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Martedì 3 Gennaio 2017
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Lo applicò nel 1905 per portare la luce elettrica a Caltagirone di cui era pro-sindaco
Sturzo e il project financing In 15 anni portò l’alfabetizzazione dal 4 al 40% R. Sturzo praticamente inventò il project financing: il comune è un episodio poco realizzava coinvolgendo poi un noto della vita pub- privato nella gestione. Capiva blica di don Luigi che solo il gestore privato poteva Sturzo, il fondatore garantire l’innovazione tecnolodel Partito popolare: per 15 anni gica in modo costante e i relativi pro-sindaco di Caltagirone (Ct), miglioramenti del servizio. Non il sacerdote sceso in politica dotò solo. D. Non solo? quella cittadina di un moderno R. Non solo, con appositi impianto di illuminazione e si impegnò in un’aspra battaglia bandi, garantiva alle aziende e per realizzarlo, facendolo costru- ai privati l’allaccio gratuito, con ire al comune, per poi darlo in realizzazione del relativo imgestione, anziché municipaliz- pianto, se avessero sottoscritto zarlo. Era il 1905. Una piccola il contratto entro quattro mesi grande storia di buona ammini- dall’avviamento della fornitura. In questo strazione, di olmodo, dimostrava tre un secolo fa Aiutava la gente al futuro gestore, che Francesco in modo non asla redditività del Failla, calatiportafoglio clienti. no, classe 1970, sistenziale. Portò D. Clamoroso, direttore della l’acqua ai terreni, per l’epoca. biblioteca dioaiutò i contadini con R. Sturzo volecesana, nonché le cattedre ambuva fare di Caltavicepresidente lanti di agricoltura, girone la «Milano dell’Associaziointrodusse il credito del Sud». Ma c’era ne bibliotecari dell’altro. ecclesiastici con la cassa rurale D. Che cosa? italiani-Abei, R. Voleva coha ricostruito ne I lampioni di Caltagirone struire un sistema virtuoso, in grado di creare un indotto e mi(Edizioni Dehoniane) Domanda. Che cosa ha di gliorare così, complessivamenparticolare quel frammento te, la qualità di vita dei calatini. Non fu semplice: occorsero 17 di storia sturziana, Failla? Risposta. Beh innanzitutto anni perché gli interessi partisegna una svolta nel pensiero colari si frantumassero. D. Che Sturzo emerge, da del sacerdote. questo libro? D. Vale a dire? R. Un uomo con le mani in R. Vale a dire che Sturzo sconfessa il proprio, forte, municipa- pasta. Ricordiamoci che erano lismo. E lo fa in un momento in ancora i tempi del Non expedit cui la stessa legge imporrebbe ai papale e non conveniva che i comuni di municipalizzare tut- cattolici facessero politica, figuti i servizi pubblici, dall’acqua riamoci un prete. D. Infatti la sua pro-sindaall’illuminazione. catura fu un’invenzione per D. Sturzo invece? DI
GOFFREDO PISTELLI
C’
aggirare il divieto ai sacerdoti a candidarsi. R. Esattamente. Ma comunque, a suo favore si schierarono molti cardinali e molti vescovi. Fu una picconata al Non expedit ma anche all’Italia giolittiana. Il lavoro di Sturzo si inserì infatti nel solco tracciato dall’Opera congressi: dare un fondamento popolare all’azione politica. D. A portare la politica fuori dalle sagrestie fu un prete. R. Sì, può apparire paradossale, ma l’azione politica di Sturzo dimostrò che la confessionalità in politica non era necessaria ma un agire politico cristianamente ispirato era necessario. Egli amava ripetere che si può essere di diverso partito, sostenere le proprie tesi sul terreno politico ed economico eppure amarsi cristianamente. D. Infatti, nel Dopoguerra, si scontrò con Alcide De Gasperi sul ruolo della Democrazia cristiana, in quanto partito dei cattolici. R. Sturzo fu abbastanza scomodo. Molti carteggi dimostrano che il suo rientro dagli Stati Uniti, dopo la caduta del fascismo, era inviso a una parte della Curia vaticana. Gli si propose di stabilirsi a Salerno, anziché nella «chiassosa Roma»: Lontano dalla sua Sicilia, ma anche dalla Capitale. D. Un santo esilio. R. Che lui non accettò. D. Da un punto di vista amministrativo, cosa insegna la storia de I lampioni di Caltagirone? R. È l’azione di un uomo che si misurava coi bisogni della
propria gente. In un modo non assistenziale: ai contadini portava l’acqua fino ai terreni, la luce e gli offriva le competenze degli agronomi attraverso «la cattedra ambulante dell’agricoltura». Gli faceva credito, importando il modello delle casse rurali lanciato in Veneto da don Luigi Cerutti. D. Visionario e concreto. R. Durante i quindici anni della sua pro-sindacatura il tasso di alfabetizzazione di Caltagirone passò dal 4 al 40%. D. Investiva nell’istruzione? R. Molto. E, più in generale, fu il primo a parlare di investimento nella spesa pubblica. Prima era tutto percepito come «costo». D. Senta ma questo pensiero è qualcosa di 100 anni fa o ha ancora qualcosa da dirci? R. A me pare attualissimo. Sturzo era convinto che non la confessionalità o l’appartenen-
za politica dovessero distinguere chi si impegna ma l’affermarsi dell’interesse generale su quello particolare. La luce elettrica, per cui si batteva, era anche per i suo avversari politici e i suoi detrattori. D. Il paragone con l’oggi è imbarazzante. R. Mancano «i liberi e i forti» a cui si appellava: perché nella creazione della classe dirigente è sempre più è venuta a mancare quella dimensione morale che oggi si ascrive solo al piano della confessionalità. D. Non è così? R. No, infatti lo dimostrò lui stesso, facendo una politica non confessionale pur essendo sacerdote. D. Lezione attuale, dunque? R. Attuale e attuabile. E in grado ancora oggi di illuminare le zone buie della politica italiana. Twitter @pistelligoffr
SCOVATI NELLA RETE
IN CONTROLUCE
Grillo non difende certo la libertà di opinione. Chiunque abbia un’opinione diversa dalla sua, e voglia esprimerla, viene espulso DI
T
DIEGO GABUTTI
orquemada de noantri, «vaffista» inesausto, specialista d’anatemi e gran persecutore d’eretici, Beppe Grillo non ha perso l’occasione di mettere in imbarazzo se stesso e tutti gli Associati dando del Grande Inquisitore a Giovanni Pitruzzella, il presidente dell’Antitrust sceso in campo (armato di paroloni) contro le «post-verità» del web, che «in politica sono uno dei «driver» del populismo e una minaccia per le nostre democrazie». C’è da temere, come fa Beppe Grillo, che il proposito di regolamentare le opinioni espresse in rete, bonificando Internet («un west selvaggio») da bufale e fakes, non sia così innocente: «regole», nel paese delle eccezioni, è stata sempre una parola sinistra. Però uno si domanda che cosa difenda l’ex Comico quando s’autoproclama campione della rete libera e gioconda contro «l’Inquisizione dei partiti» e nel nome di quanti s’abbeverano alle sacre
fonti della rete e rifiutano le «balle dei bero gl’infiniti svarioni storici, geogragiornali». fici, scientifici e di varia cultura dei suoi Di sicuro non difende la libertà seguaci e suoi personali (né si spieghed’opinione: chiunque abbia un’opi- rebbero le spallucciate con le quali lui e nione propria, diversa dalla sua e da gli altri reagiscono quando sono presi in quella del Politburò castagna). All’ex mezza pippa, Grillo Comico e ai suoi Grillo non difende neppure lo caccia dall’antiAssociati basta la causa dell’attendibilità delle partito; alla faccia che le «notizie» della costituzione non facciano notizie. Della fondatezza delle più bella del mondo, prigionieri. Una informazioni fatte circolare sul addirittura pretennotizia, mezzaweb (e in particolare dal suo blog) de che gli eletti del pippamente non potrebbe importargli di meno, «moVimento» illuparlando, serve altrimenti non si spiegherebbero strino e sostengano esclusivamengl’infi niti svarioni storici, geografi esclusivamente i te ad attribuire dogmi degli Assoa qualcuno la ci, scientifici e di varia cultura dei ciati (detti anche colpa di qualcosuoi seguaci e suoi personali «casaleggesi», equisa: ieri i capitavalente internetlisti e gli ebrei, tiano dei «casalesi», per dirla come la oggi (molto più modestamente) Paolo direbbe una «post verità» della «rete»). Gentiloni e Matteo Renzi, la stampa Grillo non difende neppure la causa «ballista», l’euro, la Cia e le persone radell’attendibilità delle notizie. zionali. Grillo, Casaleggio e Associati Della fondatezza delle informazioni non difendono, per finire, nemmeno la fatte circolare sul web (e in particolare libertà d’espressione, esclusa naturaldal suo blog) non potrebbe importargli mente la propria: a loro è permesso dare di meno, altrimenti non si spieghereb- del «container di merda liquida» o del-
la «vecchia puttana» (è ciò che il Fatto quotidiano chiama satira) a chiunque stia loro sull’anima ma guai a dar loro dell’«accozzaglia» o dei «bolliti». Che cos’è, allora, che l’eroico Beppe Grillo, da quel Premio Pulitzer vivente che è, difende dal presidente dell’Antitrust, Giovanni Piruzzella, spietato censore? È presto detto: Grillo difende il diritto suo e dei suoi seguaci di diffondere bufale e fakes per ogni dove. Due le cose sacre, agli occhi degli Associati: la proprietà dell’antipartitoazienda e il riservato godimento di bufale e fake da parte del consiglio d’amministrazione del «moVimento». Né Dio né la Stampa né la Legge s’arrischino non diciamo a sanzionare i reati di cui si rendono responsabili i disinformatori (diffamazione e calunnia, per cominciare) ma anche soltanto a confutare le belinate diffuse dalle mezze pippe che imperversano in rete. Pazzi tranquilli e pazzi pericolosi devono potersi esprimere liberamente senza lo psicofarmaco della libera critica e la doccia fredda delle condanne penali in caso di reati a mezzo bufala.