Quindicinale | petnajstdnevnik - anno | leto L - n. | štv. 14 31. julija 2015 - Euro 1,20
V Špietru in Bardu
Združenje Blankin
Ministrica za kulturo med Benečani stran 6
Uspešno izpeljali projekt o jeziku kulturi in navadah stran 7
Terske doline
Kanalska dolina
V avgustu cela vrsta vaških veselic stran 10
Ob žegnu v Ukvah predstavili novo knjigo stran 11
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UVODNIK
La forza di un esempio Marino Qualizza
A
bbiamo celebrato, domenica 12 luglio, i mille anni della menzione scritta di Volče, un piccolo borgo nella valle dell’Isonzo, a cui apparteneva ecclesiasticamente anche la comunità di Drenchia con S. Volfango, fino al 1779. Il documento è del patriarca aquilejese Giovanni IV. L’esempio da richiamare è il fatto che le due comunità, a sud e a nord del Kolovrat, si sono ritrovate per celebrare assieme la ricorrenza. Non bisogna dimenticare che in cima al Kolovrat scorre il confine ed il valico di Solarje ne segna il passaggio. Fino a pochi anni fa, lì si incontravano, o peggio, si scontravano due mondi, che le guerre avevano creato, tanto la prima che la seconda guerra mondiale. Noi abbiamo celebrato la fine di questa innaturale divisione, e l’abbiamo fatto tanto in chiesa come nel centro del paese, in modo da unire armonicamente i diversi momenti della vita. Un esempio da imitare, soprattutto ora che nelle Valli si stanno spargendo semi di divisione e di contrapposizione preoccuppanti. Non è una novità, ma il ritorno di posizioni che sinceramente credevamo superate e sepolte. Due cose da sottolineare in modo speciale. Nonostante che l’Associazione degli slavisti italiani abbia ribadito più di una volta e con argomentazioni linguistiche e non politiche, come è ovvio, che i dialetti della Benecìa sono sloveni, ci sono gruppi e singoli che sostengono il contrario in barba ad ogni evidenza. Questo è l’esempio deleterio di uno sconfinamento della politica nella linguistica, e ritorce contro i sostenitori le accuse che muovono ai loro avversari. Almeno una volta sappiamo distinguere le cose, augurando che lo imparino anche i nostri avversari. La seconda cosa da denunciare come pessima, è l’aver richiamato il maresciallo Tito dai morti. La proposta della legge elettorale propone nuovi accorpamenti, su cui si può discutere all’infinito. Ma non tiriamo in ballo questioni che non c’entrano, se non per il fatto che possono fare colpo e inquinano il mondo politico. Che la comunità linguistica della Regione possa votare in un unico collegio, non mi sembra la cosa più orribile al mondo. Ma l’opposizione al progetto è maliziosa, perché nega l’identità slovena alla Benecia. (continua a pag. 2)
Za uspeh v turizmu muora Benečija staviti na domačo kulturo in čudovit ambient
Slovenska podoba in čedan sviet e trečji konac tiedna v miescu luj so ble v Srienskim kamunu dvie lepe iniciative. Na Kalužu par Dolenjem Tarbiju je bluo srečanje senosieku, ki so ga napravili te četarto lieto v naših krajah, de bi pokazali, kakuo se sieče travo, suši senuo in nardi kopo. Zaries glava boli, če se pomisli, de so tele navadne opravila par vsaki kumetuški družini (skor v vsieh!) v Benečiji šle takuo hitro v pozabo in ostale le folklora. Pa zdrava pamet pravi, de daržati čedne travnike, sanožeta, pašnike in hosti muora spet postati pravo dielo. Kakor je na Južnim Tirolskim, v sosiednjem Posočju in drugih gorskih deželah. Drugač na bo nič tudi s turizmam. Lepuo je bluo 18. luja tudi v Gorenjm Tarbiju, kjer je biu festival lutk (marionet). Pravo veseje je bluo za otroke in starše. Zatuo se je trieba zahvaliti vsiem tistim, ki so parpomali. Pa se na smie zamučati, de je tele festival puno liet šu naprej cieu tiedan v vič vaseh in vabu v Nediške doline kajšan tavžint ljudi. V zadnjih petih lietah ga nespametna politika počaso čefa in ga je lietos papejala na rob smarti. Za naprej nie velikega trošta. Pa še buj naumno je par telih in drugih iniciativah skrivati pravo podobo in posebnost Benečije, se pravi slovenski jezik in kulturo. Tudi tuole gre pruot turizmu. Spet je potriebno vzeti za parmier Južno Tirolsko, kjer gostam najparvo povejo, kater jezik guore (niemški al’ ladinski) in katere kraje je trieba pogledati, de bi spoznali identiteto kraja. Otresti se špota do svoje identete in se zaviedati vse bogatije, ki jo domači kraji varjejo, je parva in narbuj potriebna štopinja, ki jo je trieba napraviti, de bi Benečiji nudili buojše cajte. Miesca vošta bo puno sejmou. Nuditi lepoto naše slovenske kulture in bogatijo starih navad kupe s čudovitim ambientam je prava pot do uspeha za vsako praznovanje. Značilne lokalne točke v programu, se pravi reči, ki se jih na more všafati drugod, parkličejo ljudi iz vsieh kraju. Saj obiskovalcu v naše kraje na partegnejo pečene klobasice in glaž dobrega vina al' krigelj pive. Tuole je lahko ušafati na vsaki šagri. Donašnji dan ljudje iščejo, kar nieso nikoli videli.
T
”
Narbuj potriebno je se otresti špota do domačega jezika
foto Oddo Lesizza
SOTTO LA LENTE
G
Ora si minimizza e banalizza la proibizione fascista dello sloveno nelle chiese della Slavia
Ci mancava il revisionismo storico
ià, che male ha fatto Benito Mussolini proibendo, nel 1933, la lingua slovena nelle chiese della Slavia? In fin dei conti ha vietato che i preti ammannissero ai loro fedeli più o meno annoiati un sermone di un quarto d’ora, o giù di lì, con il quale spiegavano il vangelo domenicale cercando di attualizzarlo e traendo insegnamenti morali. In effetti si tratta di ben poca cosa che non giustifica la reazione spropositata che allora ha suscitato tra i preti e i fedeli sloveni e ancora oggi continua ad essere oggetto di studi e di una ferma condanna.
Sembra essere questo il messaggio che «La voce del Friuli orientale» (luglio 2015) vuol far passare in un corsivo accompagnato da un’irriverente vignetta sotto il titolo «Slovenska maša». È raro trovare in così poche righe un tale concentrato di ignoranza (= non conoscenza) e di maligno e premeditato intendimento. L’ignoranza sta nel fatto che con la proibizione del 1933 Mussolini non ha proibito solo la predica in sloveno. Nel «Libro Istorico» della parrocchia di San Leonardo, il parroco, don Giuseppe Gorenszach, il 14 agosto 1933 annotò che il tenente dei carabi-
nieri gli fece questa comunicazione: «Sappia che siamo in Italia e che è ora di finirla con l’uso della lingua slovena. Le do ordine nel nome di S. E. il Prefetto: a. di predicare e di
istruire in chiesa in lingua italiana; b. di non proferire una sola, una sola parola in slavo ai fanciulli quando insegna il catechismo; c. i catechismi sloveni sono sotto sequestro. Le associazioni di Azione Cattolica in questa zona sono sciolte fino a nuovo ordine». Altro che solo predica! Con quel diktat Mussolini irrompeva brutalmente nella vita della Chiesa cattolica in materie, quali la liturgia, l’insegnamento del catechismo e l’associazionismo, di esclusiva competenza dell’autorità ecclesiastica.
J. B.
(continua a pagina 8)