Intervista a Marco Damilano, ItaliaOggi 22 luglio 2017

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Sabato 22 Luglio 2017

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Marco Damilano: in Rai torna Arbore, in politica Prodi e De Mita, in musica Vasco Rossi

L’Italia, paese in retromarcia

Ha provato il nuovo e comincia a rivalutare il vecchio Gianni Morandi, che è nato nel 1944. Vogliamo l telefono rumore di arrivare in zona politica? D. Direi, o il direttore bambini e di mare. «Dove sono in vacan- Magnaschi si chiederà za? Non glielo dirò dove pensavamo di stamai, ci tengo alla mia priva- re. R. Bene, allora le ricordo cy», ride Marco Damilano, vicedirettore de L’Espresso che i protagonisti indiscusche, per una chiacchierata si di queste giorni, e credo sulla politica, sacrifica vo- anche di quelli che verranlentieri un’oretta di riposo. no, sono Silvio BerluscoRomano, classe 1968, storico ni e Romano Prodi. Toh, di formazione, giornalista da chi si rivede? Senza contasempre, Damilano è uno degli re che Ciriaco De Mita, osservatori politici più acuti 89-anni-89, organizza condel momento. Il suo Processo vegni e rifonda la Dc. D. Su De Mita, in efal nuovo (Laterza) è un libro che fa parlare per la capa- fetti, nel suo libro, c’è cità di lettura del passato e una splendida citazione del presente. Una lettura del sull’incipienza di un qua«nuovismo» nella politica ita- lunquismo ben diverso liana degli ultimi 30 anni che da quello, ignorante, del ha la profondità del saggio primo Dopoguerra. ma la leggibilità dell’articolo ben scritto. Il 4 dicembre scorso il 60% degli Domanda. italiani non ha bocciato solo una Damilano, il riforma ambiziosa, ma anche un leaProcesso al der ambizioso. La gente si è stancata nuovo sta ardel nuovo con i suoi rappresentanti rivando in questi mesi ad senza rughe, senza macchie, senza alcune sentenpassato. S’è fatta strada l’idea ze per la poliche non abbiano nemmeno futuro tica italiana? Risposta. Guardi, su L’Espresso di domenica scorR. Una dichiarazione del sa, ho scritto un Manuale di 1983, pensi, a riprova come conversazione politica sotto il leader irpino avesse una l’ombrellone. grande capacità di ragionaD. Si è preparato alla mendo, come dice lui. vacanza. D. Dicevamo del ritorno R. Più o meno (ride). Ma al passato. mi è venuto da scrivere come R. Completato, se vuole, da la parola dell’estate non sia un grande dibattito sul faaffatto Avanti, ossia il titolo scismo e dal revival del prodel libro di Matteo Renzi porzionalismo. Il contesto è (Feltrinelli). Ma «indietro». questo e, secondo Giuseppe D. Ah, beh, allora, così, De Rita, qualcuno alla fine lei mi dice che il vecchio potrebbe cercare di rappreha già vinto. Altro che sentarlo elettoralmente. processo al nuovo… D. Glielo concedo, il vecR. No, mi ascolti. Ci sono chio avanza. Ma che vuol suggestioni che arrivano dire concretamente? dappertutto, dal costume, R. Vuole dire che c’è un dallo spettacolo, dalla so- giudizio negativo sul precietà civile. sente. L’idea che i nuovi degli D. Le do credito ma fac- ultimi quattro anni abbiano ciamo degli esempi. fallito o stiano fallendo, che R. Prenda Mario Orfeo, abbiano comunque deluso. E nuovo direttore generale Rai che, cioè, si inverta la regola che, appena messo piede in degli ultimi decenni, quando Viale Mazzini, dice che il clou più eri nuovo meglio era. della programmazione della D. C’era una corsa al tv pubblica sarà il trentennale «più nuovo ancora», lei di Indietro tutta, mitico pro- scrive nel suo libro. gramma di Renzo Arbore. R. Tanto che quando Pier D. Beh, Arbore è sempre Luigi Bersani disse «sono nuovo. l’usato sicuro», a Renzi baR. Per carità, un grande. stò chiosare «e il nuovo sono Ma poi c’è Vasco Rossi, che io». E poi a Beppe Grillo, porta un milione di persone di essere il più nuovo di tuta Modena e, le segnalo, Gino ti, tant’è vero che il refrain Paoli che spopola all’Umbria che sente in giro è che, alla Jazz, e gli U2, che tornano a prossime elezioni, vincerà il Roma dopo 30 anni. E pure M5s, perché «vogliamo proRovazzi… vare uno mai provato». D. La fermo: Fabio RoD. Cosa significa convazzi è un bambino, qua- cretamente, venendo al si. Piace ai miei figli pic- quadro politico di queste coli… settimane. R. E infatti è del 1994, ma R. Significa che il 4 dicemha deciso di fare un tour con bre il 60% degli italiani non DI

GOFFREDO PISTELLI

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mesi fa. Cos’era, quella, un’ultima apertura di credito? R. Sì un’ultima apertura di credito: per l’elettorato del Pd un’alternativa non c’è. Non può essere considerata tale l’incredibile sfilata messa in piedi Mdp Articolo 1. Quando le dico che torna il vecchio, non le cito infatti Pier Luigi Bersani o Massimo D’Alema. È chiaro che, nel loro caso, siamo non siamo alla nostalgia, siamo a Goodbye Lenin (film su un figlio che vuol negare alla madre, svegliatasi dal coma, lo shock sulla fine del comunismo inventandosi di tutto, ndr). D. Cos’ha Renzi, che non va? R. Credo quello che ha detto, in un’intervista, Arturo Parisi, il quale ha appoggiato Renzi anche quando Prodi era più freddo. D. Partecipando alla Leopolda del 2011. R. Esatto. Con un discorso sull’io e sul noi. Dicendo che preferiva un leader che sbagliava da solo, piuttosto che un gruppone e si riferiva ai post-comunisti da D’Alema a Veltroni, a Piero Fassino, che studiavano studiavano e pensavano di non sbagliare mai. Bene, Parisi ha definito Renzi «prigioniero del suo io». D. Psicoanalista pure lui, come ha fatto giorni fa, Massimo Recalcati analizzando l’odio a Renzi? R. Bisognerebbe rispondere a Recalcati che quell’io funziona se a un certo punto intercetta il noi, come Ren-

monocratico. D. Comunque Recalcati, l’altro giorno, ha analizzato duramente un po’ di questo passato. R. Sì ma Recalcati parlava del comunismo. Diceva che Renzi è odiato perché ne ha dimostrato la morte. Ma, così facendo, ha riesumato un cadavere: nessuno aveva dubbi che la mummia di Lenin fosse tale. Ma già Prodi con Parisi aveva procurato di dimostrarlo, per questo erano odiati ferocemente da D’Alema. D. Quale altro «vecchio» vede avanzare? Marco Damilano R. Mi faccia dire di Berlusconi, però. ha bocciato solo una riforma D. Così alla prossima ocambiziosa, ma anche un lecasione, le darà un’altra ader ambizioso. La gente s’è cartellata in testa, come stancata del nuovo, con i suoi fece in un trasmissione rappresentanti senza rughe, tv. senza macchie e senza pasR. Sono abituato a esser sato. S’è fatta strada l’idea maltrattato (ride). Ma il che non abbiano neanche fuCavaliere, a 81 anni e con turo. Per parafrasare Gioruna condanna addosso, è il gio Gaber, che invece parpiù mobile di tutti, aggiunlava di «libertà», «con tutto gendosi a essere una novità questo nuovo, dove troviamo della prossima stagione. Ma il tempo per pensare?». fa parte del vecchio, anche il D. Allora, passiamo in capo del governo. rassegna i nuovi, in diffiD. Paolo Gentiloni?! coltà. Partendo da Renzi, R. Ma scherza? Vecchio e che lei ha appena evocarassicurante nello stile, nelto. la postura, nell’eloquio. Pur R. Si trova in estrema difnon essendo mai stato nella ficoltà a tessere le sue tele. Dc, si va «forlanizzando» a Oggi (ieri per chi legge, ndr), ogni passo. Quando parla sul Foglio, un giornale che dell’immigrazione non dice l’ha sempre sostenuto, c’è un che «la nostra capacità di intervento sotto pseudonimo accoglienza è limitata», ma di un renziano, secondo me che «non è illimitata». E poi, uno che sta fra quell’area e questa umiltà esibita. quella di Walter Veltroni, D. Quasi militata... che gli dice: «O cambi tu, o R. Per cui ringrazia sempre ti cambiamo noi». Renzi, che ha fatto questo e D. Traduciamo. quello. E così, di ringraziaR. O riprendi a essere il mento in ringraziamento, ha finito la legislatura. leader del maggioriD. Altri? tario, crei alleanze, R. Marco Minniti, difendi un patrimonio Mi ha colpito che la critica a Renzi avvezzo alle tribù libiche o, sennò, se continui a venga dai suoi. I suoi critici non sono come a quelle europee. glorificare solo te stespiù gufi e rosiconi, ma suoi amici O il capo della Polizia, so, da soluzione divenche non apprezzano questa idea Franco Gabrielli, che ti problema. di fare precocemente un monumento s’è permesso di sfidare D. Beh, criticare il suo potentissimo preRenzi, oggi, non è a se stesso per cui va bene qualsiasi decessore, Gianni De una novità. sistema elettorale, qualsiasi alleato Gennaro, rievocando il R. Sì, ma mi ha pur di rimanere al centro del sistema G8 di Genova, e dicendo colpito che la critica che si è chiusa stagione, venga dai suoi. I crifacendo così capire di tici non sono più gufi e rosiconi, ma suoi amici, che zi fece nel 2013 e nel 2014, avere l’apparato solidamente non apprezzano questa idea cogliendo la crisi dei partiti mano. E poi, mi scusi, anche di fare precocemente monu- e della sinistra, e di un siste- Mario Draghi. D. In scadenza alla Banmento di se stesso, per cui ma vecchio e immobile. D. Ma, appunto, questo ca centrale europea. va bene qualsiasi sistema R. E che però ha detto di elettorale, qualsiasi stagio- vecchio cos’ha da offrire? Stando a sinistra, non è voler continuare un pochino a ne va bene. D. Non è più la stagione che i quattro anni di go- immettere liquidità in Euroverno di Prodi siano pas- pa. Tanto che i tedeschi handi Renzi? no subito obiettato che, così, R. Una delle caratteristi- sati alla storia. che del renzismo era questa: R. Intanto questo vecchio vuol aiutare la campagna se una stagione non si rivela in politica pensa di sopravvi- elettorale italiana. Infine… D. Infine? la tua, c’è da fare un passo vere meglio del nuovo, dimoR. Infine il Quirinale, che indietro, aspettando che ri- strando che si stava meglio torni. Questo andare avanti, prima, perché le virtù del non è mai vecchio né nuovo, mi pare un immobilismo. nuovo si sono dimostrare il- non passa mai, ma che conteD. Mi scusi, ma Renzi lusorie. E che la coalizione, rà molto anche in questa fine s’è fatto rieleggere da ma si pensa all’Ulivo e non legislatura. primarie con due milio- all’Unione, sia meglio di un continua a pag. 6 ni di partecipanti, pochi partito solo con un leader


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Roma deve cercare in Europa un contrappeso a Germania e Francia che ci stanno fracassando

Ue, Centro-Est amico dell’Italia

Il blocco di Visegrad disposto ad aiutarci sulle migrazioni DI

ALESSANDRA NUCCI

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aro Primo Ministro, seguiamo con grande attenzione ed empatia gli sforzi straordinari dell’Italia di far fronte alle attuali pressioni migratorie e restiamo pronti a contribuire agli sforzi italiani ed europei di fermare le partenze dalla Libia e da altre parti dell’Africa del Nord». Inizia così la lettera inviata a Paolo Gentiloni dai premier di Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia ed Ungheria, riuniti nel blocco Visegrad, che all’Italia offrono non solo belle parole ma anche aiuti concreti a far fronte ai flussi migratori irregolari. La missiva dei premier d’Europa centro-est Beata Szydło, Bohuslav Sobotka, Robert Fico e Viktor Orban, dettaglia cinque aree di possibile aiuto: 1) nelle attività Ue ai confini meridionali della Libia, 2) nell’allestimento e la protezione di hotspot al di fuori del territorio dell’Ue, 3) nell’addestramento della guardia costiera libica, 4) in uno stimolo all’Ufficio di supporto Easo, European Asylum Support Office [Ufficio europeo per il sostegno all’asilo, collocato a Malta), e 5) nel Codice di comportamento per le Ong. Sperare che l’Italia a guida Pd accetti una partnership con i Paesi vessilliferi della tutela della sovranità nazionale nei confronti di Bruxelles è come credere nei miracoli. Non solo per via dello scontro Italia-Ungheria innescato nell’ottobre scorso dall’ex-

Premier Matteo Renzi, che, di fronte agli oltre mille arrivi al giorno, puntò il dito contro i Paesi dell’Est che non accettano quote di migranti. Ma per quella che Limes chiama la nostra imperscrutabile e suicida «geopolitica del dono». Accettare l’aiuto dei Paesi dell’Europa del centro-est significherebbe infatti rivoluzionare lo scacchiere europeo, uscire dall’isolamento morale e dalla morsa economica in cui ci hanno stretti l’Unione europea a guida tedesca. Sarebbe un’inaudita sterzata in direzione della rivendicazione degli interessi nazionali che Bruxelles, e le Ong, da noi non si aspettano. Incomprensibile agli altri e prim’ancora agli stessi italiani, defraudati dai loro governanti della possibilità di tutelare i propri interessi, la geopolitica del dono vige solo da noi, dove chi si avvicenda alla guida del Paese dal 2011 si comporta come se il nostro interesse nazionale consistesse nel non averne. Da noi può accadere perfino di impiegare le risorse nazionali contro gli interessi nazionali. «È il caso delle missioni compiute dalle nostre Forze armate» fa notare Limes, la più autorevole rivista italiana di problemi internazionali «nel nostro estero vicino, che abbiamo contribuito a destabilizzare per confermare gli americani nella certezza della nostra devozione. In cambio di nulla. Abbiamo bombardato la Jugoslavia, impianti Fiat compresi, e persino la Libia, contribuendo a fragilizzare Balcani e Nordafrica, ovvero le regioni che nei nostri stessi documen-

SEGUE DA PAG. 5 D. Già e che succede di qui al voto E comunque un cambiamento di nome, sedel 2018? condo me, Renzi ce l’ha alle viste. R. Non credo che Renzi possa essere scalD. Del tipo? zato, anche se perdesse la Sicilia, in novemR. Da Pd a Democratici. bre… D. Mi scusi, come quelli dell’AsinelD. Qualcuno, l’Isola la dà già per gril- lo? lina. R. Quelli erano «i Democratici». PerderebR. In ogni caso, sarà un fine legislatura bero la «i». Non sarà il solo cambio, seconsoggetto a tante scosdo me. Anche Matse parlamentari. Si teo Salvini toglierà Renzi ha ancora un’apertura di tratta in buona parte il Nord dal simbolo, di deputati e senatori tanto ormai Umbercredito perché, per l’elettorato Pd, destinati a non esseto Bossi non c’è più. un’alternativa non c’è. Non può re rieletti. Credo che E lui deve sfondare essere considerata tale l’incredibile le camere potrebbero al Sud: col Consulsfi lata di nomi appassiti messa in trasformarsi in un tellum, al Senato, piedi da Mdp Articolo 1. Quando riformicaio impazzito anche pochi punti cordo che torna il vecchio non penso con la Legge di Bilanpercentuali possono cio: convulsioni, spacvalere tanto. assolutamente a Pier Luigi Bersani o cature, nuovi gruppi D. Ci siamo dia Massimo D’Alema parlamentari, rese menticati, i nuovisdei conti. simi pentastellati. D. Anche nel Pd? R. Mi paiono avvitati nella stessa spirale R. Potrebbe esserci qualche altra uscita renziana, mossi dall’idea di non dire niente da sinistra, non è da escludersi, e così sarà e di andar avanti. In attesa che il potere sempre più il Partito di Renzi. Ma qui a gli caschi addosso. Come hanno dimostrato essere preoccupati sono proprio i renziani le ultime amministrative, non è detto che della prima ora: sanno che potrebbero sosti- sia così. twitter @pistelligoffr tuirli qualche bel «millennial», un allenatore di volley, un esponente della società civile. © Riproduzione riservata ti ufficiali eleviamo a decisive per la sicurezza della Penisola. Abbiamo sparso migliaia di soldati per il mondo, dall’Oceano Indiano allo Hindukush, senza criterio che non fosse il presunto interesse alleato a saperci affidabili. Sempre gratis.» Gratis per gli altri, ma a spese dei contribuenti italiani, vessati in misura che parrebbe essere inversamente proporzionale all’indulgenza applicata agli irregolari extra-comunitari anche in campo fiscale. Mentre però dall’Est, e anche

dal Sud-est europeo si guarda da tempo all’Italia nella speranza che si decida a contrapporsi, con la massa critica del suo peso economico, culturale e demografico, al predominio dei Paesi del Nord (peraltro animati, a parere di molti, dalla perdurante rivalsa protestante nei confronti del Sud cattolico-ortodosso), del nostro paese si continua a parlare senza che la gente sia informata di cosa succede. È il caso della misteriosa visita a Palazzo Chigi del magnate di origine ungherese

George Soros, finanziatore di molte Ong del mondo, in guerra aperta con il governo ungherese di Viktor Orban che lo considera il principale responsabile dei movimenti migratori che minacciano l’Europa. In maggio, quando sui giornali campeggiava lo scandalo delle navi delle Ong rintracciate a raccogliere migranti sotto le coste della Libia, è stato ricevuto con tutti gli onori dal Premier Gentiloni. Che cosa si sono detti? © Riproduzione riservata

INVECE DELLA COSTITUZIONE PROPONE DI CAMBIARE LA LEGGE ELETTORALE IN VIGORE IN SARDEGNA

Chi si rivede: il comitato del No al referendum Dopo aver bocciato col 72,2% la riforma di Matteo Renzi nello scorso dicembre DI

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GAETANO COSTA

hi si rivede. In Sardegna rispunta il comitato del No per il referendum costituzionale che ha sancito la fine del governo di Matteo Renzi e l’avvento di Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi. Stavolta, però, i componenti, invece di lasciare le cose come stanno, le vogliono cambiare. Il contrario di quel che è accaduto lo scorso 4 dicembre. Al centro della proposta del coordinamento nato per bocciare la riforma di Renzi c’è la nuova legge elettorale sarda che, tramite una petizione, sarà sottoposta al Consiglio regionale. Col 72,2% la Sardegna è stata la regione con la più alta percentuale di No al referendum. Dopo aver vinto la loro battaglia, Marco Ligas, Omar Chessa, Ottavio Olita e Lucia Chessa, che hanno

costituito un nuovo soggetto politico denominato Comitato dei comitati, hanno presentato a Cagliari i correttivi alla legge elettorale attualmente in vigore. Secondo i quattro, al sistema proporzionale, all’abolizione del presidenzialismo e alla scomparsa del premio di maggioranza si associa un’eccessiva frammentazione del quadro politico e, di conseguenza, un’instabilità di fondo della legislatura. Per porre rimedio all’incertezza governativa, il comitato del No ha proposto di ridimensionare i collegi e introdurre meccanismi per stabilizzare il rapporto tra l’esecutivo attualmente presieduto dal governatore Pd, Francesco Pigliaru, e il Consiglio regionale, nell’ambito del nuovo modello d’ispirazione parlamentarista. I contrari alla riforma costi-

tuzionale, ha scritto SardiniaPost, si sono ispirati al modello tedesco e a quello spagnolo, che prevede la sfiducia costruttiva, l’istituto costituzionale che impedisce a un parlamento elettivo di votare la sfiducia al governo in carica se non concede simultaneamente la fiducia a un altro esecutivo. Nella nuova proposta di legge elettorale, il venir meno del rapporto tra presidente della Regione e Consiglio regionale, innescato dalla regola secondo cui se cade il primo decade a ruota anche il secondo, viene compensato da un sistema di contrappesi. L’altra modifica centrale prevista dalla proposta del comitato è l’abolizione del premio di maggioranza, che caratterizza l’attuale legge elettorale della Sardegna. «Una delle criticità maggiori è

rappresentata dal premio di maggioranza, molto più alto in Sardegna che a livello nazionale, e dal quale dipende anche l’irrazionalità nell’assegnazione dei seggi», hanno spiegato i quattro componenti della nuova sigla. «Chiediamo che il presidente del Consiglio regionale e i presidenti dei gruppi destinatari della petizione s’impegnino nella scrittura di una legge che rispetti questi principi». «La proposta che rilanciamo è che la legge elettorale abbia due punti fermi: una forte iniezione di proporzionale e la possibilità, per i cittadini, di scegliere tutti i loro rappresentanti in parlamento. Vogliamo urlare ancora una volta che una lunga cura di maggioritario non ha neppure garantito la governabilità promessa». Stavolta, il comitato del No spera in un sì. © Riproduzione riservata


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