PRIMO PIANO
Sabato 31 Dicembre 2016
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Lo dice Andrea Marcolongo, autrice del caso saggistico dell’anno: «La lingua geniale»
Greco, l’attualità dell’inattuale
I giovani post-crisi sono più pragmatici e autentici no. Era una cosa su cui riflettevo da tempo e poi, un po’ o so, fare il Capo- casualmente, è arrivata una danno in Grecia, proposta di Maria Cristina per una grecista, Olati, agente letterario, che potrebbe appari- mi ha messo in contatto con re un po’ banale, ma que- Laterza. D. Dunque non un sucsta vacanza, con un’amica belga, era programmata da cesso a tavolino, costruiprimo che uscisse il libro», to, con lei ex-ghost writer racconta via whatsapp, men- del premier? R. Ma no. Declinando la tre ad Atene, dice, «sta neviprima offerta dell’editore a cando». Non si tratta di una gre- scrivere un libro sulla comucista qualsiasi: Andrea nicazione politica, gli avevo Marcolongo, «signorina» mandato un lavoro di poche malgrado il nome che in pagine sul greco antico che Italia è maschile, milanese, avevo scritto un po’ di temclasse 1987, laureata in let- po fa. D. E ora la invitato daptere antiche ed è autrice del caso saggistico dell’anno: La pertutto: librerie, licei, lingua geniale, edito da La- centri culturali. R. Credo di aver inconterza. Nota per essere stata, per un breve periodo anche trato già fra 7mila e 8mila studenti. E ghostwriter a marzo ridi Matteo Virginia Woolf diceprendiamo: R e n z i , suo va: «Si torna al greco mi sono proil discorso quando siamo stanposta di non di Telemaco, dire di no con cui l’alchi della vaghezza e a nessuno. lora premier della consuetudine Ma la cosa pronunciò della nostra epoca». più bella, sa da presidenCerto, gli accademici qual è? te europeo hanno fatto di tutto D. Dica. di turno, la per rendere inaccesR. Le letMarcolongo tere che mi ha scritto sibile questo straorscrivono. un’ode alla dinario patrimonio D. Sul lingua di greco? Omero, elenR.No, sulla loro vita. Mi cando ben nove motivi per amarla. È non è necrofi lia scrivono in tanti, dai ragazzi del ginnasio alle signore linguistica. Domanda. Marcolon- ottantenni, raccontandomi go per chi ha pensato di loro e chiedendomi anche un libro del genere? Per qualche consiglio: sul lavoro gli studenti che, a frotte, e sulle loro cose. Infatti, denpartecipano ai suoi in- tro questo libro, c’è molto anche di quello che sono. Molti contri? Risposta. Sono sincera, lettori l’hanno definito una DI
GOFFREDO PISTELLI
«L
Andrea Marcolongo grammatica sentimentale. D. Sì, non è una guida pedissequa alla bellezza dell’ottativo, l’azione del verbo che indica nel greco antico il desiderio, del duale o delle onomatopee. R. No, infatti, non volevo fare un libro su quanto fosse bello il greco. Perché col greco si fa anche una gran fatica, è difficile ma bello. D’altronde, non è così anche la vita? D. Ma lei, trentenne, come vede queste frotte di liceali che la vogliono incontrare? R. Ci battono alla grande, noi millennials (nati fra gli anni ’80 e il 2000, ndr). Quelli attaccati al cellulare, anche se l’espressione è orribile, siamo noi. Loro, semmai, sono attaccati a qualcuno. Per loro, scegliere il classico è una scelta vera mentre, ai nostri tempi, era un’opzione come un’altra, nemmeno meditata troppo. Sono giovani post-crisi: molto più pragmatici e veri di
quanto lo fossimo stati dano alla classicità. Ora arriva il suo boom: signinoi. D. Con un libro fica che, sotto la coltre di così, la faranno di- indifferenza, arde il fuofensore d’ufficio del co di una passione per liceo classico che, gli antichi? Ma chi è che ogni due per tre, si lavora per nasconderlo? R. Mi viene in mente Virvorrebbe riformato. Si dice che le lingue ginia Woolf che diceva: «Si morte non siano utili torna al greco quando siamo stanchi della vaghezza e delalla modernità. R. Non sono una la consuetudine della nostra partigiana del classico epoca». Non so chi siano i ree quando sento parlare sponsabili del nascondimendi utilità, mi viene in to delle lettere antiche, certo mente la parola utente: gli accademici hanno spesinvece gli studenti so- so reso inaccessibile questo prattutto sono innanzitutto straordinario patrimonio. D. Considerandolo roba esseri umani. da iniziati. Dunque gli inD. E quindi? R. Quindi credo che sia segnanti... R. No, per più imporla verità gli tante cosa Il greco non serve ai insegnanti accade a politici anche se io lo dei licei, di cui una ragazza prestai al discorso di temevo molto o un ragazil giudizio, zo che, a 14 Renzi alla Leopolda. hanno accolto anni, studiÈ semmai una lingua molto favono il greco. che permette di non revolmente Che cosa farci fregare dai poliquesto libro. gli accada, tici che infatti proceC’è una genementre lo dono per frasi fatte, razione nuostudiano. va di docenti, D. Spieassiomi, tweet, senza nelle scuole, ghiamolo. una visione d’assieme che ha voglia R. Che di mettersi in si formano a concetti più grandi di sé, gioco. D. Lei, che dopo l’uniall’attualità dell’inattuale. Il greco insegna un mestiere di versità si è formata alla vivere altro, a maneggiare la Scuola Holden di Baricsoddisfazioni e le delusioni co, si è occupata anche di della vita adulta che verrà. comunicazione politica. D . A n c h e G i o r g i o Serve il greco per far parDell’Arti con La Bibbia lare un sindaco o un prepagana (Clichy) e Paola sidente del Consiglio? R. Le do una notizia: da Mastrocola, con L’amore prima di noi (Einaudi), grande farò la scrittrice hanno scritto recentemente libri che rimancontinua a pag. 8
IN CONTROLUCE
Esistenzialismo, racconto della passione per la libertà dell’intellighenzia europea prima e dopo l’ultima guerra DI
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DIEGO GABUTTI
ll’inizio ci sono Simone de Beauvoir, Raymond Aron e Jean-Paul Sartre seduti al tavolino del Bec-de-Graz, un caffè parigino noto per i suoi cocktail all’albicocca. È il 1932 o 1933. Di ritorno dalla Germania, dove ha studiato per un anno, Aron della passione per laliberta racconta ai suoi due amici (non resteranno amici a lungo) le meraviglie della nuova filosofia tedesca: «la fenomenologia», come viene chiamata. Sorseggiando un cocktail, le gambe accavallate, Aron parla della fenomenologia e dei filosofi che l’hanno tenuta a battesimo, di Edmund Husserl e Karl Jaspers, d’Emmanuel Lévinas, e soprattutto del grande incantatore, Martin Heidegger. De Beauvoir e Sartre ascoltano attenti. E comincia la leggenda.
Già autrice, qualche anno fa, d’una bella monografia su Montaigne e la filosofia come arte di vivere, l’inglese Sarah Bakewell ci racconta adesso l’avventura straordinaria della fenomenologia e dell’esistenzialismo, filosofie che a loro volta, come i Saggi di Montaigne, si sono proposte di tracciare rotte più o meno perigliose nei mari tempestosi dell’Essere. È il racconto in prima persona d’una fan dell’esistenzialismo, lettrice inesausta di Heidegger e Husserl, ammiratrice di Sartre e de Beauvoir, di Maurice Merleau-Ponty e d’Albert Camus, di Boris Vian e degli altri chansonnier parigini, degli esistenzialisti «orecchianti» americani e inglesi (Norman Mailer, Colin Wilson). Bakewell racconta le derive d’esistenzialisti e fenomenologi verso le SS (Heidegger) oppure verso il Kaghebé sovietico (i francesi, esclusi Camus e Merleau-Ponty). Racconta la loro passione per
il jazz, per il sesso, per Buster Keaton, per l’«autenticità», per la descrizione sottile dei fenomeni fino a svelarne il segreto, per il linguaggio oscuro. È il racconto della caduta di Heidegger (che non prese mai le distanze dal nazismo di cui era stato un tifoso) e la storia del trionfo della sua filosofia (che nonostante Auschwitz continuò a dominare l’hit parade metafisica). Ma è soprattutto il racconto della passione per la libertà dell’intellighenzia europea prima e dopo la guerra. È la storia d’avventure intellettuali esaltanti (Il secondo sesso di de Beauvoir, Le parole di Sartre, Le avventure della dialettica di Merleau-Ponty ) e contemporaneamente il racconto degl’inciampi e degli ostacoli che scrittori e filosofi esistenzialisti trovarono lungo la strada: Hitler e Stalin, il Sessantotto e - per la verita - anche un po’ il ridicolo. Giugno 1943, piena guerra
mondiale. «Attaccate gli esistenzialisti». È l’ordine diretto della direzione della stampa che piomba nella redazione del Bertoldo, il giornale umoristico diretto da Giovannino Guareschi. Viene subito approntata una vignetta. Raffigura «un signore grasso, ritto davanti a una scansia piena di salumi, che rigira tra le mani un prosciutto. Due personaggi assistono attraverso lo spiraglio d’una porta all’importante cerimonia: «Chi è?» «È un filosofo esistenzialista che consulta un volume della sua biblioteca». La battuta era di Carletto Manzoni», scrive Guareschi, «e lo sciagurato, quando gli chiesi spiegazioni, rispose: «Forse che agli esistenzialisti non piace il prosciutto?» Sarah Bakewell, Al caffè degli esistenzialisti, Fazi 2016, pp. 470, 20,00 euro, eBook 12,99 euro. © Riproduzione riservata
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Sabato 31 Dicembre 2016
L’assemblea regionale del partito va quasi deserta. La segretaria scarica De Luca
Campania, cercasi lanciafiamme Il Pd annaspa tra batoste elettorali e polemiche interne DI
GIOVANNI BUCCHI
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a inanellato una serie di memorabili batoste elettorali, dalla scoppola rimediata alle amministrative di Napoli dove la sua candidata Valeria Valente non è nemmeno arrivata al ballottaggio contro Luigi De Magistris, alla disfatta
consultazioni elettorali), più il Pd in Campania sembra un malato terminale senza possibilità di cura. La segretaria Assunta Tartaglione ha provato a risvegliare le coscienze convocando un’assemblea regionale del partito rivelatasi un vero e proprio flop in termini di presenze: 30 o al massimo 40 partecipanti
Vincenzo De Luca referendaria di inizio dicembre che ha visto stravincere il No in tutta la Campania. Il partito è talmente alla deriva che manco è stato in grado di organizzare la tradizionale Festa de l’Unità nel capoluogo, così che alcuni dirigenti hanno pensato di farsela da soli (è il caso di Antonio Bassolino e dei Giovani Democratici). Le lotte intestine e fratricide tra capibastone, correnti e territori lo hanno reso di fatto ingovernabile, chiudendo sul nascere nuove iniziative che avrebbero potuto portare nuova linfa, come accaduto due anni fa con la Fonderia delle idee. Più passano i mesi (e le
su un totale di quasi 260 delegati. L’hanno ascoltata in pochi, lei comunque ne ha approfittato per scaricare il governatore Vincenzo De Luca dati i troppi imbarazzi che provoca («i risultati elettorali hanno detto che per quanto riguarda l’amministrazione regionale, come è fisiologico, si è concluso il periodo della luna di miele» ha detto). Quindi ha colto l’occasione per bacchettare il segretario dem della provincia di Napoli Venanzio Carpentieri, accusato implicitamente di mettere la testa sotto la sabbia di fronte a una «situazione non più tollerabile». A proposito di Napoli
SEGUE DA PAG. 7 (ride). D. Vabbé, ma fino a ieri, faceva altro, la comunicazione politica, appunto. So che di Renzi non vuol parlare, ma almeno mi dica se il greco serva a chi fa politica. R. Il greco porta logica alla politica, dà ai cittadini gli strumenti per non farsi raggirare. D. In che senso? R. Nel senso che oggi, la politica è un po’ come quelle offerte degli operatori di call-center che, in 10 secondi, ti offrono 10 giga e 10mila minuti a 1 euro. Il greco ti dà una forma mentale per non farti fregare. Quanto ai politici... D. Quanto ai politici? R. Il greco si scontra con una comunicazione che procederebbe soprattutto per moderni epigrammi, ossia per tweet, e senza una visione d’insieme. Direi che non è affare loro. D. Lei nel 2013 intervenne alla Leopolda. Ci tornerebbe? R. Rifarei quel discorso, che manifestava l’ultima possibile speranza di restare in Italia. Quella possibilità io l’ho persa: non ci vivrò più, mi stabilirò a Sarajevo. D. Perché? R. Perché non coltivo più speranze per il Paese dove sono nata, e non ci farò nascere i miei figli. e dintorni, l’allora premier e ancora oggi segretario nazionale del Pd Matteo Renzi all’indomani della sconfitta della Valente all’ombra del Vesuvio (cioè nel giugno scorso) aveva detto di voler imbracciare il lanciafiamme per fare piazza pulita del partito da quelle parti. Promessa mai mantenuta, dato che di commissariamenti o interventi dal Nazareno non ce ne sono stati. Tutto è filato liscio come se nulla fosse successo, così è arrivata la seconda lezione dalle urne del 2016, questa volta con il referendum. Ora qualcuno nel partito campano invoca davvero
D. Cosa le piace della capitale bosniaca? R. Che hanno reagito alla disperazione della guerra con l’ironia. Ancora oggi, nei bar, può sentire barzellette esilaranti su quel tragico conflitto. È gente che ce l’ha fatta. Il loro è messaggio di integrità, prima ancora che di speranza. Trova sinagoga e mosche assieme: la persone non hanno permesso che il confl itto le cambiasse. E nessuno cova rabbia per quel che è successo. D. Italia addio, anche se continua anche ad abitare anche Livorno. R. Una città che mi ha stregato. Anche i livornesi, come gli abitanti di Sarajevo, cercano di reinventarsi ogni mattina. D. Una città in difficoltà. R. Il sogno di ogni bambino era fare il portuale ma, oggi, oltre il porto c’è rimasto davvero poco. E la città è come sospesa in questa crisi. Come se aspettassero ancora le grandi navi del Settecento, i bastimenti carichi di merci. D. Colpa della politica senza visione? R. Distinguo fra amministrazione e politica: la prima è quella che serve a svuotare i cassonetti, la seconda a pensare una città. E a Livorno la politica manca da almeno 30 anni.
un metaforico lanciafiamme, ossia un cambio nei vertici provinciali e regionali per rimettere in piedi un’organizzazione da tempo inesistente. C’è anche chi come il parlamentare Luigi Famiglietti è convinto che qualcuno abbia addirittura appaltato il partito alla famiglia De Mita (se non altro in zone irpine), chi come il sindaco di Ercolano Ciro Buonajuto è in campo per incarnare la nuova vulgata renziana, e chi come i capibastone Lello Topo e Mario Casillo continuano a presidiare le rispettive aree di influenza. Nel frattempo, il Pd campano vede confermati dal Governo
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Gentiloni i suoi tre sottosegretari: Umberto Del Basso De Caro alle Infrastrutture, Gennaro Migliore alla Giustizia ed Enzo Amendola agli Esteri. Ma è un partito che in Campania è destinato a esistere solo sulla carta. Le vere organizzazioni sono quelle di corrente, lì si annidano i piccoli e grandi centri di potere. Lì si elaborano strategie e politiche, il Pd non conta nulla. Renzi voleva fare piazza pulita di questa situazione ricorrendo al lanciafi amme, peccato non sia intervenuto nemmeno con una pistola giocattolo. © Riproduzione riservata
LEGGE DI BILANCIO 2017 dƵƩ Ğ ůĞ ŶŽǀŝƚă ƉĞƌ ĐŽŶƚƌŝďƵĞŶƟ Ğ ŝŵƉƌĞƐĞ
¾ >Ğ ĚĞƚƌĂnjŝŽŶŝ ƉĞƌ ůĞ ƌŝƐƚƌƵƩ ƵƌĂnjŝŽŶŝ ĞĚŝůŝnjŝĞ ¾ Il regime di cassa per le imprese minori ¾ L’Iva di gruppo ¾ La deƚassanjione dei reddiƟ agricoli ¾ L’assegnazione dei beni ai soci ¾ Il sosƚegno agli invesƟmenƟ delle Wmi ¾ Le agevolazioni per le start-up ¾ I crediƟ d’importa per ricerca e sviluppo ¾ I nuovi reƋuisiƟ di anzianită contribuƟva ¾ La no tadž area dei pensionaƟ ¾ I buoni nido per le famiglie
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