Marco Damilano, ItaliaOggi 3 agosto 2016

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Mercoledì 3 Agosto 2016

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Marco Damilano - Lo aveva minacciato contro i frenatori del suo partito prima dei ballottaggi

Renzi ha deposto il lanciafiamme Il personalizzatore adesso sta depersonalizzando il Pd R. Invece sì, ha evocato, in tv a Otto DI GOFFREDO PISTELLI e mezzo, l’immagine del lanciafiamme l vicedirettore de L’Espresso, Mar- da utilizzare nelle stanze del potere co Damilano, non si sottrae a piddino, ma appunto, si era fra primo una chiacchierata sulla politica, e secondo turno. Ancor prima del voto, neanche in una calda mattina aveva preannunciato il cambio della d’estate. Questo romano classe 1968, segreteria, un organo che non riunisce storico di formazione, nel giornalismo mai e di cui sfido un militante qualè sempre stato una penna pregiata siasi a dire 2-3 nomi... di politica, di cui è stato inviato fino D. E invece niente. E sì che il ria pochi mesi fa, ma soprattutto un sultato forniva un bel pretesto. analista acutissimo. Intervistato da R. Non è successo niente, il lanciaItaliaOggi alla vigilia del voto ammi- fiamme è stato riposto nel «guardaronistrativo di maggio, Damilano pro- ba dei cani», come direbbe Giampaonosticò con esattezza il disimpegno lo Pansa. Non è saltato un segretario di Matteo Renzi, regionale, né un i rischi per il Pd in coordinatore cittaÈ rimasto al suo posto piazze storiche, la dino. Matteo Orpersino il presidente del vittoria di misura fini... partito, Orfini, che pure, su quella milanese. D. Il presidente Domanda. Quadel Pd, sconfitto prima, aveva addirittura si un vaticinio, numero uno nelcandidato il disastroso l’intervista che ci la Capitale... Ignazio Marino e poi, rilasciò nell’apriR. Orfini, che come se non bastasle scorso. Salvo aveva voluto Ignase, aveva subìto nella che per un punzio Marino, che to. poi l’aveva dimiscapitale una clamorosa Risposta. Ah sì, sionato portando i sconfitta e quale? consiglieri comuD. Che Renzi nali dal notaio, ha avrebbe approfittato dell’insuc- incassato una sconfitta clamorosa, cesso elettorale, per sbaraccare con quartieri in cui il Pd sta sotto il la classe dirigente del Pd. 20%, Orfini, dicevo, sta ancora là. R. Arriverò a questo punto, ma priD. Di Roma si è parlato poco, ma faccio un passo indietro. forse era davvero attesa questa D. Prego. débacle. R. Mi aspettavo un disimpegno del R. Della Capitale s’è parlato pochi premier da quella campagna, lo aveva minuti, in una direzione. Un po’ come persino annunciato. Temeva soprat- accadde con Walter Veltroni, segretutto Roma. Poi è accaduto che, nelle tario dem, che non fece un minuto di due settimane successive al primo analisi della sconfitta di Francesco turno, siano stati gli stessi candidati Rutelli da parte di Gianni Alemandem a chiedergli di non venire. no. Eppure dal laboratorio capitolino D. Piero Fassino, quasi subito era venuto fuori lui, il segretario del ed esplicitamente. Pd. Ecco, oggi, Renzi ha fatto lo stesso. R. Beh il sindaco di Torino dichiarò, E il partito a Roma non si tocca ma dopo pochi minuti dai risultati, che è sempre più assente anche nei suoi quella campagna elettorale aveva riti storici: per la prima volta, in luavuto un carattere nazionale. Meno glio non c’è stata la Festa dell’Unità scontato che, a Milano, Beppe Sala, cittadina. il renziano perfetto, l’uomo del Partito D. Ma perché questo cambio di della nazione, giocasse la stessa car- atteggiamento, in Renzi? ta: ossia quella di essere il candidato R. Perché nel frattempo è cambiata di un centrosinistra largo, più simile la strategia, o forse sarebbe meglio all’Ulivo che al Pdn. Ecco, lì comin- dire la tattica, del segretario del Pd. cia la lunga marcia di Renzi verso la Renzi, almeno per un po’, cerca di spersonalizzazione del referendum, smettere di far pensare agli italiani tappa capitale. che tutto il mondo giri su di lui, sulla D. Il presidente del consiglio s’è sua felicità di essere presidente del lasciato convincere ad abbassa- consiglio, e sulle sfide che lui, di volta re il tono sull’esito referendario: in volta, si assegna da solo. non sarà sul suo futuro politico. D. Da qui passa la spersonalizR. Spersonalizzare, per Renzi, equi- zazione? vale a una mutazione genetica o, se R. Renzi, nel suo programma, aveva vuole, una rivoluzione copernicana, tutto chiaro: crisi istituzionale profonper lui nasce come leader all’insegna da, in un Paese che è incapace di fare della superpersonalizzazione. Più le riforme, un outsider, un semplice che il Pd, in effetti, Renzi prova a far sindaco, che fa la scalata e, in una lesvoltare se stesso e un sistema fon- gislatura devastata, riesce a cambiare dato sulla sua persona. In un partito la Costituzione con un voto popolare. vecchio stile, si sarebbe convocato un Uno schema gollista. congresso, in un partito così persoD. E quale sarebbe stata la nonalizzato si riunisce a malapena lo stra Algeria? staff ma si basa tutto sull’intuito del R. La nostra disfatta era quel 2011, leader. con gli spread che volavano, l’incapaD. Torno al punto. E il Pd? cità dei governi tecnici, l’affermarsi R. Mi aspettavo che Renzi sareb- di Beppe Grillo, l’impossibilità di be andato a una direzione tuonando eleggere un presidente con la concontro il suo partito che non era di- seguenza di richiamare al Colle un ventato abbastanza renziano e aveva uomo alla soglia dei 90 anni. perso. Quello che ha scritto oggi (ieri, D. Il sì o il no del referendum ndr) sul Foglio un renziano acuto e dovevano essere a lui, Renzi, e al pensante come Antonio Funiciello, suo programma. diverso dai tanti replicanti del Capo. R. Una sorta di plebiscito. In effetti, D. E invece? lo strumento, il dire «sì» o «no», è di

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i muscoli, e così cresce il fronte del una chiarezza estrema. “No”, mentre la platea s’appassiona. D. E adesso? R. Adesso, paradossalmente, regna E tutto, nei piani del premier, doveva la confusione, l’ambiguità, l’incertez- finire come alla corrida. D. Col toro matato. E invece? za. Non sappiamo neanche quando si R. Invece quest’anno è stato accivoti. Il referendum sembra entrato in dentato, non solo per lui, ma anche un porto delle nebbie molto italiano. D. Parrebbe in novembre inol- per il Paese. Basta leggere i giornatrato. li di oggi: stanno per cominciare i R. Scelta non politicamente neutra. bombardamenti sulla Libia ai quali Sappiamo che si vota sui 45 articoli parteciperemo; c’è la tempesta finandella riforma Renzi-Boschi ma, di ziaria sulle banche, c’è stata Brexit, fatto, si vota anche sulla legge elet- uno shock per tutte le classi dirigenti torale. Che ora tutti voglio cambiare. europee, perché un pezzo di popolazioOddio proprio tutti no... ne britannica di fatto ha votato contro D. Esatto, il M5s che ha annu- suoi interessi e contro l’establishment sato la vittoria, ora vorrebbe te- schierato. E altri ne arriveranno. nersela quella “legge truffa”. E D. Cioè? R. Quello lanciato dal premier maRenzi? R. S’è messo nel backstage e si co- giaro Viktor Orbàn, sui migranti e, minciano a sentire cose del tipo «di- anche se è un’elezione, ha caratteriscutiamo nel merito», «se perdo, mi stiche molto simili il voto presidendimetto dal governo», quando aveva ziale ripetuto in Austria. Tutto in autunno. parlato di lasciare la politica. D. La corrida c’è, lei dice, ma il D. Che significa? R. Che Renzi affronterebbe la crisi torero vorrebbe tirarsi indietro. R. Cercherà di smaterializzarsi, di Governo da segretario Pd, da expremier, dando in qualche modo le qualcuno l’ha chiamata strategia del sommergibile: lanciare siluri dal procarte. D. Contraddittorio della sua fondo o riemergere in prossimità del bersaglio, per affondarlo. storia, mi pare di capire. D. Intanto. R. Renzi è stato sempre l’uomo R. Intanto i fronti sono fin troppo dell’azzardo, del giocare il tutto per tutto: l’aveva fatto nelle primarie del surriscaldati: sui binari del “No” e del 2012, contro Pier Luigi Bersani, e “Sì”, vengono caricati vagoni enormi, così contro Gianni Cuperlo l’anno tipo il richiamo a Recep Erdogan e la deriva autoritaria, dagli opposidopo. tori della riforma, o la possibilità di D. Ora invece? R. Ora comincia ad assomigliare a combattere meglio il terrorismo, come ha fatto, per il “Sì”, qualcosa di più fala stessa Maria miliare e conosciuIl Pd a Roma non si tocElena Boschi. E to, ossia il politico ca, è il nuovo leit motiv. nelle prossime ore, che gioca la posta a Ma è come se fosse stato la corrida si farà pezzetti, che si tiene rovente. le mani libere per anestetizzato. Non a D. Per cosa? un’exit strategy. caso è sempre più asR. Per la nomina D. Ma secondo sente anche nei suoi riti dei nuovi direttori lei s’aspettava storici. Quest'anno, per di testata della Rai. questo generale la prima volta, non c'è Quelli del “No” diconvergere sul ranno che un avvi“No” di un fronte stata neanche la Festa cinamento al voto così vasto ed etedell'Unità referendario, per rogeneo? mettere in sicurezR. Direi che non solo se lo aspettava, lo auspicava. za l’informazione Rai. D. Lei che ne pensa? Quando disse che, in caso di sconfitta, R. Che la manovra agostana sulse ne sarebbe andato, il giorno dopo il Fatto quotidiano scrisse: «Adesso le testate Rai è stata un classico di facciamo i comitati per il No». Renzi molti governi. C’è sempre un ordine voleva accendere una corrida, dram- di servizio il 3-4 agosto, tentazione matizzare il referendum, anche contro irresistibile per ogni consiglio di aml’astensionismo. Si ricorda cosa disse ministrazione di nomina governativa, perché in autunno arrivano sempre a Miguel Gotor l’estate scorsa? D. Alla vigilia di una lettura scelte economiche difficili e, nella importante della riforma al Se- primavera successiva, c’è sempre un turno elettorale da qualche parte. In nato? R. Esatto. La sinistra Pd era sca- questo senso Renzi non cambia molto tenata. Oddio, scatenata (ride), come verso, diciamo. D. Il “No” polemizza anche sullo può esserlo la minoranza interna. E batteva sui senatori nominati ecc ecc. spostamento in avanti della data E Renzi, ancora più toscaneggiante del referendum, che lei richiamadel solito, disse: «Ma il senatore Gotor va prima. R. Renzi, il torero, spera che il toro crede che gli italiani, in estate, pensino a come si eleggono i senatori, o si stanchi, che arrivi spompo all’apal lavoro e alle tasse?» E infatti mise puntamento, che magari il M5s scivole basi per la manovra successiva, li a Torino a o Roma, dove Virginia che tolse l’Imu dalla prima casa. In- Raggi è in diffi coltà. Spera che il somma, per riscaldare il clima, per centrodestra si divida, come ha coeccitare l’elettorato Renzi ha aizza- minciato a fare, e come farà di più a to il toro col drappo rosso, non della settembre, quando Stefano Parisi riforma ma del suo futuro politico: presenterà la sua nuova Forza Ita«La posta in gioco sono io», è come se lia, e Matteo Salvini non starà a guardare. E poi, nel frattempo, Renzi avesse detto. D. E il toro s’è infuriato. R. Il toro gioca la sua natura, gonfia continua a pagina 8


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La sigla completa aggiunge a Fratelli d’Italia anche la vecchia dizione di Alleanza Nazionale

Il partito della Meloni si allunga L’archiviazione della Fiamma tricolore resta invece in sospeso DI

MARCO BERTONCINI

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ipotesi di archiviare la fiamma tricolore, antico simbolo del Msi e, dal ’94, di An, divide la maggiore formazione della destra, Fd’It, che non soltanto nel contrassegno ma altresì nel nome riprende An (la sigla completa è Fratelli d’ItaliaAlleanza Nazionale). Giorgia Meloni riconosce: «Nel nostro partito è in corso un dibattito aperto». E si discute pure sulla novità rappresentata da Stefano Parisi in Fi. Le Amministrative hanno segnato un’indubbia affermazione per la destra capitolina (e per la Meloni in prima persona), pur senza giungere all’agognato ballottaggio, ma non hanno sempre altrove registrato esiti soddisfacenti. Gli stessi sondaggi continuano ad assegnare un livello sotto la soglia del 4%, che non fu raggiunto da Fd’It alle Europee, subendo l’esclusione dall’Europarlamento. Restano fuori del partito gruppetti locali, oltre che la ben più estesa Casa Pound. Insomma, il partito della Meloni sembra diventato il punto di raccolta dei superstiti antichi elettori Msi e An, ma anche e soprattutto di richiamo per giovani, sui quali la stessa Meloni ha sempre scommesso. Converrebbe togliere la fiamma? I nostalgici ci sono sempre anche se ogni anno ragioni anagrafiche li falcidiano. Come c’è chi ancora vota per l’Udc perché vede lo scudo crociato (ma saranno poche decine di migliaia), così partiti storici come il Pri e il Pli, quando si presentano, riescono ad attrarre qualche decimo di punto (di solito anche meno). Quindi, bisogna valutare se il cassare l’antico contrassegno rechi più possibilità o più perdite. Guardare avanti è il motto che gli antifiamma sostengono. E i rapporti con Fi? Le comunali hanno segnato accordi e liti, culminate nella grande sceneggiata per il Campidoglio. Dopo di allora, sono inesistenti e mai riallacciati i legami con il Cav. Procedono, invece, le buone relazioni con i personaggi che in Fi guardano volentieri all’alleanza con la destra, anche per esigenze di collegamenti locali (vedasi Giovanni Toti, in Liguria). La Meloni ha confermato, al Corriere della Sera, di non avere motivi per dissentire da Matteo Salvini o (erano state adombrate ombre) da Marine Le Pen. E ha espresso la scontata lontananza da Stefano Parisi, confermando che l’impegno del partito sarà, fino all’autunno, proteso a far vincere il no. Ovviamente tale impegno lascia indifferente il rifondatore di Fi, che ostenta di non volersi occupare più di tanto del referendum. © Riproduzione riservata

MENTRE MARIA STELLA GELMINI SI È STACCATA ALL’ULTIMO MOMENTO DAL TRIO ANTI PARISI IN FI

Ora rischiano Giovanni Toti e Paolo Romani Cresce intanto alla Camera anche il fronte contro Brunetta Diverso il discorso di Romani, che aveva stretto un patto di ferro con Toti e Maria Stella Gelmini sull’onda di quell’asse del Nord secondo cui è centrale l’alleanza con la Lega. Proprio quel modello Milano che ha consentito a Parisi di sfiorare la vittoria nel capoluogo lombardo. Ma mentre la Gelmini sembra essersi sfilata e aver fatto buon viso a cattivo gioco, con dichiarazioni assai accomodanti nei confronti del manager ex fondatore di Fastweb, Romani resta ancorato all’asse con Toti e anzi, davanti a Berlusconi, ha spiegato che «è proprio grazie a loro che Parisi a Milano ha ottenuto un buon risultato e non il contrario». Peccato, però, che sia nel gruppo alla camera che in quello al senato il fronte pro-Parisi stia crescendo in maniera proporzionale al malcontento nei confronti dei due capigruppo. «Parisi è una luce in fondo al tunnel, sta ridando speranza a un partito che non ne aveva più. Osteggiandolo facciamo solo del male a noi stessi e a Forza Italia. Romani e Brunetta devono capirlo. Se non ci arrivano, quando si farà il nuovo partito tanto vale cambiare anche i capigruppo», confessa un senatore azzurro sotto la garanzia dell’anonimato. Quel che resta dell’asse del Nord, però, gioca di sponda con Lega e Fdi. Così si spiegano gli attacchi a Parisi provenienti da Matteo Salvini e Giorgia Meloni. L’ex direttore generale di Confindustria e fondatore di Chili tv, intanto, ha avuto il merito si spaccare pure il Carroccio, perché, a fronte della chiusura di Salvini, c’è invece un Bobo Maroni assai aperturista. Parisi, nel frattempo, in questo giorni ha incassato l’endorsement anche di una figura di peso come Antonio Tajani. Il manager in questi giorni era al lavoro sui conti del partito a San Lorenzo

in Lucina insieme a Gregorio Fontana e Alfredo Messina, il mago dei numeri di Mediolanum. Al suo fianco si può annoverare anche il resto della cerchia strettissima di Berlusconi: Gianni Letta, Niccolò Ghedini, la figlia Marina, Sestino Giacomoni e Valentino Valentini. E naturalmente Fedele Confalonieri. Schierati con Parisi, poi, anche Nunzia De Girolamo, Stefania Prestigiacomo, Francesco Giro e Anna Maria Bernini. Lunedì 1 agosto e martedì 2 agosto l’ex ad di Fastweb incontrerà tutti i coordinatori regionali. Alla finestra, in attesa dell’evolversi degli eventi, stanno la Gelmini e Mara Carfagna. Non pervenute, invece, Maria Rosaria Rossi e Deborah Bergamini. Tornando al fronte anti-Parisi, ecco Altero Matteoli e Maurizio Gasparri. «Siamo qui a fare politica da anni, molti di noi hanno ricoperto incarichi di responsabilità, abbiamo retto dicasteri, e ora non possiamo farci insegnare il mestiere dall’ultimo venuto», ha detto Matteoli nell’ultimo vertice davanti al Cavaliere. A dividere, naturalmente, non è solo la figura di Parisi, ma il progetto politico che c’è dietro. Perché, se vincerà la linea del manager, si andrà avanti in un’ottica centrista e liberale, magari reimbarcando anche Angelino Alfano, con la destra lepenista marginalizzata in un angolo: l’alleanza con la Lega non sarà più strategica, anzi potrebbe non esserci affatto. Per questo Parisi fa tanto paura a Salvini. Il quale già fa sapere che a settembre non sarà alla convention del manager per la riorganizzazione del centrodestra. Vedremo, in quei giorni post vacanzieri, se Parisi sarà riuscito a portare altri pezzi del partito azzurro dalla sua parte. Formiche.net

vuole avviare la Legge di stabilità, spe- senso, anche se non fosse plebiscitario come nelle attese. rando di renderla un po’ espansiva. D. Senta, ma dato che il M5s vuole D. Compito arduo? R. Abbastanza, se lo stesso Renzi, questa legge elettorale e Renzi vuol intervistato da Stefano Cappellini vincere il referendum, non potrebbe scattare un’insu Repubblica, evoca tesa più o meno i problemi ereditati Il referendum, da occasotterranea: desidai governi Monti e sione plebiscitaria, semstenza dei grillini Letta. Anche qui, un bra essere entrato nel sul referendum, in film già visto. Un po’ cambio del mantecome la vicenda dei porto delle nebbie. Non nimento dell’Italirifiuti a Roma, di cui si sa neanche quando si cum col secondo non incolpo la Raggi, terrà. Renzi, da spericoturno? intendiamoci, ma che lato giocatore d'azzardo, R. È un’ipotesi la cui responsabilità come era, si tiene ora le che mi intriga molto, si fa risalire a Mamentre tutti parlano rino, Veltroni, Alemani libere per una exit di nuovo Nazareno. manno, su su fino a strategy Effettivamente la Romolo e Remo. convergenza ci saLa colpa è sempre di rebbe: il punto è se Renzi tiene sull’Itaquelli prima. D. Secondo alcuni, nella narra- licum o cede a metà del suo partito e a zione renziana che lei richiamava Giorgio Napolitano, che gli chiedono all’inizio, c’era il voto con l’Itali- di cambiarlo proprio in funzione anticum, nel 2017, a referendum vinto. M5s. D. Seconde lei? Uno schema che vale ancora? R. Se Renzi accettasse di cambiare R. Secondo me sì. Se Renzi vincesse, non rinuncerebbe a capitalizzare il con- l’Italicum darebbe un segnale al centro-

destra, a Silvio Berlusconi, a Parisi ma dovrebbe prepararsi a un governo di coalizone con questo centro, chiamiamolo così. D. Se non cambiasse? R. Se non cambiasse, come credo, continuerebbe verso la sua idea presidenzialista, che è poco esplicitata nella riforma, tanto da non toccare gli articoli della Costituzione che riguardano la forma di governo, il presidente del Consiglio incaricato dal capo dello Stato e fiduciato dal Parlamento, ossia il 92 e il 94. D. Lei dice che il presidenzialismo di Renzi è sottotraccia? R. Si è un po’ tradito quando ha detto che bisognava limitare i mandati del presidente del Consiglio, perché il mandato, nella nostra Carta fondamentale, non esiste. Alcide de Gasperi non ebbe otto mandati, ha presieduto otto governi. Un errore che svela l’idea, in Renzi, di proseguire, successivamente il lavoro, in senso presidenziale. Intanto, l’abbinata riforme-Italicum gli consentirebbe di fare il sindaco d’Italia.

DI

GIANLUCA ROSELLI

D

a quando Stefano Parisi è stato incaricato da Silvio Berlusconi di studiare il rilancio di Forza Italia, tra gli azzurri è scoppiato il caos. Come sempre accade in questi casi, chi ambiva a un ruolo di comando ha visto frustrate le proprie ambizioni e si è visto scavalcato. Per di più sono stati scavalcati da da una persona esterna al partito, proveniente dalla società civile, «calata dall’alto», per dirla alla Giovanni Toti. Il quale dimentica che un bel giorno Berlusconi lo pescò dai tg Mediaset per trasformarlo nel suo consigliere politico. Toti, dunque, sembra essere la vittima numero uno dell’opzione Parisi. Ma questa è storia nota: al Cavaliere non è piaciuta un’intervista rilasciata dal governatore ligure nei giorni dell’operazione al cuore dove egli parlava già con il tono del futuro leader. Parisi, però, sta subendo il fuoco di fila da un bel pezzo di partito, a partire dai due capigruppo di camera e senato, Renato Brunetta e Paolo Romani. Il primo soffre di eccesso di personalismo, quindi qualsiasi individuo che arriva e lo supera (nel rapporto con Berlusconi) è da abbattere. Così Brunetta ha iniziato a inveire contro Parisi accusandolo di intelligenza con il nemico, ovvero Matteo Renzi. L’ex candidato sindaco a Milano gli ha poi fatto lo sgarbo di fare la sua prima uscita pubblica da leader in pectore di Fi a un’iniziativa per il No di Gaetano Quagliariello. Apriti cielo. «Venga con me a fare campagna referendaria per tutta l’estate e allora si comincia a ragionare. Altrimenti quella di Parisi è solo una melassa centrista», ha dichiarato il funambolico capogruppo a Montecitorio.

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