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La storia di Alba Valech Capozzi Martina Paties Montagner
La storia di Alba Valech Capozzi
Nota biografica
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Alba Valech Capozzi nasce a Siena il 9 maggio 1916 nella numerosa famiglia di David Mosè Valech, proprietario di un negozio di orologeria, e di Livia Forti. Il 6 novembre 1943 Alba si sposa con Ettore Capozzi nella villetta "il Branchino" ai Cappuccini, sita in periferia di Siena, nella quale visse con il marito e la sua famiglia fino all'arrivo dei militi fascisti che, accompagnati da una SS italiana, avevano il compito di individuare e segregare la popolazione di origine ebraica. L'intera famiglia insieme ad Alba ed Ettore viene scortata nella caserma di Piazza d'Armi a Bologna. Qui il destino di Alba e della famiglia si divide: Alba viene aggregata al gruppo dei misti e successivamente rilasciata in quanto sposata con un ariano, mentre il resto dei famigliari viene fatto partire con il convoglio per Auschwitz il 9 novembre. In seguito Alba ed Ettore rientrano a Siena per poi, dopo un mese, trasferirsi a Milano. In questa città Alba, ancora sconvolta per quanto accaduto, non rinuncia a voler avere notizie della sua famiglia. Un giorno di primavera, mentre Ettore è al lavoro, le SS Italiane irrompono a casa e prelevano con forza Alba. Il 5 aprile 1944 Alba, insieme a molti altri ebrei, viene reclusa a San Vittore e poi successivamente trasferita al campo di concentramento di Fossoli in provincia di Modena. Nel campo Alba ritrova le compagne che avevano condiviso con lei l'esperienza della reclusione a San Vittore("la Trude” - Geltrude Echstein -la Cellini, la Marchesini) e conosce e conoscerà altre donne che le saranno di conforto. Nel luglio 1944 vive i momenti che precedono e seguono la fucilazione del Cibeno; mentre il 1° agosto, prima della solita visita di Ettore, Alba è costretta a partire per Auschwitz. Dopo un tentativo fallito di fuga, si sente tremendamente sola e il freddo, la fame, la febbre e le lacrime, la portano allo stremo delle sue forze. Nonostante le precarie condizioni di salute riesce a superare una selezione e viene trasferita nel campo di Kaufering. Lavora per un periodo a Melders e per una fabbrica di dinamite a Molls. 1° maggio 1945: Alba e qualche altra sopravvissuta, abbandonate dai soldati tedeschi in fuga, assistono all'arrivo degli alleati americani. Emozioni come gioia, rabbia e dolore si mescolano alla speranza di poter rivedere i suoi cari; purtroppo i genitori e i fratelli più piccoli non faranno ritorno. Alba sarà una delle sette donne che per prime racconteranno all'Italia Auschwitz. Dopo la deportazione, Alba ed Ettore si trasferiscono a Genova, e a metà degli anni 40 nasce la figlia Livia. Alba resta sempre legata alla famiglia rimasta a Siena, dove torna frequentemente. Nel 1972 Ettore muore prematuramente e solo la nascita del nipote riuscirà ad alleviare in parte il dolore per la perdita. Si spegnerà a Genova nel 1999.
Nel mio fumetto narro la storia di Alba Valech Capozzi, ebrea italiana sopravvissuta agli orrori dei campi di sterminio ed una delle prime superstiti ad aver raccontato Auschwitz all’Italia.
Ho scelto di iniziare a rappresentare la sua storia partendo da un evento positivo quale il matrimonio con Ettore Capozzi, il grande amore della sua vita, che in quanto ariano la preserverà dal primo arresto.
Successivamente mi sono concentrata sui momenti che precedono il secondo fermo, cercando di raffigurare la disperazione e l’angoscia di Alba che cerca invano di ottenere informazioni sulla sua famiglia deportata. Le tavole centrali sono dedicate all’arresto e ai vari trasferimenti di Alba partendo dal campo di Fossoli.
Ho cercato di trasferire su carta il groviglio di emozioni che la protagonista di questa triste storia ha provato sulla propria pelle: tristezza, delusione, paura, incredulità. Emozioni accompagnate anche da condizioni di vita disumane. Alba come tutti gli altri deportati ha patito il freddo, la fame, la febbre.
Ciò che mi ha colpito di più di Alba è stata la forza che ha avuto nel sopportare tutto ciò che le è capitato e che l’ha portata a lottare per la sopravvivenza fino alla fine.
Il suo è stato un lungo viaggio, che lei stessa ha affrontato continuando ad aggrapparsi alla speranza di poter rivedere e abbracciare un giorno Ettore e la sua famiglia. Per quanto riguarda la scelta dei colori per la realizzazione del lavoro, ho utilizzato prevalentemente il bianco e un tratto minimalista, non solo per non appesantire la storia già di per sé intensa, ma anche per dare voce alla speranza che accompagna Alba fin dall’inizio.
Ho inoltre disegnato molti volti, rendendoli espressivi in modo tale che da soli potessero raccontare e rievocare le situazioni vissute dai protagonisti.
Mi è sempre piaciuto disegnare e questo corso di fumetto credo sia stata un’ ottima opportunità per mettermi in gioco, sperimentare nuove avventure e condividere questa mia passione con i miei compagni e con Giorgio, il quale è sempre stato molto disponibile ad aiutarci e a darci consigli su come rendere al meglio la nostra creazione.