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Giornale di Informazione per l’Edilizia e le Nuove Tecnologie periodico trimestrale numero 4 • anno 5• novembre 2011 registrazione al tribunale di arezzo n° 10/07rs del 26 aprile 2007
CLOUD AIRLINE IPER³ NELL’IPERSPAZIO IL FOTOVOLTAICO DI HIGH FACING UN’IMPRESA CHE GUARDA AL FUTURO TURBINE EOLICHE LE NUOVE CROCI
CASA SENSORIALE LA DOMUS ROMANA E LA DOMUS SOSTENIBILE DISCOG@UT PANNELLI PREFABBRICATI IN CALCESTRUZZO ARMATO CON RETE IN FIBRA DI CARBONIO ACCESSIBILITA’ COLORATA
Journal Edilizia Technologies
JEET
JEET s
periodico trimestrale numero 4 - anno 5 novembre 2011 registrazione al tribunale di arezzo n. 10/07rs del 26 aprile 2007
Eccoci a un’altra edizione di Jet Set, nonostante le difficoltà contingenti del momento storico: borse che crollano, spread che impazzano, “sono ancora qua…eh già“, come direbbe Vasco Rossi. Pervasi dallo stesso entusiasmo iniziale abbiamo redatto questo numero, tenendo fede ai nostri propositi di comunicazione: affrontare le diverse sfaccettature del progetto con un occhio di riguardo alle nuove tecnologie. Con il passare del tempo i contenuti hanno preso in considerazione altri aspetti della progettazione; un obiettivo voluto da tutta la redazione che crede fortemente nelle contaminazioni. E questo sarà il futuro di questa piccola testata che sopravvive per la forza di volontà di un gruppo di progettisti che amano il loro lavoro e che non vogliono sottostare alle regole del mercato che richiede in continuazione verifiche numeriche, bilanci ormai destinati a mutare direzione alla velocità di un battito di ciglio. Continueremo su questa linea editoriale allargando le nostre visioni alle diverse sfaccetature della progettazione fiduciosi in un 2012 più ricco di contenuti e meno ricco di grafici borsistici.
direzione e redazione
studio di architettura e comunicazione g@ut via giotto 1 50019 sesto fiorentino fi t+f +39 055 440881 info@gaut.it
e d i t o r i a l e
direttore responsabile
luca bolognese
arch. luca bolognese direttore responsabile
info@gaut.it
direttore di redazione
s om m ario
silvia scuffi abati silvia@gaut.it
comitato redazione cristina lombardi sara sechi
tre
CLOUD AIRLINE di Luca Bolognese
amministrazione e pubblicità
tecnopromo srl
via dante 43 52025 montevarchi ar t. 055 980801 - f. 055 9102728WWwww.tecnopromo. com info@tecnopromo.com
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IPER ³ NELL’ IPERSPAZIO di Silvia Scuffi Abati
responsabile
luciano dotti
info@tecnopromo.it
art direction e progetto grafico
studio di architettura e comunicazione g@ut © 2011
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IL FOTOVOLTAICO DI HIGH FACING
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TURBINE EOLICHE: LE NUOVE CROCI
progetto editoriale
studio di architettura e comunicazione g@ut © 2011
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di Ing. Daniela Clerici e Ing. Carlo Schiatti
di Luca Bolognese
LA CASA SENSORIALE di Silvia Scuffi Abati
stampa il bandino tipografia via a. meucci 1 50012 bagno a ripoli fi t. +39 055 641503 - f. +39 055 6466384 info@ilbandino.it
in copertina EVENTO AEREO discoteca TENAX di Firenze a cura di studio di architettura G@UT foto G@UT Tutti i diritti sono riservati. E’ vietata la riproduzione anche parziale. La direzione non assume responsabilità per le opinioni espresse dagli autori dei testi redazionali e pubblicitari. Manoscritti, foto e/o disegni, quando non richiesto, non verranno restituiti.
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diciotto venti trentacinque
DISCOG@UT
di Cristina Lombardi
PANNELLI PREFABBRICATI IN CALCESTRUZZO ARMATO CON RETE IN FIBRA DI CARBONIO
ACCESSIBILITA’ COLORATA di Silvia Scuffi Abati
CLOUD AIRLINE di Luca Bolognese Volo 447bx della Cloud Airline: Partenza tra cinque minuti. Nell’aereo tutti i passeggeri hanno preso posto; cintura allacciata; bagagli nel vano, hostess e stewart pronti ad eseguire le mansioni di routine. L’aereo decolla e il volo inizia il suo viaggio; è un viaggio lungo che porta molti turisti a mete di vacanze calde e assolate. Tutto fila liscio, come sempre, metà dei passeggeri dorme finchè dopo cinque ore viene annunciato dal pilota la prima sosta su Nuvola 230. E già un po’ di anni che una legge internazionale stabilisce che ogni cinque ore di volo è necessaria una sosta tecnica di circa mezz’ora; e la tecnologia lo permette. L’aereo si appresta a solidificare grazie ai nuovi supporti della tecnica messa a disposizione della scienza aerea, la nuvola davanti a lui. Inserisce il raggio laser e a pochi chilometri dalla nuvola la solidifica in pochi secondi, sgancia il carrello e vi atterra. Atterraggio perfetto, l’equipaggio e i passeggeri si concedono così la mezz’ora di riposo per sgranchirsi le gambe e respirare quella fine arietta che caratterizza quell’ altitudine sopra le nuvole. Passeggiare su una nuvola solidificata è
un
piacere
solidificata
ha
indescrivibile. consistenza
La
superficie
materica,
ma
continua a galleggiare nell’aria, un impalpabile aurea bianca
continua ad avvolgerla. Le
persone scendono dall’aereo e passeggiano, rilassandosi: c’è chi fa viaggi solo per fare queste soste; c’è chi le ha ribattezzate i beauty center dell’alta quota e sono molte le agenzie che le propongono come pacchetti turistici. Mezz’ora di camminata sulla nuvola equivalgono a dieci sedute . C’è chi si sdraia per sparire tra le nebbie della nuvola, una sirena avverte che che l’aereo è pronto a ripartire. E’ importante non lasciare niente, è vietato perciò mangiare prodotti di qualunque genere, in questa rilassante mezz’ora chiunque decida di rilassarsi sulla nuvola, non deve avere con sé nessun accessorio, che potrebbe eventualmente dimenticare. Una volta riporatata la nuvola allo stato vaporeo, gli oggetti dimenticati cadrebbero sulla terra provocando inquinamento ed eventuali danni agli ignari umani che passeggiano sotto. Il solidificatore di nuvole applicato agli aerei era frutto dello studio di un gruppo di cervelli italiani, che lo avevano ritenuto necessario alla sicurezza deli vettori aerei; questi in caso di avaria del motore avrebbero potuto solidificare una nuvola sottostante e attendere con pazienza l’arrivo dei meccanici per risovere l’eventuale problema. I passeggeri di questo viaggio appartengono tutti a un gruppo che ha avuto la buona sorte di vincere questo gradevole pacchetto in una serata in discoteca. Per questo motivo, l’intero aereo è composto da giovani desiderosi di divertirsi, che con l’occasione familiarizzano fra di loro. La mezz’ora su Nuvola 230 diventa una sorta di party a cielo aperto -definizione migliore nn esiste- e dall’aereo un sistema di amplificazione manda musica techno. I ragazzi si divertono e si rilassano immersi in quell’aurea speciale. Uno vero sballo che non è quelllo artificiale pericoloso che circola nelle discoteca della terra ferma, qui siamo sulle nuvole e non c’è bisogno di surrogati. Qui si vola davvero….. e oggi i ragazzi sono fortunati: i lampi sottostanti creano effetti luminosi più entusiasmanti di mille stroboscopiche e i tuoni roboanti arricchiscono il suono della musica….qui si vola davvero……..
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Iper³ nell’ iperspazio di Silvia Scuffi Abati
Cosa è un ipercubo? Un concetto matematico, un concetto filosofico o una immaginazione della mente. Partiamo dall’ analisi di questi tre aspetti e cerchiamo di evincerne una spiegazione razionale. Approfondiamo il concetto matematico di punto, segmento, quadrato e cubo. Il punto, secondo la classica definizione di Euclide “non ha parti”, è una figura a zero dimensioni. Secondo la definizione del prof. Franco Ghione: “Lo Zero-Cubo è un punto: è un oggetto geometrico piuttosto povero, è impossibile disegnarlo perché è talmente piccolo da non potersi vedere, non ha dimensione. È un segno come diceva Euclide. Tuttavia possiamo rappresentarcelo rozzamente, possiamo intuire il suo essere disegnando un piccolo dischetto”. Se muoviamo questo punto lungo una retta si genera un segmento. Il segmento ha una lunghezza, in altre parole è una figura unidimensionale. Sempre secondo la definizione del prof. Franco Ghione. “l’ Uno-Cubo è un segmento chiuso ai suoi estremi: è un oggetto dritto, che giace ugualmente rispetto ai suoi punti, come diceva Euclide, ma talmente sottile da non potersi vedere, è pura lunghezza, ha una sola dimensione. Un modo approssimato per intuire il suo essere è quello di disegnare un filo teso o di pensare a un lontanissimo aereo, talmente lontano da sembrare uno Zero-Cubo che lascia, per un po’ di tempo, una sottilissima scia tra le nuvole. Non c’è molto da dire sull’Uno-Cubo se non il fatto che i suoi estremi sono due, anzi sono due Zeri-Cubi. Iniziamo a Spostare il segmento lungo una direzione perpendicolare a se stesso, si genera così un quadrato. Il quadrato è bidimensionale essendo dotato di larghezza e lunghezza. “Il Due-Cubo è un quadrato: è un oggetto piatto, che giace ugualmente rispetto alle sue rette come diceva Euclide, senza spessore. Per questo anche il DueCubo è un oggetto astratto, che non può vedersi. Ha solo due dimensioni: una larghezza e una lunghezza. Per chi si accontenta di una immagine approssimata si può disegnare un quadrato e avere un’idea della natura del Due-Cubo. Le sue parti estreme hanno un certo interese: ci sono quattro lati che sono Uno-Cubi e anche quattro vertici che sono Zero-Cubi.” Il passo successivo complica la situazione ma è di facile intuizione: il quadrato trasla lungo una direzione perpendicolare al piano che lo contiene; descrive così un cubo: un oggetto cha tre dimensioni. “Il Tre-Cubo è l’unico oggetto che possiamo “realmente” vedere, maneggiare realizzare nel nostro “spazio fisico”. Per questo il Tre-Cubo si merita anche altri nomi più famigliari come Cubo o Dado. Ognuno di noi ha giocato con questi Tre-Cubi e ha avuto a che fare con le sue 6 facce, 6 Due-Cubi che lo contornano. Agli estremi abbiamo anche 12 Uno-Cubi (gli spigoli) e 8
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figura 1
figura 2
Zero-Cubi (i vertici). La struttura del Dado è talmente familiare che non vale la pena di aggiungere altro”. Come abbiamo notato per generare le varie figure è stato necessario spostarsi ogni volta in una nuova direzione, perpendicolare a tutte le precedenti. Il passo che dobbiamo affrontare richiede uno sforzo mentale superiore, visto che non esisterebbe una quarta direzione perpendicolare ai tre spigoli del cubo. I matematici fin dal 1800 hanno però iniziato a ragionare in maniera diversa; osservando il concetto da un altro punto di vista ovvero accettando di studiare una geometria che non sia necessariamente una descrizione del mondo che ci circonda; partendo da questo presupposto niente può impedire di ritenere esistente la quarta dimensione e oltre.. Da qui in poi si lavora di immaginazione: quattro, cinque o quante vogliamo direzioni, ciascuna perpendicolare a tutte le altre. In questo spazio si può costruire una figura quadridimensionale traslando il cubo in una direzione che il nostro cervello tridimensionale non riesce a visualizzare. Si può generare un altro oggetto in cinque dimensioni e così via all’infinito. Queste figure si chiamano ipercubi n-dimensionali. Molto spesso con il termine ipercubo si designa il solo ipercubo quadridimensionale, il quale è chiamato anche tesseratto dalle parole greche che significano quattro raggi. Il tesseratto è quindi una figura che sta al cubo come il cubo sta al quadrato. “Il Quattro-Cubo che alcuni chiamano Ipercubo vive nello spazio a 4 dimensioni. È ora che il rigoroso ha la meglio con le sue coordinate. Oltre a questo può facilmente calcolare le parti estreme di questo interessantissimo oggetto: ci sono 8 Cubi, 24 Quadrati, 32 Spigoli, e 16 Vertici. Ma il trionfo del rigoroso è che egli si può anche azzardare a considerare il Cinque-Cubo e poi il SeiCubo e andare avanti chi sa fino dove. Noi restiamo un poco sbigottiti. Qualcuno, qualche fantasioso scultore, tenta di realizzare l’ipercubo nello “spazio fisico” a tre dimensioni e prova a fare come si fa col cubo quando lo si vuole rappresentare in un piano. Realizza due cubi: uno grande in “primo spazio” trasparente dentro il quale ne mette un secondo più piccolo e lo immagina fuori, in un “secondo spazio” poi collega i due cubi con altri 6 cubi che nella rappresentazione tridimensionale sono diventati un
figura 3-4
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poco trapezoidali ma che egli continua a immaginare come fossero cubi” . Questo è quanto rappresentato in figura 1; la naturale estensioni di questi ragionamenti sono figure geometriche come rappresentate in fig. 2 e fig. 3-4. Fin qui abbiamo provato ad analizzare l’ iperspazio e le sue figure geometriche partendo dalla matematica; proviamo adesso da un punto di vista filosofico. Può esistere un ipercubo nella realtà? Sarebbe utile innanzitutto avere chiaro cosa si intenda per “esistenza” e da quello che crediamo di sapere sulla forma della nostra realtà. Già da queste prime considerazioni possiamo senza ombra di dubbio ritenere quanto la matematica sia in correlazione con la filosofia: L’ipercubo è solo il pretesto per una discussione più ampia che riguarda la vita stessa così come da noi percepita. Noi non riusciamo a percepire l’ ipercubo visivamente; è il limite oggettivo di questa figura geometrica, perchè la nostra vista recepisce solo la terza dimensione. Sono comunque in molti gli studiosi delle tematiche dell’iperdimensionalità che provano a darle una forma, per farle percepire a chi non ci arriva tramite il calcolo matematico. Per questo motivo l’ipercubo rappresenta il nostro modo di vedere le cose aldilà dell’ aspetto tridimensionale; vedere oltre l’ apparenza, vedere oltre le barriere comportamentali che influenzano la nostra quotidianità condizionata da stereoipi sociali. I matematici che intraprendano lo studio dell’ ipercubo sostenzialmente vedono oltre le nozioni acquisite, sono dei pionoeri di nuovi mondi, visionary di nuove realtà. La ferrea logica matematica impone loro di dare un significato scentifico a un concetto filosofico. L’ipercubo come emblema del pensiero creativo che non ha limiti alla propria spazialità. Una spazialità che non è più limitata da dimensioni ma si alimenta di pensiero libero. La matematica è forma liberatoria di pensiero. L’ipercubo, in alcuni casi, diventa anche simbologia religiosa: nella Crucifixion Corpus Hypercubus di Salvador Dalì la croce è sostituita da uno strano solido formato da otto cubi; sottotitolo dell’opera è infatti «Corpus Hypercubicus ». Se si riuscisse a “piegare” la struttura in una quarta dimensione, perpendicolare alle tre dello spazio ordinario, e ad unire i cubi lungo facce quadrate, potremmo ottenere effettivamente un “ipercubo” a quattro dimensioni, esattamente come è possibile incollare una croce piatta formata da sei quadrati di cartone in modo da ottenere una scatola cubica tridimensionale. In questo modo, con il ricorso alla quarta dimensione, il surrealista Dalì riesce a comunicare efficacemente il messaggio secondo cui il Cristo morto vive ormai in un’altra dimensione, e la stessa morte di Gesù non è la semplice fine dell’attività biologica, bensì il culmine di un piano sovrannaturale voluto da Dio per la redenzione dell’umanità. Lo scultore Attilio Pierelli, anconetano, è uno di questi e come appassionato di matematica dà forma alle figure geometriche
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figura 5. Salvador Dalì, Crucifixion Corpus Hypercubus
dell’iperspazio. Dopo aver premesso l’aspetto matematico filosofico ci premeva sottolineare quanto questo argomento abbia incuriosito artisti di varia natura ( vedi scultori e pittori di cui sopra) ma anche scrittori. Il contatto diretto con un cubo quadridimensionale è un’idea così affascinante da ispirane diversi. Robert Heinlein ha scritto per esempio, un racconto in cui si parla di una casa costruita a forma dello sviluppo di un ipercubo. Dopo un violento terremoto la casa si ripiega su se stessa lasciando agli attoniti protagonisti la visione del solo piano inferiore: l’unica iperfaccia che è rimasta immersa nel nostro spazio. Entrati all’interno, i personaggi sperimenteranno tutte le vertigini spazio-temporali. Il racconto più complesso sull’argomento è senz’altro quello di Edwin A. Abbott intitolato Fatlandia. Il racconto è diviso in due parti: nella prima
parte il narratore descrive brevemente il mondo di Flatlandia. Questo è un mondo bidimensionale (flat in inglese significa piatto) e gli abitanti di questo mondo sono delle figure geometriche che si muovono su un piano che per loro è l’universo. Il narratore è uno degli abitanti e nella fattispecie è un quadrato. Nella seconda parte del racconto il quadrato racconta il suo incontro con una sfera proveniente da Spacelandia (il mondo a tre dimensioni) che lo illumina sulla presenza della terza dimensione. Tralasciamo l’ analisi di questo racconto che in realtà è anche una satira nei confronti della società dell’ autore, ma analizziamolo dal punto di vista matematico. Il protagonista non si ferma ad un mondo a tre dimensioni, e riprendendo gli allora recenti lavori di Riemann, teorizza mondi a più dimensioni che aspettano solo di essere scoperti con gli occhi della mente. Questa parte del racconto acquista connotazioni inaspettate dopo la scoperta della relatività da parte di Einstein e rappresenta uno dei passaggi più divertenti del racconto. Infatti pur avendo la sfera iniziato il quadrato al mondo delle tre dimensioni quando il quadrato congettura la presenza di mondi con quattro, cinque, sei, ecc dimensioni la sfera lo zittisce affermando che il modo ha solo tre dimensioni e non ne può avere più di tre. Quindi il maestro si dimostra più miope dell’allievo e non riesce ad elevare la sua mente oltre i suoi sensi. Anche in questo caso il concetto di iperdimensione serve per comunicare l’idea di un pensiero libero privo di schemi; vedere oltre le proprie barriere psicologiche e mentali L’iperdimensionalità come manifesto ideologico creativo. Lo studio d’architettura G@ut, abituato a muoversi in territori progettuali di confine, coglie il messaggio comunicativo dell’ipercubo: oggetto rappresentativo del “modus comunicandi” di questo millennio. L’ipercubo per le sue intrinseche valenze,matematiche, filosofiche, immaginifiche, affascina perchè permette di studiare prospettive progettuali diversificate; di reinterpretare la realtà da angolazioni mutate, creative e sfuggenti; di analizzare le forme cercandone l’origine e le possibili sinergie spaziali. L’oggetto ipercubo che andremo a realizzare, nasce da un processo scientifico, logico, e matematico, ma si alimenta anche di pensiero filosofico , e sconfina nell’ “io” immaginario: un processo molto simile a quello della creazione divina. Evitando di comunque di inoltrarsi in zone pericolose, ci basti solo pensare che l’ ipercubo rappresenta una sorta di porta
Iper³ progetto di studio di architettura G@ut
Iper³ progetto di studio di architettura G@ut temporale da penetrare; l’ultima frontiera di un viaggiatore mentale, di un viaggiatore a cui piace pensare una sua realtà e immaginarla diversa proprio perchè sua. Era importante fare questa logorroica prefazione, per dimostrare scentificamente l’idea da cui è scaturito il nostro progetto. Lo studio G@ut propone a KeraKoll una geometria e Kerakoll si fa portavoce di questa. Preferiamo pensare a una geometria solida piuttosto che a una scultura vera e propria. Una geometria che rappresenta la sintesi di un concetto più ampio, che serve a
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comunicare progettualità creativa. Proprio perchè non è una scultura ma si nutre di geometria, non riteniamo che sia frutto dell’ “iper-io” artistico di uno studio d’architettura, ma la volontà di un gruppo di professionisti che vogliono supportare le proprie visioni, in maniera scientifica. La rappresentazione pratica sarà un ipercubo come raffigurato in fig. 1; un calcolo matematico messo in opera, l espressione di un idea filosofica, ma soprattutto la forza creativa di un prodotto. Ogni faccia dell’ ipercubo sarà resinata, ogni faccia del dado sarà connotata da cromatismi selezionati dallo studio. Rappresenterà la porta di ingresso a uno spazio temporale immaginario dove tutto può accadere, un segnale forte per un azienda che trasforma la realtà con il proprio prodotto e le sue varie applicazioni; un azienda che cambia il sentire osmotico della città in sogni sovrareali, fatti di colori e superfici da acccarezzare. Con questo ipercubo perso nel iperspazio, Kerakoll comunicherà quanto questa azienda intenda oltrepassare gli schemi precostituiti, quanto sia interessata al futuro sia qualitativamente nell’ambito della ricerca materica, sia anche filosoficamente protesa a nuove opportunità mentali. KeraKoll aiuta l’utente ignaro a varcare, passando per il vuoto temporale del cubo interno alla nostra figura geometrica , lo spazio chiuso della propria tridimensionalità per prospettargli nuove soluzioni dimensionali e nuove suggestioni creative.Lo studio d’architettura e comunicazione G@ut, curatore di questo progetto oltre che seguire la progettazione del blocco/ipercubo, si occuperà anche della scelta delle finiture in resina. Lo studio G@ut curerà anche l’aspetto più sovrareale: ogni faccia del cubo/dado abbinerà delle storie ideate in relazione ai decori presenti sulle single facce. Lo studio G@ ut non è nuovo a questi esperimenti che abbinano progettualità architettonica a sovrarealismo letterario. Un binomio che permette al processo creativo di alimentarsi analizzando il tema da posizioni diverse, politicamente scorrette, per usare un termine in voga. La KeraKoll attraverso uno studio d’architettura contemporaneo, presenterà un idea forte per promuovere un azienda che sta puntando sul dinamismo, e su chi questo dinamismo lo sente sulla pelle come noi.
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Iper³ progetto di studio di architettura G@ut
Iper³ progetto di studio di architettura G@ut
UN PICCOLO CUBO SMARRITO di Luca Bolognese Un piccolo cubo si allontonò dalla fila dei cubi, si perse in un luogo diverso dal solito, un luogo che non aveva mai visto. Gli ci volle un po’ per capire di essere capitato in un iperspazio, uno spazio di un altra dimensione, di cui parlavano a volte i cubi più vecchi di lui, ma che solo in pochi potevano vantare di aver visitato, e di cui nessuno sapeva un bel niente anche perchè nessuno era mai ritornato da quel posto. Dato che il nostro cubo era un giovane iperattivo si eccitò molto all’ idea di essere in uno spazio “iper” e iniziò a saltare rimbalzando ovunque, disegnando traiettorie nello spazio dalle forme del paraboloide e dell’ iperboloide. Era vero, allora, quello che si diceva: la composizione tridimensionale della sua natura di cubo in questa iperdimensione si scomponeva in segmenti, vertici e cubi, assumendo posizioni diverse che nessuno poteva vedere, ma che solo lui poteva avvertire sulle sue superfici; una percezione del piacere nuova; sensazioni, che un cubetto come lui, non sapeva neanche descrivere. L’ iperspazio era formato da tutte quelle infinite molteplici direzioni; dovunque uno pensasse di spostarsi, era già in un altro posto; troppo “figo”……..anzi “iperfigo” . L’ iperattività della sua natura di cubo irrequieto gli premise di viaggiare in altri mondi; gli permise di aprire la mente ma soprattutto iniziò a smettere di pensare che era stato un cubo; eseguì un ablazione mentale del suo passato. Non era stato facile, ma alla fine riuscì a realizzare di essere diventato un ipercubo e come tale volle rimanere, immerso in quell’ infinito,irresistibile, affascinante spazio dimensionale per l’ eternità. La vita in questa nuova forma geometrica era assai diversa da quella precedente, da cubo; addirittura un abisso intercorreva tra questa sua nuova natura “iper” e quella originaria di quadrato, figura semplice da cui tutti i cubi provenivano: nascere bidimensionali,per quanto faccia parte della legge universale geometrica, è una vera e propria maledizione. Vivere nella bidemnsionalità era un destino crudele, come vedere tutto in bianco e nero. Tutti quei quadrati così terribilmente piatti, senza un briciolo di fantasia, senza alcun quizzo di passione, così allineati al sistema pagina, così lineari nelle loro espressioni. Purtroppo nessuno poteva sottrarsi a questo destino era la natura geometrica che lo imponeva; un calcolo matematico divino a cui nessuna figura avrebbe mai potuto dare una risposta. Tutti nascevano come punti, embrioni genetici che si generavano in un periodo gestionale prestabilito come linee, e aggregandosi con altre linee prendevano coscienza di se stessi e diventavano chi quadrati, chi cerchi, chi rombi…quest’ ultimi buoni anche da mangiare. Vivere per sempre nel bidimensionale o morire subito ? meglio questa ultima ipotesi. Molte figure tridimensionali rimanevano in questa dimensione per sempre……un delirio di sofferenza. Solo alcuni e il nostro cubo era tra questi, grazie alla sua iperattività, nonstante la natura iniziale di quadrato, aveva coltivato qualche amicizia importante nella tridimensionalità e per questo si era fatto amici influenti, che lo avevano , come dire, aiutato; era riuscito perciò a diventare un cubo; aspirazione a cui tutti ambivano ma solo in pochi ottenevano. Essere un ipercubo equivale a essere “arrivati”, ad avere realizzato le proprie geometriche ambizioni. Ma il destino…la matematica…, le proporzioni…erano forse il fattore dominante e se non c’erano queste condizioni difficilmente si poteva a ambire a uno stato sociale di così importanza: un aiutino comunque anche al destino doveva essere dato. Un ipercubo iperattivo, era destinato a un iperspazio iperdimensionale; nato per diventare un poerfetto ipercubo.
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Innovazione in terra d’Arezzo :
il fotovoltaico di High Facing, un’impresa che guarda al futuro
di Ing. Daniela Clerici e Ing. Carlo Schiatti
Quando si pensa ad Arezzo subito vengono in mente le verdi colline del casentino, i campi di girasoli, le vie del centro storico che profumano ancora di medioevo, insomma si pensa solitamente alla tradizione e al sapore di antico. Ma oggi Arezzo è anche modernità e innovazione, in particolare ricerca di fonti energetiche alternative da integrare sul territorio. Una su tutte, pulita e facilmente sfruttabile, è quella solare
ma, anche per essa, si deve tener conto di peculiarità ed esigenze particolari. La generazione di energia elettrica a partire dalla luce solare avviene tramite un impianto fotovoltaico per la realizzazione del quale ci si deve rivolgere ad una impresa specializzata in questo settore, e proprio questo è High Facing, azienda che sta vivendo una fase di intensa crescita. Nata nel 2007, con sede nel comune di Castel Focognano e nel capoluogo, vive un momento di intensa crescita ed è stata fortemente voluta dai suoi soci i quali vantano un’esperienza di oltre 30 anni nel campo ingegneristico ed in particolare della prefabbricazione: • •
Cogest S.p.A., Azienda che opera nel campo delle costruzioni civili e industriali, con esperienza nel settore dal 1970. Quasar S.n.c., Azienda che opera in vari settori dell”ingegneria, e specificamente nel campo della consulenza globale alla Prefabbricazione.
High Facing è una Società specializzata nella costruzione di impianti fotovoltaici sia integrati su qualsiasi tipo di copertura ( industriale, artigianale, commerciale e private), nuova ed esistente, sia posizionati a terra. Da subito non si è limitata alla sola progettazione e rivendita di impianti fotovoltaici, ma si è spinta anche all’origine producendo direttamente presso i propri stabilimenti varie tipologie di pannelli fotovoltaici, tra cui rivestono un ruolo significativo quelli innovativi con moduli UNI-SOLAR® realizzati su misura e certificati a norma IEC61646.
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A completamento di questo quadro di presentazione va poi ricordato che, nel settembre 2011, al fine di migliorare sempre più l’offerta ai sui Clienti, High Facing è entrata a fare parte di una innovativa struttura denominata Rete d’ Impresa (forma di collaborazione tra imprese sancita giuridicamente dall’articolo 3, co.4-ter, del D.L. n. 5/092, come riscritto dall’art.42, co.2-bis, del D.L. n.78/103 che individua una collaborazione finalizzata alla condivisione del lavoro nei più diversi contesti, dalla tutela dei rapporti con i fornitori e committenti, ai profili della proprietà industriale, fino a sfiorare i rapporti con la concorrenza e con il credito bancario) fondando Chimera Business Architect insieme a Suasum S.r.l. - società di consulenza attiva nell’ advisory, tax & legal e specializzata in operazioni di project financing. (www.suasum.it) - e a Cogest S.p.a. - azienda attiva nel settore delle costruzioni e delle prefabbricazioni industriali (www.cogest-italia.it) - . Questa nuova realtà può pertanto operare nei seguenti settori: • Engineering. • Advisory. • Tax & Legal. • Investor Relator. • Procurement. • EPC e O&M Contractor E’così che oggi High Facing può partire dall’idea imprenditoriale e portarla fino ad uno stadio di precantierabilità, per poi occuparsi della realizzazione e gestione del progetto attraverso la creazione di un network costituito da investitori, banche, EPC e O&M Contractor e infine occuparsi anche della produzione e vendita di energia elettrica da fonti rinnovabili attraverso partecipazioni dirette nei progetti sviluppati. In conclusione va sottolineato che High Facing non si è fermata alla sola ricerca ma sta investendo molte risorse anche a livello industriale per produrre pannelli fotovoltaici con prestazioni sempre più elevate ed a basso impatto ambientale, al fine di fornire ai propri Clienti ma in ultimo anche alla comunità un servizio sempre migliore e di maggiore utilità.
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LE TURBINE EOLICHE, LE NUOVE CROCI... di Luca Bolognese
Zeus racchiuse il vento in delle anfore e le dette in custodia ad Eolo a Lipari, nelle isole Eolie. Da quell momento in poi Eolo divenne il Dio dei venti. Perchè questo antefatto? Sicuramente per affrontare da un’altro punto di vista il tema dell’energia eolica. Immaginiamoci di dover raccomandare l’anima a qualcuno, più grande di noi, penseremo subito ad un dio. In questo periodo storico dove il vento è protagonista induscusso del nostro sistema energetico, chi meglio di Eolo potrebbe aiutarci? E’ per questo che lo studio G@UT, dell’arch. Luca Bolognese e Silvia Scuffi Abati, inerpicandosi in terreni forse un po’ pericolosi e d’avanguardia, prova a ripensare a questi nuovi segni come totem religiosi dedicati ad un dio pagano; le turbine eoliche segni ieratici del Dio Eolo; segni di spiritualità tra la natura e il nostro spirito, segni di mediazione tra la natura e il nostro vivere quotidiano. Sicuramente un percorso intellettuale ardito, ma la progettazione corre anche sulle ali della metafisica. Forse, tutte le polemiche sorte negli ultimi anni in relazione al devastante impatto estetico che questi totem provocano sul territorio si alimenterebbero di nuovi estenuanti dibattiti televisivi, destinati però in questo caso a soccombere davanti alle nostre paure ataviche. Forse ne potrebbe scaturire l’ennesimo dibattito tipo crocifisso sì o crocifisso no, turbina eolica si o turbina eolica no, ma in ogni caso saremmo al passo successivo, lasciandoci alle spalle il lacerante dubbio, se questi piloni infilati nella terra siano estetici o deturpino l’ambiente e le relative scampagnate dei gitanti domenicali. Noi riteniamo che lo skyline del territorio passi anche attraverso questi monolitici monumenti e ne consegue che il processo progettuale e soprattutto il progresso tecnologico contemporaneo non possa prescindere da questi elementi generatori di energia pulita e che non si debba avere paura delle conseguenze critiche di chi vi si oppone solo per partito preso; soprattutto se si paragona il tutto ad altre forme tecnologiche che se non deturpano esteticamente l’ambiente, lo avvelenano lentamente ed irrimediabilmente con conseguenze terribili anche su di noi poveri terricoli. Se ci immaginassimo, dunque, questi totem come segni religiosi costruiti per la salvaguardia delle nostre anime, riusciremmo per un attimo ad interagire anche con il territorio circostante. Ci sono luoghi nel mondo che con il loro potenziale naturale aiuterebbero il nostro sostentamento senza doverne lacerare l’ecosistema, anzi riusciremmo a creare uno sfruttamento osmotico con elementi totemici non solo funzionali ma anche e soprattutto esteticamente integrati nel luogo in cui verrebbero installati. Purtroppo qui si discute ancora se un tramonto debba avere lo stesso pathos di due millenni fa, senza tener conto che l’Uomo, per sua natura è deputato al modificare l’ambiente in cui abita. Da tempo, ormai, questa funzione dell’Uomo modificatore dell’ambiente in cui vive è equiparata ad una funzione distruttrice, ma riteniamo che con una progettazione coraggiosa e coscienziosa si possa riappropriarsi dello spazio vissuto come Habitat. E’ per
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questo che l’architetto deve affrontare la progettazione delle turbine eoliche con venerazione intellettuale nei confronti della natura e nei confronti dell’animo umano. Durante la Fiera Eolica che si è svolta a Roma lo studio d’architettura G@UT ha progettato lo spazio dell’azienda Eneco; al suo interno è stato presentata la turbina eolica SL-30 di potenza 3 kW di progettazione della ditta stessa. La Turbina SL (Sky Line) si muove nella direzione sopra enunciata; il suo design e le qualità derivanti, in gran parte dall’utilizzo di materiale composito in fibra di carbonio, hanno reso il prodotto tra i più ricercati, e tra I più compatibili nel rispetto delle valenze estetiche ma anche tecnologiche. Un’esempio di possibilità evolutive di un settore in crescita che vede i progettisti in prima linea nell’affrontare questo tema.
Preghiera a Eolo, dio del vento di Luca Bolognese
Soffia, oh vento, tra le strisce pedonali Soffia , oh vento, tra le corsie stradali Soffia , oh vento, sull’ asfalto Soffia , oh vento, sul cartello di stop
Soffia e smuovi lo spazio che attraverso Soffia e smuovi le molecole del mio corpo Soffia e smuovi lo smog della mia città Soffia e smuovi le foglie che calpesto
soffia , oh vento, tra i miei capelli mentre attraverso la strada soffia , oh vento, sulla mia autovettura mentre raggiungo il lavoro soffia , oh vento, sulla mia collega mentre la saluto soffia , oh vento, dalla finestra sopra i miei fogli sparsi
soffia e spingimi, nessun benzene nell’ aria solo tu, oh vento soffia e spingimi, nessun gas nell’ aria solo tu, oh vento soffia e spingimi, nessuna centrale vicino casa solo tu, oh vento soffia e spingimi, nessun buco dell’ozono solo tu, oh vento
oh vento, soffia, smuovi e spingi la girandola in mezzo alla rotatoria oh vento, soffia, smuovi e spingi il saldo appoggio della girandola oh vento, soffia, smuovi e spingi tra i giunti strutturali del pilone soffia, smuovi e spingi l’energia, energia pulita, energia dell’anima, energia del vento che soffia energia…. energia….energia…
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La Casa Sensoriale
DOMUS ROMANA E DOMUS SOSTENIBILE di Silvia Scuffi Abati
Sensorialità e design, il primo, un concetto per certi versi astratto o per lo meno molto soggettivo, il secondo, un concetto imprescindibile per la riuscita di un buon oggetto o per la progettazione del contenitore dell’oggetto stesso. Il progettista nell’affrontare un progetto, si avvicina allo studio di un prodotto istintivamente attratto da fattori e stimoli il più delle volte legati a slanci naturali, ma nell’analizzarlo per renderlo funzionale e fruibile in ogni sua parte, ne scompone tutti i suoi vincoli fino a creare un oggetto perfettamente fruibile e armonicamente composto. Progettazione è poesia, ma come ben sappiamo, anche in quest’arte ci sono parametri che ne regolano gli stilemi; la metrica poetica regola le composizioni di Virgilio, il design regola le composizioni materiche e l’ordine delle forme. Questa premessa per presentare la nostra interpretazione di “casa sensoriale”: una pianta quadrata, con giardino interno anche questo a pianta quadrata, palese richiamo all’ impluvium romano. Perché una citazione così aulica? Si prestava bene il richiamo della casa romana, in quanto esempio di corretta progettazione ecosostenibile; quello che facevano, e bene lo sapevano fare i nostri avi, sembra essere tornato di forte attualità in questo mondo contemporaneo affannato nella ricerca non solo di sfruttare al meglio gli spazi, ma di renderli autonomi e vivibili tenendo conto anche di fattori come il risparmio energetico, l’ecosostenibilità dei materiali costruttivi e delle energie rinnovabili per riscaldare ed elettrificare le varie parti dell’organismo “casa”. Sicuramente i romani non progettavano spinti dalla necessità di salvaguardare una terra contaminata, ma piuttosto costretti dalle necessità di sfruttarla in modo utile e sensato secondo le loro necessità. Certo è innegabile che il processo tecnologico abbia facilitato la nostra vita attuale, e probabilmente gli antichi romani, noti “gozzovigliatori” se avessero potuto si sarebbero catapultati nel nostro futuro, per apprendere le nostre tecnologie; ma adesso siamo noi che dobbiamo fare un balzo nel passato, per cercare di salvaguardare il nostro futuro. Nasce da questa analisi spazio-temporale, un po’ cyberspaziale, l’idea di guardare al passato, cercando di apprendere da esso, i sistemi costruttivi in grado di rispettare l’ambiente, ma dato che non siamo nostalgici e siamo nella stessa eguale misura dei romani, dei discendenti gozzovigliatori, riteniamo che la domotica, applicata alla ecosostenibilità sia una direzione obbligata da percorrere; integrare sistemi domotici a proposte ecosostenibili rappresenta una sfida importante e obbligata; nessun contemporaneo, se non qualche
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disagiato scollato dalla realtà, ha il desiderio di voler mettersi a fare il naturalista, rinunciando ai propri comfort. Forse il protagonista di “Into the wild” ma non noi, che siamo felicemente dipendenti dal computer, cellulari, elettrodomestici e quant’altro. Si ripensa perciò ad un’abitazione con forti caratteristiche naturali dotata di accorgimenti tecnologici contemporanei (fotovoltaico, tegole radianti, sistemi domotici di controllo intelligente) abbinati all’uso di materiali naturali (intonaci, infissi termici a bassa emissione, legni etc..). L’abitazione è un sistema che vive in osmosi con il proprietario, è l’involucro/ insieme che lo contiene; dove la domotica costituisce il trade union fra i vari elementi compositivi. Un sistema che contiene elementi a loro volta insiemi fino ad arrivare all’essere umano che rappresenta il dna stesso della casa. E’ un concetto importante che aiuta a capire nell’epoca della medicina staminale di quanto sia importante progettare rispettando l’ambiente circostanze. Una placenta che avvolge il proprietario. Per questo anche gli arredi che compongono la casa sensoriale, sono pensati in materiali ecosostenibili. Tutto va verso questa direzione: la scelta della cucina, gli arredi della zona soggiorno, la scelta materica per il bagno, la definizione cromatica delle camere. Ogni componente dell’ organismo casa è “ecocentrico” . Anche la scelta della musica, ma anche della grafica stessa è pensata per creare sintonia. con l’edificio e per estensione con il suo sovra insieme naturale composto da altri edifici e chiamato città. In questo spazio, che non è new-age, ne è feng shui, si inseriscono opere create da eco artisti, che sottolineano quanto l’arte sia importante. L’arte è il collegamento che travalica i nostri insiemi per collegarsi all’ insieme per eccellenza, quello che ci contiene tutti, l’ universo. Solo con l’arte possiamo aspirare di comunicare con il sovra sistema che tutto ha creato: Dio. Gli eco-artisti e gli eco-designers ci suggeriscono
con la loro sensibilità, che siamo ancora vivi e che la tecnologia non deve far paura, ma anzi deve essere condivisa con ogni elemento che ci circonda creando un unico organismo cellulare. Ecososteniibilità, tecnologia,design e arte equazione equivalente a struttura impiantistica, forma e legante.
Allestimento evento in occasione di Ecocentrica prima edizione del salone dell’ ecosotenibilità, tenutasi a La Spezia Progetto di allestimento Luca Bolognese, Silvia Scuffi Abati e Lucilla Del Santo Art Director di Ecocentrica Lucilla Del Santo Foto Luigi Elis Stakaj
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DISCOG@UT di Cristina Lombardi La discoteca è per i “meno giovani” il luogo di perdizione per eccellenza, il luogo che fa paura ai genitori apprensivi, il luogo dove fioriscono le peggiori opportunità per ragazzi facilmente raggirabili da menti perverse; i “meno giovani” si dimenticano forse che questo luogo era tale anche quando la frequentavano loro stessi. La discoteca invece per i “giovani” è il luogo del divertimento, il luogo dove potersi sfogare e dimenticare una vita che poi tante soddisfazioni non ne dà, il luogo dove al ritmo di un basso sempre più potente si può pensare di avere il mondo ai propri piedi senza che nessuno ti sottoponga a giudizi; chissà se in tarda età questi “giovani” ricorderanno cosa sia stata per loro la discoteca. Per me che non sono né tra i “meno giovani” né ahimè tra i “giovani”e per di più per me che sono architetto la discoteca non è sinonimo di pericolo né liberazione dagli stress della vita moderna, è solo un altro luogo da connotare spazialmente: un luogo che per le sue caratteristiche
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Allestimenti a tema per il Tenax di Firernze Progetti di arch. Luca Bolognese e Silvia Scuffi Abati Foto andrea minnella www.andreaminnella.it alimenta fantasie libere da concettualismi intellettuali. In questo luogo per il divertimento si può dare adito alla fantasia creativa. Ai giorni d’oggi anche la discoteca risente della crisi e occorrono sempre più accorgimenti per poter attrarre e sedurre gli utenti. Nonostante i “meno giovani” siano convinti che i “giovani” non siano responsabili e sufficientemente sensibili per percepire i piaceri della vita, in realtà questi ultimi sanno riconoscere benissimo certi tipi di piacere e sono per naturale propensione capaci di individuare la direzione delle nuove tendenze. Il Tenax è la discoteca con la D maiuscola di Firenze. Luogo di culto da più di 50 anni che ha visto passare artisti di tutto il mondo e ha anticipato le tendenze. All’interno di questo stra-cultissimo locale fiorentino lo studio G@ut esegue allestimenti da più di un anno ogni venerdi cimentandosi in sperimenti scenografici legati al tema della serata: allestimenti con mirror balls, allestimenti floreali che anticipano la primavera, serate a tema viaggio con ideali voli a Rio de Janeiro e a Mosca. Tutto è in mano alla libera creatività dello studio. Qualche paletto progettuale è comunque da tenere presente: ogni oggetto che compone l’allestimento deve essere messo in sicurezza e alle opportune distanze; si deve evitare che gli animi di certuni a una certa ora della notte più surriscaldati del normale, si lascino andare a pensieri malsani, tipo attaccarsi alle scenografie o simili amenità acrobatiche. Si cerca perciò di lavorare con tessuti attaccati alle strutture tecniche del solaio, per riempire lo spazio e mitigare l’effetto freddo e tecnologico della sala. Elementi decorativi caratterizzano ulteriormente il tema per ogni serata: per Hollywood party, sagome in communication di vip internazionali, per il football party, palloni giganti da calcio, maschere per il Casanova party. Ogni elemento crea stimoli visivi che aiutano la spazio a coinvolgere i suoi utenti al ritmo di suoni elettronici.
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Pannello di tamponamento prefabbricato in calcestruzzo armato con rete bilanciata in fibra di carbonio DOTT. GIOVANNI MANTEGAZZA - Ruredil S.p.A., S. Donato Milanese ROBERTO RAGOZZINI - Ruredil S.p.A., S. Donato Milanese CARLO SCHIATTI - Studio Associato Schiatti Benini & Bizzelli, Arezzo FRANCESCO FOCACCI - Ricercatore Università E-Campus, Novedrate
DANIELA CLERICI -Studio Associato Schiatti Benini & Bizzelli, Arezzo 1. INTRODUZIONE La recente entrata in vigore delle N.T.C. - D.M. 14/01/2008, ha comportato una revisione significativa da parte dei Prefabbricatori italiani nell’approccio ai propri sistemi costruttivi. Ancora più significativa è la revisione nei confronti dei pannelli di tamponamento in calcestruzzo a taglio termico, sempre più diffusi a seguito dell’emanazione dei vari decreti in materia di rendimento energetico in edilizia, D.Lgs 192/05, D.Lgs 311/06, D.P.R. 59/09. In questo contesto, è stato sviluppato e brevettato un sistema costruttivo per pannelli di tamponamento a taglio termico che utilizza una rete bilanciata in fibra di carbonio quale armatura delle solette esterne, realizzabili perciò di esiguo spessore, a beneficio del peso proprio, delle azioni sismiche conseguenti, della capacità coibente a parità di spessore complessivo del pannello stesso. I dati di partenza per lo sviluppo del progetto sono stati: • utilizzo di rete di carbonio quale armatura delle solette interna ed esterna del pannello; • conseguente ridimensionamento della geometria del pannello, in termini di spessore delle solette e di dimensioni delle nervature strutturali; • dimensionamento statico del pannello in base alle nuove caratteristiche geometriche e di peso proprio, tenendo conto del sistema misto di armatura presente: acciaio – rete di carbonio; • risoluzione delle problematiche di produzione, connesse alla forte riduzione degli spessori delle solette, reso possibile dall’utilizzo della rete di fibre di carbonio, e della conseguente assenza di problematiche connesse a copriferri e a durabilità; • utilizzo dei casseri standard e dei macchinari presenti negli stabilimenti di produzione e delle usuali tecniche di getto; • mantenimento delle capacità espressive del pannello in termini di finiture superficiali • significativo incremento, a parità di spessore, della coibentazione del pannello in termini di riduzione della sua trasmittanza. Il progetto e la sperimentazione sono stati sviluppati per uno spessore del pannello pari a 20 cm. Questo è lo spessore standard dei pannelli compositi non a taglio termico utilizzati dalla generalità dei Prefabbricatori italiani prima dell’entrata in vigore dei vari decreti in materia di rendimento energetico in edilizia e del diffondersi conseguente dei pannelli a taglio termico,
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caratterizzati da spessori ben maggiori, necessari per raggiungere i livelli di trasmittanza imposti dalle norme. L’obiettivo del progetto è stato dunque quello di raggiungere livelli di trasmittanza conformi ai valori minimi relativi alle varie zone climatiche, in pannelli staticamente performanti di spessore pari a quello utilizzato precedentemente per pannelli compositi non a taglio termico. Il pannello, così concepito, risulta facilmente industrializzabile e consente importanti economie di costo, mantenendo tutte le caratteristiche di durabilità, portanza, lavorabilità e finitura che caratterizzano i pannelli in calcestruzzo. La leggerezza, comportando una riduzione delle azioni sismiche conseguenti, che sonoproporzionali alle masse, permette economie anche nelle strutture e nelle fondazioni. Il pannello risulta anche avere caratteristiche di ecocompatibilità, in quanto comporta un generalizzato minor impiego di materiale e una riduzione dei trasporti, con conseguenti riduzioni di consumi energetici ed emissioni in atmosfera connessi alla produzione delle materie prime componenti e ai trasporti.
Figura 1. Comparazione tra le sezioni tipo di pannelli prefabbricati standard e pannelli alleggeriti con fibre di carbonio
2. 2.1.
IL PROGETTO GEOMETRIA DEGLI ELEMENTI
Sotto il profilo strutturale il pannello studiato e sperimentato è composto da uno strato interno strutturale, coibentato con polistirene espanso sinterizzato, caratterizzato da una soletta di spessore esiguo, armata con rete bilanciata in fibra di carbonio, e da un attento studio finalizzato alla riduzione delle dimensioni delle nervature strutturali, reso possibile grazie al minor peso del manufatto, fino alla metà di quello dei pannelli tradizionali, finalizzato anche a massimizzare la percentuale di coibentazione rispetto alla superficie totale del pannello; la soletta portata, esterna allo strato coibente costituente il taglio termico, ha le stesse caratteristiche di quella dello strato interno. Sono stati progettati due prototipi, la cui lunghezza vuole essere rappresentativa dei due casi previsti per l’utilizzo dei connettori di appensione della Casa costruttrice, relativi rispettivamente all’utilizzo di un solo connettore di appensione ovvero di due (Fig. 2). Il prototipo 1 è stato progettato per un getto che prevedesse la soletta portata a fondo cassero; al contrario, il prototipo 2 è stato progettato per un getto che prevedesse a fondo cassero la soletta portante. Caratteristiche comuni ai due prototipi: larghezza 250 cm, spessore 20 cm; due nervature di bordo lungo il lato corto del pannello di larghezza 10 cm; spessore solette portante e portata 2,5 cm; tutte le nervature sono armate con tralicci composti da tondini Φ 14 correnti e staffe Φ 6/ 15cm, armatura solette con rete bilanciata di fibre di carbonio. PROTOTIPO 1: lunghezza 6 m; due nervature di bordo per tutta la lunghezza del pannello rispettivamente di larghezza 8 cm e 10,5 cm; una nervatura centrale perpendicolare al lato lungo del pannello di larghezza 15cm, nella quale. si trova alloggiato l’inserto di appensione della soletta portata; scassi per l’alloggiamento dei dispositivi di sollevamento e degli inserti perimetrali di cucitura fra gli strati portante e portato. PROTOTIPO 2: lunghezza 10 m; due nervature di bordo per tutta la lunghezza del pannello rispettivamente di larghezza 10 cm e 13,5 cm; tre nervatura perpendicolari al lato lungo del pannello, di cui una centrale di larghezza 10 cm e due in posizione intermedia di larghezza 16 cm, nelle quali
si trovano alloggiati i due inserti di appensione della soletta portata e gli inserti di sollevamento; nessuno scasso necessario per l’alloggiamento degli inserti perimetrali di cucitura fra gli strati portante e portato.
2.2. DIMENSIONAMENTO STRUTTURALE La sezione del pannello si presenta costituita come sotto rappresentato, dove la soletta “portata” è quella superiore.
Tale soletta è collegata solo “per punti” alla sezione resistente sottostante, e pertanto non può essere considerata collaborante ai fini del dimensionamento statico. Ciò è tanto più vero per il caso del prototipo 1, nel quale si ha un solo inserto di appensione e collegamento, situato al centro. La presenza di due inserti nel prototipo 2 potrebbe innescare una sorta di meccanismo resistente aggiuntivo, praticamente impossibile da valutare e che comunque viene trascurato. Per la determinazione del momento resistente ultimo atteso, si fa dunque riferimento, peraltro come di consueto, alla sola porzione del pannello definita “portante” e sotto rappresentata:
Il dimensionamento è stato effettuato con riferimento alle “Istruzioni per la progettazione, l’esecuzione ed il controllo di interventi di consolidamento statico mediante l’utilizzo di compositi fibrorinforzati” emanate dal CNR , così come riprese dal Consiglio Superiore LL PP nelle “Linee guida per la progettazione, l’esecuzione ed il controllo di interventi di rinforzo di strutture in C.A., C.A.P. e murarie mediante FRP”. Dal momento che la sollecitazione prevalente è quella del vento, l’ipotesi di calcestruzzo non resistente a trazione comporta che la determinazione del momento ultimo resistente è relativa alla sezione resistente delle sole nervature, con la relativa armatura tradizionale da considerare rinforzata al lato teso con il totale delle fibre di carbonio presenti nella soletta.
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Figura 2. Geometria dei prototipi Si assume altresì l’ipotesi di conservazione delle sezioni piane fino a rottura, in modo che il diagramma delle deformazioni normali sia lineare. per l’FRP si considera un legame costitutivo elastico lineare fino a rottura; per l’acciaio e il calcestruzzo si considera un legame costitutivo conforme al D.M.14/01/2008.
Il rapporto fra il momento resistente complessivo della sezione rispetto al precedente risulta pari a 1,54. La CNR-DT200/2004 limita l’incremento di momento resistente rispetto alla sezione senza fibre al 100%; il C.S. LL.PP. 24/07/2009 pone tale limite al 60%. Si ritiene che in questo caso tali limiti non siano applicabili, dal momento che la rete di carbonio è inglobata nella soletta di calcestruzzo e non applicata esternamente mediante resine e dunque non sussiste alcun rischio di delaminazione.
Tabelle 1 e 2. Momenti resistenti di calcolo Il momento resistente della sola sezione di calcestruzzo armato ma senza fibre risulta pari a 16,62 kNm. Il rapporto fra il momento resistente complessivo della sezione rispetto al precedente risulta pari a 1,58.
Figura 3.
Sezioni Equivalenti relative ai due prototipi 1e2
Le tabelle seguenti mostrano i risultati dell’elaborazione di calcolo. Il momento resistente della sola sezione di calcestruzzo armato ma senza fibre risulta pari a 15,98 kNm.
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2.3. CARATTERISTICHE DEI MATERIALI 2.3.1. Calcestruzzo e acciaio I prototipi sono stati realizzati con calcestruzzo di classe 28/35, per il quale si è utilizzato un mix design riportato in Tabella 3. Per l’acciaio di correnti e staffe si è utilizzato un acciaio B450C come da D.M 14/01/2008.
Tabella 4. Caratteristiche rete in fibre di carbonio 2.3.3. Strati coibenti
Tabella 3. Mix design utilizzato per i prototipi
espanso sinterizzato di densità 10 Kg/m3. Il polistirene espanso sinterizzato utilizzato per il prototipo 1 era del tipo con camere d’aria per la ventilazione (Figura 2).
2.3.2. Rete in fibra di carbonio-Precastnet La rete utilizzata è costituita da fibra di carbonio con funzione strutturale, confezionata in rotoli di larghezza 100 cm e lunghezza 15 m.
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REALIZZAZIONE DEI PROTOTIPI
3.1. FASE DI GETTO
Figura 3. Rete in fibre di carbonio utilizzata La tabella 4 seguente riassume le caratteristiche della rete di carbonio utilizzata. Trattandosi di un pannello a taglio termico, sono stati utilizzati materiali coibenti certificati. Per lo strato costituente il taglio termico si è utilizzato polistirene espanso sinterizzato di densità 25 Kg/ m3, per lo strato di alleggerimento invece polistirene
Date le caratteristiche del progetto, la fase di getto presentava alcune criticità, che sono state affrontate e risolte. In primo luogo il getto delle solette, caratterizzate da uno spessore di soli 2,5 cm all’interno del quale doveva essere introdotta la rete di carbonio. Oltre a un dosaggio perfetto del materiale, il getto delle singole solette è stato eseguito in due tempi, facendo seguire il posizionamento della rete di carbonio ad un primo getto di circa 1,25 cm, e l’ulteriore getto per arrivare ai 2,5 cm previsti (Figure 4 e 5). Nel caso in specie è stata utilizzata una vibrofinitrice, allo scopo di tenere sotto preciso controllo gli spessori. Per la riduzione dei tempi di produzione si è provveduto al preassemblaggio delle armature (fig. 6); il polistirene espanso sinterizzato era stato preventivamente sagomato a progetto. Gli inserti sono stati posizionati direttamente sul cassero. Il ridotto peso proprio atteso ha consentito, anche nel prototipo 2 di ipotizzare l’inserimento di due soli inserti per il sollevamento.
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e dall’altro la necessità di limitare la riduzione di coibentazione termica in corrispondenza degli stessi (figura 7).
Figura 4.
Getto delle solette
Altra criticità che si è dovuto affrontare è quella connessa al collegamento degli inserti di appensione e collegamento fra la sezione resistente e lo strato portato, ancora una volta a causa dell’esiguo spessore (2,5 cm) delle solette. Sono stati necessari studi di dettaglio inerenti gli spazi
Figura 5.
Posizionamento armature assemblate
Getto delle solette
e le metodologie di posizionamento relative al sistema di inserti per pannelli a taglio termico utilizzato, presente da anni sul mercato, di efficacia ampiamente testata e per il quale erano noti i limiti di utilizzo, ma le cui istruzioni di posizionamento risultavano non adeguate al caso in specie. La progettazione e la realizzazione delle connessioni ha tenuto conto, per entrambe le tipologie diverse corrispondenti ai due prototipi, anche della necessità da un lato di garantire la funzione statica degli inserti,
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Figura 6.
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Figura 7. Posizionamento del sistema di sostegni e connettori nei due casi relativi ai prototipi 1 e 2
Le Figure da 8 a 11 mostrano foto eseguite durante il getto (le Figure 8 e 9 si riferiscono al prototipo 1, caratterizzato dallo strato portato a fondo cassero; le figure 10 e 11 si riferiscono al prototipo 2, caratterizzato dallo strato portante a fondo cassero).
Figura 10.
Getto a partire dalla soletta dello strato portante.
Figura 8. Getto a partire dalla soletta dello strato portato: posizionamento in opera del sostegno. Le due tipologie di getto corrispondenti ai due prototipi avevano l’obiettivo e hanno effettivamente consentito di testare tempi di produzione e problematiche allo scopo di validare il progetto ed eventualmente revisionarlo in termini di up-grade.
Figura 11. Getto a partire dalla soletta dello strato portante: posizionamento in opera del connettore adattato per l’annegamento su strato ridotto di cls
Figura 9.
Getto a partire dalla soletta dello strato portato.
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Figura 13. Figura 12.
Scassero Prototipo 1
Sistemi di sollevamento
3.2. SCASSERO E STOCCAGGIO La maturazione dei getti è avvenuta senza riscaldamento. Il prototipo 1 è stato scasserato prudenzialmente dopo ventiquattro ore dal getto. L’operazione non ha avuto alcun inconveniente: il pannello è rimasto monolitico e integro, senza fessurazioni né rotture o distacchi di alcun tipo; così anche durante le fasi del sollevamento fino al posizionamento in zona di stoccaggio. Visto il buon esito del prototipo 1, Il prototipo 2 è stato scasserato a 12 ore dal getto. Anche in questo caso non si sono avuti inconvenienti e si può confermare quanto riferito per il prototipo 1. Allo scopo di testare il comportamento dei prototipi nel tempo, in specie con riferimento all’efficacia dei dispositivi di appensione e collegamento, lo stoccaggio è stato effettuato posizionando gli appoggi solo sulla parte strutturale dei pannelli, lasciando così libere le solette “portate”.
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Figura 14.
Sollevamento Prototipo 1
Figura 15.
Scassero Prototipo 2
Figura 17.
Figura 16.
Stoccaggio
Sollevamento Prototipo 2
Dopo un breve posizionamento dei pannelli all’interno dello stabilimento di produzione, i due prototipi sono stati stoccati all’aperto, con le stesse modalità sopra descritte, e lì mantenuti per oltre un anno, allo scopo di osservare eventuali fenomeni di cedimento strutturale o di ingobbamento per dilatazioni termiche e/o disomogeneità dei getti di calcestruzzo. Durante questo periodo, i pannelli non hanno presentato variazioni di alcun tipo. Nessuna fessurazione o cavillatura si è potuta osservare sulle solette interne ed esterne per fenomeni da ritiro o da movimentazione.
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4.
PROVE DI CARICO
La sperimentazione è stata effettuata presso il laboratorio della Facoltà di Architettura dell’Università IUAV di Venezia, sotto l’egida del Prof. Angelo Di Tommaso.
Figura 20.
Configurazione di prova Prot. 1
4.1. RESOCONTO DELLE PROVE La sperimentazione effettuata è consistita nella prova a flessione sui due prototipi di pannello di tamponamento descritti in precedenza. Il prototipo 1 è stato sottoposto a prova di flessione su tre punti con luce di 5 m; il prototipo 2 è stata sottoposto a prova di flessione su quattro punti con luce di 7.70 m e distanza tra i coltelli di carico di 5 m (figure 21, 22, 23,24).
Figura 18.
Apparecchiatura di prova Prot. 1
Figura 21.
Figura 19.
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Apparecchiatura di prova Prot. 2
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Configurazione di prova Prot. 2
Le figure 25 e 26 riassumono i risultati sperimentali in termini di curve carico-spostamento trasversale della sezione di mezzeria.
Per la configurazione isostatica della prova, ad ogni valore della forza F applicata può essere associato il momento flettente nella sezione più sollecitata da cui è possibile poi ricavare Il carico uniformemente distribuito che produce lo stesso momento flettente massimo.
La tabella 5 riassume i carichi massimi raggiunti durante le prove, i corrispondenti valori determinati del momento resistente, ed i corrispondenti carichi uniformemente distribuiti determinati.
Tabella 5.
Risultati prove
4.2. INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI Confronto fra i Momenti ultimi resistenti da calcolo e da prove d carico: I risultati delle prove sono in linea con le previsioni di
Figura 22.
Diagramma carico - freccia Prot. 1
calcolo. Il prototipo 2 risente positivamente della collaborazione della soletta portata, non considerata nel calcolo, ma in parte collaborante, sia pure in assenza di ipotesi di conservazione delle sezioni piane, grazie alla presenza di due inserti di appensione e collegamento con la parte strutturale del pannello. Effetto assente nel prototipo 1, data la presenza di un solo inserto di appensione e collegamento situato in posizione centrale, e quindi incapace di esercitare un qualsiasi contributo alla resistenza flessionale del pannello.
5. TRASMITTANZA
Figura 21.
Diagramma carico - freccia Prot. 2
Dal punto di vista energetico, si è proceduto a calcolare la trasmittanza “U”, per confronto a parità di lunghezza e di spessore 20 cm, di un pannello a taglio termico con solette di 5 cm armate con rete e del pannello prototipo 2 con solette di 2,5 cm. Il valore è stato stimato tramite la procedura della UNI 6946 - Componenti ed Elementi per edilizia-Resistenza termica e trasmittanza termica, a partire da valori di conduttività dei componenti secondo la UNI 10351 – Materiali da Costruzione-Conduttività termica e permeabilità al vapore.
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E’ risultato: • “U” pannello “tradizionale”: 0,44 W/m2K • “U” pannello Prototipo 2”: 0,30 W/m2K E’ evidente il vantaggio conseguito con il pannello oggetto di studio: con riferimento ai valori limite indicati per le varie zone climatiche dai decreti D.Lgs. 192/05, 311/06 e 59/09: il valore di trasmittanza di un pannello a taglio termico “tradizionale” con solette da 5 cm lo rende praticamente inutilizzabile, mentre quello del pannello “Prototipo 2” lo rende utilizzabile in tutte le zone climatiche (allegato C, tab 2). Per avere le stesse prestazioni energetiche dei pannelli oggetto del progetto fin qui esposto, nel caso dei pannelli a taglio termico “tradizionali” sono necessari spessori del pannello che variano fra i 26 e i 30 cm, a seconda delle tecniche usate e della qualità e tipologia dei materiali coibenti utilizzati, con pesi propri (350 kg/mq) fino a circa il doppio di quello dei pannelli studiati (180 kg/mq).
zato minor impiego di materiale e alla riduzione dei trasporti necessari Le prove di carico hanno confermato le previsioni del modello di calcolo.
6. CONCLUSIONI
04. UNI 10351 - Materiali da Costruzione-Conduttività termica e permeabilità al vapore
Mediante l’utilizzo di rete in fibra di carbonio quale armatura delle solette di un pannello a taglio termico, e tramite uno specifico studio della geometria e dell’armatura tradizionale della parte strutturale del pannello, si sono ottenuti alcuni interessanti risultati: • significativa riduzione dello spessore e del peso proprio del pannello a parità di trasmittanza; • vantaggi in termini di riduzione delle azioni sismiche sulla struttura e di carico verticale in fondazione, e quindi conseguenti economie di costi vantaggi competitivi associati; • vantaggi in termini di riduzione delle portate richieste agli inserti di sollevamento e di appensione dei pannelli alle strutture; • semplicità in produzione: non cambia nulla relativamente alle usuali tecniche di getto, utilizzando componenti e inserti e modalità di inserimento progettati allo scopo; • possibilità di ottenere in produzione tutte le note finiture dei pannelli di tamponamento; nel caso di pannelli in graniglia lo spessore della soletta “portata” si incrementa, ma il peso proprio del pannello resta significativamente inferiore a quello dei pannelli “tradizionali” nessuna problematica di durabilità connessa ai copriferri delle reti in acciaio utilizzate quali armature delle solette nei pannelli “tradizionali”; • il pannello risulta anche avere caratteristiche di eco-compatibilità, connesse alla riduzione di emissioni in atmosfera conseguenti al generaliz-
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7. BIBLIOGRAFIA 01. CNR-DT200/2004, “ Istruzioni per la progettazione, l’esecuzione ed il controllo di interventi di consolidamento statico mediante l’utilizzo di compositi fibrorinforzati” 02. C.S. LL PP 24/07/2009, “ Linee guida per per la progettazione, l’esecuzione ed il controllo di interventi di rinforzo di strutture in c.a., c.a.p. e murarie mediante FRP” 03. UNI 6946 - Componenti ed Elementi per edilizia-Resistenza termica e trasmittanza termica
8. RINGRAZIAMENTI Gli autori ringraziano la COGEST S.p.A. Loc. Case Nuove di Ceciliano, 73/2 - 52100 Arezzo per aver permesso la realizzazione dei prototipi oggetto del Progetto illustrato; ringraziano inoltre il personale del LABSCO dello IUAV di Venezia e in particolare il Sig. Mario Celebrin per l’esecuzione delle prove
Contatti con gli autori: Dott. Giovanni Mantegazza giovanni.mantegazza@ruredil.it Geom. Roberto Ragozzini roberto.ragozzini@ruredil.it Ing. Carlo Schiatti schiatti@quasaringegneria.it Ing. Francesco Focacci: francesco.focacci@uniecampus.it Ing. Daniela Clerici: clerici@quasaringegneria.it
Accessibilitàcolorata di Silvia Scuffi Abati Affrontare la progettazione di interiors design per una RSA è un tema assai delicato e deve essere affrontato con metodologia scientifica. Le esigenze di un anziano e di un disabile sono variabili in continua evoluzione. Molto si è fatto negli ultimi anni per trovare delle tracce guida che ne possono trovare una classificazione che ne rispetti comunque le molteplici sfaccettature dei casi analizzati Si parla molto di terza età, si enunciano numeri sondaggi e percentuali; la televisione e la stampa prospettano scenari a volte apocalittici, di una società vecchia, dove gli anziani rappresentano una maggioranza schiacciante: viene prospettato un mondo non più diviso tra razze discriminate dal colore della pelle o dalla religione, ma contrapposte in base all’ età quasi a voler asserire che nel prossimo futuro vedremo una minoranza di una forte razza di giovani , distinta da una categoria di vecchi, deboli e malati, longevi grazie al progresso della medicina. Riteniamo che siano esagerazioni massmediatiche, apprezzate solo da chi sa interpretare intelligentemente il problema e ne intraveda dei costruttivi imput progettuali. Il più delle volte si parla di Residenze Sanitarie Assistite per anziani, pensando ancora alla vecchia dizione di ospizi, cioè a dire si è cambiato la terminologia, ma il concetto è legato ancora purtroppo a stereotipi ormai mutati. Si crede che il termine abbia la stessa valenza che intercorre tra operatore ecologico e spazzino, sta a dire niente è cambiato. Niente di più sbagliato sia nell’ uno che nell’ altro caso. L’ anziano non è più quello di venti anni fa, la società ha mutato i costumi e i modi di vivere di tutte le generazioni; le età generazionali non sono più così distanti, un quarantenne gioca alla playstation insieme a suo figlio che il più delle volte non è così grande come lo era in altre epoche.
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Il nonno è costretto a sapere nozioni tecnologiche inimmaginabili, usa il computer e anche se ha delle lacune, sa comunque cosa esso sia. Molte volte ci troviamo di fronte a supernonni competitivi con i propri nipoti. Il quadro di questa nuova situazione impone ai progettisti lo studio di nuove tipologie abitative nella progettazione dei centri per anziani. Non più centri ricoveri, ma centri multifunzionali aggregativi, aperti al pubblico e non più chiusi, non più sale di attesa, anticamere al trapasso. Un giovane padre che vive la vita frequentando locali trend, parla di politica, chatta, manda mail e veste alla moda, non ha tempo per pensare alla suo futuro in una RSA, e anche qualora si soffermasse a farlo, non la vuole immaginare come anticamera a una solitudine ineluttabile e a un attesa piena di tristezze. E’ innegabile che l’ argomento RSA è sempre un tabu, difficile da affrontare, e molti ancora non sanno neanche il significato e neanche lo vogliono imparare. In realtà come negli ultimi anni si sono affrontati temi specifici analizzandoli da altre angolazioni, vedi la progettazione di spazi ospedalieri, dove la cura del malato passa anche dall’ ambiente circostante, dove si è capito che un impatto psicologico importante gioca a favore della risoluzione di alcune malattie, anche queste tipologie qui affrontate devono avere la stessa metodologia. Un malato di alzheimer reagisce ai colori, un disabile visivo percepisce il bello sfruttando i sensi residui. Le RSA progettualmente devono garantire la salute psicologica dell’ utente, sia che esso sia malato grave sia che lo sia solo un anziano con patologie più leggere. L’anziano può imparare a convivere con le sue difficoltà, anche se gravemente non autosufficiente,
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costretto a letto o affetto da demenza o altre gravi patologie, e l’architettura può e deve essere per lui di aiuto , può e deve facilitare la sua vita e colmare, fin dove è possibile, le sue carenze. Tutto questo nel rispetto delle normative che prescrivono specifici requisiti e delle esigenze gestionali, dove i fattori di assistenza, gestione e servizio devono essere sempre garantiti attraverso logiche distributive razionali. I criteri progettuali e le scelte negli arredi per le nuove strutture per anziani dettano schemi planimetrici con precisi riferimenti domestici e con valenze il meno possibile ospedaliere, pur nel rispetto della funzionalità e della gestibilità. L’anziano, soprattutto quando non è autosufficiente, vive quasi sempre la struttura protetta come un ricovero terminale, mentre dovrebbe poterla considerare la sua casa e , nonostante la sua malattia o le sue disabilità, dovrebbe sempre poter mantenere una qualità di vita accettabile. In questo senso, l’habitat ha un ruolo importantissimo per l’anziano e incide sul suo stesso benessere psicologico già in parte compromesso, (nel caso non sia più autonomo, ma non solo, anche nel caso di autosufficienza), dallo sradicamento dalla sua abitazione, dalle sue cose e dalle sue relazioni affettive ed amicali, e dalla conseguente necessità del ricovero. I criteri progettuali di una struttura sanitaria assistenziale devono tener conto delle diverse fasi del progetto, dalla più ampia dell’impianto planimetrico dell’edificio a quella degli elementi di arredo. Gli spazi, così, devono essere pensati per accogliere, orientare e colmare quel senso di vuoto e di ansia che assale colui che si deve trasferire e affidare alla cura di altri. Dare una riconoscibilità, un’identità ai luoghi che si configurino il più possibile come un tessuto abitativo nel quale si svolgono, accanto
ai nuclei strettamente medicali, semplici atti di vita quotidiana. Promuovere l’umanizzazione creando un habitat integrato tra spazi medicali e vita di relazione in cui l’ospite si senta compreso nelle sue esigenze, sicuro ma anche orientato e capace di scegliere con libertà i propri movimenti. L’attenzione è rivolta al paziente, al suo benessere fisico ma anche psicologico, al senso di sicurezza, accessibilità, alla creazione di luoghi comuni e privati che ora facilitino la socializzazione, ora garantiscano la privacy in un contesto che non annulli ed isoli il soggetto ma che lo aiuti a ritagliarsi uno spazio dove potersi muovere secondo quei gesti e quelle ritualità proprie delle personali abitudini. Tutti gli ambienti destinati all’anziano, soprattutto quelli dell’alloggio privato, devono essere, dal punto di vista organizzativo e dell’aspetto , riconoscibili e familiari e devono prevedere una serie di elementi stimolanti che contribuiscono alla progressiva approvazione degli spazi. E’ importante, cioè stabilire il giusto rapporto tra uomo e spazio da un punto di vista percettivo, di accessibilità, di riconoscibilità, di sicurezza, di facilità di gestione, etc… A tal fine grande peso lo acquista la progettazione di ogni oggetto, di ogni arredo che concorre al raggiungimento dei requisiti sopraesposti per l’umanizzazione degli spazi di residenza. Ogni elemento di arredo dovrà, quindi, rispondere alle richieste imprescindibili di ordine e di igiene contemporaneamente a quelle di personalizzazione, flessibilità e di uso dei materiali, finiture e decorazioni che restituiscano un’immagine domestica. La percezione visiva si integra, qui, con quella tattile, e rende necessario l’uso di particolari accorgimenti nella scelta dei materiali e delle finiture. La sicurezza degli spazi dipende in primo luogo dall’eliminazione delle barriere architettoniche e sensoriali, e dalla previsione di tutti quegli accorgimenti ed attenzioni progettuali per l’eliminazione dei pericoli e dei fattori di rischio per l’utente anziano, rappresentati ad esempio dagli spigoli vivi, dalle soglie, dai materiali scivolosi
e riflettenti. L’utilizzo di materiali facilmente pulibili e lavabili, la possibilità di sostituzione di alcune finiture e rivestimenti degli spazzi e degli arredi, la corretta disposizione degli elementi di arredo, la flessibilità dei complementi, contribuiscano in modo evidente all’economia di gestione dell’alloggio e della struttura. Lo spazio e l’ambiente hanno una grande potenzialità “terapeutica”. La progettazione degli ambienti e degli arredi deve quindi curare le forme, i colori, le finiture, l’illuminazione e gli ausili tecnologici in modo tale da ricreare un ambiente sicuro, accessibile e nello stesso tempo familiare.
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