6 minute read
La storia di Annamaria Crasti Mattia Bertolotti e Syria Baini
La storia di Annamaria Crasti
Nota Biografica
Advertisement
Annamaria Crasti nasce il 20 aprile 1941 ad Orsera d’Istria dalla madre Benedetta Quarantotto Crasti (soprannominata “Beneta”, nata ad Orsera nel periodo austriaco il 15 novembre 1914) e dal padre Giovanni Crasti nato a Montona (nel periodo austro-ungarico), il 2 luglio 1913.
Tre anni più tardi nasce ad Orsera sua sorella Franca Crasti, e nel 1947, a Trieste (successivamente all’esodo) nasce il fratello Giuseppe (Pino) Crasti.
Nella sua infanzia hanno avuto rilevante importanza le sue due nonne: quella materna, Francesca Tessaris Quarantotto (soprannominata “La Notaia”), nata ad Orsera nel periodo austro-ungarico il 18 Settembre 1872, e quella paterna, Anna Milos Crasti (soprannominata “La Fattora”), nata a Monghebo il 13 Marzo 1890.
All’età di quasi sei anni inizia la lunga catena di trasferimenti della signora Crasti: eventi che segnano la separazione dalla sua tata Maria Poropat di sedici anni: i primi giorni del mese di marzo dell’anno 1947 sono i giorni della sua prima fuga con la madre verso Trieste; ma solo nei primi di giugno dello stesso anno riparte per tornare ad Orsera. A causa del divieto dei titini di riunirsi con i suoi genitori (che si trovano a Trieste) viene trattenuta nel suo paese.
Qui trascorrerà un anno con le nonne, che le daranno tutto l’affetto di cui lei ha bisogno in questo periodo difficile.
Il 10 Maggio 1962, a soli 49 anni il padre perde la vita in un incidente tra camion. A partire da quel momento saranno anni molto difficili per lei: la gestione dell’azienda di famiglia in cui ha lavorato per molti anni e la responsabilità del nucleo familiare la travolgono a tal punto che deve interrompere gli studi universitari .
È proprio in questo periodo che conosce quello che sarà lo spiraglio di luce in tutto quel buio di sofferenza: il suo futuro marito Claudio Fragiacomo, nato a Trieste il 20 settembre 1940 (ingegnere elettronico), con cui si sposerà il primo Giugno 1968 (a Trieste). Dopo due anni di matrimonio nasce Andrea, il loro primogenito.
I coniugi si trasferiscono a Milano, in via Edolo, dove resteranno fino al 1972. Nello stesso anno infatti partono per raggiungere Francoforte sul Meno (Germania) in cui resteranno per un anno, per poi stanziarsi definitivamente a Segrate nella periferia sud di Milano. Qui nel 1978 nascerà Laura, la secondogenita.
Con il matrimonio con il signor Fragiacomo e con l’arrivo dei due figli, la vita della signora Crasti può definirsi serena e soddisfatta. L’amore per la famiglia e il ricordo della sua cittadina natale sono sempre vivi nel suo animo e nella sua mente, grazie anche alla vecchia casa colonica che compra nel 1996 a Malvicino (Piemonte). Questa grande casa, «la casa che ho più amato
Nel 2015 arriva un nipote speciale, «il figlio tanto voluto di Andrea»: Luca (due anni), adottato dalla Mongolia (Cina). Questo è l’ultimo grande avvenimento nella vita della signora Crasti, descritto così: «la cosa più bella che potevamo desiderare e che ci è, mi è capitata».
Annamaria Crasti è una donna con una storia da raccontare, una storia di esodo, sofferenza, dolore, ma anche di rinascita e cultura, una storia di esperienze che la hanno arricchita e fatto acquisire quella responsabilità nel raccontare il suo passato, quello della sua famiglia e di chi, come lei, ha vissuto anni di fughe continue e l’esodo e quella speranza di mantenerlo vivo a distanza di anni grazie ai ricordi e alle testimonianze che narra nelle scuole.
Qui si confronta con ragazzi molto giovani e inesperti, incantandoli e istruendoli contemporaneamente grazie ai suoi racconti delicati e pieni di amore.
Note degli autori
Dopo aver preso parte alla testimonianza di Annamaria Crasti, esule istriana in seguito alla tragedia delle foibe, io e la mia compagna di classe Syria Baini abbiamo realizzato una graphic novel che potesse rappresentare i momenti salienti della sua esperienza di vita, adottando due metodi di narrazione diversi per la rappresentazione della vicenda. In particolare, io mi sono dedicato al contesto storico di riferimento per la necessità di restituirne una chiara collocazione nella storia contemporanea, riproponendo un excursus filtrato dai ricordi d’infanzia del personaggio. Per questo ho elaborato uno stile più realista, affidandomi parzialmente alle fonti fotografiche fornitemi dalla stessa testimone, e riadattandole in modo conforme al mio stile personale anche attraverso l’uso di software di grafica digitale. Attraverso l’espediente del flashback, sono riuscito a costruire un racconto lineare e cronologico, ripercorrendo le memorie e gli episodi della vita di Annamaria. L’idea che volevo trasmettere, era infatti quella che fosse lei stessa a raccontare la sua storia, per restituire l’esperienza che abbiamo vissuto noi studenti durante l’ascolto.
Nel corso dell’anno con la mia classe ho a assistito a degli incontri con Annamaria Crasti: una donna che nel fiore della sua età ha vissuto in prima persona l’esodo istriano ed indirettamente la tragedia delle foibe. A differenza di Mattia, coautore del graphic novel dedicato alla storia della “Signora Crasti”, che ha proposto una lettura storica del contesto e cronologica, io ho scelto di selezionare episodi che hanno in qualche modo segnato significativamente la famiglia Crasti. Per questo motivo, se Mattia ha utilizzato uno stile più realistico per la sua rappresentazione, io mi sono servita di uno stile espressionistico e minimalista per la descrizione degli ambienti, in quanto non avevano a parer mio un’importanza fondamentale. I momenti che ho scelto di tratteggiare non seguono un ordine cronologico e vengono introdotti da una tavola iniziale che raffigura una radio nell’atto di divulgare il notiziario. La radio è lo strumento di informazione e di propaganda per eccellenza della guerra, lo strumento grazie al quale Annamaria, come chiunque ne fosse proprietario, aveva la possibilità di informarsi sugli eventi in corso. La mia storia inizia così, attraverso le notizie che arrivano e che entrano nelle famiglie. In contrasto o parallelismo, ho scelto di chiudere il mio lavoro con la rappresentazione di Fertilia, il paesino Sardo in cui la nuova comunità istriana riuscì a trovare pace una volta finito l’inferno dell’esodo. Qui, l’annuncio, per telefono, del Don del paese, che invita appunto i suoi concittadini a trasferirsi con lui. Ultimo riquadro, il Va’ Pensiero di Verdi, l’unione delle voci di chi durante la guerra erano state offeso, spezzato, sradicato dal suo contesto. Le tavole di mezzo potrebbero essere disposte in qualsiasi ordine, infatti ognuna narra una episodio o uno stato d’animo che almeno una volta nella vita una qualsiasi vittima della guerra ha provato. Troviamo tre principali tipologie di vittime: il soldato, l’infoibato, la donna, i bambini, e poi i parenti, le madri, i figli, le mogli, i mariti, o anche solo amici, come nel caso della tata della signora Crasti. La scelta di non realizzare dialoghi, se non nell’ultima tavola, è voluta. Queste voci sono sì tratte da esperienze vissute da Annamaria, ma potrebbero essere estese universalmente, e inoltre, credo che il monologo o flusso di coscienza sia l’espediente più efficace per esprimere i pensieri più intimi di una vittima della guerra. I tratti grossolani e spessi, quasi come se le figure non fossero definite, come se i disegni fossero ancora bozzetti, enfatizzano ancora di più questo aspetto dilaniante. La scelta di realizzare questa storia è stata del tutto istintiva: in un primo momento ho creduto fosse la solita testimonianza fredda e distaccata, tipica di chi ha sofferto tanto nella vita; poi però, quando ho letto l’amore e la gratitudine negli occhi della signora Crasti, non ho potuto fare a meno di dar voce ad una donna tanto coraggiosa e ammirevole, e attraverso la sua storia, a tutte quelle persone che, come lei, hanno vissuto un tale dramma senza aver avuto la possibilità di raccontarlo qui ed oggi.