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Sabato 14 Marzo 2015
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Marco Damilano: i partiti si erano accecati e non vedevano più le cose come gli italiani
Renzi esce da 40 anni di vuoto Così si spiega come sia riuscito a prendere il potere DI
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GOFFREDO PISTELLI
nviato e firma politica di punta de L’Espresso, Marco Damilano, romano, classe 1968, è uno dei più acuti osservatori del renzismo. Fu uno dei primi, nella grande stampa, a coglierne la portata innovatrice, cominciando a raccontarne il carattere e immaginarne le prospettive. Era il 2012 e i suoi articoli erano completamente controcorrente rispetto al mainstream delle cronache politiche,
In questo vuoto arriva Renzi che è uno che ha più forza, determinazione, cinismo, ambizione e cattiveria di tutti gli altri. Prende lucidamente atto che un certo sistema non c’è più e che il potere lo si può prendere. E lui lo prende. Subito Marco Damilano
razione, anche se la repubblica arriva l’anno dopo, per 30 anni è l’era del pieno. D. Ossia? R. I partiti rappresentano la società fin dentro le sue pieghe. E non solo, c’è il mondo associazionistico, sindacale. D. Lei ricorda il Quadrilatero bianco formato da Azione cattolica, Coldiretti, Cisl e Acli..., R. Certo, come c’erano, dall’altra parte, la Cgil, il mondo cooperativo, le varie anime interne nei cui radar l’allora sindaco di al Pci. E poi c’era il cosiddetto Firenze era come un patino ver- «quarto partito», costituito da siliese che volesse entrare nel Mediobanca e dagli interessi porto di Rotterdam. A distanza economici e finanziari. C’era di tre anni però, col suo La Re- Confindustria. C’era in somma pubblica del Selfie, da poco usci- un pieno di rappresentanza e to per Rizzoli, mette in guardia tutti, nei loro ambienti, navigaMatteo Renzi dai rischi di un vano verso modernità. D. Da un certo momento quadro politico in cui manchi l’alternativa: «La rivoluzione le cose cominciano a camrenziana», scrive, «si capovolge- biare. R. Sì ed io, per comodità narrà presto nella restaurazione di rativa, uso il 1975, anno della una stagione precedente». Domanda. Damilano, il grande avanzate del Pci, come suo libro arriva mentre in spartiacque, che è anche data di Italia, per l’assenza di alter- nascita di Renzi. Ma è comunnative a Renzi, sembra es- que in quegli anni che si crea sere arrivati alla fine della il vuoto. D. Che cosa accade? storia, come diceva Francis R. Che la politica comincia a Fukuyama dopo il 1989. non capire più Risposta. la società e, Fukuyama Il sistema aveva fatto sempre di più è una lettucrack. Quello politico smette di rapra tornata di presentare gli moda fra i rencon l’arrivo di Mario Italiani. Anno ziani, come si è Monti e con gli otto dopo anno, si capito dall’artimilioni di voti a Beppe colo di Yoram crea un vuoGrillo. Quello econoGudgeldt, to, appunto, mico con lo spread qualche giorno di politica, di fa sul Foglio. strategia, di alle stelle, la profonda Parlava dell’ulrappresenrecessione e la disoccutimo libro tanza. Anno pazione giovanile che racconta dopo anno, i a livelli drammatici dell’America in cittadini non declino perché solo non si riil sistema fedeconoscono più rale non consente al presidente nelle istituzioni ma anche nei di decidere. sindacati, nei giornali, negli inD. Immagino che il con- tellettuali. sigliere economico del preD. Lei ricorda anche il mier ci veda analogie col ‘74, col referendum sul dinostro parlamentarismo. vorzio. Nel suo libro, però, lei dice R. Esatto. I partiti non avevache Renzi non cala dal cie- no capito che cosa stesse accalo nella nostra politica, pur dendo: la Dc pensava di vincerlo essendo nato nel 1975. a mani basse, il Pci era refrattaR. Sì, la mia tesi è che sia il rio, non lo voleva, perché convinfrutto di 40 anni di vuoto. to che i cattolici avrebbero vinto. D. Renzi ha scalato il vuo- Gli Italiani erano altrove. to, dunque. D. Vada avanti. R. Secondo me la storia reR. Succede poi che, da un lato, pubblicana è idealmente divisa quegli ambienti un tempo rapin due parti. Dal 1945, la libe- presentativi della società, diven-
Gli storici, un giorno, si chiederanno come fosse stato possibile che un ragazzo, un outsider, che veniva dalla periferia e che aveva contro tutto il suo partito, nel giro di pochi mesi, l’avesse conquistato e si fosse installato al governo del Paese
tino autoreferenziale. Dall’altro, la società si atomizza: nascono e muoiono, nello spazio di pochi mesi, forze antipolitiche, movimenti, mode. D. Lei tende a dare meno valore a Tangentopoli rispetto alla vulgata degli ultimi venti anni. R. Fu una cesura giudiziaria, quella del 1992-93, ma poco politica e poco culturale. I partiti erano arrivati alla fine ma, dopo, non si è messo in moto un meccanismo nuovo di rappresentanza. Si è continuato a galleggiare nel vuoto. D. Per questo la scalata di Renzi è stata un lampo: da un anno all’altra ha attra-
D’Alema, espressione di un passato che non macina più, consigliava a Renzi di fare l’eurodeputato l’anno dopo. E’ il perfetto stile del vuoto: «aspetta il tuo turno», «fatti imbiancare i capelli». Questo atteggiamento è stato il carburante per Renzi versato il nulla. R. Era pur sempre un vuoto denso, per usare un ossimoro, comunque fatto di interessi economici, corporativi, sindacali, partitici. Nulla a che vedere, però, col pieno di prima. E comunque gli storici, un giorno, si chiederanno come fosse stato possibile che un «ragazzo», un outsider, che aveva contro tutto il suo partito, nel giro di pochi mesi, l’avesse conquistato e si fosse istallato al governo del Paese. D. Lei ha una formazione storica, ma fa il giornalista. Come accadde? R. Il sistema aveva fatto crack. Quello politico, con l’arrivo di Mario Monti e con gli otto milioni di voti a Beppe Grillo. Quello econonomico, con lo spread alle stelle, la profonda recessione, la disoccupazione giovanile a livelli drammatici. D. In questo, arriva Renzi. R. Uno che con più forza, determinazione, cinismo, cattiveria, ambizione, prende atto che un certo sistema non c’è più e che il potere ci si può pure pren-
dere. Subito. D. In effetti, a guardarla indietro, questa storia pare incredibile nella sua velocità. Si ricorda quando, nell’estate del 2013, Massimo D’Alema consigliava a Renzi di fare prima l’eurodeputato l’anno successivo? R. Certo. Sono gli stili del vuoto. È «l’aspetta il tuo turno», il «fatti imbiancare i capelli». Il principale alleato di Renzi è tuttora il passato, le vite degli altri, si potrebbe dire. D. Su D’Alema l’ho sentita l’altro giorno a Otto e mezzo
Renzi ha una caratteristica che lo differenzia da tutti gli altri. È un leader politico che vuole vincere, in un Paese in cui tutti vogliono pareggiare. Poi è bipolarista (anziché inciucista). Inoltre è veloce e rapido nelle decisioni. Il più bravo, insomma con Lilli Gruber... R. Sì è stato quando si parlava dell’assoluzione di Silvio Berlusconi ed è arrivata la notizia che D’Alema sparava contro il premier. Parafrasando Nanni Moretti, mi è venuto da dire: «Con questi dirigenti, Renzi non perderà mai». D. E tuttavia l’ultima parte del suo libro, è piuttosto severa sulla prospettiva del renzismo. Se non ci sono avversari, anzi, il renzismo muore. R. Ho valutato positivamente Renzi e continuo a ricordarne le qualità. D. Facciamolo anche qui. R. È un leader che vuole vincere, in un Paese in cui tutti voglio pareggiare, bipolarista, veloce, il più bravo di tutti, come scrivo. Però... D. Però? R. Però ha conquistato il governo senza un voto, governa una maggioranza eletta nel 2013 e su tutt’altre prospettive politiche, annuncia una competizione a parole, ma la tradisce nei fatti. D. Lei lo ha anche intervistato di recente, per il suo giornale. R. Sì e quando gli ho detto chi vedesse come sua alternativa, mi ha risposto Matteo Salvini o Maurizio Landini. D. E non è vero? R. Sì, sono avversari, ma come alternative di governo non esistono. D. Che rischi comporta? R. Parecchi. Uno, per esempio, è il trasformismo. Se Renzi è il dominus che permette l’aggregarsi intorno a se di pezzi di destra, sinistra e centro, allora tutto può sembrare molto moderno quando, in realtà, è molto antico: lo vediamo da al-
meno 150 anni, da Depretis a Giolitti. D. E quindi? R. Quindi, finché c’è la benzina del cambiamento, tutto si può fare ma, alla lunga, il passato torna. D. Lei cita una frase che Renzi ha detto a Eugenio Scalfari, che lui sarebbe potuto essere, un giorno, alternativo a se stesso. R. È stato Scalfari a raccontarlo quando ha compiuto 90 anni. Mi colpì molto perché l’unico altro ad aver fatto un ragionamento del genere è stato Aldo Moro. E lo fece, appunto, perché la Dc era senza alternative a causa del comunismo e quel partitone doveva rappresentare tutto, al suo interno, dagli interessi degli industriali alla Cisl. D. Cosa deve fare, Renzi? R. Un leader nato nel vuoto deve riportare l’Italia a riempirlo. Quello scollamento deve essere superato. Deve cioè costruire istituzioni forti, un sistema produttivo solido. D. Teme anche lei la deriva autoritaria? R. Ma no, semmai la deriva nazionale solita: il procastinare, il fatto che nessuno che faccia bene il suo mestiere. D. L’Espresso di fine anni ‘80 primi ‘90, bersagliava Giulio Andreotti e i suoi esecutivi, definendoli «governi del Tac», ossia «del tirare a campare». R. Ovviamente non è così col governo Renzi, ma non è che ci si metta molto. D. Lei infatti scrive che «Le debolezze politiche, istituzionali, culturali di settant’anni di Repubblica italiana sono ancora lì. Al-
Naturalmente Renzi ha fatto grossi errori. Che senso ha un senato imbottito da consiglieri regionali quando sappiamo che le regioni sono state il male assoluto che ha fatto schizzare alle stelle il debito pubblico? Piuttosto aboliamo del tutto il senato cune riforme renziane, anzi, le amplificano». A quali si riferisce? R. Per esempio al Senato. Che senso ha questa camera che non conta, piena di consiglieri regionali, quando sappiamo che le Regioni sono state il male assoluto, che hanno fatto schizzare alle stelle il debito pubblico? Piuttosto aboliamolo del tutto. E poi, vogliamo il sindaco d’Italia? Benissimo, ma allora facciamo un sistema presidenziale, non il sindaco d’Italia di fatto, perché tutti gli altri sono deboli. Continua a pag. 8