INTERVISTA di Anna Miykova
Alberto Franceschi
#GENIUSPEOPLEMAGA ZINE
(cover image)
Social Network L’elogio del like
€ 10,00
I social network non sono un posto per eroi ma per professionisti
COLOPHON - Issue 3-4/II
2.0
Special Edition
Edito da Genius People Magazine
Fondatore Francesco La Bella
ISSN 2420-8884 Aut. n. 1233 del 09/03/2011 del Trib. di Trieste
Direttore Responsabile Francesco La Bella
Stampa Sinegraf Doo Vrbjie 80 3310 Žalec - Slovenia
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Team Issue 3-4/II Direttore Comunicazione On Line Mariaisabella Musulin
Redazione Bettina Todisco, Mario Pampel, Matteo Zanini Oliver Fabi, Eugenio Meli, Matteo Curiél Patrizia Piccione
Fotografi Alberto Buzzanca, Mario Pampel Edoardo Morina, Noemi Commendatore,
Sviluppo Web Actionet Srl – Pordenone
Traduzioni Valentina Cagnin
Collaboratori grafici
Le firme su GPM 2015/2016
Fotografi 2015/2016
Alice Micol Moro, Piero Ongaro, Marco Pignat, Daniele Redivo, Fabio Santarossa
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Alice Noel Fabi, Marino Sterle, Luca Tedeschi
Direttore Artistico Nicholas Bracco Editorialisti Fabio de Visintini, Matteo Macuglia Stefano Fontana, Anna Miykova
Contributo
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Caporedattore Matteo Macuglia
Co-Editore 3-4/II Massimiliano Bergamo
Contacts redazione@genius-online.it dubai@genius-online.it
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COLOPHONE
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E DITOR IALI E DITOR IALI VO R R E I MA N O N POSTO di Fabio de Visintin - da p. 9
U N FE N O M E N O AL SU O POSTO G I USTO di Stefano Fontana- da p. 9
M E N T A N A V . S . B I L Z E R I A N , L’ E L O G I O D E L L I K E di Matteo Macuglia- da p. 9
#SPECIAL
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I N T E R V I S TA
Alberto Franceschi di Anna Miykova da p. 00 ANDREA DI PIETRO intervista di Matteo Macuglia- da p. 9
STE FANO CONTIN I intervista di Matteo Macuglia- da p. 9
ALDONA PRZYLIPIAK intervista di Massimiliano Bergamo- da p. 9
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# I N STA G R A M ALICE BASSO “ L’ a r m a v i n c e n t e è e s s e r e s e s t e s s i ” intervista di Anna Miykova- da p. 9
PAOLA TURIANI “Raccontarsi senza strafare” intervista di Anna Miykova- da p. 9
ANNA GODINA
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i n t e r v i s t a d i B e t t i n a To d i s c o - d a p . 9
# I N STA G R A M ALICE BASSO “ L’ a r m a v i n c e n t e è e s s e r e s e s t e s s i ” intervista di Anna Miykova- da p. 9
PAOLA TURIANI “Raccontarsi senza strafare” intervista di Anna Miykova- da p. 9
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# I N STA G R A M ALICE BASSO “ L’ a r m a v i n c e n t e è e s s e r e s e s t e s s i ” intervista di Anna Miykova- da p. 9
PAOLA TURIANI “Raccontarsi senza strafare” intervista di Anna Miykova- da p. 9
ANNA GODINA i n t e r v i s t a d i B e t t i n a To d i s c o - d a p . 9
# I N STA G R A M ALICE BASSO “ L’ a r m a v i n c e n t e è e s s e r e s e s t e s s i ” intervista di Anna Miykova- da p. 9
PAOLA TURIANI “Raccontarsi senza strafare” intervista di Anna Miykova- da p. 9
ANNA GODINA i n t e r v i s t a d i B e t t i n a To d i s c o - d a p . 9
CONTENTS
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SE215m+
capitolo
#EDITORIALI
AURICOLARI SOUND ISOLATING™ Il meglio della tecnologia Shure per la tua musica F o t o N Y C- C e n t r a l P a r k d i F L B
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1
Genius
#editoriali A cura di
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12 SEC TION TITLE
FABIO DE VISINTINI
VO R R EI MA N O N P O STO
M AT T E O M A C U G L I A
M E N T A N A V S B I L Z E R I A N , L’ E L O G I O D E L L I K E
S T E F A N O F O N TA N A
U N FEN O N M EN O AL S U O G I U STO P O STO
A N N A M I Y KOVA
P R OTA G O N I S M O D I G I TA L E O A M O R E P E R L A C A R TA ? Q U ESTO È I L D I LEM MA
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FABIO DE VISINTINI
VORREI MA NON POSTO
C
In foto J-A X / FEDEZ
/ Vo r r e i ma non posto 14 #EDITORIALI
foto di TEAM GENIUS
itazione relativamente nobile da Fedez e J-AX, probabilmente il vero tormentone estivo tra spiagge e succedanei tecnologici del preistorico Jukebox: tipo 1.200.000 visualizzazioni nelle prime 24 ore dall’uscita del pezzo. Addirittura Algida l’ha utilizzata come colonna sonora dei suoi spot di gelati, prima che qualcuno decidesse di leggerne il testo e optare per farlo sparire in secondo piano, caso mai qualcuno avesse deciso di ascoltarlo e fosse ancora in grado di capirlo. Comunque nessun pensiero, perchè in rete si trova l’interpretazione dello stesso.. Aiuto! Sorprendentemente, infatti, dalla bocca e dalla penna (si fa per dire..) ironica dei due rapper nostrani, escono messaggi in controtendenza con l’inarrestabile ondata di comunicazione social sulla rete, del tipo “L’iphone ha preso il posto di una parte del corpo e infatti si fa gara a chi ce l’ha più grosso”. Il paradosso è che il fenomeno social tritura tutto, perfino chi ne appunta la criticità, come se ogni argomento fosse inconferente, tutto leggero allo stesso modo, tutto pronto per essere condiviso con un like. Di Gianluca Vacchi sarebbe bello non parlare, visto che non ci sarebbe niente da dire, se non fosse per le 10,5 milioni di visualizzazioni su Instagram che gli attribuiscono gli aficionados dei social, indistinguibili per età, genere o status. Vacchi ci dimostra che gli italiani, almeno su qualcosa, cioè sul niente, sanno essere tutti uniti e d’accordo! Evviva, abbiamo una speranza. Quindi potremmo dedurre che se non hai niente da dire ma rappresenti qualcosa, diventi un’icona social. Ma se addirittura provi ad essere critico verso tutto questo, ma rappresenti qualcosa, il risultato è uguale. Il fenomeno social è lo specchio del nostro tempo: perchè qualcuno dovrebbe prendersi la briga di esser critico, quando il pubblico è unito indissolubilmente e continuamente su facebook, fiero della leggerezza che finalmente gli consente, dopo gli anni passati a cercare di essere intelligenti, di
dire qualsiasi cosa, circondati da “veri” amici pronti a condividere e rilanciare. Così la giornata trascorre in serenità, selezionando ed eliminando le negatività, in buona compagnia, certi di ottenere comprensione e risposte. Quindi non lo faremo certo noi, almeno finchè non saremo famosi come Fedez. E allora lunga vita al progresso tecnologico, alla fantastica possibilità di interagire con chiunque in diretta nel mondo e, soprattutto, totalmente GRATIS! Cosa volere di più? Niente.. o forse sì, qualcosa servirebbe volendo essere un po’ analitici.. servirebbe aver qualcosa da dire! Ma questo è un altro discorso e non vorremo farci etichettare come “vecchi”. “E come faranno i figli a prenderci sul serio con le prove che negli anni abbiamo lasciato su Facebook”. Tutto registrato, tutto monitorato, con l’illusione di essere liberi di parlare e nessuno che ci spii. Poi scopri che con tutta questa leggerezza, necessaria ad avere un istante di visibilità, puoi distruggere la vita delle persone. E scopri che le aziende sanno bene come stanarti per venderti qualcosa. Un amico medico mi dice che c’è una nuova malattia pandemica, con uno strumento di contagio ad alto rischio, che si sta diffondendo ovunque: l’ignoranza su internet! Ma forse anche lui è vecchio.. Una breve conta degli astanti all’ora di un fantastico tramonto settembrino sul Molo Audace a Trieste, dove cirri armonici si intrecciavano a scie di jet in transito, come in una danza liberatoria e i colori sfumavano dal blu profondo al turchese misto al rosa.. la conta delle persone, si diceva, sedute sul ciglio del molo e rivolte al mare in attesa che lo spettacolo raggiungesse il suo culmine, diceva che 21 persone guardavano e 18 avevano il capo chino e lo smartphone in mano.. “È che a cena devo avere sempre in mano un iPhone”. E infatti ognuno balla da solo, immerso nel suo mondo di contatti invisibili, immune da contatti umani o allergico alle meraviglie da vivere con i sensi e con il cuore. Al massimo la meraviglia si può riprodurre: “Ogni ricordo è più importante condividerlo che viverlo” cantano i nostri 2 eroi. Probabilmente non occorre essere scienziati della psiche per scorgere, nel famelico bisogno del contatto social, una profonda solitudine, l’incapacità emotiva di godere il momento, il bisogno impellente di
trovare qualcuno che ci ascolti, l’ansia di combattere la noia di una vita routinaria o della nostra perenne insoddisfazione di consumatori. Per non parlare delle nostre paure da mettere in piazza per poi scoprire che sono diffuse e quindi non sono così impellenti da superare. O ancora le nostre inadeguatezze, che ancora possiamo condividere, quasi bisbigliassimo nell’orecchio di un amico, ma anche gridare forte al mondo se ci nascondiamo dietro uno pseudonimo (alias) che non ricondurrà mai a noi quella stessa inadeguatezza. È finita e sepolta l’era della riservatezza ed è esplosa quella degli affari propri esposti in piazza: su questo ci riesce più difficile offrire una spiegazione, anche se certamente esisterà.. prendiamo solo atto, nuovamente, che è uno specchio del nostro tempo, un bisogno probabilmente latente che si rende finalmente patente. Oppure potrebbe sembrare una gran consolazione alle miserie umane nell’era decadente del mondo occidentale, ma in fondo, se una funzione esiste, se ci offre ristoro, perchè non farne uso: in fondo la rete è solo un mezzo, i mali sarebbero altrove. Salvatevi così, se vi va ;-)
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S T E F A N O F O N TA N A
/ U n fenomeno al suo giusto posto
UN FENOMENO AL SUO GIUSTO POSTO.
e, camaleonticamente, si sa adattare ad ogni epoca. Lo gnostico pensa di ottenere la salvezza – in qualunque modo questa sia intesa – mediante una conoscenza o una prassi: conoscendo qualcosa o facendo qualcosa. La salvezza non viene dall’esterno, dalle altre persone o da un Dio, non è un dono ma una produzione, essa proviene dall’interno, da noi stessi. Per Basilide o Valentino, nel IV secolo dopo Cristo, si trattava di conoscere delle formule religiose esoteriche riservate solo ad alcuni eletti. Per Karl Marx o per gli anarchici nichilisti, di cui ci parlano Dostoevskij o Chesterton, si trattava di fare la rivoluzione e costruire un paradiso in terra con le bombe e la politica. Per gli attuali tentativi di trans-umanesimo si tratta di utilizzare la bioingegneria, l’elettronica e le nanoscienze per garantire l’immortalità dell’uomo cyborg: ricostruzione di tessuti, applicazione di protesi, modificazioni genetiche. In ogni caso, la prassi e la tecnica, come prolungamenti di noi stessi, ci salveranno. Lo gnostico odia la materia, la considera impura, privilegia la sessualità non procreativa e l’amore sterile. I Manichei del XIII secolo disprezzavano il sesso, il matrimonio, la procreazione, la famiglia, però poi
teorizzavano una sessualità sregolata e libidinosa, dato che lo gnostico pensa di essere puro nella mente anche dentro la lordura della passioni. Al disprezzo della materia corrisponde quindi la libertà di insozzarsi in essa poiché lo spirito rimane puro ugualmente. ***** Anche nei social viaggia sotto traccia un certo disprezzo per la materia. La vita nei social è smaterializzata, si va “oltre il senso del luogo” di cui ci ha parlato Joshua Meyrowitz. Prevalgono le immagini, degli altri e di sé. Si accetta l’amicizia di persone che non hanno nemmeno il proprio volto nel loro profilo. Rarissimi i casi di amici sui social che si incontrano anche nella realtà. La gran parte lo evita per precisa volontà. Non confondiamo i social con i siti di appuntamenti: i primi si accontentano del rapporto virtuale, che nei secondi è invece solo strumentale. Le relazioni sui social fanno volentieri a meno delle relazioni vere. Quando così non accade, e i social fanno da supporto alle relazioni vere, magari scimmiottandole come nel sesso virtuale, non si tratta di veri e propri social, ma di strumenti elettronici finalizzati ad altro. La natura del social è di bastare a se stesso, come se il mondo non esistesse, la sua cifra è la soddisfazione di sé. Un virtuale che
C’è
un sottile filo gnostico che attraversa i social networks e metterlo in luce può essere utile per collocare questo fenomeno al suo giusto posto. Non qualcosa di necessariamente divino, non qualcosa di necessariamente demoniaco, ma qualcosa di semplicemente umano, ossia problematico. E in più con una logica sotterranea non facile da portare in superfice. La Gnosi non è solo un’eresia dei primi secoli del Cristianesimo, ma è una disposizione dell’animo umano, un modo di vedere le cose, una cultura. C’è infatti una “gnosi eterna”, come tanti studiosi hanno messo in evidenza, da Emanuele Samek Lodovici a Hans Jonas. Essa si inabissa nei meandri carsici in alcune epoche per riemergere poi in altre sotto mentite spoglie. La Gnosi riformula se stessa lungo i tempi e riesce ad essere sempre di attualità, riplasmandosi. Come la Fenice rinasce dalle proprie ceneri. Non è un corpo di dottrine definite, quanto piuttosto una sensibilità. Ha quindi mille sfaccettature, vive di sfumature
16 #EDITIORIALI
In foto MARK ZUCKERBERG
Photo dal WEB
si intendesse come funzionale al reale non sarebbe più sociåal, apparterrebbe alla serie dei dazebao, delle inserzioni AAA cercasi..., dei volantini che annunciano il tale evento, delle agende condivise, dei manifesti murali e delle case per appuntamenti. Il social è altro, è esoterico, è levitazione pura, è etereità, è salvezza dal contingente. E’ la condivisione di un mondo puro rispetto all’impurità del quotidiano. ***** Il carattere sottilmente gnostico del mondo dei social networks emerge non solo dal tentativo di smaterializzare la materia, considerata originariamente corrotta, non solo dal mettere da parte la creazione, così come la intendiamo nella tradizione ebraico-cristiana, per sostituirla con un “mondo nuovo” virtualmente costituito, ma anche di esercitare un atto creativo e salvifico in proprio. E’ vero che il mondo social è a rete, e quindi privo di un centro, ma è altrettanto vero che ogni utente membro del social fa da centro del sistema. Come nella rivoluzione copernicana la terra ha cessato di essere al centro, ma con ciò non si è persa l’idea di centro, che solo è stata trasposta nel sole, così capita anche nei social. Il singolo utente è il protagonista e si sente effettivamente al centro, con una funzione di ingegneria salvifica. Egli crea infatti un mondo nuovo salvato e salvifico, in cui è bello vivere e la gratificazione è continua e a portata di mano. La felicità che le religioni traportavano in mondi altri da questo, viene comunque portata in un mondo altro da questo, ma non trascendente, né dipendente da altro Protagonista che non sia l’utente-creatore. Il mondo social è un mondo di giustizia e di carità, come era l’Eden prima di Adamo ed Eva e come sarà la realtà salvifica finale dopo la Parousia. E’ un mondo di giustizia perché vi si entra a far parte per cooptazione del protagonistacreatore, quindi per affinità. E’ un mondo omogeneo, coerente, pacifico, in cui a ciascuno viene dato il suo: un mondo giusto. E’ anche un mondo di carità, perché si fonda su una affinità elettiva, come ci spiegava Goethe, in cui tutti si sentono amici e fratelli, cooptati reciprocamente, convergenti nei sentimenti e nelle sensibilità. In esso avviene un interscambio angelicato, c’è un’intesa pre-garantita, il conflitto diventa impossibile. Nel caso nascesse un contrasto, verrebbe subito eliminato: come dalla comunità religiosa gnostica vengono eliminati
gli eretici – anche le eresie infatti hanno i loro dogmi e combattono i loro eretici – così dal social vengono eliminati i dissenzienti: basta un clik. ***** La Gnosi è una religione antireligiosa. Anche i social sono una specie di religione. Soddisfano il bisogno di purezza e autenticità, sollevano dal contingente che è sempre, più o meno, traumatico. Gratificano in un mondo in cui tutti si vogliono bene. Gli gnostici pensavano di essere degli eletti, solo a loro era riservata la conoscenza salvifica, gli altri uomini erano destinati alla perdizione, qualunque cosa facessero. Anche l’affezionato social pensa di essere un eletto e di appartenere ad una categoria di eletti: i suoi fratelli del social, destinati per qualche misteriosa volontà a sollevarsi dalla melma della gente comune e di aver parte, insieme, a notizie riservate e salvifiche. Nei social ci si sostiene a vicenda, ci si confessa reciprocamente, si celebrano dei riti insieme, ci si fa gli auguri e si santificano le feste, si condivide un linguaggio, si recitano delle formule, ci sono cose da non nominare invano: anche nei social c’è tutta una liturgia, come in una religione che non è però una religione. Anziché andare in chiesa, l’utente gnostico dei social entra nel mondo social e, come il credente, si sente unito intimamente ai suoi fratelli. L’utente gnostico dei social si sente cellula di un organismo, di una chiesa vivente e palpitante anche se virtuale. La Gnosi non è, strettamente parlando, una religione, ma esprime una forza religiosa. Che penetra dall’interno e trasforma in modo suadente e inavvertito. Anche essa ha bisogno di persone che “ci credano”. E l’utente dei social è uno che ci crede, esprime una fede (gnostica) in una salvezza a portata di mano di cui egli stesso è il Progatonista-creatore. Peccato che la Gnosi sia una falsificazione autocompiacente.
#GENIUSPEOPLEMAGA ZINE
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di catarsi moderna. Il suo profilo ha conosciuto un rapidissimo aumento di visite, con un numero di like che, con le sue 610.000 unità, è solo di un terzo più in basso rispetto a quello dell’attuale Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi. L’EDONISTA Dan Bilzerian rappresenta per diversi motivi un modello totalmente diverso. Si parte dai numeri: con i suoi oltre 10.000.000 like il nostro giocatore d’azzardo, mancato Navy Seal e ricchissimo playboy si pone come un titano del mondo dei social. La sua storia è quella dell’American Dream, anche se un po’ dopata. Dan nasce in una famiglia che si muove agilmente nel mondo di Wall Street ed alle speculazioni nel mondo della finanza deve la gran parte della propria fortuna. Nonostante il brutto periodo per i conti del padre, si iscrive all’università della Florida dove però non si laureerà mai in quanto durante questi anni conoscerà il grande amore della sua vita, il Poker Texas Holdem. La leggenda vuole che i crescenti guadagni siano i principali responsabili dell’abbandono degli studi, anche se in molti dei suoi detrattori fanno notare come la sua fortuna ed il suo stile di vita, davvero impressionanti, non possano essere il solo frutto dei ricavi del gioco d’azzardo ma debbano per forza derivare dalle fortune (leggi speculazioni finanziarie) che già tanti guai giudiziari hanno portato al padre. Ad ogni modo, Dan Bilzerian si è dimostrato fin da subito a suo agio nell’utilizzo dei social, da sempre parte di una sua strategia comunicativa molto ben studiata, strumento per raggiungere vette sempre più alte di marketing. Le numerose foto con le quali calca tutti i network a disposizione (Facebook, Instragram e Twitter sono immancabilmente le ammiraglie) mostrano giornalmente quello che è il sogno utopico di ogni maschio Alpha che si rispetti. Tantissime donne, tendenzialmente in bikini, quando possibile anche senza, feste a base di alcolici, amici, armi di ogni tipo, motori di ogni genere, purché potenti ed adrenalinici sono il mantra di una vita da sogno(?) che il nostro affezionatissimo ogni giorno porta sui nostri schermi. Stranamente non sembra appartenere alla categoria degli influencer, fatta eccezione per alcune marche di armi che sponsorizza senza farsi grandi problemi. Non avrebbe dunque avere un ritorno economico diretto da questi set fotografici che nonostante le situazioni a volte estremamente osé, non devono trarre in inganno; sono tutti studiati a tavolino, programmati accuratamente per coprire degli spazi all’interno di ogni giornata. Tutta questa ostentazione riesce comunque a produrre dei risultati estremamente tangibili: Dan si è creato una grande rete di contatti che gli hanno permesso, tra le altre, di figurare in diverse pellicole cinematografiche di Hollywood, di avere due app all’attivo (una delle quali sta per essere lanciata negli USA in questi giorni), di essersi candidato, anche se per scherzo, alla corsa per la Casa
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M AT T E O M A C U G L I A
/ Mentana vs Bilzerian, l’elogio del like
19,8MLNdi FOLLOWER In foto DAN BILZERIAN
M
entana vs. Bilzerian, l’elogio del Like. Abbiamo messo a confronto due giganti del mondo dei social, il primo fulminante ma istituzionale, il secondo futile ed edonista. Vi presentiamo un breve riassunto delle vite dei due, il come ed il perché fanno proseliti sui social. Il mondo di internet è un posto molto strano, questo è un fatto. Ha permesso ai 15 minuti di celebrità di Warhol di diventare realtà, di condividere l’impensabile e di dare voce a migliaia di persone che non avrebbero mai potuto farsi raggiungere. Si era di fatto creato, anche prima della nascita dei social network, un grande spazio pubblico dove ci si affranca da ogni preconcetto per creare nuove forme di associazione, terribilmente liquide ma non per questo meno significative. Come in ogni grande assembramento umano, vi sono delle figure chiave che fanno da leader, trascinando con sé migliaia di persone che ne condividono gusti,inclinazioni o stili di vita. In questa sede si è scelto di mettere a confronto due persone che tramite Facebook, Twitter ed altri media tradizionali sono riusciti ad affrancarsi sulla scena pubblica, anche se con delle strategie che potremmo dire sideralmente opposte. IL DIRETTORE Da un lato abbiamo un peso massimo dei media televisivi del nostro paese, Enrico Mentana. Giornalista nato nel felice periodo tra la fine della guerra e la prima metà degli anni ’50, ha avuto la possibilità di vivere il periodo del boom economico e culturale del nostro Paese. Fondatore del Tg5, ammiraglia delle reti Mediaset, decide, con grandissimo coraggio, di lasciare il network berlusconiano per rilanciare un canale da sempre misconosciuto dai più, La7. Da qui il vero successo personale. Grazie al grande supporto del suo editore, Urbano Cairo, il direttore Mentana è riuscito a creare quasi da zero un format che ha raccolto tutti gli scontenti delle due case principali, Rai e Mediaset, da anni alla ricerca di una televisione meno Dzvetrinistadz è più concentrata sull’analisi dei fatti e al commento delle notizie. Per questo genere di utenza La7 è diventata una nuova casa dove provare a dimenticare anni di veline e di edizioni di San Remo ai limiti del trash. Incurante del passare degli anni, Mentana continua ad ampliare la sua offerta, condotta categoricamente in prima persona. Emblema del suo modo, autorevole ma sempre pronto a stemperare, di creare contenuti sono le sue maratone televisive, diventate ormai un appuntamento immancabile per tutti gli appassionati di politica in grado di sopravvivere alle infinite notti degli exit poll durante le elezioni o altri eventi chiave della vita politica del Paese e non solo. Si noterà che fin qui si è rimasti sempre nell’ambito televisivo, e non a caso. Enrico Mentana non si è mai dimostrato, forse complice l’anagrafica, particolarmente legato al mondo dei social, tanto da essersi cancellato da Twitter dopo un tentato approccio a causa della bassezza, a suo dire, della
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community. È rimasto invece su Facebook, ed è sulla creatura di Mark Zuckermberg che, da qualche mese a questa parte, ha deciso di dare il meglio di sé. Ebbene, il Direttore ha sempre pubblicato dei post più o meno lunghi, nei quali commentava, da un punto di vista sempre molto ragionato, i fatti del giorno. È salito tuttavia agli onori della cronaca da quando ha cominciato a rispondere agli utenti. Mentana ha infatti deciso di diventare il paladino di tutte quelle persone sui social, Facebook in particolare (anche vista la maggiore complessità che lo spazio messo a disposizione permette di affrontare), le quali si sono sempre sentite un vaso di coccio in mezzo a dei durissimi vasi di ferro, per di più analfabeti funzionali. È contro il pensiero espresso di pancia, l’urlo (che su internet si esprime con un fastidioso maiuscolo seguito da numerosi punti esclamativi), il complottismo e la faciloneria che il nostro eroe ha deciso di ergersi e, bisogna riconoscerlo, ci riesce particolarmente bene. Le sue risposte al vetriolo hanno rapidamente fatto il giro del web. Sprezzante e quasi al limite dell’insulto, ricorda in alcuni momenti il migliore Sgarbi, flagellatore dei benpensanti. Il nuovo vendicatore è stato rapidamente notato e sono nate numerose pagine che celebrano il suo mito, rilanciando le sue risposte più brutali e riuscite in una sorta
#GENIUSPEOPLEMAGA ZINE
M E N TA N A V. S . B I L Z E R I A N , L’ E L O G I O D E L L I K E
I n f o t o E N R I C O M E N TA N A
Bianca . Potremmo continuare ma sarebbe inutile, siamo di fronte ad un gigante dei social che ha capito che per quanto futili e prive di spessore possano essere le sue immagini, alla gente piace vedere lusso sfrenato e divertimento a non finire, immedesimarsi o forse giudicare una vita lontanissima, che se vivessimo in prima persona forse nemmeno ci piacerebbe. IL SEGRETO Entrambi sembrano aver capito quale sia la chiave del successo, ed è forse l’unico elemento che lega due figure volutamente così distanti: la pianificazione. Tutte le inquadrature di Dan Bilzerian suggeriscono un lusso ed un edonismo che non possono lasciare nulla al caso. Non c’è spazio per la spontaneità ed è evidente lo sforzo per mostrare
situazioni sempre diverse pur avendo degli elementi ricorrenti come le ragazze o le tonnellate di armi. Lo spingere sullo stile di vita sfrenato e senza pensieri trova una sponda in tutta una serie di progetti che permettono a Dan di ampliare sempre più la sua schiera di fans che a loro volta alimentano un giro di denaro sicuramente non trascurabile. Dal lato opposto del ring abbiamo un Mentana che si mostra assolutamente interessato a smentire, punendo con frasi contundenti, gli arditi che lo contestano o la numerosa schiera di analfabeti funzionali che ormai dominano i social. Raramente si presta a risposte per chi chiede chiarimenti o si mostra genericamente interessato ad approfondire le questioni trattate. Questo
può essere da un lato un segnale che ci ricorda come il Direttore tutto sommato si diverta ad annichilire i suoi detrattori, visto che anche durante a sua conduzione televisiva si permette qualche fugace commento sulle notizie. Dall’altro lato potrebbe aver deciso, coscientemente, di interpretare un ruolo che sembra pagare molto in termini di visibilità, in particolare in un momento in cui La7 sta raccogliendo i frutti di anni di sforzi in termini di share, ritagliandosi un meritatissimo posto all’interno del panorama televisivo nazionale. La lezione in definitiva che possiamo trarre da questi due personaggi è che i social network non sono un posto per eroi, ma per professionisti.
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di
/Protagonismo digitale o amore per la carta? Questo è il dilemma
A N N A M I Y KOVA
in foto JAW E D K A R I M STEVE CHEN CHAD HURLEY ( f o n d a t o r i Y o uTu b e )
È
successo tutto così in fretta… Nel 2005 un gruppo di ragazzi lancia in rete YouTube e adibisce ad ufficio un angusto monolocale, proprio sopra alla pizzeria San Matteo in California. Nel 2006 compare Facebook, concepito in un dormitorio di Harvard e da subito un vero successo tra i teenager che hanno un indirizzo di posta elettronica. Un anno dopo al convegno di una società di podcast arriva anche Twitter, quasi per caso. Oggi le persone comunicano tra loro più di quanto non abbiano mai fatto prima, chiara dimostrazione di voler essere protagonisti di un processo. Comunicano con brevi cinguettii, con la musica, i video messaggi, gli stati (anche d’animo) sulla bacheca e molte immagini, più o meno modificate, più o meno rappresentative della realtà. Sembra che la tanto acclamata rivoluzione informatica sia finalmente scesa in strada. Ognuno si sente partecipe del cambiamento…ma come in ogni rivoluzione, non si sa cosa accadrà alla fine. E questo appare emozionante e spaventoso allo stesso tempo! I social media cambiano le nostre aspettative sul modo di interagire con le persone e le istituzioni: ci troviamo costretti a reagire a una discussione con la massima velocità e informatività, con il rischio di essere travolti da un’onda d’informazioni che viaggia più velocemente. La sensazione stessa di far parte di un processo comune ci rende ansiosi di condividere con chiunque, ovunque e in qualsiasi momento temi che prima appartenevano alla sfera intima, discussi attorno al tavolo della cucina di casa. L’universalità dei social media, la loro intransigenza e l’onnicomprensività sono caratteristiche sbalorditive. Questi strumenti ci permettono di essere al corrente delle ultime notizie e seguire fatti che si verificano dall’altra parte del globo. Siamo in grado - come si fa su una bacheca pubblica - di condividere fotografie, gioie e delusioni. Ci aiutano a ristabilire amicizie cadute da tempo nel dimenticatoio o a metterci in contatto con conoscenti che credevamo essere irrimediabilmente usciti dalla nostra vita. Siamo portati a caricare in rete tutta la nostra vita e a condividerla con un’ampia cerchia di amici, addirittura con l’intero pianeta, perché no? Naturalmente, la maggioranza di queste conversazioni sono solo un disimpegnato scambio di pettegolezzi che permette a opinioni o ragionamenti futili - altrimenti rimasti inespressi - di venire a galla. In questo senso, i social sono come una vetrina per la vita dell’utente ma diventano contestualmente vetrine per la notizia, portando con sé i vantaggi e gli svantaggi del digitale, della rete che il giornalismo tradizionale deve accettare e, se ne sarà capace, superare. L’avvento dei social ha radicalmente cambiato il mondo dell’informazione: le notizie in rete devono essere veloci, immediate, istantanee pena la perdita di visibilità. Per i media tradizionali l’imperativo è divenuto “esserci” perché se non sei in rete, non esisti. La presenza sui social è utile per farsi pubblicità, raccogliere materiale o creare una rete di contatti. L’uso di questi strumenti è poi talmente immediato da eliminare la barriera tra il professionista (giornalista, ndr) e il lettore che, sullo stesso piano, comunicano, si scambiano consigli e pareri. Un profilo su Twitter o Facebook permette poi di fidelizzare il lettore e aumentare il traffico per la propria testata poiché questi sono ormai divenuti il luogo privilegiato dove l’utente va alla ricerca della notizia. Tuttavia, immergersi a fondo nell’intricata ragnatela social può essere una strada a doppio senso. Da un lato, Facebook o Twitter, e addirittura YouTube con il lancio di video che diventano virali, ha rubato il primato dell’informazione ai media tradizionali. La tempestività e l’enorme volume di notizie è una conseguenza del fatto che sono gli utenti stessi a diffondere in tempo reale la notizia – contribuendo a creare informazione – o di decretarne la gerarchia d’importanza
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condividendo, a propria discrezione, ciò che più attira. Dall’altro lato, questo nuovo tipo di “citizen journalism” (dove chi condivide una semplice immagine di ciò che sta osserva, può vestire i panni del giornalista), la strabordante onda informativa, la velocità o la dimensione del “tempo reale” non posso prescindere dal giornalismo tradizionale. Senza uno scrupoloso controllo delle fonti o la verifica della notizia, il rischio d’imbattersi in una “bufala” è sempre in agguato. Ecco perché il giornalismo 2.0 (dei mezzi di comunicazione tradizionali che fanno il loro ingresso in rete) e quello degli utenti che creano essi stessi la notizia, sono due facce della stessa medaglia: un modo nuovo di comunicare, più rapido e immediato, ma con un occhio al giornalismo tradizionale ancora depositario di una relativa autorevolezza. È successo tutto così in fretta, è vero…e non sappiamo affatto dove questa rivoluzione informatica porterà. Ma il profumo della stampa fresca, il piacere di sentir scorrere la carta grezza tra le dita o di sfogliare le pagine di una rivista raffinata, o ancora di trastullarsi a lungo con servizi d’approfondimento magari corredati da fotografie d’autore, continuerà ad affascinare gli edonisti della carta stampata. Per questo, potremo star certi che i fedeli della tradizione garantiranno comunque un ristretto, ma solido baluardo alla sopravvivenza del giornalismo tradizionale a scapito del sempre più distratto e ansioso lettore di quello digitale.
/SocialNetwork
I N T E R V I S TA
Alberto Franceschi A N N A M I Y KOVA -
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ALBERTO BUZZANCA
“ Basta con i falsi perbenismi la ricchezza non dev’essere un Tabù” cit. Alberto Franceschi
“B
asta con i falsi perbenismi: la ricchezza non deve essere un tabù”Ci tiene a sottolinearlo Alberto che pur essendo “figlio d’arte”, ovvero aspirante imprenditore che proviene da un’affermata famiglia d’imprenditori (il papà è il patron di Grafica Veneta, ndr) vuole emergere con le sue stesse forze. Dopo essersi inizialmente scontrato con le difficoltà del mercato, il suo marchio Hide&Jack sta avendo il successo sperato...anche grazie ai social. Giovane, ambizioso, e circondato da belle ragazze. L’attuale fidanzata Natasha Tozzi è uno dei suoi soggetti preferiti nel suo profilo Instagam, accanto ai capi di tendenza del suo brand, già amatissimo dai calciatori. Alberto, da poco hai deciso di partecipare al programma giovani e ricchi che va in onda su rai 2 in seconda serata. Che cosa ti ha spinto ad accettare di essere uno dei protagonisti?
#GENIUSPEOPLEMAGA ZINE
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A Giugno mi chiamò il regista Alberto D’Onofrio che all’epoca non avevo idea di chi fosse... mi contattò e mi parlò vagamente di questo programma che sarebbe andato in onda a settembre. Ho pensato per prima cosa che sarebbe stata una buona occasione per comunicare il mio prodotto dando un buon messaggio ai miei “coetanei”. Ho letto che la rete ha già riversato un mare di critiche sul programma: chi sullo stile di vita di voi ragazzi, chi sul fatto che venga trasmesso sulla rete pubblica Come commenti questo accanimento? Questo docu-reality è stato un azzardo per la Rai alla fine premiato dagli ascolti ottenendo uno share veramente alto per essere in seconda serata. Oggi la “ricchezza” è un tabù ancora molto forte in Italia e rinforzato anche da molto dalle forti incoerenze della società attuale. Il giorno dopo la messa in onda c’erano le polemiche nei giornali e parallelamente c’era la coda per spendere 1.100 euro per un iPhone. Credo che per l’ennesima volta si è persa una buona occasione per fare meno i falsi “perbenisti”. Se i protagonisti fossero stati americani sarebbe stato visto come il programma più bello dell’ultimo periodo: in Italia, invece, la critica è uno sport nazionale: ho notato commenti sui giornali che erano incoerenti al programma. Nel bene o nel male purché se ne parli sei d’accordo? Sono d’accordo con questa “filosofia” ma non la prendo come buona. Io cerco di essere me stesso e comunico quello che sono. Immagina di trovarti in un paese straniero dove nessuno sa chi sei e cosa fai. Descrivi “Alberto” a modo tuo. Se dovessi fare una bio comincerei cosi: “Alberto è un ragazzo di 24 anni laureato in economia a Padova con la passione per la moda”.
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Tu sei giovanissimo imprenditore, quali sono le maggiori soddisfazioni che hai avuto da “Hide&Jack”?In cosa credi si distingua da altri brand sul mercato? Quando due anni fa durante l’università ho deciso di intraprendere la mia strada pensavo che le mie idee fossero geniali e che sarei diventato milionario subito. Purtroppo arrivò subito il contatto con la realtà: il primo anno ho visto che la scalata per arrivare in vetta era molto più dura di quanto mi aspettassi e ho combattuto per rendere la mia corazza più forte possibile. Ho studiato le storie degli altri per evitare errori e crearmi un bagaglio di esperienza più velocemente possibile anche perché la mia laurea non poteva aiutarmi più di tanto. Più di una volta avevo intenzione di mollare tutto e andare a lavorare in azienda di famiglia ma grazie al supporto del mio team e di mio fratello Nicola sono riuscito a caricarmi e a trovare la forza di andare avanti e superare gli ostacoli. La mia soddisfazione più grande ? Vedere che tutta la gente che mi aveva chiuso la porta in faccia ha dovuto ricredersi. Il resto lo fanno le persone le stesse che indossano il mio prodotto. Il mio brand si distingue e piace per la comunicazione giovane, per lo stile minimal e trasversale e per un posizionamento nel segmento luxury dovuto all’alta qualità dei materiali utilizzati. Il nome Hide&Jack è ispirato ad uno dei miei romanzi preferiti, in cui trovo molte affinità come persona e come brand: “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” ovvero questo concetto della doppia personalità. Nelle nostre campagne pubblicitarie c’è il modello (che sarei io perché mio padre mi dice sempre: devi metterci la faccia) che utilizza una sneaker con l’abito elegante ecco la contraddizione.
I social sono il futuro e se sai sfruttarli per comunicare riesci a generare un effetto leva molto importante. Io ho cominciato aprendo profili per gioco e perché praticamente tutti lo avevano. Con il tempo ho visto che potevo utilizzarli per capire cosa pensava la gente del mio lavoro e anche come “autotestimonial”. Sono stati utili, mi hanno aiutato a vendere e ad avere più credibilità. Sulla negatività non saprei cosa dire, il mio messaggio è autentico. Se non piace basta cancellarsi con un click. Ad ogni social il suo uso.
#GENIUSPEOPLEMAGA ZINE
Quanto ti hanno avvantaggiato i social network nella tua carriera e quanto invece ti hanno nociuto?
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Abbina Twitter, Instagram, Snapchat o Facebook all’uso che ne fai? Twitter sicuramente condividere pensieri o mood, Instagram per immortalare pezzi di giornata o avvenimenti, Snapchat per raccontare quello che accade in chiave scherzosa, mentre Facebook lo utilizzo praticamente per stare in contatto con gli amici che non riesco a vedere tutti i giorni. Quanto conta per te avere l’apprezzamento delle persone in rete?Nel mio caso conta eccome. Con la rete faccio crescere il mio business e il sogno che ho io con il mio staff di diventare un marchio importante per il mercato. Non credi che questo tipo di popolarità sia un po’ come una bolla di sapone, fragile, delicata e pronta a scoppiare in ogni momento? Credo che la popolarità sui social e non, sia in tutti i casi una bolla di sapone infatti le persone di successo la curano e fanno in modo che non scoppi perché poi è difficile crearne un’altra. Social network &vita privata...connubio imperfetto. Cosa ami condividere di te? Ho visto che Natasha appare in molte delle foto che posti su Instagram...I social sono tutto tranne che privacy. Ognuno ha una sua “storia” sul proprio account, si condivide ciò che è bello ma non le difficoltà di una giornata tipo i guai col mercato, le tasse da pagare o una lamentela. Io metto in mostra le mie passioni, i momenti cari con la mia fidanzata e i successi del mio lavoro.
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sezione
# I N S TA G R A M
#GENIUSPEOPLEMAGA ZINE
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Genius
ADVERTISING
#instagram Introduzione
Q U A N D O L’ E C O N O M I A D I V E N T A S O C I A L -
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M AT T E O M A C U G L I A
R u b r i c a a c u r a d i A n n a M i y k o v a , B e t t i n a To d i s c o , M a t t e o M a c u g l i a I N T E R V I S TAT I :
# ALBERTO BUZZANCA
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# C H I A R A S B A R D E L L AT I # ALICE BASSO
# PAOL A TUR ANI # ANNA GODINA
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# VA L E R I A N A R D I L L I # K AT I A L O VAT
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# GIANLUCA RUBINO
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Quando l’economia diventa social L’approdo di internet ha stravolto alcuni mercati e ne ha creati di nuovi. Anche se è stata ampliamente sfruttata per globalizzare i mercati finanziari, spersonalizzandoli ulteriormente, la vera rivoluzione economica 2.0 è quella fatta dall’interazione umana tramite questo nuovo medium. È nata così la sharing economy, un nuovo fenomeno di massa dove tutti, venditori ed acquirenti, hanno da guadagnare.
e personalizzato che l’economia finanziaria non cerca. È quindi l’aspetto social, l’interazione umana a fare la differenza. In questo modo, valori che si pensavano persi nei meandri della spersonalizzazione della rete come l’empatia, la gentilezza e l’ospitalità tornano prepotentemente alla ribalta. Ovviamente c’è anche una questione puramente materiale a fare da contraltare all’agire di un uomo che oggi più che mai è definibile come homo oeconomicus, sempre alla ricerca della massimizzazione del rapporto costi-benefici. La condivisione di beni personali aiuta le persone ad alleggerire i costi di mantenimento che sono da sempre lo scomodo contraltare alla proprietà. Questo diventa possibile nel momento in cui le piattaforme online, le quali mettono in piedi le architetture necessarie per godere di questi servizi, riconoscono il loro ruolo di mero supporto, quindi secondario nella vicenda economica, garantendosi delle commissioni contenute che invoglino gli utenti a mettersi in gioco (da parte dell’offerta) ed a spendere (dal lato della domanda). È sostanzialmente lo stesso discorso che in tanti si augurerebbero di poter fare con la tassazione statale, secondo un’impostazione liberista la quale ritiene che imposte più leggere permetterebbero un maggiore dinamismo economico. Da questo maggior movimento deriverebbero a loro volta un ulteriore prosperare delle attività economiche e quindi, infine, maggiore entrate per quello stesso Stato che chiederebbe di meno ma a più persone. Lo sharing economy, allo stato attuale, gode di tutte le condizioni utili per prosperare ma spesse volte si scontra con la diffidenza generalizzata verso internet che purtroppo aleggia ancora nel nostro Paese, che vive infatti una mancata, o quantomeno incompleta, rivoluzione digitale. Su internet, come in ogni angolo della vita reale, coesistono in ogni momento persone buone e cattive. Fare attenzione, lavorare con serietà e con giudizio sono, analogicamente come digitalmente, strategie per tenere lontane le ultime e godersi tutti i benefici che la rete può mettere al nostro servizio, se solo avremo il coraggio e la grinta necessarie per abbracciarla. di
#GENIUSPEOPLEMAGA ZINE
Non è vero che l’economia è una piscina piena di squali, almeno non lo è sempre. L’avvento di internet non ha portato solo i social, ma anche la costituzione di network. È questo il concetto principale nella sharing economy. Un nuovo paradigma, capitalistico e sociale allo stesso tempo che permette di trarre nuova utilità da oggetti non solo usati, ma di proprietà altrui. Ci si rifà a dei facsimile delle teorie “meno è meglio” e le si porta a dei livelli di utilità che non si erano mai raggiunti prima. Si è partiti anni fa con il couch-surfing, un vero e proprio esperimento di condivisione simil-gratuita con il quale delle persone che, per un motivo o per l’altro, avevano bisogno di una dormita di una notte in qualche posto lontano da casa, affittavano il divano di qualcuno, lasciandogli delle modeste somme di denaro prima di rimettersi per strada. La cosa ha preso via via sempre più forma e così a San Francisco, nel 2009, nasceva Uber. Una piattaforma che permette di noleggiare un’auto con conducente – sostanzialmente un taxi - che può essere a sua volta condivisa con altre persone per attenuare i costi degli, già molto economici, spostamenti. Un ulteriore esperimento riuscito alla grande in questo ambito è Airbnb, una piattaforma dove chiunque può mettere a disposizione la propria abitazione, stanza o divano, a degli sconosciuti a prezzi convenienti. In questo modo si dà da un lato al turista l’opportunità di risparmiare considerevolmente sul prezzo dei pernottamenti e all’host di mettere da parte delle quantità di denaro che possono rendere questa attività quasi un secondo (o primo!) lavoro. Un punto sul quale questo sito internet punta molto inoltre è la possibilità per il turista, di vivere un’esperienza totalmente diversa da quella che otterrebbe soggiornando in un hotel. Infatti, vivere in casa di una persona che ha una cultura diversa dalla nostra può insegnarci molto del paese in cui siamo, delle sue tradizioni e soprattutto può dare una percezione totalmente inedita del contesto nel quale ci si trova. Si sarà ormai compreso che tutti questi esperimenti, questi nuovi tracciati solcati nella galassia digitale, hanno in mente una cosa soltanto, le persone. Lo fanno perché siamo noi a dare a tutte queste esperienze quel tocco unico
M.M
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Alberto Buzzanca WWW.ALBERTOBUZZANCA.NET
BETTINA TODISCO
A
/Dietro l’obiettivo
lberto Buzzanca è un fotografo professionista di Padova, specializzato in fotografia di moda e pubblicità. Opera con professionalità nella realizzazione di servizi fotografici. Su Instagram più di cinquantamila sono i suoi follower.
Che dire…, le foto del tuo portfolio sono splendide. Ma non solo le foto dei servizi fotografici per la moda, dove le donne sembrano acquisire una grande personalità, ma anche le foto dei paesaggi, penso a Panarea o Parigi che nel loro in bianco e nero acquisiscono un grande spessore. O i taxi di New York con le scie di luci colorate e magiche. Come nasce questa abilità nel fotografare? E da dove nasce la passione per la fotografia?
Come si passa dalla passione per la fotografia alla professione? Pura casualità! Come avviene la scelta della location esterna nel caso di foto di moda? E in interni, quanto è costruita l’immagine? Per quanto mi riguarda, la scelta della location il più delle volte è improvvisata. In base alla situazione che trovo, fotografo! Ho iniziato anni fa con il reportage, e ho imparato a conoscere bene come fotografare con luce naturale. Il mio obiettivo preferito è il 50 mm, praticamente come vede un occhio umano.
photo ALBERTO BUZZANCA
Il più delle volte, utilizzo l’obiettivo alla massima apertura, metto a fuoco gli occhi della persona ritratta, tutto il resto fuori fuoco, creando in tal modo un’immagine “tridimensionale”. Quanto conta per te la bellezza, degli umani e dei luoghi? Il fotografo Peter Lindbergh un giorno ha detto: a me piace fotografare tutti, non esistono belle o brutte persone da ritrarre! Il ritratto è la cosa più bella e difficile da eseguire. Il soggetto del ritratto è comunque l’autore. Se più autori fotografassero la stessa persona, nel medesimo istante, uscirebbero ritratti diversi. Perché fotografi quello che sei. Non Photoshop, ma ottimo rapporto con i social media. Hai cinquantamila follower su Instagram. Lo utilizzi perché il mondo va in quella direzione?
Photoshop, ne ho abusato per anni, ora ho fatto un passo indietro. Per quanto riguarda i social, penso che il lavoro del fotografo sia uno di quelli che ha avuto più riscontro dal punto di vista lavorativo. I social vivono soprattutto di immagini. Instagram ad oggi è “SONO DIVENTATO FOTOGRAFO PROFESSIONISTA quello che dà più soddisfazioni..., e PARTENDO DA ZERO.” lavoro.
Nel 1992 ero impiegato di un’azienda, per nulla soddisfatto del mio lavoro. E pensavo, non sarà questa la mia vita! Nell’agosto del ’92 mio padre è venuto a mancare. Era un’artista, scultore, incisore e pittore, con la passione per la fotografia. Negli anni ’70, mio padre ha fotografato la famosa modella Veruschka, quella del film Blowup di Michelangelo Antonioni, prima ancora che diventasse topmodel. Liberando lo studio, ho trovato la macchina fotografica che utilizzava mio padre, una Zeiss ikon. Da quel giorno amore a prima vista! Come ci se fosse stato un passaggio di consegne. E così dagli anni ’90, dopo la morte di mio padre, la fotografia è diventata per me una droga. Ho imparato tutto con due libretti che aveva nel suo studio. Allora, bisogna ricordare, non c’era Internet da cui attingere. Sono autodidatta al 100%.
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Sembra che le persone fotografate escano dalle foto.
Ricevi quindi lavoro da Instagram.
richieste
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Certo, anni fa spendevo molto in pubblicità per sponsorizzare il mio lavoro. Oggi con i social è gratuita. Instagram è usato molto anche da imprenditori che, nei momenti di pausa, cercano collaboratori per sponsorizzare i loro prodotti. Se una persona è interessata al tuo lavoro, ti può contattare direttamente. Ho preso lavori importanti utilizzando questo social. Prima mi chiedevi come si diventa fotografo professionista. Non basta saper fotografare. Devi saperti vendere, essere duro e diretto. Se lavori bene, i follower arrivano da soli. Sempre tramite i social, ad esempio, sono stato contattato dalla Fujifilm, e sono diventato ambasciatore italiano e ora collaboro con loro. La tua professionalità è comunque, come ho detto, data dal tuo background. Anni di lavoro, errori , successi, investimenti in attrezzature, corsi, viaggi mi hanno sicuramente aiutato a superare situazioni a volte difficili e imprevedibili nell’ambito lavorativo.
#GENIUSPEOPLEMAGA ZINE
di
INTERVISTA
Vuoi parlarmi di progetti futuri che hai a cuore? Sono diventato fotografo professionista partendo da zero. Oggi ho uno studio a Padova, amo il mio lavoro, vivo di fotografia. Cosa volere di più? Un consiglio che posso dare alle nuove leve è di essere umili. L’umiltà mi ha aperto molte porte nel mondo lavorativo, e non solo.
Le tue foto incantano. Come riesci a ottenere la magia dell’incanto? Sono un amante dei libri, in special modo di quelli che parlano di fotografia. Ho un discreto archivio. Sono curioso. Sono molto interessato ai fotografi che hanno fatto la storia della fotografia, mi piace leggere della loro vita, come hanno iniziato, le tecniche utilizzate. Il mio background culturale mi ha aiutato a fare la fotografia che eseguo oggi.
A S E G U I R E A L C U N I S C AT T I D I A L B E R T O B U Z Z A N C A C O M P O S T O D A L T E A M “ G E N I U S ”.
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photo ALBERTO BUZZANCA
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INTERVISTA di
A N N A M I Y KOVA -
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ALBERTO BUZZANCA
Parla Paola Turani, modella, artista, web influencer ha conquistato/contagiato il popolo di Instagram con la sua semplicità. SOCIAL REVOLUTION? OGGI NON E PIU LA SEMPLICE MODELLA SENZA NOME E COGNOME, MA LA MODELLA INFLUENCER CON CUI COLLABORARE, CON CUI REALIZZARE CAMPAGNE E PROGETTI DA POTER CONDIVIDERE SUL SUO PROFILO INSTAGRAM CON TUTTE LE PERSONE CHE LA SEGUONO.
I N T E R V I S TA A PA O L A T U R A N I
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a la modella da dodici anni e, da tempo, ha scelto di esprimere se stessa anche attraverso pennellate colorate e immagini astratte. Seguitissima sui social network, Paola è molto amata per la sua semplicità e la simpatia che spiccano immediatamente… per non parlare poi degli inconfondibili occhioni azzurri e la cascata di ricci color cioccolato. Paola tu sei una persona piena di risorse: sei modella, artista, giri spot pubblicitari. Se dovessi dare una descrizione di te stessa su un’etichetta immaginaria cosa metteresti tra gli ingredienti? Tra gli ingredienti metterei sicuramente: pazienza, simpatia, ironia, semplicità, gioia, spensieratezza e un pizzico di creatività.
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“RACCONTARSI SENZA STRAFARE” PAOLA TURANI SVELA COME APPARIRE SUI SOCIAL
I social network sono diventati forse uno degli strumenti principali per comunicare e raccontare di sé a chi ci segue. Dove inizia e finisce la linea tra il mondo virtuale e quello reale? Io credo che siamo solo noi a decidere quello che vogliamo pubblicare sui social network ovvero quello che la gente può vedere. Instagram è una vetrina che permette di metterci “in mostra” al mondo intero. Siamo liberissimi di scegliere se e quando farlo. Il segreto è come. Personalmente ho scelto di raccontare la mia quotidianità nel bene e nel male, senza esagerare o strafare, ma i social network non sono la vita reale. La realtà sono i rapporti, gli sguardi, le discussioni faccia a faccia, gli abbracci, il contatto…senza nascondersi dietro a un telefono o una tastiera. Insomma, la realtà è senza filtri.
quando ho deciso di mettermi a nudo con le mie fragilità raccontando la malattia di Bracchetto (il bovaro che ci ha lasciati qualche mese fa) non sono mancati i commenti poco carini di persone che giudicavano il mio comportamento come una farsa o esagerato. Insomma, all’inizio ci rimanevo male, con gli anni ho imparato a farmi scivolare addosso le negatività e a darle il giusto peso. Che cos’è cambiato nel tuo lavoro da modella con l’uso quotidiano della rete? Lavoro come modella da ben 12 anni ma solo in questo ultimo periodo con il successo social, ho avuto quella visibilità
Che meraviglia! A questo punto, hai confermato quello che abbiamo detto prima: tramite la tua arte, hai espresso te stessa riuscendo a colpire la persona che poi è diventata il tuo compagno... Cosa vorresti trasmettere attraverso la tua arte e la tua immagine?
In questi anni ho instaurato un bellissimo rapporto con i miei followers, per me non sono numeri o utenti ma persone con nome e cognome, con una storia. Ricevo molti messaggi al giorno, le ragazze si confidano con me e io sono felice di poterle aiutare in qualche modo. Cerco di rispondere sempre a tutti (o almeno ci provo!). Mi piace l’interazione che caratterizza il mio profilo, se chiedo un consiglio sono sempre pronti ad aiutarmi ed è bello sapere che posso contare su di loro e viceversa. I social sono un’arma a doppio taglio ovviamente. Possono farti avere molta visibilità e improvvisamente farti cadere negli abissi, senza dimenticare che i “naviganti” possono essere anche spietati a volte. Hai mai avuto esperienze spiacevoli? Quando ho scelto di espormi sui social non sapevo a cosa sarei andata incontro, o meglio, mai avrei immaginato. Purtroppo ho imparato a mie spese che quando si è esposti al giudizio della gente devi mettere in conto anche le critiche o gli insulti. Tante volte ricevo messaggi negativi riguardanti la mia fisicità. Sono una modella, sono magra ma in salute. Il problema è che la gente pensa che io sia malata e crede di essere libera di giudicarmi. Oppure,
per il mio compagno. Me l’ha commissionato quando non stavamo ancora insieme. Mentre lo dipingevo, noi ci siamo conosciuti, avvicinati e mai più allontanati. La sera in cui gliel’ho consegnato è scoccato il primo bacio! Siamo insieme da 5 anni e mezzo. Il quadro è appeso in casa, è il simbolo del nostro amore.
Non ho la presunzione di voler trasmettere per forza qualcosa alle persone che mi seguono…però con le foto o i pensieri che pubblico mi piacerebbe trasmettere un messaggio di positività. Adoro cogliere sempre il lato divertente e buffo nelle situazioni o la bellezza delle piccole cose, quelle semplici come l’amore per la propria famiglia, la gratitudine verso il prossimo e verso la vita in generale. Descriviti con un hashtag che prima non avevo. . Credo sia diventata una nuova strategia di marketing da parte delle aziende e non mi resta altro che cavalcare l’onda!
#GENIUSPEOPLEMAGA ZINE
Paola Turani
Tu sei un’assidua utente di Instagram e il tuo profilo è davvero divertente. C’è il tutorial su come lisciare i capelli, quello su come arricciarli, i tuoi giochi con Nadine, video di tuffi olimpici...Insomma ci sei tu che ti metti a nudo in tutta la tua semplicità e i tuoi quasi quattrocentomila followers. Qual è il tuo rapporto con loro?
#KEEPSMILING
Sicuramente bisogna cogliere l’attimo…ma cosa accumuna e cosa invece differenzia la “Paola modella” dalla “Paola pittrice”? Credo che entrambe le Paole (si può dire così? Eheh) siano in qualche modo legate. Il lavoro di modella è creativo, ti permette di giocare con il look, cambiare personalità in base agli shooting, è stimolante. Lo stesso vale per la mia passione per la pittura: dipingere è creatività, è poter esprimere sulla tela la mia personalità e il mio umore giocando con i colori. In effetti, credo che dipingere serva a esprimere se stessi in maniera completa. Forse basta saper leggere con gli occhi e la mente i colori e le immagini per conoscere le persone. Raccontami il tuo quadro preferito tra quelli che tu stessa hai dipinto. Come nasce? Quali emozioni ti ha suscitato? Il quadro più bello è sicuramente il trittico che ho realizzato
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INTERVISTA di
M AT T E O M A C U G L I A -
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EDOARDO MORINA
Torniamo a due domande fa, il teatro muore perché non si ha la capacità di rinnovarsi, perché i vecchi non lasciano spazio ai giovani, non si accetta il cambiamento. Ho fatto da aiuto regia per uno spettacolo a settembre (CATILINA, regia: Carlo Oldani), il regista ha 28 anni, “TI SEGUO SU INSTAGRAM” E PENSANO COSÌ DI SAPERE voglia di cambiare, di mettersi in gioco TUTTODI TE. I RAPPORTI INTERPERSONALI SONO FALSATI e i risultati si sono visti. Non c’è polvere E SPESSO CI SI CONFONDE ovunque.
conoscere solo perché “Ti seguo su Instagram” e pensano così di sapere tutto di te. I rapporti interpersonali sono falsati e spesso ci si confonde. Tra le tantissime cose delle quali ti occupi ci sono anche i book fotografici come modella. Dalle foto più che i classici sguardi da femme fatale emergono i sorrisi di una ragazza giovane e piena di vita. È un tuo approccio alla cosa o una precisa richiesta dei fotografi con i quali lavori? Solitamente mi chiedono o di fare la faccia depressa e cupa o di ridere a crepapelle, la via di mezzo in me non la vedono, e devo dire che hanno ragione, io sono bianco o nero, tutto e il contrario di tutto! Alcune delle foto che vedi sul mio profilo non sono lavori però, ma foto rubate quando sono in giro, me le fa il mio ragazzo (che è un fotografo) quindi sono sorrisi spontanei e non richieste!
Parla Valeria Nardilli, figura eclettica con esperienza in molti campi artistici. MOLTO SICURA DI SE SUI SUOI PRINCIPI, IN REALTA EMERGE ANCHE IL SUO LATO TIMIDO CHE SFIDA SUL PALCOSCENICO ED ORA ANCHE SUL GRANDE SCHERMO NELL’ULTIMO FILM DI SERGIO CASTELLITTO “ FORTUNATA”.
I N T E R V I S TA A VA L E R I A N A R D I L L I
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a tua vita è un’esperienza a tutto tondo in campo artistico e non solo; danza, teatro, cinema, scrittura moda e molto altro. Come hai fatto ad infilare tutte queste esperienze in soli 25 anni e quali ritieni le più significative nel tuo percorso di vita?
Dico sempre che ho vissuto dieci vite e le mie giornate durano quarantott’ore (ride). Ti sembrerà assurdo ma a volte sento addirittura di fare troppo poco! Penso che lavoro attiri lavoro, non sto mai ferma, mai. Per quanto riguarda le esperienze più significative credo che anche quella apparentemente più piccola e insignificante mi abbia regalato qualcosa. Ogni volta che vivo qualcosa mi chiedo “cosa ho imparato?” e quello per me è già importante.
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“MI FACCIO POCHI PROBLEMI SU COSA PUBBLICARE E PENSO CHE LA VERITÀ VENGA APPREZZATA” Guardando il tuo sito ed il tuo profilo instagram si intravede non solo una ragazza senz’altro molto bella, ma anche più colorata e sfacettata di tanti profili pubblici che si trovano in rete. Come scegli cosa pubblicare e quali sono le reazioni dei tuoi fan? Pubblico la verità. Io sono quella “photoshoppata” ma sono anche quella che fa una faccia buffa con la maschera all’argilla sul viso. Mi faccio pochi problemi sul cosa pubblicare e penso che la verità venga apprezzata. Parlare di “Fan” mi sembra un po’ eccessivo. In altre interviste hai dichiarato di essere una persona fondamentalmente timida che ha scelto il palcoscenico e le telecamere per sfidare in qualche modo i propri limiti. Com’è
delle tue più grandi ambizioni nella vita, cosa pensi dello stato di salute di questa realtà e del suo rapporto con le nuove generazioni?
Dopo la pubblicazione del tuo libro VITA&SVITA (aveva 18 anni! ndr) hai cominciato ad occuparti anche di sceneggiature, passando dall’altro lato del palco/telecamera. Preferisci il ruolo di attrice o ti trovi bene anche dietro le quinte? La verità è che il b-side è quello che preferisco e più passa il tempo e più mi sento più adatta a questo lato. Mi manca l’egocentrismo tipico di chi “sta davanti”, mi manca l’io smisurato e il primodonnismo. Nella primavera 2017 uscirà l’ultimo film di Sergio Castellitto, “Fortunata”, nel quale reciti anche tu. Parlaci del tuo ruolo in questa pellicola, della sua storia e del perché merita di essere vista. Il mio ruolo è un comprimario, anche se non molto presente, sono una delle amiche della protagonista (Jasmine Trinca), per il resto shhhh, dovete andare a vederlo!
#GENIUSPEOPLEMAGA ZINE
Valeria Nardilli
essere timidi in un tempo come quello che viviamo nel quale le nostre vite sono viste e commentate ogni giorno da migliaia di persone? Dietro lo schermo siamo tutti leoni da tastiera, è tutto più facile, è tutto distorto. Certe volte mi è capitato che persone entrassero in merito di cose che neanche potevano
Che rapporto hai con i media tradizionali e quale pensi sia il loro ruolo in un mondo, come quello della moda, che sempre più sfugge al monopolio dell’informazione del quale hanno goduto in passato? Devo dire che la domanda pensavo fosse una supercazzola, ho dovuto rileggerla più volte lo ammetto. (ride) Le cose cambiano e in Italia soprattutto rimaniamo ancorati: un po’ come nella politica con le poltrone, così siamo lenti nel capire che dobbiamo stare al passo coi tempi, se cambia il modo di concepire la moda, la pubblicità o qualsiasi altra cosa, dobbiamo svegliarci, dobbiamo anticipare, dobbiamo avere l’elasticità mentale di capire che l’evoluzione e il cambiamento sono elemento imprescindibile della vita. Il teatro viene spesso descritto come un mondo magico ma in lento deterioramento. Ciononostante è l’oggetto
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Chiara Sbardellati INTERVISTA di
M AT T E O M A C U G L I A -
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UNKNOWN
l’esempio per le ragazze che la ammirano, e ha scelto quindi di non cedere a chi le chiedeva un corpo innaturalmente magro per i suoi ruoli, scegliendo al contrario una figura sensuale ma evidentemente tonica e muscolosa. Personalmente credi che la società spinga ancora la figura della donna verso un’eccessiva magrezza? Bella domanda, io vorrei arrivare a far capire a tutte le ragazze che il corpo magro costretto non è bello e soprattutto che non tutte le modelle sono magre per problemi alimentari ma semplicemente perché sono di costituzione così o perché sono ancora delle adolescenti. Una donna deve sentirsi bene nel proprio corpo, con le proprie forme e le proprie misure... dopo che ci si sente bene dentro allora riflette in maniera positiva anche sull’umore. Lo sport, il movimento, indipendentemente dall’addominale scolpito o dal gluteo sodo fa bene allo spirito.
lupo solitario. Non sono per lo sport di squadra, poi mi sono avvicinata anni fa alla palestra e me ne sono innamorata. Il successo sui social ti ha aperto nuove possibilità? Quali? Sì, è utile sia per il contatto con le persone, sia per farsi conoscere e per far strada a livello professionale;ho collaborato con diversi marchi importanti sportivi e a breve tante nuove sorprese… STAY TUNED!
Molte persone ti ammirano ma faticano a raggiungere traguardi simili a quelli che sfoggi nei tuoi scatti, quali sono gli elementi che fanno la differenza? Hai qualche consiglio da dare? Anche io ho faticato, sia psicologicamente che fisicamente. Ho imparato a piacermi e ad apprezzarmi anche con più volume. Non si raggiungono certi traguardi o livelli senza la fatica, il sacrificio e la determinazione. Un consiglio che posso dare è che tutto parte dalla nostra testa. Se noi siamo veramente pronti e convinti, allora possiamo ottenere risultati. Non mollare, ma senza cadere e credere in tante scorciatoie che promettono risultati veloci senza sforzo e sacrificio. Parla Chiara Sbardellati, fitness Model, che ha fatto di una passione il suo stile di vita COSTANZA E DETERMINAZIONE SONO LE SUE PAROLE CHIAVE. HA FATICATO SIA PSICOLOGICAMENTE CHE FISICAMENTE PER RAGGIUNGERE I SUOI OBIETTIVI, NON BASTA SOLO LAVORARE SUL CORPO MA BISOGNA AVERE UNA GRANDE FORZA DI VOLONTÀ PER REIMPOSTARE LA PROPRIA MENTE.
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ul tuo profilo Instagram ti definisci Fitness model ed esperta di healthy lifestile. Cosa significano questi due concetti nella tua vita di tutti i giorni?
Tutto parte da una grande passione per quanto riguarda l’allenamento sportivo; da qui si collega inevitabilmente la mia vita quotidiana, quindi mantenere uno stile di vita sano. poi allenandomi posso associare l’utile al dilettevole diventando una Fitness model, uscendo finalmente da quegli stereotipi che la moda richiede. Pensi che i social siano un ambiente che facilita la condivisione di concetti positivi come uno stile di vita migliore e più sano? Sì, in America il fitness va alla grande, qui in Italia va per la maggiore il fashion, ma piano piano sta prendendo piede
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“HO IMPARATO A PIACERMI ED APPREZZARMI ANCHE CON PIÚ VOLUME” questo mondo e sto avendo grandi soddisfazioni tramite i miei social. Diverse fonti, in rete e non solo, ti definiscono ormai una “influencer” nel tuo campo. Come si passa da essere una semplice ragazza sportiva ad avere una platea di oltre 160mila follower?
In questi anni hanno avuto grandissimo successo le palestre fai da te, prive di istruttori ma con prezzi molto vantaggiosi. Secondo te è una tendenza da incoraggiare o ci sarebbe bisogno di più consapevolezza quando ci si allena? La consapevolezza è tutto, sia da parte dell’istruttore che del cliente. Certo, tutti hanno il diritto di potersi iscrivere e allenare i palestra, quindi per questo motivo ben venga una palestra a basso costo, ma attenti sempre che un allenamento sbagliato non lo si può cambiare sostituendolo come un jeans sbagliato, un allenamento eseguito nella maniera sbagliata può provocare danni e non benefici come dovrebbe; quindi è molto importante avere sempre una figura esperta pronta a correggere e ad insegnare. Tra i tuoi scatti si intravedono anche costumi da bagno e completi intimi, che rapporto hai con il mondo della moda?
Con la costanza e la determinazione nel cercare di arrivare alle persone facendole avvicinare al Fitness (sport) e allo stile di vita sano (alimentazione), dando consigli, sempre con la massima sincerità... questo è molto importante; la gente poi prova e bisogno quindi essere preparati.
Ora bello, perché ho preso consapevolezza del mio corpo.Anni fa temevo il giudizio dei professionisti quindi facevo di tutto per mantenere il mio fisico magrissimo ed entrare nei canoni richiesti. Invece ora sono molto cambiata, mi piaccio con questo corpo sportivo tonico e forte.. mi fa sentire bene come non mai, soprattutto dentro. Quindi se ci sono agenzie che non apprezzano non mi affliggo.. non serve perché ce ne sono altrettante che invece lo fanno.
I tuoi scatti ricordano per certi versi un’impostazione di pensiero portata avanti dall’attrice Jennifer Lawrence. In quando persona di spettacolo, lei crede di dover dare
Oggi lavori e sudi molto in palestra, è sempre stata una tua passione o hai sperimentato anche sport più tradizionali? Quando ero piccola giocavo a pallavolo, ma sono più un
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INTERVISTA di
A N N A M I Y KOVA -
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ALBERTO BUZZANCA
Come descriveresti il tuo lavoro, in particolare ora che il mondo dei social network è diventato quasi la prima vetrina di visibilità? Cos’è cambiato rispetto al passato quando gli strumenti della rete erano ancora rudimentali e poco utilizzati? È cambiato tutto. E devo dire che grazie ai social ho iniziato a lavorare più del doppio. Io stessa sono la mia agenzia. Mi arrangio in tutto: mi faccio da avvocato, commercialista, agente, mi preparo i contratti, rispondo alle mail. E nel mentre faccio anche la mamma a tempo pieno. Sì, sono un po’ stressata in effetti ma ho 29 anni. Tra 10 anni chi mi cercherà più? (Sorrido, ndr)…in effetti la carriera da modella porta anche dei “limiti temporali”, per così dire. Anche se non è mai detta l’ultima. Meglio “sparare” questi ultimi colpi. Tu condividi molto della tua vita personale sui social creando una rapporto confidenziale e amichevole con le giovani che ti seguono quotidianamente. Sembra quasi di entrare nella tua quotidianità e di conoscere da vicino la tua famiglia, le tue abitudini…Qual è il valore aggiunto di questo rapporto virtuale con i tuoi followers?
Parla Alice Basso, modella veneta e web influencer che in rete mostra con orgoglio la sua quotidianità. L’INTENTO? RIVELARE NIENT’ALTRO CHE LA SUA SEMPLICITÀ E L’ESSERE UNA PERSONA “NORMALE” CHE DELLA SUA IMMAGINE HA FATTO IL SUO LAVORO. INTERAGISCE QUOTIDIANAMENTE CON I SUOI FOLLOWERS E SI DIVIDE TRA SHOOTING E VITA DA GIOVANE MAMMA IN CARRIERA. SEGNI PARTICOLARI: MOLTI TATUAGGI (AMATISSIMI!)
“L’ARMA VINCENTE È ESSERE SE STESSI” I N T E R V I S TA A A L I C E B A S S O
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lice, la prima cosa che mi ha colpito particolarmente appena mi sono affacciata sul tuo profilo Instagram è la descrizione di te. Tu esordisci con “Mamy”, poi “wife” e al terzo posto “model”…credo che l’ordine non sia stato casuale. Brava, hai detto bene. L’ordine non è a caso. Li ho messi in ordine di “importanza” se si può dire. E al primo posto ovviamente c’é una Madre e Moglie che parla. Il resto son dettagli. A quanti anni e come inizia la tua carriera da modella? Ho iniziato a fare la modella quando avevo 3 anni. Sì, solo 3 anni. I titolari di un negozio chiesero ripetutamente di
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me ai miei genitori. E fino ai 7 anni è stato il mio “baby job”. Sinceramente non l’ho vissuta bene gli ultimi 2 anni. Era una noia terribile. Io volevo giocare, volevo stare in giardino a casa mia, con la bici, correre, arrampicarmi sugli alberi. Non sopportavo che mi mettessero la cipria e la lacca sui capelli, i boccoloni, le trecce, le code di cavallo. No, non faceva più per me, quindi mamma decise di non portarmi più. E… chiamalo destino! A 17 anni un fotografo mi ha notata e mi ha chiesto di fare un book, per vedere come e se sapevo muovermi. Ho accettato subito. E da lì a una settimana ho iniziato subito a lavorare come fotomodella. Non ho mai sfilato in passerella, sono alta 1,73 e non basta, anche se devo confessarvi una cosa: mio figlio aveva 9 mesi quando una nota azienda di moda, mi chiamò per sfilare e per fare il catalogo. Ero in vacanza e avrei dovuto fare il tutto nel giro di 3 o 4 giorni, ma ho alla fine
Secondo te cosa o come bisogna essere e, al contrario, non essere nel mondo dei social per avere successo? Non saprei come risponderti. Credo ci sia un po’ di confusione generale. Vedo tanti modelli da seguire non proprio sani, eppure visti come icone di stile, di vita. Mentre vedo tante altre persone che meriterebbero, essere molto sottovalutate. Quindi non saprei proprio. Io vado per la mia strada, che è quella che mi da emozioni. Per me questo conta. La tua immagine, lo stile di vita o il tuo gusto estetico creano un modello influente, spesso da imitare, in quelli che ti seguono in rete. Ma se tu potessi scegliere in cosa vorresti influenzare le persone? Vorrei influenzarle proprio nel valore della Vita, ricordando quanto siano importanti certe cose rispetto ad altre. Ripeto, si i vestiti sono belli, la moda è meravigliosa, è una passione che ho da sempre, ma non trovo argomentazioni a riguardo e non mi sento di poter trasmettere nulla. Se si parla di Vita sì, mi sento di voler dire qualcosa. Spesso ricevo mail dove qualcuno mi ringrazia, semplicemente perché con i miei post ho dato la forza di fare una cosa, di uscire da un brutto periodo, o semplicemente di far sorridere. E questa è una cosa che mi appaga in un modo indescrivibile. Quindi ecco, voglio influenzare le persone a godere della vita, che è il miracolo più grande che ci è stato regalato (ci tiene a sottolinearlo particolarmente, ndr).
Ho scelto di prendere la via dell’essere me stessa, anche davanti a quasi 300mila persone che mi leggono. Credo sia l’arma vincente. Faccio entrare nella mia vita tutti, raccontando quello che mi capita, esperienze di vita, cose normali di tutti i giorni, mi piace dimostrare di essere una persona normale, con dei problemi normali, con le mie insicurezze, le mie gioie, i miei sfoghi. Sì ok, l’amore per la moda c’è da sempre, ma non voglio che i miei social siano una vetrina di soli vestiti. Mi annoierebbe parecchio.
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Alice Basso
scelto la famiglia. Oggi un po’ “mi mangio le mani”, sarebbe stato un bel traguardo. Ad ogni modo, solo il fatto che mi abbiano contattata e abbiano anche insistito per due giorni, mi soddisfa come se l’avessi fatto. Vedi, a volte i tatuaggi aiutano! Poi comunque ho continuato questo lavoro, anche come indossatrice e per fitting. E lo faccio tuttora.
Infatti, hai numerosi followers che ti seguono e sono particolarmente attenti ai tuoi post. Ma oltre ai sostenitori esistono moltissimi detrattori. Come ti difendi dagli attacchi in rete? Ho imparato a non difendermi più. Sorvolo, blocco e cancello. È la cosa migliore da fare. Prima mi abbassavo a certe piccolezze, mi innervosivo e, d’impulso, rispondevo a tono. Facevo dei litigi senza fine, con persone che nemmeno sapevo che faccia avessero. Quindi ho deciso che, dato che il problema non sussiste, mi faccio scivolare tutto di dosso. Qual è la caratteristica che secondo te colpisce particolarmente le persone che ti seguono, al di là della tua bellezza (ovviamente, ndr)? Inizialmente credo mi seguano pensando che io sia “qualcuno”, poi quando capiscono che sono solo una persona normale che ha deciso di raccontarsi, allora lì il rapporto diventa stupendo, perché iniziano a interagire e mi scrivono come fossi l’amica di sempre. E tutto questo è fantastico.
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BETTINA TODISCO
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ianluca Rubino è un giovane modello, nato a Trieste il 30 marzo 1997. 5.000 followers su Instagram. Ha da poco conseguito il diploma di maturità e si accinge a proseguire i suoi studi a Milano presso la Nuova Accademia delle Belle Arti (NABA), seguendo il corso di Graphic design and Art direction.
Come nasce la passione per il graphic design e l’art direction? Questa passione nasce circa cinque anni fa quando decisi di iscrivermi alla scuola G. Deledda – M. Fabiani di Trieste, seguendo il corso di grafica e comunicazione. Da subito me ne innamorai in quanto ritraeva un’immagine completa di tutto quello che mi sarebbe interessato. Il mondo della grafica è un mondo di conoscenza e di massima creatività. E poi ho avuto anche la fortuna di incontrare un insegnante l’ultimo anno che mi ha fatto interessare ancora di più questo fantastico mondo. Ringrazio il professore Antonio Freni. Quanto dura il tuo corso di studi al NABA? Il corso che ho selezionato è un triennio con la possibilità, per un anno, di studiare all’estero e di proseguire, una volta conseguito il diploma accademico, con un master biennale. Vivrai a Milano, dunque. Un’occasione in più per Gianluca Rubino modello? Sì. Sono partito per Milano alla fine di settembre e mi sono subito sistemato e ambientato. L’idea di fare il modello mi è sempre piaciuta. E ancora di più adesso siccome abito proprio nella zona nella quale risiedono tutte le agenzie più famose per i modelli. Però il mio primo obiettivo è lo studio. L’idea, magari, è quella di essere più presente sui social facendomi conoscere e seguendo sfilate ed eventi che mi possono dare maggior visibilità. Fra parentesi, quando e come è nata per te l’opportunità di fare il modello? E’ accaduto qui a Trieste? L’opportunità di fare il modello è nata a Trieste, proprio da piccolo, quando a otto anni feci la mia prima sfilata per capi invernali da bambino. Poi le opportunità sono arrivate con le richieste di collaborazioni sui social e di alcune sfilate, tenute sempre a Trieste. Al termine dei tuoi studi in grafica e direzione artistica vorresti proseguire in parallelo con l’attività di modello? Mi piacerebbe molto, anche se il mondo della moda è un mondo molto difficile. Adesso, vivendo qui nella capitale della moda, scoprirò meglio cosa vuol dire e, con il proseguire degli anni, ne trarrò una conclusione. Dipende anche da quello che
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/Gianluca Rubino talento a 360° succederà in questi anni. Come detto, sei bello, fotogenico, seguito su Instagram, ma quanto conta per te la tua immagine? Dalle tue immagini sembri molto alla moda… Beh…, io ritengo che l’immagine di una persona sia molto importante, perché è la prima cosa che una persona nota e analizza, senza conoscerti. Alla mia immagine ci tengo molto e cerco, con il tempo a disposizione, di curarla, magari postando qualche foto e consigliano qualche trucco per essere sempre alla moda. E la tua bellezza come uomo, come la vivi? Partendo dal presupposto che è la gente che giudica la mia bellezza o non, è sempre difficile, perché spesso si viene giudicati.
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I N T E R V I S TA A G I A N L U C A R U B I N O
Gianluca Rubino 19yr “IL MIO SOGNO:
Diventare Art Director, nel mondo della grafica, del cinema o nel design, sempre tenendo in considerazione il lavoro da fotomodello, modello o attore.
La tua bellezza è stato un valido lasciapassare o ti ha creato difficoltà? Sicuramente la bellezza aiuta, soprattutto con le ragazze, e in certi lavori, ma come ho detto prima non mi reputo né bello né brutto… Mi piace curare il mio corpo con lo sport e l’alimentazione. E mi piace vestirmi bene. Spesso però la gente è invidiosa per quello che hai e cerca in qualsiasi modo di togliertela…, ma bisogna essere forti e utilizzare l’indifferenza, l’arma più forte contro gli invidiosi. Quali i tuoi sogni per il futuro? Il mio sogno per il futuro, oltre ad avere una famiglia in salute, è quello di diventare un direttore artistico nel mondo della grafica, del cinema o nel design, sempre tenendo in considerazione il lavoro da fotomodello, modello o attore.
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A N N A M I Y KOVA
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Katia Lovat
/Sguardo magnetico
stata scelta come testimonial e appoggiata da un’azienda del genere, soprattutto perché parto dalle basi. È indubbiamente un’occasione unica e vorrei coglierla al meglio Se potessi descriverti con tre aggettivi, come ti definiresti? Primo in assoluto determinata, perché la determinazione mi ha regalato molto e mi ha portato a non arrendermi di fronte alle difficoltà. Sono anche fiera del mio carattere cocciuto perché se voglio ottenere una cosa do il massimo, ovviamente con tutti gli effetti del caso. Poi solare, io adoro il contatto con le persone. E anticonformista, non riesco proprio a stare nella massa e mi piace distinguermi senza però sfociare nell’esibizionismo…non saprei magari indossando una cosa colorata o per un particolare colore dei capelli. E viceversa adoro le persone anti- conformiste che abbiano qualcosa di particolare. I social network sono ormai diventati lo strumento per eccellenza per avere visibilità e notorietà soprattutto tra i giovani, quanto contano per te?
Katia, parlami un po’ di te. Come è nato il tuo percorso nel mondo della moda? Sono entrata nel mondo della moda molto giovane. Avevo 15 o 16 anni quando ho iniziato con un catalogo di moda per un negozio che si trovava vicino a casa mia. Lì avevo conosciuto delle ragazze che facevano concorsi di bellezza e che vedevo molto stimolate. Erano molto gentili e disposte a darmi consigli, questo ambiente mi ha affascinata perciò da subito, eppure per varie ragioni non ho continuato. In genere, poi, non credo nel destino ma c’è stato un momento particolare che mi ha fatto pensare che il destino esistesse eccome. Un giorno, infatti, ho ricevuto una telefonata da alcuni organizzatori del mio comune che mi chiedevano di partecipare a una piccola sfilata di paese per esibire le collezioni delle piccole boutique di abbigliamento, per intenderci. In quell’occasione c’erano delle ragazze che avevano partecipato a Miss Mondo e sono state loro a spingermi a partecipare. Prima avevo sempre fatto degli shooting fotografici, ma più che altro per passione. Così, da quell’incontro, un po’ per regione Veneto, non ho vinto nulla ma ho continuato e la mia determinazione mi ha portata, in un secondo momento, al titolo di Miss Provincia di
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“ MI PIACEREBBE SCARDINARE LO STEREOTIPO DELLA RAGAZZA BELLA E STUPIDA!”
Treviso. Da lì, sono stata selezionata insieme ad altre 149 ragazze da tutta l’Italia per Gallipoli (dove si è tenuto il concorso di Miss Mondo Italia). Tra le 50 finaliste sono poi stata eletta Miss Vitality’s.
Ovviamente il fatto che la propria immagine venga diffusa a livello mediatico porta inevitabilmente con sé anche delle critiche. Tu come reagisci a un attacco? In maniera molto diplomatica e se riesco con ironia, sarcasmo e positività perché prendersela dà soddisfazione a chi ti critica. Bisogna invece risultare superiori. Poi chia- ramente la bellezza è assolutamente soggettiva, quindi posso piacere o non piacere. Mi dà fastidio quando vengo criticata per il carattere, senza che qualcuno mi conosca, non per l’aspetto fisico. In genere però accetto le critiche perché spesso possono essere costruttive, le valuto e poi decido se rispondere o meno.
Arrivare a Miss Mondo Italia 2016 è un grande traguardo soprattutto perché in quell’occasione sei stata scelta come testimonial di Vitality’s.Dove speri che ti porti questa esperienza?
Nel mondo della moda l’estetica è il primo biglietto da visita. Si comunica, per così dire, con il proprio volto, il corpo, i gesti... Qual è la parte che reputi più espressiva di te?
Di recente sono stata a Milano per uno shooting organizzato da Vitality’s per promuovere delle nuove colorazioni. Spero davvero di poter soddisfare le loro aspettative perché è stata un’esperienza bellissima e tutti, dal primo all’ultimo, sono stati davvero gentili con me. Punto tanto su questa esperienza partendo dal presupposto che è già un onore per me essere
Io amo usare lo sguardo, con gli occhi riesco di esprimere diverse sensazioni, dallo sguardo romantico che mi richiede il fotografo a uno più deciso, per esempio, nel caso di un servizio di moda. E poi amo usare le mani perché le ho molto lunghe e affusolate e avrei sempre voluto fare la pianista, anche se poi non ho mai suonato il pianoforte ma questo è un dettaglio (ride, ndr).
Qual è il messaggio più importante che vorresti trasmettere agli altri con la tua immagine o quale messaggio non vorresti che passasse? La cosa che più mi infastidisce è che le persone pensino che se una ragazza è bella debba per forza essere stupida. Io difendo il concetto greco della bellezza come “specchio dell’anima” che presuppone che se una persona è bella fuori lo sia anche dentro. Questo non implica che le belle ragazze che lavorano nell’ambito della moda siano stupide, anzi quelle che ho conosciuto sono la prova del contra- rio perché per arrivare a certi livelli devi essere preparato eccome. Quindi voglio scardinare questo stereo- tipo! Con le mie immagini mi piace comunicare uno stato di serenità, essere naturale, esprimere la gioia nel posare e fare questo lavoro, me lo auguro proprio perché spesso guardando certi cataloghi ci sono delle modelle con sorrisi finti o molto castigati e non vorrei che la mia immagine comunicasse questo.
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Ha una simpatia travolgente e un entusiasmo da vendere, Katia. Già dal principio, comunica tanta empatia e si abbandona alle chiacchiere come se ci si conoscesse da sempre. Poco da stupirsi, è nata sotto il segno dell’acquario: estrosa, solare e socievole. Da subito viene notata da Vitality’s - professionisti del hairstyling tutto italiano - che dopo la sua partecipazione a Miss Mondo Italia 2016, l’hanno voluta come testimonial.
Uso soprattutto Facebook e dopo aver vinto il titolo di Miss Vitality’s mi hanno creato una pagina per- sonale, quindi adesso li uso molto di più. Ma i social sono un’arma a doppio taglio. Ti danno tanta visi- bilità però poi deve essere anche mediata perché lì “siamo tutti bel- lissimi, tutti top model” ma nella realtà è ben diverso. Oltre all’a- spetto fisico, chiaramente, conta anche l’aspetto caratteriale che secondo me per affrontare questo mondo è davvero fondamentale. È una delle cose che ho capito subito, soprattutto dall’esperienza a Gal- lipoli. Se infatti qualche ragazza era insicura di sé oppure era lì solo per vincere e non per divertirsi se la viveva malissimo. Per questo do molto peso anche all’aspetto caratteriale. Io per esempio sono sempre positiva, non vedo l’ora di viaggiare, conoscere persone nuove e solo il fatto di essere stata selezionata tra le 150 finaliste, era per me un onore.
Quali sono i tuoi progetti futuri? In primis, la laurea. Adesso sto studiando Economia internazionale e mi manca un anno circa per finire, anche se so già che il mio futuro è la comunicazione e il marketing. E poi sicuramente proseguire, per quanto possibile, nel mondo della moda. Ovviamente anche la carriera da fotomodella o da modella può essere esercitata solo per un tot di anni. Finché potrò sfruttare questa espe- rienza “protagonista” come modella dei set fotografici, vorrei continuare su questa strada e poi mi piacerebbe lavorare proprio nell’ambito mana- geriale di qualche brand della moda.
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BETTINA TODISCO
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Anna Godina BeNice - Model Agency
Cosa ti ha spinto a fare la modella. Era già un tuo sogno da bambina? No, non avevo mai pensato di fare la modella prima. L’ho sempre visto come un mondo lontano. Da bambina, poi, non volevo mai farmi fotografare. Ho innumerevoli foto di me con il broncio, mio padre mi rincorreva con la macchina fotografica. Ho trascorso un’adolescenza piena di dubbi. Per anni ho avuto l’autostima sotto terra, non riuscivo a guardarmi allo specchio e mi consideravo invisibile, il brutto anatroccolo insomma. Dalla terza superiore, invece, ho sviluppato una diversa consapevolezza di me stessa, anche se, come ho detto, c’è stato un lento percorso di maturazione. E il brutto anatroccolo è diventato uno splendido cigno. È uscito il lato estroverso di me. Ed è così che ho deciso di mettermi in gioco e di presentarmi, senza alcuna esperienza, ai provini di “Un Bacio“, il film girato in Friuli Venezia Giulia da Ivan Cotroneo. L’ho vissuta come una vera e propria avventura, finché, provino dopo provino, il regista mi ha scelta per un ruolo da attrice minore. Splendido, non solo modella allora. Attrice. Sì. E proprio sul set ho avuto due truccatori ed entrambi mi hanno fatto notare che avevo dei bei lineamenti e che avrei dovuto provare a fare qualcosa nel settore della moda e della pubblicità. Successivamente, ho deciso di partecipare al concorso di Miss Topolini 2015, convinta di non passare neanche il primo casting… Ricordo che, poco prima della finale, ho chiesto se potevo fare un’ultima prova della sfilata, perché non mi convinceva la mia camminata. E invece hai vinto, insomma senza quasi rendertene conto. Vincere a sedici anni Miss Topolini 2015 è stato dunque il trampolino di lancio?
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nna Godina, una splendida ragazzina triestina di diciassette anni, modella dell’agenzia di moda Be Nice e Miss Topolini 2015.
Frequenti il liceo linguistico Francesco Petrarca di Trieste e lavori come modella. Come riesci a conciliare studio e lavoro? Saper organizzare il tempo è fondamentale. Attualmente il mio obiettivo principale è finire le superiori nel migliore dei modi, riuscendo a conseguire il diploma italiano e il Baccalauréat francese. Di conseguenza, al momento, i lavori sono occasionali. Il mio segreto è che sono iperattiva. Sono una ragazza piena di interessi e passioni. Durante la settimana, per mantenermi in forma, faccio sport sei giorni su sette, alternando la danza classica/contemporanea alla palestra. Inoltre, seguo lezioni di canto, dizione e interpretazione, oltre al potenziamento della lingua inglese. E non manca mai l’abbonamento al teatro. Gestire il tutto non è semplice e richiede notevole responsabilizzazione e determinazione. Credo che il mio giorno tipo dovrebbe durare all’incirca trenta ore. Sei dunque una ragazza che ci tiene molto alla preparazione. Ma a fare la modella, sogno di molte ragazze, come si inizia. E come funziona.
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Innanzitutto, vorrei sfatare il mito che per fare la modella basti essere bella e sorridere. Il mondo è pieno di belle ragazze! Con l’avvento della tecnologia ora è possibile contattare modelle da tutto il mondo, metterle su un aereo e presentarle sul posto di lavoro il giorno dopo. Il modo in cui ti presenti e ti poni ai casting è fondamentale. Devono ricordarsi di te, tra tutti i volti interessanti che hanno visto. Non è un gioco, in questi lavori i tempi sono molto stretti, quindi bisogna dare sempre il massimo. E sperare che ti richiamino! Per ottenere un buon risultato è necessario, inoltre, avere un buon rapporto, creare una buona collaborazione, con tutta la “troupe”, a partire da truccatori e parrucchieri per arrivare fino al fotografo. Personalmente, sono entrata nel settore con il concorso Miss Topolini. Attenzione, però, al giorno d’oggi ci sono tanti fotografi e concorsi improvvisati... In questo mercato si lavora con la propria immagine ed è così che i rischi quadruplicano. È importante tutelarsi, perché una volta che una foto è online o é stata firmata la liberatoria per il suo utilizzo, senza porre la dovuta attenzione, è finita. La foto circola e diventa di dominio pubblico. Chissà dove finisce… Per questo motive consiglio a tutte le ragazze che aspirano a fare le modelle di affidarsi a una buona agenzia. Come Be Nice, ad esempio. Sì, certo. E mai abboccare a facili offerte di chi ti dice “per la modica cifra di tot, ti faccio uno splendido book fotografico e ti lancio nel mondo della moda!”. Se vali e hai le caratteristiche per far bene, é l’agenzia che ha interesse a proporti al cliente e a farti guadagnare.
profilo Facebook, orgogliosa della sorella minore. Oltretutto, essendo ancora minorenne, non potrei fare questo lavoro se i miei genitori non mi sostenessero. Mi hanno sempre accompagnata a tutti i provini, credono in me e nella mia tenacia nel perseguire i miei obiettivi. E io credo di dimostrare, da parte mia, di essere responsabile e di voler coniugare studio e lavoro. Continuerai gli studi, magari in campo linguistico? Sento che il mio periodo di formazione non è concluso. Voglio approfondire le mie conoscenze e la mia cultura, per formarmi completamente come persona. Ho un piano A, per cui mi sto preparando e al quale tengo molto, ma ho sempre presente anche il piano B, ossia l’università. In ogni caso, sono più propensa verso facoltà non umanistiche. I tuoi progetti futuri come modella? Ho fatto un colloquio in un’importante agenzia di Milano e, dai diciotto anni, dovrei collaborare con loro. Al momento lo vedrei come un lavoro con i cui proventi pagarmi l’affitto o parte degli studi. Tutto, poi, dipenderà da come andranno effettivamente le cose. Una domanda frivola. Qual è il tuo outfit preferito? Non ho un outfit preferito. Durante il periodo scolastico devo dire che non dedico molto tempo agli abbinamenti, a parte quelle, ormai rare, volte in cui il venerdì e il sabato sera esco. Spesso, vado a scuola struccata, ma non sono una di quelle ragazze che si sveglia mezz’ora prima per il trucco o per sistemare i capelli, piuttosto impiego quel tempo per fare un bello stretching mattutino!
Miss Topolini è stata per me la prima vera esperienza in questo campo ed effettivamente da quel momento la mia vita è cambiata.
Per concludere, su Instagram innumerevoli bellissime immagini fanno onore alla tua bellezza. Una vetrina non da poco Instagram. Ma tu, cosa pensi dei social?
Che sensazioni hai provato durante il tuo primo servizio fotografico?
In effetti, non sono rare le storie di ragazze e ragazzi che sono stati notati la prima volta su Instagram. Ci sono agenzie importanti che organizzano veri e propri casting online, attraverso l’uso di hashtag e tag. Innumerevoli sono i profili ben curati di modelli, attori, fotografi ecc. Ad esempio, con un like ci si può far conoscere da un fotografo e valutare, poi, un’eventuale collaborazione. Credo, però, che bisogna saper limitare il tempo che si dedica ai social network, altrimenti diventa qualcosa di maniacale, un’ossessione vera e propria. Dev’essere visto e vissuto come un passatempo, non come una ragione di vita. Le persone, a volte, perdono di vista la realtà e si creano un mondo parallelo nel quale navigare e dove tutto diventa possibile. Per me non é cosí. I social si affiancano alla mia vita reale. Li considero una forma di comunicazione, uno strumento per dialogare con le persone e il mondo che mi circonda. Guai a confondere la realtà, si può incorrere in cocenti delusioni e amare sorprese.
Il primo vero servizio fotografico, in ambito lavorativo, ha rappresentato per me un’intensa emozione e ho imparato molto. Ho avuto la fortuna di collaborare con Alberto Buzzanca, noto fotografo di moda. Le sue foto emozionano. Sa estrarre il meglio dalle modelle. Sembra che parlino a chi le osserva. Inizialmente non sapevo bene come muovermi, ma a fine giornata con Buzzanca avevamo numerosi scatti tra cui scegliere. Sai, se il fotografo é bravo e professionale, come lui, sa metterti a tuo agio e tirar fuori dalla modella il meglio, funzionale proprio al risultato atteso dal cliente. La cosa che più mi affascina dei servizi fotografici è che sono sempre diversi e ognuno ha un obiettivo, qualcosa da trasmettere. C’è un momento in cui si percepisce che ci sono le emozioni giuste e si sente che sta per arrivare lo scatto buono. La tua famiglia ti ha sostenuto e ti sostiene, o avrebbe preferito tu ti limitassi allo studio?
#GENIUSPEOPLEMAGA ZINE
di
Grazie Anna. Grazie alla tua saggezza e alla tua bellezza. E in bocca al lupo per il tuo futuro!
La mia famiglia mi ha sostenuto e mi é stata vicina fin dall’inizio. Mia sorella è probabilmente la mia più grande sostenitrice, spesso pubblica i mei traguardi lavorativi sul suo
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capitolo
#ARCHITET TUR A E DESIG N
#GENIUSPEOPLEMAGA ZINE
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Genius
#AD
A cura di
REDAZIONE GENIUS Articoli/Interviste
48 SEC TION TITLE
ALBERTO MANCINI
IL DESIGN E IL SUO DNA
OLIVER FABI
T R I E S T E E L’ A R E A D E L P O R T O V E C C H I O
EUGENIO MELI
L A C A S A I P O G E A : U N A C A S A A Z E R O I M P AT TO
p. p. p.
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possibile corso di studi. Il talento e la voglia di fare hanno fatto il resto. Farebbe qualcosa diversamente? Cosa consiglia a chi sogna un percorso simile al suo?
Alberto Mancini
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esign puro e slanciato, ispirato dalla natura e dalla tecnologia. Questo è lo stile di Alberto Mancini. Classe 1978, parlata pacata ma visionaria, Alberto Mancini è fondatore di AM Yacht Design, uno studio che dal 2009 ha saputo distinguersi per disegni all’avanguardia nel settore della nautica di lusso a motore. Gli ingredienti del suo successo sono stati una passione folgorante che lo ha colpito fin da giovane per le forme snelle ed eleganti degli scafi, alla quale ha poi unito un grande ardore lavorativo che lo porta a passare notti insonni per pensare e ripensare i suoi disegni. Premiato a Cannes con l’illustre Interior Design Awards, resta fedele alla città che gli ha dato le origini, Trieste, dalla quale torna dopo i suoi numerosi viaggi all’estero per inseguire clienti e nuove sfide. Ho letto che lei da giovane veleggiava su una grande imbarcazione di famiglia, oggi invece disegna con il suo studio dei grandi Yacht. Vela e motore sono due modi di vivere la stessa passione, il mare. Quali le differenze e le analogie?
PREMIATO A CANNES CON L’ILLUSTRE INTERIOR DESIGN AWARDS
Il design è il suo dna. Alberto Mancini INTERVISTA di
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M AT T E O M A C U G L I A -
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UNKNOWN
Fatto salvo il legame con il mare, c’è evidentemente un approccio molto diverso. La vela e il motore hanno alla base una cultura difficilmente assimilabile. Nel mondo del design ci si trova d’innanzi a numeri davvero molto differenti. Il 96% circa delle imbarcazioni in Italia è composto da barche a motore, mentre il resto sono barche a vela. Quest’ultima ovviamente ha un grande fascino, ma i motori danno un’adrenalina e delle sensazioni che funzionano molto bene grazie al fatto che l’uomo è stato da sempre fortemente affascinato dalla velocità. La questione del confort segna un abisso tra questi stili con la vela molto svantaggiata in questo campo. Pur velista (e triestino!), essendo un appassionato di car design è stato molto più facile per me lavorare nei cantieri che mi permettevano di fatto di disegnare delle Spider senza ruote che poi potevano prendere il largo, rispetto alle imbarcazioni a vela che sono estremamente tecniche. La sua è stata una storia di grande passione e di colpi di fortuna. Il suo primo impiego presso Officina Italiana Design le ha dato un bagaglio di conoscenze che hanno sostituito qualsiasi
Quello della nautica di lusso è un settore economico particolare. Da una parte si cerca di non fare magazzino ma, allo stesso tempo, un designer vuole provare ad anticipare i desideri degli acquirenti, portandoli verso soluzioni nuove ed inesplorate. Come si possono legare tra di loro queste due esigenze? In realtà ogni cantiere ha un approccio diverso. Il cantiere per cui lavoro a Viareggio per esempio ha iniziato a costruire un’imbarcazione di 42 metri in acciaio senza cliente, con la certezza di riuscire in 6-8 mesi massimo a trovare un compratore. Per introdursi in nuovi mercati, molti cantieri scelgono di investire in un gruppo di ingegneri e di designer di successo per mettere in campo un prodotto che sono certi essere vincente. La fortuna di un designer oggi è trovare un cantiere sano, che possa accogliere le idee, talvolta bizzarre, con delle spalle abbastanza forti da poter affrontare immediatamente la realizzazione. Un dato da non trascurare è che in un mondo in cui di design se ne produce moltissimo, chi poi riesce a veder realizzati i propri disegni è proprio chi riesce ad arrivare per primo in acqua, e non chi propone l’idea più innovativa come si potrebbe pensare. Si parla comunque di un mercato molto volubile, terribilmente soggetto alle oscillazioni economiche ma anche ai fatti di cronaca come il terrorismo o la tassazione da parte dei diversi stati. L’armatore è poi colui che ha il coltello dalla parte del manico, le sue richieste sono un mantra da rispettare fino in fondo a prescindere dai problemi che possono presentarsi. Cantiere, designer ed armatore sono tre attori che si avvicendano sul palco, modificando continuamente i rapporti di forza ed il prodotto che scaturirà dalla loro interazione, la quale per definizione è sempre diversa.
#GENIUSPEOPLEMAGA ZINE
IL DESIGN È IL SUO DNA.
Ci vuole senz’altro del talento. Io al liceo classico anziché tradurre la versione di greco giravo il foglio e cominciavo a disegnare scafi, barche e Ferrari. Ovviamente questo mi portava a lasciare spesso i compiti in bianco ma tavoli e fogli pieni di grafite. Mi sentivo un fuoco dentro, sapevo che avrei voluto fare quello e ho lottato con la mia famiglia per poter seguire i corsi di una scuola privata a Torino, mentre i miei amici e compagni seguivano percorsi più classici. Sono certo che con la stessa passione e dedizione, accompagnate da una formazione di alto livello, la possibilità di lavorare negli studi di design, costituiscano elementi fondamentali. Nelle università ci si scontra con tantissimi professori che non si interfacciano più giornalmente con l’atto pratico. Nella scuola di design di Torino invece si trovavano solo trentenni che la mattina lavoravano da Pininfarina o Giugiaro e la sera, per passione, venivano a trasmettere a noi ragazzi il mestiere. Ho avuto senz’altro la fortuna di cascare nel posto giusto al momento giusto, in particolare nella scuola giusta.
Diversi settori produttivi si stanno adattando alla nuova filosofia green, anche il suo studio ha deciso di seguire la nuova sensibilità ecologica? Come? Il green design applicato alla nautica è un concetto difficile a mio parere. Se si vuole essere green si spegne il motore e si naviga a vela. Tutto il resto è marketing! Si producono motori potentissimi ma con un’ ibridazione elettrica (dell’impatto ambientale della produzione e smaltimento delle batterie
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Come fa trovare dai suoi clienti? In che ambienti è fondamentale esserci e quali sono diventati invece superflui? Un luogo dove sicuramente non si può mancare è il Principato di Monaco, cuore della nautica di altissimo livello. A Cannes mi chiedevano dove abito e sentendo come risposta “Trieste” mi si replicava sostenendo che fosse “la fin du monde”. Non posso nascondere il moto di fastidio, ma continuo a difendere l’altissima qualità di vita che la mia città è in grado di offrire. So benissimo che non ha alcun senso per me, da un punto di vista commerciale, restare ma la tranquillità che mi offre non sono riuscito a trovarla in nessun altro luogo. Testando anche quello che l’estero può offrire ho deciso di rimanere. Come giudica il sempre maggior numero di ponti che si può riscontrare oggi negli Yacht? Allontanano il cliente dal mare o sono la naturale evoluzione della tecnica di costruzione? I ponti ultimamente tendono sempre ad alzarsi in quanto il cliente tende a chiedere l’abitabilità interna di una villa. Ahimè la barca ne soffre molto da un punto di vista di bellezza esteriore in favore di un maggiore confort interno. Si cerca un castello sempre più alto, mentre l’esperienza con il mare si ottiene con la tecnica “Origami”. Si tratta di un espediente attraverso il quale si creano delle terrazze a poppa e sui lati dello scafo per avvicinare il cliente all’acqua. Questo è il trend che si sta osservando attualmente negli Yacht, sia di piccole che di grande dimensioni. Si alzano i ponti per UN LUOGO DOVE SICURAMENTE NON SI PUÒ MANCARE E IL dare ad un armatore PRINCIPATO DI MONACO, CUORE DELLA NAUTICA DI ALTISSIMO con un portafoglio più ristretto la possibilità LIVELLO di vivere un lusso ed una comodità che normalmente si può ottenere solo con imbarcazioni molto importanti. A Cannes abbiamo portato il Mangusta Oceano 42 metri ed il nostro cliente ci ha fatto notare come gli sia sembrato di essere su di un 60 metri. Questo grazie a dei giochi di luce naturale ed artificiale, sia con l’acqua proponendo delle soluzioni che nessuno aveva ancora immaginato. Tutto questo crea una percezione a bordo di degli spazi molto ampi, impossibili su di un 42 metri. La differenza tra gli Yacht di oggi e quelli di 10 anni fa è immensa da questo punto di vista. Con quest’ultimo lavoro che abbiamo realizzato sono rimasto davvero sorpreso dal fatto che la barca, una volta costruita, fosse più bella di quella che avevo disegnato. Solitamente il disegno rappresenta un punto di riferimento dal
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quale ricavare il 70-80% di resa effettiva dell’idea del designer. Sono rimasto molto stupito dall’ampiezza degli spazi che lei è riuscito a ricreare all’interno dei suoi concept, mi chiedo però se ci sia un qualche limite all’ampiezza che questi possono raggiungere prima di sforare in qualcosa di troppo simile ad un’abitazione sulla terraferma. Ci sono dei limiti che derivano dal fatto che la creazione di uno Yacht è sempre LA FORTUNA STA NEL TROVARE UN TEAM DI INGEGNERI CHE più complessa e ACCETTI LA SFIDA E PROVI A RIBALTARE LE REGOLE diventa quindi il frutto del lavoro di un team. Io mi scontro quotidianamente con gli ingegneri rappresentanza. Andando poi in Medio Oriente c’è una vera e che hanno una mentalità molto tecnica, volta innanzitutto propria gara all’imbarcazione più grande, più complessa in termini al galleggiamento ed in seconda battuta all’arredamento. La di dotazione tecnologica e possibilità offerte. fortuna sta nel trovare un team di ingegneri che accetti la sfida Sono certo che il Made in Italy, in un ambiente come il suo e provi a ribaltare le regole. Sono riuscito a trovare dei colleghi sia assolutamente fondamentale. Trieste le fa qualche assist da aperti e disposti a cercare soluzioni nuove, o almeno a tentare, questo punto di vista? tramite una serie di compromessi. Sono molte più ore di lavoro per tutti, sia per me che per loro. Personalmente passo le notti Trieste per me è un assist perché lavoro con imprenditori a pensare al mio prossimo Yacht, al contrario dei miei colleghi austriaci che hanno un grande rapporto con la città, per via più anziani che preferiscono godersi il successo di strade già della sua storia come parte dell’Impero Austro-Ungarico. Per percorse. Lavorando 10-11 ore al giorno si raggiungono dei tutte le persone con una buona base culturale questa è una città grandi risultati se anche gli ingegneri si mettono in gioco, apprezzabilissima e non se ne deve sottovalutare la vocazione provando a lavorare su di un foglio bianco. Per mettere assieme marinaresca. Anche il Porto Vecchio secondo me entro 15 anni una squadra vincente come quella che ho descritto ovviamente avrà qualcosa di importante da dire sul piano nazionale e mi torna ad esercitare un ruolo di primo piano il cantiere, che deve farà rimpiangere il fatto di non essere nato oggi. L’importante è essere sulla stessa lunghezza d’onda delle persone che ingaggia che tutti lavorino bene e potremo costruire qualcosa di davvero per portare a termine il progetto, investendo su idee nuove grande per il futuro. invece che vivere di rendita.
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nessuno parla) e se questo è considerato eco-friendly io, da triestino legato ad un passato velistico, dico no. Alcuni armatori poi, venendo al design interno ed esterno, decidono di non usare il tek (legno pregiato molto utilizzato anche per mobili da esterno ndr), mentre altri ritengono che non siano 50 metri coperti con materiali top di gamma a rovinare il pianeta. La mia esperienza personale vuole che quando possibile, cerco di non utilizzare la pelle vera ma una simil-pelle, identica alla prima in tutto e per tutto grazie a delle tecniche che ne riproducono tutte le caratteristiche del tatto ma eliminando alcuni inconvenienti tipici come tagli e cicatrici, durando anche di più. I diversi cantieri si approcciano diversamente al problema a secondo della propria sensibilità ecologica.
È risaputo che la nautica oltre ad essere un settore caratterizzato da un moltiplicatore economico notevole sia anche un terreno di feroce tassazione da parte dello Stato. Ci sono esperienze all’estero che crede possano essere rivelatrici in Italia? L’approccio degli ultimi governi è stato devastante per la nautica di lusso. È un gran peccato la logica colpevolizzante che si è usata contro i possessori di yacht in Italia che ha avuto come effetto l’allontanamento di tutti i proprietari di grandi imbarcazioni dal nostro paese, che oggi battono tutte bandiera estera. I cantieri italiani vivono per questo al 90% di pura esportazione. Nei paesi all’estero è più che altro diverso l’approccio che si sceglie quando si compra uno yacht. Nel nord Europa lo si fa per esplorare il mare, per navigare in acque fredde. In Italia questo tipo di imbarcazione è un puro status symbol, ostentazione di un traguardo nella vita da mostrare all’esterno. In Asia invece non c’era una cultura nautica di questo tipo e lo yacht è vissuto come ufficio o base di
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Trieste e l’area del Porto Vecchio Il tema della riconversione del Porto Vecchio di Trieste è uno degli argomenti più discussi sugli sviluppi urbanistici della città da più di tre decadi. Da quando se ne parla ha sempre diviso la città per la complessità della sua natura e per i progetti e interessi legati alla sua gestione: dallo spostamento o meno della zona franca, passando per la conversione degli spazi portuali a destinazioni diverse, al grado di permeabilità con la città. Capire la natura del Porto Vecchio significa comprendere la città moderna di inizio Novecento dove la ricchezza della città era legata alle infrastrutture della modernità. Il ri-progetto delle infrastrutture dismesse, entro i limiti del territorio urbano, rappresentano l’occasione di un rinnovamento per la città contemporanea. Progettare l’area di un porto dismesso, oggi, significa confrontarsi con esperienze passate che mostrano come l’approccio a
La linea di costa che ospita il Porto Vecchio si sviluppa di volta in volta in modo diverso, assumendo varie forme, alcune antropizzate: i moli, la piattaforma logistica, il bacino per il riparo di imbarcazioni; altre, nel tratto prima del terrapieno, ancora non modellate per un utilizzo funzionale. A mare sono presenti fondali profondi nella zona portuale e fondali che degradano lentamente in quella parte non costruita. A monte il perimetro è a contatto con la linea ferroviaria, con la stazione Centrale di Trieste e con il viale Miramare che attualmente creano una netta cesura tra l’area e il resto della città. La linea di costa viene anche intesa come il luogo di diverse attività, classificabili in: aree portuali, aree di waterfront urbano, spiagge private, zone turistiche, aree balneari ed il parco sul mare di Barcola e Miramare. L’attuale waterfront urbano
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queste aree possa essere sempre diverso. Tale attività pianificatoria è una pratica molto complessa; si deve tenere conto della memoria storica e specificità di questi luoghi, serve stabilire nuove relazioni tra un territorio già antropizzato e il mare ed è necessario comprendere le esigenze della città preesistente. Sono da instaurare sulla linea di costa relazioni e nuove tensioni sul bordo terra acqua. L’infrastruttura portuale dismesssa di Trieste è attigua alla città ma allo stesso tempo recintata, inaccessibile ed abbandonata. Attualmente il Porto Vecchio interrompe in quell’area il contatto della città abitata con il mare. La lunghezza della linea di costa del Porto Vecchio è di pari dimensioni dell’attuale fronte mare del centro storico di Trieste. Si estende dal centro città, in prossimità del molo IV, vicino al Canal Grande dove un tempo si trovava il cuore della città commerciale, fino a Barcola.
di Trieste è un arco di costa molto ridotto rispetto alle potenzialità di affaccio sul mare della città quando sarà inglobata la linea di costa del Porto Vecchio. Abbattuto il recinto inaccessibile del Porto Vecchio si creeranno nuove dinamiche urbane compresa la rigenerazione dei quartieri e rioni attigui. L’intervento di valorizzazione urbana non si fermerebbe all’area del Porto Vecchio in quanto si innescherebbero ulteriori processi di rigenerazione e rilancio immobiliare nelle aree limitrofe di Piazza della Libertà, viale Miramare, Roiano, Gretta e Barcola. Ciò avverrà grazie ad un attento progetto delle connessioni, i percorsi e i collegamenti tra l’area d’intervento e la città preesistente. L’unione al waterfront di Trieste della linea di costa del Porto Vecchio permetterebbe di avere una lunga promenade sul mare estesa in un
unico sistema dal centro città sino a Miramare. La linea di costa da Barcola a Miramare, anche se non è stata concepita integralmente per essere un lungomare balneare, d’estate diventa il luogo della balneazione pubblica. Un altro aspetto da non sottovalutare è la dimensione del Porto Vecchio. Tutti sanno che è grande, ma sappiamo veramente quanto? Le aree attualmente più densamente popolate della città di Trieste sono il centro storico e la “città vecchia” ed i tre borghi: Teresiano, Franceschino e Giuseppino. Le dimensioni del Porto Vecchio, simili a quelle del limitrofo centro storico di Trieste, rendono quest’area estremamente preziosa per le potenzialità di sviluppo e rilancio ma ne rendono altrettanto difficile e oneroso l’intervento.
I BORGHI STORICI E IL PORTO VECCHIO
La densità del costruito mette in luce la caratteristica particolarità insediativa del Porto Vecchio rispetto al resto della città. L’immagine dei pieni e i vuoti del Porto Vecchio accostata a quella dei borghi storici mostra quanto la città sia più densamente edificata. Si coglie a prima vista come l’area del Porto Vecchio abbia un rapporto molto alto di spazio vuoto rispetto al pieno. Date tali caratteristiche, il progetto del Porto Vecchio non può non nascere dal ridisegno degli spazi pubblici esterni. La presenza di questi spazi interstiziali enormi tra i magazzini storici è un’opportunità per realizzare una nuova idea di città contemporanea, insediata nella preesistenza storica. Questi spazi esterni potrebbero essere progettati come una rete strutturale di corridoi verdi, fungendo anche da polmone verde della città e contemporaneamente luogo per il tempo libero ed attrezzato al turismo. I nuovi corridoi verdi urbani che si andrebbero a creare nel vuoto tra i magazzini diventerebbero il nuovo parco urbano lineare ed un asse di viabilità volto ad unire il centro città agli spazi della balneazione. I viali tra i magazzini quindi sarebbero caratterizzati dalla presenza di strade carrabili suddivise dalle aree ciclo pedonali. La nuova viabilità
andrebbe progettata con nodi di interscambio efficaci e dotati di parcheggi pubblici per incentivare l’uso dei mezzi di trasporto pubblici e quelli sostenibili. Quindi si sottolinea l’importanza della comprensione del luogo per la nascita del progetto che è l’occasione per innescare un meccanismo di rigenerazione urbana all’insegna della sostenibilità, del turismo e dell’innovazione, sia nei suoi spazi esterni, che negli edifici da restaurare e quelli di nuova costruzione; dovrà nascere nell’ottica del risparmio energetico e l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili. L’intervento unitario può diventare così un esempio di riqualificazione urbana contemporanea concepito secondo le regole dell’efficienza energetica; la trasformazione di un’infrastruttura dismessa in green city. L’intervento sulla linea di costa può far ripartire una parte dell’economia cittadina con attività turistico-nautiche e diportistiche nell’area già attrezzata da moli e bacini e attività ricreative e ricettive in quella porzione di terra dopo l’attuale area portuale. Quest’area non urbanizzata all’interno del Porto Vecchio che comprende il terrapieno, è lo spazio ideale per una riqualificazione della linea di costa attrezzata per la balneazione volta allo sviluppo turistico della città.
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A cura di arch. Oliver Fabi e arch. Enrica Zanon
AREA NON URBANIZZATA ALL’INTERNO PORTO VECCHIO
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Nascondersi in piena vista. Una casa a basso consumo e ad alto comfort. Abitare sotto terra può sembrare un ritorno alla preistoria, alla tetra e buia caverna neolitica ma i benefici di una casa ipogea possono essere molteplici. Innanzitutto dobbiamo definire cos’è una casa ipogea e da dove trae la sua origine. Gli edifici ipogei sono strutture completamente o quasi completamente interrate, inserite all’interno del paesaggio quasi a nascondersi in esso. Queste architetture possono essere adibite non solo ad abitazione, ad oggi abbiamo infatti moltissimi esempi di architetture di questo con funzione di museo, sale concerti e attività produttive. La storia delle case sotterranee è una storia vecchia quanto l’uomo stesso. L’uomo preistorico abitò per molto tempo nelle cavità naturali che il territorio gli offriva, però l’abitare sotterraneo non è un fenomeno legato solo alla preistoria, ma un’usanza utilizzata anche in tempi più recenti. Di solito questi insediamenti nascevano in aree calcaree o comunque in territori ricchi di cavità, vicino a fonti d’acqua e facilmente difendibili. Spesso, già dal neolitico, le grotte naturali venivano ampliate o collegate tra loro per rendere più confortevole la vita ai loro occupanti fino alla creazione di vere e proprie grotte artificiali. Sia nell’epoca Classica che nel Medioevo arrivando fino ai nostri giorni si trovano esempi di insediamenti rupestri consolidati e abitati come i famosi Sassi di Matera, oppure la città di Gravinia sempre in Puglia. (fig.1 – Sassi di Matera, Puglia, Italia, photo: Elisa Clon, 2006). Nella loro evoluzione storica queste abitazioni sono cambiate, da essere scavate nella roccia a vere e proprie costruzioni inserite nel terreno, inoltre le aperture verso l’esterno hanno
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lasciato il posto ad ampie vetrate orientate in modo da raccogliere quanta più luce possibile. Le costruzioni attuali permettono infatti di aprire ampie luci pur mantenendo la solidità delle strutture e la loro resistenza sismica. Nonostante il nostro immaginario ci mostri la casa-grotta come abitata da uomini primitivi che si proteggono dal freddo dell’ultima era glaciale, la realizzazione di abitazioni ipogee non si presta ai soli climi freddi ma anche, e soprattutto, a quelli caldi. Il naturale isolamento termico del terreno, la cui temperatura non è soggetta a grandi sbalzi termici durante l’anno, permette infatti di mantenere una clima pressoché costante all’interno della costruzione. Una casa inserita nel terreno inoltre è protetta dall’effetto degli agenti atmosferici, quali il vento e le precipitazioni. Grazie a questi fattori una struttura ipogea può permette un risparmio energetico che tocca l’80%. I consumi ridotti però non si limitano al solo fattore termico ma anche al consumo di suolo. Coniugandosi con i sistemi di tetti e giardini pensili la casa ipogea permette di riutilizzare tutta la superficie interessata dalla costruzione sotto forma di giardino o addirittura di colture e alberature. Immaginando la casa ipogea come una enorme cantina il lettore si chiederà come possano venir risolti i problemi che di solito si riscontrano in questi luoghi: la luce limitata, il cattivo arieggiamento e tutti i problemi d’umidità e d’infiltrazione d’acqua. Osserviamo un caso studio. Quest’edificio è una casa di circa 120 mq realizzata dal nostro Studio nel rione di San Giovanni a Trieste. (fig.2 – Render via dei Pagliaricci, Trieste, Studio di Architettura Meli, 2016) Il luogo è caratterizzato da una zona residenziale con ampi giardini, spesso suddivisa in pastini a confine con un’area boschiva inserita nella rete ecologica locale. Analizzando quest’edificio sono
UNA CASA A ZERO IMPATTO a cura di Studio di Architettura Meli
evidenti tutti gli accorgimenti tecnici e tecnologici che sono stati inseriti nel progetto per ovviare alle problematiche sopra descritte. Il nostro edificio non vuole porsi come un capriccio architettonico, ma vuole nascondersi, mitigarsi nel paesaggio quasi in antitesi alle architetture d’immagine delle attuali archi star. Dalle linee pulite e la distribuzione interna lineare e geometrica, l’edificio si colloca interrato su tre lati, aprendosi con un’intera facciata verso sud, il giardino e la città. La luce è uno dei fattori più importanti nelle architetture ipogee. Se da un lato queste sono chiuse all’interno della geomorfologia del luogo dall’altro le parti emergenti si presentano come dei sistemi volti a intercettare quanta più luce possibile. Nel nostro caso, grande peso è stato dato all’orientamento dell’edificio in modo tale da godere di luce naturale il più a lungo possibile. La luce, o meglio la radiazione solare, può però portare a dei problemi soprattutto nel periodo estivo. Se questa infatti non è mitigata da sistemi di ombreggiamento come tettoie, pergole solari, brie soleil ecc… nelle ore di maggiore incidenza solare estiva rischia di far “surriscaldare” l’ambiente. Abbiamo risolto il problema con l’inserimento di una pensilina fissa adeguatamente dimensionata rispetto all’inclinazione solare nel periodo estivo. (fig.3 – Schema soleggiamento). Grazie ad un sempre maggior isolamento degli edifici, la ventilazione controllata comincia ad essere un elemento normale nelle nostre vite, spesso visto come un peso anziché un pregio. La ventilazione controllata infatti è indispensabile in case completamente isolate, siano esse interrate o meno, in modo tale da offrire i necessari ricambi d’aria per una vita confortevole e a controllare l’umidità nell’aria. Parlare di umidità apre una moltitudine di parentesi. Al di là dell’umidità nell’aria abbiamo infatti
l’umidità di risalita, che dal terreno risale all’interno delle murature portando alla luce quelle macchie d’umido che spesso affollano le nostre cantine. Nella realizzazione della nostra casa ipogea fondamentale attenzione è stata data quindi alla realizzazione delle isolazioni e impermeabilizzazioni con il terreno circostante sia a livello di strutture verticali, come le pareti perimetrali, sia per le strutture orizzontali, come il solaio controterra e quello di copertura. È stata fatta grande attenzione anche ai dettagli che riguardano l’allontanamento delle acque. Non possiamo dimenticare infatti che l’acqua ha un suo peso e dopo delle precipitazioni questo sarà a carico della nostra struttura. Lungo le pareti perimetrali e in copertura sono stati realizzati degli strati di accumulo e drenaggio per allontanare l’acqua dalle strutture e convogliarla in sistemi per il riciclo dell’acqua piovana, utilizzati ad esempio per l’irrigazione del giardino, oppure in sistemi in grado di disperderla nel terreno circostante, come accadrebbe naturalmente. (fig.4 – Schema allontanamento acque). L’evoluzione umana ha portato l’uomo a lasciare le caverne, naturali o artificiali che fossero, per poter creare i suoi spazi e il suo comfort, ma forse oggi, grazie allo sviluppo della tecnica e della tecnologia, l’uomo può voltarsi indietro e costruire una “caverna” a misura delle sue esigenze. Arch. Eugenio Meli, Dott.ssa Elisa Clon, Studio di Architettura Meli #GENIUSPEOPLEMAGA ZINE
La Casa IPOGEA:
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GENIUS ENGLISH
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Genius
Breakfast
Marco Dainese
Tr a n s l a t i o n s b y
VA L E N T I N A C AG N I N Edited by
TEAM VENICE
INTERVIEW
Articles
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MARCO DAINESE
M A S E R A T I I T A LY
MARIO PAMPE L
FOTO R E P O RTE R
PIERANGELO BRANDOLISIO
ARCHITECT
ALDONA PRZYLIPIAK
MODEL AND DESIGNER
K E N H OWA R D
ARTIST
MICHELE DE FINA
BUSINESS MAN
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by
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TEAM VENICE
Maserati, a 360 degrees Italian excellence 59
We are talking about a SUV that is 100% Maserati, therefore with a completely Italian engineering and construction. When we say “DNA Maserati”, we mean that we want to obtain a car that keeps its sport line that characterizes Maserati, blended with a great comfort and a high-level technology. Levante is a city car, but obviously it is also suitable for off-road activities, which are essential for any type of SUV. Which were the choices, concerning the design? Our car is a little more than five meters long, but, seen from the outside, it is a combination of design and elegance that hides its actual length; we worked in our Style Centre FCA Group, in which there are some of the most important designers who work today in the cars’ field; all this has made Levante optimally appreciated also from the international automotive critics. Explain us the choice of the interior. We created with Ermenegildo Zegna an high-quality interior, made of a silk realized with a patented process from the Zegna Woolen Mill in Trivero: this gives an exclusive approach to the vehicle, allowing customers to 100% customize their own car.
INTERVIEW WITH MARCO DAINESE
M
Marco Dainese, sales manager for the Corporate Sales’ sector in Italy, lets us enter the World of Maserati. A brand that, as you pronounce it, is synonymous of excellence: Maserati, a story that lasts a century. That’s not a simple car’s factory, but an actual reality that promotes the “Made In Italy” as one of the worldwide excellence in its field: we had the opportunity to have a chat with Marco Dainese, sales manager for the Corporate Sales’ sector, who told us more about the company. First of all, Marco, tell us about your professional path.
One of your motto is “Maserati: from luxury to design”: the company has more than a century. How can you maintain a so high quality level, both in launching and designing?
ph MARCO DAINESE
MARCO DAINESE, SALES MANAGER FOR THE CORPORATE SALES’ SECTOR
I’ve been working work for Maserati since two years, but my career began with the world of consultancy services, then three years in KPMG, and continued for ten years in BMW Italy: my role was both of business manager and area manager. I was then called by Maserati precisely to develop the Corporal Sales’ market: it is an area that the company had never experienced before and, since the end of 2013 with the advent of Maserati Ghibli, we started to approach this important market. When I entered the company, in July 2014, I began to study the reference market and I adopted a strategy of inclusion of the company in this new world by showing the product to Italian companies and to the multinationals located in Italy. What are the types of markets that interest you? It was important to show our product to different business realities: the long-term rental is an instrument unbelievably used by them, especially on the Italian front; in this way, we were already able to have a strong impression in 2014, improving the total contracts in Italy by about 14%, then increased to 20% the following year. This thanks to our strategy that considers the constant political presence on the territory one of the fundamental pillars to let people know about the product Maserati; in 2016, the percentage keeps growing and, with the release of the new Levante SUV our goal is still growing more and more. Let’s speak about Levante. Officially presented in March during the Geneva International Motor Show, now it comes within our showrooms, even if I must say that many customers have already decided to buy blindly this car, thanks to the organization of specific events .
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IN ITALY, LETS US ENTER THE WORLD OF MASERATI.
The idea of Maserati is not that of producing millions of cars; the production is obviously considerable, but we also have to maintain the exclusivity of our cars’ design together with the customer’s opportunity to customize their own Maserati. Sure, you can purchase a diesel Ghibli that costs seventy thousand euro, which is fully-equipped with leather seats, bi-xenon headlights, automatic drive, etc… but you can also set up a gasoline Ghibli All Wheel Drive that costs a hundred thirty thousand euro where to introduce the Poltrona Frau’s extra-fine leather, the sound system of Bowers & Wilkins, etc..:it is then possible to have a car that accurately reflects the wishes of the customer, in all its smallest details. Let’s talk about Maserati Experience: how much is important the brand? It’s essential: we work a lot on the communication of the brand’s value; we always try to take part, on the occasion of the Winter and Summer Tour Maserati, of the most important locations such as Cortina and Courmayeur in winter or such as Porto Cervo and Forte dei Marmi in summer, in order to give the potential costumers the chance to literally touch the quality of Maserati products. Recently, we participated at the Company Car Drive event, which is one of the most important events in the business world, where we gave people the opportunity to try our cars at the racetrack of Monza, together with professional pilots from the Master Maserati School. With this test drive, you can immerse yourself 100% in the Maserati experience .
Your company does not only produce cars, but also proposes courses. That’s right, we have a school of safe and sporty driving, not only for our customers, but also for those companies that want to organize meetings both purely of work and “formative-recreational.” What are the future goals of Maserati, considering that you already have a centenary story ? Our goal today is to keep growing in terms of amount, in both national and international level. The Maserati growth has been incredible in the last years: in 2012 we sold about 6,000 cars, while in 2015 we reached about 32,000 sales. If we want to talk about future goals, I can tell you that we would like to get to sell 70,000 cars Worldwide within 2018. Are we also talking about a development into new business areas? Yes, I confirm; we are not only talking about selling cars, but also about building territorial branches: our continuous growth joins the need to give the customer some even closer consultation points. What is Maserati looking for in a collaboration with other brands and what are its preferences, concerning the various companies? To make some important examples, I would mention again Ermenegildo Zegna, with whom I realized the highquality interior, without forgetting Poltrona Frau, which is characterized by its fine manufacturing on the leather we use to make our seats, and other realities with which we collaborate, such as StayGreen concerning the organization of presence’s activities at Fuori Salone del Mobile in Milan. Let’s say that, in general, Maserati is looking for a collaboration with Italian brands because we think it’s important to give value to the “Made in Italy” in its whole.
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Which are the innovations that characterize Levante?
Which strategy would you adopt, in order to keep growing into the Italian scene? Without doubt the knowledge of the brand: today, many Italian companies, small or medium, do not know our product, or, I’d rather say, they are almost “frightened” by our brand. However, I want that people know the potential of Maserati and the fact that, by buying a Maserati, they could help the Italian economy. Our task within the corporate sales, is to continue to be present in the events that belong this world and especially let people try our products. Now, with the new Levante, we can also say we have a “triad” of proposals that can satisfy the needs not only professional but also personal of our clients.
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TEAM VENICE
D o w n W O D D E N B E D F O R D O G S A N D C AT S D U N E
/WHAT IS COMFORT FOR OUR “FRIENDS”? IT’S BRANDODESIGN The architect Pierangelo Brandolisio brings us to a very particular World: the luxury furniture for pets.
What if you could design a home environment starting from the animal’s needs and not those of a man?
Photo TRAMONTINA STUDIO
INTERVIEW WITH PIERANGELO BRANDOLISIO
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friend of men’s best friend: we can describe Pierangelo Brandolisio in this way; the architect, “ dogs and cats’ best friend”, aims to make more comfortable the domestic experience for our pets. Doghouses, supports and cots are designed with an unique taste, which is shown on Brando brand. A technical gaze, like many others successful ideas, which has been linked with the passion for animals. Where did you started from? What are your inspirations? “My big mentor was Carlo Scarpa, for his ability in thinking of refined details for his works. I have always appreciated him since I started my academic studies, I graduated in Venice with Arrigo Rudi, who worked with Scarpa for thirty years: thanks to them I improved my research in material’s finishes. I completed my University career in 1998, but at already 21 years old I managed my first work for a private. After that, I opened an architect’s office and I developed the business: the most important work was the requalification of Castello Ceconi, in which I re-designed every single part, illustrating the coexistence of both History and Innovation”. I have also won an important award in France in 2004, “Tropheearchizinc”, for the realization of a public building, meanwhile the following year, in the occasion of the seventh biennial architecture’s exhibition Premio Marcello D’Olivo, I received another important recognition. From architect up to pets’ kennels producer: tell us about this inclination. “After twenty years of work, I also cared about giving my contribute to pets’ comfort, realizing designs and techniques that I tested in my professional field. The contacts that I made with people who know and love animals, were constantly an inspiration and helped me to realize ad hoc products with big satisfactions. Seeing a cat sleeping in a cot designed by me is really priceless! How was “Brando” brand born? “This start-up comes from an emotion and a feeling: the pet as a real presence. The pet comes with me, on holiday, and
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make: a project that I want to develop, maybe we won’t create it immediately, but we’d like to take on this kind of themes. When I finish to design a new product, this represents a part of me: I give a different name to each of my product; but I think the one that most represents my work is the Baco (silkworm) line. I chose this name because I think the silkworm is the highest expression of nature: the animal enters the kennel and it is as if he were in a cradle “.
everywhere I go: when I’m with my dog, I feel his company. This kind of emotion brought me to imagine and think about objects that could make more comfortable the experience for our “ travel companions”, even in spaces that are normally dedicated to humans. I asked myself: “ What can I do for animals?”. At that point, I found the answer in my office and with my coworkers I designed the first products: today the start-up is more or less one year old and, when we decided the brand’s name, I thought about the nickname that my father’s friends gave to him, “Brando”. It seemed to be a perfect brand for every language and, today, you can find it in every product I make, as it is very easy to recognize and carve”.
“This is a wonderful question: I think about my products as if they were little homes. It could be a dream designing a house starting from the animal: in one of the houses that I designed, I was required to find a solution for the cat, In order to let him come in and out on its own, without the presence of the owners. Even animals need a safe place, where they can rest without necessarily remaining on the floor: today, animals and humans are getting closer and closer. People do not want to think about the dog living alone in the garden, they prefer sharing the same spaces with the animal. Dogs and cats changed our lifestyles, they also become references for lonely people. “ Could this start-up become your full-time job in the future? “Architecture is the art in which I grew up; it would be hard for me to abandon this art in its entirety, because for me it is an incentive which gave me also the opportunity to take care of this new project. I would feel like I’m betraying my roots if I give up on what I’m doing now. “
How important is “being a team” in a company? “It’s essential! I work in a space of about 250 square meters, where there are both Brandodesign’s administrative office and the architectural office: here, together with my colleagues, I share all my ideas. It is right to share every aspect of your plans because only in this way people who work with you can feel part of the project, and give their best. Now, I’m aiming to sell my products in design shops, both in the region and outside, trying to occupy the most beautiful showcases of Europe: today, my project wasn’t made for selling necessarily, I would like to figure out how far I can get with Brando articles; I would also be willing to new collaborations to make a product in synergy with someone, always by using the teamwork concept. “ Are there any events or expositions you will arrange or participate? “I’m now organizing a private launch, which will be located in Castello Ceconi thanks to Ferrari Club of Pordenone. We will also be in Pordenone with the event “fotografailtuogatto”. Then, in Longarone, in August, we will participate at a fair dedicated to cats, where it was required our presence. But I have to say that an event that I remember with joy was in Vicenza: I was called because, while I was exposing in Cortina, the fair’s manager saw my products and invited me; right there I saw several cats falling asleep in our kennels; It has been the most gratifying response to the work we do. For who wants to give recognition to his pet, into the whole domestic space, we will find the answer. “ N e x t p a g e C AT H O U S E TU N N E L D o w n C AT H O U S E B A C O
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L e f t PIER ANGELO BR ANDOLISIO WITH HIS C AT HOUSE TUNNEL , IN COR-TEN STEEL
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A little more than a year old and there are already interesting implications: what are the next developments of Brandodesign? “I always used to do everything step by step: mine is a young start-up, in a whole year I registered the brand and created about ten unique products. I feel positive about this path, I have some new projects that I will show soon and, as a careful dreamer that I am, I would like to become a mentor in this field. “ It is often said that Italian quality is higher than the others: what are the business choices about the production? “We are from Friuli, we do everything entirely” Made in Italy “, from sewing to the choice of unique materials. They are handmade products with which we want to make everyone know the craftsmanship of our country: the most beautiful thing is that every single piece has its own shade, in which you can recognize who worked on it; this is the great value that Italians can give to our products. “ Have there ever been any special requests made by your customers, that sounded like a new challenge for the company? “Building a doghouse based on the animal is a wonderful challenge: we have received several requests for customised products and we are also able to deal with those who want different materials from those we offer. Moreover, we also begun to study a design for bowls, matching with the products we
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Venice Red Carpet Fashion INTERVIEW WITH ALDONA PRZYLIPIAK
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reat success for Venice Red Carpet Fashion Event, an High Fashion runway, which was located in Ca’ Vendramin Calergi’s garden, which hosts the Casino of Venice, on Friday 2nd of September 2016.
Also Venice, coinciding with the Venice Film Festival, like the big European and international capitals on their most important cultural event, equips herself of an international event full of charm, luxury and high class, marrying Venice’s magic with the enchantment of femininity, creations, fabrics, jewellery and accessories. Venice didn’t own a prestigious High Fashion runway show yet and now, thanks to this first kind of event, Fashion and Venice perfectly marry together.
Born by the idea of Massimiliano Bergamo and Aldona Przylipiak, model, designer and trend-setter of the sought-after fashion brands in a well-known Milanese show room. We had the occasion to speak with Aldona about this project: Hi Aldona, could you tell us more about you? Hi, sure, but I prefer if you call me Aldy, as my friends do. I come from Poland and I live in Italy since more than 10 years, I studied marketing and management in an economics college in Polonia, while here in Italy I attended communications studies at the Padua’s University. I was very lucky to have the opportunity to work as a model for many years, both in Poland and in Italy, but also in Europe and America, with many designers and fashion houses more or less important, which certainly helped me to increase my knowledge in this field and also helped me to develop my great passion for fashion and new trends. In my private life, instead, I am a simple person, but complicated at the same time, full of contradictions, sensitive, but strict with myself and with other people, I have big ambitions, my mother taught me that; I am also cheerful but sometimes I get sad, moody and vulnerable, as all people of the Cancer zodiac sign… I am very curious about the World, new experiences, new knowledge. I love nature, travelling, both mountains and seaside. I am passionate, sentimental, “sometimes” messy, so, a living chaos… I like the filmmaking, the photography and most of all fashion meant as arts. What is Venice Red Carpet Fashion? Where does this idea come from? Venice Red Carpet Fashion comes from many years of observation and work in both the fashion field and the luxury world: in my case, together with Massimiliano Bergamo, we tried to find a perfect union between my experience in fashion, both as a model and on marketing and production’s side, and his big passion and knowledge of Venice’s culture, his experience in making projects for Italian and foreign excellences and also his expert presence in Public Relation’s field and in events’ organization. We thought “ Why not Venice?” a so beautiful and excellent city, worldwide popular, can open the door to the world of fashion; and the Venice Film Festival is the best event during which we can show you the great international designers and their red-carpet gowns.
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You are also an ex-model: how did the transition from model to coproducer of Venice Red Carpet Fashion happen? You know, many ex-models keep their path into the fashion field, by starting an agency of models or events; I have studied communications and marketing, I worked in fashion for years, since I was a little girl, as my mother is a designer and I have also known a lot of people that today I was able to involve in our project. Maybe, this is a display of one of my biggest passions that I have always had and that I developed during a lot of years How do you imagine your future? Will you keep being an events creator, or are you thinking about new projects? I have many projects in my mind, every day I start a new one: I am a creative, I never stop taking a some sparks from my trips and from new meetings. But, as there are a lot of ideas, I need to select them and obviously, I also need to be supported from someone, because I can’t achieve on my own what is on my mind. Surely, I will keep organizing events, but, as I am a creative person, I am involved in other projects concerning accessories and clothing. Who knows, maybe it will be launched my own brand, it would be the realization of one of my biggest dreams. What’s your position in this event? I am the art director and I manage everything that includes fashion, from choosing and contact the designers, up to the models’ selection, and also I deal with the direction of the event and of the runway show, in addition to the coordination of the backstage. As I am the only co-producer, I take part of the organization from the very beginning, when we develop the whole idea and when the project starts; we decide how and where the event will be located and I handle the contacts with the companies that support us with our adventure. We put all our experience and knowledge in this project, in order to make it better and improve it, also in the future. Which designers did you host during this first edition? In our first edition we had the pleasure to host the great Dutch
designer Addy Van Den Krommenacker, especially known as the official designer of the Dutch Royal Family and also of a lot of famous people, who showed us his wonderful collection inspired by the artist J. Bosch. Moreover, Daniela Vezza, an Italian designer who creates clothes, fur coats, jewels, introduced us a line of fur coats manually inlaid with floral motif, all Made in Italy handmade. Then, Sen Couture, a line of elegant gowns coming directly from Los Angeles’ red carpet; all the Hollywood star system adore her, as J.Lo, the model Bella Hadid, Toni Braxton, and more… Jean Paul Benielli, straight from Paris and New York Fashion Weeks, came to Venice with his lace and transparent gowns, very feminine, graceful and sexy.It was fantastic the Czech designer Lelkalor, a mix of colors and fabrics, perfect for a ceremony. Finally, to end in style, it couldn’t miss a Venetian brand: we presented the shoes line Arcosanti, realized by Rubens and Luciano, handmade excellence from the Riviera del Brenta.
Ca’ Vendramin Calergi is, first of all, a splendid historical Palace, full of charm, located in the heart of Venice. I just considered it as a Palace of the Venice Casino, but, after Venice Red Carpe,t I revalued it, as it is a fantastic place for events, with great possibilities of both inside and outside celebrations: it owns a garden that fronts onto Grand Canal, a perfectly organized structure and an high quality cuisine. Will you create other events? Which are your future projects? Certainly. We had a positive feedback, not only from the audience, but also from the coworkers, the partners and people from fashion and the film industry; some of them discovered us after the event, a lot got interested, others are supporting us, the press keeps writing. We are seriously thinking about organizing other dates, let’s see what the next year is going to bring us.
Which were the collections that had more success in Venice Red Carpet Fashion’s audience?
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The collections were very different from each other and each designer expressed a different concept of woman and her occasions, even if everyone had the same idea of a red carpet woman, beautiful and sexy. For this reason, the audience could find all kind of styles, depending on its taste; it’s hard to tell who had more success. What’s your relationship with fashion? I work every day with buyer customers of showrooms, I visit the most beautiful boutiques, looking for the latest products, I collaborate with several companies on their projects or I work for them as a model, and thanks to that, now I am more aware of the fashion world. Mine is a job, a big passion and sometimes it’s fun too: every day you discover new and different things, even an outfit turns into a way of expressing yourself. What do you think about Ca’ Vendramin Calergi, the location that hosted you?
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INTERVIEW WITH MICHELE DE FINA
THE “ SECOND YOUTH” OF MICHELE DE FINA sents the centre of the World! We felt the first change just after the 11th of September 2001. From that time started the fear, disorientation, insecurity and finally the retreat of businessmen. The current crisis made the situation worse, letting the City decay in both handmade and trade sides, which were historical excellences. Meanwhile, also the tourism in Venice has changed, more focused on the mass and the fast-consumption, like a fastfood. My project also started from the desire of going against this cultural and economic impoverishment of my City, that I deeply love.
you can recognise beyond fashion’s code: in other words, I think people are tired of going outside “branded” and so feeling too conformed with the mass, and we are looking for something exclusive. Something rare, that people discover and recognise in an accurate and unique place, that they can find only there. Let’s be honest: I don’t think to be an innovator, but simply a man who believes in his ideas, sure that there’s a market niche for the ones who are looking for this kind of taste’s experience.” If Gucci stands for Florence, can we say that… De Fina stands for Venice? “Why not? After all, in Venice there is any brand, except for the great Roberta Di Camerino. Joking aside, I’m really looking to the future. I started this business at 56 years old and I have 20 years to develop my project, hoping to make it real. My desire is to make something long-lasting, for my daughter and my grandchildren”.
SAN MARCO 318/A - CALLE DELLA CANONICA 30124 VENEZIA WWW.MICHELEDEFINA.IT
So, new ideas to oppose today’s difficulties, right?
It’s not so simple, because today’s young people have chosen different directions.
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Becoming an entrepeneur at the age of 56: an extraordinary story of the Venetian ex-jeweller, who started his business from the inspiration of elegance’s basics, with a well-defined idea and a new brand that is becoming more and more popular.
The restatement of elegance and with the emphasis on handmade. These are simple concepts, revealed by holding a purse or touching the leather of a belt of Michele De Fina. This tall Man, with a serious appearance, but a gentle and open soul inside, has actually an interesting story that we can name as a “ Second Youth”: his company takes his name, Michele De Fina - Venezia, and he also designs and follows every step of the realization of handbags and other accessories for men and women. Near the San Marco Church, his shop is located at Calle della Canonica: a little corner where high quality and lovers of handmade goods can find a pleasant surprise. First of all, tell us about you. “I am from Venice and I started to work in San Marco Square, as a jeweller, in 1979, holding an important position in the shop’s management. When I started at that time, the economy and the tourism were better than nowadays”.
“Before the 70’s, young men used to start their career as an apprentice, learning their job every day at work. Nowadays, this is considered an old custom and people think that you can just buy the experience with a short training course. I personally don’t think this method can work and I would like to re-establish the policy of handing down a job from one generation to another and let young people learn directly from their work, to have the possibility of feeling fulfilled”. Tell us about how your business started. “My adventure started on 12th of June 2014: after thirty-five years of work as an employee, I opened my shop in Calle della Canonica. Ironically, the economic crisis made my dream come true. In the jewelery store there was no more working stability and also, from my point of view, I was no longer satisfied. Anyway, it wasn’t a sudden decision: three years previously, in 2011, I designed my first handbag and I started to think about this kind of business. I’ve always loved painting and designing new objects, especially vases and jewellery. As the crisis got worse, I felt I had to start my project, even with some worries: making this big change at the age of 56 is not that easy. Moreover, I developed my project while I was still working in the Jeweller. In my few breaks I used to design, choose the materials, meet the manufacturers and set up the shop. It was a laborious time, but also exciting at the same time”.
By talking with you, it seems that you have never worked in a Jeweller and, actually, you are establishing yourself as an entrepeneur. “Maybe I can describe myself as a dreamer that keeps his feet on the ground. I’ve always worked a lot: I know what “earning a salary” means. I only regret I haven’t enjoyed today’s achievements in the past, but, however, I consider myself very lucky, as my dreams came true. Luck and lucky meetings are very important: like the meeting with the director of my shop, Louis Philippe Fernandes, an international professional who believed in my project.” #GENIUSPEOPLEMAGA ZINE
“In this State, businessmen preferred making money rather than have an high quality product, and so did Venice. We must bring back our traditions, first of all the handmade and the design, and try to support our products, not for a local rivalry, but to show that we are proud of our History”.
What’s in the future of “De Fina - Venezia”? “I want to reinforce my line, keep improving the quality of the products and the collaboration with the artisan of our hinterland. Also, I’d like to open a new shop. But my biggest dream is, one day, to contribute to a school that teaches young people the art of the leather industry, in Venice. It’s a tradition that could be a European excellence, a source of work and satisfaction for many people. I keep being touched by the handmade work of ours artisans and I don’t want this art to be lost forever”
How much does the Brand count in your products’ concept?
Through your words we can see your nostalgia for the past: what is the main cause? The economic crisis of Italy in general, or in particular of your own homeland? “I think of Venice in particular: to me San Marco repre-
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“The idea is to make the product recognisable in its style, accommodating and rigorous at the same time, that you can find in both leather goods and in accessories. To me, the concept of the logo owns to the past. We must introduce something that
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KE N HOWARD: AROUND THE WORLD IN 50 PAINTINGS 11TH J A N U A RY – 1 S T F E B R U A RY 2 017
forgot her, as that painting was published on my first book, so we got in touch, and the rest is history…
AT 147 N E W B O N D S T R E E T, LO N D O N , W 1 S 2 T S .
What particularly inspires you of Venice?
I NTE RV I E W W ITH K E N H OWA R D P H OTO G R A P H C O U R T E S Y O F T H E R I C H A R D G R E E N G A L L E R Y, LO N D O N
The water and the lights: on this side, Venice is a painter’s paradise, the colors are soaking up the city and give you such incredible lights! I am a “ painter of lights”, and, to me, this city is perfect to work in: you can come back the next day to the same place at the same time, and it will be exactly the same, while in London the lights are always different, it’s all about light, that is always moving and you have to work in not more than an hour. Other things that I love about Venice are the high water and the rainy days: it always amazes me the way this city adapted itself on those circumstance, it is normal for the citizens to walk around and keep living their life without problems, while they are quite submerged in the water; that’s something that London wouldn’t be able to manage in my opinion.
KEN HOWARD: The last impressionist
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en Howard, British artist and painter, is an official member of several associations, such as, ROI ( Royal Institute of Royal Painters), RWS (Royal Watercolour Society), RWA (Royal West of England Academy), RBA (Royal Society of Bitish Artist), RBSA (Royal Birmingham Society of Arts) and most important of the Royal Academy and he was also elected President of the New English Art Club in 1998 and Officer of the Order of the British Empire (OBE) in the 2010.
We had the pleasure to meet him in his studio in Venice, to have a little chat with him.
VENICE, MISTY MORNING 2015 S I G N E D, O I L O N C A N VA S : 24 X 20 I N / 61 X 50. 8 C M ASKING PRICE: £16,500.00
becoming the first official British war artist since the end of World War II. Let’s speak about the present, you have now a studio here in Venice, and this city is recurring in your paintings: why Venice? What about London, your homeland?
Honestly, it never “started” in a specific moment, I have always had this passion, since I was a little child, and now that I am 84, I still feel like many years ago. When I go to sleep, I can’t wait to start the next day just to paint, with the very same enthusiasm that I had when I was a little boy. I think it’s something innate, something that I have always had and that I will never be fed up with. To me, painting comes very natural: some people take a coffee for breakfast, some people brush their teeth after eating, I paint; It’s just something that it is part of my life, or, I would rather say, it is my life. I always paint, the whole day, and I will never stop; I will never get tired of that, as long as I paint, I breathe, I live, and as long as I live, my career won’t finish.
I’ve always said: London is my wife, Venice my mistress. London is my homeland, my nest, a city in which I come back to find comfort and familiarity. But Venice, there’s nothing in the world like Venice! The other cities are always the same, but Venice is unique, it always changes, it is a very romantic and passionate city; it is here that I met my wife while I was painting, and it is here that I decided to have a studio for the past 10 years in San Giovanni Paolo Square. It is an incredible city, it always gets me excited: every time that I come back here, I spend the first day just getting lost into the narrow streets, deeply breathing the magic atmosphere that surrounds me. Venice is always beautiful, both with the sun and the rain, both when it’s cold and when it’s hot, but I have to say that it is essentially a “Winter City”, it incredibly inspires me; I think that, in that part of the year, Venice literally whispers to the artist.
By seeing your recent paintings, I would never say that you served as a marine.
Talking about the romantic side of Venice, could you tell us more about the meeting with your wife?
At that time, I used to take with me my sketchbook, in which I drew the environment around me and the moments happening every day, especially the daily life of the soldiers. I never really felt in danger, as the locals could come up and could see what I was doing, and I was doing nothing wrong, I was just drawing, so people understood that I wasn’t a menace. I used to put all my passion in those sketches, by being objective and without making any comment; for this reason I became very popular in my regiment and in 1973 I was elected The Official Artist of Britain’s Imperial War Museum,
Sure, that’s an interesting story: I first met her in 1988, while I was painting in Campo Sant’ Angelo, in Venice; I remember that I needed a subject to put in my work, as I felt it was quite empty, so I decided to paint a lady, who was sitting on a well eating her sandwich. After few minutes she came to me to see what I was doing, and she noticed that the woman in the painting was her, and I bet she got quite surprised. Anyway, after 4 years I took part at the Summer Exhibition in London at the Royal Academy and she attempted to contact me: I have never
Ken, do you remember the first time you had the impulse to paint? When was your passion born?
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I describe myself as a “Silver painter”: I always use neutral colors, I have my personal range of shades, other painters have their own, it’s a matter of “language”: it is based on your personality and the circumstances around you. Colors show what you are, for this reason, the first thing an artist has to do is finding his own language. Moreover, I like to make a little contrast, by putting some warm spots in my paintings, to lift up my works. I love to paint in winter: you can see the structure of the trees and the sequences of contrasts, the contre-jour effect made by the lights; to me, working through tone is important, the relationship between the natural light of the sky and the shadow of the buildings is something that excites me. It is not that easy to make a work, as you have to paint quickly, but, you know, you give your best when you paint completely intuitively, when you have the sensation of being touched: art is about being touched, and I think I am “the last impressionist”.
What is your favorite subject of your beloved “Mistress”? KH3433
Born in London in 1932, he studied at Hornsey School of Art, but he had to interrupt to serve as a marine during the end of the World War II, and then he resumed his studies at the Royal College of Art until 1958; now, Ken Howard is dedicated to his passion and to his paintings, which became Worldwide popular.
What are your techniques? Tell us about your style.
I love the rain, and I love the lights and the atmosphere that it creates on this city. Venice is all about lights and contrasts, and for this reason my favorite subject is the “Pescheria” (the fish market) in rainy days, because the grey and neutral winter colors are counterposed to the bright and warm colors of the market, especially the red of the fish. I am never fed up with the Pescheria, I have painted that a billion of times, not because it’s one of my most popular paintings, but because it is magic, and I believe that it became a famous painting because it can infuse its sensation of magic.
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What is your advice to the young artists that want to portray Venice? The first time I came here in Venice, I was a young student and I thought “ I don’t want to represent all those famous places that every single artist has already drew”, so I started to paint the most hidden corners of the city, from the narrow ways, up to the unknown little squares. You can’t go to Venice and, for example, plan to paint just San Marco, because, as soon as you turn the corner, you will find new magnificent places, that you can’t postpone; you have to take the chance and paint it right there, it’s all about sensations and emotions that you have to express in that moment. If you go to Venice, don’t do it with the aim of analyze the buildings, the arts or the architecture, just go and soak the city up, breathe it and live it, because this is a labyrinth of emotions and there is always something new to discover. Talking about young artists, you became also a big inspiration for them. But, what are your inspirations? With my experience, I am now able to guide some new artists and help them to find their path. The RA (Royal Academy) gave me also the possibility, together with other artists, to create my own palette of colors, which represent my personality and everything that affects me. In my paintings, in fact, you can barely see all those people and artists that inspired me, such as Lucian Freud ( Freud’s grandson), Monet and James Corrow, but also the Italian ones, Morandi, Campigli and Manzoni painters.
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Mario
CELEBRATING BIRTHDAY IN A DIFFERENT WAY OR LOOKING FOR PLEASURE AND RELAXATION.
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Article
MAR IO PAM PE L
s the sun shone on our bed while waking up on a Sunday morning I had an idea: “Honey, instead of celebrating a birthday party, how about packing our suitcases and travel through Italy eating?” In the past we often visited Italy, not least because of the stunning scenery landscape and the terrific food. But also combined with the rich culture this country has brought forth, which is characterised by numerous old buildings of various ages and nationalities. Even the journey through Italy is a pleasure. Glorious blue sky and sunshine revealed a beautiful sight and warm welcome between the mountains and the vastness of the Val Canale, which triggers a strange fascination in me every single time. The ambiance in the end of September is exciting – hardly a tourist to see far and wide.
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ticed a perfectly styled and style-conscious trio on the terrace not far away from our table. But for now, my attention turned back to the dishes at our table. When all of a sudden a cute little black furball sizzled under the tables looking for delicacies – if someone was clumsy then there must be a chance to find something on the floor. Losing sight of my food I instinctively reached for the camera and asked the stylish trio after the furball`s name. His name was Narcos. The three of them and me started talking, there was a lot of laughter, we chunk glasses on my upcoming birthday, photographed and swapped contact details. The way to Cormons was really worth it. A great place, delicious food and pleasant people rounded off the stay.The next day, it was my birthday, we spent on the golf course. Relaxing 18 holes on the golf course of Grado. Bel Gioco! Besides our golf play we were watching gooses, ducks and muskrats including progeny being out to grass. In the evening we returned and faced another highlight – the “Trattoria de Toni” in the historic centre and pedestrian zone of Grado. Aside from the amusing an professional service the food was once again an extraordinary experience. My first tuna steak. Wow. Once again, greetings to the kitchen! The next morning we visited the Church of Aquileia again. Stunning mosaics on the floor, frescoes and excavations – all these treasures are witnesses of a long past time. An unique experience.Cividale and a small bakery with fruity little pastries was the next target of our program. A city, as I have not seen yet. A medieval city core, cut off from a deep ravine with an emerald green river, where the “Devil`s Bridge” is crossing. I crossed the bridge, went up and down to look at all possible perspectives to take a perfect shot. Besides that, I had a chance to watch the fish in the river and relax on the white river bed of gravel in the sun. For lunch we decided to visit the “Osteria ‘Enoteca de Feo’” – an insider’s tip. Deserted, but we met the probably most fascinating and charismatic manager, I can only imagine in Italy. Listening while she tried to explain the daily menu and specialties to us, sounded like a beautiful harmonious play to us. As may be imagined she used her whole body to speak: her hands, arms, shoulders, her whole gestures combined with her facial expressions were fascinating to watch. It was wonderful. Not to mention the food. Pasta, as I would never dream of, fish beyond reproach, definitely made an impact to our excitement of Italian food. Wednesday. A sunny day on the beach of Grado. Deserted. How relaxing. Warm water, wind and seagulls – what more could a heart desire? The local cooperative was our host of the evening, where it was taken care of our well-being. Then. It was bound to happen. The day of our departure. Our way back home led us to the “Villa Manin”, a magnificent residence of the last Doge of Venice – stunning and perfectly suitable for our morning coffee as well. Spilimbergo was our last, but no less impressive stay of our trip, where once again Italy`s overwhelming ancient architecture was presented. Everywhere in the city was a beguiling aroma of ripe oranges, which we smelled here and there again. It made us dream about this and that. The sun in our hearts and as a companion on our way to the Alps, we headed a little bit melancholic but full of beautiful experiences, new acquaintances and wonderful impressions back to our home, Vienna. In addition to the experiences there were also our companions who particularly made this trip so unique. Many thanks to Barbara, Hermine, Lisa and especially Wolfgang, who enabled us unforgettable moments thanks to his organisation and planning. We`re grateful.
#GENIUSPEOPLEMAGA ZINE
Pampel MARIO PAMPEL
Somehow this reinforces the impression of our own secret escapes on our travel. After arriving in a small fishing village called “Marano Lagunare” we toddled through small lanes. The village invited me to do what I love to do: observing. For a few minutes I stood in the Main Square – from the left children playing soccer, on the right side the supposedly goal, over there a pigeon. Behind me a laughing group of elderly women, who probably did not drink the first glass of wine, in front of us four teenagers playing table soccer outside a bar, discussing loudly and gesturing wildly in an adult way. Overserving the boys between the green plants, bicycles and wheelchairs was a real pleasure. And then, on the stroke, the doors of the restaurant “Alla Laguna Vedova Raddi“ opened and we treated ourselves to some fine food – fresh fish in many ways of preparation, sensational pasta and fine wine completed our enjoyable evening. Thanks to a freshly brewed coffee the next morning, our tour group started for Aquileia. Next to ancient remains of Roman temples we found an ageing steel construction, which used to be a Boccia facility a long time ago. For a brief moment I wondered whether this would last as long as the Roman columns, but distracted by an old wine press I kept on walking. Again, you could barely make out a tourist. A closed ice cream parlour and shops from a bygone time somehow lent a ghostly appearance on the road to the Campanile di Aquileia. After climbing the old bell tower I admitted defeated and sat down at the side of the square with my mother. Sorely tempted, we decided to treat ourselves to a Snack. Pizza. Walnut and Gorgonzola. Delicate. Satisfied we decided to return to Aquileia another day apart from the wedding guests. The next stop on our journey was Grado. The long carriage drive to the Isola del Sole really forces you to slow down – only 60km/h permitted. A good opportunity to marvel at a church on a small island or the occasional wreck on the sandbanks. Arrived in this beautiful harbor town, the evening was waiting with another nice fish restaurant, the “Trattoria Al Pescatore”, where we simply could not get enough from the starter through the pasta to the main course. The view from Muggia next morning at eye level with the sea over the port of Trieste fascinated me – at anchor sleeping steel giants and small white sailboats, which were worn over the sea like arrows. Looking for our morning coffee, we managed to grab a sunny place on the water. The fresh espresso felt like a reset to us. But also these priceless moments watching people, developed into an amusing morning show. Next to scallops and remnants o various shellfish I found something else in the crystal clear waters on the other side of the harbour: an entire column with a beautiful Doric capital. Decorated by full colourful clotheslines on lovely facades our further route led us through colourful streets, which we thought we knew from several films. A truly charming picture. Leaving Muggia, our next stop was Trieste and visited the “Castello di Miramare”. For many reasons: curiosity, because it was on our way back to Grado, cultural interest and our fascination of this cultural asset. However, we maybe hadn`t an ideal timing. Sunday afternoon and sunny weather attracted many tourists from all over the world, although it was off-season. Difficult to imagine how crowded Miramare must be in busy season. Everyone, who has already visited this place, knows what I mean: the avenue to the Castello was once designed for carriages at the 19th century. Nowadays, with cars and coaches passing by an almost impossible task to coordinate tourists, cars and tour busses simultaneously. After half an hour we found a spot to park our modern carriage and were able to start the fun part: the visit of Castello di Miramare. Treasures, which had accumulated over the time by its builders and owners made this place unique and breath-taking. After the cultural delight we headed a little bit exhausted and nearly starving towards the restaurant “La Subida” in Cormons, well-known for its wonderful cuisine. Prosciutto as a starter and a matching Vino bianco made us forget all the worries that we previously might have had. At least we had a good excuse to treat ourselves to something special. From the corner of my exe I no-
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#FOCUS
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REDAZIONE VENEZIA
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BETTINA TODISCO
Natalija Saver
anche i giovani alla musica classica? Sì sicuramente, perché ormai siamo attorniati da immagini. E c’è molto visuale anche sui social. Ora come passo successivo mi piacerebbe inserire nei miei concerti anche dei video. Interpretare il compositore contemporaneo Ludovico Einaudi al pianoforte, oppure Beethoven e Mozart, quali le diversità e i punti in comune? Grandi le diversità. Anche se sono musicisti che ho il piacere di suonare. Ogni persona ha vissuto nel suo tempo. Ogni persona è un individuo con la sua storia, le sue esperienze, il proprio modo di presentare la musica. E poi, tecnicamente, ognuno è diverso dall’altro. Una domanda personale. Come vive una trentenne oggi con la musica classica? Benissimo. Ma il mondo della musica non è facile. Come ogni altro ambito, immagino. La crisi attuale rende poi tutto più difficile. Gli ostacoli ci sono sempre, ma se la musica ce l’hai nel cuore devi andare avanti. Io non ho mai creduto nella fortuna, pensavo fosse una scusa. Oggi mi sono accorta che un pizzico di fortuna bisogna anche averlo. E come vive una donna nel mondo della musica? Discriminazioni, ce ne sono?
I N T E R V I S TA A N ATA L I J A S AV E R
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atalija Saver, una giovane e talentuosa pianista slovena che vive tra Italia, Slovenia e Portogallo, specializzata in musica classica e classica contemporanea. A soli trent’anni ha ottenuto risultati davvero importanti. Ha vissuto e suonato a New York e Los Angeles, in Messico, Slovenia, Italia, Portogallo, Croazia e Austria. Natalija Saver arriva solare e sicura di sé in Piazza dell’Unità d’Italia per l’intervista a Genius Magazine. La sua bellezza non passa certo inosservata, ma è della sua eccezionale bravura che vorremmo sapere.
con la prof. Dubravka Jomšič Srebotujak. In America ho poi seguito alla University of Southern California il programma Arts Leadership della durata di un anno. Un percorso unico e innovativo rivolto ad artisti che intendono acquisire abilità per saper vedersi nel mondo dell’arte. Come nasce la scelta dell’emotional piano? Il tuo bellissimo sito ci parla di “Natalija Saver - Emotional Music Moments”.
E i tuoi studi in campo musicale, quali sono stati?
Nei miei concerti cerco di proporre qualcosa di non stereotipato: il palco, il piano e una luce sopra con il prevedibile programma musicale. Cerco di uscire da questi schemi, perché per me ogni concerto è una storia: Storia d’amore, Infinity, Le onde, Oltremare… I miei sono programmi concepiti con una storia dietro. Inoltre, utilizzo le luci, i colori, le proiezioni di colori, a volte inserisco persone in scene ma che non parlano. Ad esempio, il primo concerto organizzato da me è stato: 1822 incontro tra Liszt e Beethoven. Desidero coinvolgere gli spettatori nella mia performance, che è una performance di qualità, arricchita però della multimedialità che aiuta proprio a coinvolgere quelle persone che altrimenti non andrebbero a un tradizionale concerto di musica classica.
Ho studiato all’Università di Lubiana dove ho conseguito la laurea in Performance artistica e in pianoforte, e successivamente il master in Performance artistica, entrambi
Hai anticipato la risposta alla mia prossima domanda, ovvero la multimedialità vuole arricchire il classico di, chiamiamola, modernità? E’ forse un modo per avvicinare
Come nasce la passione per la musica? E nell’ambito della musica la scelta del pianoforte? La mia è una famiglia di musicisti: padre pianista e madre insegnante di musica. E’ stato per me naturale, il pianoforte era a casa. A due anni mio padre mi regalò come giocattolo un pianoforte mignon a coda. Me lo ricordo ancora. A cinque anni ho iniziato seriamente. Il pianoforte faceva parte della mia vita sin dall’inizio, come qualcosa di normale.
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#GENIUSPEOPLEMAGA ZINE
Non ho incontrato nessuna difficoltà in quanto donna. Devo ammettere che ho maturato molto viaggiando. Viaggiare mi ha aperto la testa e ho pensato che non volevo competere, ma fare le cose assieme agli altri. Ad esempio, io lavoro con il tenore Vladimir Čadež e fra noi nel lavorare c’è una gran leggerezza.
/Musicista in “Converse”
Non ti chiedo quanto conti la bellezza, perché credo nella professionalità prima di tutto. Ma essere giovane e bella dà quel tocco in più all’artista e alle sue esibizioni? Assolutamente sì, perché non è più come una volta. Lo spettatore oggi acquista un pacchetto. Vale anche per una presentatrice o una giornalista televisiva. Devi essere perfetta in ogni aspetto e tutti i dettagli devono essere curati. Non finti naturalmente, perché bisogna essere se stessi… E’ una forma di rispetto per il pubblico. Hai viaggiato nel mondo, ma per te il viaggio è un peso o una scoperta? E’ sempre una scoperta. Mio padre vive a New York e sono andata da lui per la prima volta a diciotto anni. E lì è iniziato per me tutto. Quel viaggio e i successivi mi hanno aiutata a uscire dal mio ambito, a scoprire altre realtà e altre culture. Dopo la laurea ho anche vissuto quattro mesi in Messico. Oggi vivo tra Italia, Slovenia e Portogallo. Sai, quando si fanno i concerti si hanno tanti dubbi, poi in America ho visto che altri artisti facevano cose simili alle mie, ho avuto conferme sul mio lavoro da professori che contano, ho così superato i dubbi e, soprattutto, acquistato nuova energia.
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In Portogallo, come sei arrivata? Quando studiavo all’Università di Lubiana, c’erano studenti Erasmus che venivano un po’ da tutto il mondo. Ho conosciuto degli amici portoghesi e così sono partita per Lisbona per visitarla. E’ una bellissima capitale. Ormai fa parte di me. Sono spessissimo lì. Nonostante la tua eccezionale bravura, quanto è difficile trovare occasioni e luoghi per le tue esibizioni? E’ abbastanza difficile. Io ho un cachet abbastanza alto e già così mi limito, inoltre scelgo luoghi di livello, luoghi più ricercati oppure teatri per esibirmi. In Slovenia lavoro molto nei teatri. No, non è facile trovare occasioni e luoghi per esibirmi. Per questo, come dicevo, è importante curare non solo come suoni, ma tutti i minimi dettagli della performance. Natalija, cos’è per te la musica classica? Forse i Beatles per i giovani di oggi sono già classica…
Un’ultima domanda, quali i progetti per l’immediato futuro? Fare altri concerti, ovviamente, e allargarmi in altri paesi. Mi piacerebbe avere delle collaborazioni con personaggi come Ludovico Einaudi e Philip Glass. Inoltre io produco con Simon Adams anche musica house, deep house e techno house. Con un amico portoghese dal 2012 stiamo invece producendo musica elettronica in generale. Vorrei proseguire anche su questo filone.
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E’ la musica più completa che esiste. Perché i geni come Mozart, Beethoven, Liszt, Bach, … erano persone che la musica con la emme maiuscola la componevano in maniera meravigliosa. Come schema, armonie, contrappunti, melodie è la musica migliore. E’ difficile oggi compararsi a Mozart, perché è difficile arrivare a quella profondità. Secondo me il sistema scolastico dovrebbe essere strutturato in maniera diversa per comprendere anche lo studio della musica. E’ triste che molta gente non sia in grado di ascoltare e apprezzare la musica. E’ così bella che io vorrei tutti potessero capirla.
M AT T E O M A C U G L I A
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I TA L I A N S E L F M A D E .
/Italian Self made Andrea di Pietro
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ndrea di Pietro La tua storia ha una prefazione che purtroppo segna molti dei nostri connazionali, la scelta di lasciare l’Italia per un paese estero. Spiegaci cosa ti ha portato a questa scelta e cosa andavi cercando nel Regno Unito quando ti sei trasferito. Sono andato in Inghilterra cercando la mia realizzazione personale consapevole del fatto che mi sarei messo in competizione con altri popoli e altre culture. Molto giovane e di grande successo, come hai fatto a passare da un’azienda composta da un solo dipendente a dare lavoro a 150 persone che riforniscono ogni giorno 300ristoranti londinesi?
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Cosa ne pensi degli influencer?Moda fugace o compagni di strada imprescindibili di una comunicazione che ormai si è slegata dai media tradizionali? Penso che gli influencer siano il presente ed il futuro dei media. Permettono di far scoprire nuovi marchi e app che nascono ogni giorno e sono il metodo più veloce per dare visibilità ad essi, oltre ad essere compagni di strada della nuova comunicazione.
Il caso Brexit, è giustificata tutta l’incertezza che i mercati finanziari e non solo stanno riversando sulla City? Tutta questa incertezza è sicuramente giustificata dal fatto che ancora ad oggi non si sanno gli sviluppi precisi di questa Brexit e a cosa si andrà incontro. La moneta continua ad oscillare dall’alto verso il basso ogni giorno destabilizzando cosi tutti i mercati. Molti italiani vorrebbero migrare verso il Regno Unito; è ancora una land of opportunities europea oppure richiede maggiore pianificazione oggi? Migrare verso il Regno Unito può rappresentare sempre un opportunità se si ha la forza di volontà, la voglia di fare e di emergere.
A Londra non sei sicuramente l’unico italiano a far leva sul Made in Italy, come ci si stacca dalla concorrenza agguerritissima della City?
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Sono riuscito a costruirmi questa base mostrandomi per quello che realmente sono, senza maschere, e facendo trasparire dalle mie foto quello che vivo e vedo ogni giorno. Non penso e credo ci siano strategie, il successo sta nell’essere nient’altro che se stessi.
Per posizione geografica e clima non abbiamo niente da invidiare a nessuno. Purtroppo, pur avendo un patrimonio storico ricco e pieno di cultura non siamo riusciti a rimanere al passo con i tempi e soprattutto la fuga di cervelli verso nuove mete non aiuta, a mio avviso, lo sviluppo dell’economia e del progresso.
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Come hai fatto a costruirti una base così folta di fan e quali pensi siano le strategie per aver successo su queste arene pubbliche 2.0?
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Ci tengo a precisare che l’azienda per la quale lavoro rifornisce ogni giorno 3000 ristoranti nel Regno Unito. Io mi occupo dell’aera geografica di Londra nella quale fornisco circa 300 ristoranti. Il nostro successo è stata la passione per questo lavoro, la forza di volontà e credere ogni giorno che questa espansione fosse possibile.
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Quali caratteristiche deve avere un prodotto del Made in Italy per diventare parte dello stock di eccellenze nostrane che proponete ai ristoranti londinesi?
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M AT T E O C U R I È L
I AM THE MASTER OF MY FATE: I AM THE CAPTAIN OF MY SOUL.
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am the master of my fate: I am the captain of my soul.» (William Ernest Henley). «Io sono il padrone del mio destino: Io sono il capitano della mia anima» è la citazione che ho deciso di tatuarmi sul bicipite, 6 anni fa, subito dopo essermi licenziato da un lavoro a contratto indeterminato da sogno. Da sogno per tanti, ma non per me in quanto non il mio. Sull’altro braccio, vicino al cuore, il nome di colei che è riuscita a piantare, sin dalla mia nascita, tutti i semi dei miei successi senza aver avuto il tempo, in vita, di condividerli insieme a me: mia madre. Poco più in basso, a coronare la vincita dei campionati italiani di Makotocai 2006, prima di un infortunio, un detto in tailandese: «Si nasce per morire. Si vive per combattere». E infine, uno più recente inciso sul corpo: un temperamatite. Un temperamatite, senza la matita. È mio fratello a custodirne una sulla sua pelle...Siamo stati entrambi costretti a crescere in fretta, ma tra un viaggio di lavoro, in giro per il mondo, e l’altro, l’uno non può fare a meno dei consigli dell’altro; esattamente come il legame esistente tra una matita e lo strumento che serve a renderla sempre in grado di disegnare la vita.I miei primi vent’anni mi avevano così già sbattuto in faccia periodi di duro sconforto e dolore, ma non mi sono fatto travolgere! Mi sono messo faticosamente in gioco, giorno dopo giorno, per far si che tutti gli eventi che mi potevano abbattere, al contrario, diventassero il mio “Big Bang” personale: pura energia e opportunità fondamentali per trasformare il mio sogno in realtà. Oggi mi reputo fortunato perché non c’è niente di più bello che fare della propria passione il proprio lavoro! Sono un full time Personal Trainer con un diploma da istruttore di Body Building, Circuit Training e Cardio Fitness F.I.F, uno da Personal Trainer F.I.F e, a giorni, uno da istruttore di Calisthenics Functional Training - primo livello WTA.Il primo Gennaio 2013 è stata la data d’inizio della mia sfida imprenditoriale; data in cui ho rilevato, assieme al mio primo socio la palestra TWINS CLUB 2.0: un punto di riferimento nel fitness a Trieste sin dal 1989. Di lì a poco, vista la mole di lavoro, abbiamo deciso di creare un luogo esclusivamente dedicato al lavoro di Personal Training. Nasce così nel 2014 STUDIO PERSONAL: una realtà innovativa per il benessere psicofisico. Due stanze, vista mare, perfettamente attrezzate e con tanto di spogliatoi privati; pensate per tutti coloro che hanno deciso di prestare la massima attenzione al proprio percorso nel mondo del fitness e che nelle palestre affollate non si sentono pienamente a proprio agio o semplicemente si sentono smarriti davanti a una miriade
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d’attrezzature. E’ uno spazio intimo, nel quale, sin dalla prima visita ci si sente come a casa...Un buon punto di partenza davvero per ritrovare un perfetto equilibrio tra mente e corpo!La mia sveglia giornaliera suona alle 06.00 del mattino per dare modo ai clienti più determinati e con una giornata lavorativa fitta d’impegni d’allenarsi prima d’iniziare la giornata. Alla sera esco da STUDIO PERSONAL soddisfatto poiché sento che i miei clienti sono soddisfatti. Cerco di dimostrare tutti i miei lati migliori mentre alleno... tanto impegno e tanti risultati, ma credo che questo sia perché ho imparato a essere, nel tempo, solidale pure con me stesso, e compagno dei miei bisogni: mi tengo libero, nonostante le innumerevoli richieste, per allenarmi a corpo libero tre volte alla settimana, per aggiornarmi di continuo come opportuno che sia e per essere felice con la mia famiglia. What about you? Cosa sei disposto a fare per i tuoi desideri e i tuoi bisogni?Quello che dico alle persone che mi chiamano per partire con me verso un percorso d’allenamenti one to one tutto loro? “The body achieves what the mind believes/ Il corpo raggiunge ciò che la mente crede”. Il mio obiettivo è quello di portare ogni mente a crederci sempre, a spingersi oltre i limiti, a non essere schiava delle abitudini, a voler portare a termine ogni workout, a esser presente, a saper soffrire, sopportare la fatica, imparare a vincere la pigrizia, mangiar sano, rispettare i tempi di sonno e riposo, condividere i risultati e a essere tremendamente SMART!La mente umana tende a prefissarsi degli obiettivi a breve termine. Appena raggiunti spesso ritorna alle vecchie abitudini. Non appena crede che questi non verranno mai raggiunti cede presto alla frustazione e abbandona la strada del successo. È importante per me far capire al cliente che questa “mentalità a breve termine” è nemica di ogni percorso funzionale al corpo. Insisto sul fatto che è fondamentale sforzarsi, impegnandosi di giorno in giorno, per conseguire dei risultati a lungo termine...E consiglio sempre che non deve esistere la totale mancanza di tempo per se stessi qualunque cosa stia accadendo nella vita!Uno stile di vita un po’ più organizzato ed equilibrato fornisce innumerevoli benefici a tutte le età. A lungo termine: un corpo in forma e definito, ma pure una mente più dinamica, più sveglia, più sana e meno stressata. Alcuni miei clienti incominciano spinti da un desiderio meramente estetico e destano meraviglia quando, dopo un mese o due, mi dicono che desiderano continuare il loro percorso per aspetti positivi legati al proprio benessere. È qui che la motivazione iniziale diventa una motivazione vincente! È questo uno
/I am the master of my fate: I am the captain of my soul. WILLIAM ERNEST HENLEY
dei punti d’arrivo che mi prefiggo. È questo solo uno dei tanti traguardi perché un trainer qualificato deve essere preparato a stilare un programma personalizzato qualsiasi sia l’esigenza della persona: una piccola perdita di massa grassa nella direzione di una maggiore definizione, una grossa perdita di peso, un’aumento della propria massa muscolare, l’accrescimento della performance in un’attività sportiva e/o una rieducazione muscolare ottimizzando i tempi e lavorando in sicurezza. Ottimizza e lavora in sicurezza in quanto conosce la persona, i suoi punti di forza e le sue debolezze. Pensa quindi a un programma che prevenga qualsiasi tipo di problema durante e dopo l’allenamento. Il mio lavoro spesso diventa un lavoro d’equipe. Richiedo in tale senso consulenze da figure professionali diverse dalla mia. Attualmente collaboro con: la dottoressa Emanuela Russo (dietista che si occupa nello specifico della cura del sovrappeso, della grande obesità e di piani nutrizionali per gli sportivi) per chi ha provato più e più volte diete senza alcun risultato a lungo termine, il dottor Emanuel Mian (PsicologoPsicoterapeuta specialista in psicoterapia cognitivocomportamentale e PhD in Neuroscienze e Scienze Cognitive) perché l’unica vera differenza tra un talento e un campione è la mente, diversi massaggiatori, fisioterapisti, osteopati e medici sportivi affinché vi sentiate in gran forma. Una curata attenzione al cliente avviene da più lati. Più lati seguiti da “vicino” o da “lontano”...A Trieste o “a distanza” grazie alla mia nuovissima app (PT Matteo Curiél).Avrete percepito che il mio sogno si è realizzato, ma in verità non ancora del tutto! È vero, sono sempre che alleno in STUDIO PERSONAL, occupato a valutare le visite specialistiche richieste, presente sui social ( www. facebook.com/matteocurielpt )per rispondere a qualsiasi curiosità e impegnato a soddisfare pienamente le persone seguite con il mio servizio di Coaching “a distanza”. Sono immerso in un lavoro per cui provo davvero una profonda passione! Prima la famiglia, poi gli amici e il lavoro...Ma quando mi ritrovo a essere una parte integrante dei successi dei miei clienti alla maratona di New York, a una gara di nuoto piuttosto che a una Spartan Race ringrazio e capisco per intero il mio mestiere. Del resto, «I am the master of my fate: I am the captain of my soul.» What about you? Scegli chi vuoi essere (per te stesso)!
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REDA ZIONE VENEZIA
Teatro in Bottega “Mi incarta un etto di poesia?”
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attia Berto, regista teatrale, che da alcuni anni si prende cura della direzione artistica del Teatrino Groggia a Cannaregio. Regista che porta in scena la contemporaneità reinterpretando la tradizione. Insieme alla fotografa Giorgia Chinellato sono gli autori di Teatro in Bottega, un progetto di performance teatrali fortemente legato alla quotidianità della città di Venezia. Com’è nata l’idea di Teatro in Bottega? Come tutti i progetti vincenti è nato per gioco, un giorno Giorgia Chinellato mi ha raccontato che la bottega di sua madre, da 40 anni parrucchiera a Venezia, avrebbe chiuso. Ci siamo guardati e abbiamo pensato che per chiudere in bellezza dovevamo organizzare un evento. Così ci è subito venuto in mente di agire come se fossimo in un teatro e il titolo ci è venuto spontaneamente, facciamo Teatro in Bottega. E quindi come si è svolta la performance? Trattandosi di un salone di parrucchiera per signora, ho subito pensato al tempo nel quale ci si fa i capelli, al tempo che le donne trascorrono dalla parrucchiera aspettando di farsi fare la piega, va da sé che l’azione si sarebbe chiamata il tempo di una piega! Ho coinvolto Nora Fuser, attrice che da 40 anni calca le scene regionali e nazionali, lavorando con grandi registi del calibro di Giulio Bosetti e una delle più grandi interpreti della Commedia dell’Arte. Una di quelle rare attrici che riescono a disegnare col corpo immagini incredibilmente vicine alla quotidianità e alla vita. Abbiamo scelto insieme a Nora quattro donne dal repertorio goldoniano che potessero rappresentare quattro età e quattro caratteri differenti, vicine alle clienti che in questi anni si sono sedute sulle poltrone del salone di Sonia Coiffeur pour Dame in Campo San Zaccaria. Quindi Teatro in Bottega è un format?
abitati sempre meno a servizio di chi vive. Parole come artigianalità, quotidianità, vitalità, sono motore per Teatro in Bottega. La nostra ricerca artistica io come regista e Giorgia come fotografa scava nel quotidiano, ci piace stare con le persone e vogliamo pensare ad un format per le persone. Esseri umani, insieme a botteghe che chiudono, altre che resistono o ancora nuove che aprono. Un indagine sociale? Io lavoro con artisti sempre diversi alla costruzione di un atto performativo per lo spazio che ci fa fare casa. Giorgia parallelamente, attraverso la narrazione fotografica segue tutte le fasi di Teatro in Bottega, non si limita alle riprese dell’evento ma vuole testimoniare l’intero percorso, affiancando un’attenta rappresentazione dei luoghi coinvolti, che da botteghe del fare mutano in spazi di nuove relazioni, ad una personale ricerca fotografica esplorativa che di volta in volta pone l’attenzione sulla tematica individuata e sugli artisti coinvolti. Ad affiancarci in questo nuovo viaggio ci sono Elia Romanelli regista di video con Giuseppe Drago che ci seguono con il loro occhio telecamera e Claudia Capodiferro, la quale si occupa della parte organizzativa e fa si che tutto sia preciso con la professionalità di un lavoro di produzione. Un team di professionisti che si sono incontrati per studiare azioni e reazioni nella città. Una forza umana senza nostalgie e retorica. Come avete trasformato una macelleria in un paradiso? Semplicemente invitando la straordinaria voce di Francesca Sarah Toich, una delle più brave interpreti di Dante in Italia a declamare il Canto XXVII del Paradiso in cui San Pietro affronta il tema della corruzione, un argomento così vicino alla nostra contemporaneità, al quale ho contrapposto l’immagine del candore che al contrario è racchiusa in una bambina. Infatti la piccola Nunzia Sorrentino, di 12 anni, è stata la protagonista della performance insieme alla voce dell’attrice.
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FABIO DE VISINTINI
Se volete approfondire il tema cioccolato, tuffatevi intanto in www.chox.it
È l'ora del cioccolato buono e sano!
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Attendevamo il tempo in cui gli italiani avrebbero cominciato ad approfondire la vasta cultura e tradizione del nostro cibo, quantomeno per proteggersi dal dilagare della sottocultura alimentare che arriva dritta dritta da oltreoceano: hamburger e patatine, dosi esorbitanti di grassi e zuccheri e bibite gasate per buttar giù tutto!. Poi le esagerazioni alla moda sono sempre in agguato, per cui i giovani, che fino a qualche anno fa ambivano a diventare calciatori e veline, ora hanno trovato un altro mito da inseguire: tutti chef scorbutici come Carlo Cracco. Finalmente un numero crescente di persone ruota le confezioni a scaffale per vedere gli ingredienti e sempre più mamme hanno posto il veto a cibi carichi di zucchero e schifezze per i loro pargoli. Insomma una speranza c’è, anche se la potenza dell’industria alimentare nel decidere la nostra dieta si fa sentire eccome! In fondo è ancora la TV che decide come ci dobbiamo nutrire e non abbiamo più il Ferruccio della bottega sotto casa che ci sa consigliare per il meglio, mettendoci la faccia. Oggi, dietro ai prodotti confezionati, c’è spesso una multinazionale senza un volto. Il nostro vantaggio è che costa meno e per quel che riguarda la salute.. vedremo. Passi avanti che fanno ben sperare, quindi: la cucina salata è cambiata, tanto che mangiamo crudo, marinato o saltato, abbandonando lo stracotto che sobbolliva per ore. Se però andiamo in pasticceria, il mondo sembra essersi fermato: passano le generazioni ma i prodotti sembrano sempre quelli. Non toccatemi la brioche, anche se congelata, che lievita ancora nel nostro stomaco, fatta con grassi idrogenati e spesso indigeribile. Se poi passiamo al cioccolato, tra Baci Perugina, Mon chèri Ferrero e Cremini Fiat, il mondo sembra veramente fermo da decenni. Come mai? In verità non è fermo.. i prodotti sembrano sempre uguali, ma costano meno di un tempo (fatte le proporzioni ovviamente). Quindi un’evoluzione c’è stata, ma non riguarda noi golosi o meglio ci riguarderebbe
Quali sono gli obiettivi di questo progetto? Ha l’ambizione di rivitalizzare la città e le sue attività commerciali. Siamo partiti dalla consapevolezza che la nostra città in questi anni stia subendo una repentina trasformazione favorendo l’indotto turistico e un’economia basata su una ricezione di massa e frugale che ne sta completamente cambiando il volto. Una città da tutti invidiata per il modo unico di abitarla, senza affanni, capace di darsi un tempo lungo, piena di colori e profumi delle tante botteghe che la animano ma che a fatica resistono in questo nuovo modo di essere della città.Il progetto nasce a Venezia ma l’ambizione è quella di diffonderlo a macchia d’olio in altri centri storici d’Italia realizzando una mappatura delle città attraverso chi le vive.
se analizzassimo gli ingredienti e la loro qualità. Mai trovato la schiuma di suino nella mousse al cioccolato bianco? Cercate, cercate e poi decidete se siamo sulla strada giusta. Chi sa che il vero cioccolato di qualità è fondente ma non amaro, perchè se così fosse non sarebbe.. di qualità! E chi sa il colore del cioccolato di qualità è bruno con riflesso rossastro, non certo nero!?. Viene da pensare che sul cioccolato non ce l’abbiano raccontata giusta. E se dicessimo che un consumo normale di cioccolato fondente con poco zucchero fa dimagrire e non ingrassare, perchè il theobroma cacao ha queste qualità sul metabolismo, chi ci crederebbe? Eppure è così. C’è oggi qualcuno che ha intrapreso nuove strade sulle forme di consumo del cioccolato, offrendolo di eccellente qualità, naturale, sostenibile, con poco zucchero, senza olio di palma, grassi idrogenati, aromi, coloranti, glutine e qualsiasi altro inutile/dannoso additivo. È cioccolato emulsionato con acqua! Non facile da fare, ma più leggero di così.. e poi l’acqua è un esaltatore degli aromi del cacao. Ha una consistenza setosa inaspettata e soprattutto, a differenza degli altri prodotti sani, ipocalorici, biologici, questo è proprio buono! Se avete pensato per un attimo a qualche crema spalmabile, scordatela perchè siamo in una dimensione esattamente opposta. È una crema senza conservanti chimici, che per durare utilizza il Freddo e il Vuoto!
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Esattamente. Dopo questa prima idea abbiamo riflettuto sulla città in cui viviamo, sui centri storici in generale sempre meno
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Mauro Suerzi Stefanin INTERVIEW a c u r a d i PAT R I Z I A P I C C I O N E
Il sapere fare squadra con la propria famiglia
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er festeggiare i 30 anni dall’inizio della fortunata iniziativa fashion commerciale, Mauro Suerzi Stefanin ha scelto la sua Trieste e il suo negozio nel cuore del centro cittadino, “capostipite” della catena di abbigliamento “Max&Co”. Lo scorso sabato pomeriggio, il 3 dicembre, in piazza della Borsa nello storico numero “zero” del brand, ha ospitato un party per le 30 candeline del marchio nato ufficialmente il 30 agosto 1986, e che ha visto coinvolti, (allora, così come lo sono tutt’ora nel capoluogo giuliano), oltre a Suerzi Stefanin, la sorella Eleonora e il fratello Alessandro. E da alcuni anni anche la giovane nipote Zoe de Visintini, che sta brillantemente mettendo a frutto la laurea in economia. A felice conferma, che tra i punti di forza dei successi imprenditoriali del Nordest, dal Veneto al Friuli, alla Venezia Giulia, e valore aggiunto, c’è il saper fare squadra con la propria famiglia. Il grintoso Liu Jo, l’hipster – oriented Gallo, il classico con brio Max&Co. Tutti brand di successo, rivolti a un segmento di pubblico molto trasversale quanto fidelizzato. Quale dei tre, se così è e si può affermare, occupa però un posto speciale nel suo cuore? “Non posso certo negare di essere molto legato a Max&Co, e per più di un motivo. In primis, perché ha preso forma, si è sviluppato ed è nato a Trieste, città pilota del progetto pensato e creato, allora, un po’ come costola easy – chic accessibile al grande pubblico, amante della qualità e dell’immagine di stile senza tempo dell’iconica Max Mara. E, in secondo luogo, perché mi ha permesso di coinvolgere e lavorare sul territorio assieme ai miei fratelli. Inoltre, ma certamente non da ultimo,
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perché realizzare un marchio che è stato in un certo senso capofila di una linea di retaling stores innovativa, ovvero di brand che coniugano glamour con prezzi contenuti, è stato, ed è, sicuramente gratificante”. Come spesso avviene per le imprese e le idee di successo, per l’imprenditore triestino la chiave di volta nasce, infatti, dall’intercettare, prima ancora che se ne delineino i contorni, un’esigenza da colmare in un determinato segmento commerciale, vale a dire, una nicchia di mercato scoperta. A metà anni ’80, Suerzi Stefanin – che all’epoca lavora per Max Mara e, quindi, per la famiglia Maramotti – comprende che nel campo della produzione stagionale del programmato, non c’è un marchio in grado di coniugare stile e modernità a costi contenuti: da un lato c’era, infatti, il prêt-à-porter glamour da signora con un’alta capacità di acquisto, dall’altro, la moda giovane, svelta e economicamente non impegnativa, però senza quel “tocco di classe” che la può rendere un passepartout da indossare in occasioni formali, ma non troppo. In altre parole, l’abito da meeting aziendale per la giovane neo laureata, il completo non “ingessato” per l’archittetta appena entrata nello studio dei suoi sogni, il cappottino dal taglio (e tessuto) impeccabile o, ancora, il tubino grintoso per il consiglio d’amministrazione, la laurea, le serate “sex and the city” con le amiche del cuore, e via discorrendo. Soprattutto, senza spendere una fortuna. In termini materici e economici, insomma, la felice equazione tra design, lo stile Max Mara e il prezzo sostenibile. Qual è invece la linea di pensiero stilistico – imprenditoriale che ha gettato le basi di Liu Jo, brand alla felice conquista dei
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mercati del Far East, della Russia, dell’area dell’Europa orientale e dei paesi arabi? Un target commerciale ambizioso e delicato, quello dei paesi musulmani, in cui marchio e società sono riusciti ad entrare con diplomatico aplomb e, per così dire insomma, a passo felpato. Come si sposano oggi nella società contemporanea, stile e tradizione restrittiva dei costumi? In verità, in modo meno complicato di quanto possa apparire agli occhi di noi occidentali, che ne cogliamo solo il contesto esterno, ovvero, la donna con gli abiti impersonali di clausura al mondo esterno. Mentre, invece, altrimenti non avrei imboccato questo percorso, le donne nel loro contesto femminile o comunque nella propria casa, desiderano sentirsi femminili, “ben vestite” e, come tutte le donne del mondo, comunicare attraverso l’abbigliamento la propria posizione nella scala sociale.
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Una felice intuizione, questa, che ha fatto sì, la compagine societaria di Mauro Suerzi Stefanin in collaborazione con la Liu Jo di Marco Marchi, di cui siamo agenti per i paesi dell’est e del Medio oriente, si concretizzasse in quasi cento negozi franchising tra Russia e paesi dell’est, per poi, diramarsi tra svariati paesi arabi – e qui il mercato è florido soprattutto tra gli expats occidentali che ci lavorano e l’altra metà del cielo locale, con potere d’acquisto. Ma nel multi brand del suo gruppo c’è spazio per l’uomo?
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Eh certo! Noi siamo più che attenti all’immagine maschile, che seguiamo con una cura maniacale per la qualità, in senso ampio. L’uomo ha, infatti, per un certo verso, meno sfiziosità nel vestire della donna e, quindi, entrano in campo la pignoleria nei tessuti, nei dettagli e nella la cura sartoriale. Difatti, la licenza della linea Liu Jo uomo, sia per la distribuzione sia per la realizzazione, è affidata all’ottima tradizione e professionalità dei sarti napoletani. Obiettivi a medio-breve termine? Direi che la progettualità è e rimarrà sempre vivace però, in verità, dei prossimi 30 anni spero se ne occupi sempre di più Zoe”.
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REDA ZIONE VENEZIA
/TALES-ON ETHIOPIA
Marco Milan – Curatore e direttore artistico
diverse sfaccettature, dando particolare rilievo all’universo femminile innestato nella società etiope contemporanea. In fotografia il concetto di distanza si interseca con quelli di soggetto, operatore ed inquadratura, nel teatro un attore dà il meglio di sé quando riduce ai minimi il vuoto tra se stesso ed il personaggio che interpreta, esprimendo la distanza attraverso l’immedesimazione, in musica la distanza tra una nota e l’altra si chiama silenzio o pausa ed è parte integrante di una composizione. Questi sono alcuni tra i molti esempi che si potrebbero fare e che ci fanno capire come la distanza sia uno spazio pieno, ricco da attraversare ed indagare. Ne sono scaturiti cinque progetti ciascuno di trenta immagini oggetto di una mostra a Venezia sincrona con la biennale ad Addis Abeba. Di questo ponte ideale, che è conoscenza e riduzione delle distanze attraverso la comprensione, pubblicheremo a sua volta un libro che come per il precedente sull’Errore, diffonderemo a livello internazionale.
Da dove nasce Tales-on?
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GALLERIA CONTINI
Stefano Contini
/una galleria d’arte 2.0
Quali gli obiettivi futuri di Tales-on?
Di cosa si occupa nello specifico questa piattaforma? Il fulcro delle nostre attività è la promozione di giovani autori provenienti da territori a sud del mondo, attraverso esibizioni e pubblicazioni a carattere internazionale, in cui ciascuno di essi viene invitato a lavorare attorno ad un tema assegnato. Sono progetti a cadenza annuale, in cui riveste una particolare rilevanza tutto il processo di sviluppo come momento propedeutico e relazionale che porta poi al risultato finale. La genesi è sempre una presa di contatto con le realtà di ogni nuovo territorio, costruendo legami e scambiando informazioni sotto molteplici punti di vista, in modo da elaborare progetti coerenti e rispettosi delle singole culture. Quali sono le aree di cui vi siete occupati? L’esordio è avvenuto in Colombia, invitando cinque artisti e cinque scrittori a riflettere attorno al tema dell’Errore, inteso come difformità dal pensiero dominante ed opportunità per nuove visioni. Letteratura ed arti visive hanno dialogato assieme attraverso la realizzazione di opere inedite che poi abbiamo esposto in due importanti esibizioni a Madrid presso Casa de America e a Bogotà nel Museo di Arte Contemporanea in collaborazione con il Banco de la Republica. Tutti i lavori sono stati poi raccolti in un libro d’artista pubblicato in 500 copie che abbiamo inviato ad altrettante istituzioni culturali in tutto il mondo, proprio per ottemperare in modo concreto alle finalità filantropiche dell’iniziativa. E a seguire? Dopo la Colombia stiamo ora presentando la seconda tappa di questo viaggio culturale. Questa volta siamo approdati in Etiopia collaborando con Aida Muluneh ed il suo Addis Foto Fest, biennale dedicata alla fotografia africana.Abbiamo invitato cinque giovani fotografe ad indagare sul concetto di Distanza, interpretata sotto
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Tales-on nasce come piattaforma permanente con l’intento di accrescere la conoscenza e la produzione artistica, pertanto vi saranno nuove tappe di questo affascinante viaggio e nuove produzioni, dialogando in modo stabile con istituzioni artistiche, autori ed intellettuali e rendendo a loro volta disponibili tutti i contenuti di ogni singolo progetto nel sito web specificamente creato: www.tales-on.com. Proprio per la finalità pubblica e non profit dell’intero impianto creativo, ci auguriamo possano aggiungersi nuovi partner per condividere questo percorso culturale, in modo tale che la pluralità delle voci ne accresca sempre più il valore e la capacità reale di intervenire nei territori e nelle società di volta in volta indagate, facendo da motore positivo per tutta una serie di giovani autori coinvolti. BIO Marco Milan (1972) Nato a Venezia, vive e lavora tra Bruxelles e l’Italia dove ha fondato, con Nora Zanella, la piattaforma culturale Fondation Dire. Personalità poliedrica ed autodidatta, ha abbinato ad una formazione tecnica, degli studi umanistici ed artistici sia in Italia presso l’Università di Padova, che all’estero presso l’Institute of Photography di New York.Negli ultimi anni si è dedicato alla cura autoriale di una serie di libri d’artista patrocinati da Campari e pubblicati da Editalia – Poligrafico Zecca dello Stato, che hanno focalizzato il loro contenuto sui giovani autori contemporanei dell’area mediorientale, oggetto, tra le altre, di alcune installazioni presso Galleria Campari a Sesto San Giovanni, Triennale a Milano ed Istituto Italiano di Cultura di Beirut.Ad occasionali collaborazioni con i Padiglioni Turchia e Libano delle passate Biennali d’Arte di Venezia, ha aggiunto la collaborazione con il gruppo editoriale Antiga e l’ideazione, nonché curatela, di un progetto denominato CONSTRUCTION/DECONSTRUCTION/RECONSTRUCTION, all’interno del quale poter riflettere ed operare sulle realtà urbane e la loro umanizzazione, che ha avuto, tra le altre, una presenza presso il Museums Quartier di Vienna. Da tre anni si occupa a tempo pieno della nascita e dello sviluppo della piattaforma Tales-on che ha ideato, con il fine di incentivare il dialogo interculturale e la produzione di contenuti in ambito artistico, antropologico e sociale, attraverso la pubblicazione di libri e la creazione di esibizioni ed installazioni permanenti nei diversi continenti.
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all’alto dei suoi 40 anni di solida esperienza professionale, il gallerista Stefano Contini ha fatto della sua attività un luogo di arte e cultura consacrandola come una delle pietre miliari del panorama artistico contemporaneo italiano ed internazionale. Per poter continuare a godere di tale riconoscimento, in un’era in cui il progresso significa più che mai cambiamento ed evoluzione delle tecnologie e delle modalità di comunicazione, risulta indispensabile adattarsi camaleonticamente alle novità, cercando, però allo stesso tempo, di preservare la propria identità. Ciò che differenzia la Galleria d’Arte Contini dalle altre attività concorrenti nel settore è dunque il proprio concept aziendale: by Contini. Esso consisteinun’esperienza per coloro i quali vorranno approfondire la propria passione per l’arte in una stimata galleria. Le strategie di comunicazione della galleria sono state recentemente riformulate mediante un accurato disegno di marketing e la creazione di un nuovo sito web, orientato all’User Experience (UX) ovvero all’esperienza che l’utente compie interfacciandosi con esso. Tale progetto ha assecondato l’evoluzione del web, dove da una realtà ad un unico senso di comunicazione (quella dell’era 1.0) si è passati ad un’altra in cui si predilige l’interazione tra le due parti (era 2.0), ossia tra il creatore dei contenuti, in questo caso la galleria, e l’utente. Il nuovo sito web della Galleria Contini è stato concepito con un design unico ed interattivo, volto a rendere più piacevole possibile l’User Experience. Nuovi contenuti, esclusivi per la galleria, sono stati creati appositamente in collaborazione diretta con gli artisti, così da fornire un racconto originale e ravvicinato della loro storia attraverso l’utilizzo di un linguaggio informale.La Galleria Contini si presenta ai propri visitatori virtuali come una galleria ”boutique” esclusiva, che offre esperienze interattive uniche, donando la possibilità di entrare in contatto sensoriale con l’arte, mediante tour virtuali degli spazi espositivi o attraverso l’uso di una lente d’ingrandimento che permette di scrutare, quasi toccare, le opere d’arte. Rapporto esclusivo vuol dire anche poter avere un filo diretto con gli artisti ed il loro mondo, attraverso i video e le immagini che li scoprono al lavoro, ad esempio, oppure permettono di viverne i retroscena. Autografi e citazioni,
forniti in esclusiva dagli stessi artisti alla galleria Contini, consentono all’utente di acquisire una maggiore familiarità con le loro personalità, come se intercorresse un dialogo interattivo tra loro. Nel processo di creazione del nuovo sito si è pensato dunque, alla conversazione attiva che si sarebbe instaurata tra l’utente e la galleria; ecco perché potremmo definire il continiarte.com un sito pionieristico, nel settore delle arti, in grado di fornire un’esperienza piacevole ma anche utile all’utente, invogliandoloa non lasciare che la sua resti una visita occasionale, ma fidelizzandolo. Tale strategia consente pertanto un più facile coinvolgimento del visitatore, qualunque sia la distanza che lo interponga o gli impedisca fisicamente di poter raggiungere la galleria stessa. Chiave fondamentale questa per riuscire ad approdare anche ai mercati più distanti. Ragion per cui, la storia della galleria (“La nostra storia”) si è deciso di raccontarla in più lingue, non solo in italiano e in inglese, ma anche in russo e cinese. Un altro elemento, non meno importante, su cui poggia la nuova strategia comunicativa della Galleria Contini, sono i social network. Essi rappresentano, oggi, un ulteriore modo per condividere informazioni e immagini e quindi un ulteriore strumento per dare visibilità alla galleria, diversificando i contenuti pubblicati a seconda della piattaforma utilizzata e del target legato ad essa. Gestire sapientemente social network come Instagram o Facebook vuol dire letteralmente comprendere i sentimenti dei followers verso il materiale pubblicato. La possibilità data agli utenti di commentare permette di ricevere un riscontro istantaneo circa l’apprezzamento, ad esempio, delle opere degli artisti. Tutto ciò rientra nel concetto di interfaccia attiva (scambio di commenti, opinioni o anche ringraziamenti e consigli sui contenuti), al fine di poter rendere unico il rapporto con gli utenti e contribuire ad alimentare la loro passione per l’arte.
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Tales-on è una piattaforma culturale non profit che ha visto la luce tre anni fa partendo da una mia idea e dalla volontà del marchio Bristot di occuparsi di cultura sotto forma di impegno e restituzione sociale.
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Jaeger-LeCoultre presenta un orologio Reverso come omaggio alla Scuola Grande di San Rocco
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er oltre un decennio, grazie al suo amore per l’arte e per la conservazione del patrimonio culturale, Jaeger-LeCoultre ha sviluppato un forte legame con Venezia. Oltre ad essere partner della Mostra Internazionale del Cinema, il marchio orologiero svizzero è diventato sponsor della Scuola Grande di San Rocco, un luogo straordinario caro a tutti i veneziani, di cui ha patrocinato il restauro dal 2013. In occasione della 73ma Mostra del Cinema, Jaeger-LeCoultre presenta un esclusivo orologio Reverso Grande Taille decorato con una squisita miniatura smaltata, dedicata al lavoro di restauro di questa prestigiosa istituzione. Per la personalizzazione in smalto, Jaeger-LeCoultre ha scelto di raffigurare la scalinata principale in marmo della Scuola Grande di San Rocco, recentemente riportata allo splendore originario grazie al suo sostegno. La riproduzione della maestosa scalinata realizzata sul fondello del Reverso è un’opera di grande abilità artistica dei maestri smaltatori. Per rispettare l’originale, si è deciso di utilizzare pochi colori, lasciando al talento degli artigiani il compito di creare sottili contrasti monocromatici. Ottenere linee rette pur lavorando sulla superficie curva della cassa in oro giallo del modello Reverso: una vera sfida Impegnativa è stata anche la riproduzione delle venature del marmo, poiché il trattamento ad alta temperatura dello smalto attenua notevolmente gli effetti artistici della pittura. Il progetto ha richiesto tre settimane di lavoro, 32 asciugature a 230°C e 15 cotture a 800°C. Un “like” per salvaguardare il prezioso patrimonio della Scuola Grande di San Rocco. L’esclusivo orologio Reverso è stato presentato sulla pagina ufficiale Facebook di Jaeger-LeCoultre l’8 settembre. Nella settimana dall’8 al 15 settembre, per ogni “like” che i visitatori aggiunto a questo post, la Maison ha effettuato una donazione per il restauro della Scuola Grande di San Rocco.
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di sponsorizzazione si è concentrato sui marmi della Scuola, in particolare quelli della Sala Capitolare, e sull’imponente portale che conduce alla scalinata imperiale, oggetto di un restauro meticoloso. L’opera appassionata degli artigiani, la loro pazienza ineguagliabile e la puntigliosa attenzione al dettaglio ricordano il lavoro dei maestri orologiai della Vallée de Joux, che ogni giorno si adoperano per infondere nuova vita in segnatempo eccezionali.
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L’arte della smaltatura Ormai da oltre 180 anni Jaeger-LeCoultre deve la propria fama all’eccellenza creativa nell’arte orologiera e la lunga tradizione delle antiche arti decorative fa parte del patrimonio di maestria gelosamente preservato dalla Grande Maison della Vallée de Joux. Smaltatura, incisione e incastonatura sono solo alcune delle rare abilità a cui JaegerLeCoultre attinge per creare nei suoi laboratori questi preziosi capolavori di orologeria. Tra tutte, la pittura di miniature smaltate è una disciplina raramente tramandata ai nostri giorni. Jaeger-LeCoultre è impegnata nella ricerca degli smalti più autentici e di alta qualità che, considerata la rarità di quest’arte, sono sempre più difficili da reperire. Questi raffinati materiali vengono poi affidati alle mani esperte degli specialisti smaltatori della Manifattura, che raggiungono le più alte espressioni della loro arte nella personalizzazione degli orologi. Attualmente, il laboratorio di smaltatura della casa svizzera comprende un team di artisti che creano una vasta gamma di opere smaltate, personalizzate sul fondello e sul quadrante dei modelli Reverso. Ispirati dalla loro eccezionale visione creativa, gli specialisti di questo atelier hanno ricreato numerosi capolavori dei grandi maestri dando vita a orologi che sono veri e propri pezzi unici. Un programma di restauro per preservare il lascito del tempo La sontuosa Scuola Grande di San Rocco è un’istituzione dalla ricchezza artistica unica che conserva una collezione inestimabile di dipinti del Tintoretto (1518-1594). Situata nel sestiere di San Polo di Venezia, la Confraternita fu fondata nel 1478 e dedicata a San Rocco, santo patrono degli appestati, per contrastare le epidemie e assistere la popolazione. Grazie al mecenatismo di Jaeger-LeCoultre, i visitatori possono ora apprezzare la nuova illuminazione che valorizza e protegge le meravigliose opere del Tintoretto, tanto sensibili alla luce. Nella Sala dell’Albergo, infatti, è stato installato il nuovo sistema LED, che riduce al minimo l’emissione di raggi infrarossi e ultravioletti che nel corso del tempo provocano lo scolorimento dei dipinti. La seconda parte del programma
LA MANIFATTURA JAEGER-LECOULTRE
In occasione della 73ma Mostra del Cinema, Jaeger-LeCoultre presenta un esclusivo orologio Reverso Grande Taille decorato con una squisita miniatura smaltata, dedicata al lavoro di restauro di questa prestigiosa istituzione.
Fin dalla fondazione, nel 1833, Jaeger-LeCoultre ha sempre affascinato gli appassionati di begli oggetti e di Alta Orologeria. I suoi artigiani, eredi dello spirito creativo del fondatore della Manifattura, Antoine LeCoultre, riuniscono il loro savoir-faire per creare collezioni sorprendenti e sofisticate: Reverso, Master, Rendez-Vous, Duomètre, Geophysic e Atmos. Il suo ricco patrimonio è un’ispirazione costante per la Grande Maison. Le collezioni Hybris Mechanica® e Hybris Artistica® testimoniano la passione creativa che anima gli uomini e le donne che lavorano presso la Manifattura. Il 2016, anno ricco di sorprese, offre l’occasione a Jaeger-LeCoultre di rivelare un lato inedito e di proporre una nuova visione dell’orologio Reverso, che festeggia i suoi 85 anni. Ognuno degli orologi Jaeger-LeCoultre ha una storia unica: nasce negli atelier della Vallée de Joux, in Svizzera, ma si anima realmente solo al polso di chi lo indossa e lo fa suo. www.jaeger-lecoultre.com
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Intervista Genius a ing. Paolo Maltese, Direttore UdB Nord-Est Siram S.p.A.
di energie rinnovabili (biomasse, geotermico e fotovoltaico) per assicurare la massima sostenibilità ambientale di ogni impianto, durante tutto il suo ciclo di vita. Infatti, nell’ultimo anno, le attività di Energy management di Siram hanno permesso la riduzione di emissioni di anidride carbonica pari a 85.000 t. eq.
Vi sentite più una realtà italiana o internazionale? In che misura? La componente internazionale si integra con la vostra presenza capillare sul territorio e come impatta sui mercati di riferimento?
Siram, una ESCO con cento anni di storia: come si traduce, in termini di “eccellenza” energetica e di qualità dell’offerta, una Certificazione e un background storico così consistente come il vostro? Cento anni di storia alle spalle e un presente come Esco Energy Service Company - fanno di Siram il primo operatore in Italia nella gestione integrata dei Servizi di efficienza energetica in ambito sanitario, industriale, terziario e residenziale, con un’offerta sempre in linea con le esigenze dei clienti. Da un lato la consolidata esperienza nell’ambito dell’energia è garanzia di soluzioni eccellenti in termini di efficientamento energetico, di sostenibilità e di basso impatto ambientale, dall’altro le Certificazioni assicurano il rispetto assoluto e costante di tutte le normative in materia, a conferma della serietà e professionalità della nostra azienda. Il forte background storico e la consolidata presenza di Siram nel mercato energetico si coniugano con una capacità di prevedere ed interpretare gli scenari futuri per offrire soluzioni sempre tecnologicamente all’avanguardia e innovative. In particolare Siram, in qualità di ESCO certificata secondo la norma UNI CEI 11352, realizza e gestisce progetti di ottimizzazione energetica (cogenerazione e trigenerazione, teleriscaldamento), integrando l’utilizzo
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SIRAM
TRADIZIONE E INNOVAZIONE: UN BINOMIO PERFETTO PER UN’AZIENDA SOLIDA, ALL’AVANGUARDIA E ORIENTATA AL FUTURO
Le radici dell’azienda sono storicamente italiane e la sua presenza così radicata sul nostro territorio ne sono una prova, ma la componente internazionale è molto importante per Siram. E’ proprio la duplice anima globale-locale a dare grande valore alla nostra offerta: da un lato, la forte presenza sul territorio italiano e la vicinanza al cliente, dall’altro essere parte al 100% del Gruppo Veolia, leader mondiale dei servizi all’ambiente, rendono l’offerta di Siram molto competitiva e in linea con le esigenze di un mercato in continua evoluzione. E’ quello che definiamo il respiro “glocal” che, insieme alla costante attenzione per l’innovazione, costituisce uno dei cardini fondamentali del nuovo corso del Gruppo Siram. L’essere parte di un gruppo internazionale ha portato ad un incremento della solidità finanziaria di Siram e delle expertise in molti ambiti aziendali, consentendole di programmare investimenti e piani di acquisizione per essere sempre più competitiva sul mercato. Per quanto riguarda la struttura organizzativa, Siram è suddivisa in una direzione centrale a Milano e quattro unità di business: Nord Ovest, Nord Est, Centro Nord e Centro Sud e due controllate: Simav SpA - azienda specializzata nella progettazione, implementazione e manutenzione di sistemi complessi nei settori Difesa, Aerospazio, Infrastrutture e in settori industriali ad alta complessità - e Semitec Srl società all’avanguardia nel campo dei servizi tecnologici per le telecomunicazioni, partner dei principali operatori del settore. Il Gruppo gestisce circa 1.200 strutture sanitarie; circa 1.900 istituti di formazione e ricerca; 64 stabilimenti industriali; circa 1.200 immobili residenziali e oltre 1.000 siti dedicati al settore terziario. Nei mercati di riferimento riusciamo ad essere flessibili e altamente competitivi perché la nostra continua vicinanza ai clienti ci consente di anticipare le loro esigenze con proposte innovative, sempre più integrate e su misura. Quali sono le prossime sfide che attendono Siram e gli obiettivi per il medio-lungo periodo? Il Gruppo Siram, forte del solido background storico nel settore energetico, è determinato a costruire una nuova pagina di sviluppo italiano nell’ambito della gestione integrata dell’energia e dei servizi tecnologici, facendosi promotore del cambiamento, stimolando, sensibilizzando e promuovendo best practice, nonché processi nuovi, chiari e condivisibili con tutti gli stakeholder. Tutto ciò attraverso relazioni trasparenti con tutti i partner del mercato dell’efficienza energetica, che condividono gli stessi valori etici per creare un “circolo virtuoso” in Italia. Impegnata in significativi tavoli e laboratori di sviluppo, attraverso joint venture e collaborazioni di alto livello, Siram persegue l’innovazione continua e un futuro come HubEsco, con l’obiettivo di incrementare e personalizzare soluzioni che garantiscano eccellenti standard di performance energetica, anche attraverso il ricorso alle fonti rinnovabili. Quali sono i mercati di riferimento? Siram - come ho già accennato - è un Gruppo con una lunga tradizione storica alle spalle ed è il primo operatore in Italia nella gestione integrata dei Servizi Energetici e Tecnologici per i settori: Pubblico (sanità, pubblica amministrazione centrale e locale, istituti d’istruzione) e Privato (residenziale, terziario, industria). La Pubblica Amministrazione è uno dei principali mercati target per Siram, che rappresenta una parte importante del fatturato dell’Azienda (80%). In questo ambito, a livello centrale, Siram annovera clienti quali: Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Interno, Ministero dell’Economia, Ministero della Giustizia, Ministero delle Telecomunicazioni. A livello locale, sono oltre 200 i clienti tra Comuni, Province ed Enti di rilievo nazionale, quali Università e Aziende
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Sanitarie. Tra i molti casi di collaborazione con gli enti pubblici nel territorio Veneto, particolarmente interessanti sono: il progetto di Udine e quello dell’Aeroporto di Venezia. In particolare, la rete di teleriscaldamento di Udine, rappresenta il primo esempio in Italia di sistema di TLR cittadino alimentato dalla Centrale Tecnologica di un Ospedale. Il progetto, nato da un accordo di programma tra l’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Santa Maria della Misericordia di Udine”, l’Università e il Comune di Udine, si pone quale importante passo avanti per la città nel campo della sostenibilità ambientale. Per Siram si configura come una grande esperienza di project financing (investimento pari a 113 M euro), realizzata nel periodo 2010-2013 per la fase costruttiva e che coprirà i prossimi 30 anni per la fase gestionale. Siram oggi si sta concentrando sempre di più sulle concessioni di servizi nell’ambito della PA, con proposte di dimensioni minori, rispetto a quella di Udine, in termini di investimento e di impegni finanziari, ricorrendo il più possibile allo strumento del PPP più snello ed efficace per il mercato Pubblico attuale. Un altro caso di eccellenza “veneta” nel settore Privato è rappresentato dalla centrale di trigenerazione, realizzata da Siram al fine di rendere più efficiente la produzione dei fluidi vettori a servizio di uno dei più grandi aeroporti italiani, il Marco Polo di Venezia, un esempio di grande competitività di Siram nei servizi e nelle opere ad alto contenuto tecnologico nell’ambito della produzione dell’energia.
La presenza capillare sul territorio italiano, di cui parlavo prima, insieme alla strategia di investimento di lungo periodo sono i “punti di forza” di Siram e i tratti distintivi rispetto ai competitor. Siram è presente in oltre cento città italiane con 3mila dipendenti. La nostra esperienza professionale ci ha fatto maturare la convinzione che nel nostro campo d’azione bisogna essere molto vicini al territorio, perché bisogna conoscere bene il cliente e le sue necessità, per meglio costruire una partnership tecnica ed economica. Il numero consistente dei nostri dipendenti ne è la prova e garantisce proprio questo aspetto. Siamo profondamente convinti che nel concepire e sviluppare progetti, soprattutto se complessi, sia fondamentale favorire ed incentivare collaborazioni con partner radicati nel territorio: è una scelta aziendale che si traduce in un modus operandi. Allo stesso tempo, però, oggi è fondamentale avere un grado di innovazione e di progettualità che consenta l’accesso a servizi di qualità globale. Puntiamo molto sull’innovazione non solo a livello tecnologico, ma anche nell’ambito della contrattualistica societaria, attraverso soluzioni di PPP, di project financing e partnership sinergiche e vantaggiose, che permettono di fare investimenti per condividere impegni e generare così risparmi finanziari e ambientali. Grazie al suo know-how e alla solidità finanziaria, Siram è tra le poche realtà del settore capace di finanziare opere pubbliche. Nella UdB Nord Est in cui opero come Direttore, vale la pena dare evidenza ad una serie di iniziative che prevedono più di 20 milioni di investimenti e di opere da realizzare nella Regione del Friuli Venezia Giulia. Con due anni di anticipo rispetto all’avvio dei progetti, abbiamo profuso il nostro massimo impegno per individuare ed analizzare le specifiche necessità del cliente e garantire un’offerta di alto livello su misura. In questi tempi in cui le risorse della PA sono scarse, questa capacità di analisi di dettaglio è un presupposto fondamentale per offrire soluzioni concretamente utili alle amministrazioni locali e rendere la nostra azienda altamente competitiva. Per quanto riguarda il settore Privato, ed in particolare nell’area industriale, intendiamo consolidare la nostra presenza con un’offerta sempre più competitiva e in linea con le esigenze del territorio, grazie al supporto delle Business Unit locali di Siram.
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Quali sono i “punti di forza” dell’offerta di Siram che la differenziano dai competitor? E quali le strategie di sviluppo?
Parlando dei “plus” di Siram, ha accennato alla capacità di finanziare le opere pubbliche, mi può illustrare con quale strumento finanziario oggi state operando? Ritengo che oggi lo strumento del PPP rappresenti un’importante opportunità, ma anche una grande sfida. Richiede infatti un cambiamento culturale, intellettuale, sia per il soggetto privato – che deve ragionare in un’ottica di partnership con il pubblico e non esclusivamente di profitto - sia per il soggetto pubblico, che deve compiere un salto di qualità per allinearsi alle pratiche di partenariato già in uso in Europa e nel resto del mondo da anni, finalmente recepite anche dalla legislazione italiana (compresi gli organi di controllo e ANAC). La parte IV del Nuovo Codice degli Appalti regola i contratti di PPP (oltre 35 articoli che regolano la materia) che rappresentano l’unico strumento a disposizione della PA per poter contare anche sul supporto di capitali dei privati per realizzare opere pubbliche, “propedeutiche” all’erogazione dei servizi. Continuiamo ad approfondire questi temi; pertanto Le chiederei se e come Siram, nell’ambito del PPP, è in grado di creare alleanze e sviluppare progetti e di che dimensione Siram è in grado di avviare iniziative di PPP direttamente, con risorse proprie, e mediante il supporto di partner finanziari. Grazie al know-how di lunga data maturato nei progetti di PF (SPV), infatti Siram individua e propone soluzioni di PPP efficaci sotto il profilo tecnico ed economico ed efficienti sia per i Comuni che le realtà ospedaliere di piccola e grande dimensione. Negli ultimi due anni ci siamo fortemente concentrati sullo strumento di PPP/Concessioni di servizi elaborando una sessantina di proposte, per un valore di circa 200 M euro di investimenti e un volume di affari complessivo che supera gli 800 M euro, a conferma che l’azienda crede fortemente nel Partenariato-Pubblico-Privato. Il principio fondamentale che seguiamo nell’individuare e sviluppare progetti di questo tipo parte dall’ascolto attento delle esigenze del cliente per progettare soluzioni in grado di generare ottimizzazioni energetiche ed economiche, con un adeguato ritorno sull’investimento. Oggi grazie al PPP, che presuppone contratti di lunga durata, è possibile intervenire sugli impianti elettrici, sull’efficientamento delle strutture edilizie e sull’illuminazione pubblica, aree alle quali in passato è stata dedicata poca attenzione, destinata invece ad interventi sugli impianti di produzione termica.
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In un momento di forte crisi della credibilità politica delle istituzioni europee in pochi ricordano quale sia il ruolo dell’Unione, che a lungo ha promosso degli standard di produzione e non solo, che oggi sono alla base del benessere e dello stile di vita dei cittadini degli stati membri. Secondo lei la politica potrebbe/dovrebbe fare di più per ricordare questi risultati raggiunti dall’UE? Indubbiamente la crisi ha “destabilizzato” e creato “incertezze” sia nella Pubblica Amministrazione che negli Operatori Economici, ma non ritengo del tutto corretto dire che la politica dovrebbe fare di più. Dalle esperienze maturate con il PPP si riscontra quasi sempre che sono proprio il governo e le Istituzioni centrali a “spingere” fortemente verso l’utilizzo del PPP per uscire “dall’ingessatura congiunturale” di questo momento storico. La politica spesso vede il PPP come opportunità per il tessuto di imprese del territorio (sviluppo economico) e per la collettività amministrata (migliorare i servizi ai cittadini), ma poi i vincoli del patto di stabilità, finiscono per imbrigliare anche le PA finanziariamente più virtuose, con la conseguenza di contrarre la spesa pubblica per investimenti. La materia è nuova nell’ordinamento italiano e richiede una multidisciplinarità di competenze sia nella fase di preparazione, che in quella di analisi e valutazione delle proposte, un salto di qualità indispensabile sia per il soggetto Pubblico che per quello Privato. Siram ha maturato esperienza e know how non solo con il PPP e il PF, ma anche sul nuovo codice, grazie anche al supporto di consulenti esterni qualificati su specifici argomenti. A mio parere mancano la cultura ed il coraggio necessari ad intraprendere un percorso articolato (non consolidato come l’adesione alle convenzioni CONSIP), che può garantire prospettive migliori, specifiche, durature, nonché a più basso rischio. In Unione Europea la cultura del PPP è già ben radicata, ed ha prodotto risultati quasi sempre positivi, che dovrebbe incentivare l’adozione di questo strumento anche in Italia. Il “Nuovo Codice” rappresenta il primo passo compiuto dalla politica italiana per permettere al nostro Paese di conseguire gli stessi traguardi raggiunti nei Paesi virtuosi dell’UE.
Il primo vantaggio importante per le PA è la possibilità di realizzare opere utili per la collettività - in termini di sicurezza, comfort, riduzione emissioni, risparmi - e di incrementare il valore del proprio patrimonio edilizio senza finanziare gli investimenti. Con questo strumento è il Soggetto Privato che finanzia, impegnandosi a recuperare i capitali unicamente attraverso i benefici che gli investimenti saranno in grado di generare durante il contratto. Ciò che differenzia un PPP da un appalto tradizionale è il trasferimento dei rischi (in particolare quello operativo) dal soggetto pubblico a quello privato. In pratica la PA riconosce un corrispettivo soltanto qualora l’opera realizzata dal Soggetto Privato resti perfettamente disponibile all’uso da parte del Soggetto Pubblico/utenza ed il servizio viene erogato secondo gli standard contrattuali. Il trasferimento dei rischi al Soggetto Privato diventa un forte incentivo ad operare nel modo migliore per raggiungere gli obiettivi prefissati nella strutturazione del PEF della proposta in quanto, in caso di mancato rispetto delle tempistiche, dei costi operativi e del valore degli investimenti, il suo ritorno economico-finanziario si riduce. L’elemento di trasferimento del rischio al soggetto privato, quale operatore economico abituato a gestire i rischi operativi e del proprio business, è la vera innovazione del nuovo codice e ciò comporta vantaggi importantissimi per la PA rispetto alla gestione diretta o tramite appalti ed affidamento della successiva gestione, anche separata. Purtroppo questo elemento non è di semplice quantificazione, ma è un valore economico fondamentale per una corretta valutazione, infatti il nuovo codice impone al soggetto pubblico di valorizzare questo elemento (nel documento di analisi costi-benefici) nella procedura di valutazione della proposta. Tra i numerosi vantaggi del PPP, sottolineerei senz’altro i seguenti: flessibilità e personalizzazione (le proposte possono essere modificate per meglio aderire alle esigenze proprie di ciascuna PA); durata variabile (pari a quanto serve per conseguire l’ammortamento della somma finanziata); maggiore certezza in termine dei costi futuri (in quanto la maggiore parte delle variazioni sono associate ai rischi che vengono trasferiti, in questo caso, al privato) e riduzione della spesa corrente.
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Sempre in relazione a questi temi, Le chiederei quali sono i vantaggi per la PA che ricorre allo strumento del PPP
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Per concludere, un’ultima domanda sull’argomento: oltre a tutte le certificazioni delle quali vi avvalete, tra i vostri capisaldi vi è anche la responsabilità sociale d’impresa e come coniugate questo concetto nell’attività aziendale? Siram è impresa socialmente responsabile. Questo, secondo i canoni dell’Unione europea, significa soddisfare le esigenze del cliente e saper gestire allo stesso tempo le aspettative di altri stakeholder, come ad esempio il personale, i fornitori e la comunità locale con la quale si viene in contatto. Rispetto a questi temi, ciò che ci contraddistingue è la capacità di affiancare alla responsabilità economica anche una responsabilità sociale, creando valori vincenti per l’impresa, per le persone, per il territorio e per l’ambiente. In particolare, essere impresa socialmente responsabile per Siram significa applicare i seguenti principi: sostenibilità (uso consapevole ed efficiente delle risorse ambientali in quanto beni comuni, capacità di valorizzare le risorse umane e contribuire allo sviluppo della comunità locale in cui l’azienda opera, capacità di mantenere uno sviluppo economico dell’impresa nel tempo); volontarietà (andare oltre agli obblighi di legge); trasparenza (ascolto, dialogo, rispetto, comportamento etico); qualità (adozione di processi certificati migliorati nel tempo); integrazione (visione ed azione coordinata di tutte le funzioni sia a livello orizzontale che verticale, per valori ed obiettivi).
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Reverso Tribute Calendar watch Eduardo Novillo Astrada, polo Champion, Winner of the Argentine Triple Crown.
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