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La storia di Giuliana Tedeschi Sara Ibrahim

La storia di Giuliana Tedeschi

Nota biografica

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Giuliana Fiorentino nasce a Milano il 9 aprile 1914.

Passa gran parte dell’infanzia e dell’adolescenza a Napoli, dove la famiglia si trasferisce a causa del lavoro del padre. Torna, poi, a Milano, dove nel 1936 si laurea all’Università di Milano in Glottologia, ricevendo a seguito di un concorso la possibilità di insegnare alle medie superiori. Le leggi razziali fasciste emanate nel 1938, però, le impediscono di far carriera come professoressa.

Nel 1939 si sposa con l’architetto Giorgio Tedeschi e dal matrimonio nascono due bambine: la prima nel 1940 e la seconda nel 1942. Un anno dopo la nascita della seconda figlia, la famiglia Tedeschi si trasferisce a Torino, città d’origine di Giorgio, e l’8 marzo dello stesso anno, Giuliana viene arrestata con il marito dalle SS ed imprigionata nelle carceri Nuove di Torino. Le bambine vengono, invece, messe in salvo dalla fidata domestica, Annetta Barale.

I coniugi Tedeschi rimangono rinchiusi in carcere sino alla fine di marzo, quando vengono trasferiti con un treno passeggeri al campo di concentramento di Fossoli di Carpi. Qui vengono,poi, raggiunti dalla suocera Eleonora Levi, arrestata pochi giorni dopo di loro.

Il 5 aprile 1943, Giuliana viene portata, con il marito e la suocera, alla stazione di Carpi e caricata su un vagone piombato di un treno che raggiunge la stazione di Auschwitz il 10 aprile 1943. Giuliana viene fatta scendere dal vagone ed incolonnata per la selezione: viene separata dal marito e dalla suocera, che viene sin da subito selezionata per le camere a gas. Giuliana è poi condotta a piedi all’interno del campo di Birkenau dove le vengono tagliati i capelli e segnata la pelle con il numero di matricola 74847. Viene trasferita nel campo di lavoro ed impiegata nel recupero delle parti riciclabili delle scarpe logore scartate dagli internati.

Nel gennaio 1945 il campo viene evacuato e i detenuti costretti a marciare sino al campo di Ravensbruck. Giorgio perde la vita durante la marcia. Arrivata a Ravensbruck, Giuliana viene trasferita al sottocampo di Malchow.

Viene liberata da russi e francesi durante la marcia di evacuazione da quest’ultimo lager e, il 5 settembre 1945, arriva finalmente a Milano, dove si ricongiunge con le figlie. Tornata a Torino, Giuliana trova impiego come docente al liceo classico e inizia un’intensa attività di testimonianza e di memoria della deportazione e della persecuzione nazifascista.

Muore il 28 giugno 2010, all’età di 96 anni, nella sua casa di campagna.

Nel mio fumetto ho raccontato l’esperienza vissuta da Giuliana Tedeschi all’interno dei campi di sterminio Della sua vita mi ha colpito principalmente vedere come, effettivamente, i campi abbiano distrutto intere famiglie: Giuliana è stata arrestata assieme al marito, costretta a far scappare le figlie pur di proteggerle, ad allontanarle dai propri genitori affidandole alla domestica nella speranza che trovassero rifugio sicuro, lontano dagli orrori delle persecuzioni naziste. È stata deportata, separata dal marito, e una volta incontrata la suocera nello stesso campo, è stata separata anche da quest’ultima, in quanto le SS selezionarono la signora per la camera a gas.

Nei campi giunsero anche i cugini di Giuliana, Vittorio e Natalia Tedeschi, ma vennero subito separati anche loro. Natalia e Giuliana finirono in campi separati, sole. Di Vittorio invece non si sa molto, se non che perse la vita all’interno di un campo. Durante una marcia di evacuazione perse la vita anche il marito di Giuliana. Io personalmente credo che la famiglia sia l’appiglio più grande, l’ancora di salvezza a cui si affidano tutti. É per questo motivo che ho voluto concentrarmi, nella narrazione, principalmente sulle vicende della suocera e del marito, e non su quelle dei cugini, per sviluppare maggiormente il rapporto affettivo del nucleo familiare.

Ho voluto mostrare i momenti più dolorosi della sua storia: l’allontanamento delle figlie, (probabilmente una delle scelte più dolorose per una madre); il trasferimento, una volta arrivata ad Auschwitz, della suocera nelle camere a gas; e la morte del marito durante la marcia di evacuazione dal campo. Tutti i momenti che immortalano la distruzione graduale di una famiglia.

Proprio perché parlo di una distruzione, di qualcosa a parer mio lacerante, ho voluto utilizzare per lo più il nero, facendo interi sfondi scuri per evocare l’orrore della deportazione.

Mi sono concentrata più sulle persone che sugli sfondi, scarnificandoli e descrivendoli con uno stile minimalista. Ho disegnato molti volti cercando di renderli il più espressivi possibile, per restituire l’oppressione e l’angoscia provate dai protagonisti.

Ho usato, oltre alla china, la matita, lasciandola sotto in alcune scene per rendere meglio la grafica, spesso sfumandola per rendere delle ombre. Ho scelto di non utilizzare nessun colore oltre al nero della china, il grigio della matita e il bianco del foglio, per una mia scelta stilistica.

Ringrazio Giorgio che mi ha guidato e mi ha assecondato nelle scelte formali, permettendomi in piena libertà di esprimere il mio stile e la mia chiave di lettura per quanto riguarda la storia di Giuliana, che spero risulti interessante ai lettori.

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