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Assunta Legnante – Io proprio io vi racconto Rio

Io proprio io, vi racconto Rio Assunta LEGNANTE

Frattamaggiore (Na) il 14/05/1978 Atletica Leggera – Lanci

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Atene 2004 – Qualificata, ma non ammessa (Giochi Olimpici) Pechino 2008 – 19° classificata Getto del Peso (Giochi Olimpici) Londra 2012 – 8° classificata nel Lancio del Disco Londra 2012 – Oro nel Getto del Peso Rio de Janeiro 2016 – Oro nel Getto del Peso Rio de Janeiro 2016 – 4° classificata nel Lancio del Disco

Ho spento il dolore, acceso la testa… e dopo Londra è arrivato un altro Oro!

di Assunta Legnante

Potrei definirla così: dalla sofferenza alla gioia. Irrefrenabile. La mia seconda Paralimpiade, quella di Rio de Janeiro, non cominciò con grandi proclami a causa dei problemi fisici che mi portavo dietro ormai da più di un anno. Un intervento alla colonna vertebrale per un'ernia del disco mi procurava dolori lancinanti che mi hanno accompagnata per tutta la preparazione. A dire il vero, anche dopo l'intervento non ero proprio nelle migliori condizioni da potermi aspettare di raggiungere grandi misure, indispensabili per centrare l’obiettivo di andare a medaglia, possibilmente la più pregiata. All'arrivo in Brasile ero consapevole di non essere l'atleta di quattro anni prima, se poi ai quattro anni in più aggiungiamo quegli acciacchi che non mi avevano permesso di allenarmi come avrei dovuto e voluto, la mia avventura carioca si prospettava abbastanza indecifrabile, nonostante potessi vantare la migliore misura dell'anno, nel getto del peso. Il Brasile e i suoi abitanti ci hanno accolto come nella loro natura, nonostante le tensioni politiche del momento, con tanta allegria. La vita nel Villaggio Olimpico scorreva in modo tranquillo, consapevoli che eravamo ad un evento internazionale e che per molti sarebbe stata un’occasione irripetibile. Eravamo lì, tutti, sapendo bene di aver lavorato duramente per quattro lunghi anni, proprio per presentarci ai Giochi nelle migliori condizioni. Gli allenamenti prima delle mie due gare non sono stati tantissimi; lavoro di rifinitura perlopiù, ma rifinitura di poco lavoro, purtroppo, avendo - come già detto - saltato molti allenamenti per il problema alla schiena. Solo qualche seduta in

palestra, un paio di volte tecnica di disco e tecnica del peso. Nonostante l’impegno, sempre massimo, le misure negli allenamenti di lanci non mi lasciavano sperare in grandissimi risultati. La prima gara in cui dovevo cimentarmi era il lancio del disco, non di sicuro la mia specialità di punta. Ciò nonostante, avrei voluto difendermi nel migliore dei modi, nonostante i dolori alla schiena continuassero fino all'ultimo lancio, ho sfiorato il podio. E solo al sesto tentativo l'atleta di casa, la brasiliana Izabela Ocampos, mi ha fatto scivolare al quarto posto. Un po’ delusa dall’aver accarezzato l’idea del podio e un po’ affranta perché i dolori continuavano ad assillarmi, volevo ad ogni costo andare incontro con fiducia alla gara nella mia specialità, il getto del peso, dove per misure raggiunte, titoli conquistati ed esperienza maturata ero l’atleta da battere. Per la verità quell'anno nel getto del peso non ero andata oltre i 15 metri, ma nonostante le mie misure fossero anche peggiori negli allenamenti, avevo la convinzione che ripetermi su quei livelli mi potesse bastare per arrivare alla medaglia d'oro, non avendo nella lista delle atlete iscritte grandi rivali, capaci di fare meglio.

Il giorno della gara lo ricordo perfettamente, sveglia all'alba, colazione nella mensa con tutti gli atleti, spostamento allo stadio per la competizione. Accompagnata dalla mia guida, Nadia Checchini, dal fisioterapista e stavolta anche dal medico, visto che poco prima di entrare in “call room” ho dovuto fare un'iniezione di antidolorifico perché la mia schiena quella mattina aveva deciso di non darmi respiro! Timore? Paura? Macché. Si comincia, puntando dritto all’obiettivo, anche se pure nei lanci di riscaldamento la schiena non mi dà tregua. Arriva il primo lancio di gara anche per me, che sono una delle ultime a dover entrare in pedana. Prima hanno lanciato cinesi, una messicana, una ucraina e l’uzbeca; proprio lei, la ragazza dell’Uzbekistan, atleta ipovedente che come accaduto a me in passato era stata un’atleta normodotata, brava a raggiungere ottime misure sopra i 17 metri, prima che una malattia la costringesse a gareggiare nel mondo paralimpico. Ricordo che il suo primo lancio fu di 14.60. A quel punto, la mia guida mi si avvicinò prima che toccasse a me e mi disse: “Ricordati che non basterà lanciare a 14 metri come pensavamo, dovrai tirare più lontano. Non ti basteranno le misure che facevi in allenamento… Servirà di più!”. La schiena faceva ancora male, tanto male. Adesso toccava a me, entrai in pedana con tanti dubbi, al punto che il primo lancio lo feci da ferma, senza completare il movimento, senza la traslocazione. Sapevo di dover tirare fuori quello che il dolore aveva nascosto fino a quel momento; carico le gambe, il peso parte e mi esce un urlo di liberazione: il primo lancio è a 15,30 e mi chiedo: basterà? Seppi alla fine che quella misura sarebbe bastata, ma Safiya Burkanova, la ragazza uzbeka mi diede molto filo da torcere fino ad arrivare a lanciare m. 15,05. Fu in quel momento che decisi di provare a lanciare con la tecnica completa. Cosa feci? Spensi il corpo, spensi il tasto del dolore, accesi quello della testa e della voglia di arrivare a quell'oro tanto desiderato, come a Londra quattro anni prima! Andò tutto bene, con una serie di lanci molto buona considerate le difficoltà fisiche. L’ultimo lancio, quello della vittoria e della consacrazione fu indimenticabile. Il 15,74 non so proprio come riuscii a farlo. Mi aveva portato alla medaglia più sofferta, ma anche più desiderata della mia carriera. Ancora oggi, a distanza di cinque anni da quel 14 settembre, ripensando alla gara non so davvero come sia riuscita a sopportare quel dolore e a poter raggiungere quelle misure.

Si dice che sia difficile vincere ma che riconfermarsi lo è ancora di più: io c’ero riuscita, avevo coronato un altro sogno. E dopo cinque anni sono ancora qui… Nonostante tutto, nonostante quello che mi è successo ad ottobre 2020 quando, tanto per non farmi mancare nulla, dopo il posticipo di Olimpiadi e Paralimpiadi al luglio 2021, in allenamento mi sono rotta il tendine d'Achille del piede sinistro… Un’altra tegola. Mollare? Macché. Non è roba per me. Da qualche tempo sto ricominciando ad allenarmi normalmente… e costi quel che costi io sarò a Tokyo in coda all’estate per difendere ancora il mio titolo nel getto del peso. Anzi, stavolta voglio spingermi ancora più in là: provare a fare il “triplete” nel getto del peso (l’ho promesso anche in un mio incontro, da interista, allo juventino John Elkann) e la doppietta: cioè stringermi al collo anche l’oro nel lancio del disco, dopo aver vinto il titolo mondiale di questa specialità nel 2019, a Dubai. Da allora provo un nuovo amore e stimoli nuovi anche per questa specialità. E’ chiedere troppo? Forse, ma non ho alcuna voglia di smettere di sognare…

Giochi Olimpici Invernali PyeongChang 2018

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