N.2 Generazione Over60

Page 1

N.2


Photo by Rawpixel on Pixabay

Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Milano: n° 258 del 17/10/2018


# I NOSTRI TEMI

.

co m #scienza #sessualità #salute #bellezza #da

leggere (o rileggere) #da vedere/ascoltare #cose dall’altro mondo #pillole di disabilità #in forma #intervista con ricetta #”in movimento” #volontariato & associazioni #”di tutto e niente” #il personaggio #le ultime #voi


AT THE DESK

DIRETTORE RESPONSABILE Minnie Luongo DIRETTORE ARTISTICO Francesca Fadalti LA NOSTRA PREZIOSA REDAZIONE Marco Rossi Alessandro Littara Nicola Forcignanò Andrea Tomasini Antonio Giuseppe Malafarina Lisa Marino Francesca Fadalti HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Paolo D’Angelo Paola Emilia Cicerone Alessandro Brenna

DISEGNATORI Attilio Ortolani Margherita Mottana

Contact Us: generazioneover60@gmail.com https://issuu.com/generazioneover60 https://www.facebook.com/generazioneover60


LA

NOSTRA

FOTO

Foto gentilmente concessa da: Ufficio Stampa Agenzia Spaziale Italiana


GENERAZIONE F

La Luna e il Sogno Bianco. Come il foglio su cui si indugia prima di scrivere la prima parola. Bianco come la neve ( si diceva una volta; ora a sporcarla subito ci pensano le ruote di un’automobile). Bianco come il colore (tecnicamente considerato “non-colore”) scelto a mo’ di tinta predominante della cover di questo secondo numero di GenerazioneOver60. Bianco perché rappresenta l’attesa misteriosa di ciò che accadrà nell’anno appena iniziato; poi ogni singolo avvenimento, inevitabilmente, andrà a colorare - di rosa, rosso, verde, nero … - la nostra quotidianità e la nostra vita tutta. Ogni 1° gennaio speriamo che il nuovo anno sia migliore del precedente e per farlo ci ripetiamo in brindisi e auguri sempre uguali e spesso stucchevoli. Ma, riassumeva il Leopardi nel famoso Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere, non ci sono nella vita già trascorsa tempi felici, anni a cui si vorrebbe somigliasse l’anno venturo. Alla fine il passeggere giunge alla conclusione che la felicità consiste nell’attesa di qualcosa che non si conosce, nella speranza di un futuro diverso e migliore, del passato e del presente. Sarà pur vero, ma chiunque di noi sa di aver avuto uno(spesso più di uno) annus horribilis (perfino la regina Elisabetta definì così il suo 1992) e, altrettanto bene, sa ricordare il proprio annus mirabilis. Ecco, per noi di Generazione F il 1969 è uno di quegli anni da ricordare, quando un sogno - per molti “il” sogno - si avverò: l’uomo mise piede sulla Luna.


di Minnie Luongo

A luglio sarà passato mezzo secolo esatto da quel 21 luglio e in questo numero 2 della rivista abbiamo voluto come filo rosso Madame Luna. Ad aiutarci il bell’articolo del giornalista scientifico Paolo D’Angelo, la mia (mi auguro altrettanto riuscita) recensione del film First Man, perfino la rubrica dedicata alla bellezza con l’accattivante titolo “Pelle di luna”. GenerazioneOver60 sta incontrando l’interesse e l’apprezzamento di moltissimi lettori e followers: segno che ci avevamo visto giusto. Del resto noi over60, quando siamo sicuri del fatto nostro, non ci perdiamo in chiacchiere superflue: ecco il motivo per cui questo magazine non ha avuto alcun numero 0 di prova. Non è superbia; è, ancora una volta, la consapevolezza che abbiamo le potenzialità per fare ciò che ci sta a cuore. Appunto, di realizzare un sogno. Grazie a tutti e buona lettura! P.S. Bianco (“White Album”) è anche il nome con cui è noto l’album dei Beatles più venduto negli Usa, con 19 dischi di platino. Una copertina interamente bianca, con il titolo essenziale The Beatles in rilievo. Pubblicato a fine 1968 nel Regno Unito, da noi arrivò l’anno successivo. Un altro motivo, assieme all’allunaggio, per considerare mirabilis il 1969. Almeno per la sottoscritta e i milioni di fans dei Fab Four.


AT THE DESK

MINNIE LUONGO direttore responsabile e giornalista scientifica

Classe 1951, laureata in Lettere moderne e giornalista scientifica, mi sono sempre occupata di medicina e salute preferibilmente coniugate col mondo del sociale. Collaboratrice ininterrotta del Corriere della Sera dal 1986 fino al 2016, ho introdotto sulle pagine del Corsera il Terzo settore, facendo conoscere le principali Associazioni di pazienti.

Photo Chiara Svilpo

Ho pubblicato più libri: il primo- “Pronto Help! Le pagine gialle della salute”- nel 1996 (FrancoAngeli ed.) con la prefazione di Rita Levi Montalcini e Fernando Aiuti. A questo ne sono seguiti diversi come coautrice tra cui “Vivere con il glaucoma”; “Sesso Sos, per amare informati”; “Intervista col disabile” (presentazione di Candido Cannavò e illustrazioni di Emilio Giannelli). Autrice e conduttrice su RadioUno di un programma incentrato sul non profit a 360 gradi e titolare per 12 anni su Rtl.102.5 di “Spazio Volontariato”, sono stata Segretario generale di Unamsi (Unione Nazionale Medico-Scientifica di Informazione) e Direttore responsabile testata e sito “Buone Notizie”. Fondatore e presidente di Creeds, Comunicatori Redattori ed Esperti del Sociale, dal 2018 sono direttore del magazine online Generazioneover60. Quanto sopra dal punto di vista professionale. Personalmente, porto il nome della Fanciulla del West di Puccini (opera lirica incredibilmente a lieto fine), ma non mi spiace mi si associ alla storica fidanzata di Topolino, perché come Walt Disney penso “se puoi sognarlo puoi farlo”. Nel prossimo detesto la tirchieria in tutte le forme, la malafede e l’arroganza, mentre non potrei mai fare a meno di contornarmi di persone ironiche e autoironiche. Sono permalosa, umorale e cocciuta, ma anche leale e splendidamente composita. Da sempre e per sempre al primo posto pongo l’amicizia; amo i cani, il mare, il cinema, i libri, le serie Tv, i Beatles e tutto ciò che fa palpitare. E ridere. Anche e soprattutto a 60 anni suonati.

DOTTOR MARCO ROSSI sessuologo e psichiatra

è presidente della Società Italiana di Sessuologia ed Educazione Sessuale e responsabile della Sezione di Sessuologia della S.I.M.P. Società Italiana di Medicina Psicosomatica. Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive e come esperto di sessuologia a numerosi programmi radiofonici. Per la carta stampata collabora a varie riviste.


DOTTOR ALESSANDRO LITTARA andrologo e chirurgo

è un’autorità nella chirurgia estetica genitale maschile grazie al suo lavoro pionieristico nella falloplastica, una tecnica che ha praticato fin dagli anni ‘90 e che ha continuamente modificato, migliorato e perfezionato durante la sua esperienza personale di migliaia di casi provenienti da tutto il mondo.

NICOLA FORCIGNANÒ giornalista

nato a Milano nel 1952, è giornalista professionista. Ha trascorso la sua carriera tra il “Corriere della Sera”, un po’ di televisione e “il Giornale” dove ha ricoperto la carica di vicedirettore. Ora è riuscito a trasformare la sua grande passione in un lavoro e dirige il mensile “Golf & Turismo “. Dal 20 novembre 2013 s’e’ trasferito a vivere (con grande gioia) a Phuket in Thailandia.

ANDREA TOMASINI

giornalista scientifico giornalista scientifico, dopo aver girovagato per il mondo inseguendo storie di virus e di persone, oscilla tra Roma e Spoleto, collaborando con quelle biblioteche e quei musei che gli permettono di realizzare qualche sogno. Lettore quasi onnivoro, sommelier, ama cucinare. Colleziona corrispondenze- carteggi che nel corso del tempo realizzano un dialogo a distanza, diluendo nella Storia le storie, in quanto “è molto curioso degli altri”.

ANTONIO GIUSEPPE MALAFARINA giornalista

nato a Milano nel 1970,giornalista e blogger. Si occupa dei temi della disabilità, anche partecipando a differenti progetti a favore delle persone disabili. Presidente onorario della fondazione Mantovani Castorina. Coltiva l’hobby dello scrivere in versi, raccolti nella sua pubblicazione “POESIA”.

FRANCESCA FADALTI direttore creativo

nasce architetto eclettico, mentre passa da cantieri e negozi a cui ha dato il suo inconfondibile stile, si evolve nell’editoria con Millionaire, la Guida Io e il mio bambino e molteplici interventi di design di pubblicazioni tra cui ultima nata Style Glamping e, finalmente, Generazione Over 60!

LISA MARINO coach fitness

insegnante professionista di fitness ed ex atleta agonista, campionessa europea di Aerobica, volto fitness QVC Italia.

Attilio Ortolani Disegnatore

storico disegnatore di Corriere Salute/Corriere della Sera. Più precisamente Artista.


C O N T E N U T I

12

16

26

28

12

50 ANNI FA LO SBARCO SULLA LUNA SOGNI, RICORDI E FUTURO Paolo D’Angelo

UN SONDAGGIO OSVI PER RICORDARE L’IMPORTANZA DEI CONTROLLI DELLA VISTA Francesca Fadalti #Salute

22

32

36 20

16

PROSTATITE: I CONSIGLI DELL’ANDROLOGO Alessandro Littara

VUOI MANTENERE LA MEMORIA? FA’ SESSO! Marco Rossi

#Sessualità

#Sessualità

26

#Scienza

22

20

28

PELLE DI LUNA Francesca Fadalti

32

“ESSERE CURA. UNA RIVOLUZIONE GENTILE” DI MONICA MELENDEZ Paola Emilia Cicerone

#bellezza

36

#da leggere (o rileggere)

UN FILM CHE RACCONTA L’ANTIEROE CHE REALIZZÒ IL SOGNO DELL’UMANITÀ Minnie Luongo

LA DIABOLICA MACCHINA BUROCRATICA ITALIANA Nicola Forcignanò

#da vedere/ascoltare

#cose dall’altro mondo


38

44

42

48

52

38

46

56

60

42

COS’È LA DISABILITÀ Antonio Giuseppe Malafarina

REMISE EN FORME DOPO LE FESTE Lisa Marino

#Pillole di disabilità

#In forma

46

44

IN STRADA PER IL CAMPO BASE DELL’EVEREST Alessandro Brenna 48 #Intervista con ricetta CONFUSIONE E INCOMPETENZA #”In movimento” NEI CONFRONTI DEL TERZO SETTORE Raffaella Pannuti 52 56

CUCINA, RICORDI E SENSUALITÀ Francesca Fadalti

IL TEMPO? UN CALEIDOSCOPIO RICCO DI ILLUSIONI Andrea Tomasini #”di tutto e niente”

#Volontariato & Associazioni

60

SUGGERIMENTI PER IL SERVIZIO SANITARIO Riccardo Renzi #Le ultime

NEL 1952 NASCEVA LUI: TIRAMOLLA Edoardo Rosati #Il personaggio


PAOLO D’ANGELO giornalista scientifico

50 anni fa lo sbarco sulla luna. Sogni, ricordi e futuro

Foto di bar milanese dove, grazie ad una tv su di un tavolo, la gente guardava l’uomo arrivare sulla Luna


#scienza

“Un piccolo passo per un uomo, un balzo gigantesco per l’umanità”. Con queste parole Neil Armstrong, poco prima delle cinque di mattina del 21 luglio del 1969, un lunedì, metteva il suo piede sinistro sulla superficie della Luna. Era la prima volta che un essere umano toccava un altro corpo celeste. Tra pochi mesi saranno passati 50 anni, ma nella nostra memoria sono rimasti indelebili quei momenti. In Italia assistemmo ad una trasmissione storica che la RAI fece sul primo canale (allora ne avevamo solo due ed in bianco e nero) che durò 25 ore. Fu una notte magica per molti e fu altrettanto magica anche la diatriba che inscenarono Tito Stagno dagli studi televisivi di Roma e Ruggero Orlando che si trovava presso la NASA di Houston nel Texas. “Ha toccato” esultava Stagno; “No, non ha toccato” replicava Orlando dall’altra parte dell’oceano. Piccole cose rispetto allo storico momento che ci stava coinvolgendo tutti. Notte magica, come detto, che ci illuminava di illusioni e speranze. Stavamo improvvisamente per entrare nel futuro: l’uomo diventava “universale” come titolava un giornale quel giorno. Eravamo stati capaci, nel volgere di pochi anni, di arrivare a toccare la Luna, ed ora chissà quali altre sorprese ci avrebbe riservato la nostra avventura su questa Terra. Una notte in cui non si registrarono furti negli appartamenti perché eravamo tutti incollati davanti a quella televisione che ci raccontava di un viaggio letteralmente fuori dal mondo. Stavamo per entrare nel futuro nell’arco di una sola notte. Purtroppo, non fu così. Quei due fantasmi, come apparivano ai nostri occhi in quella TV senza colori, non ci regalarono un futuro prosperoso e di pace. Mille emozioni sì ma non un cambiamento radicale della nostra vita. In Italia in particolare tornammo con i piedi per terra il 12 dicembre successivo, quando una bomba fece una strage all’interno di una banca milanese. Iniziava così un periodo di attentati e sangue e non certo un futuro di fratellanza e felicità.


Foto gentilmente concessa da: Ufficio Stampa Agenzia Spaziale Italiana


Ma torniamo alla Luna. Dopo quella notte la Luna fu visitata per altre 5 volte fino al dicembre del 1972. Arrivarci fu una sfida politica iniziata nel 1957 con il lancio del primo Sputnik tra l’allora Unione Sovietica e gli Stati Uniti. Gara vinta da questi ultimi che misero sul piatto cifre incredibili ma ben poca cosa rispetto ai finanziamenti per una guerra che quella stessa nazione stava combattendo negli stessi anni nel Sud-Est asiatico. Oggi stiamo quasi per celebrare i 50 anni passati da un inizio di futuro che non arrivò mai. A distanza di mezzo secolo però c’è ora la voglia di tornare lassù non più per esplorare ma per restare sul nostro arido satellite per comprendere meglio come fare per andare verso Marte, che rappresenta il futuro di un’umanità troppo stretta su questa Terra. Al momento il principale progetto euro-americano per un ritorno sulla Luna si chiama “Deep Space Gateway”. Si tratta di una piccola stazione spaziale in orbita intorno al nostro satellite. Una volta lì si potranno poi pianificare missioni che scenderanno sulla superficie. Ma il tutto è ancora in una fase progettuale a livello solo di idee accompagnato da astratti disegni. La Luna però, dopo 50 anni, rimane ancora nei nostri sogni e nei nostri obiettivi.


DOTTOR MARCO ROSSI sessuologo e psichiatra www.marcorossi.it

Vuoi mantenere la memoria? Fa’ sesso!

Illustration by Margherita Mottana www.instagram.com/margherita.mottana/

Il sesso in età matura? Migliora la memoria. Un autorevole studio, effettuato su un campione di anziani con un’età media di 71 anni conferma: più si dà importanza all’attività sessuale nella propria vita, più le performance cognitive migliorano.


#sessualità

Che il sesso facesse bene all’organismo ce l’hanno ripetuto in mille salse. Meno battuto il territorio della terza età, ma adesso arriva la conferma ufficiale. Le persone anziane più sessualmente attive sfodererebbero una memoria migliore e un più elastico funzionamento delle capacità cerebrali generali. Lo racconta ora, sulla stessa linea di una precedente ricerca statunitense, un’indagine dell’olandese Altrecht Mental Centre pubblicata sull’”American Journal of Geriatric Psychiatry”, che ha messo sotto la lente – anzi, alla prova con una serie di complicati testi mentali e relativi questionari – 1.700 volontari fra i 58 e i 98 anni, per un’età media di 71 anni. Tre quarti del campione aveva un partner stabile. Risultati: più sesso facevano – o meglio, più quell’elemento era parte integrante ed essenziale della loro vita – più le loro prestazioni nel risolvere quei quesiti si rivelavano brillanti. Viceversa, chi aveva chiuso da tempo col sesso si è rivelato carente nel risolvere i compiti assegnati. Ci sarebbe di più. Il sesso in età avanzata contribuirebbe in qualche modo a stabilire nuovi percorsi ed

inedite attività cerebrali. Anche sotto il profilo

emozionale. Non è d’altronde un’autentica novità: l’abilità dell’amore e del sesso nell’innescare questo genere di cambiamenti è stata per esempio descritta – spiega in quale modo Liz Hodgkinsong del Telegraph, raccontando anche la sua esperienza personale – nel libro The Brain That Changes Itself dello psichiatra statunitense Norman Doidge. “Quando ci innamoriamo – dice il medico – il cervello cambia. Non è solo una sensazione, ma una trasformazione che dà vita a nuovi schemi e connessioni”. Tornando allo studio olandese, un quarto del campione ha risposto che la sessualità è importante o addirittura molto importante nella propria esistenza, mentre il 41% l’ha al contrario definita irrilevante. Quasi il 28% si è poi detto d’accordo con la tesi che con l’età avanzata quella dimensione non abbia più molto peso, mentre il 42% ha affermato l’esatto contrario. Infine, il 32% del campione ha etichettato i propri rapporti come soddisfacenti, mentre il 67% ha messo l’accento sulla dimensione dei preliminari, ancora e soprattutto necessari nelle persone anziane.


PROSSIMI SEMINARI CON CFP

Photo by Jennifer Birdie Shawker on Unsplash


25 gennaio 2019

Il sistema sanitario in Italia e in Europa: le best practices e le politiche del welfare - c/o Fast, p.le R. Morandi 2 - Milano Vengono presentati i dati dei 40 anni del Sistema sanitario nazionale e la sua evoluzione con l’implementazione di servizi innovativi per i pazienti (medicina personalizzata, ehealth, telemedicina, nuove app per patologie e di prevenzione, etc.). Viene spiegata l’evoluzione dei comitati etici e i progetti di comunicazione sui temi sanitari integrati tra pubblico e privato con esperienze italiane ed europee. Con contributi di: . Giulio Gallera, assessore al Welfare Regione Lombardia . Francesco Conti, Medtronic Italia . Marco Trivelli, direttore generale Ospedale Niguarda Ca’ Granda . Lorenzo Mantovani, professore associato Università Bicocca . Andrea Silenzi, VIHTALI.

25 febbraio 2019

Le città della salute: saperne di più per meglio informare e coinvolgere la cittadinanza - c/o Comune di Brescia, p.za della Loggia “Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili”: è questo l’obiettivo 11 che le Nazioni Unite desiderano realizzare entro il 2030. Sulla stessa linea l’organizzazione internazionale delle città e delle regioni; la sua visione 2018-2024 è modellata su: basse emissioni, natura, economia circolare, resilienza e attenzione alle persone. Siamo dunque tutti chiamati a collaborare per migliorare energia, trasporti, pianificazione urbana per mitigare gli effetti del clima e dell’ambiente sulla salute. Con contributi di: . Emilio Del Bono, sindaco di Brescia . Enrico Agabiti Rosei, professore emerito Clinica medica Università di Brescia . Laura Depero, ordinario Scienza chimica, Fondamenti chimici delle tecnologie . Francesco Donato, ordinario Scienze mediche, Igiene generale e applicata, Università di Brescia . Alberto Arenghi, associato Ingegneria civile, architettura, territorio, ambiente, Università di Brescia .Marco Medeghini, direttore generale Gruppo Brescia Mobilità.

Per informazioni : ugis@ugis.it - tel. 02.77790322


DOTTOR ALESSANDRO LITTARA

andrologo e chirurgo

Prostatite: i consigli dell’andrologo

Photo by Alberto Bindi e Francesca Fadalti


#sessualità

L’infiammazione della prostata- o “prostatite”- rappresenta una delle patologie più frequenti che colpiscono l’apparato urogenitale maschile. Cominciamo col vedere che cos’è la prostata: si tratta di una ghiandola (che forse crea più problemi che vantaggi all’uomo), deputata alla produzione di liquido seminale, ossia di quel liquido in cui nuotano gli spermatozoi. E’ situata subito al di sotto della vescica, e il canale che porta all’urina passa proprio nel mezzo della prostata, per cui qualsiasi patologia di quest’ultima si trasferisce facilmente alla vescica e perciò alla minzione in generale. Una delle patologie più frequenti della prostata è la sua infiammazione, cioè per l’appunto la prostatite. Una condizione per cui la prostata aumenta di volume, diventando edematosa, congesta e dolente. L’uomo, da parte sua, avverte un fastidio piuttosto evidente in basso, come di un aumentato peso. Per quanto riguarda i sintomi, bisogna sottolineare come ci siano varie forme di prostatite: da quelle più lievi – in questo caso si parla di “prostatiti silenti”, perché praticamente asintomatiche – alle forme più evidenti, delle quali è facile accorgersi perché si ha una produzione di liquido abbondante dalla punta del pene, specie quando si è in bagno per liberarsi, ma anche prima dell’attività sessuale. Si rende necessaria subito una visita andrologica, che servirà per capire l’entità del problema ma soprattutto per stabilire le terapie, non prima di aver esaminato dal punto di vista laboratoristico quale germe sia implicato nel problema. Quindi, la soluzione c’è ma ovviamente dobbiamo fare una classificazione del quadro che abbiamo davanti noi specialisti. Da tener presente che, se il problema viene trascurato, la prostatite tende a cronicizzare, e una prostatite cronica seguirà per tutta la vita l’uomo, con periodi di riacutizzazione e di varie problematiche associate.


FRANCESCA FADALTI

#soloperituoiocchi un sondaggio OSVI per ribadire l’importanza dei controlli della vista

Illustration by Attilio Ortolani


#salute

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre l’80% dei deficit visivi può essere prevenuto o curato. E, sempre secondo le stime dell’Oms, senza interventi decisi, l’84% di tutti i casi di cecità e ipovisione riguarderà gli ultracinquantenni. Eppure, la metà degli italiani non fa mai controlli della vista, e tra il 30% che ha effettuato negli ultimi 12 mesi una visita oftalmologica 1 su 5 dichiara di essere tranquillo perché l’ha fatta dall’ottico. Questi ultimi dati sono stati presentati a Roma lo scorso 13 dicembre (data scelta non a caso, visto che in questa giornata si ricorda Santa Lucia, protettrice della vista) e sono frutto di un sondaggio online realizzato da OSVI, Osservatorio per la Salute della Vista (www.osvi.it), nato un anno fa per sensibilizzare sull’importanza della prevenzione. Obiettivo del sondaggio: capire quanta cura dedicano gli italiani alla prevenzione e alla difesa della vista. Nove domande mirate a raccogliere informazioni sulle abitudini di uomini e donne tra i 45 e i 60 anni. Per il professor Carlo Nucci, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oculistica presso il Policlinico Universitario di Roma Tor Vergata, l’apparato visivo è una sorta di finestra del cervello e della salute generale verso l’esterno. Ecco un paio di suoi promemoria per noi: ►Sottoporsi ad una visita oculistica periodica è di estrema importanza ed altrettanto fondamentale è rivolgersi alla figura professionale corretta per non incorrere in possibili rischi per la nostra vista. L’oculista è il medico specialista qualificato per diagnosticare e curare le malattie degli occhi, eseguire interventi chirurgici, prescrivere occhiali ed applicare lenti a contatto. ►Ricordarsi che avere dei disturbi agli occhi di cui non si riesce a capire la causa può essere l’unico campanello d’allarme di malattie di altra natura (neurologiche, immunologiche, vascolari, ecc.). Inoltre, gran parte delle patologie oculari sono silenti e non causano disturbi se non in fase avanzata, quando ormai l’occhio può risultare definitivamente compromesso. “Porto ad esempio la cataratta- spiega Nucci-; è una patologia che spesso si riscontra dopo i 60 anni; evolve in maniera estremamente lenta, così il paziente può addirittura non accorgersene.


Illustration by Attilio Ortolani

Ci si abitua a veder meno, vedere i colori con una diversa tonalità e non si dà peso a questi segnali perché il nostro organismo è abilissimo ad adattarsi. Tuttavia, tutto ciò può interferire sulla qualità della vita che ci spinge ad attività più tranquille, a non prendere la macchina alla sera, ad incorrere in piccoli incidenti domestici”. C’è di più. Una visita oftalmologica completa ci permette, anche, d’individuare la presenza del glaucoma, malattia a carattere neurogenerativo ( in Italia si parla di 4.500 nuovi casi di cecità ogni anno a causa di questa patologia), che se individuata in una fase troppo avanzata non si riesce più a recuperare, mentre il danno che si è acquisito diventa irreversibile. (al glaucoma GenerazioneOver60, in aprile, dedicherà un completo e aggiornato dossier, ndr). • Un altro aspetto su cui ha voluto indagare il sondaggio riguarda le motivazioni delle visite. Il 30% lo ha fatto perché gli serviva una revisione degli occhiali da vista, il 10% perché aveva un disturbo, l’8% per un controllo periodico, e solo il 6% per fare prevenzione.


• L’aderenza alla terapia, poi, è senz’altro uno dei problemi più importanti nel trattamento del paziente glaucomatoso - interviene Nucci -: solitamente i pazienti devono somministrare più colliri più volte al giorno e spesso non sono in grado di instillarli correttamente trovando difficile l’utilizzo dei flaconcini che li contengono. Ciò riduce fortemente la loro qualità di vita e li porta a dimenticanze o ad errori di somministrazione. Gli effetti collaterali di una terapia ipotonizzante locale sono inoltre, sovente, causa dell’abbandono della terapia. E’ pertanto compito del medico oculista sensibilizzare il paziente sull’importanza del corretto uso della terapia topica e valutare l’eventuale ricorso alla chirurgia per ottenere, qualora necessario, un maggiore effetto terapeutico”. • Un altro dato è quello relativo alle gocce oculari. Il 62% degli intervistati le utilizza solo per risolvere problemi occasionali, il 28% non le usa affatto, ma il 10% vi ricorre per condizioni croniche (per esempio, il glaucoma o la sindrome dell’occhio secco). Tra le problematiche che limitano il ricorso ai colliri, il 14% segnala che la goccia esce dall’occhio, il 9% ha difficoltà a mantenere l’occhio aperto e un altro 9% (uno su 10) dichiara di aver bisogno necessariamente di qualcuno che l’aiuti, con il rischio di abbandonare la terapia o non seguirla correttamente. Ecco perché nel sondaggio Osvi, un intervistato su 5 (il 21%) dichiara che la situazione ideale sarebbe poter assumere una compressa anziché mettere le gocce. Anche la ricerca sta prendendo atto di queste esigenze e, soprattutto nell’ambito del glaucoma, sta cercando di trovare nuove modalità di somministrazione, sia per le terapie ipotonizzanti sia per quelle di supporto ad azione anti-ossidante. E’ il caso del coenzima Q10 (sostanza ad azione neuroprotettiva) ora disponibile anche sotto forma di compresse. “Certamente- spiega il professor Stefano Gandolfi, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oculistica dell’Azienda Ospedaliero - Universitaria di Parma - il CoQ10, assunto per bocca, è un modo per affrontare il problema della difficoltà nella somministrazione dei colliri ed è una opportunità in più, soprattutto nel paziente che già segue una multiterapia topica con gocce”. Infine, per concludere e per contrastare il naturale processo d’invecchiamento dell’occhio, spiegano gli specialisti, è fondamentale abbinare ai regolari controlli un’alimentazione sana, una vita all’aria aperta e una regolare attività fisica.


FRANCESCA FADALTI

Pelle di Luna

Photo by Stux on Pixabaj

Sul viso vince la tintarella di luna. L’incarnato bianco ed etereo, di antico retaggio, dove la pelle è senza discromie, compatta, luminosa e naturalmente idratata è possibile anche per gli over 60 senza trucco e, soprattutto, di prima mattina, quando si deve affrontare l’ambiente esterno con tutti i “pericoli” che esso comporta. Lo dobbiamo considerare uno specchio di come stiamo e del nostro stile di vita. È, anche, un filtro che ci protegge dall’ambiente esterno - ricordiamo che è l’organo più esteso del nostro corpo - e se non la curiamo con attenzione, tenderà ad invecchiare prima del tempo.


#bellezza

Come

fare?

Esistono

diversi

trucchetti

da

mettere

in

pratica

facilmente, che ci svela Francesca Filippi, farmacista che ha creato uno spazio

FARNACIA

FILIPPI

a

Erba,

in

provincia

di

Como,

in

Bartesaghi 1, dedicato alla salute e al benessere della persona

Corso come

concetto rinnovato di farmacia. Qui durante gli incontri chiamati “La coccola per il tuo viso” è possibile

ascoltare tanti utilissimi consigli e pro-

vare direttamente i prodotti proposti da questa particolare farmacia. Ecco le prime 5 “Regole d’oro” per essere più “pulite” e belle. 1) Dalla Corea ci insegnano come prendersi cura, in tutta calma, del proprio viso almeno due volte al giorno (mattina e sera) per pulirsi e struccarsi. L’olio struccante è il primo passo per la skin care routine. La texture oleosa dei prodotti di questo tipo è particolarmente affine alla pelle e alla rimozione di make up e delle impurità dal viso. 2) Dopo aver rimosso “il grosso” dal viso si può passare alla seconda detersione, più profonda, con un classico detergente scelto in base al tipo di pelle. 3) Quindi è consigliato passare il viso e il collo con un cubetto di ghiaccio. Si tratta di una fisiologica ginnastica per il viso che favorisce l’ossigenazione e il corretto metabolismo cellulare. 4) Due volte alla settimana bisogna esfoliare il viso per consentire alla pelle di essere luminosa e libera da cellule morte e impurità. 5) Per finire questa prima parte, si deve utilizzare il tonico, che riequilibra il naturale Ph dell’epidermide, rimuove ogni residuo di impurità e prodotti detergenti applicati in precedenza e crea un ambiente favorevole per l’assorbimento delle creme. Con queste prime regole abbiamo imparato a preparare la nostra pelle ad accogliere il nutrimento più corretto per la nostra pelle: questo lo scopriremo prossimamente, sempre con l’aiuto di Francesca Filippi. Che che ci saluta ricordandoci: “La pelle è un foglio sottile che avvolge il nostro corpo, un confine tra il mondo esterno e quello interno”.


PAOLA EMILIA CICERONE

giornalista scientifica

“Essere cura. Una rivoluzione gentile” di Monica Melendez

Grafica di Antonella Ficarra


#da

leggere (o rileggere)

“Piuttosto che di persone “over” o di anziani, preferisco parlare di età evoluta“, esordisce Monica Melendez, che abbiamo incontrato per parlare del suo Essere cura. Una rivoluzione gentile, uscito a settembre e acquistabile su Amazon in formato Kindle e cartaceo (www.amazon.it/Essere-Cura-Una-rivoluzione-gentile/dp/B07H5VTHFR/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1538492703&sr=8-1&keywords=essere+cura). Parliamo di un saggio “sull’arte del benessere e del vivere bene”, come lo definisce Melendez, nato per proporre a un pubblico sempre più ampio le esperienze dell’autrice, terapista a mediazione corporea con esperienze di posturologa e counselor, che ha radici lombarde ma è nata e cresciuta a Palermo e “apolide per scelta”. E per mostrare ai lettori come migliorare la qualità della propria vita. A prescindere dall’età: “Il nostro corpo ha più risorse di quelle che culturalmente siamo abituati ad attribuirgli”, spiega Melendez . “Mi piace ricordare una frase di Tao Porchon-Lynch, cento anni compiuti il 13 agosto scorso, insegnante di yoga: ‘Non credo nell’età, credo nell’energia’. Io ho pazienti ultra novantenni che hanno sperimentato per la prima volta con me un trattamento corporeo, e ne hanno tratto beneficio”. Particolarmente in questi tempi complessi: “Viviamo in una società in rapidissima evoluzione che ci impone ad adattarci a cambiamenti sempre più rapidi”, prosegue l’autrice, “proprio per questo possiamo trarre giovamento da strumenti come la mindfulness, e più in generale la meditazione, che ci aiutano a fluire con grazia nel tempo, rimanendo in contatto con noi stessi“. Spesso, poi, è proprio la maturità che porta con sé la capacità di ascoltarsi, di individuare le tensioni che hanno bisogno di essere sciolte: “In casi come questi anche una sola seduta può bastare ad aprire la biografia della nostra vita e a ri/trovare risorse preziose ”.



L’invito dell’autrice è a riscoprire l’importanza dell’ascolto: “Troppo spesso ci occupiamo del nostro corpo solo quando siamo costretti da un dolore o da un disagio fisico che ci impedisce di muoverci o di vivere come vorremmo, o quando le mutazioni che avvengono nelle diverse età biologiche ci spingono, attraverso la difficoltà o la paura generate da fisiologici cambiamenti, a sottoporci a visite specialistiche lunghe e spesso dispendiose, esami clinici o terapie”, ricorda Melendez. “Il mio invito è a riaprire serenamente il dialogo con il proprio corpo: un dialogo che ha il sapore delle intime conversazioni con gli amici più cari, quelli che il tempo ti restituisce anche dopo tanti anni con la complicità di sempre”. Un messaggio semplice - “ma semplice non vuol dire sempre facile”, sottolinea l’autrice - come sono semplici i suoi suggerimenti: l’attenzione al respiro, un bagno caldo da vivere come un momento dedicato a se stessi, uno sguardo diverso sulle cose di ogni giorno. E poi l’attenzione al presente e la capacità di apprezzare ogni momento - “quando siete felici fateci caso”, è l’invito di Melendez- ma anche l’attenzione alle radici, ai legami familiari e affettivi di cui è intessuta la nostra vita, “perché imparare a stare bene con se stessi è il primo passo per stare bene anche con altri”. Ed Essere cura. Una rivoluzione gentile è di per se stesso un libro esperienziale, che accanto alle testimonianze dell’autrice e dei suoi pazienti propone semplici esercizi da fare nella tranquillità della propria casa, integrati dai suggerimenti di musiche da ascoltare “se gradite, altrimenti si può scegliere un’altra musica che ci piace, o il silenzio, importantissimo per ritrovarsi”, spiega l’autrice. “Un maestro come Thich Nhat Hanh ci ricorda che abbiamo bisogno di silenzio come dell’aria, perché se le nostre menti sono affollate di parole non c’è posto per noi”. E intanto il dialogo con lettori e pazienti continua, attraverso un blog (http://monicamelendez.it/) e una pagina Facebook (www.facebook.com/esserecura).


MINNIE LUONGO

giornalista scientifica

Un film che racconta l’antieroe che realizzò il sogno dell’umanità


#da

vedere/ascoltare

Oggi la si definirebbe una fake news. Nel 1976 la “teoria del complotto lunare”“Moon Hoax”, ossia “frottola della Luna”- approdò sui principali media dopo la pubblicazione del libro “Non siamo mai andati sulla luna” (We Never Went to the Moon), dell’americano Bill Kaysing. In pratica: le prove degli allunaggi sarebbero state falsificate dalla NASA, con la collaborazione del governo degli Stati Uniti, in competizione con l’URSS per la conquista dello spazio nel panorama generale della guerra fredda. Secondo i teorici del complotto, le immagini degli allunaggi sarebbero semplici riprese fatte in studio con l’ausilio di effetti speciali. Secondo Kaysing, addirittura, sarebbe stato il regista Stanley Kubrick, già famoso per gli effetti speciali nel suo film 2001: Odissea nello spazio, a realizzare i filmati. L’incarico gli sarebbe stato assegnato sotto la minaccia di rendere pubblico il coinvolgimento di suo fratello col partito comunista. Peccato che Kubrick non abbia mai avuto alcun fratello, ma solo una sorella minore, e che la stessa figlia del regista abbia definito in maniera categorica tutta la questione “una menzogna grottesca”. Premesso ciò, per chi scrive l’uomo ci arrivò, eccome, sulla Luna. Un film da non perdere a questo proposito è First Man, scritto da Josh Singer (che l’ha adattato dall’omonimo romanzo di James R. Hansen), diretto da Damien Chazelle e interpretato da Ryan Gosling e Claire Foy. Il primo uomo ci mostra Neil Armstrong, che mezzo secolo fa per l’appunto fu il primo uomo a camminare sulla Luna, grazie alla missione Apollo 11, con una narrazione fatta dal punto di vista di Neil Armstrong e di sua moglie Janet. La storia inizia nel 1961, quando Armstrong volò oltre l’atmosfera pilotando un aereo-razzo. Il 1961 è anche l’anno in cui John F. Kennedy si espresse così sulla scelta di andare sulla Luna entro quel decennio: “ non perché è una cosa facile, ma perché è difficile”. E un’idea della difficoltà della missione la dà il fatto che i computer usati avevano una potenza di calcolo inferiore a quella dello smartphone che usiamo tutti noi quotidianamente …


Foto gentilmente concessa da: Ufficio Stampa Agenzia Spaziale Italiana


Oltre a parlare di razzi, gravità e complicate missioni spaziali First Man pone in primo piano l’uomo Armstrong: un tipo discreto ma determinato, segnato da un grave lutto (la morte della figlioletta a due anni) . Si tratta del primo film che si cimenti nel raccontare la storia di Armstrong – mancato nel 2012, pochi anni dopo aver raccontato la sua storia per il libro da cui è tratto il film – e vanta grandi nomi che hanno contribuito alla sua lavorazione. A partire da Damien Chazelle, di soli 33 anni che arriva da La La Land, film diversissimo, ma di grande successo, per continuare con Ryan Gosling (qui esempio massimo di recitazione sobria e contenuta, che è l’unico che Chazelle ha detto di aver preso in considerazione per interpretare Armstrong), e quindi con Claire Foy, nella parte di sua moglie (vincitrice di un Emmy e un Golden Globe per essere stata la regina Elisabetta in The Crown). La colonna sonora è di Justin Hurwitz, la fotografia di Linus Sandgren e il montaggio di Tom Cross: tutti hanno vinto almeno un Oscar per La La Land o per Whiplash, il precedente film di Chazelle, il quale ha raccontato di aver deciso di girare First Man «durante la pre-produzione di La La Land». Infine, il produttore esecutivo, giusto per concludere l’elenco di nomi importanti, è Steven Spielberg. First Man spiega bene, tra le altre cose, tutte le qualità fisiche, mentali e morali richieste per essere un astronauta, in particolare in quegli anni. A.O. Scott ha ben commentato sul New York Times che «First Man è soprattutto l’analisi di un personaggio: un’Odissea con un enigmatico e diffidente Ulisse»; con una Penelope «leale, ansiosa, arrabbiata e sfinita». Per noi over60, che quel 21 luglio 1969 lo vivemmo con il naso spiccicato sullo schermo del nostro televisore ancora in bianco e nero, l’allunaggio resta un’ennesima conferma che i sogni si possono realizzare. E soprattutto che è fondamentale non perdere mai la capacità di costruire e portare a termine il nostro sogno. Qualunque sia. E questo film sta a dimostrarcelo. Alla faccia dei complottisti, che, anche per assurdo avessero ragione, non conosceranno mai davvero la potente sensazione di coltivare e credere nel Sogno.


NICOLA FORCIGNANO’

giornalista

Un semplice esempio a dimostrazione della diabolica macchina burocratica italiana

Foto by Nicola Forcignanò


#cose

dall’altro mondo

La mia banca in Italia mi ha comunicato che essendo io residente in Thailandia, ha dovuto chiudere il mio normalissimo conto corrente per aprire così vogliono le normative degli istituti di credito - un “conto estero”. E fin qui, anche se non ho capito la differenza tra i due conti, diciamo che è tutto normale. La cosa che non è normale è la montagna di documenti che mi hanno inviato perché io e mia moglie li firmassimo. Potete vedere la foto qui sotto. Tenete conto che ogni cartellina contiene diversi fogli. Li ho letti e riletti; ogni documento ripete le cose stampate sul precedente. Al di là delle imprecazioni (e altro) tirate ogni volta che s’inceppava la stampante, mi sono chiesto: come può andare avanti un Paese strangolato così dalla burocrazia? Io sono un vecchio pensionato che aspetta la morte e null’altro ha da fare, ma può un imprenditore, un professionista, un commerciante buttare via mezza giornata per correre dietro a tutte queste inutili cartacce?


ANTONIO GIUSEPPE MALAFARINA

giornalista

Cos’è la disabilità?

Foto by andreas160578 on pixabay

Photo by Gmwolford on Pixabaj

La disabilità ha un che di mitologico: tutti la conoscono ma nessuno sa cosa veramente sia. A intuito riconosciamo una persona in carrozzina come una persona disabile. Dinnanzi a una persona autistica le prime titubanze, anche se non ce lo diciamo chiaramente: sentiamo che ha qualcosa che non va ma non sappiamo scendere nei dettagli. Di fronte a una persona diabetica non abbiamo il minimo dubbio: è malata, la disabilità è un’altra cosa. Tutte queste pseudo certezze provengono dal nostro retaggio culturale, cioè storico.


#pillole

di disabilità

Col suo retroterra di condizione figlia del peccato, inizia a venire storicamente connotata con quegli individui che hanno un difetto rispetto alla normalità. Entra nelle coscienze come tutto quello che di legato alla sfera biologica dell’umano non corrisponde in positivo all’usualità e deve essere circoscritto o eliminato per il bene comune. La scienza stessa, costretta nei limiti tracciati dalle conoscenze mediche e dalla relativa disponibilità di tecnologia strumentale, ha avuto il suo da fare a confrontarsi con il tema. Con quali strumenti avrebbe potuto confutare le affermazioni elleniche e preelleniche sull’epilessia come manifestazione divina? Ci provarono gli ippocratici, ma sulla base di congetture che non riuscirono a scardinare le convinzioni più diffuse. Fra credenze e congetture ci vorranno gli anni delle scoperte scientifiche per conoscere meglio alcune forme di disabilità e, quindi, identificarne maggiormente i suoi tratti salienti. Ma se questo avverrà a livello scientifico, a livello popolare permarranno lacune sul concetto di disabilità che ci porteremo con noi sino ai giorni nostri. Dovremo aspettare il finire degli anni Settanta e gli inizi del decennio successivo affinché la cultura occidentale inizi a concepire l’affare disabilità nella sua totalità e delineare i concetti oggigiorno più noti. Prende in quegli anni definitivamente forma il concetto di handicap, che, secondo il documento dell’Organizzazione mondiale della sanità del 1980 Icidh (international classification of impairments, disabilities and handicaps), consiste in uno svantaggio sociale derivante dalla disabilità. Quest’ultima è data dall’incapacità a svolgere funzioni rispetto alla media e, a sua volta, dipende da una menomazione, cioè da un’alterazione fisica o psichica della persona derivante da una malattia o da un trauma. Con questo modello l’Occidente entra nella cultura dell’handicap, oggi superata ma nient’affatto scorretta ai tempi. Uno dei maggiori limiti dell’approccio del 1980 sta nel considerare l’handicap come risultanza di una sequenzialità che va dalla malattia allo svantaggio sociale passando per l’inadeguatezza a corrispondere a fattori standard.


Photo by Yomex Owo on Unsplash


Non si vede perché un eventuale svantaggio sociale debba derivare da una menomazione derivante da una malattia o un trauma. Inoltre l’approccio della classificazione è prevalentemente medico. Sappiamo, invece, che ben diverso è muoversi su una carrozzina in un ambiente accogliente piuttosto che in uno ostile. A parità di condizione clinica il fattore ambientale risulta determinante per definire la condizione di disabilità di una persona. Nel 2001, pertanto, la stessa Organizzazione mondiale della sanità introduce l’Icf (international classification of functioning disability and health), che prende in considerazione la condizione di salute della persona in funzione dell’ambiente circostante. Principio cardine e tutt’oggi in vigore, benché si consideri che quello della disabilità sia un concetto in evoluzione. Il rapporto fra condizione della persona e ambiente è altresì ribadito nel principale documento mondiale sui diritti delle persone con disabilità, cioè la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, che nel nostro Paese è legge dal 2009. La risposta alla domanda cosa sia la disabilità è, dunque, la seguente: la disabilità consiste nel rapporto fra la persona, con le sue condizioni di salute, e l’ambiente e si genera quando questo rapporto è sfavorevole. La disabilità coincide con una relazione sfavorevole fra la persona, con il suo stato di salute, e ciò che la circonda. Parlare di Icf vuol dire parlare anche di partecipazione, cioè di come l’individuo sia in grado di interagire con ciò che l’ambiente mette a disposizione. Vuol dire parlare di funzionamento della persona, cioè di ciò che ha rispetto a ciò che non ha. Vuol dire considerare che esistono facilitatori e barriere che intervengono nel processo di partecipazione, come possono essere gli ascensori o gli scalini, gli ausili o la loro indisponibilità e via dicendo. L’ambiente deve essere considerato nella sua universalità di struttura fisica, sociale, culturale e tutto quanto componga l’intorno della persona. In estrema sintesi, la disabilità risiede nel rapporto fra persona e ambiente. È questa l’era dell’ambiente e della persona. Della persona al centro di tutto, perché se è una persona il soggetto al centro del concetto di disabilità è anche persona ogni elemento che in gran parte compone l’ambiente più o meno accogliente in cui essa agisce.


LISA MARINO

coach fitness

Remise en forme dopo le feste

Photo by Meghan Holmes on Unsplash

Eccoci di nuovo al solito, praticamente immancabile, problema dei chili accumulati durante le feste natalizie e il periodo successivo. Per smaltirli vi suggerirò tre semplici esercizi cardiovascolari, da poter praticare facilmente nelle vostre abitazioni per bruciare velocemente grassi e, al contempo, tonificare. Perché siano utili, attenzione, è importante però ripeterli con costanza, tutti i giorni!


#in

forma

►Squat jump Per la tonificazione di gambe e glutei: Posizione eretta, gambe divaricate e piegamento Squat, con spinte in alto per cui “mi piego Squat” e mi spingo verso l’alto con un balzo. Ripetere questo esercizio per 15 volte per una serie di tre. Per una corretta esecuzione riassumiamo qui i seguenti 4 passaggi del “movimento Squat”: 1) posizionarsi eretti, con le gambe divaricate a larghezza delle spalle; braccia tese in avanti 2) piegare le gambe e scendere, controllando il movimento e non in modo brusco, fino ad arrivare in accosciata completa 3) saltare verso l’alto, aiutandosi con un leggero movimento delle braccia 4) ammortizzare con le gambe la fase di arrivo. E’ importante non atterrare con la piena pianta del piede o sul tallone. Invece, bisogna atterrare prima sulla punta del piede, e poi passare a poggiare prima la pianta, e quindi il tallone. ►Plank Per la tonificazione di addome e spalle: Sdraiata a terra, in appoggio sui gomiti e sull’avampiede, rimango in posizione orizzontale; immobile, resto sollevata da terra. Manteniamo la posizione per 30 secondi per una serie di tre. ►Salto con la corda Per la tonificazione di cosce e glutei: Il classico salto della corda è sempre ottimo(non a caso viene eseguito in tutti gli allenamenti, praticamente di qualsiasi sport, e molto spesso in palestra, prima di ogni lezione ) ed è molto utile per smaltire peso e per tonificare gambe e braccia. In mancanza della corda mimiamo il salto della corda muovendo le braccia ed eseguendo piccoli saltelli. Ripetere 30 secondi, sempre per una serie di tre.


FRANCESCA FADALTI

Cucina, ricordi e sensualità La nostra casella di posta elettronica, nella rubrica dedicata chiamata “Voi”, ha cominciato a ricevere le prime gradite mail da parte di qualcuno dei tanti followers che ci hanno seguito nel primo numero. A proposito del nostro incontro con Antonio Sironi, ci è stato espressamente chiesto di approfondire la chiacchierata con questo cuoco così particolare, colto e affabulatore. Aderiamo volentieri all’invito … tuttavia, essendo l’inizio dell’anno (periodo di buoni propositi, fra i quali generalmente quello di mettersi a dieta), lo facciamo a modo nostro. Ossia, la ricetta la rimandiamo alla prossima volta, mentre qui ci nutriremo “solo” dei racconti del nostro ospite, anima del ristorante “Il Grillo” situato a Capiago Intimiano, in provincia di Como, in via Chigollo 6. Sedurre con il cibo è un’arte che nasce davanti ai fornelli: tutti i sensi vengono attivati e per conquistare la persona amata entrano in gioco sapori, fantasie e ricordi. Il desidero principale è quello di condividere e far scoprire le proprie passioni legate al gusto con chi si siede davanti a noi. E’ questo il vero ingrediente afrodisiaco che possiamo utilizzare. Siamo NOI ed è, un po’, come amare. Il nostro cuoco, così, inizia a snocciolare racconti: “I ricordi sono indissolubilmente legati ai sensi e, per me, al piacere della cucina. Sono cresciuto vicino a delle donne incredibili: le mie zie, le mie nonne, mia mamma, che avevano tutte l’abilità di cucinare ma soprattutto la capacità d’improvvisare che, poi, rappresenta l’accoglienza.


#intervista

con ricetta

Accogliere gente con quattro cose, con la dispensa che si aveva a disposizione, mettere in piedi una tavola, questo rimane dentro e migliora la qualità della propria vita. Si crea un legame con i piatti, i fornelli, le materie prime e, anche, sul gusto di approfondire le cose. Ad esempio, la mia lontana zia chiamata Giannetta, una donna di solo un metro e cinquanta ma un gigante rispetto a tanti chef stellati di oggi, aveva una cultura sui prodotti, sulla preparazione... insomma, era onnisciente. Queste sono esperienze che ti condizionano in positivo. Adesso sto rileggendo di Isabel Allende “Afrodita. Racconti, ricette e altri afrodisiaci”, un libro fantastico che collega il cibo a tutti gli aspetti istintivi, sensoriali, erotici ed emotivi della vita della scrittrice. Non ho mai capito precisamente quale sia il meccanismo: io mi immagino dei profumi e dei sapori e poi cerco di metterli in pratica. Questi arrivano come ricordi dalle mie prime fasi della vita, dall’infanzia dove hanno avuto un impatto fortissimo. Sento questi profumi in testa e poi devo andare subito a casa e mettere insieme qualche cosa; se riesco a mantenere la memoria, il risultato incredibilmente corrisponde alla sensazione primitiva. Questa improvvisazione mi rende famoso in negativo perché non peso mai niente e faccio a braccio; è una cosa che ho ereditato da donna Renata, mia mamma, persona straordinaria. Anche per lei la bilancia non esisteva, ma la pasta sfoglia che faceva non l’ho più mangiata in vita mia: si scioglieva ancora prima di guardarla. Così concludo ricordando quanto detto la volta scorsa: nella cucina percepisco una grande sensualità, uno spiccato istinto e un coinvolgimento di tutta la mente”.


ALESSANDRO BRENNA

In strada per il campo base dell’Everest

Photo by Alessandro Brenna


#”in

movimento”

Io e Niels ci siamo incontrati in Nepal, all’aeroporto di Lukla, a 2700 metri di quota, ed entrambi eravamo diretti al campo base dell’Everest. L’incontro è Bazar,

a

avvenuto in una ripida salita che portava a Namche

quota

3400.

Io

italiano

lui

norvegese,

io

55

anni,

lui

73.

Da subito mi ha colpito la differenza di età e di come lui potesse ancora cimentarsi in imprese del genere. Gli ho allora domandato il perché del suo viaggio e lui con un sorriso mi ha detto: “Ale, l’importante è mantenere la progettualità interiore, la voglia di fare, l’ottimismo nei risultati, il desiderio della conoscenza. Alla mia età posso fare quasi tutto solo con più lentezza, un po’ più di fatica, tempi di recupero più lunghi e qualche sofferenza in più; ma se dentro di te hai il motore che ti spinge a fare, a conoscere, a sperimentarti, allora quasi niente è impossibile. Certo, non posso andare in cima all’Everest come d’altro canto non lo possono fare molte persone. Ma come molte persone posso arrivare al suo campo base. L’altro elemento fondamentale è percepire, conoscere i propri limiti e non oltrepassarli.

Se

vai

oltre

sei

per

forza

destinato

alla

resa,

ma

in

questo non sono diverso dai trentenni e dagli alpinisti. I limiti variano sempre nella vita a seconda dell’età, delle emozioni che stai vivendo, delle contingenze a cui sei sottoposto, ai tuoi fattori biologici ed altro ancora. Basta guardarti dentro, capire dove sei con i tuoi limiti, dopodichè non rimane che iniziare l’avventura. Con il mio passo lento, le mie frequenti pause arriverò anch’io dove arriverai tu e le uniche differenze saranno solo quelle che prima ti ho detto. Alla mia età considera che la vita non è più frenetica; il tempo scorre

più

lento

ed

entrambi

hanno

significati

diversi

rispetto

ai

tuoi.

Ricorda anche, Ale, che le mie soddisfazioni sono molto maggiori delle tue in un’avventura del genere: vivo, Al

un nostro

avventura,

senso

di

ritorno, ma

riuscita Ale,

per

molto

penseremo

entrambi

Ciao ed in bocca al lupo!”

a 73 anni provi una gioia, un sentirsi maggiori agli

avranno

stessi avuto

che luoghi,

a

55 alla

significati

anni. stessa

differenti.


RAFFAELLA PANNUTI

presidente Fondazione ANT Italia ONLUS

Confusione e incompetenza nei confronti del Terzo settore

Intervengo sul dibattito relativo al taglio, che ancora non capiamo se sarà effettivo o meno, del regime agevolato Ires per il Terzo Settore. Il primo punto da sottolineare a mio avviso è che la Riforma del Terzo Settore era nata con l’obiettivo di mettere ordine in questo campo, cosa che evidentemente non è avvenuta e non sta avvenendo. In questo momento ciò che io vedo è unicamente una grande confusione. FONDAZIONE ANT Italia ONLUS Via J. di Paolo, 36 - 40128 Bologna Tel. 051- 7190111 - Fax 051- 7190150 www.ant.it


#volontariato

& associazioni

E una smisurata incompetenza dei nostri governanti che - oltre a non coinvolgere nelle scelte e nelle decisioni strategiche per il futuro del nostro Paese chi nel Terzo Settore lavora ogni giorno - non tengono nemmeno conto delle leggi pregresse che condizionano gli effetti dell’attuale manovra. La legge di bilancio interviene infatti per tagliare il regime agevolato Ires, che prevede la riduzione al 50% della relativa aliquota. Questo regime è previsto dall’articolo 6 del DPR 601/73; tuttavia è bene chiarire che non si applica a tutto il mondo non profit, ma solo enti non profit e pubblici attivi in settori di particolare rilevanza sociale. La nostra Fondazione, peraltro, da sempre paga per intero l’Ires. Evidentemente i 10.000 malati di tumore che ogni anno dal 1978 assistiamo gratuitamente a domicilio in 35 province italiane non rientrano in un settore di particolare rilevanza sociale, come recita appunto la legge del 1973. Ulteriore complicazione è data dal fatto che l’abrogazione di questa agevolazione non è coordinata con l’entrata in vigore dei regimi forfettari previsti dalla Riforma del Terzo Settore, ancora in attesa del via libera da parte della Commissione Europea. Solo dopo l’entrata in vigore delle nuove disposizioni fiscali previste dalla Riforma, sarebbe infatti stata disapplicata l’agevolazione della riduzione a metà dell’Ires per gli enti che si fossero iscritti nell’istituendo Registro Unico del Terzo Settore. L’agevolazione sarebbe invece rimasta per gli enti che avessero deciso di non iscriversi nel Registro Unico del Terzo Settore. Si tratta quindi di un’abrogazione che penalizza alcuni enti non profit, scardinando in sostanza l’impianto normativo che era stato creato con la Riforma del Terzo Settore, e lasciando alcuni enti senza un regime agevolativo nell’attesa dell’entrata in vigore dei regimi fiscali previsti dalla Riforma. In ogni caso questa abrogazione lascia senza alcun regime agevolativo gli enti che avrebbero scelto di non iscriversi al Registro Unico del Terzo Settore.


Ora, ciò che io vedo è un’assoluta incompetenza nell’affrontare un problema che è strategico per il futuro del nostro Paese, perché il Terzo Settore riesce a sopperire alle tante mancanze che il Pubblico non è più – e non sarà mai più - in grado di coprire. Il Terzo Settore è oggi indispensabile all’Italia in ambiti strategici per il benessere dei cittadini e per lo sviluppo del Paese, come l’istruzione, la sanità, il welfare. Il Terzo Settore genera risorse, crea posti di lavoro, contribuisce alla formazione di un futuro più etico per i giovani e più sereno per gli anziani. Eppure i nostri governanti si accontentano di parlare per titoloni, di colpire furbini e furbetti. Siamo chiari: furbini e furbetti ci sono nel non profit come in ogni altra realtà. Ma il problema non si affronta con la superficialità, la scarsa conoscenza, la poca attenzione. Il Terzo Settore può veramente contribuire a fare la differenza per il futuro del nostro Paese. Non lasciamo che l’incompetenza ne ostacoli per sempre lo sviluppo.

Fondazione ANT Italia Onlus Nata nel 1978 per opera dell’oncologo Franco Pannuti, dal 1985 a oggi Fondazione ANT Italia ONLUS – la più ampia realtà non profit per l’assistenza specialistica domiciliare ai malati di tumore e la prevenzione gratuite – ha curato circa 129.000 persone in 11 regioni italiane (Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Lazio, Marche, Campania, Basilicata, Puglia, Umbria). Ogni anno 10.000 persone vengono assistite nelle loro case da 20 équipe multi-disciplinari ANT che assicurano cure specialistiche di tipo ospedaliero e socio-assistenziale, con una presa in carico globale del malato oncologico e della sua famiglia. Sono complessivamente 520 i professionisti che lavorano per la Fondazione (medici, infermieri, psicologi, nutrizionisti, fisioterapisti, farmacisti, operatori socio-sanitari etc.) cui si affiancano oltre 2.000 volontari impegnati nelle attività di raccolta fondi necessarie a sostenere economicamente l’operato dello staff sanitario.


Il supporto offerto da ANT affronta ogni genere di problema nell’ottica del benessere globale del malato. A partire dal 2015, il servizio di assistenza domiciliare oncologica di ANT gode del certificato di qualità UNI EN ISO 9001:2015 emesso da Globe s.r.l. e nel 2016 ANT ha sottoscritto un Protocollo d’intesa non oneroso con il Ministero della Salute che impegna le parti a definire, sostenere e realizzare un programma di interventi per il conseguimento di obiettivi specifici, coerenti con quanto previsto dalla legge 15 marzo 2010, n. 38 per l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore. ANT è inoltre da tempo impegnata nella prevenzione oncologica con progetti di diagnosi precoce del melanoma, delle neoplasie tiroidee, ginecologiche e mammarie. Dall’avvio nel 2004 sono stati visitati gratuitamente 185.000 pazienti in 88 province italiane. Le campagne di prevenzione si attuano negli ambulatori ANT presenti in diverse regioni, in strutture sanitarie utilizzate a titolo non oneroso e sull’Ambulatorio Mobile - BUS della Prevenzione. Il mezzo, dotato di strumentazione diagnostica all’avanguardia (mammografo digitale, ecografo e videodermatoscopio) consente di realizzare visite su tutto il territorio nazionale. ANT opera in Italia attraverso 120 delegazioni, dove la presenza di volontari è molto attiva. Alle delegazioni competono, a livello locale, le iniziative di raccolta fondi e la predisposizione della logistica necessaria all’assistenza domiciliare, oltre alle attività di sensibilizzazione. Prendendo come riferimento il 2017, ANT finanzia la maggior parte delle proprie attività grazie alle erogazioni di privati cittadini (28%) e alle manifestazioni di raccolta fondi organizzate (25%) al contributo del 5x1000 (15%) a lasciti e donazioni (12%). Solo il 15% di quanto raccoglie deriva da fondi pubblici. Uno studio condotto da Human Foundation sull’impatto sociale delle attività di ANT, ha evidenziato che per ogni euro investito nelle attività della Fondazione, il valore prodotto è di 1,90 euro. La valutazione è stata eseguita seguendo la metodologia Social Return on Investment (SROI). ANT è la nona Onlus nella graduatoria nazionale del 5x1000 nella categoria del volontariato. Fondazione ANT opera in nome dell’ ’”Eubiosia” (dal greco, vita in dignità).


ANDREA TOMASINI

giornalista scientifico

Dagli Almanacchi leopardiani ai calendari di oggi il tempo resta un mistero carico di illusioni


#”di

tutto e niente”

Caldo- quando fa freddo Bello che sia bollente il caffè mentre ti scende dentro. L’apparente pigrizia di quando ci si è appena alzati, il lento riprendere a fare le cose – incluso cercare una felpa perché il termosifone in camera non funziona- tutto può aspettare. Prima il caffè. Non perché senza la lucidità non affiori tra i resti del sonno che si dilegua, ma soltanto per la piacevolezza che ne deriva. Ogni fase dell’anno è differente, in questo. Ora, con il primo freddo, è quel periodo dell’anno che la tazza l’abbracci e quando bevi il caffè appena fatto ti sembra davvero che puoi seguirlo dentro, dal momento in cui lo deglutisci. Ogni sorso è un convoglio che imbocca la via del corpo e si spande, si disperde diffondendo

le

sensazioni.

Mia

nonna

Giovanna,

per

la

quale

ogni scusa era buona per bere un caffè, quando cercava complicità diceva golosa che “una tazzina ti scalda lo stomachino”. Un po’ forse il retaggio di quando il riscaldamento non c’era, e il caldo

era

diffuso da stufe e caminetti – che a casa però non stavano in tutte le stanze. Da ragazzo mi chiedevo come facessero i miei nonni a ricordarsi di espressioni c’erano

o

più.

modi Ora

di

dire

credo

di

di

persone

saperlo.

che

Accade

ormai

da

quando

tempo compi

non

alcuni

gesti e ti accorgi che qualcuno con cui li eseguivi non c’è più e ti manca. Magari son svanito più di quanto non dia a vedere, ma mi capita ancora di pensare che una cosa o un’altra, subito dopo che mi sono accadute, “poi” la racconto a mia nonna o a mio padre. Il fatto che non ci siano più mi sovviene solo una frazione di secondo dopo che il desiderio è affiorato. Con una punta di amaro, quel racconto necessariamente me lo tengo per me – e penso, come se questo pensiero mi potesse consolare davvero, quanto fosse banale ciò che avrei voluto dirle o dirgli. Alla fine è questo che manca, e che innesca, aderendovi, il meccanismo con cui affiorano alla memoria: i ricordi s’incaricano di colmare la lacuna del tempo trascorso quando nel presente s’affievolisce l’intensità delle cose ordinarie che caratterizzando il quotidiano - le “giunte” tra le varie sequenze del giorno e poi della vita, come nel montaggio di un ipotetico film.


Sono “stacchi” che fanno parte del nostro grande racconto, momenti di quel lavoro che si faceva in moviola e oggi al computer: il montaggio delle transizioni tra una inquadratura e l’altra, per indurre gli occhi di chi guarda a posarsi là dove il regista vuole che guardino, mentre le immagini che scorrono (un tempo si sarebbe detto la pellicola) continuano a raccontare la vita mentre accade. Non son certo che ciascuno sia il regista della propria vita, ma che siamo gli artefici del suo montaggio me ne vado persuadendo. Le transizioni avvengono dolcemente solo se il ricordo che affiora riesce a scaldarti il cuore. Il caffè, quello “che scalda lo stomachino”, sorprendentemente, ci riesce. Buongiorno. E buon anno.

Battere il tempo Battere il tempo: lo colpiamo direttamente, ma anche correttamente? Lo battiamo sull’1 – due - 3 - quattro, oppure sull’uno - 2 – tre - 4? Questione di ritmo, si dirà. Certo. Il ritmo è una successione di eventi sonori che spaziano durate e pause, “intervallate nel dominio del tempo” da secondi o porzioni di secondi. Battere il tempo: nel senso di picchiarlo? Lo colpiamo ripetutamente, lo percuotiamo con continuata enfasi. Lo bastoniamo. Con il martello, un colpo alla volta, uno dopo l’altro infieriamo fino a polverizzarlo – quasi. Qual è la ragione di tanto accanimento? Forse così battendolo ci vorremmo poter vendicare del suo transito, che avviene con indifferenza rispetto a dove passa e a cosa travolge trascorrendo. Ecco spiegata la veemenza con cui lo battiamo. Battiamo il tempo: lo colpiamo per marcare il ritmo che sentiamo dentro, che ci fa vibrare, che ci piace – che più sentiamo appartenerci. Scegliamo la musica in funzione dei nostri gusti, dei contesti, dell’estro, della situazione – del tempo che stiamo vivendo.


Ci piace quella che ci sembra possieda il suono e il ritmo della nostra immaginosa rivincita. Per questo ascoltandola non possiamo fare a meno di battere il tempo. Ancor più semplicemente: di quella musica ci piace il fatto che possa essere la colonna sonora della nostra vendetta momentanea. Lo battiamo, ma sembra proprio che in realtà non si riesca a prevalere sul tempo. Lui continua, senza pause – non rallenta, non si ferma. Noi battiamo il tempo con le dita, con le mani, con i piedi, con tutto il corpo che si muove a tempo di musica. La musica funge da scacciapensieri, ci fa scaricare e siamo più leggeri - però lui, il tempo, resiste. E’ come se nulla lo colpisse davvero. Evidentemente ha elevata soglia di dolore: lo picchiamo, ma non sanguina né si abbozza. Indifferente ed elastico, sopporta i colpi che gli infliggiamo battendolo – continua a scorrere come se nulla fosse. Poi, come finisce la musica smette. Non facciamo a tempo ad accorgercene né a rallegrarcene. Una porzione infinitesimale di secondo ed ecco avvenuta la fine. Sbigottiti e senza più espressione in volto, restiamo fermi, immobili, fissi definitivamente. Come se fosse lui ad aver battuto noi – nel senso di vincere, stavolta …


EDOARDO ROSATI

giornalista medico - scientifico scrittore e musicista

Dall’unione del caucciu’ e della colla nel 1952 nasceva lui: Tiramolla

Tiramolla è un personaggio di Roberto Renzi e Giorgio Rebuffi


#il

personaggio

Ci sono personaggi, del fantamondo a fumetti, che risuonano in automatico nella nostra testa anche se magari non ne abbiamo mai sfogliato una sola avventura. Be’, sicuramente è il caso di Tiramolla. Il nome vi dice qualcosa, eh? Schiude ricordi d’infanzia e apre remoti cassetti mentali, vero? Per chi non lo sapesse, ci piace ricordare che è un prodotto dell’immaginario assolutamente italico, felice parto di un brillante signore chiamato Roberto Renzi, giornalista apprezzatissimo nell’ambiente milanese (direttore per diversi anni anche del Circolo della Stampa). Il 23 ottobre dello scorso anno, ahinoi, ci ha lasciato (aveva 95 anni), ma alla cultura fumettistica nostrana ha affidato un’eredità di invenzioni che hanno saputo galvanizzare la fantasia di milioni di lettori in Italia e in altri Paesi europei. Sì, perché appena diciannovenne (era nato a Codorago, in provincia di Como, il 10 febbraio 1923), Renzi cominciò a sfornare storie e characters a ritmo serrato. Il grande colpo di genio giunse quando lesse sul Corriere della Sera un articolo che esaltava le “magiche” performance del silicone. A braccetto con l’editore (Giuseppe Caregaro, fondatore nel 1940 della mitica Edizioni Alpe), decise che avrebbe plasmato un nuovo personaggio ispirandosi proprio alle fantastiche gommosità di quel polimero tanto magnificato. Bisognava però trovare… il nome della cosa. Ci voleva un termine capace di “far presa” sul pubblico (come un sigillante elastico, verrebbe da dire…). Di bucare lo schermo della pagina disegnata, insomma. L’illuminazione arrivò. E grazie alla zia Siglinda. Abitava assieme a sua mamma, che Roberto si premurava di andare a trovare quasi ogni mattina. Un provvidenziale giorno assistette a un siparietto casalingo, con la sorella della madre che si lamentava e sbuffava per colpa dell’idraulico: doveva effettuare una riparazione da tempo, ma l’uomo puntualmente rinviava l’appuntamento. E allora, con accento toscano, la zia Siglinda sbottò: «È quasi un mese che questo qui fa il tiramolla!». Fermo immagine. Il volto di Roberto che basisce. Le sue labbra che delineano un sorriso appagato. Oplà: missione compiuta. Potenza delle parole!


“Figlio del caucciù e della colla” (così si proclama nella sua prima comparsa, sulle pagine del mensile Cucciolo, nell’agosto del 1952), Tiramolla acquisisce fattezze grafiche grazie alla matita del cartoonist Giorgio Rebuffi che verrà in seguito affiancato dal fumettista Umberto Manfrin. La sua rappresentazione è un mix di simpatia e quintessenzialità: il corpo esile e longilineo come un capello, braccia e gambe ridotte a due linee stilizzate, grosse mani bianche, piedoni tondeggianti e gialli, naso cilindrico al centro di una buffa faccetta che ha la vaga fisionomia di un fagiolo bianco e poi un cilindro rosso sulla testa (che agli inizi era una bombetta). L’antitesi del supereroe ipertrofico ma cionondimeno munito di poteri: Tiramolla può diventare micro come una mosca, gonfiarsi, torcersi a cavaturacciolo, rimbalzare…


Storia dopo storia, diventa un’icona del fumetto comico “made in Italy”, che finisce per contagiare Germania, Francia (dove sbarca col nome di Elastoc) e Grecia. Esattamente come il suo corpo flessibile, Tiramolla ha conosciuto nella personale vita editoriale fisiologici alti e bassi, ma con periodici revival: è stato, pensate, testimonial della mega mostra-evento Alle radici dell’Euro (a Padova, tra il 2001 e il 2002) per accompagnare l’introduzione della nuova valuta, e Luxottica lo ha scelto per promuovere un occhiale da vista per bambini (lo Steroflex). Renzi, come giustamente rimarca Luigi Bona, direttore di WOW Spazio Fumetto, il museo di Milano dedicato alla nona arte, ha segnato «in modo importante mezzo secolo del nostro immaginario collettivo». Perché Roberto vanta una produzione variegata e prolificissima che annovera pure Akim (disegnato da Augusto Pedrazza), uno dei fumetti più longevi e popolari affiliato al genere “tarzanide”. Non soltanto. Nelle sue creazioni spiccava e colpiva l’alto tasso d’innovazione: Tiramolla costituiva una ventata di autentica freschezza e modernità, che si distaccava con orgoglio italico dal bestiario antropomorfo di Walt Disney, mentre in Akim si respirava una filosofia ecologista certamente inedita e pionieristica per quell’epoca. Sia ben chiaro: non è, la nostra, sterile nostalgia, ma la consapevolezza che il fumetto può grandi cose e colmare di segni e sogni il percorso culturale (e, sì, anche spirituale) di ognuno di noi. E allora – citando ancora le parole di Luigi Bona – per chi ama assaporare le narrazioni e gli universi di china, e trarne stimoli, riflessioni, sorrisi e lacrime (di divertimento o commozione, a voi la scelta), «la scomparsa di Roberto Renzi è la partenza di un caro amico».


RICCARDO RENZI

giornalista giĂ direttore di Corriere Salute Corriere della Sera

Utili suggerimenti di buon senso per far funzionare - e salvare – il nostro Servizio Sanitario

Photo by Rawpixel on Pixabay


#le

ultime

La grande maggioranza degli italiani, oltre l’80% in tutte le ricerche, è favorevole al Servizio Sanitario Nazionale. Ma se si va a vedere quanti cittadini lo ritengano adeguato, allora le cose cambiano. E nel 2018, l’indagine annuale dell’Ipsos sul welfare, pubblicata a dicembre, ha rilevato per la prima volta che gli insoddisfatti sono saliti al 47%, contro il 48% dei soddisfatti. Siamo divisi anche su questo. Insomma, c’è poco da essere contenti per il lieve vantaggio dei benevoli: in un sondaggio, un misero punto percentuale non conta niente. Quelle cifre indicano soltanto che siamo arrivati al limite, a un passo da un rifiuto che rischia di far crollare il consenso a un sistema che fino ad oggi è stato, nonostante tutto, un fiore all’occhiello del nostro Paese. Ecco perché, tra i buoni propositi per l’anno nuovo, dovrebbe esserci quello di salvare il Servizio Sanitario Nazionale, cioè in definitiva la nostra salute. Data la complessità della questione, a cominciare dagli aspetti finanziari e organizzativi, non ci permettiamo qui di proporre una ricetta su come realizzare questo salvataggio. La lasciamo a chi di ricette se ne intende e ci limitiamo a un solo aspetto del problema, che è comunque importante e forse centrale. Vorremmo parlare di come salvare l’SSN per gli anziani, o almeno di come accontentare un po’ di più i cittadini avanti negli anni, che, più di altri, del SSN hanno bisogno. Si dice d’altra parte che sono proprio loro la causa principale della crisi, perché sono troppi in questo Paese di vecchi, e sono pieni di acciacchi (tecnicamente, malattie croniche) e costano un sacco di soldi per i continui esami e ricoveri fin troppo lunghi, perché di solito non basta una flebo e via. E allora signora ministra, signori assessori alla Sanità, signori medici di famiglia e d’ospedale, primari o specializzandi, signori amministratori delle ASL, signori infermieri di qualsiasi livello, vi chiediamo, come buon proposito per il nuovo anno, di pensare un po’ di più a loro. Dopotutto, se sono vecchi e “cronici”, è anche merito vostro, perché avete impedito che morissero troppo presto. E sarebbe giusto quindi continuare a difenderli.


La soluzione, in verità, è già stata pensata. Bisogna creare una medicina del territorio (ambulatori, gruppi di medici di famiglia, piccoli centri specializzati, interventi a domicilio o persino in telemedicina) che sia in grado di seguire e guidare i malati cronici, quelli che hanno una malattia e quelli che ne hanno tante, quelli che hanno handicap fisici e quelli che li hanno mentali. Ed evitare che intasino i costosi ospedali, che dovrebbero occuparsi soltanto delle emergenze e degli interventi programmati. Benissimo. Peccato che in questi anni si è proceduto con rapida efficienza a ridurre i posti letto e i servizi ospedalieri, mentre la costruzione di quella famosa rete di assistenza territoriale continua ad annaspare, procede tra polemiche e scontri di competenze, con soluzioni da fantasia al potere e poteri di fantasia. Oltre a tutto, con modalità diversissime da regione a regione. E allora, per realizzare il buon proposito che abbiamo proposto, vi chiediamo una moratoria, una sospensione di questo processo, per quest’anno o due, vedete voi, una pausa di riflessione, almeno fino a quando la famosa rete territoriale non sarà messa a punto e potrà funzionare davvero in modo decente. E nel frattempo vi proponiamo le seguenti iniziative, temporanee per carità: - Quando un anziano, il sabato mattina, si presenta in Pronto Soccorso con disturbi generici, smettetela di maltrattarlo e farlo aspettare ore in codice verde. Perché anzi non istituire un codice-anziani? E’ inutile dirgli che doveva chiamare il medico di famiglia, perché il suo dottore probabilmente è via per il week end. Inutile dirgli di chiamare la Guardia medica, perché, quando arriva, se non si tratta di un’indigestione, alla fine li manda al Pronto Soccorso. Se i Pronto Soccorso sono insufficienti, non è, lo sapete, colpa sua. Prendete in considerazione il fatto che la gente, soprattutto se anziana, ha diritto ad aver paura se sta male, anche se non sta morendo.


E che i medici in fondo servono anche per rassicurare. - Smettetela intanto (almeno temporaneamente) di ridurre i posti letti e di creare soltanto reparti superspecializzati, il che tra l’altro è una delle cause di intasamento del Pronto Soccorso. Rassegnatevi per ora al fatto che vi arriverà gente la cui cartella clinica sembra l’indice del manuale di Medicina Generale (dopotutto li avete diagnosticati voi) e che consuma mezzo prontuario farmaceutico alla settimana (dopotutto li avete prescritti voi). E che proprio perché sono pazienti complicati hanno bisogno non di un singolo terapeuta ma di un un’équipe di buoni medici. E si fidano di voi. Rinforzate allora quella Medicina Generale un po’ bistrattata e create gruppi esperti di multipatologie. - Smettetela, quando ricoverate un anziano in ospedale, di far finta di non sapere che può avere anche problemi psicologici e talvolta mentali. Chiunque in un ospedale si sente spaesato, ancor di più gli anziani. Basta lamentarsi per degenti “non collaboranti” o “indisciplinati”. La cosa strana è che siete sicuramente pronti ed attrezzati per affrontare l’emergenza di una grave epidemia, ma non lo siete affatto per gestire quella che è attualmente l’epidemia più diffusa, chiamata Alzheimer o demenza senile. Talvolta, lo sapete, un ospedale è un luogo che può portare chiunque alla malattia mentale, figuriamoci quelli che arrivano già un po’ indeboliti, non per curare l’Alzheimer, ma perché sfortunatamente possono soffrire anche di altre malattie. Organizzatevi quindi, formate il personale, perché servirà comunque in futuro. Dubito che tutto questo basterà, ma, visto che gli anziani sono tanti (e i loro parenti sono ancora di più), c’è una buona probabilità che, realizzando questi propositi, si possa aumentare il gradimento del Servizio Sanitario per il 2019 . E magari salvarlo.


Tiflosystem E’ arrivato il 2019 e abbiamo tre DATE IMPORTANTI dove trovarci!

Per saperne di più, ci trovate sul sito www.tiflosystem.it al numero 049/9366933 via mail all’indirizzo: tiflosystem@tiflosystem.it


Dal 1987 per la qualità della Vita e l’Autonomia delle Persone disabili Sabato 2 febbraio - SARNONICO (TN) Sabato 23 marzo - CORMONS (UD ) presso Osteria della Subida di Cormons Gorizia, presentazione delle tecnologie innovative per le persone cieche e ipovedenti dopo i Saloni della Florida e della California. Tiflosystem vi invita in una location unica per non perdere un’occasione di conoscenza e per passare qualche momento a tavola coccolati da una delle migliori cucine d’Italia. Per il pranzo al prezzo strepitoso di euro 20,00, grazie al contributo di Tiflosystem, è richiesta la prenotazione entro mercoledì 20 marzo. Per iscriversi all’evento: chiamare il numero 049.9366933 o inviare email a: tiflosystem@tiflosystem.it

Sabato 13 aprile - BAGNOLI (NA)


#voi

Gentilissimo direttore, da anni mi annoio alla lettura di pubblicazioni sempre piu qualunquiste e scontate, non solo in Italia. Mi sono piacevolmente risvegliato leggendo la vostra Generazione Over 60, arrivata tramite il tam tam di amici sui soliti social. Appare chiaro che per una volta si punta al cuore ancora prima che al cervello, pensiero scaturito leggendo l’intervista al cuoco, intima e coonvolgente. Da appassionato di cucina intuisco che ci sarebbe di piú e mi piacerebbe un approfondimento. Vi auguro di continuare cosi e attendo il prossimo numero. Cordiali saluti Renato Avanzini

Photo by Umberto Cofini on Unsplash


IMMAGINI E FOTOGRAFIE Dove non espressamente indicato le foto o le immagini presenti attualmente nella rivista sono situate su internet e costituite da materiale largamente diffuso e ritenuto di pubblico dominio. Su tali foto ed immagini la rivista non detiene, quindi, alcun diritto d’autore e non è intenzione dell’autore della rivista di appropriarsi indebitamente di immagini di proprietà altrui, pertanto, se detenete il copyright di qualsiasi foto, immagine o oggetto presente, oggi ed in futuro, su questa rivista, o per qualsiasi problema riguardante il diritto d’autore, inviate subito una mail all’indirizzo generazioneover60@gmail.com indicando i vostri dati e le immagini in oggetto. Tramite l’inserimento permanente del nome dell’autore delle fotografie, la rimozione delle stesse o altra soluzione, siamo certi di risolvere il problema ed iniziare una fruttuosa collaborazione. INFORMATIVA PRIVACY E CONSENSO AL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI Ultimo aggiornamento: 25 maggio 2018 I Tuoi dati personali saranno trattati, tramite modalità informatiche e telematiche e, per particolari operazioni, tramite supporto cartaceo, da GENERAZIONE OVER60, con sede in Milano, in qualità di titolare del trattamento, in conformità al Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e relativa normativa di attuazione al fine di consentire la Tua registrazione e l’accesso alla mail generazioneover60@gmail.com, nonché per consentirti di usufruire dei servizi connessi ai Siti (in via esemplificativa: manifestazioni a premio, eventi, iniziative, ecc…, di seguito, i Servizi), nel rispetto della normativa vigente e secondo quanto riportato nella presente informativa.


Cover del libro “Vivere con il glaucoma� (1999) di M. Luongo - S. Miglior - F. Bocconcielli Ed. FrancoAngeli


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.