registrazione al tribunale di arezzo n° 10/07rs del 26 aprile 2007
LE OTTO ORE DEL PLASTO GOLF, ERGO SUM... LA GOLF HOUSE CLAM DESTINUS, LA COMUNICAZIONE NASCOSTA WELLNESS, HOME E... BIO HAPPYHOURS, LO SPAZIO CHE FA TENDENZA
ECO CENTRICA, L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL’ABITARE SOSTENIBILE TEMPLI MODERNI... PER TEMPI MODERNI ABITARE I VESTITI... VESTIRE LA CASA ARCHISTAR O... BRODO STAR? EVENTO BALLERINO, PRIVE’ DISCOTECA TENAX DI FIRENZE
Journal Edilizia Technologies
Giornale di Informazione per l’Edilizia e le Nuove Tecnologie periodico trimestrale numero 4 • anno 4 • novembre 2010
periodico trimestrale numer o 4 • anno 4 novembre 2010
registrazione al tribunale di arezzo n 10/07rs del 26 aprile 2007
via giotto 1 50019 sesto fiorentino,i f t+f +39 055 440881 info@gaut.it
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direzione e redazione studio di architettura e comunicazione g@ut
direttore responsabile
luca bolognese
Quarto anno editoriale di Jet Set, un percorso in salita soprattutto in questo periodo storico travagliato; le soddisfazioni non sono mancate. Una piccola rivista che si porta dietro entusiasti collaboratori che amano scambiare opinioni e confrontarsi. Questa formula editoriale si consolida sempre di più con la partecipazione di un numero di aziende sempre più desiderose di sperimentazione. Si arricchisce anche la parte dei contributi da parte di professionisti di settore. Il nostro piccolo successo editoriale ci stimola ad allargarne le potenzialità, proponendo nuovi temi, molte volte ai limiti della “legalità intellettuale”. E’ importante stimolare il lettore in diverse direzioni, senza timore reverenziale nei confronti di accademici presuntuosi. La rivista vuole essere come ho più volte detto in questa prefazione un blog cartaceo, aperto, dove il razionale convive con l’ irrazionale e dove la ricerca scientifica coabita con l’ utopia. Per creare un sistema di vita migliore si deve far lavorare la fantasia. La fantasia è l’ unica qualità, concessaci dall’ unico creatore, degno di tale nome, il Padre Eterno; la fantasia rende l’ uomo libero. Con questo ultimo numero del 2010 ci apprestiamo a un 2011 ricco di novità .
e d i t o r i a l e
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direttore di redazione
silvia scuffi abati
arch. luca bolognese direttore responsabile
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comitato redazione cristina lombardi angela tozzi sara cioncolini
tre quattro
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luciano dotti
LE OTTO ORE DEL PLASTO di Luca Bolognese e Silvia Scuffi Abati
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s om m ario GOLF, ERGO SUM... LA GOLF HOUSE di Luca Bolognese
CLAM DESTINUS, LA COMUNICAZIONE NASCOSTA di Luca Bolognese
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in copertina EVENTO BALLERINO privè della discoteca TENAX di Firenze a cura di studio di architettura G@UT foto G@UT
Tutti i diritti sono riservati. E’ vietata la riproduzione anche parziale. La direzione non assume responsabilità per le opinioni espresse dagli autori dei testi redazionali e pubblicitari.Manoscritti,foto e/o d isegni quando non esplicitamente richiesti non vengono restituiti.
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FOOD DESIGN di Angela Tozzi
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WELLNESS HOME E... di Silvia Scuffi Abati
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BIO HAPPYHOUR, LO SPAZIO CHE FA TENDENZA di Luca Bolognese
ECO CENTRICA, L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL’ABITARE SOSTENIBILE
ventisei
TEMPLI MODERNI... PER TEMPI MODERNI di Luca Bolognese
ventotto trenta trentaquattro trentasei
ABITARE I VESTITI ... VESTIRE LA CASA di Luca Bolognese
ARCHISTAR O... BRODO STAR? di Luca Bolognese
LE VERE SABBIE STORICHE EVENTO BALLERINO, PRIVè DELLA DISCOTECA TENAX DI FIRENZE a r c h . l u c a bo l o g n e s e , s i l v i a s c uffi abati di studio di architettura G@ut
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LE OTTO ORE DEL PLASTO
di Luca Bolognese e Silvia Scuffi Abati Caro figlio mio….c’era una volta tanto tempo fa in un’ altra dimensione, un satellite della terra interamente di plastica; un satellite con un suo sistema plastificato interamente composto da plastica e suoi derivati: un ecoplastema, come lo avevano definito gli scienziati; il mare era di plastica, le montagne ricoperte da alberi di plastica, la neve di plastica bianca, il fuoco di plastica rossa, le case di plastica e basta…. tutto era plastica. Questo strano satellite aveva anche un proprio sistema di comunicazione; non era inanimato ma aveva un proprio codice linguistico a se stante. I polimeri comunicavano tra loro attraverso la liquefazione del materiale da cui erano composti; la plastica era in continuo fermento e si trasformava in altro materiale plastico alla velocità che solo un satellite straordinario come questo poteva avere. Plastica organica, molto comunicativa; tanto e vero che il ribollire di queste fusioni si avvertiva per molti chilometri nel cielo. Un brulicante gorgoglio in continua trasformazione. Era plastica organica a tutti gli effetti perché provava anche dei sentimenti forse dal sapore un po’ asettico, ma pur sempre sentimenti; su questo simpatico colorato pianeta non esisteva il bene e il male; nessuno giudicava e nessuno si impermalosiva; inesistente era il rimorso, bandito il peccato; era un mondo forse a volte cinico ma senza ombra di dubbio libero. Nessuno moriva, perché la plastica era eterna. Era un ecoplastema con regole proprie: quindi autorigenerante; la plastica si nutriva di altra plastica, plastica che si riciclava e ne produceva altra. Un processo del tutto naturale; il contatto tra gli oggetti e la relativa liquefazione era segno di amore, ma non durava in eterno perché il tradimento era assai rapido. Ma come si era formato questo satellite intorno alla nostra terra? Questo strano mondo di plastica non era sempre esistito; era un evoluzione del processo di degrado del nostro pianeta. Gli abitanti della terra ormai esaurite i siti dove ubicare le discariche, ormai saturi di questo materiale inquinante, avevano deciso di mandarlo in orbita. Lontano dagli occhi….. lontano le paure. Gli umani, inquinatori spaziali, non avevano però valutato che l’ universo è l’ organismo per eccellenza e in quanto tale destinato ad evolversi e adeguarsi alle circostanze; l’ universo non è un sistema vuoto pieno di niente, ma muta con tutto quello che ne fa parte. Per qualche decennio questi rifiuti plastificati orbitarono intorno alla terra in maniera caotica; fu col tempo che iniziarono ad acquisire la consapevolezza di essere oggetti indesiderati, presero coscienza e si autodisciplinarono. Questo processo evolutivo fu favorito dall’ energia dell’ universo, e quando interviene questo tipo di energia purtroppo non possiamo fare altro che guardare attoniti senza risposte razionali. La plastica si liquefece a tal punto da diventare un’unica massa della grandezza di un satellite, una sfera di dimensioni quasi quanto la luna: ma mentre la luna aveva quell’ unico pallido colore, il nuovo satellite per le caratteristiche del materiale da cui era composto, era un brillantissimo universo colorato. Colori che mutavano in continuazione grazie a questi processi di liquefazione. Anche la consistenza morfologica cambiava assumendo sempre nuove forme. Dalla terra si poteva ammirare a occhio nudo questa variopinta mutazione: nuove forme, nuovi colori e perché no, con situazioni di vento particolari anche nuovi odori. Anche questo satellite come la luna ruotava intorno alla terra, tant’ è che diventò una sorta di seconda luna. L’ ecoplastema aveva una sua orbita. E come la luna era visibile negli emisferi della terra al suo passaggio. La giornata non ebbe perciò più solo notte e giorno, ma anche il plasto; così fu ribattezzato il tempo necessario al suo passaggio nei vari continenti. La giornata si divise perciò in tre momenti di otto ore. Durante le otto ore del plasto i terrestri cadevano in una sorta di trance plastificato; la luce colorata era talmente forte da produrre uno stato di torpore colorato a tutto il corpo…in queste otto ore il corpo umano non poteva sopportare alcun tipo di sforzo ed era costretto rimanere immobile pervaso dal colore del plasto. Sveglio, ma costretto all’ immobilità, doveva contemplare queste nuove ed emozionanti prospettive per tutta la sua vita terrena Non più televisione o computer, in quelle otto ore, solo mirabolanti effetti colorati.. Una sorta di vendetta della plastica su chi l’ aveva costretta al confino…… figlio mio, sta per passare il plasto tra otto ore finirò di raccontarti la storia..ti racconterò perché fu deciso di spedire in orbita i rifiuti…di come una grande città fu completamente ricoperta di immondizia e di come insorsero i suoi abitanti…. per adesso… buon plasto….
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Golf, ergo sum... la golf house di Luca Bolognese
Golfhouse, progetto di Studio di architettura G@ut
Golfhouse, progetto di Studio di architettura G@ut
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La Golfhouse non è solo un progetto architettonico ma è la trasposizione spaziale di un pensiero, la realizzazione volumetrica di un concetto ben più complesso. La Golfhouse è un luogo-non luogo. Uno spazio tridimensionale dove socializzare, fare business, proporre sfilate di moda, esporre mostre d’arte, pittoriche e fotografiche. Qualcosa che travalica il concetto di golf a cui siamo abituati a pensare. Tuttavia è l’essenza stessa di questo sport a comunicare questa propositività. Progettare uno spazio che rappresenti il gioco del golf in tutta la sua essenza e classicità e che sia allo stesso tempo una location di tendenza, potrebbe sembrare agli occhi di molti una contraddizione in termini. Da una parte uno sport che ha le sue regole ferree, che ha perfino dei richiami nella filosofia zen (Parent Joseph “zen Golf Harpercollins Publishers) “Zen” è una parola oggi molto usata nel quotidiano, pur essendo ancora legata soprattutto alla cultura estremo orientale. In realtà lo Zen è uno stile di vita che, proprio per le sue caratteristiche, risulta perfettamente attuale ed adattabile ad ogni circostanza e forma. Zen è quindi prima di tutto un atteggiamento mentale e fisico di attenzione al vivere quotidiano, al singolo momento che si sta vivendo, all’azione che si sta compiendo. L’esercizio a questa attenzione produce consapevolezza, amplifica la percezione, aumenta la concentrazione. Trasportiamo ora questo concetto di Zen sul green e comprenderemo perché il golf è considerato lo sport più “interno” che si gioca all’esterno in Occidente. È vero che il golf richiede, un po’ come tutti gli sport, una certa dose di tecnica ed allenamento, ma questo sport necessita anche di un’importante pratica di concentrazione, che si traduce in un esercizio teso alla ricerca dello swing perfetto. Per raggiungere questo obiettivo è necessario abbandonare i pensieri e le preoccupazioni che ci accompagnano nella vita di tutti i giorni, al fine di impegnare la nostra mente nella pura concentrazione che il gioco richiede. L’atteggiamento Zen nel golf è dunque quello di totale presenza e concentrazione sia nella preparazione che nel lancio stesso, scevro di dubbi, di idee che si affacciano al balcone della razionalità, di pensieri sul “dopo”.Per il dopo c’è tempo. Il golf ci invita infatti ad abbandonare il concetto di “fretta” e ad assecondare il proprio ritmo interno, fatto di respiro e coordinamento dei movimenti; anche il green, con la sua meravigliosa cornice naturale di pace e relax, ci aiuta a dimenticare la corsa delle lancette dell’orologio al polso.” (tratto da: http://www.abano.it/sport/golf/golfzen.asp). Un concetto, apparentemente, in forte antitesi con l’idea progettuale di partenza che pervade la Golfhouse: calma, concentrazione, ritmo interno in un luogo dove esporre, incontrarsi, parlare, fare affari ed ascoltare musica live. Il golf è considerato nella maggioranza dell’opinione pubblica uno sport a cui è difficile avvicinarsi; si ritiene che sia uno sport per soli eletti; uno sport che solo pochi fortunati possono ambire a fare. Il più delle volte si abbina all’idea di questo sport la dichiarazione dei redditi di chi vi partecipa.
E’ uno sport che contraddistingue una classe sociale. “Io golf ergo sum” per parafrasare Cartesio, oppure “No golf? no party!” come direbbe George Clooney. Similitudine forse azzardata, ma motore progettuale dello spazio pensato: la razionalità del filosofo con la comunicazione pubblicitaria contemporanea di un attore hollywodiano di tendenza. Il golf è uno sport, come moltissimi altri, ma suo malgrado, o chissà, per sua fortuna, si è ritrovato a rappresentare lo sport elitario per eccellenza; finendo per contraddire il concetto base che contraddistingue l’attività sportiva: lo sport in senso generale è sinonimo di aggregazione umana senza classismi né ideologie. Senza dubbio ci sono anche altri sport elitari: basti pensare all’equitazione, al polo, alla scherma o la vela, e perfino al tennis stesso (anche se quest’ultimo negli ultimi anni risulta il più contaminato da plusvalori comunicativi che ne hanno travisato l’aspetto….). Questi sport con il tempo, hanno subito mutazioni genetiche, inbastardite da esigenze economiche di varia natura; chi più chi meno, ha spostato il proprio baricentro percettivo; il golf, non si è lasciato contagiare ed è rimasto fedele ai suoi originali intenti. Nel giocare a golf si evince palesemente che la fisicità non è determinante, anche se si ha necessità comunque di un certo allenamento; chi gioca a golf non deve mostrare bicipiti scolpiti o addominali tartarugati, chi gioca a golf, non ha tenute colorate, non si deve togliere la maglietta quando mette in buca la pallina, per far vedere un pensiero scritto. Il golf ha i suoi abiti decisamente scelti e griffati, sinonimo di un eleganza austera. Indubbiamente il golfista è a contatto con la natura come un maratoneta o un ciclista, ma il pathos emozionale non è il solito. La fatica non è l’elemento caratterizzante, il sudore non deve trasparire, lo sforzo è solo interiore; tutto deve essere in perfetta armonia e concentrazione. Il golf incorona i suoi eroi, non solo per la bravura di mettere la palla in buca nel minor numero di colpi, ma premia chi ha guadagnato più soldi a fine stagione. Un concetto assai diverso dal calcio, che corrisponde una parcella a chi raggiunge un risultato; nel golf è la parcella il risultato stesso. Giocare a Golf è uguale ad appartenere ad una categoria; essere vip discreti, lontani dai clamori televisivi; chi entra in un club golfistico, entra in una chiesa, e per chiesa si intende il concetto da cui deriva questa parola greca EKKLESIA riunione di uomini; non perciò vip televisivi, alle prese con assordanti presentatori/imbonitori immersi in un mare di pacchi numerati, ma vip autentici, quelli che possono vantarsi di tenere sotto controllo l’economia, quelli che solo per il fatto di calpestare un green, sanno di essere diversi. Chi l’avrebbe mai detto?…in fondo si tratta di colpire con una mazza una pallina e buttarla in una buca lontana… lontana... lontana; apparentemente niente di più semplice; in realtà la situazione è più complicata di quello che sembra. Il golf ha i suoi codici i suoi rituali, che sono talmente lontani da chi non pratica questo sport,
Golfhouse, progetto di Studio di architettura G@ut
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Golfhouse, progetto di Studio di architettura G@ut
che allontana il concetto di semplicità che questo sport si porta dietro. Ed è proprio questa semplicità che affascina, ma risulta essere una feroce e implacabile selezionatrice. La massa abituata al moviolone del calcio teme un concetto così semplice, teme che possa celarsi nel gioco un mistero più grande; un mistero a cui è permesso avvicinarsi solo a pochi eletti. Anche chi impunemente cerca di avvicinarsi a questa disciplina, approciandosi come ad una qualsiasi altra, il più delle volte è costretto a rinunciarvi. Chi poi decide di volerla praticare per millantare il raggiungimento di uno status sociale, è costretto inesorabilmente a ripiegare. Il golf smaschera, rivela le debolezze. O ci sei o non ci sei… non pretendere di farci. Il motivo? La dichiarazione dei redditi non è congrua, assolutamente no, è lo stato mentale che non gli permette di appartenere a questo gioco; risultato, una fuga dal green. Il golf ha un rituale, un codice semantico, che ha avuto piccole evoluzioni che sono avvenute alla velocità di una glaciazione. La sacca da golf è il contenitore di 11 mazze, divise in legni e ferri, numerate con numeri dispari partendo dal tre con nomi quantomeno bizzarri. Già il fatto di partire dal tre e non dall’uno incute un timore reverenziale. In realtà la mazza numero 1 è l’uomo stesso; il golfista che colpisce….. e chi non è in grado di sentirsi numero uno, non è ammesso a questo sport. Anche l’origine del gioco è frutto di dispute internazionali: è di proprietà degli scozzesi o degli olandesi? Chissà chi risolverà del tutto l’annoso problema? O saremo destinati a perire senza saperlo. Probabilmente quest’ultima ipotesi, ma è proprio questo che rende diversa questa disciplina; dibattiti accademici sulle sue origini che alimentano il mistero. Partendo da questa premessa, il progetto della casa del golf è ambizioso e dirompente e prova ad infrangere questo muro di sacralità, senza con questo stravolgerne le linee guida fino ad ora illustrate: è importante che il golfista, utente di questo spazio, si senta a proprio agio e ne ravvisi le aspettative che avrebbe se frequentasse il proprio golf club, allo stesso tempo il fruitore non golfista ne tragga dei vantaggi e si avvicini a questo sport, in modo graduale senza guardinghi timori.Il golfista è il padrone di questa location e tale si deve sentire; in questo luogo egli comunica il proprio background culturale, comunica il proprio mondo; mette a disposizione il proprio know-out, ma fa tutto questo mantenendo tutta la sacralità del green dove abitualmente gioca a golf; in questo spazio egli sa di comunicare l’essenza di questo sport: è l’unico luogo dove il Golf si apre al mondo esterno e senza portarlo all’interno del proprio intimo club, ma aiuta il profano ad avvicinarsi ad esso. E’ proprio questo il posto preposto alla comunicazione che si materializza naturalmente anche in esposizioni, eventi, dibattiti; il golf è anche cultura, la golfhouse è il luogo naturale dove si annientano le distanze, il filtro spaziale dove si comunica il gioco ad un pubblico più vasto, dove si comunica un modo di essere, di vivere, di approcciare il mondo.
Qui il golfista può rendere partecipe del concetto golf il resto dell’umanità mantenendo sempre le dovute distanze. Dando ma non sdandosi. Lo spazio deve perciò avere caratteristiche multifunzionali con una forte capacità divulgativa di comunicazione e di rappresentanza, che, al tempo stesso, abbia una redditività propria ed autopropulsiva. Il locale sarà un organismo flessibile per poterne permettere sempre nuove contaminazioni sinergiche.In fasce orarie diverse avrà diverse funzioni da assolvere; tutte legate da un’unica identità dominante: il golf, il lusso. Una struttura che bene si adatterà alle più disparate attività ed esigenze, mantenendo sempre il carattere di questi eventi con un target alto. La golf house è perciò il primo edificio che comunica il golf a tutti; il passo più immediato per avvicinarsi ad esso. Con Eldrick Tont Woods, meglio noto come Tiger, il golf già vive di quei cambiamenti mediatici che lo hanno reso più popolare, la golfhouse contribuisce a questo processo in maniera sostanziale. Personaggi come Tiger sono ormai nell’immaginario collettivo e si abbinano a eventi mondani e di tendenza. Tiger Woods è anche un manifesto ideologico d’intercultura – un nero che gioca così bene a golf 20 anni fa era impensabile - , ma non lo è come certi altri idoli sportivi neri, rimane comunque il rappresentate nero di uno sport elitario. Ma il processo evolutivo è imprescindibile, I nostri figli comunicano attraverso I giochi elettronici e Tiger Woods è un must per le consolle Nintendo, Xbox, Playstation, il nostro spazio si colloca in questa comunicazione figlia dei nostri tempi, che tende alla condivisione dei patrimoni culturali nei quali anche il golf è un patrimonio spendibile. La GolfHouse è uno spazio di circa 1000 mq che ha motivo di esistere solo in una zona leisure di una city. La struttura, a forma ovoidale, ha la superficie interamente traforata sia su tutto il perimetro che sul tetto. Lastre di vetro, delimitate da astratti oblò che filtrano la luce nel locale, danno una continua suggestione atta a comunicare che il golf è uno sport che si gioca all’aperto; prerogativa imprescindibile; era improponibile pensare ad uno spazio chiuso, ne sarebbe andato di mezzo il concetto stesso dell’analisi sopra elencata, nessun golfista approverebbe la chiusura del Golf in un luogo chiuso.
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Questi enormi vetri strutturali danno ariosità al progetto e permettono all’organismo-locale di cambiare atmosfera durante tutto l’intero arco della giornata: durante le ore diurne il locale diventerà luogo d’incontro per i golfisti, o possibili nuovi giocatori, che vogliono spezzare la giornata facendo un piccolo percorso golfistico, senza dover andare necessariamente al campo, ma sarà anche un punto di riferimento per coloro che vogliono fare affari ed incontrarsi con i propri clienti in un luogo di rilevato target. Il putting green è posto al centro dello spazio, come baricentro visivo e catalizzatore di tutto lo spazio: gli utenti fruitori saranno catturati da questo che è l’elemento caratterizzante.
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La superficie di gioco è al centro della scena di questo ipotetico teatro; una sorta di anfiteatro greco dove il golf è protagonista. Il grande putting green sintetico raccolto all’interno di uno spazio sinuoso che rimanda la mente al paesaggio naturale, con le sue forme morbide e leggermente ondulate è posto ad un livello più basso rispetto al livello in cui si trova l’accesso all’intero locale. Questo per dare modo a chi va li per giocare di essere comunque in un’area più riservata, anche se sotto gli occhi di tutti. Sul livello immediatamente superiore che circonda l’area, trovano la loro naturale collocazione sedie e tavoli per le consumazioni, mentre su un livello superiore sono collocati salottini più raccolti, dove è più facile fare incontri di business, queste zone sono sottolineate anche dalla presenza di sedute diverse, poltroncine più idonee alla conversazione rilassata. Un bar al livello dell’ingresso trova sede tra i due ingressi laterali, in modo da creare un polo catalizzatore e funzionale, ma non invasivo per il terreno di gioco. Ai suoi lati, due rampe di scale portano al bar della zona privèe, dove si trovano anche salottini con poltroncine più riservati, ma allo stesso tempo facenti parti dello spazio stesso. Rampe di accesso perimetrali saliranno in armonia come fossero i naturali pendenze di un campo da golf e metteranno in collegamento tutte le zone vip; tutto, perfino le forme dei percorsi, comunica armonia; l’ambiente deve rilassare e dare benessere. Per questo l’uso del bianco, che enfatizza il colore verde del prato.Gli arredi colorati aiutano a non sentirsi in un ambiente freddo e asettico. Sarà la luce del sole naturale passante che creerà suggestive variazioni cromatiche. Nelle ore notturne il locale si trasforma diventa il luogo ideale per l’happy-hour, che giocherà la sua atmosfera con sapienti giochi di illuminotecnica. L’illuminazione cambierà il volto al locale a seconda delle esigenze: si opterà per varie tonalità di colore che sul bianco ravviveranno l’ambiente, per un uso più esteso notturno, creando in continuo nuovi scenari e nuove suggestioni. Sul lato opposto al bar in posizione più rialzata e ben visibile dagli ospiti, sono state collocate due zone di tiro con gabbie di simulazione, anch’esse perfettamente integrate all’interno del paesaggio all’interno delle quali si possono effettuare piccoli tornei in simulazione; sarà prevista anche una sala da adibire a convegno e salette da utilizzare come uffici privati, varie teche e nicchie serviranno da superfici espositive e di allestimento dei prodotti. Grandi video verranno proiettati su strutture coniche generate dalla copertura, dove di volta in volta verranno proiettate Immagini per presentazioni, o per la diffusione di eventi golfistici, per sfilate di moda o video musicali.
Arredi progettati ad hoc renderanno esclusivo e connotante il locale stesso. In sintesi potremmo identificare un possibile scenario di una giornata tipo dentro la golfhouse. 1) nelle ore d’ufficio: ufficio rappresentativo e show room per presentazioni e ricevimento clienti business, area di prova delle attrezzatura, consulto ed analisi del swing dove si raccoglieranno i dati del cliente per la realizzazione di attrezzatura personalizzata ed i feedback tramite lezioni premio (da dare in beneficio agli acquirenti) o dove i professionisti potranno dare lezioni ai propri clienti previo un gettone di utilizzo. Proposte di clinic o viaggi vacanze golfistiche scorreranno sui grandi schermi. In questo spazio l’attività di degustazione/coffee service e light lunch sarà sempre aperta per servire lo spazio incontro. 2) dalle 17 alle 22 happy hours, aperitivo, presentazioni, eventi happening sponsorizzati per la presentazione di iniziative o prodotti, sfilate, gare golfistiche sul putting green o sui simulatori Degustazioni sponsorizzate di prodotti enologici e gastronomici, set per produzioni televisive o Radiofoniche, presentazioni sportive o culturali. 3) dalle 22 alle 02, locale bar esclusivo punto di incontro, promosso con inziative di feste esclusive, serate a tema, concorsi di selezione, ed altre iniziative di intrattenimento.
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Clam des tinus, la comunicazione nascosta di Luca Bolognese La parola clandestinità fa paura perché ad essa è associato un concetto di negatività: chi vive in clandestinità nella maggior parte dei casi è chi ti porta via il lavoro e che per vivere è costretto a delinquere, per questo un pericolo. Nel contemporaneo diamo un valore negativo a questa astrazione mentale. Ma il concetto di clandestinità è qualcosa di più complesso che ha connotato in diversi significati le epoche che ha attraversato. Il clandestino ai nostri giorni è chi non ha il permesso di soggiorno, cioè colui che agli occhi del sistema globale non è burocraticamente definito, è colui su cui non si può esercitare un controllo tramite un foglio di carta legale. In epoche passate quando l’ anagrafe non esisteva il clandestino in questo senso non esisteva; le persone erravano nel mondo si contaminavano, il più delle volte morivono schiacciate dalle opposte fazioni o tribu, ma non erano definite clandestine, erano nemici, gli umani erano classificati in amici e non-amici. La definizione di clandestinità è più recente e si associa frequentemente a tutti quei moti che nell’ ombra hanno cercato di sovvertire le regole o meglio quello che ogni gruppo di clandestini riteneva che fosse lesivo di libertà. Concetto opinabile anche questo, perché il più delle volte molti di questi moti sono finiti per passare dalla clandestinità alla dittatura più assoluta: anche Hitler inizialmente poteva essere considerato un clandestino, sprolochiva in angusti bar le sue folli teorie, ed è finito come tutti sappiamo. Noi qui ci occuperemo di clandestinità come concetto legato al proprio io; ogni persona ha in sé una parte clandestina, ed è proprio questa parte che ci spinge ad essere attratti dai diversi, pur denigrandoli pubblicamente. Per cui tralasceremo l’ idea che il clandestino sia necessariamente un estremista che combatte il sistema in maniera alternativa e violenta e come tale è costretto a vivere ai margini nascosto e tralsceremomo anche il clandestino che scappa dalla patria natia perché oppresso da povertà alla ricerca di un paese che lo sappia accettare; ci soffermeremo invece per un attimo sul concetto di clandestino in senso lato.Partiamo dalla sua etimologia: dal latino Clam des tinus da clam antico calam o calim di nascosto con radice Kal o cal che trovasi in celare o occulto, a questo si aggiunge Dies giorno: cioè colui che sta nascosto al giorno, che odia la luce . Il clandestino è colui che vive nascosto per una infinità di ragioni, sia che si opponga al potere sia che lo fugga. Tutti i movimenti di pensiero nascono dalla clandestinità i cristiani erano clandestini, la carboneria era clandestina, i cavalieri della tavola rotonda erano clandestini, osama bin laden è un clandestino, chiunque abbia delle idee forti da proporre vive nella clandestinità. Ma come sopra abbiamo accennato la clandestinità in quanto tale ha finito per assumere un significato pressochè rivoluzionario a cui si associa il più delle volte un modus combattendi che è senza dubbio deprecabile, anche i brigatisti rossi erano clandestini, ma il lor modo per uscire da questa status non ha dato i risultati sperati. Essere in clandestinità non è uno stato di grazia se non corrisponde una giusta motivazione relazionale con gli altri .
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In questa analisi ci riappropriamo del concetto di clandestinità in senso positivo, e partiamo dall’ idea che la clandestinità è uno stato d’ animo: essere clandestini porta con sé il concetto di tenersi nascosto qualcosa del proprio io; un concetto pericoloso se si pensa all’ attualità dove tutto viene palesamente manifestato, dove la ricerca di una probabile verità finisce per inficiarne altre. Se pensiamo ad esempio a Michael Jackson ci troviamo di fronte a un clandestino nonostante la sua sfrontata e palese immagine pubblica. E la sua clandestinità non si manifesta nella sua musica; questa è solo una decorazione al suo personaggio, un mezzo per raggiungere la massa e per mostrare le proprie infinite personalità; la sua musica non ha niente di clandestino, ma è il clandestino che c’ è in lui, che attrae il fatto che lui voglia andare in altre direzioni, senza che il suo interlocutore sappia niente , è questo che incuriosisce fino al punto da farlo diventare un fenomeno di massa: emblematica è il suo desiderio di schiarirsi la pelle, il desiderio di essere clandestino tra le razze; in questo è da trovarsi la sua clandestinità e forse la sua genialità. La sua non plausibile spiegazione su una improbabile vitiligine, lo rende clandestino e come tale appetibile alle masse. Non è il ballare o avere fatto qualche canzone pop famosa che lo ha reso famoso quanto il celare alcuni lati della sua personalità. Il vero marketing di Mj è il suo essere clandestino. MJ nasconde le proprie debolezze rimarcandole e sono proprio queste ad emergere. MJ in questo può a ragione rapresentare un icona di un epoca, ma non musicale un’ epoca di contraddizioni dove lui da moderno anoressico che cerca di avere attenzione palesando in maniera caotica il proprio essere. Anche nella moda i grandi stilisti attingono alla clandestinità per sviluppare i loro progetti creativi. Le mode nuove nascono in clandestinità e si sviluppano in segreto, con un tam tam comunicativo che comunica grazie alle molecole dell’ aria.
Michael Jackson
Spiderman I clandestini sono perennemente saccheggiati. Tutti siamo attratti dalla clandestinità,in ognuno di noi c’è una forte attrazione verso il proprio opposto che celiamo e non vogliamo vedere. La televisione come mezzo comunicativo per eccellenza sembra aver perso il suo vero pathos, i reality non celano niente, sono un fenomeno di costume destinato a riempire le serate prive di significato; hanno ragione di essere solo per quei giovani per altro non deprecabili, che cercano di arrivare al successo in maniera veloce. La tv lascia il posto a internet, dove la clandestinità è la sua massima espressione. L’ internauta è solo nascosto nel suo universo della rete e comunica con un nickname. Ha amici su facebook li condivide con altri, ma si riserva dal mostrare tutto di sé un contatto diretto finirebbe per essere una squallida e terribile sorpresa. In architettura in arte nel design chiunque cerchi di proprore verità come la tv è destinato a fallire. Il clandestino non proprone niente, ma il suo celare influenza e cambia il costume.Clandestino che a un analisi più semplicistica a livello etimologico può anche voler dire nascosto al destino cioè persona che cerca di nascondersi al proprio destino; un concetto allargato che vede appartenere a questa categoria tutti quelli che si sentono emarginati da una vita crudele e in quanto tale cercano di nascondersi ad essa. Ogni nuova forma espressiva sembra prendere il sopravvento dalla clandestinità perché la nostra parte nascosta alimenta il nostro istinto ed è proprio il nostro istinto che produce idee innovative prive di schemi limitanti e limitativi. C’è l’intuito alla base di ogni movimento clandestino; chi si muove in clandestinità non può avere basi certe a cui appigliarsi e l’ unica risorsa a cui adattare il proprio movimento a seconda delle esigenze si muove nel presente e si affida all’ intuizione. Il clandestino è il nuovo trend del contemporaneo, essere al disopra delle parti osservare dall’ alto la realtà da un livello sovrareale, un layer per mediare una parola di autocad da cui osservare il mondo e interagire con esso. Il sovrareale è l’ ambiente in cui risiedono i clandestini, da qui osservano, interpretano, scombinano, rianimano; essere nel sovrareale vuol dire poter guardare la realtà da un’altra angolazione Una corrente di pensiero che vede la luce nella rappresentazione della commedia Acid house primo ideale manifesto sovrareale, pensato e ideato dallo studio d’ architettura e comunicazione G@ut.
Ne scaturisce una nuova programmatica volontà comunicatica: il prodotto viene per così dire riciclato, rimmesso in circolo, carico del valore aggiunti di “clandestinità” La mozzarella di bufala o il lardo di colonnata, prodotti spazzati via dai cibi industriali dei grandi centri commerciali; si “alimentano” nella clandestinità. Ed è proprio in questo stato di grazia che fertilizza l’ humus idoneo alla rinascita comunicativa di questi prodotti. In una società globalizzata non saranno i no global che fanno parte del sistema stesso a portare avanti le forze delle proprie idee, ma sarà chi nell’ ombra proporrà un messaggio forte e accattivante, nuovo e soprattutto silenzioso. Superman e l’ uomo ragno lavorano in clandestinità ma aiutano il mondo. Il primo non esisterebbe se non ci fosse Clark Kant e il secondo se non esistesse Peter Parker, sono questi i veri clandestini.
Clark Kent
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Food Design di Angela Tozzi Food Design è un pensiero filosofico culturale che ha come protagonista della ricerca, il cibo. Intorno a questo argomento sviluppatosi, negli ultimi anni, è nata una nuova vera e propria disciplina universitaria che studia la realizzazione di vere e proprie architetture alimentari contestualizzate. Facendo un passo nel lontano passato chi non ricorda l’ immagine del Dio Bacco acconciato con ghirlande di frutta difronte a vassoi opulenti e sappientemente ornati. Da qui l’ aggettivo “Baccanali” che visto con una certa elasticità può rappresentare una sorta di primo vero brand comunicativo legato anche al piacere della gola e della vista . Senza scomodare ulteriormente il Dio Bacco e arrivando in periodi più recenti basti pensare alle presentazioni di piatti tradizionali cucinati da nonne esperte casalinghe, che stimolavano sia olfattivamanete ma anche visivamente il nostro appetito componendo progettualmente i cibi sui vassoi. La presentazione di un piatto di alimenti è sempre esistita, ma adesso grazie all’ apporto del designer si apre a nuovi scenari progettuali. Il cibo non più soltanto prodotto per la stimolazione del senso del gusto ma sempre più gratificazione per il senso della vista. Il piacere del cibo si espande: la struttura della ricetta diventa architettura, si nutre di progettualità. In questo contesto allargato, gioca un ruolo importante “la progettazione di portata”: la materia che studia il contenitore, l’ insieme che contiene il sottoinsieme, e che per questo vive a stretto contatto con l’ alimento. Il rapporto tra contenuto e contenitore è ormai estremizzato ai giorni nostri ed è presente anche in prodotti di largo consumo. La comunicazione di una pietanza per un ristorante è senza dubbio un’ altro aspetto, molto più complesso e accattivante per chi ritiene che un buon progetto debba anche comunicare un brand.
cucchiai monoporzione in pirex o acciaio, progetto a cura di studio di architettura G@UT
supporto per cucchiai e portacandela, progetto a cura di studio di architettura G@UT
supporto per cucchiai e portacandela, progetto a cura di studio di architettura G@UT
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Esistono correnti di pensiero diversificate una delle quali sostiene che l’ alimento debba mantenere un basso impatto formale di contrasto con il contenuto per poter meglio accentuare le caratteristiche di quest’ ultimo. Noi sosteniamo che in realtà più che vedere il contenitore come elemento neutrale a basso impatto, sia invece da ricercare un equilibrio armonico tra l’ alimento e il suo contenitore; entrambi devono essere compartecipi di una comunicazione sensoriale, senza con questo, perdere di vista le peculiarità del protagonista, l’ alimento. Riteniamo perciò, che per ottenere un ottimo risultato, il lavoro di un food designer sia quello di stabilire un rapporto sinergico con il capo chef e il suo staff; è prorpio il connubio di questi intelletti creativi a rendere il Food Design, un campo di sperimentazione dinamico; l’ unico che chiami in causa la plurisensorialità. La nostra proposta di designers è quella di progettare contenitori specifici per ogni tipo di alimento: non più progettazione di un unico contenitore minimalista che sia in grado di ricevere al suo interno diversificati alimenti, ma un contenitore costruito ad hoc sulla ricetta che compone l’ alimento; una struttura architettonica che contestualizzi l’ alimento presentato, un oprera di design che vive insieme al cibo specifico e che non abbia ragione di esistere senza di esso; un supporto unico e irripetibile per la pietanza. Su questa linea si deve individuare la direzione giusta verso un progetto globale che individui il cibo, elemento primario per un imprenditore ristoratore, ma anche il contenitore connotato e connotante per poterlo mangiare; per estensione il passo successivo è la progettazione del locale stesso.
Bacco, Caravaggio
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La logica degli insiemi e sottoinsiemi che compongono uno spazio progettato. Un brand unico che comunica il marchio del ristoratore nella sua città e ancor di più nel mondo. Food design perciò sempre più pensiero filosofico, tema per una progettazione intellettuale e dinamica. Marvin Hans antropologo americano, sostiene che “è buono da mangiare quello che è buono da pensare”. L’ esperienza di designers, che hanno lavorato su temi riguardanti le sensorialità, ci costringe ad aggiungere”…che è buono da mangiare anche quello che è buono da vedere con la vista, da percepire con il tatto, da assaporare con il gusto, da odorare con il naso, e perché no! da ascoltare anche con l’ udito……”.
mangia e bevi, progetto a cura di studio di architettura G@UT
fornellino per salse in pirex, progetto a cura di studio di architettura G@UT
fingers food, progetto a cura di studio di architettura G@UT
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Wellness, home e... di Silvia Scuffi Abati Le nuove frontiere del Wellness si dilatano e guadagnano nuovi spazi; il wellness entra in casa e …. appare come una gran novità. In realtà perché stupirci di questo processo naturale che già i nostri avi avevano così meticolosamente sperimentato; anche la domus romana viveva di uno spazio all’ interno della abitazione per il wellness: il triclinium. Questo spazio altro non era che il luogo deputato alla degustazione del cibo, al piacere della cucina in armonia con il corpo. Nel triclinium prendevano posto tre letti. Ognuno poteva essere lungo fino a due metri e quaranta centimetri e su di esso potevano prendere posto massimo tre persone le quali erano semisdraiate con il busto eretto aiutate in questa posizione da un braccio mentre l’altro serviva per mangiare. Un cuscino o un bracciolo aiutava ulteriormente la posizione. Gli alimenti venivano precedentemente tagliati in piccoli pezzi per evitare di usare le posate dato che si usavano le dita. La stanza deputata era a pianta quadrata; servi approvvigionavano i padroni. Immaginiamoci per un momento una grande sala dove al centro era posto il triclinio del padrone di casa e tutti intorno i vari triclini tutti rivolti verso il centro; una musica adeguata, danzatori e danzatrici discreti, profumi e incensi, pasti elaborati con cacciagione, arrosti, pesce, verdure, insalate, frutta, dolce. Tutti alimenti presentati con rigida progettualità da food design moderno. Il tutto innaffiato con un buon vino locale. Quale luogo migliore per il wellness in casa.
pianta domus
domus romana
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Triclinio Nasce così una nuova tipologia per ricontestualizzare il triclinium di antica memoria nella contemporaneità nel nostro frenetico abitare la casa. Perciò tra la cucina e il soggiorno è da identificarsi questo luogo. L’ ultima frontiera del Wellness Home, dove divani comodi con anatomici braccioli permetteranno di rilassare la mente e il proprio corpo, di gustare il cibo in conversazione, di godere di luci e musica: l’ ”arte del dorming” come viene definita; del resto non è una novità, già in giro per il mondo esistono i Supper Club, luoghi dedicati al rilassamento e al convivio; anche alcune correnti della medicina ufficiale supportano la teoria che la posizione di totale rilassamento aiuta la digestione. Perché dunque non ripensare a una sala domestica dove ci si possa rilassare mangiando. Per il Wellness Home perciò un nuovo spazio, il triclinio; in questo contesto bene si inserisce anche il food design; piacere del corpo, gioia dello spirito e cibo per l’ anima.
Triclinio
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BioHappyhour, lo spazio che fa tendenza di Luca Bolognese Si parla di ecocompatibilità…di podotti biologici….di vita sana….e lo si fa mentre camminiamo per strada intossicati da fumi di scarico di ogni tipo. Il desiderio di ritrovare uno spazio più vicino alla natura è forte. Sempre più si discutono progetti che trattano l’ argomento, l’ edilizia cerca risorse nuove e alternative ai soliti gas nocivi, le politiche occidentali allargano i propri orizzonti – finalmente – cercando di rendere il pianeta più vivibile; impresa difficile dopo l’ impegno perpetrato per intossicatarlo, ma sicuramente non impossibile. l’ importante è iniziare da una parte e sanare i danni cercando di evitare di provocarne altri di altro tipo. Anche questa volta la natura stessa ha suggerito alla coscienza umana, la necessità che questa terra su cui viviamo debba essere rispettata. Tutto ciò per premettere questo progetto architettonico di interior design che ripensa uno spazio pubblico dove l’ utente possa essere partecipe di questo cambiamento in itinere. Un progetto ambizioso, che è figlio dei tempi che viviamo. L’ obbiettivo è quello di creare un locale di tendenza in cui si respiri la genuinità dei prodotti che si offrono. Un locale dove si possa consumare aperitivi serali e non sentirsi necessariamente figli dei fiori, un locale per uomini contemporanei che durante il giorno fanno bussness ma che ritengono di essere sensibili al mondo della natura e che ritengono di appartenere ad essa. L’ ignoranza ha prodotto tante nefandezze tutte figlie di una ricerca di profitto fine a se stesso, ma l’ utente contemporaneo di un locale non è più né un yppie sognatore né uno yuppie in carriera, ma è un culturalmente più avanti e sa che gli equilibri della vita passono attraverso meccanismi, che non possono essere celati. Si propone un locale che non incuta timore ai nostalgici, solo perché non sono presenti candele o incenso, ma perché gli elementi naturali quali il legno e la parete rivestita di piante aiutano a sentirsi a proprio agio. Si propone un locale che non incuta timore al professionista in carriera, solo perché non è presente l’ ultimo materiale sintetico “figo”, ma perché le sedute e i tavoli mediano le forme del design più lanciato pur mantendo il rispetto del materiale. Tutto lo spazio avvolge il fruitore, una cascata di acqua continua sul bancone, lo avvicina ad esso per consumare aperativi naturali. Le nicchie sulla parete rivestita di piante ospitano prodotti anche essi naturali. Quattro video lcd alla parete trasmettano immagini della natura che cambiano a seconda della stagione.
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progetto a cura di Studio di architettura G@ut
E’ importante l’ uso di un mezzo comunicativo come un audiovisivo; grazie a questo elemento contemporaneo il locale trasmette l’ idea di fashion design, che lo contraddistingue. Il colore rosa, delicato e piacevole suggerisce allusioni alla natura. Gli arredi come fiori in un prato verde, arredi disegnati su misura che offrano la possibilità al locale di diventare altro a seconda delle circostanze. Ogni orario ha le sue esigenze gestionali; pranzo aperitivo e cena. Si sono formulate due ipotesi progettuali. Pur mantenendo lo stesso principio creativo. Nella prima, gli spazi sui lati corti di questa ipotesi a pianta rettangolare sono rialzati creando uno spazio più raccolto, una sorta di separazione ideale tra l’ ambiente bar e l’ ambiente sedute. Il dislivello creato offre la possibilità di creare un ulteriore spazio espositivo oltre alle nicchie di cui sopra; un gioco formale, in questo caso molto scenografico, che aiuta lo spazio :una U in vetro trasparente illuminata da neon sul pavimento e sulla parete dove mostrare i prodotti. Voluto è l’ uso del parquet di legno che continua sulla parete e nel soffitto; avvolgere l’ utente è l’ obbiettivo, farlo sentire a suo agio in un continuo spaziale che non distragga. Entrare in questo locale vuol dire fare parte di esso, in simbiosi concettuale con quello che si vende. Nella seconda ipotesi si è optato per un pavimento unico e un soffitto colorato in tonalità di rosa, le pareti che ospitano i video anche queste in rosa, per sottolineare le aree distinte. In questa ipotesi più semplificata si è dato risalto alla flessibilità delle sedute………… creando un ambiente adatto a qualsiasi versatilità.
progetto a cura di Studio di architettura G@ut
progetto a cura di Studio di architettura G@ut
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L’insostenibile leggerezza dell'abitare sostenibile L’insostenibile leggerezza dell'abitare sostenibile
Periodo 17-20 Febbraio 2011 Sede Centro Fieristico Spezia Expò Ente Promotore Centro Fieristico della Spezia S.r.l. Periodo 17-2017-20 Febbraio 2011 DirezionePeriodo artistica Studio Nealinea Febbraio 2011 and Partners/Arch. Lucilla Del Santo Staff Organizzativo Revolution Crew: Dott.ssa Chiara Boninu, Daria Lazzano, Sede Centro Sede Centro FieristicoSpezia Spezia Expò Fieristico Expò Dott.ssa Alessanda Ricci, Dott.ssa Alice Lorgna, Ente Promotore Centro Fieristico della Spezia S.r.l. Laura To gnetti, Dott. Andrea Venturini Ente Promotore Centro Fieristico della Spezia S.r.l. Direzione artistica
Studio Nealinea and Partners/Arch. Lucilla Del Santo
Evento teso a promuovere lo sviluppoand e l’introduzione, nell’abitare nel vivere Direzione artistica Studio Nealinea Partners/Arch. Lucillae Del Santoquotidiano, di
Staff Organizzativo Revolution Crew: Dott.ssa Chiara Boninu, Daria Lazzano, Dott.ssa comportamenti “sostenibili”. Alice Lorgna, Dott.ssa Alessanda(Fiera, Ricci, Laura Tognetti, Dott. Spazio Andrea multiLa manifestazione, strutturata in più “momenti” Mostra/Mercato, Staff Organizzativo Revolution VenturiniCrew: Dott.ssa Chiara Boninu, Daria Lazzano, Dott.ssa funzionale-didattico), evidenzia ed approfondisce le varie tematiche della “sostenibiliAlice Lorgna, Dott.ssa Ricci, fieristico, Laura Tognetti, Dott. Andrea tà” nell’abitare, mostrandole, oltre nelAlessanda consueto ambito Descrizione Evento teso a che promuovere lo sviluppo e l’introduzione,anche e sopratVenturini tutto all’interno di un nell'abitare “contenitore” ed estremamente suggestivo: una casa dell’evento e nelparticolare vivere quotidiano, di comportamenti domotica. Inoltre, un focus curato in collaborazione con i Dipartimenti di Disegno Industria“sostenibili”. le delle Facoltà diEvento Architettura di Firenze e Milano, con il coordinamento delDescrizione tesodell’Università a promuovere lo sviluppo e l’introduzione, la Prof.ssa Francesca Tosi, illustrerà come l’innovazione tecnologico-domotica può e deve La manifestazione, strutturata in più “momenti” (Fiera, dell’evento nell'abitare vivere quotidiano,didi comportamenti essere al servizio del Design For e All,nel ovvero la progettazione ambienti, attrezzature Spazio multifunzionale-didattico), evidenzia ede serviMostra/Mercato, zi fruibili in condizioni di autonomia, da parte di persone con esigenze e abilità diversificate. “sostenibili”. approfondisce le varie tematiche della “sostenibilità” nell'abitare, Come location è stata selezionata la nuova area fieristica Spezia Expò, in quanto situamostrandole, oltre che nel consueto ambito fieristico, anche e ta in punto geografico “strategico” per la città e per chi viene da “fuori” e luogo particolarLa manifestazione, in socio più “momenti” (Fiera, soprattutto di unstrutturata “contenitore” particolare ed- estremamente mente adatto ad ospitare eventiall'interno fieristici sulle nuove tendenze economiche e sulsuggestivo: una casa domotica. Inoltre, un focus curato in le nuove tecnologie. L’ampia e suggestiva dello spazio interno permette la Spazioestensione multifunzionale-didattico), evidenzia ed Mostra/Mercato, collaborazione con i Dipartimenti di Disegno Industriale delle Facoltà creazione di un allestimento innovativo, che consente al pubblico partecipante una magapprofondisce le dell'Università varie tematiche della “sostenibilità” nell'abitare, Architettura di un Firenze Milano, con il (tecgiore interazione con glidiambienti e gli espositori. Inoltre eventoecarico di significati mostrandole, che nelprivo consueto ambito fieristico, anche e nologici, sociali, etici e artistici) in unoltre mese piuttosto di appuntamenti “fieristicamente” ricoordinamento della Prof.ssa Francesca Tosi, illustrerà come levanti crediamo possa configurarsi commercialmente e mediaticamente una scelta vincente. l'innovazione tecnologico-domotica può e deve essere al servizio del soprattutto all'interno di un “contenitore” particolare ed estremamente Casa Sensoriale Domotica, mostra-mercato opere di eartisti e Design For All, ovveroeco-sostenibile, la progettazione esposizione di ambienti, di attrezzature una casa domotica. Inoltre, un curato in designer operantisuggestivo: nell’ambito dell’Eco-art e dell’Eco-design, presentazione difocus progetti soservizi fruibili in condizioni di autonomia, da parte di persone con cialmente utili, conferenze di approfondimento, sinergia con le istituzioni universitarie (Diparcollaborazione con i diversificate. Dipartimenti di Disegno Industriale delle Facoltà esigenze e abilità timenti di Disegno Industriale delle Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze e Milano). di Architettura dell'Università Firenze e Milano, con il 1. Promuovere e diffondere le nuove tecnologie domotiche,di unitamente alle semplici “pratiche 1 quotidiane”, connesse con il concetto di ecosostenibilità e migliore qualità della vita. Obiettivo coordinamento della Prof.ssa Francesca Tosi, illustrerà come specifico del progetto “Casa Sensoriale Domotica” è, infatti, presentare al grande pubblico un l'innovazione tecnologico-domotica può e deve essere al servizio del ipotetico “appartamento domotico”,
Design For All, ovvero la progettazione di ambienti, attrezzature e servizi fruibili in condizioni di autonomia, da parte di persone con esigenze e abilità diversificate. 1
Centro Fieristico Spezia Expò
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dove ogni arredo ed oggetto di uso quotidiano all’interno di ogni vano (camera, cucina, bagno, camera bambini, soggiorno, studio) sia totalmente eco-sostenibile. Per il progetto di allestimento, la Direzione artistica si avvarrà della collaborazione dello Studio G@ut nella persona dell’Arch. Luca Bolognese, studiandone la distribuzione anche in collaborazione con gli studenti del secondo anno del Corso di Laurea in Disegno Industriale di Firenze; mentre per la consulenza tecnologica nella realizzazione degli impianti domotici, della Società I+ S.r.l. All’Expò della Spezia sarà, dunque, presentato in prima nazionale un nuovo format del fare fiera attraverso la presentazione della prima abitazione “futuribile”, dove per futuro intendiamo la sostenibilità. 2. Inoltre un focus particolare , in collaborazione con le Università di Milano e di Firenze, sarà dedicato ai più innovativi modelli assistenziali volti a sostenere l’autonomia di persone con disabilità motoria; crediamo, infatti, che domotica sia anche questo: soluzioni per il controllo dell’ambiente, ausili per la vita quotidiana, cura della persona e della casa, in modo da offrire anche agli anziani e alle persone diversamente abili un sostegno concreto. 3. Sensibilizzare le giovani generazioni, i cittadini e le famiglie ai temi della sostenibilità, proponendo dei “cambiamenti” nello stile di vita quotidiano, con l’adozione di comportamenti sempre più responsabili nel rispetto della nostra salute fisica e mentale e dell’ambiente naturale e culturale che ci circonda. 4. Coinvolgere in modo diretto il territorio spezzino e quindi il tessuto produttivo locale, ma anche promuovere la manifestazione a livello nazionale, in modo che negli anni si caratterizzi come un evento strategico per gli addetti al settore. Ovviamente, sarà strutturato un Piano di Comunicazione nazionale, corrispondente all’alto livello culturale e commerciale della manifestazione.
Centro Fieristico Spezia Expò
Centro Fieristico Spezia Expò
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Templi moderni... per tempi moderni di Luca Bolognese Il decentramento della città crea nuovi scenari urbanistici; si formano nuove reti viarie a media e alta velocità che uniscono e scandiscono il nostro quotidiano; su queste ideali arterie il cui plasma è l’ umanità in movimento, si materializzano a ritmo crescente i nuovi mausolei del commercio edifici destinati a cambiare il volto dell’urbanistica metropolitana; questi nuovi templi dell’ economia conquistano lembi di territorio, pochi decenni fa, luoghi ancora da bonificare. Intorno a questi centri si sviluppa la nuova viabilità. I centri commerciali e le multisale si collocano il più delle volte su importanti direttive che congiungono città fra di loro. Basti pensare ad esempio sul nostro territorio, all’ asse che congiunge Prato a Firenze e che vede negli ultimi anni l’ ampliamento esponenziale di questo nuovo polo economico, importante strategicamente per il bacino di utenza delle due province. Da questa analisi geoterritoriale se ne evince che questi nuovi catalizzatori urbani tendono a posizionarsi vicini fra loro, una sorta di macrosviluppo che ricalca quello che era avvenuto nel tessuto urbano cittadino dove si identificavano i luoghi del mercato. Le logiche non cambiano, cambia solo la scala dimensionale; edifici perciò preposti al commercio e all’ intrattenimento sempre più ravvicinati che producano economia, ma che inevitabilmente si fanno concorrenza. La concorrenza, come però sappiamo affina l’ arte della comunicazione, arte essenziale per attirare l’ utente/cliente. Ruolo determinante, perciò è l’ affabulazione , il modo persuasivo di conquistarsi il cliente e per fare questo si studiano espedienti comunicativi nuovi; si creano eventi all’ interno di questi spazi che si adoperano verso soluzioni originali e creative capaci di stupire e conquistare. In questi nuovi centri nevralgici del territorio abitualmente si usa connotare gli eventi stagionali abbinandoli a ricorrenze ormai riconosciute e consolidate: halloween, San Valentino o ricorrenze religiose tipo Pasqua o Natale. L’ evento così assume connotazioni specifiche : se si parla di centri commerciali che fanno della vendita il loro punto di forza, si ripetano cliche ormai codificati da logiche di marketing standardizzate, ormai “trite e ritrite” per usare una locuzione toscana, ma che comunque funzionano come richiamo popolare: semplici ed efficaci richiami scenografici da coronamento a queste festività servono ai centri per incrementare l’ utenza; festoni a tema caratterizzano le ricorrenze, il più delle volte attaccate ai soffitti dei locali per non creare ingombri di superfici, o punti corner a terra con l ’ utilizzo di personale con costumi specifici per animare l’ atmosfera. Il centro commerciale, un po’ come il vecchio negozio vive in grande scala la sua ambientazione, diventa una sorta di immensa vetrina per attirare e attrarre. La differenza con il negozio è proprio nella scala, nel centro commerciale non deve ricreare un ambiente fashion, qui si deve quantificare il più possibile. Il cliente deve percepire chiaramente di essere in un luogo dove poter spendere per soddisfare le proprie necessità senza traumi psicologici.
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Multisala Riccione
Istinye Park Shopping Center
Istinye Park Shopping Center, Istanbul
Il cliente si deve sentire in simbiosi con l’ ambientazione stessa. Se invece si parla di Multisala ci troviamo di fronte a esigenze scenografiche diverse perché comunque il cinema stesso ha in sé le potenzialità comunicative per attrarre le persone; la multisala vive di indotto esterno: la pubblicità televisiva gioca un ruolo fondamentale e le major del cinema sanno catalizzare l’ attenzione sul prodotto che devono vendere, i films. Il film in cartellone già promosso dalla stampa è una persuasiva attrattiva per lo spettatore. La scenografia delle multisale sono perciò condizionate dalla programmazione filmica, e l’ innumerevole quantità di gadget soprattutto per quanto riguarda i film americani per ragazzi aiuta la sala a creare ambientazioni sempre più vicine a un set cinematografico con tanto di personaggi in scala reale. Negli ultimi tempi nascono edifici che comprendano all’ unisono le funzionalità della multisala e del centro commerciale. Ci troviamo perciò ad affrontare logiche diversificate anche se poi anche la multisala vende un prodotto, il prodotto “svago”. Nella creazione di eventi si dovrà perciò tenere ben presenti entrambi gli aspetti.In questi ormai sacri edifici del consumismo massificato inoltre si segnala l’ introduzione di centri benessere e palestre. Anche qui si vende un prodotto, si parla di prodotto benessere fisico che tanto ha importanza nella società contemporanea. L’ utente della palestra è un utente adulto che sfrutta lo spazio durante le pause di lavoro e dopo lavoro. Questo utente, generalmente abbina le uscite del fine settimana a qualche ora di palestra serale. Per questo motivo niente di meglio che dopo gli esercizi del corpo ci si intrattenga fuori a mangiare qualcosa e poi magari andare al cinema. Il pacchetto fornito è completo, il “chiavi in mano” dell’ intrattenimento psico/fisico. L’ obbiettivo è quello di far permanere più clienti possibili, all’ interno di questi contemporanei templi …segni urbani di tempi moderni.
Fiumara Multisala
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Abitare i vestiti... vestire la casa di Luca Bolognese “Non più prestiti occasionali, ma sorprendenti analogie di linguaggio, originate da una ricerca sempre più focalizzata sulla “pelle” degli oggetti e su modalità di utilizzo meno convenzionali e più familiari.”(Cristina Morozzi” interni il magazine del design N° 45 supplemento panorama febbraio 2008”).Moda e interior design due mondi sempre più legati fra loro; due realtà che viaggiano ormai su binari paralleli; sempre di più il design guarda alle forme comunicative della moda; designers di oggetti sempre più stilisti anche nei modi comportamentali, sempre più in preda a egocentrici isterismi frutto di manie di protagonismo comunicativo. Ma anche lo stilista, per la legge fisica dei vasi comunicanti chiamato a reinterpretare oggetti per la casa. Sensibilità a confronto intercambiabili. Questa tendenza di osmosi tra queste due realtà si è andata accentuando negli ultimi anni; il processo è stato avviato nel settore della moda, più rapido per naturale inclinazione anche per ragioni tecniche a cambiare direzioni di tendenze nell’ arco di pochi mesi. Il concetto di brand si è spostato anche nel design e aziende di settore ricercano designers che fanno tendenza, designers destinati a diventare un brand. L’architetto diventa stilista, personaggio rappresentativo di un epoca, lascia il segno nella casa e più è cool, più ha frequentazioni mondane, più è riconoscibile come marchio; ci troviamo davanti a una nuova generazione di architetti, non più il riflessivo e introspettivo artista nel suo studio a plasmare forme su fogli di carta, ma vero e proprio protagonista a livello mediatico dei nostri tempi; la naturale evoluzione di una figura professionale figlia dela contemporaneità che richiede all’ interior designer un sovraesposizione fuoricontrollo. E’ possibile così fare uno sforzo immaginifico e pensare di abitare i vestiti e vestire la casa: entrare in una casa e sentirsi in perfetta sintonia con il proprio modo di vestirsi, creare una sorta di coordinato mentale, fisico e spaziale. Eleganza perciò nel portamento ma anche eleganza nella propria abitazione specchio del proprio modo di essere. Indubbiamente l’ ambiente casa vive spazi temporali più dilatati e sarà impossibile pensare che gli interni di una abitazione possano cambiare alla stessa velocità con cui questa acquista un abito; ma niente ci vieta di immaginare questo possibile scenario futuro, dove anche la casa riesce a cambiare pelle nel giro di pochi mesi. La tecnologia con l’ausilio della domotica potrebbe aiutare a realizzare questo sogno.
a cura di Studio di architettura G@ut
Giacca “IVECO” store
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Immaginiamoci pareti e mobili che cambiano colore in coordinato con l’ abbigliamento del proprietario. Fantascienza solo per adesso. Uno sforzo di immaginazione che aiuta a capire quanto il settore dell’arredamento sia alla ricerca di un brand dinamico. Una nuova collezione di abiti per utenti cool che vivono la casa in maniera fresca e dinamica.=
abito Luisa Spagnoli
a cura di Studio di architettura G@ut
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Archistar o... brodo star? di Luca Bolognese Slogan pubblicitario dall’ effetto garantito; cosa sarà meglio un architetto che si atteggia a star o un succulento brodo con dado Star? Chi lo sa. Per adesso andiamo per gradi; il brodo Star sappiamo tutti che cosa sia. Quello che ci lascia un po’ più perplessi è la definizione di archistar. Chi sono questi strani architetti che niente hanno a che vedere con la moltitudine di architetti e designer che ci circondano, nonostante la formazione sia la stessa? Come e dove si muovano questi strani esseri superiori? Bene cerchiamo di capirne di più. Ma partiamo dalle definizioni: trattasi di umanoidi che in preda a delirio di onnipotenza, hanno imposto il loro nome come marchio. La massa sa riconoscerli: vent’ anni fa gli architetti rappresentavano un elite di professionisti oscuri ai più; adesso si parla di loro come di personaggi televisivi. Indubbiamente l’ architetto è figlio dei suoi tempi più di qualsiasi altra professione e per la sua sopravvivenza deve costantemente imparare le regole nuove della comunicazione e questa nuova specie sa cosa sia la comunicazione. Qui non si parla di architetti del Comune ma di architetti fuori dal “comune”; qui non si parla di di arredatori/design di mobili di anonimi showroom; attenzione qui si parla di esseri fenomenali che hanno il potere di stabilire l’ urbanistica di una città senza che nessuno sindaco o amministrazione comunale possa obbiettare;
karim rashid
massimiliano fuksas
zaha hadid
Philippe Starck
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qui si parla di menti eccelse che entrano in casa tua per stravolgerla a loro insindacabile gusto; si tratta di persone con una tale sensibilità, da permettersi il lusso di neanche stare a sentirti: d’ altra parte sono portatori di verità assolute.Trattasi di esseri superdotati da avere delle caratteristiche molto evidenti: taluni vestono in maniera del tutto fuori dal tempo, altri li trovi a mettere dischi su improbabili consolle di locali notturni; altri si aggirano baldanzosi nelle fiere internazionali come a un defilè di alta moda; tutti però accumunati dal medesimo terrore: la pratica edilizia. Tutti così fortemente artisti da ritenersi fuori controllo e per questo quasi immortali. Ragazzi! giovani leve dell’ architettura!… “qui si fa la storia” questo è il motto degli Archistar….molti di questi esseri superiori non sa neanche avvitare una vite in un legno massello, ma con la matita in mano crea disegni astratti che qualche ingegnere deve decodificare e mettere in pratica. C’è chi disegna nuvole sui vetri delle macchine, chi veste in rosa , chi gioca con la propria sessualità, chi non si mette in dubbio ed è disposto a negare l’ evidenza; d’ altra parte per un ingegnere 2 più 2 fa 4 per un architetto potrebbe fare 5 per un archistar il risultato non è neanche un conto matematico. C’è chi veste in nero, perché fa figo, ma in realtà è solo un alibi per nascondere lo sporco; chi si crea un personaggio per poter essere creativo; c’è addirittura chi si ribattezza supereroe…Ma poniamoci una domanda: chi permette loro di diventare Archistar affermati; chi da loro questa smisurato potere?…come direbbe lo zio di spiderman : “un grande potere ha grandi responsabilità”…chi da loro questo potere, ma concede anche loro il pregio di non esserne responsaili? questi esseri superiori hanno uno stuolo di manovalanza giovanile favorita da un organizzazione creata ad hoc, l’ università, da cui trafugare in maniera sistematica le idee più fresche. Non è una loro colpa, è l’ andamento naturale della vita…sfrutto il tuo fervido entusiasmo perché dovendo fare l’ archistar non posso più permettermi il lusso di creare niente, sono troppo preso dalle pubbliche relazioni; i lavori migliori si prendono agli aperativi o a un tavolo per cena.Morale della favola, un giovane talentuoso che si appresta a solcare le porte di uno studio di un archistar, deve più stare attento ai movimenti del suo tutor piuttosto che ai suoi disegni. Essere archistar non è facile e richiede un’ applicazione costante che ti assorbe per tutta la giornata. Io da un po’ ho conseguito questo titolo; a volte mi chiedo se la mia vita fosse meglio quando ero un povero brodo Star, ma sono solo attimi fuggenti…preferisco essere un Archistar.
architetto Luca Bolognese
designer Silvia Scuffi Abati
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Le vere sabbie storiche In antichità i grandi architetti prestavano estrema attenzione nella scelta delle sabbie: non erano importanti solo l’origine e la granulometria; gli inerti venivano esaminati infatti anche dal punto di vista qualitativo e della purezza: “ la sabbia migliore è quella di cava o di fiume e la più adatta è quella che, posta su telo bianco e poi gettata via o battuta, non lo sporca né lascia residui terrosi” ( Vitruvio, De architectura). Ancora oggi nell’ambito delle malte da costruzione le sabbie ricoprono un ruolo importantissimo nella buona riuscita di un premiscelato, sicuramente superiore a quello del legante, ma spesso il loro valore viene sottovalutato. Se infatti viene rivolta molta cura nella scelta dei leganti, la stessa non viene usata per la selezione degli inerti; col risultato che si eseguano malte o addirittura rifacimenti storici che snaturano completamente il restauro. Per facilità di reperimento e per economizzare i costi oggi la maggior parte dei produttori di premiscelati utilizzano sabbie di carbonato di calcio ( material economici e moderni) o sabbie provenienti da cave vicine agli stabilimenti, ma che spesso non possiedono le caratteristiche chimico-fisiche adeguate che gli aggregati per malte devono avare. L’utilizzo di queste sabbie oltre a precludere la qualità dell’intonaco impoveriscono gli interventi di restauro in quanto un elemento importante come l’intonaco verrebbe realizzato con un materiale inadeguato e non conferme al momento storico dell’edificio ( le sabbie derivanti dalla roccia calcarea sono tipiche dell’edilizia moderna nata dai produttori di premiscelati a partire dagli anni ‘70), perciò è importantissimo assicurarsi che anche gli inerti non siano solo di qualità, ma soprattutto compatibili a tipo di restauro o di intervento che si deve realizzare. La nostra azienda ha deciso di puntare su una scrupolosa selezione delle materie prime storiche per garantire ai propri prodotti originalità, qualità e durata nel tempo; gli inerti utilizzati per tutti i nostri prodotti sono infatti il risultato di approfonditi studi e ricerche sulle sabbie utilizzate in antichità per la realizzazione di intonaci e malte. Praticamente indistruttibili dal degrado e dal tempo, le Bio sabbie storiche grazie alle loro caratteristiche chimico-fisiche sono adatte per costruzioni di qualità e restauri storici pregiati.
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sabbie di origine alluvionale
Da sempre le sabbie utilizzate per le malte da costruzione possono essere di cava o di fiume, gli inerti da noi utilizzati sono miscele di queste sabbie naturali di origine alluvionale compatibili fra loro e con le calci idrauliche naturali. Le sabbie tonde e non macinate ( come quelle utilizzate in antichità) oltre al fattore estetico, hanno la proprietà di essere facili da lavorare e soprattutto impermeabili, non assorbendo umidità diventano inattaccabili da muffe funghi o degrado.
giuste proporzioni granulometriche
Le sabbie devono avere curve granulometriche appropriate già in natura, vibrovagli o programmi tecnologici possono infatti solo mantenere le proporzioni costanti, ma non possono correggere eventuali difetti granulometrici. Le nostre sabbie vengono premiscelate allo staro umido proprio per avere costanti e giuste proporzioni per tutto l’arco dell’intervallo granulometrico.
eliminazione del limo argilloso
Come già evidenziato da Vitruvio l’importanza di avere sabbie pure esenti da limo argilloso e impurità è fondamentale perché il legante aderisca perfettamente all’inerte; inoltre una quantità incontrollata di parti finissime può precludere la resistenza della malta e provocare cavillature. Per depolverizzare le sabbie i nostri impianti sono dotati di un sistema di filtri innovativi studiati su misura per questa funzione, ed il limo, viene sostituito nella malta con inerti micronizzati, selezionati e dosati tecnologicamente.
esenti da sali
Altro fattore molto importante per la durata nel tempo di una malta è avere inerti esenti da sali; le bio sabbie storiche rese tonde dall’erosione millenaria dell’acqua, sono prive di sali solubili ( come prevede la normativa EN 13139- aggregati per malta).
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evento ballerino Privè della discoteca TENAX di Firenze allestimento AIR FLIGHT ONE a cura di STUDIO DI ARCHITETTURA G@UT di arch. LUCA BOLOGNESE e SILVIA SCUFFI ABATI
EVENTO BALLERINO progetto a cura di studio di architettura G@UT
EVENTO BALLERINO progetto a cura di studio di architettura G@UT
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A Firenze nella nota discoteca fiorentina “Tenax” in occasione della serata “One, uno che fa la differenza”, lo studio di architettura G@UT, dell’arch. Luca Bolognese e Silvia Scuffi Abati, allestisce un area del piano superiore immaginandola come l’interno di un aereo. Quest’area, destinata al privè, è accessibile solo da chi ha prenotato i tavoli per la cena. Lo spazio in origine caratterizzato solo da gruppi di sedute e pouff vari, viene riconnotato con gigantografie alle pareti raffiguranti l’interno di un aereo: una lunga parete di diciotto metri ripropone il lato con gli oblò alternato da tende colore fuxia; ai suoi estremi una gigantografia raffigura la cabina di pilotaggio con la strumentazione di guida e sul lato opposto un’altra gigantografia con l’immagine delle sedute dell’aereo. Faretti led in colore azzurro bagnano la lunga parete creando un effetto scenico suggestivo; mentre il bar è stato caratterizzato dal colore fuxia del banco. L’area privèe è posta sul ballatoio che si affaccia nella pista da ballo; sulla ringhiera di questo ballatoio è stata posizionata una grafica che riprendendo i toni del fuxia, colore dominante scelto per l’allestimento, ricorda l’esterno della carlinga, un’ala aggettante sulla sala da ballo, completa di motore, crea una scenografica suggestione a chi ci sta ballando sotto. Un allestimento che con un accorgimento scenico, affida alla grafica la riqualificazione dell’ambiente. Uno spazio accogliente che stupisce l’utilizzatore della discoteca e lo fa sentire in un locale fashion pur essendo in una grande sala da ballo. E’ una tendenza che vede in questo genere di spazi la necessità di dare alla propria utenza un plus valore di esclusività: chi va nel privèe vuole respirare l’atmosfera dell’esclusività pur godendo della danza e dei ritmi sincopati..
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EVENTO BALLERINO progetto a cura di studio di architettura e comunicazione G@UT privè della discoteca TENAX di Firenze allestimento AIR FLIGHT ONE luogo Tenax-Firenze data aprile 2009
hanno contribuito alla realizzazione dell’evento ballerino: STUDIO DI ARCHITETTURA G@UT via giotto1 50019 sesto fiorentino fi t.+f. +39 055 440881 info@gaut.it www.gaut.it
EVENTO BALLERINO progetto a cura di studio di architettura G@UT
EVENTO BALLERINO progetto a cura di studio di architettura G@UT
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