Intervisa ad Andrea Minuz, ItaliaOggi 12 novembre 2016

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Lo ricorda Andrea Minuz, giovane storico del cinema alla Università la Sapienza di Roma

Anche Reagan venne accolto così Radio3: la democrazia è morta quando vincono gli altri R. Fossi io il neopresidente, preparando il terreno: non intelR. Beh, innanzitutto c’è una uno come Eastwood non me lo lettuali delusi ma leader capaci questione tecnica: la serie ha bisogno di un racconto più ndrea Minuz è un gio- lascerei scappare come segreta- di raccogliere le sirene della protesta, diventarne le icone. complicato, di intorbidare le vane storico del cinema rio alla Difesa. D. Una previsione non coD. L’ispettore Callaghan acque per reggere la durata, che insegna alla unimentre il film può permettersi versità La Sapienza di al Pentagono? Beh, come il sta niente e, tanto, nel caso una maggiore linearità. E poi Roma. Nei saggi, acutissimi, che protagonista di Gran Tori- di vittoria della Clinton, chi c’è l’aspetto di target: chi guarscrive, va spesso dalla celluloide no, potrebbe anche andare se ne sarebbe ricordato? Al da Netflix (la piattaforma web al mondo culturale, come accade a fare il procuratore gene- massimo sarebbe stata benevolmente rubricata nell’ultimo, uscito nel 2014 che diffonde le serie tv, ndr) è, a scaramanzia. per Rubbettino e intitolain genere, più giovane, fra i 20 Le star dello show biz Usa tifavaR. Precisamente. Into Quando c’eravamo noi. e i 30 anni, mentre gli spettano per Hillary mentre agli occhi tanto le persone in piazza tori del cinema sono più agés. Nostalgia e crisi della Sidell’elettore medio, appariva e ci sono già. E dunque il sogno americano, nistra nel cinema italiano. D. Avranno i giroche s’attaglia bene al film, Da Berlinguer a Checco appare più concreto un miliardario tondi anche loro. Dienella serie funziona meglio se Zalone. E siccome, da due americano di una pop star o di una Andrea Minuz ci anni dopo i nostri, «decostruito». giorni, un pezzo di sinistra stella di Hollywood. Quanto a Eaantiberlusconiani. pare essere entrato in crisi D. Questo riferimento stwood... me la fa fare una battuta? R. Però guardi che la rileggermi cosa scrisse L’Unità alle serie tv mi fa tornaper la sconfitta di Hillary Fossi io il neopresidente, uno come struttura «a griglia» del- quel giorno. Clinton, siamo andati a re in mente un suo tweet, le strade americane non D. Ci dica. cercarlo, non prima di aver nell’immediato dopo voto, Eastwood non me lo lascerei scapsi presta: per i girotonR. Il titolo, a tutta pagina, fu: in cui sottolinea come, con assaporato un paio di suoi pare come segretario alla Difesa di ci vogliono le piazze. «Un’America delusa sapidi tweet sull’argomenPerò, aldilà della facile e in crisi esprime un to. Uno diceva: «A Radio3 Poi c’è questa insistenza sull’imvoto essenzialmente la democrazia muore quando rale, al posto di Rudolph battuta... perfezione del voto popolare. D. Aldilà della battuta? negativo: inquietudine Giuliani, di cui si parla in vincono gli altri». Viene così spesso ripetuta (era R. Credo che i parallelismi di nel mondo per la vittoDomanda. Professore, è queste ore. R. Certo, ma lei dimentica questo genere, fra antiberlusco- ria di Reagan». stata la sconfitta degli Stusuccesso anche con Brexit) che sta D. Stile conclusiodios e dello show biz in gene- che Eastwood, come regista, ha nismo di ieri e antitrumpismo diventando ormai un valore della rale: da Robert De Niro, che fatto dei bellissimi film di guer- di oggi, siano difficili. Perché, ni del Comitato censinistra. Fa impressione pensare trale Pci. A occhio, voleva prendere a cazzotti ra, come American che gente di sinistra immagini di nel 1981, a dirigerla The Donald, a Madonna, che Sniper, Flags of our Moore comincerà a fare il Ken ridurre il suffragio universale. era il buon Claudio prometteva ristoro orale father, Lettere da Iwo Loach d’America, ma io credo Petruccioli. Chissà alla virilità degli elettori di Jima. Ce lo si può aspettare dal conte che quando l’ultimo Stato ha se oggi rifarebbe D. Ha ragione ma, Hillary. Solo Clint Eastwood Ruspoli, non da gente del Pd quel titolo o quale restava di là, impettito, a so- per restare in camdecretato la vittoria al candidato titolo sceglierebbe po cinematografistenere il repubblicano. repubblicano, Moore abbia stapsu Trump. Per tornare alla Trump, il reality show preRisposta. Senta, mi lasci co, non è che ci atpato una bottiglia di champagne cinematografia, quali film valga proprio sulla serie. premettere che però io confido tenda un’ondata di lussuosissimo. Perché farà affari raccontano meglio questa in una rapida normalizzazione cinema militante? R. Vede, gli intellettuali amed’oro. Un po’ come farebbero al capacità americana di su- ricani guardano alle serie come Saremo travolti da della situazione. perare le fratture? D. Ossia la fine della mi- Micheal Moore? epica moderna, come letteratuFatto quotidiano se, di colpo, BerR. Quelli di Eastwood, che ra contemporanea. La vittoria di R. Intanto Moore litanza? lusconi tornasse a Palazzo Chigi citavamo prima, sono perfetti, Trump è invece reality, perché R. Massì. Peraltro noto che aveva pronosticato la soprattutto Flags of our father. è egli stesso reality, essendone già Fiorello, in una sua qual- vittoria di Trump, un che Edicola, aveva osservato po’ come aveva fatto il filosofo comunque, fra Italia e Stati Tenendo ferme certe contrad- stato protagonista in di The ApUniti, ci sono alcune differenze dizioni americane rispetto al prentice... come «gli endorsement portas- Slavoj Zizek. passato, restano una grande D. Spettacolare lo sloveno: fondamentali. sero sfiga». D. Già, dove licenziava la D. Spieghiamole, profes- affermazione di amore alla gente, sibilando un «you are D. Beh, stavolta si può circolava un suo video in patria, ai valori, alla bandiera. fired»... quasi enunciare un princi- cui, con questo suo inglese sore. R. Noi, senza una grande Una dimensione che, invece, è legnoso pronunciato con la pio scientifico. R. Quello. Ma la sua vittoria concezione dell’identità del tutto assente nelle serie tv dimostra che l’alto e il basso R. Infatti. C’è semmai nazionale, siamo divisi d’Oltreoceano. da sottolineare come lo sono proprio in questo genere, È l’ora di Micheal Moore? Intansu tutto. Anzi, amiamo D. Dove prevale lo sguar- mentre l’intellighenzia di sinishow biz si sopravvaluto Moore aveva pronosticato la sentirci divisi. L’antiber- do cinico. ti, quanto a influenza. stra li vede nelle serie, ritenuvittoria di Trump, un po’ come lusconismo era segnato R. Come in House of Cards, te migliori. In realtà, non sono Pensava di entrare nella anche da una certa eufotanto per rimanere in tema cabina elettorale e non, affatto popolari come i reality. aveva fatto il filosofo Slavoj Zizek. ria di questa matrice. di presidenziali, ma anche Anzi, sempre più, le elezioni banalamente, nella cameCircolava un video di questo sloveD. Negli Stati Uniti, Newsroom, quella dedicata rivelano un approccio generale ra del ventenne col poster no in cui, con il suo inglese legnoso invece? del concerto o nella casa che sa molto di reality. pronunciato con la lisca, auspicava R. Gli americani della famigliola, col film D. In che senso? Mi ricordo lo stupore di Massimo una vittoria di Donald Trump. E litigano su tutto ma, da vendere. Mi pare che R. Non voglio fare anaCacciari dopo il voto romano e un minuto dopo, si le reazioni tradiscano un lisi intellettualoidi... questo, diceva, «per dare una svedinnanzi alla mappa del voto pro ricompattano. Alla certo stupore su come D. Non si preoccupi. gliata all’America» fine riescono sempre una mobilitazione geneR. C’è come una soPd nei soli quartieri Parioli e Prati. a essere un Paese rale non sia bastata. Gli vrapposizione fra un Siamo ancora all’identificazione artisti ignorano come la gran lisca, auspicava una vittoria abbastanza coeso. Magari reality ed elezioni: si poveri e sinistra, ricchi e destra. parte dell’elettorato di Trump di Trump, «per dare una sve- oggi, questo sentimento diffonde l’impressione Con Trump è lo stesso: siccome non sarà forte come nel XX li consideri tutti, a vario titolo, gliata all’America». di poter intervenire, di dovevamo recuperare il voto dei parte di quell’establishment. cambiarne i risultati, R. Moore comincerà a fare secolo, sarà forse in crisi, D. Loro, forse, non se ne il Ken Loach d’America, ma ma mi pare che resista un di poter cacciare il perlavoratori, avremmo dovuto candisentivano parte. sonaggio che non ci piaio credo o, meglio, mi auguro, po’ di quel pragmatismo dare un socialistoide alla Sanders R. Per qualche battaglia fat- che quando l’ultimo Stato ha che li ha sempre carattece. L’insofferenza verso ta, magari. Invece, per l’elettore decretato la vittoria al can- rizzati. l’esito elettorale, ricorda D. Il famoso «giusto o sba- all’informazione: la cifra è quella verso i verdetti dei giumedio, appariva e appare più didato repubblicano, Moore quella del disincanto, del ci- dici di questi programmi. Anni concreto un miliardario ameri- abbia stappato una bottiglia gliato, è il mio Paese». R. Sì, d’altronde Ronald Re- nismo come chiave della con- fa, tutto questo non c’era. Siacano di una pop star o di una di champagne lussuosissimo. agan non fu accolto così? Forse temporaneità, del non-sogno. mo allo «stop al televoto». stella di Hollywood. Quanto a Perché farà affari d’oro. Lì non sventola alcuna banEastwood... D. Le Casa Bianca un po’ D. Un po’ come al Fatto anche peggio. diera. Il cinema classico tra- come X Factor... D. Quanto a Eastwood? quotidiano se, di colpo, BerD. L’attore dei B. movies... R. Me la fa fare una bat- lusconi tornasse a Palazzo R. Sì, se ci pensa: le reazioni R. ...sì, il cowboy capitato lì smette, al contrario, l’idea del tuta? Chigi. chissà come. Gli stessi commen- radicamento forte, almeno nei stizzite, il «rivotiamo» perché «non c’è piaciuto»... R. Esattamente. E nessu- ti sull’impresentabilità, sull’an- classici war film. D. Certo, ché qui il clima D. Perché questa dicotos’è fatto davvero greve. Pre- no mi toglie dalla testa che, i tropologia del personaggio. A Moore e gli Zizek si stessero questo proposito, sono andato a mia fra i generi? go, sdrammatizzi pure. continua a pagina 8 DI

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Per Trump, l’organizzazione di difesa sta costando troppo agli Usa. Che però la comandano

Il primo dossier sarà la Nato Si dovrebbe trattare la riduzione delle sanzioni a Mosca da Washington ALBERTO PASOLINI ZANELL

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a visita di cortesia di Donald Trump a Barack Obama è durata più di un’ora e mezza e il prossimo presidente ha dichiarato, all’uscita, che c’era stato un po’ poco e che fosse stato per lui avrebbero continuato a chiacchierare per altre ore. Perché avevano molte cose da dirsi e perché, quell’incontro, è stato, da ogni punto di vista, il primo dei numerosi vertici che aspettano il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti. E, per molti versi, non solo il più inatteso ma anche il più sconosciuto. Durante una campagna elettorale di lunghezza record (aperta addirittura nell’estate del 2015 per scegliere chi far sedere alla Casa Bianca nel gennaio 2017) e di vigore certamente superiore alla media, i candidati e i rispettivi sostenitori se ne sono dette di tutti i colori e di tutti i generi, ma hanno parlato straordinariamente poco di programmi, di scelte, di necessità politiche, economiche, strategiche. Hanno dedicato più parole e più tempo, reciprocamente, alle vicende personali, al passato di ciascuno, ai possibili punti deboli, alle indiscrezioni, ai pettegolezzi che non alle grosse scelte che incombono sul

vincitore così come sarebbe il caso se avesse vinto l’altro. Ha dunque ragione Trump quando dice che sentirà il bisogno di consultarsi con Obama «un sacco di volte». Ci sono spesso temi di fondo che il pensionamento di un presidente rovesciano irrisolti sull’altro. Quelli interni hanno quasi sempre la precedenza. Una abitudine che non sarà interrotta così critico e confuso come quello odierno, ancora più al termine di una campagna elettorale i cui protagonisti hanno cercato di schivare certi tasti, rispondendo in modo vago alle domande ed evitando soprattutto di porne. Ma fra gli interrogativi preminenti ce ne sono anche molti che riguardano direttamente il resto del mondo. Quasi ogni Paese ha domande per l’America e risposte all’America. Fra le più urgenti c’è certamente il carnet del Medio Oriente, con le sue battaglie in corso, vittorie che sembrano vicine ma potrebbero anche stavolta volatilizzarsi e conseguenze nei rapporti fra grandi potenze. Quella di cui si parla di più in questi giorni a Washington è naturalmente la Russia, in parte perché i rapporti fra le antiche protagoniste della Guerra Fredda si sono andati ingarbugliando e inasprendo negli ultimi anni, ma anche per la relazione molto particolare

no che non di Mosca. E c’è l’Europa, come sempre, ma questa volta più centrata del solito sulla Nato. I rapporti commerciali continuano ad avere un peso rilevante, ma il prossimo inquilino della Casa Bianca ha dedicato più tempo e più proposte al futuro dell’Alleanza atlantica che non ad altri angoli del mondo. E ha parlato chiaro, con una certa durezza, dando la precedenza, una volta tanto, ai suoi costi che non ai suoi obiettivi. Abbastanza per allarmare alcuni governi europei e per dare l’impressione di volerne mettere altri con le spalle al muro. Impressioni certamente esagerate nel clima di una campagna elettorale di un accanimento senza precedenti, ma Vignetta di Claudio Cadei che anche per questo Più chiare perché più meriterebbero una risposta, evidentemente tese sono le anzi una controproposta sollerelazioni con la Cina, che ri- cita. Quello che Trump ha rimguardano poi l’intero Pacifico proverato, in forma anche sgrae dovevano essere la priorità devole, agli alleati europei è di della politica internazionale non essere «buoni soci», cioè di negli anni di Obama ma che accollarsi meno del dovuto nei non hanno registrato progressi costi dell’impresa comune. E e quindi abbisognano di parti- ha tirato fuori delle cifre, metcolare attenzione. Per quel poco tendo a confronto i redditi e le che si sa delle reali intenzioni aliquote, minacciando anche di Trump, la nuova Casa Bian- un paio di volte che, se gli altri ca sembra essere più attenta e non faranno di più, l’America arcigna nei confronti di Pechi- potrebbe fare di meno. di cui si va parlando fra Trump e Putin. Ci saranno senz’altro aspetti più folkloristici che concreti, assertori e avversari ne hanno parlato in toni esagerati, ma questa pianta ha delle radici che vanno esaminate.

A questo discorso da imprenditore i leader europei potrebbero e dovrebbero dare risposte da statisti, mettendo sulla bilancia due fattori: il carico delle spese e la scelta degli investimenti: un discorso che potrebbe essere accetto a Washington. Basato sulla Storia. La Nato è stata la più forte e vittoriosa alleanza di tutti i tempi perché appoggiata sulla potenza nucleare americana e sulla chiara definizione del Nemico. Lo spiegava bene perfino il nome ufficiale, «nordatlantica» e dedicata a fronteggiare l’Unione Sovietica. La dissoluzione di quest’ultima è stata anche un trionfo della Nato, ma l’ha sospinta in una crisi di identità. Da un lato, una espansione che ha assorbito gli ex satelliti dell’Urss, dall’altro la tentazione di essere usata come strumento anche in zone del mondo per le quali non era stata creata, a cominciare dal Medio Oriente, aprendo così una fascia di possibili contraddizioni. Che gli europei potrebbero affrontare con delle nuove offerte però non incondizionate. Dire a Trump che siamo pronti a contribuire di più per rafforzare le nostre difese, ma non per finanziare una alleanza mondiale in cui avremmo un ruolo inevitabilmente più modesto. Pasolini.zanelli@gmail.com

SEGUE DA PAGINA 7 D. Come per Brexit, dopo l’esito del referendum: via alla raccolta delle firme. R. È come se, nell’inconscio collettivo, si fosse inserito il meccanismo del reality. D. Lei è anche un osservatore del mondo televisivo. Qualcosa l’ha colpita? R. Sono da due mattine si fa il pieno di giaculatorie, di piagnistei, del tipo «siamo all’anno Mille». Mancano sono le sette piaghe, le cavallette. Insomma, in fondo, la democrazia è bella, finché non vincono gli altri. È il segno di una perdita di nesso con la realtà che è trasversale alla sinistra. Anche quando si invoca, viceversa, la presa d’atto della realtà stessa. D. Per esempio? R. Prenda Pier Luigi Bersani. Nel momento in cui legge la sconfitta di Trump, lo fa, linguisticamente, nella maniera più improbabile, citando un proverbio che più contorto non si può. D. Quello della mucca nel corridoio che non viene vista? R. Precisamente. Una sorta di proverbio zen, su cui uno si spacca la testa a cercare di decifrare. D. Almeno, è un tentativo di leggere quei fatti. R. Sulle letture del voto americano, ho stilato una mia personale classifica. D. Ossia? R. Gliela leggo, partendo di fondo. Al quinto posto c’è «gli americani sono impazziti», sempre della serie «quando

non votano il nostro candidato». Quindi, della Bibbia, certo. R. Quindi, al secondo posto, la misoal quarto, le reazioni di genere, ovvero «com’è possibile che ‘quelle’ non ab- ginia tout court, ovvero «il mondo non è biano votato una donna?» Si potrebbe pronto per un presidente donna». Conchiamare l’obiezione New Yorker (men- statazione che, però, non ha mai riguarsile colto, ndr), alla quale la realtà si dato vittorie elettorali come quelle di oppone mostrando come, tolto il fumo Golda Meir, Margareth Thatcher della campagna, le donne siano colpite o Angela Merkel e siamo di nuovo al più dalle vicende che riguardano l’eco- «democrazia è, se vinciamo noi». D. Non mi ha nomia e l’immidetto lo «spiegrazione che non I guru del veltronismo non se la gone» numero dalle questioni di passano bene, aderiscono al renuno, come lo genere. chiamerebbeD. Eppure zismo ma in modo problematico, ro a Gazebo. sembravano per convenienza. Dissimuleranno R. Al top c’è queste ultime, mestizia e preoccupazione, per la Bernie Sana un certo, moguerra e la fi ne del mondo ma, ders, ossia «se mento, la svolta dopo un editoriale di Concita Di ci fosse stato della campagna. Gregorio, sarà festa grande. Son lui, Trump non R. Non ho anavrebbe vinto», cora sentito nesfiniti i tempi bui. I mal di fegato che dimostra ansuno, a sinistra, cronici. La vita passa in fretta cora la perdita di domandarsi sulla senso di realtà presa effettiva di questi argomenti. Non che il maschi- della sinistra: Sanders poteva andare lismo di Trump fosse in discussione, bene come candidato di primaria, al basti ricordare che ha diretto Miss massimo. Insomma, siamo negli Stati Universo, ma è altrettanto chiaro che, Uniti. D. Eppure circola l’idea che un oltre al New York Times, non è fregato a nessuno. Sono residuati anni ’60-’70, candidato più a sinistra ce l’avrebbe fatta. non influenzano più. R. Mi ricorda lo stupore di Massimo D. Torniamo alla nostra classifica dei luoghi comuni. Chi c’è al Cacciari dopo il voto romano e dinnanzi alla mappa del voto pro Pd nei soli terzo posto? R. La spiegazione «evergreen», ossia quartieri Parioli e Prati. Siamo ancora «l’America non è solo Woody Allen» all’identificazione poveri e sinistra, ricchi e destra. Con Trump è lo stesso: sicma che c’è quella rurale... D. ... e poi la Bible belt, la cintura come dovevamo recuperare il voto dei

lavoratori, avremmo dovuto candidare un socialistoide alla Sanders. Come se non fosse noto che, anche in America, si possa vincere solo conquistando il ceto medio. D. Poi c’è questa insistenza sul limite della democrazia, sull’imperfezione del voto popolare R Curiosa insistenza, ma vien così spesso ripetuta – era successo anche con Brexit - che sta diventando ormai un valore della sinistra. Una capriola: fa impressione pensare che gente di sinistra immagini di ridurre il suffragio universale. Insomma, ci si può aspettare dal conte Ruspoli, non da gente del Pd. D. Lei è un osservatore attento, e piuttosto critico, del veltronismo. Come vede quel mondo dinnanzi a questo inaspettato, emergente trumpismo. Come reagiranno i Veltroni, i Francesco Piccolo. Come reagirà Massimo Recalcati, suo recente bersaglio polemico? R. I guru del veltronismo non se la passano bene, aderiscono al renzismo ma in modo problematico, per convenienza. Dissimuleranno mestizia e preoccupazione, per la guerra e la fine del mondo ma, dopo un editoriale di Concita Di Gregorio, sarà festa grande. Son finiti i tempi bui. Pensi che Fabio Fazio e Massimo Gremellini, dopo B., dopo il tycoon de noantri, si potranno occupare di questioni globali e saranno, essi stessi, intellettuali globali. twitter @pistelligoffr


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