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L’eccezione e la regola
Tanti Comuni scelgono di contenere il gioco attraverso veti e limiti imposti dall’alto: ma altri preferiscono la via del confronto con gli esercenti e della condivisione d’intenti. Ecco qualche esempio virtuoso.
ANNA COLOMBO Inquesti anni di cronaca praticamente quotidiana dell’evoluzione delle normative locali sul gioco abbiamo, purtroppo, documentato un incremento progressivo delle restrizioni a questo tipo di attività. A colpi, oltre che di leggi regionali, anche di ordinanze sindacali e regolamenti comunali. Fino a generare quello che ormai è universalmente noto come l’effetto espulsivo dai territori di un settore che è per definizione “legale”. Di Stato. E pubblico. Ma, nella selva delle amministrazioni che l’hanno progressivamente ristretto, se non cancellato, a suon di distanziometri e limiti orari, ne emerge qualcuna che ha scelto un’altra via. Quella del confronto, del dialogo con gli operatori del comparto, dando luogo sì a delle norme, ma condivise. Con l’obiettivo di contemperare tutela della salute e del lavoro. Dei precedenti che fanno sperare che non tutto sia perduto e che possono essere “d’ispirazione” per chi ancora non ha legiferato sul tema ma, magari, ha intenzione di farlo senza cedere alle lusinghe del proibizionismo. O di qualcosa che gli somiglia molto.
L’azzardo di Novara
Cominciamo dal Piemonte, al centro dei riflettori in queste settimane per il travagliato iter della modifica della legge sul gioco del 2016. Con il ritiro della Pdl del leghista Claudio Leone – che si proponeva di eliminare la retroattività della normativa vigente – per l’impossibilità di trattarla,v isti i 65mila emendamenti presentati dalla minoranza, e la decisione della Giunta di elaborare un Ddl. Prima di questo imprevisto colpo di scena, fra le voci dei tanti Comuni che si opponevano al ritocco delle norme in essere, si è levata quella contraria dei consiglieri comunali di Novara, che hanno bocciato in massa la mozione dei colleghi d’opposizione del Movimento 5 Stelle e del Partito democratico atta a mantenere il distanziometro regionale. Per non penalizzare ulteriormente le aziende del gioco legale, e, come spiegato dalla capogruppo della Lega Anna Colombo, perché “il contrasto al gioco d’azzardo va fatto in forma educativa e di prevenzione sociale”. È lei stessa a chiarire “come”. L’idea “sarebbe di cominciare a fare dei corsi informativi ai ragazzi, almeno nelle scuole superiori, visto che a quell’età possono esperire il gioco, hanno qualche soldo in tasca, e quindi sarebbe utile dargli una prospettiva di quello che può succedere quando il gioco diventa una malattia. Un’altra ipotesi da valutare è quella di segnalare i giocatori patologici e di organizzare una serie di incontri anche con gli adulti. Credo che prevenire sia meglio che curare, per il gioco come per il resto. Le distanze e gli orari non servono più di tanto, e, spesso, dove non c’è l’occasione di praticare il gioco legale ci si rivolge a quello illegale. A tal proposito, servirebbe un’a-
di Francesca Mancosu
nalisi più attenta, considerando i risvolti sociali, sanitari, psicologici, economici, nonché il pericolo della perdita dei posti di lavoro del comparto. Penso che ci voglia una legge quadro nazionale, affinché non ci sia l’anarchia in materia, ma è chiaro che un Comune, ente che conosce certe realtà direttamente, debba poter intervenire in qualche modo, ascoltando le esigenze espresse dal territorio”.
Civitanova Marche, il gioco “sano” innanzitutto
Passiamo quindi nelle Marche, e precisamente a Civitanova Marche (Mc), dove a prendere la parola è Monia Rossi, consigliera comunale con delega specifica del sindaco al gioco, nonché presidente della commissione Attività produttive e membro del tavolo Anci Marche sulle problematiche del gioco pubblico. “Stiamo lavorando sul regolamento in materia, dopo le numerose interlocuzioni avute con le associazioni rappresentative del settore. Il punto forte è sicuramente il focus sulla formazione: cerchiamo di ‘fare cultura’ sull’aspetto socio sanitario del Gap, e verranno organizzati dei corsi per sensibilizzare le persone ad un gioco più sano. Inoltre, abbiamo raggiunto una sorta di intesa fra le parti per la vigilanza, il controllo e il monitoraggio, in collaborazione con Sert, operatori socio sanitari, associazioni locali, e intendiamo creare un tavolo operativo con le varie forze dell’ordine, Agenzia delle dogane e dei monopoli e altri Comuni, sia per il contrasto al Gap che per la tutela della legalità”. Rossi quindi rimarca che gli operatori del gioco si sono detti “molto d’accordo su quello che stiamo facendo, poiché abbiamo tenuto conto di quello che ci hanno mostrato, delle criticità e delle soluzioni che hanno proposto per limitare il Gap. A cominciare dal controllo e dalla tutela della legalità”. Il tutto dimostra quanto sia importante il confronto con gli esercenti per redigere delle norme “giuste” e condivise. “Direi fondamentale, ma purtroppo a volte la politica non conosce la realtà del settore, e non conoscendola agisce sul sintomo e non sulla causa. Bisogna invece cercare di mettere insieme tutti i protagonisti per arrivare ad un regolamento che contemperi le esigenze di controllo, di tutela del lavoro e della salute, di monitoraggio. Per preparare il nostro testo abbiamo lavorato quasi un anno e mezzo per acquisire informazioni da tutte le parti in causa, e indagare tutte le problematiche portate alla luce. Ora stiamo cercando di trovare un compromesso sugli orari, probabilmente anticipando la chiusura delle attività rispetto a quanto previsto originariamente. Fra un paio di mesi il regolamento dovrebbe essere pronto”. La consigliera quindi si sofferma sulla stretta attualità e il lockdown del gioco per contenere il Covid, evidenziando come il “fatto di vietare alle persone di andare fisicamente nelle strutture incentivi l’online, che è meno controllabile. Non dico che sia sbagliato, ma potrei registrarmi con tre codici fiscali diversi e giocare con tre account differenti, volendo; quindi sono convinta che la fisicità del gioco sia più sicura, e che dia maggiori possibilità di identificare i giocatori patologici”. A proposito di attualità, ne approfittiamo per chiederle un parere in merito alla legge delle Marche, che, se non modificata, dal mese di dicembre vedrà l’applicazione del distanziometro anche per le location di gioco già in essere. “Credo sia giustissimo ascoltare le richieste degli operatori, e operiamo a stretto contatto per tentare di parlare con la Regione, eliminare la retroattività delle norme ed uniformare gli orari degli esercizi sul territorio”.
Latina, salute e lavoro in equilibrio
Arriviamo quindi nel Lazio, altra regione “sotto attenzione”, sempre per un distanziometro retroattivo, che in questo caso dovrebbe scattare alla fine di agosto. La città “virtuosa” in questo caso è Latina, dove abbiamo interpellato Marco Capuccio, presidente della commissione Attività produttive, ed Emanuele Di Russo, presidente della commissione Welfare. Sotto la lente c’è la modifica del regolamento per il contrasto al Gap, emanato nel 2017, che prevedeva anche il varo di un’ordinanza sindacale sugli orari, mai arrivato. “Nel 2020 – racconta Capuccio - sull’onda di una sentenza del Consiglio di Stato una consigliera del Partito democratico presentò una mozione per limitare gli orari del gioco, approvata, ma, successivamente - poiché lo scenario nel Lazio è cambiato con la nuova normativa regionale retroattiva, senza dimenticare gli effetti della pandemia sul settore - abbiamo avviato un percorso in commissione. Abbiamo convocato i rappresentanti dell’Asl, delle associazioni dei consumatori e degli esercenti, il presidente dell’Osservatorio regionale sul Gap Maurizio Fiasco, e Domenico Faggiani, responsabile del Coordinamento Anci sulle problematiche del gioco, per avere un quadro a 360 gradi. Da questo confronto, oltre ad emergere con forza le esigenze di chi sta subendo la crisi economico-pandemica, è nata la decisione di fare un ulteriore passaggio per raccogliere i dati dall’Asl, e coinvolgere tutti gli attori di questa situazione, nell’ottica di fare davvero prevenzione, formazione e informazione. Abbiamo raccolto ulteriori elementi e dal focus iniziale, puntato sugli apparecchi da gioco, ci siamo trovati di fronte ad un mondo composito: gratta e vinci, lotterie, il legale e l’illegale, il fisico e l’online. Per questo pensiamo che concentrarsi solo sugli orari sia riduttivo. Come Comune però abbiamo un margine di intervento limitato, per noi è difficile andare a colpire certi tipi di gioco. Però, la complessità di cui ci siamo resi conto ci ha fatto spostare l’attenzione sulla prevenzione, con un lavoro più articolato. Con il coinvolgimento degli esercenti che, dal canto loro, si sono detti disponibili a collaborare anche in merito alla questione della compulsività. A tal proposito, ero convinto che l’interruzione degli orari di gioco potesse avere un qualche effetto, ma la questione è tutta da valutare, ad esempio con un maggiore approfon- >
MONIA ROSSI
MARCO CAPUCCIO
FABIO MACHEDA dimento dei dati forniti dall’applicativo Smart. Di pari passo, abbiamo ascoltato tutti, anche al di fuori delle commissioni, e siamo pronti a farlo ancora. Ora dobbiamo riprendere in mano il lavoro, e capire come portarlo avanti”. Di Russo invece ricorda “l’invito ricevuto dal Moica – Movimento italiano casalinghe a far collaborare le associazioni che si occupano di contrasto all’usura, obiettivo del progetto ‘Io Riesco’, finanziato dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali, rete integrata e socio-sanitaria per il contrasto e l’opportunità di uscita dal gioco patologico. Vorremmo invitare anche gli operatori del gioco a farne parte, per una maggiore informazione e sensibilizzazione. Nel percorso fatto fino a qua ad essere condivisa è stata proprio la parte sulla prevenzione, con l’attivazione di tutte le risorse sul territorio per costruire delle maglie di protezione per chi mostra particolari fragilità”. Prima di approdare al nuovo regolamento, servirà un nuovo passaggio con l’Asl e bisognerà impostare il percorso sulla formazione, mentre, sui limiti orari “è in corso una riflessione che potrebbe essere indipendente dal discorso regionale. Di fondo, vorremmo tentare di salvaguardare gli spazi di socialità familiari, quindi bloccare il funzionamento degli apparecchi negli orari del pranzo e della cena, o almeno partire con uno solo di questi limiti, tenendo conto degli effetti della pandemia”, sottolineano i due presidenti di commissione. Quanto al distanziometro, “a suo tempo è stato inserito nel regolamento comunale, sulla scorta di quanto fatto da altri Comuni, con l’idea che potesse essere utile. Ma ora, soprattutto alla luce della pandemia, lo scenario è cambiato; molti giocatori si sono spostati sull’online, e le esperienze di altri Comuni e Regioni hanno dimostrato che più si marginalizzano i luoghi di gioco è peggio è per i giocatori, quindi credo che sarebbe opportuna una rivalutazione dell’effettiva efficacia del distanziometro”, afferma Capuccio. Per Di Russo, “è necessario trovare la giusta via di mezzo: ridurre le opportunità di gioco, specie per chi ha delle ‘fragilità’, ma creare dei ‘ghetti’ distanti da tutto e da tutti diventa controproducente”. Alassio, uno sportello anti-Gap finanziato dagli esercenti
Sul fronte dei regolamenti comunali “progressisti” a fare scuola è quello varato nel 2020 da Alassio (Sv), sotto la Giunta Melgrati, con la creazione di uno sportello d’ascolto e d’accoglienza per i giocatori patologici e le loro famiglie sovvenzionato dalle attività di gioco del territorio. A raccontarne i meccanismi è l’assessore al Commercio, Fabio Macheda. “Quando ho convocato gli esercenti, avevo intenzione di introdurre dei limiti orari, con uno stop agli apparecchi di sei ore, quindi di chiedergli quali orari preferissero. Ma, dopo averli incontrati, ho capito che c’era un’alternativa per fare una prevenzione del Gap davvero efficace”, esordisce. “Ascoltandoli, mi sono reso conto di quanto spegnere le famigerate macchinette fosse ormai diventata una sorta di ‘caccia alle streghe’: certo, alcune persone si rovinano al gioco, ma la possibilità di indulgere in abusi vale anche per l’alcol e il fumo, del resto. Allora ho proposto di stipulare una convenzione (con l’associazione As.tro e Fit) che ‘esenta’ dal distanziometro (come da legge regionale) e dai limiti orari (con il fermo dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19 di tutti i giorni) chi aderisce al ‘contributo contrasto ludopatia’, una tassa volontaria i cui proventi verranno destinati al finanziamento di uno sportello di ascolto, diretto da uno psicologo specializzato, grazie alla collaborazione con i medici di medicina generale del Centro Alassio salute, per un costo totale di 15mila euro l’anno. Purtroppo il progetto non è ancora partito, a causa del lockdown del settore, ma verrà realizzato non appena potrà riaprire”. Il modello elaborato per il contrasto al gioco compulsivo prevede anche corsi di formazione per gli addetti del settore gioco, per prepararli ad individuare e ad approcciare i giocatori patologici o molesti. “Credo che questa sia l’unica maniera per incidere davvero. Io non devo limitare o impedire il gioco, ma la possibilità che un giocatore si ammali o peggiori. Ne sono convinto: il proibizionismo non ha mai pagato”.
DOMENICO FAGGIANI Faggiani (Anci): "Priorità al riordino"
A fornire uno sguardo d’insieme sui Comuni che si sono occupati, e si stanno occupando, delle tematiche connesse al gioco con vincita in denaro interviene Domenico Faggiani, responsabile del Coordinamento dell’Anci – Associazione nazionale comuni italiani sulle problematiche del gioco pubblico. “In molti casi gli amministratori comunali hanno scelto la strada del confronto non solo con le altre istituzioni, ma anche con le parti sociali e, più in generale, con le varie articolazioni della società presenti sul territorio. Non tutte le questioni che si pongono, però, possono trovare soluzioni a livello del singolo ente locale”, sottolinea. “Tanto è vero che, in qualche caso, ci si è accorti che i provvedimenti adottati non solo non erano efficaci, ma addirittura erano controproducenti. Per questo, come ho avuto modo di dire in altre occasioni, occorre pervenire quanto prima, a livello nazionale, ad un riordino di tutta la materia. Serve un codice del gioco, attraverso il quale provvedere a riordinare, ridurre e riqualificare tutta l’offerta di gioco pubblico. Una normativa che consenta, innanzi tutto, di affrontare adeguatamente il problema della prevenzione del disturbo da gioco d’azzardo ed il contrasto al gioco dei minori. Occorre un più incisivo contrasto all’illegalità ed un aumento delle sanzioni, così da recuperare risorse da destinare, in parte, al fondo nazionale Gap, in parte direttamente ai Comuni perché possano svolgere appieno il ruolo a tutela del cittadino, e quindi anche della sua salute. Ma i Comuni, attraverso le polizie locali, possono dare un importante contributo anche nel contrasto all’illegalità. Quindi la cosa da mettere subito in cantiere è la legge di riordino della materia, un percorso da condividere con le Regioni ed i Comuni, e da portare a termine entro l’anno. Ciò anche al fine di poter poi avviare i bandi per il rinnovo delle concessioni”.
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Il gioco pubblico e l’effetto farfalla
PH. MICHAL MROZEK, UNSPLASH
Il lockdown senza fine rischia di compromettere l’operatività di quasi la metà delle imprese del settore, con forti ripercussioni sull’occupazione ma anche sulla legalità. L’analisi di Luiss, Cgia Mestre e Istituto Tolomeo.
Riaperture (o almeno una data certa a cui guardare), sostegni economici - concreti e diretti – e riforme. Sono le richieste che le associazioni rappresentative del gioco, ormai da tanti, troppi mesi, continuano a porre al Governo, per scongiurare il collasso del settore, ormai prossimo a tagliare il “traguardo” dei 300 giorni di chiusura fra il 2020 e il 2021. In attesa di infrangere questo record, il comparto continua a contare i danni causati dal lockdown per il contenimento del Covid. E a resistere. Con una forte risposta da parte del comparto, capace, nonostante tutto, di reggere l’impatto combinato di virus e chiusure, grazie alla solidità delle sue aziende e non solo per via dell’inevitabile crescita del segmento online (dove peraltro l’occupazione è destinata ad aumentare), dando prova di grande consistenza, più che di sola resilienza. Fronteggiando una sorta di “effetto farfalla”, potremmo dire, richiamando un concetto fisico-matematico, derivato dalla teoria del caso, secondo il quale delle piccole azioni possono contribuire a generare grandi cambiamenti. Nel caso del gioco (dove il “caos”, di certo non manca), dunque, la variazione delle condizioni del sistema provocata dalla pandemia potrebbe portare a grandi conseguenze, come la perdita di posti di lavoro e la diffusione dell’illegalità. Una situazione grave e seria, come certificato anche dall’Istat, che, nel “Rapporto sulla competitività dei settori produttivi” pubblicato di recente, vede il 53 percento delle attività connesse a lotterie e scommesse “a rischio operativo” e quasi la metà con una tenuta strutturale in bilico. Però, indubbiamente, non c’è più tempo da perdere, come dimostrano i contributi di Luiss, Cgia Mestre e Istituto Tolomeo Studi e ricerche, protagonisti del nostro speciale. LUISS E IPSOS FOTOGRAFANO LA FILIERA DEL GIOCO Il tema è al centro di una ricerca appena avviata dalla Luiss Business School e da Ipsos, società multinazionale di consulenza e ricerche di mercato, che analizzeranno congiuntamente le evoluzioni del mondo del gioco legale (nell’ambito dell’osservatorio sui mercati regolati), con l’obiettivo di fornire supporto scientifico ai decisori pubblici, all’Agenzia delle dogane e dei monopoli, alle società concessionarie, agli operatori della filiera, agli stakeholder della società civile. A raccontarne modalità e finalità è Raffaele Oriani, docente di finanza aziendale alla Libera università internazionale degli studi sociali “Guido Carli” e componente del comitato scientifico dell’Osservatorio sul mercato regolato. “Questo progetto ha due principali obiettivi: il primo è quello di fornire una fotografia completa ed allargata della filiera del gioco regolamentato, spiegando come questo non sia limitato al solo mondo dei concessionari ma si basi su una filiera molto più lunga, fra fornitori di tecnologia e di servizi ai distributori, con un indotto molto più significativo in termini dimensionali rispetto al solo mondo del concessionari, sia in termini di fatturati che di occupazione”, sottolinea. “Ad oggi non esistono studi che affrontano il tema del gioco regolamentato con un approccio di filiera. Il secondo obiettivo è andare ad analizzare la relazione fra il gioco legale e illegale, con lo scopo di capire come effettivamente una riduzione del primo, che c’è stata con il lockdown, possa essere stata associata ad un aumento del ricorso ai canali illeciti. Noi stiamo lavorando attraverso un’indagine campionaria realizzata da Ipsos e attraverso indicatori oggettivi per la costruzione di un modello econometrico (atto a verificare la
di Francesca Mancosu
validità di ipotesi in fatto di politica economica, Ndr) che ci consenta di stimare la relazione fra i due poli del gioco. I risultati verranno resi noti in due fasi: ci sarà un momento intermedio verso la metà di maggio, in cui presenteremo il primo report sulla filiera e quindi realizzeremo il nostro primo obiettivo; poi un secondo momento a luglio, con la pubblicazione dei risultati dello studio sulla relazione fra legale e illegale. I dati sono di diverso tipo: la collaborazione con Ipsos ha permesso di generare dati nuovi con l’indagine sul comportamento dei consumatori durante il lockdown; per definire la dimensione del gioco legale invece abbiamo usato fonti pubbliche come i bilanci delle imprese e ci siamo avvalsi del supporto significativo dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, con la quale abbiamo in atto una forte collaborazione istituzionale, e che ci ha fornito indicatori sull’andamento del gioco illegale, attraverso dati su controlli e denunce”.
FRA RISCHIO OCCUPAZIONALE E INVESTIMENTI NELLA TECNOLOGIA Quanto alle prime stime disponibili, secondo quanto evidenziato da Oriani l’analisi preliminare dell’indagine mette in luce che” l’aumento del mercato illegale potrebbe aver coinvolto fino a 4 milioni di giocatori”, non tutti pienamente consapevoli di questa scelta, mentre sul versante dell’occupazione la filiera risulta impiegare “circa 100mila persone, molte di più dei dipendenti dei concessionari. Cifre che, però, allo stato attuale potrebbero essere ‘mascherate’ dal ricorso alla Cassa integrazione e dal blocco dei licenziamenti (secondo il decreto Sostegni, in atto fino al 30 giugno, e fino al 31 ottobre per i destinatari dell’assegno ordinario e della cassa integrazione in deroga, Ndr). Il rischio occupazionale non c’è solo per i dipendenti dei concessionari, ma anche per tutta la rete distributiva, le ricevitorie, i punti vendita non esclusivi, per citare alcuni esempi. L’impatto della contrazione degli occupati perciò potrebbe essere ben più ampio di quanto si era prefigurato finora, e questo pone ancora maggiore attenzione sul tema delle riaperture”, anticipa il professore della Luiss. Una parte della ricerca di prossima pubblicazione poi sarà dedicata agli investimenti in ricerca e innovazione delle aziende del gioco, tema che abbiamo affrontato più volte anche su queste pagine. Il 63 percento delle imprese con oltre 10 addetti - come da stime dell’Istat – infatti ha puntato sulle tecnologie digitali, rispetto al 61 percento della media nazionale. “Tali dati – precisa Oriani – disegnano la percentuale delle imprese afferenti al codice Ateco 92 che investono in tecnologie digitali, e sono importanti soprattutto per una ragione: spesso le aziende del settore, dal di fuori, sembrano gestire un business molto semplice e con un basso livello di tecnologia, ma invece dai numeri emerge che molti prodotti di gioco hanno un contenuto tecnologico elevato e in continua evoluzione, con un costante sviluppo di tecnologie digitali in collaborazione con i fornitori, essendo un settore industriale a tutti gli effetti. Quindi, stiamo tentando di approfondire con le aziende di quali tecnologie si parla e quanto si investe”. CGIA MESTRE, L’ÀNCORA DELLA CIG E DEL BLOCCO DEI LICENZIAMENTI Restando nell’universo dei numeri, abbiamo chiesto un commento sul tema ad Andrea Vavolo, ricercatore della Cgia di Mestre. “È difficile fare una valutazione diretta dell’impatto dell’emergenza Covid, e delle restrizioni alle attività di gioco varate per il suo contenimento. Il motivo? Il ricorso alla cassa integrazione, che ha ‘inquinato’ i dati. Ma, pur in presenza di costi fissi da sostenere – come gli affitti – e nella mancata concessione di credito da parte delle banche (in attesa che vengano tracciati percorsi preferenziali per gli operatori di gioco in possesso di tutti i requisiti di solvibilità necessari, come ventilato dal sottosegretario all’Economia Maria Cecilia Guerra in risposta ad un’interrogazione del senatore M5S Mario Turco, Ndr), Cig e blocco dei licenziamenti hanno permesso al comparto di ‘tenere botta’. Ma è grave che ancora non venga stabilita neppure una data o una prospettiva per le riaperture. Il comparto del gioco è uno di quelli che ha subito e sta subendo il periodo di sospensione più lungo: ciò ha determinato una serie di cessazioni che superano il blocco dei licenziamenti tuttora in atto. Situazione a cui si sommano gli effetti delle leggi regionali, che, se non modificate, in alcuni territori non consentiranno alle imprese di riaprire dopo il lockdown, o al massimo di farlo per pochi mesi. Avere un dato complessivo sui risvolti sull’occupazione è poi arduo, per via di un codice Ateco associato alle imprese del settore che è ‘trasversale’, fatto che rende possibili solo rilevazioni campionarie”.
IL CASO DEL PIEMONTE E, a proposito di “campioni”, per farsi un’idea può essere utile guardare all’appendice dello studio “Il settore del gioco lecito - Comparto degli apparecchi con vincita in denaro in Piemonte” dedicato all’impatto del Covid, pubblicato proprio dalla Cgia di Mestre. Considerando il 2015 come anno base, si possono osservare le rilevanti tensioni a cui è stato sottoposto il settore, prendendo in considerazione lo stop fino a fine 2020. In particolare per Awp e Vlt, i modelli presentati registrano una riduzione del fatturato da 100 a 30, della raccolta a 43 e del gettito erariale a 65, con una tenuta sorretta dagli inasprimenti delle aliquote del Preu. A causa dei periodi di sospensione dell’attività dovuti all’emergenza Covid gli operatori del settore hanno subito gravissime contrazioni del fatturato, con una media del 46 percento in meno. “L’impossibilità di coprire i costi fissi, data la riduzione del fatturato senza precedenti, l’obbligo di investire nella propria azienda, considerato che gli apparecchi devono essere adeguati alle variazioni del Preu e del payout, e la difficoltà di ottenere finanziamenti dagli istituti di credito - conclude la Cgia di Mestre - comportano il rischio che le imprese, che fino a questo momento hanno resistito, decidano di cessare la propria attività”.
L’1 PERCENTO DEL PIL DA TUTELARE A dare, invece, una panoramica del valore occupazionale complessivo del settore di gioco prima dell’era Covid è Paolo Feltrin, direttore dell’Istituto Tolomeo Studi e ricerche, già professore di Politiche pubbliche all’Università di Trieste. “Non stiamo parlando di una nicchia, ma di un settore rilevante, visto che equivale all’1 percento del Pil italiano. Con un valore aggiunto di 15 miliardi e mezzo compreso l’indotto”, esordisce. Per dimostrare questo, Feltrin porta ad esempio alcune indicazioni, costruite sulla base dei codici Ateco Istat e dei dati forniti da Acadi, l’associazione che riunisce i concessionari italiani, relativi al 2018. “Come si vede dalle infografiche (a lato, Ndr), abbiamo una parte diretta calcolata come Ula - unità di lavoro standard, per la quale tutte le persone vengono ricalcolate sulla base di un orario standard di 8 ore per 5 giorni alla settimana per 12 mesi l’anno –, una misura statistica usata dall’Unione europea e dall’Istat per tener conto di tutti i lavoratori discontinui. Tipici del comparto del gioco, che comprende anche bar, tabaccherie ed altre attività del genere, e caratteristica che genera problemi di fonti di dati, a seconda di come vengono ‘calcolate’ le persone. Quindi, tutte le forze lavoro vengono ricondotte ad un’unità di lavoro standard, come se fossero tutti lavoratori a tempo pieno per 12 mesi l’anno. Tenendo conto di questo, nel gioco ci sono 78.500 Ula, compresi gli indiretti, i lavoratori ascrivibili a provider, gestori, produttori, che coincidono con circa 197mila persone”. Non è ancora esattamente certo cosa “produca l’online in termine di redditi e di occupati. Fra il 2013 e il 2019 era cresciuto del 250 percento e, con ogni probabilità, con i prossimi dati relativi a 2020 e 2021 l’aumento sarà al 500 percento. Mentre le cifre sono chiare per le Awp e Vlt strettamente intese, con le dovute distinzioni fra i vari tipi di location in cui sono installate, e tenendo conto che il maggior numero di esse si trova nei bar. Nel complesso, per questo segmento gli occupati sono oltre 56mila, dei quali più di 27mila negli esercizi generalisti, e l’altra metà sono dislocati fra produttori di apparecchi (1.700), gestione delle slot presso terzi (oltre 12mila), agenzie scommesse, sale bingo e negozi di gioco con Awp (circa 7mila) ed imprese che gestiscono le sale in cui si trovano slot e Vlt (quasi 8mila)”. Un vero e proprio patrimonio da tutelare, ancora di più, se possibile, alla luce della crisi generata dall’emergenza Covid, e della perdurante chiusura del settore. “Il rischio occupazionale – conclude il professore - è quello che preoccupa di più attualmente, e il rischio è di trovarsi le piazze in rivolta. Chi vuole assumersi questa responsabilità?”.
La filiera del gioco pubblico vale l’1% del Pil italiano
FILIERA DEL GIOCO LEGALE
EFFETTI ECONOMICI 2017 VALORE AGGIUNTO
(Miliardi di euro) UNITÀ DI LAVORO
(Full-time equivalenti)
DIRETTI
Attività dei concessionari
8,5 10.500
INDIRETTI
Distribuzione e attività degli abilitatori (fornitori di servizi, gestori, provider)
INDOTTI
Dal consumo dei lavoratori attivati direttamente o indirettamente
Fonte: Elaborazione su dati Acadi.
5,0
2,0
13,5 Miliardi di valore aggiunto nella filiera = 1% del Pil 15,5 Miliardi compreso anche l’indotto
68.000
78.500 FTE nella filiera = 197.000 persone
Ordini di grandezza paragonabili: 60 mila ULA nell’industria farmaceutica 86 mila ULA nella fabbricazione di prodotti di elettronica 190 mila occupati in Basilicata
27 mila occupati nei segmenti maggiormente dipendenti dall’offerta AWP-VLT per la propria attività
FILIERA DEL GIOCO LEGALE
56.609
27.888
27.021 (48%) 1.700 12.084 7.167
7.770
Fonte: Elaborazione su dati CGIA Mestre.
Settore assimilato: imprese, con diverso core business, nel cui esercizio si trovano AWP (esercizi commerciali, bar, alberghi, circoli privati, corner, edicole, ristoranti, tabacchi, stabilimenti balneari). Produttori: imprese che costruiscono le AWP e le VLT
Attività dei gestori: gestione delle Slot presso terzi Attività integrata: imprese che svolgono anche altre attività di gioco legale (agenzie di scommesse, sale giochi, sale bingo, negozi di gioco), ma nelle quali la presenza della AWP e VLT assume un apporto rilevante. Attività tipica: imprese che gestiscono le sale in cui si trovano le AWP e le VLT
Intrattenimento, il quadro dell’Inps
Nel rapporto sul Mercato del lavoro 2020 pubblicato dall’Inps non manca lo spazio dedicato al comparto dell’intrattenimento, nel quale si può annoverare anche il gioco. Con un utile confronto sull’impatto del lockdown sulle diverse categorie. Per quanto riguarda lo scorso anno, i settori che segnalano un calo maggiore delle attivazioni “sono alberghi e ristorazione, industria in senso stretto, commercio, attività immobiliari, professionali e servizi alle imprese, per i quali la riduzione riguarda soprattutto i giovani; a eccezione dell’industria tout court, il contributo è maggioritario per le donne. Sul versante di chi ha terminato il lavoro, ai settori precedentemente elencati si aggiungono sanità e assistenza, istruzione, servizi domestici e altri servizi collettivi e personali; più in particolare, nel commercio l’incremento di chi ha concluso il lavoro è stato maggiore per quello al dettaglio, e negli altri servizi collettivi e alla persona la quota maggiore si registra nelle attività sportive e di intrattenimento e nei servizi alla persona. Le parziali riaperture decretate dalla seconda metà di maggio 2020 hanno smorzato la crescita di questo aggregato (+232 mila unità nel terzo trimestre). Da sottolineare che, nel secondo trimestre, l’aumento di 490 mila individui che hanno concluso il lavoro riguarda soprattutto chi si trova in una condizione di inattività, circa il 90 percento della crescita (+445 mila); tale quota scende al 61,3 percento nel terzo trimestre, segnale di una ripresa attiva nella ricerca di lavoro”. Nel dettaglio, nel periodo marzo-maggio 2020 “la riduzione del personale a tempo determinato ha riguardato invece il 6,6 percento delle imprese, quota salita al 7,5
percento fra giugno e novembre, interessando maggiormente i settori delle attività artistiche, sportive e di intrattenimento e le attività dei servizi di alloggio e ristorazione, dove circa un quinto delle imprese ha ridotto il personale a termine. Andando ad analizzare la quota dei lavoratori in smart working nelle imprese che hanno attivato il lavoro a distanza, per le attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento si passa dal 5 percento di gennaio-febbraio 2020 al 48,3 percento di marzo-aprile 2020 per scendere al 39,1 fra gennaio e marzo 2021”. Un lavoro “a distanza” possibile per i dipendenti dei concessionari o altre attività connesse al gioco rimaste aperte, ma di certo non per le sale, ad esempio, chiuse in toto. Nell’approfondimento “La dinamica integrata di stock e flussi occupazionali nelle Nelle attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento l’occupazione è diminuita del 7,6 percento, con un tasso lordo di turnover del 315 percento (contro il 62 percento dell’industria).
imprese dei settori dell’industria e dei servizi” l’Inps quindi riporta che “nel settore terziario l’occupazione è diminuita (-2,3 percento) più che nell’industria (-0,4 percento), registrando variazioni particolarmente accentuate nei servizi di alloggio e di ristorazione (-10,1 percento) e nelle attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento (-7,6 percento). Questi due settori, oltre ad aver subito l’impatto più forte dell’emergenza sanitaria legato al crollo dei movimenti turistici e alle misure di lockdown, hanno anche risentito degli effetti di una struttura occupazionale caratterizzata da una elevata incidenza di rapporti di lavoro a tempo determinato, di media, breve e brevissima durata e, quindi, ad altissimo turnover. Il tasso lordo di turnover, ottenuto rapportando il flusso complessivo di attivazioni e cessazioni allo stock iniziale di posizioni lavorative, è stato del 284 percento nei servizi di alloggio e di ristorazione e del 315 percento nelle attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento; l’entità di tali valori diventa ancor più evidente se li si confronta con il valore del tasso lordo di turnover nell’industria, che si ferma al 62 percento. Ciò spiega anche come sia stato quasi impossibile proteggere on the job i lavoratori di tali settori con strumenti come la Cassa integrazione guadagni”.
L’impatto della Cig
Guardando al complesso delle attività economiche, secondo quanto riportato dall’Inps il numero totale di ore di cassa integrazione guadagni autorizzate nel periodo dal 1° aprile 2020 al 31 marzo 2021, per emergenza sanitaria, è pari a 5.016,7 milioni di cui: 2.259,5 milioni di Cig ordinaria, 1.728,4 milioni per l’assegno ordinario dei fondi di solidarietà e 1.028,8 milioni di Cig in deroga. Come risulta evidente dalla Tavola 1 (a lato, Ndr), l’insorgere dell’epidemia in Italia alla fine di febbraio 2020 e i provvedimenti normativi emanati con riferimento alla sospensione e alla riduzione delle attività economiche a partire da marzo, determinano delle misure elevatissime degli indici congiunturali del mese di aprile 2020 rispetto a quello di marzo, mese in cui l’Istituto non aveva ancora effettuato lavorazioni relative all’emergenza: aprile 2020 rappresenta infatti il primo mese nel quale di fatto si sono cominciate a svolgere le lavorazioni dell’istituto per l’autorizzazione delle misure di sostegno all’occupazione predisposte per l’emergenza sanitaria in atto. Nel mese di marzo 2021 sono state autorizzate 620,4 milioni di ore, il dato fa registrare un incremento del 293,1 percento rispetto alle ore autorizzate a febbraio 2021. Nella Tavola 2 (qui sotto, Ndr) vengono riportate le ore autorizzate da aprile 2020 a marzo 2021 ripartite per mese di competenza avendo ipotizzato un’uniforme distribuzione delle ore nei periodi richiesti dalle aziende. Risulta evidente come nel mese di aprile 2020 ci sia una concentrazione di ore per tutte le tipologie di intervento. In particolare, per quanto riguarda il mese di marzo 2021, le autorizzazioni si
Numero ore autorizzate nel periodo dal 1° aprile 2020 al 31 marzo 2021 con causale ‘emergenza sanitaria Covid-19’ distinte per tipologia di intervento e mese di competenza
CIG CIG deroga Fondi di Totale ordinaria solidarietà gen. ‘20 - - - fe. ‘20 422.919 533.219 5.271.629 6.227.767 mar. ‘20 194.580.416 101.675.734 177.182.775 473.438.925 apr. ’20 470.141.584 187.141.349 306.763.364 964.046.297 mag. ‘20 387.410.926 167.540.046 282.495.724 837.446.696 giu. ’20 235.800.734 100.292.520 186.620.734 522.713.989 lug. ‘20 165.117.469 54.698.194 100.264.905 320.080.567 ago. ’20 90.559.979 35.246.015 70.625.657 196.431.651 set. ‘20 100.340.055 31.292.552 67.828.483 199.461.090 ott. ’20 107.659.758 39.410.623 78.697.980 225.768.361 nov. ‘20 119.771.921 77.829.241 116.604.428 314.205.590 dic. ’20 112.161.771 79.187.500 112.427.693 303.776.964 gen, ‘21 93.010.029 58.613.701 85.705.350 237.329.080 feb. ‘21 98.165.032 52.073.979 76.525.713 226.764.723 mar. ’21 82.759.810 38.641.087 58.277.712 179.678.608 apr. ‘21 1.553.956 3.288.233 2.592.346 7.434.535 mag, ’21 - 1.164.233 458.312 1.622.545 giu. ‘21 - 197.593 27.018 224.611 Totale 2.259.456.358 1.028.825.819 1.728.369.824 5.016.652.001
Fonte: Elaborazione su dati INPS rilevati ad aprile 2021.
riferiscono: a 63.558 aziende per la Cig ordinaria con un numero di ore pari a 279,1 milioni, a 53.708 aziende per l’assegno ordinario con 226,7 milioni di ore e a 147.100 aziende per la Cig in deroga con 114,7 milioni di ore.
Numero ore autorizzate mensili da aprile 2020 a marzo 2021 con causale ‘Emergenza sanitaria Covid-19’ distinte per tipologia di intervento e relative variazioni congiunturali
TIPO DI INTERVENTO ORE AUTORIZZATE (VALORI ASSOLUTI)
apr. ‘20 mag. ’20 giu. ’20 lug. ’20 ago. ’20 set. ’20 ott. ’20 nov. ’20 dic. ’20 gen. ’21 feb. ’21 mar. ’21 Totale
CIG Ordinaria 702.948.157 220.898.688 148.318.297 214.799.060 97.051.931 91.846.029 152.386.160 170.948.816 101.768.866 56.462.763 22.899.262 279.128.329 2.259.456.358 Assegno ordinario fondi solidarietà 82.582.610 397.219.566 148.376.491 153.968.514 104.962.282 101.092.861 117.235.616 127.552.162 116.232.862 85.086.547 67.407.734 226.652.579 1.728.369.824 CIG in Deroga 46.834.800 231.040.689 112.047.471 80.832.950 77.260.870 46.023.055 60.393.668 73.869.232 70.143.383 48.212.371 67.510.752 114.656.578 1.028.825.819 TOTALE 832.365.567 849.158.943 408.742.259 449.600.524 279.275.083 238.961.945 330.015.444 372.370.210 288.145.111 189.761.681 157.817.748 620.437.486 5.016.652.001
VARIAZIONI CONGIUNTURALI (VALORI %)
TIPO DI INTERVENTO
apr. ‘20 / mag. ’20 / giu. ’20 / lug. ’20 / ago. ’20 / set. ’20 / ott. ’20 / nov. ’20 / dic. ’20 / gen. ’21 / feb. ’21 / mar. ’21 / / mar. ‘20 / apr. ‘20 / mag. ‘20 / giu. ‘20 / lug. ‘20 / ago. ‘20 / set. ‘20 / ott. ‘20 / nov. ‘20 / dic. ‘20 / gen. ‘21 / feb. ’21 CIG Ordinaria 5416,0% -68,6% -32,9% 44,8% -54,8% -5,4% 65,9% 12,2% -40,5% -44,5% -59,4% 1118,9% Assegno ordinario fondi solidarietà 11469,8% 381,0% -62,6% 3,8% -31,8% -3,7% 16,0% 8,8% -8,9% -26,8% -20,8% 236,2% CIG in Deroga 2265734,5% 393,3% -51,5% -27,9% -4,4% -40,4% 31,2% 22,3% -5,0% -31,3% 40,0% 69,8% TOTALE 6094,1% 2,0% -51,9% 10,0% -37,9% -14,4% 38,1% 12,8% -22,6% -34,1% -16,8% 293,1%
Fonte: Elaborazione su dati INPS rilevati ad aprile 2021.
Filcams «Prorogare gli ammortizzatori sociali ma non basta»
Un conto pesantissimo, per le aziende ma anche per i loro lavoratori. Lo sottolinea Luca De Zolt, della Filcams Cgil nazionale, nel tracciare il quadro del gioco pubblico terrestre, in gravissima crisi a causa del suo perdurante lockdown. Ma si tratta di una crisi “uguale” per tutti o ci sono dei settori del gioco che corrono maggiori rischi rispetto ad altri? “La crisi del gioco legale ha le sue origini prima del lockdown. Le normative regionali sul contenimento del gioco, elaborate senza tener conto del contesto sociale esistente, e l’aumento del Preu avevano già messo in discussione gli investimenti delle aziende che hanno consentito la legalizzazione e la regolarizzazione del gioco nel nostro Paese. Il lockdown ha colpito un terreno già minato, per il perdurare delle chiusure e per lo stop a qualsiasi confronto sul futuro del settore. Come tutti in settori, le aziende più piccole e meno capitalizzate sono quelle più a rischio, mentre ad oggi non riusciamo a delineare un impatto specifico su alcune tipologie di gioco. Sicuramente le sale bingo, che sono attività labour intensive (oltre a essere quelle meno ‘socialmente rischiose’) hanno più difficoltà a far quadrare i conti. Ma bisogna vedere come le abitudini di consumo dei giocatori sono cambiate durante il lockdown, per esempio quanti giocatori hanno scelto definitivamente l’online, dove peraltro i controlli e la prevenzione della ludopatia sono molto più deboli. Sappiamo però con certezza chi si è arricchito e ha prosperato a causa del lockdown: le attività di gioco illegale. Lo dicono i dati dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, e della Camera dei deputati”. Come valuta i provvedimenti del Governo sulla proroga della Cig e del divieto di licenziamento e che cosa potrebbe accadere una volta che queste disposizioni andranno a scadere? “Il blocco dei licenziamenti e gli ammortizzatori in deroga sono stati interventi necessari per evitare un’enorme crisi occupazionale e sociale. Noi continuiamo a chiedere che questi provvedimenti vengano prorogati, soprattutto per i settori più colpiti. Ma teniamo presente che gli ammortizzatori, seppure abbiano tamponato un’emergenza, hanno comunque forti ricadute sul reddito delle persone, che viene comunque ridotto di un terzo o della metà, a seconda della situazione di partenza. Per chi, come i lavoratori del gioco legale, è in ammortizzatore in maniera praticamente continuativa da un anno, l’impoverimento è pesantissimo. In generale, il nostro Paese deve ripensare gli strumenti di formazione e di politiche attive e vanno riformati gli ammortizzatori sociali: senza questi interventi non possiamo affrontare lo sblocco dei licenziamenti e la fine degli ammortizzatori in deroga. Sarebbe come dire a dei passeggeri di un aereo che precipita di buttarsi senza paracadute”. Come stanno vivendo i dipendenti del settore del gioco questo lockdown e cosa, assieme ad essi, la Filcams auspica? “I dipendenti del gioco legale sono colpiti sotto il profilo economico e per la lunga inattività. Si sentono discriminati rispetto agli altri settori economici, e non comprendono, soprattutto, l’assenza di attenzione da parte dei decisori politici e delle istituzioni. I lavoratori e le lavoratrici del gioco chiedono solamente di essere considerati per quello che sono: persone che per vivere hanno bisogno di lavorare, che hanno famiglia, impegni, ed esercitano il loro impegno lavorativo con professionalità e serietà”. Il gioco è stato chiuso perchè attività non essenziale oppure perchè rischioso dal punto di vista sanitario? “La valutazione sulla non essenzialità delle attività è del tutto fuorviante. Senza dubbio l’universo dell’intrattenimento è stato sacrificato in ragione di una più generale esigenza di ridurre le occasioni sociali, ma è un discorso che sul lungo termine non può reggere. Dal punto di vista sanitario abbiamo attivato sin dall’inizio della pandemia un confronto proficuo con le aziende. Abbiamo prodotto protocolli per il contrasto alla diffusione del covid tra i più avanzati (una prima versione a maggio 2020, aggiornata poi a ottobre). Nei pochi mesi di apertura i protocolli hanno funzionato e non si sono registrati contagi nelle sale. Ma questi sforzi sono stati completamente ignorati. La decisione ci sembra più che altro politica, anche perché difficilmente si riesce a comprendere come in una gaming hall vi siano più rischi che in un ristorante, in quanto per giocare non è necessario neanche togliere la mascherina”. (Amr)
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LUCA DE ZOLT