaloramento dei materiali esposti agli agenti atmosferici, con conseguenza di deposito superficiale, localizzato su gran parte della facciata, puntuale distacco dell’intonaco e presenza di vegetazione infestante. Gran parte dell’invecchiamento dell’organismo architettonico è dovuto a cause esterne legate all’intervento umano, evidenti principalmente nell’inserimento di saracinesche d’alluminio al posto delle porte d’ingresso in facciata, alla presenza di graffiti in alcune parti della facciata ed alla rimozione totale di due bugiardini, usati per affiggere gli spettacoli, con struttura in vetro e metallo e nel tamponamento dei globi luminosi. La distribuzione interna non ha subito modifiche. Solo alcune sostituzioni, operate da Gamberini nel 1967, permangono allo stato attuale. Il lucernario, apribile e rettangolare, disegnato da Baroni è stato sostituito da un controsoffitto in simil laminato con illuminazione al neon nella parte centrale e bordatura lungo tutto il perimetro. “CONSERVARE LA CAPACITÀ DI EMETTERE MESSAGGI A CUI S I È R I C O N O S C I U T O U N VA L O R E C U LT U R A L E ” 7 : IPOTESI D’INTERVENTO PROGETTUALE 8 Le considerazioni emerse dall’analisi storica e dalla presa di coscienza dello stato attuale dell’edificio portano la proposta progettuale in una direzione mirata alla conservazione del cinema ed al suo reinserimento nel ciclo vitale tramite alcune opportune scelte di riuso. Il valore sociale dell’oggetto architettonico, riconosciuto come tale dalle persone del quartiere ed i suoi formali caratteri di “modernità” all’interno del tessuto urbano in cui è ubicato, rendono auspicabile la sua trasmissione al futuro, che può essere assicurata solo se lo si dota di una funzione attiva che lo sottragga al suo destino d’abbandono. Nel delineare le linee guida sull’intervento proposto dal seguente studio, si terrà conto del valore storico dell’edificio e delle capacità funzionali che un ambiente così grande
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possiede. L’organismo architettonico è sempre stato un cinema ma, allo stesso tempo, la posizione centrale in cui è ubicato, ne fa un ambito ideale per garantire agli abitanti del quartiere un centro di aggregazione, inteso come piazza coperta , in cui poter intrattenersi sia in orari diurni che notturni. Pertanto, il progetto prevede il restauro critico conservativo della facciata, il mantenimento del cinema nella galleria attuale e il riutilizzo della platea come zona commerciale. L’attuale platea è trasformata in uno spazio di libera circolazione; la struttura originaria della sala cinematografica è protagonista, mantenendo la configurazione attuale di elemento caratterizzante lo spazio. Tale spazio, pensato come una “Sala dei passi perduti”, può accogliere allestimenti temporanei. Il complesso architettonico risulterebbe, in tal modo, suddiviso in due aeree distinte con funzioni diverse: la prospiciente in Via Nazionale, destinata al cinema, e quella più profonda, verso il primitivo palco, destinata ad area commerciale. I piani superiori, occupanti la volumetria libera dal palco, si sviluppano con una conformazione a “terrazza”, con affaccio sullo spazio libero della “sala dei passi perduti”. Nessun radicale intervento trasformativo verrà applicato, limitandoci ad una ridefinizione delle parti interne, reversibile, in quanto si è pensato di creare degli spazi divisi da diaframmi trasparenti. La rifunzionalizzazione del Cinema Apollo poneva di fronte importanti scelte. Il cinema, come era stato concepito nel 1937, prevedeva una platea con una capienza di 1600 posti. Le attuali condizioni in cui versano le attività cinematografiche nel centro storico di
4. controsoffittatura di Italo Gamberini (1966) in luogo del lucernario originale di Nello Baroni
5. planimetria di progetto del piano terra
Firenze, fanno riflettere. Ipotizzare il cinema, con la capienza e la destinazione d’uso progettata da Baroni, avrebbe portato inesorabilmente, nel tempo, ad un nuovo abbandono. Riportare l’edificio al ciclo vitale , attraverso il riconoscimento del valore architettonico e sociale di cui è depositario,è sembrata la finalità più auspicabile da perseguire. L’organismo architettonico verrà liberato dalle aggiunte posticce degli interventi di fine anni Sessanta, restituendo il lucernario progettato da Baroni, oggi sostituito da un controsoffitto, alla sua forma originale. Verranno conservati gli schemi distributivi interni, disegnati dallo stesso Baroni e si opererà rispettando le preesistenze del progetto originario. Nel restauro sperimento che passato e presente sono insieme; in questo intervento si tenta di sposare il passato del cinema con il presente rappresentato dalle nuove attività, sia commerciali che di aggregazione sociale. L’Apollo tornerà a nuova vita permettendo, ad i fiorentini che hanno avuto modo di frequentarlo nei suoi anni di maggiore attività, di ricordare lo sterminato Rex e ad i giovani di poter apprendere, attraverso i suoi spazi, la storia di quel cinema Rex di cui avevano sentito parlare dai loro nonni. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ESSENZIALI
- Una nuova sala di spettacoli a Firenze ..., “La Nazione”, 5 dicembre 1937 - Dalla Via Nazional nel transitare / la facciata del Rex grandiosa appare! “Il Brivido”, a. XIII, n. 49, 12 dicembre 1937, p. 1 - I. GAMBERINI, Cinema Teatro Rex a Firenze, “Architettura”, a. XX, n. 5, maggio 1941, pp. 208-211 -N. BARONI, Cinema Teatro Rex a Firenze. Nota tecnica dell’autore, ivi, pp. 212-215 Il palcoscenico del Teatro Apollo interamente distrutto da un incendio. Difficoltosa opera di spegnimento – Come la sala è
stata risparmiata dalle fiamme – Diversi milioni di danni, “Il Nuovo Corriere”, a. II, 2 maggio 1946, p. 2 - A. ARGENTINA, M. CARMIGNANI, Il cinema teatro Apollo a Firenze, Multisala International, Giugno 2002, pp. 22- 27. - A. MARINO, Il cine- teatro Rex di Nello Baroni. Una questione di tutela del moderno, in Curare il Moderno; i modi della tecnologia, P. GIOVANNI BARDELLI (a cura di), Venezia 2002, pp. 635-638. - Il project financing come strategia di riqualificazione del cinema Apollo di Firenze, Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Ingegneria, corso di laurea di Ingegneria Edile, aa. 2002/ 2003, laureando: Niccolò Capecchi, relatori: Prof. Ing. Pietro Capone, Prof. Arch. Mauro Cozzi, Prof. Arch. Lamberto Ippolito, Dott. Ing. Renza Renzi. - P. DE ANNA, Il caso / “Vincolo” a sorpresa comunicato ai proprietari il giorno dopo l’acquisto / Nuova tegola sull’Apollo, “La Nazione”, 26 febbraio 2003, p. VII. -L. CINI, Architettura / Quattro itinerari per 52 opere. Un appello per i cinema / Una cavalcata artistica alla scoperta del ‘900, “La Nazione”, 5 dicembre 2003, p. XIX.
NOTE
1. G. GABARDI, Un teatro sui generis, in “Firenze d’oggi”, Firenze 1896. 2. Trionfale inaugurazione del cinema Rex, La Nazione, 12-13 dicembre 1937. 3. G. K. KOENIG, Architettura in Toscana 1931- 1968, Torino 1968, p. 45. 4. Trionfale inaugurazione del Cinema Rex, La Nazione, 12-13 dicembre 1937. 5. T. GIULIANI FOTI, Apollo progetto approvato, La Nazione, 19 febbraio 2005. 6. Si veda in merito a questa considerazione, l’articolo di A. ARGENTINA, M. CARMIGNANI, Il cinema Teatro Apollo a Firenze, Multisala International, Giugno 2002, p. 22. 7. L’espressione è tratta da G. K. KOENIG, Semiologia del restauro e dei centri storici, Architettura del Novecento, Padova 1995, p. 75. 8. La seguente ipotesi progettuale è frutto dello studio condotto dalla sottoscritta per la tesi “Il cinema teatro Apollo (ex cinema Rex) di Nello Baroni. Un architetto e la sua opera all’interno della realtà fiorentina”, elaborata per il conseguimento del Master di II livello 2004-2005 in “Restauro del Moderno. Istruttoria e Progetto per la Tutela e il Recupero di Architetture del XX“, direttrice prof. M.A. Crippa, vice direttore: prof. P. Galliani, tutor: prof. F. Zanzottera, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura e Società - Facoltà di Ingegneria Edile Architettura.
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un caso di studio
la ex casa G.I.L. di Montesacro, Roma
gaetano minnucci 1935-1943
architetto
chiara de simone
L’opera è presa come modello di studio per la questione inerente un possibile intervento di restauro e tutela di un’opera di architettura moderna. L’interesse nasce infatti dalla necessità di tutelare e quindi intervenire su edifici, opere, di cui se ne riconoscono i valori, che versano in uno stato di decadimento e di degrado generale. Le esperienze di intervento su opere di architetture moderne, tranne rari casi eccezionali e fortunati, spesso sono riconducibili ad operazioni di ripristino, tal volta in ‘stile’, o ad operazioni manutentive che, sebbene lecite, non rispettano l’autenticità fisica e l’istanze storica ed estetica dell’opera. In altri casi ci troviamo di fronte ad operazioni volte a negarne i valori: è il caso di frequenti azioni di demolizioni o di abbandono all’incuria. Quanto accade è anche riconducibile ad una volontà di damnatio memoriae, che tende a disconoscere opere legate ad un passato storico scomodo e tragico, o più frequentemente è riconducibile ad un mancato riconoscimento di valori da trasmettere. In casi estremi le operazioni di intervento sono riconducibili ad operazioni di pura conservazione, dove l’intervento critico non viene messo in atto (‘conservazione integrale’). Con quali strumenti scegliamo e valutiamo gli oggetti, le opere, meritevoli di essere conservate? L’obbligo morale della tutela e della cura, attraverso il restauro, è di trasmettere al futuro il valore storico ed estetico dell’oggetto così come a noi è pervenuto. Questa presa di coscienza si fonda su scelte di cultura che sono per natura in continua discussione e revisione. Il restauro del moderno, o del nuovo mette in evidenza l’assenza di una sufficiente prospettiva storica con cui instaurare un rapporto critico diversamente da quanto accade per il restauro dell’antico. L’assenza di valori di riferimento riconosciuti e condivisi si traducono in un atteggiamento acritico che porta a connotare negativamente non solo il rapporto con le preesistenze a noi più vicine ma anche quelle contemporanee. Il consapevole atteggiamento storico-critico auspicabile è quello improntato ad un sano equilibrio critico, che sappia giudicare volta per volta in base ai valori (d’immagine, di memoria, storico-documentarie, tecnici…) in gioco. L’atteggiamento, che segue la linea critica e ‘brandiana’ sviluppatasi secondo una direttrice ‘critico-conservativa’, parte dal presupposto: si conserva per tramandare, per trasmettere al futuro l’opera nelle migliori condizioni possibili, mettendo in atto un’azione critica, perché ogni intervento costituisce un caso a sé che non assume posizioni dogmatiche o predefinite. Questo risulta essere valido tanto per il restauro dell’antico quanto per il restauro del moderno. I principi e i criteri del moderno restauro criticamente e scientificamente inteso (minimo intervento, distinguibilità, reversibilità, compatibilità delle aggiunte….) possono essere validi anche nel restauro delle architetture moderne di cui se ne riconoscono i valori secondo una duplice istanza estetica e storica. Lo studio storico dell’opera oggetto di analisi ci ha condotto ad una proposta di progetto
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preliminare di restauro critico – conservativo (studio svolto in sede di tesi in Restauro Architettonico presso l’Università degli Studi La Sapienza di Roma, relatore prof. G. Carbonara, correlatore dott. arch. S. Salvo). Successivamente si è sperimentata la possibilità di applicare un modello di valutazione dell’intervento mediante l’analisi multicriterio (studio presso il Master FSE di II livello in Restauro del Moderno Istruttoria e Progetto per la Tutela e il Recupero di Architetture del XX secolo prof. M. A. Crippa, prof. P. Galliani, prof. F. Zanzottera, consulente esterno prof. M. Brischetto). L’inquadramento storico culturale dell’opera e dell’architetto ha evidenziato due momenti importanti: la nascita delle premesse politiche e i presupposti culturali che determinarono l’istituzione della Casa del Balilla e la fine di queste e le contingenze che determinano il destino di un’architettura “moderna per concezione”. L'O.N.B nel 1935 incarica l'arch. G. Minnucci di progettare la Casa del Balilla ai confini della città giardino Aniene a Montesacro. L’impianto prevede gli ambienti della casa vera e propria con i locali di ritrovo, il teatro, le piscine e la palestra, il solarium, la scuola di economia domestica e l’asilo d’infanzia sperimentale. Nel dopoguerra parte del complesso viene lasciato incompiuto e in abbandono e vi si stabilisce l’orfanotrofio Don Guanella fino al 1962. Si decide di trasformare il complesso prima in Residenza Universitaria poi in Albergo Sociale. Parte dell’edificio viene ceduto in locazione alle Poste (casa della G.I.L.). In questa occasione si eseguono interventi di trasformazione. L'albergo viene chiuso e dopo varie requisizioni il Comune ne decreta l'occupazione per un complesso scolastico del quartiere. Il solo blocco della palestra viene ristrutturato nel 1982. Nei primi anni del 1990 si eseguono adeguamenti normativi: l’impianto delle piscine rimane in stato di abbandono. Le fasi costruttive della fabbrica rivelano la storia delle trasformazioni, delle rimozioni e delle aggiunte. E’ stato indispensabile e necessario impostare la proposta di progetto evidenziando con chiarezza il problema delle eliminazione delle aggiunte e il risarcimento delle lacune, e delle patologie di un’architettura moderna. In seguito ad un’attenta analisi degli elementi costruttivi e formali dell’edificio si è potuto rivelare il valore dell’impiego moderno dei materiali evidenziando il clima di sperimentazione e di ricerca in atto. La decorazione è affidata agli stessi elementi costruttivi, l’architettura e la tecnica costruttiva sono fuse insieme. Il marmo bianco di Carrara viene reinterpretato con spirito moderno e diventa strumento del linguaggio retorico dell’epoca (scritte e decori propagandistici). Il c.a. viene impiegato sia per l’ossatura portante che come mezzo per la realizzazione di elementi scultoreo-decorativi (es. il trampolino della piscina esterna, il sistema a graticcio delle aperture). Il ferro viene proposto come elemento da impiegare per la produzione dei serramenti innovativi (serramenti a bilico a comando unico a ribalta, tipo Ilva). I processi produttivi e di cantiere
RIFERIMENTI BILBIOGRAFICI ESSENZIALI -Fondo Minnucci, Archivio Centrale di Stato di Roma -G. MINUCCI, Scuole, asili d'infanzia, scuole all'aperto, elementari e medie, case del Balilla, palestre, Hoepli 1936 -P. MARCONI, La casa della G.I.L. a Montesacro in Roma, in Architettura, XII, 1939 -M. I. ZACCHEO (a cura di), S. Benedetti, Gaetano Minnucci (1896 - 1980), Gangemi, 1984 -M. CASCIATO, M. MORNATO, C. P. SCAVIZZI,150 anni di costruzione edile in Italia, Edilstampa, 1992-S. -G. CARBONARA, avvicinamento al restauro, Liguori Editore, 2002 - S.SALVO, Ricerca sui limiti e l’applicabilità della moderna teoria del restauro all’architettura recente, Tesi in dottorato di ricerca in conservazione dei beni architettonici. - MICCOLI, La valutazione nel progetto di restauro in G. Carbonara, Trattato di restauro architettonico, vol. 4, UTET 2004 - M. BRISCHETTO, A. PAVAN, C.PICCO, U.VISCONTI di MASSIMO, La stima degli immobili ordinari, speciali e dei beni pubblici, Maggioli, 2004.
portano ad ottenere materiali prefabbricati da impiegare nell’edilizia ottenendo vantaggi costruttivi e risposte estetico-funzionali (ad.es. il vetro-cemento). Gli impianti rivestono un interessante aspetto per l’attenzione con cui sono stati studiati per un’ottimizzazione del benessere ambientale (es. gli impianti di riscaldamento ad aria, la ventilazione forzata e naturale, l’illuminazione diurna e notturna…). Il degrado generale dell’edificio è causato non solo da cause esterne legate ai fenomeni naturali (es.umidità, fattori meteorologici con effetti di alterazioni superficiali e in profondità, deposizioni superficiali) e da fattori strettamente legati alla natura dell’edificio (es. difetti di progettazione e costruzione con effetti di rapido invecchiamento e ammaloramento dei materiali) ma anche e forse soprattutto da cause esterne legate all’intervento umano, cause antropiche (es. avvenimenti contingenti legati al mancato riconoscimento dei valori e interventi errati con effetti di alterazione dell’unità spaziale dell’opera). Il degrado generale viene letto come la storia delle rimozioni e delle aggiunte improprie apportate nel tempo dettate dal cambio di destinazione d’uso, dall’uso improprio degli spazi, dagli interventi errati e dall’abbandono. Tra gli interventi causa di ulteriore degrado, citiamo l’intervento di pulizia del rivestimento esterno in marmo bianco di Carrara eseguita con sabbiatura con abrasivi duri e di grana grossa ad alta pressione che ha determinato microfratture superficiali. L’intervento di restauro prevede una pulizia superficiale e il trattamento con un protettivo idrorepellente ma permeabile al vapore. L’asportazione delle scritte di propaganda, parte inscindibile dall’opera, determina un’alterazione dell’immagine: si propone l’integrazione conservando e testimoniando la lacuna. La proposta di intervento di restauro critico conservativo valuta la possibilità di indirizzare la ricerca, al tempo stesso progettuale e conservativa, verso rimedi che salvino la materia e l’immagine originali. Lo scopo dell’analisi valutativa è quello di avvicinarsi il più possibile ad un criterio di valutazione che prenda in esame fattori come la rarità, l’unicità, la irriproducibilità, l’inalienabilità, l’originalità, la fruibilità non selettiva, che rappresentano alcuni degli attributi caratteristici dei ‘beni culturali immobiliari’. La trasposizione di criteri di valutazione correnti nell’edilizia comune non risulta infatti sufficiente a valutare un progetto di restauro nella sua complessità. Possiamo dire che nell’ambito di valori estetico-culturali e storico-artistici si può ricorrere alla definizione del “valore multidimensionale” che deve tener conto non solo delle utilità e disutilità connesse alla possibilità di scambio del bene ma anche del suo valore intrinseco dovuto alle caratteristiche proprie indipendentemente dall’uso. Si sono ipotizzati due scenari-interventi da valutare: - il progetto preliminare di restauro critico conservativo con potenziamento dell’attuale destinazione d’uso; - il progetto preliminare di recupero e di ristrutturazione con nuova destinazione d’uso dell’intero complesso. Viste le possibili alternative di intervento l’intento è stato quello di provare a costruire un modello valido per valutare la qualità del progetto considerandolo sia dal punto di vista di un “promotore colto” (ad es.: il soggetto pubblico), interessato a giungere ad un corretto atto di restauro, sia dal punto di vista di un “promotore imprenditore” (ad es.: soggetto privato), interessato all’ottemperamento di valori altri da quelli intrinseci, pur riconoscendone l’importanza. Il ricorso al metodo di analisi multicriteriale consente il controllo della qualità del progetto sia a progetto concluso sia durante l’iter progettuale. La tecnica proposta ha come obiettivo anche quello di organizzare le informazioni in modo razionale con il fine di indirizzare il decisore verso una scelta consapevole della soluzione che si ritiene ottimale rispetto alle istanze collettive e alle risorse disponibili.
integrazione dell’immagine sezione di progetto
vista del complesso archivio centrale di stato, fondo minnucci, foto vasari 1937
vista della piscina archivio centrale di stato, fondo minnucci, foto vasari 1937
stato attuale piscina esterna, anno 2006
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IDROFLORENCE srl via del botteghino 85c badia a settimo fi t. 055 7224236 www.idroflorence.com
IIdroflorence srl Da anni opera sul territorio toscano nel settore dei sistemi per tetti e pareti ventilate in metallo. Offre un servizio di progettazione e realizzazione di coperture e rivestimenti di facciata in metallo. Specializzata nella tecnica dellâ&#x20AC;&#x2122; aggraffatura doppia con materiali: rame classico, tecu-patina, Tecu-Oxid, alluminio prefalz, zinco al titanio rheinzink. Offre pacchetti completi di coibentazione, assiti in legno, guaine traspiranti, carpenterie in ferro e in legno.droflorence srl Da anni opera sul territorio toscano nel settore dei sistemi per tetti e pareti ventilate in metallo. Offre un servizio di progettazione e realizzazione di coperture e rivestimenti di facciata in metallo. Specializzata nella tecnica dellâ&#x20AC;&#x2122; aggraffatura doppia con materiali: rame classico, tecu-patina, Tecu-Oxid, alluminio prefalz, zinco al titanio rheinzink. Offre pacchetti completi di coibentazione, assiti in legno, guaine traspiranti, carpenterie in ferro e in legno.
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la architetto
società
un’occasione emblematica di restauro del moderno
umanitaria
a
milano
valentina fisichella
IL COMPLESSO ARCHITETTONICO Le ricerche sugli edifici della sede della Società Umanitaria1 prendono avvio dalla scoperta di un progetto inedito del ‘37 elaborato dall’architetto Giovanni Romano, già insegnante presso le scuole dell’Umanitaria, per una nuova sede dell’istituzione localizzata presso il parco Ravizza, di fronte l’Università Bocconi di Pagano; il progetto non verrà tuttavia realizzato a causa del secondo conflitto mondiale. In seguito alla distruzione dell’ottanta per cento degli edifici della sede centrale sotto i bombardamenti del ’42 e del ’43, nel 1946 viene affrontato lo studio della ricostruzione del primo chiostro: il progetto è affidato ad Ignazio Gardella e Giovanni Romano, i quali propongono il ripristino filologico delle strutture del cortile e la ricostruzione ex novo dei corpi perimetrali esterni, destinati a biblioteca ed uffici. Dopo le riparazioni della parte antica del complesso, occorre affrontare nel modo più rapido anche la riedificazione delle fabbriche scomparse sotto i bombardamenti al fine di ripristinare le attività molteplici dell’Umanitaria, tutte orientate a procurare l’elevazione materiale e spirituale della classe lavoratrice; il commissario straordinario, respingendo la proposta di trasferimento della sede, stabilisce che gli edifici distrutti, lungi dall’essere ripristinati secondo l’antico schema edilizio, siano riedificati in pari cubatura ma secondo un nuovo progetto razionale. Giovanni Romano si aggiudica il concorso bandito dall’Umanitaria il 10 marzo 1947 per la progettazione della nuova sede, dando prova di saper risolvere le problematiche generali della didattica in un’impostazione architettonica che riflette le finalità perseguite dall’ente: la concezione sviluppata dal progetto risulta infatti fondata su uno studio piuttosto approfondito della situazione dell’artigianato italiano e della funzione orientativa ed organizzativa delle scuole dell’Umanitaria tale da superare di gran lunga, nelle opinioni della commissione giudicatrice, gli altri progetti presentati al concorso. Romano firma così la realizzazione di un complesso edilizio che rivela tramite il proprio linguaggio architettonico la concezione moderna delle scuole e che risulta l’unico esempio italiano palesemente ispirato – per forme e contenuti – alla Bauhaus di Walter Gropius: il progetto, oltre ad essere corredato da un dettagliato studio sull’indirizzo e sull’ordinamento da dare all’istituto, mette in atto il principio proprio della modernità di innestare l’esterno urbano nella fruizione degli spazi aperti interni all’isolato; la conformazione dell’architettura ai principi di stampo razionalista risulta evidente anche nella modalità di aggregazione delle funzioni relative ai Laboratori leggeri, Laboratori pesanti, Aule, Scuola del libro e Convitto in fabbricati differenti ed indipendenti l’uno dall’altro, che assumono la peculiarità morfologica delle giaciture degli antichi chiostri per configurarsi in edifici ad andamento lineare.
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STATO DI FATTO ED ISTANZE DI INTERVENTO Dopo essersi qualificata come il più completo istituto d’Italia e d’Europa nel campo dell’istruzione professionale gratuita, la Società Umanitaria vede mutare radicalmente la propria situazione con l’entrata in vigore della legge 22 luglio 1975 n. 382 sulla attribuzione delle competenze in campo assistenziale: in virtù di tale disposizione legislativa l’Umanitaria continua a sussistere come ente morale e conserva la titolarità dei beni necessari allo svolgimento delle attività associative, ma il patrimonio mobiliare ed immobiliare utilizzato per le attività di formazione professionale, educazione degli adulti, formazione degli operatori sociali e culturali deve essere trasferito alla Regione Lombardia. Una delle conseguenze è la modificazione dell’assetto degli immobili: nell’84 avviene la cessione formale dei lotti relativi ai fabbricati Laboratori pesanti, Scuola del libro e Corpo di collegamento con annessi beni mobili, strumentali ed attrezzature. Nel 2003 il Comune di Milano, per conto del Ministero di Grazia e Giustizia2 , provvede ad acquistare dalla regione l’edificio Laboratori pesanti e dalla Società Umanitaria l’area sita in corrispondenza dell’angolo tra le vie San Barnaba e della Pace al fine di realizzare una nuova sede per uffici giudiziari dell’adiacente Palazzo di Giustizia; il progetto, redatto dal Servizio Uffici Giudiziari del Settore Edilizia Patrimoniale e Demaniale del Comune di Milano, ottiene tutte le approvazioni necessarie nel corso del 2003: prevede la demolizione dei Laboratori pesanti – per la quale la Soprintendenza ha espresso parere favorevole – e la costruzione del nuovo edificio. Tali modificazioni interne all’area hanno innescato inevitabili processi di degrado, causato in particolar modo dalla condizione di totale abbandono in cui versano i fabbricati dei Laboratori pesanti e della Scuola del libro; inoltre, il passaggio da personalità giuridica di diritto pubblico a personalità di diritto privato ha sottratto alla Società i finanziamenti regionali necessari allo svolgimento delle attività di formazione professionale, e ciò ha provocato via via notevoli variazioni d’uso degli stabili, la maggior parte dei quali sono stati dati in locazione. Pertanto l’obbiettivo di una rigorosa salvaguardia non può in alcun modo tralasciare un appropriato processo di valorizzazione da fondarsi sulla ricostituzione di una struttura di relazioni di tipo collettivo estese all’intero contesto; sarebbe infatti auspicabile riconsegnare alla Società il suo ruolo di ente di alta formazione, ripristinando le funzioni originarie limitatamente agli edifici ancora di effettiva proprietà dell’ente, e operando una rifunzionalizzazione critica per tutti gli altri. CONSERVAZIONE E PATOLOGIE DI DEGRADO: IL CASO DEI LABORATORI PESANTI La complessità di un sistema tanto vasto ha imposto la
Rilievo grafico dello stato di degrado del prospetto est dei Laboratori pesanti condotto secondo il metodo NorMaL.
Planimetria generale dell’isolato compreso tra le vie Daverio, San Barnaba, della Pace, Fanti.
necessità di operare una selezione tra tutti gli edifici emblematica delle coordinate critiche e dei criteri fondativi dell’orientamento di studio; l’edificio prescelto è proprio il manufatto dei Laboratori Pesanti, la cui forte valenza culturale è messa in serio pericolo dall’attuale progetto di demolizione: valido nel trasmettere ed esemplificare valori culturali e momenti significativi ritenuti fondamentali, il manufatto è indubbiamente emblematico per la sua posizione di preminenza e visibilità rispetto al contesto urbano ma soprattutto si configura quale presenza paradigmatica dei princìpi del Moderno per l’essenzialità di linguaggio regolato da geometrie, per l’evidente unità invaso-involucro, per la riconoscibilità immediata dei materiali nel palinsesto di facciata, strutturata dal reticolo travi-pilastri che racchiude il modulo laterizi-serramenti. Le indagini condotte su base visiva e fotografica evidenziano un quadro di degradazioni piuttosto diffuse le cui cause sono da ricondurre in particolare alla presenza di una percentuale di umidità al di sopra della norma; l’accesso di acqua all’interno dell’edificio è stato favorito dall’inefficienza del sistema di smaltimento delle acque piovane (gronde e pluviali) nonché dalla progressiva perdita di funzionalità degli infissi in ferrofinestra, a causa delle rotture dei meccanismi e delle lacune dei vetri. Il degrado è immediatamente visibile all’esterno dell’edificio, e si manifesta con fenomeni di efflorescenze saline e scagliature diffuse su tutto il paramento in laterizio, cui si accompagna la presenza di depositi superficiali, incrostazioni di probabile origine calcarea e patine; tramite un monitoraggio continuativo dell’edificio è stato possibile rilevare anche la presenza di patine biologiche, specie nei punti di maggiore percolazione di acqua piovana e nelle zone basamentali interessate da risalita capillare, spesso infestate anche da vegetazione spontanea. Le osservazioni hanno evidenziato anche degradi di tipo statico: si riscontra infatti un processo di carbonatazione in atto nel calcestruzzo, con conseguente espulsione del copriferro ed avanzato stato di corrosione dei ferri di armatura; numerose le fessurazioni rilevate all’estradosso delle travi, collegate a sforzi eccedenti e probabilmente causate dall’assenza di cordolo di collegamento in calcestruzzo nelle fondazioni corrispondenti. Sezione trasversale dei Laboratori pesanti, disegno 1:100 di Giovanni Romano, datato 1.12.1953 (in Archivio Società Umanitaria)
L’AUTORE
Giovanni Romano (1905-1990) si laurea in Architettura presso il Politecnico di Milano nel 1930. Nel ‘32 vince con Paolo Clausetti il concorso per la scuola elementare della Malpensata a Lecco; su proposta di Edoardo Persico viene chiamato nel medesimo anno ad insegnare all’Umanitaria composizione del mobile agli allievi della scuola professionale e subito dopo all’Istituto superiore di disegno industriale alla Villa Reale di Monza; nel ’34, con Clausetti e Mosera cura la mostra della scuola moderna a Padova e in occasione della Mostra dell’aeronautica, inaugurata nel giugno del 1934 ed organizzata da Pagano e Persico all’interno del Palazzo dell’Arte di Milano, progetta l’allestimento del volo di massa. Per la VI Triennale allestisce con Franco Albini la sala dell’antica oreficeria e partecipa alla contemporanea Mostra dell’abitazione; nel 1937 Albini, Gardella, Palanti e Romano partecipano al concorso per il Palazzo dell’Acqua e della Luce e per il Palazzo della civiltà italiana all’Eur. In occasione dell’Esposizione delle scuole e degli istituti d’arte di Roma del ‘38, progetta l’allestimento della mostra dell’Istituto superiore di Monza e dell’Umanitaria. Componente del gruppo di progettazione della Milano Verde, nel ‘44 partecipa alla fase iniziale del Piano AR ed interviene al I Convegno nazionale per la ricostruzione edilizia (Milano, dicembre ‘45). Nel primo dopoguerra promuove il Movimento di studi per l’architettura moderna e nel ‘62 è tra i fondatori dell’Associazione nazionale per i centri storico-artistici di Giovanni Astengo. Già membro del comitato per il PRG, nel ‘52 dirige gli studi per il risanamento del centro storico di Genova. Consulente della Commissione parlamentare di indagine sulla scuola, ha progettato il Centro scolastico 2 giugno a La Spezia ed ha coordinato il I Congresso internazionale di edilizia scolastica, organizzato a chiusura della XII triennale del ’60.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ESSENZIALI
- AA.VV., Il modello Umanitaria. Storia, immagini, prospettive (a cura di Della Campa M.), Raccolto Edizioni, Milano 2003. - AA.VV., Milano durante il fascismo 1922-1945, Servizio Studi e P i a n i f i c a z i o n e C a r i p l o , A m i l c a r e P i z z i , M i la n o 1 9 9 4 . - BARELLI M.L., LIVI T. (a cura di), La salvaguardia del patrimonio architettonico del XX secolo. Problemi, prospettive, strategie, Atti del convegno internazionale, 26-27 novembre 1998, Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, Lybra Immagine, Milano 2000. - GALLIANI P., PIVA A. (a cura di), Gli archivi del progetto, Lybra Immagine, Milano 2005. - GRANDI M., PRACCHI A., Milano. Guida all’architettura moderna, Zanichelli, Bologna 2000. N.B.: Tutte le notizie sulla biografia e sull’attività professionale di Giovanni Romano, nonché i dati di progetto relativi agli edifici dell’Umanitaria provengono da fonti dirette ed autografe; si ringraziano pertanto l’Archivio della Società Umanitaria e il prof. Marco Romano.
NOTE
1. La Società Umanitaria si costituisce alla fine del secolo XIX, per opera del mecenate mantovano Prospero Moisè Loria che, decidendo di dedicarsi a forme benefiche che avessero una reale apertura sociale, si propone di far riscattare i diseredati non con opere di assistenza elemosiniera e di soccorso individualizzato bensì con una intensa attività di istruzione e addestramento qualificato alle professioni; il 29 giugno 1893 viene emanato il decreto regio che qualifica la Società Umanitaria quale Ente morale. 2. La Legge 24 aprile 1941 n. 392 sul Trasferimento ai Comuni del servizio dei locali e dei mobili degli uffici giudiziari, delega gli enti locali a supportare
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architetto
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la conoscenza degli edifici per una gestione controllata ed efficace
marco forcelli
Premessa Possedere o condurre beni immobili con efficacia di risultati è oggi da considerare attività specialistica e complessa. L’alto valore economico, l’impatto socio-culturale, le spese di gestione determinano una serie di responsabilità dirette e indirette da parte di chi detiene la titolarità di un immobile. Sono rsponsabilità dirette quelle che ricadono sugli aspetti di ottimizzazione della fruibilità in regime di sicurezza, sugli aspetti di qualità degli spazi confinati e sulla gestione tecnica coerente con l’apparato normativo. Sono però da ritenere altrettanto importanti le responsabilità che derivano dal ruolo sociale degli immobili intesi come testimonianza ed episodi di civiltà, visibili, soggetti ad una continua interazione con ognuno di noi, come individuo o come collettività. Dunque affinchè non sfugga di mano proprio il controllo gestionale, che è poi la chiave che detremina la valorizzazione o il decadimento di un immobile, è necessario oggi disporre di strumenti informativi che consentano di mettere a disposizione del Gestore tutti i dati che servono per prendere decisioni in tempo relale e programmare qualsiasi attività sugli edifici con la massima certezza di risultati. Questo significa avere a disposizione una banca dati dove confluiscono e si legano tra loro informazioni relativa alla architettura, alla consistenza, allo stato manutentivo all’apparato impiantisitico. Oggi sono disponibili software e metodi di indagine che consentono di strutturare sistemi di nformazioni, disponibili in tempo reale, che permettono di controllare lo stato di fatto di un edificio in ogni aspetto. Naturalmente non esiste niente di “automatico” e la qualità del sistema informativo si basa sulla qualità del procedimento conoscitivo di un immobile che deve essere condotto da parte di operatori in grdo di stabilire connessioni tra la storia costruttiva (la tecnologia), gli aspetti morfologici (l’architettura) e gli apparati complementari (gli impianti). Solo con questo supporto conoscitivo si è in grado di raccogliere quelle informazioni essenziali a valutare aspetti manutentivi, aspetti di sicurezza in ogni ordine e di implementare correttamente quello che è destinato a diventare uno strumento imprescindibile di conoscenza e gestione denominato sinteticamente come “anagrafica immobiliare”.
ANAGRAFE IMMOBILIARE E PROCEDURE DI QUALITÀ La corretta amministrazione di un parco immobili si fonda su un dato di fatto indiscutibile: la profonda conoscenza degli oggetti edilizi di cui si dispone. Secondo le più recenti esperienze, conoscere un edificio però assume via via significati sempre più articolati che superano il concetto di rilievo architettonico e che riguardano almeno cinque aspetti: 1- consistenza 2- stato di conservazione 3- stato di adeguamento normativo 4- valutazione dei costi di intervento 5- proprietà e potenzialità d’uso.
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Emerge dunque come il mero rilievo morfologico dimensionale, perquanto ne costituisca ancora la base di partenza, è da considerarsi al più come il primo passo di un percorso di indagine attraverso il quale ottenere un insieme di informazioni utili a costruire un programma di gestione degli edifici. Nel facility management, questo complesso di attività conoscitive e di diagnosi applicate agli edifici va sotto la definizione di anagrafica immobiliare, sulla quale si innestano poi le attività di servizi tecnici integrati, intesi come quella serie di attività che prendono origine dalla elaborazione dei dati acquisiti in sede di anagrafica, e che concretizzano gli obiettivi di gestione, mediante l’espletamento delle opportune pratiche professionalizzate.
Eseguire un servizio di ricognizione/anagrafe immobiliare il cui esito possa definirsi attendibile e soprattutto utile a costruire programmi di gestione efficaci, significa introdurre nell’esecuzione del servizio alcuni aspetti procedurali fondati su metodi ed obiettivi di qualità. Il concetto di qualità dunque interviene almeno in due diversi aspetti dell’esecuzione della ricognizione del patrimonio: 1. La strutturazione dei dati censiti 2. La gestione dei dati censiti in funzione della certificazione di qualità degli immobili. L’ESECUZIONE DEL SERVIZIO DI RICOGNIZIONE/ANAGRAFE DEL PATRIMONIO IMMOBILIARE L’esecuzione del servizio di Ricognizione / Anagrafe sul Patrimonio Immobiliari è da considerare come attività professionale specialistica, da collocarsi nell’ambito dei servizi tecnici di supporto alla programmazione manutentiva e gestionale. Per l’espletamento del servizio di ricognizione/anagrafe del patrimonio deve essere messa in atto una metodologia di lavoro appositamente sviluppata, che si avvarrà dell'uso di strumentazioni avanzate in tutte le fasi del lavoro. Per rispondere alle differenti specificità che presenta ogni diversa categoria di “analisi”, la metodologia proposta contemplerà diverse modalità di rilievo, dal rilievo geometrico-dimensionale a quello tipologico, a quello dei componenti tecnologici. Saranno pertanto attivati differenti ambiti di rilevazione / censimento, così individuati: - rilievo geometrico-dimensionale, di tutti gli spazi dei beni immobili per una esatta conoscenza dimensionale, della consistenza e della morfologia dell'intero edificio o complesso edificato e delle aree esterne di pertinenza; - rilievo descrittivo-tipologico, finalizzato alla suddivisione logica degli spazi o aree omogenee, sia per quanto riguarda i beni edificati, le aree a verde o le aree non edificate in senso generico afferenti l’unità di censimento; in tale fase saranno inoltre raccolte tutte le informazioni descrittive sulla qualità di superfici e sistemi edilizi; - rilievo delle destinazioni d'uso, finalizzato alla conoscenza delle destinazioni d'uso dei singoli ambienti, aree e parti del bene; - rilievo dei componenti tecnologici dei sistemi edilizi, finalizzato alla conoscenza e classificazione della natura delle strutture, dei singoli elementi componenti, delle finiture, nonché all'acquisizione delle prestazioni rilevabili da confrontare con le "prestazioni caratteristiche" di tali elementi; l'approccio tecnologico-prestazionale è basato sulla scomposizione dell'oggetto in elementi tecnici caratterizzati da un determinato quadro prestazionale, essendo gli elementi tecnici i più semplici aggregati di parti cui è possibile richiedere prestazioni assegnate (UNI 7867 / IV); verranno altresì rilevate tutte le criticità normative ovvero gli stati del
complesso edilizio non rispondenti alle normative vigenti, funzionali anche al completamento dei dati mancanti; - rilievo degli impianti, finalizzato alla rilevazione ed alla localizzazione dei sistemi impiantistici, l'attività di rilievo prevede, oltre al posizionamento delle apparecchiature principali, potrà essere spinta fino alla scomposizione dell'impianto nelle parti componenti, per le quali saranno analizzate tutte le caratteristiche quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo: tipologia, marca, modello, dati di targa, dati prestazionali, dati di rendimento, stato d'uso, stato di degrado, ecc.; verrà, inoltre, rilevata la rispondenza alle vigenti disposizioni legislative in tema di sicurezza, ambiente, igiene ecc. - La metodologia generale non contempla il solo rilievo geometrico, ma prevede la raccolta di tutte le informazioni complementari relative agli elementi/componenti edilizi suddivisi per tipologia e sub-sistema di riferimento cui si può attribuire una definizione funzionale così come indicato nella norma UNI 7867/IV. Si giungerà, quindi, ad una descrizione del bene rilevato in tutte le sue parti. Inoltre, potrà essere gestito, qualsiasi tipo di interrelazione tra gli aspetti rilevati sul campo e le elaborazioni richieste dall’Ente Gestore. METODOLOGIE PROPOSTE PER L’INTERPRETAZIONE E LA CLASSIFICAZIONE DELLE SITUAZIONI DI FATTO E DI DIRITTO IN CUI SI TROVANO I BENI Il passo successivo, rispetto alla fase conoscitiva dei beni oggetto del censimento, è costituito da tutte quelle attività ed elaborazioni da mettere in campo al fine di enucleare, rispetto allo stato di fatto, dati ed elementi di valutazione prettamente utili alla fase di programmazione manutentiva e gestionale (conoscenza del bene censito-gestione del bene censito). A tal fine si possono prevedere più percorsi di interpretazione e classificazione delle situazioni di fatto e di diritto in cui si possono trovare i beni , riconducibili a: - valutazione dello stato conservativo, manutentivo e di adeguamento normativo; - valutazione dello stato di sicurezza statica; - valutazione dello stato di diritto in cui si trovano i beni. - valutazione del rischio normativo nel senso del D.lgs 626/94;
Lo studio Forcelli, oggi nella veste di Forma Project Consulting, da anni opera nel settore dei servizi tecnici per la gestione di patrimoni immobiliari ed ha importanti esperienze di consulenza ed esecuzione di servizi per Amministrazioni Pubbliche e per Gestori privati. La specificità di azione, grazie alla integrazione con partners qualificati, si esplica a partire dal servizio di consulenza in ambito strategico: - Studi di fattibilità - Consulenza procedurale (gare - capitolati offerta) - Stime di Patrimoni Immobiliari ambito operativo: - Attività di anagrafica immobiliare e strutturazione di banche dati informatizzate. - Gestione efficace e personalizzata delle attività di manutenzione. - Controllo tecnico-amministrativo del patrimonio (Facility ManagemenGlobal Service). Il nostro approccio metodologico ed il nostro know-how tecnologico ci consentono di erogare un servizio evoluto che copre a 360° le necessità di controllo e gestione parchi edifici ed infrastrutture.
architetto Marco Forcelli www.marcoforcelli.it Docente presso il Dipartimento di Tecnologie dell’Architettura e Design Pierluigi Spadolini della Facoltà di Architettura di Firenze, Dottore di Ricerca in Tecnologia dell’Architettura, da anni impegnato in attività di anagrafe immobiliare e nella ricerca di procedure e metodi di qualità.
ATTIVITÀ E PROCEDURE DI SUPPORTO ALLA LETTURA E VALUTAZIONE DELLO STATO CONSERVATIVO DEI BENI CENSITI La questione tecnica si risolve nel disporre una serie di attività che consentano di pervenire ad elementi oggettivi di valutazione sui sistemi edilizi ed ambientali tale che si possa disporre di tutte le informazioni occorrenti, per prendere decisioni nelle seguenti direzioni: - la manutenzione; - la riqualificazione; - la dismissione. L’analisi integrata dei dati acquisiti con l’esecuzione del rilievo/ricognizione può essere svolta quindi in due direzioni: - l’analisi dello stato manutentivo; - la valutazione di congruità tecnologica.
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GORETTI
via campo d’arrigo 52 a/b firenze t.+f. 055 670777
La Goretti vanta una lunga tradizione nei pavimenti in legno a partire dal 1960, quando Bruno Goretti, il fondatore, inizia l’attività di installatore di parquet per conto di una piccola azienda produttrice. Intuite le potenzialità del settore, decide di fondare una sua società di posa in opera che, forte della grande attenzione alla qualità, cresce fino ad acquisire un diverso numero di dipendenti. Gli anni ’80 segnano la svolta per l’azienda: la società di posa a carattere artigianale si amplia diventando anche rivendita di parquet e ponendosi come punto di riferimento per il settore in tutta Firenze. Sono gli anni nei quali entrano a lavorare in azienda Donatella Goretti, figlia di Bruno, e Sebastiano Caldarella, futuro genero, che apportano un importante contributo allo sviluppo della società e che ricoprono attualmente i ruoli di Responsabile Amministrativo/Commerciale e Responsabile Tecnico. La continua ricerca della qualità, spinge la Goretti a distribuire in quegli anni l’impareggiabile Lamparquet Margaritelli, ma è con la nascita del parquet a due strati Listone Giordano, brevetto Margaritelli, che l’azienda mostra la sua tendenza verso le innovazioni tecnologiche e la qualità. La sinergia tra il notevole livello dei servizi offerti dalla e le elevate prestazioni del parquet Listone Giordano, determina un continuo e inarrestabile sviluppo che porta la ditta Goretti ad aderire, negli anni ’90, al sistema Alleanza Listone Giordano. L'innovativo progetto commerciale della Margaritelli, ispirato al franchising, ha portato in pochi anni alla creazione di oltre 450 punti vendita in Italia e nel mondo dedicati esclusivamente al parquet e caratterizzati da una forte immagine coordinata a marchio Listone Giordano. La Goretti capisce che entrare in questo progetto da garanzia di successo perchè tra i punti di forza del nuovo concetto di vendita spiccano gli evoluti sistemi espositivi per la presentazione e l’illustrazione dei prodotti, l'articolato sistema di comunicazione e marketing e l'innovativa gamma di servizi al cliente: rappresenta quindi l’opportunità per fare il grande salto di qualità. Sono anche gli anni in cui entra in azienda Luca Caldarella, nipote di Bruno, ad oggi braccio destro del Responsabile Tecnico. Nello storico showroom di via Campo d’Arrigo, la Goretti propone tutta la qualità e l’affidabilità dei prodotti Listone Giordano, oggi sempre più all’avanguardia su temi ecologisti, sulla provenienza certificata delle materie prime, sulle certificazioni inerenti a solventi e formaldeide. La Goretti vanta anche una lunga esperienza nel restauro di pavimentazioni lignee antiche e interessanti collaborazioni con i maggiori studi di progettazione di Firenze che hanno portato alla creazione di ricercati progetti d’arredo.
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l’architettura ...una
architetto
è....
matrioska
luca bolognese + silvia scuffi abati
Creare nello spazio vuoto un volume non vuoto, composto da altri volumi vuoti, svuotati a loro volta, questo è l’architettura! Tutto è matrioska! Addirittura la vita stessa, il nostro “io” fisico è composto in unità funzionanti, in contenitori e contenuti, fino a scomporsi nell’unicità del proprio DNA, contenuto umano per eccellenza, che è al tempo stesso contenitore di ogni nostro dato fisiologico; il nostro “io” è anche moltiplicato e moltiplicatore fin dentro al macrocosmo dell’universo, finanche in prossimità della mente di Dio, senza però poterci arrivare del tutto e perdersi così nella sua immensità. Fin da bambino ho sempre pensato di essere una cellula di un organo chiamato “terra”, in un corpo infinitamente più grande composto da organi che noi abbiamo chiamato con il nome di altri pianeti, sulla cui superficie ci sono altri sistemi di vita, altre cellule diverse dalle nostre. Ci ostiniamo a cercare vita su Marte o per lo meno esseri simili a noi, in realtà chi ci dice che i materiali presenti sulla superficie marziana, apparentemente inerti, non siano forme vitali fondamentali per quel pianeta? Questo ragionamento articolato nella sua semplicità quasi paranoico nella mia mente, che mi porta a sentire, vedere e dunque a progettare dalla più piccola semplice cosa alla più grande e complessa, in relazione ai suoi sottoinsiemi o soprainsiemi. Pensando, sognando, a questa assurda teoria dell’organismo all’interno di un altro organismo, sarebbe bello immaginare quale forma estetica avrebbe il nostro soprainsieme. Uno sforzo immaginifico irreale, ma non impossibile! Quello che possiamo fare è intervenire nella nostra realtà quotidiana di unicità cellulare, come abitanti del nostro organo, principali influenzatori di esso. Analizzare un sottoinsieme progettuale ci permette di creare un sovrainsieme strettamente correlato, funzionalmente ed esteticamente caratterizzato da domande e risposte, le une incatenate alle altre. Progettare è rispondere a domande semplici o complesse, soluzioni date a problemi del vivere quotidiano, esigenze vitali, che ci spingono ad analizzare i sottoinsiemi che hanno creato queste domande e a rispondere con sovrainsiemi che andranno a modificare insiemi in divenire; con il tempo questi sovrainsiemi finiranno per ritornare dei sottoinsiemi, di un sovrainsieme che li raccoglie, in un ciclo che ripercorre simbolicamente il ciclo vitale. Progettare è vivere, vivere è progettare! Nelle nostre progettualità le richieste del committente provocano risposte immediate filtrate dalla nostra sensibilità. E forse questa è l’unica parvenza di verità della progettazione architettonica; tra una donna matrioska e un'altra cambia solo la dimensione, la scala metrica: la dimensione infatti è funzionale alla dimensione di quella successiva o di quella precedente. Tutto è ripetuto in scala ridotta o maggiore. L’unica cosa che può apparentemente variare è la decorazione dell’abito delle varie matrioske che si contengono tra di loro. Concettualmente, parafrasando il tema, le domande sono le stesse ma le risposte potrebbe essere infinite tutte altrettanto valide. Una volta identificate le risposte, queste a loro volta sarebbero pronte a ritornare a noi sotto forma di domande. Un ciclo vizioso per profani superficiali, ma in realtà virtuoso, pieno di essenza vitale, per umani sensibili o almeno sensibilizzati. La progettazione rappresenta un trade union tra le domande e le risposte e si esplica manifestandosi in forme estetiche funzionali amalgamate dalla sensibilitàcapacità del progettista: plasmare i volumi dall’esterno tenedo conto degli infiniti volumi interni contenuti in essi. Non esiste perciò nella nostra progettazione uno stile vero e propio ma esiste un fluire di percezioni sensoriali e di emozioni che plasmano gli involucri di passaggio tra un insieme e un altro, tra un volume e l’altro, tra una domanda e una risposta e tra una risposta e la sua domanda. Si dipigono sulla “matrioska”, abiti reali e surreali senza discontinuità, un flusso ipersensoriale istintivo, naturale scrupoloso lavoro di un progettista-cellula su un organo-terra. Il museo perciò risponde alle sue esposizioni, un ufficio risponde alla vitalità aziendale, la casa per architetti risponde a un concetto, il rubinetto risponde a un fluido, una sedia risponde a un corpo… un sogno risponde all’architettura………
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stile arreda
via portigiani 34-36 â&#x20AC;˘ 50014 fiesole fi t . + f . + 3 9 0 5 5 5 9 7 8 4 9 6 www.stilearreda.it â&#x20AC;˘ info@stilearreda.it
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evento insonorizzato NON SO UN TUBO……
di arch. luca Bolognese e silvia scuffi abati
mostra-convegno EVENTO INSONORIZZATO a cura di studio di architettura G@UT mostra-convegno EVENTO INSONORIZZATO a cura di studio di architettura G@UT
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Edilizia e Design, due aspetti della progettazione per certi versi, tenuti sempre lontani, un po’ per fisiologica natura, il più delle volte perchè argomenti temuti da accademici troppo intellettuali: il primo abituato a lavorare a grande scala, il secondo decisamente rivolto a dimensioni ergonomiche più ridotte, ma entrambi sempre più compartecipi nella trasformazione urbana del territorio, ma anche delle abitudini umane. Riteniamo, infatti, che entrambi gli aspetti della progettazione debbano interagire e che la creatività debba avere lo scopo di muoversi fluida in essi, interconnettendoli. La progettazione sembra ormai destinata a percorrere questa strada di sinergie, sempre più architetti di fama si cimentano anche in oggetti d’uso e sempre più designers sono chiamati a reinterpretare edifici architettonici. Lo Studio di Architettura G@UT, dell’architetto Luca Bolognese e Silvia Scuffi Abati, si avvicina a questo approccio progettuale: lo Studio, a cui piace definirsi studio di progettazione del “sovrareale”, abituato ad operare in un settore quale il design fa della sperimentazione il proprio cavallo di battaglia, e tenta di applicare questi canoni estetici anche all’edilizia. Il materiale edile viene perciò reinterpretato; lo Studio cerca di sondare nuove possibili strade progettuali, arricchendo il prodotto di plus valori estetici. E’ proprio nella prima nuova veste di Set che ha allestito questa sala congressi pensando ad un’interazione ambientale con l’argomento trattato dalla manifestazione. Si è voluto sottolineare l’importanza dell’argomento trattato, evidenziando anche il look di questo spazio: scelta meno rischiosa sarebbe stata quella di vestire questo ambiente, limitandosi alla classica sala asettica e informale, si è invece optato per creare nuove suggestioni, connotando di per sé già uno spazio fortemente caratterizzato, quale la scena di un palcoscenico teatrale, arricchendone lo spazio scenico con alcuni prodotti mediati dall’edilizia; prodotti edili utilizzati e trasformati in arredi di design. Per questo motivo tubi per il gas e scarichi offerti da Camillini e pannelli fonoassorbenti offerti da Isopad finiscono per essere protagonisti attivi di un convegno che parla anche di loro. E’ un approccio a 360° che lo studio di architettura G@UT fa abitualmente nel suo iter progettuale di tutti i giorni. Questo evento proposto nella prima serie di incontri di Set e intitolato “evento insonorizzato” è il primo evento a cui seguiranno un “evento restaurato” e un “evento ambientato” in occasione dei prossimi appuntamenti. Un pretesto per coinvolgere comunicativamente un settore, che ha bisogno di essere ravvivato da nuovi stimoli creativi di altra provenienza progettuale, e soprattutto anche alla luce dello sviluppo sempre più pressante di nuove tecnologie in grado di affrontare nuove tipologie edili. Mercato perciò in fermento che anche in un occasione come questa mostra-convegno deve saper comunicare utilizzando metodologie nuove. Su questo palco della sperimentazione, dove la realtà decolla e con fantasia
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TECNOPROMO srl via g.leopardi 31c 52025 montevarchi, ar t. 055 980801 • f. 055 9102728 www.tecnopromo.com • info@tecnopromo.com
mostra-convegno EVENTO INSONORIZZATO a cura di studio di architettura G@UT
mostra-convegno EVENTO INSONORIZZATO a cura di studio di architettura G@UT
diventa “sovrarealtà”; un limbo dove non esiste più materiale moderno e materiale classico, ma dove la creatività si esibisce in progettualità poetica. Il cittadino Willy Wonka sceso dal suo eremo, la sua amata fabbrica di cioccolato, si ferma ad ascoltare un dibattito in una atipica Sala convegni. Dunque un punto di incontro ma anche un manifesto ideologico, per uno studio d’architettura che vuole trasmettere novità. Per lo Studio la strada percorsa nel design e adesso nell’architettura, è una strada fatta di sperimentazione: giocare con la matericità dei prodotti per proporre soluzioni alternative, presentando piccoli accorgimenti modificativi per poter suggerire nuove applicazioni. Con queste visioni un po’ stroboscopiche di tubi e pannelli fonoassorbenti, reinterpretati come sculture decorative e vele al vento, riteniamo di avere sintetizzato il nostro concetto di progetto, ripensandolo come una possibile soluzione avanguardistica per città in continua trasformazione
mostra-convegno EVENTO INSONORIZZATO a cura di studio di architettura G@UT
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EVENTO INSONORIZZATO progetto a cura di studio di architettura e comunicazione G@UT manifestazione mostra convegno SET 1 - salone edilizia e tecnologie luogo saschall • firenze data novembre 2006 hanno contribuito alla realizzazione dell’evento insonorizzato: CAMILLINI RESINE Via Nazionale, 67 Bottega di Colbordolo – Pu www.camillini.it info@camillini.it ISOPAD SPA - GRUPPO SOGIMI via ettore strobino 1 59100 prato www.sogimi.com isopad@sogimi.com
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politecnico di milano centro per la conservazione e la valorizzazione dei beni culturalil
I beni culturali costituiscono una risorsa strategica non solo per lo sviluppo sociale ed economico ma anche per il miglioramento della qualità della vita di un Paese. Le problematiche della tutela, conservazione e valorizzazione di queste risorse coinvolgono, come è noto, un ampio spettro di discipline e di tecniche, alcune specifiche, altre mutuate da altri settori di ricerca: sono infatti coinvolti i problemi della conoscenza (storica e materiale) dei manufatti, le tecniche di diagnostica e di monitoraggio dei fenomeni di degrado che li riguardano, le scelte operative da mettere in campo per la loro conservazione. Trovano inoltre campo di applicazione le discipline della pianificazione territoriale e paesistica, quelle della programmazione economica e gestionale degli interventi, le attività per la catalogazione, analisi critica, divulgazione delle conoscenze e quella per la valorizzazione del patrimonio storico artistico. Si può sostenere quindi a buon diritto che quella dei beni culturali è materia politecnica per eccellenza e che, di conseguenza, il Politecnico di Milano possegga molte delle conoscenze e delle strumentazioni necessarie alla sua trattazione e che è in grado di mettere in campo le indispensabili relazioni interdisciplinari che un compito tanto complesso richiede. Proprio perseguendo questo obiettivo si è costituito nel 2005 presso il Politecnico di Milano il Centro per la Conservazione e Valorizzazione dei Beni Culturali. Presidente del Centro è il Prof. Maurizio Boriani ordinario di restauro architettonico. Il Centro, costituito da più unità di ricerca specialistiche: - censisce e aggiorna l’albo delle competenze presenti in Ateneo; - promuove il coordinamento e l’integrazione dei gruppi di ricerca afferenti a diversi settori disciplinari al fine di valorizzare il complesso delle competenze interdisciplinari utili per la valorizzazione e conservazione del patrimonio storico artistico; - promuove le competenze dell’Ateneo nel settore e ne favorisce la valorizzazione; - rappresenta l’Ateneo nei confronti di Enti e Istituzioni esterne per progetti di ricerca e formazione non proposti dai singoli Dipartimenti o Facoltà; - coordina l’attività di ricerca o formazione relativa a tali progetti. Il Portale dei Beni Culturali del Politecnico di Milano (www.beniculturali.polimi.it), si pone l’obiettivo di raccogliere e mettere a disposizione del pubblico la documentazione relativa alle principali attività che le strutture di ricerca dell’ateneo hanno svolto o hanno in programma nel settore. TEMI DI RICERCA archivi beni culturali Archiviazione e riordino, inventariazione e catalogazione, digitalizzazione e gestione di beni archivistici, materiali documentari, bibliografici, cartografici e iconografici. rilievo-rappresentazione Tecniche tradizionali ed avanzate di rilevamento, rappresentazione, raddrizzamenti fotografici, rilievi stratigrafici, del quadro fessurativo e mappe dei danni, fotogrammetria, topografia, GPS, cartografia numerica, ecc. diagnostica Metodi diagnostici per lo studio, la sicurezza, la protezione e la conservazione dei manufatti architettonici e dei beni culturali (termografia, georadar, indagini soniche, martinetti piatti, caratterizzazione dei materiali e del terreno, tecniche archeometriche, comportamento meccanico e durabilità, prove dinamiche e monitoraggio ambientale, ecc.), modellazione matematica e verifiche di sicurezza. conservazione-restauro Indicazioni per il progetto di conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico, dalla piccola alla grande scala: dai beni mobili ai manufatti architettonici, dall’edilizia diffusa al paesaggio. valorizzazione Tecniche di ottimizzazione e sviluppo della comunicazione per i BBCC, allestimento e museografia, design dei servizi e gestione del patrimonio culturale. comunicazione e nuove tecnologie Realizzazione di prodotti multimediali per la “comunicazione” e utilizzo di software preposti per i beni culturali. formazione Master, corsi di perfezionamento post-laurea svolti in passato e attivati dall’Ateneo.
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trattamento curativo di beni culturali lignei
Mi.Sy.A
microwave system for art
POLITECNICO DI MILANO via durando 38a 20158 milano t. 02 23995825 f. 02 23995815 www.beniculturali.polimi.it
Le problematiche riguardo la conservazione dei beni culturali sono molteplici, non ultima quella legata alla disinfestazioni da agenti patogeni quali insetti xilofagi, muffe e funghi. Generalmente nei processi di neutralizzazione degli agenti biodeteriogeni si ricorre a metodi chimici: - la fumigazione - l’applicazione di formulati, distribuiti a pennello, a spruzzo o a iniezione con apposite siringhe - trattamenti anossici in atmosfera controllata Gli agenti biocidi, utilizzati comunemente in tali trattamenti, risultano nella maggior parte dei casi: - tossici e inquinanti; - spesso invasivi nei confronti dei materiali con cui si trovano ad interagire; - di difficile applicazione; - di limitata efficacia nei confronti degli organismi e microrganismi biodeteriogeni. La difficoltà di penetrazione dei formulati chimici e dei gas utilizzati per la fumigazione potrebbero garantire la mortalità dell’insetto perfetto e delle larve situate negli strati prossimi alla superficie, ma in alcun modo assicurare la neutralizzazione delle uova. La necessità e la ricerca di alternative ai suddetti inconvenienti hanno portato a valutare e applicare tecnologie innovative eco compatibili, che si avvalgono dell’uso di mezzi fisici, come il dispositivo alle microonde, oggetto dell’attuale studio. Le camere riverberanti alle microonde costituiscono da qualche anno il nuovo traguardo scientifico di utilizzazione dell’energia elettromagnetica nel settore industriale. In questo ambito sono stati condotti studi mirati alla creazione di ambienti schermati riverberanti entro cui viene generato un campo elettromagnetico di potenza variabile alle microonde. E’ da tener presente che la necessità di sperimentare tecnologie alternative economicamente e ambientalmente sostenibili, è diventata ancora più critica dalla messa al bando (deadline 31 Dicembre 2004) per la produzione e l’utilizzazione del bromuro di metile, secondo quanto fissato dal protocollo di Montreal e recepito dal Regolamento europeo. I primi studi condotti in Italia hanno riguardato le applicazioni su essenze legnose allo stato grezzo, al fine di ottenere la disinfestazione dei materiali trattati in tempi brevi e nel completo rispetto dell’ambiente. Le ricerche si sono avvalse di apporti scientifici di vari enti qualificati quali: CNR IVALSA - Istituto� per la valorizzazione del legno e delle specie arboree CNR IFAC - Istituto di Fisica Applicata "Nello Carrara“ Emitech ISZA - Istituto Sperimentale per la Zoologia Agraria Politecnico di Bari Politecnico di Milano Università di Ancona e sono approdate a risultati di estremo interesse, permettendo la realizzazione di sistemi operativamente efficienti.
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ITORI
EVENTO RESTAURATO a cura di studio di architettura G@UT
ANALIST GROUP srl via nazionale torrette, 18 83013 mercogliano av t. 0825.680173 f. 0825.685339 info@analistgroup.com www.analistgroup.com ANTONIO ZOPPAS EDITORE via p.f calvi, 27 conegliano tv t. 0438.410577 f. 0438.31539 anzoppas&@tre-magazine.com www.tre-magazine.com BASF CONSTRUCTION CHEMICALS ITALIA spa t. 0422.304251 via del cantone, 106 50019 sesto fiorentino fi susanna.malgherini@basf.com www.basf.com BOLLETTINO INGEGNERI via della scala, 91/93 firenze t. 055.211345 f. 055.219187 adagency@katamail.com www.bollettinoingegneri.it CAMITEK srl via a. boito 38 50019 sesto fiorentino fi t. 055.455050 055.454545 f. 055.455577 info@camitek.it www.camitek.it CDM DOLMEN srl software di calcolo strutturale via drovetti, 9/f 10138 torino t. 011.4470755 f. 011.4348456 dolmen@cdmdolmen.it www.cdmdolmen.it
COLLEGIO DEI GEOMETRI DELLA PROVINCIA DI PRATO v.le montegrappa, 177 59100 prato t. 0574.574855 f. 0574.581136 segreteria@collegiogeometri.prato.it www.collegiogeometri.prato.it
COLLEGIO DEI PERITI INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI FIRENZE via f.baracca, 17 firenze t. 055.367169 f. 055.3249768 segreteria@periti-industriali.firenze.it www.periti-industriali.firenze.it
COLLEGIO DEI GEOMETRI DELLA PROVINCIA DI PISTOIA via curtatone e montanara, 54 pistoia t. 0573.25125 f. 0573.22230 info@geopistoia.it www.geopistoia.it
COLLEGIO DEI PERITI INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI LUCCA via romana, 615/s lucca t. 0583.491942 f. 0583.919224 per.ind.lu@lunet.it
COLLEGIO DEI GEOMETRI DELLA PROVINCIA DI GROSSETO via gramsci, 2d grosseto t. 0564.23187 info@collegiogeometri.grosseto.it www.collegiogeometri.grosseto.it COLLEGIO DEI GEOMETRI DELLA PROVINCIA DI PISA via pietro nenni, 30 pisa t. 050.9711531 f. 050.9711345 geometripisa@tin.it www.collegio.geometri.pi.it COLLEGIO DEI GEOMETRI DELLA PROVINCIA DI MASSA CARRARA viale roma, 149 massa carrara t. 0585.791109 f. 0585.791107 segreteria@collegiogeometri.it www.collegiogeometri.it
COLLEGIO DEI GEOMETRI DELLA PROVINCIA DI FIRENZE via masaccio, 235 firenze t. 055.5002371 f. 055.5002372 info@geometrifirenze.it www.geometrifirenze.it
COLLEGIO DEI GEOMETRI DELLA PROVINCIA DI LIVORNO via fiume, 30 livorno t. 0586.203969 f. 0586.829996 sede@collegio.geometri.li.it www.collegio.geometri.li.it
COLLEGIO DEI GEOMETRI DELLA PROVINCIA DI AREZZO via verdi, 22 arezzo t. 0575.22247 info@geometriarezzo.it www.geometriarezzo.it
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COLLEGIO DEI PERITI AGRARI DELLA PROVINCIA DI FIRENZE via pietrapiana, 32 firenze t. 055.2340202 f. 055.2345362 collegio.firenze@peritiagrari.it COMUNE DI FIRENZE palazzo vecchio p.zza signoria firenze COLLINS srl via giovanni pezzotti, 4 milano t. 02.8372897 f. 02.58103891 pubblicita@netcollins.com www.netcollins.com DECORESINE srl pavimentazioni in resine e rivestimenti in resina via mariti, 9/b firenze t. 055.3245851 f. 055.3217975 info@decoresine.it www.decoresine.it DIGICORP srl software innovativi per l’edilizia moderna viale della libertà, 23 33170 pordenone t. 0434.28567 f. 0434.29381 info@digicorp.it • www.digicorp.it ECOLOGISTICA sas via bolognese, 1162 50030 vaglia fi t.+f. 055.407573 info@eco-logistica.it www.eco-logistica.it
EVENTO RESTAURATO a cura di studio di architettura G@UT
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MARRACCINI BIAGIO & FIGLI srl via della fornace, 241/b san michele in escheto lu t. 0583.379028
ORDINE DEGLI ARCHITETTI DELLA PROVINCIA DI LIVORNO p.zza elia benamozegh, 17 livorno tel/f. 0586.897629 architettilivorno@awn.it www.li.archiworld.it
NII PROGETTI viale legioni romane, 38 milano t. 02.3032181 f. 02.303218246 commerciale@niiprogetti.it www.niiprogetti.it
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ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI FIRENZE via della scala, 91 firenze t. 055.213704 f. 055.2381138 info@ordineingegneri.fi.it www.ording.fi.it ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI LUCCA via matteo civitali, 101 s.marco lucca t. 0583.330627 f. 0583.341449 segreteria@ordineingegneri.lucca.it www.ordineingegneri.lucca.it ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI SIENA via montanini, 54 siena t.+f. 0577.41087 info@ording.si.it www.ording.si.it
ORDINE DEGLI ARCHITETTI DELLA PROVINCIA DI FIRENZE
CENTRO PER LA CONSERVAZIONE E VALORIZZAZIONE DEI BENI CULTURALI DEL POLITECNICO DI MILANO via durando 38/a milano www.beniculturali.polimi.it REGIONE TOSCANA via cavour, 18 firenze
ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI PRATO via f.tacca, 29 59100 prato tel/f. 0574.605010 segreteria@ordineingegneri.prato.it www.ordineingegneri.prato.it ORDINE DEGLI ARCHITETTI DELLA PROVINCIA DI PRATO v.le vittorio veneto, 80 59100 prato tel/f. 0574.597450 architettiprato@archiworld.it www.po.archiworld.it
ORDINE DEI GEOLOGI DELLA TOSCANA via vittorio fossombroni, 11 firenze t. 055.2340878 f. 055.2269589 www.geologitoscana.it
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programma convegni 27 FEBBRAIO sala 1 – ore 15,00
METODOLOGIE E INTERVENTI DEL RESTAURO IN TOSCANA a cura del
Biocalce Kerakol
28 FEBBRAIO sala 1 - ore 10,30
RESTAURO DEL MODERNO: REALTA’ A CONFRONTO sala 1 - 15,00/18,00
mi.sy.a. microwave system for art.
• trattamento curativo di beni culturali lignei • le tecniche di imaging di fluorescenza uv e riflettanza vis per la conoscenza dei beni culturali • metodologia e indagine per la diagnostica strutturale con riferimento alle zone sismiche a cura del Centro per la Conservazione e Valorizzazione dei Beni Culturali Del
POLITECNICO DI MILANO sala 2 - ore 10,30
• riabilitazione di manufatti lignei, altrimenti impossibili, in armonia con la nuova normal gl 20/14 • u840004 • utilizzo del penetrometro da legno • modello al vero di riabilitazione strutturale di capriata • erogatore dxr-refill per applicazione di adesivi epossidici a cura di Falegnameria Ferruzzi Mario e Carlo snc per registrarsi al convegno ferruzzi.fal@libero.it
sala 2 - ore 16,00
1 MARZO
• i sistemi anticaduta da installare sulle coperture degli edifici • tecniche innovative per la messa a norma delle canne fumarie a cura di Tecnoambiente
sala 1 – ore 9,30 - 13,30
RESTAURO E BIOARCHITETTURA: SINERGIE E CRITICITA’ a cura di INBAR – Istituto Nazionale di Bioarchitettura per registrarsi al convegno info@bioarchitettura.it
sala 1 - ore 14,30
CONVEGNO RESTAURO STRUTTURE MURARIE a cura di
Ordine degli Ingegneri di Firenze
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ordine degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Firenze
collegio dei Geometri della Provincia di Prato
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istituto nazionale di bioarchitettura collegio dei Geometri della Provincia di Arezzo
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collegio dei Geometri della Provincia di Grosseto ordine degli Ingegneri della Provincia di Lucca
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Regione Toscana
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collegio dei Periti Industriali della provincia di Lucca
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s t u d i o d i a rc h i t e t t u r a
edilizia e tecnologie per l’ambiente
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e v e n t o restaurato a c u r a d i
studio di architettura G@UT di luca bolognese e silvia scuffi abati www.gaut.it • studiogaut@virgilio.it
s a sviacfabrizio h a ldel andrè • angolo fire nze l.no aldo moro 3 dal 15 al 17 maggio 2007
orario: 15 maggio - 14,30-20 • 16 e 17 maggio 10,30-20