Intervista a Marco Taradash, ItaliaOggi 10 novembre 2016

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Giovedì 10 Novembre 2016

Taradash: che, in Italia, sarebbe un D’Alema che ha passato la vita nelle stanze del potere

Non si batte Trump con Hillary

L’effetto Trump avvantaggerà più M5s più che le destre DI

GOFFREDO PISTELLI

«N

on l’ho scritto, però chi mi conosce e frequenta sapeva come fossi abbastanza convinto che Donald Trump ce l’avrebbe fatta»: la voce di Marco Taradash, classe 1950, livornese, giornalista, politico e ora di nuovo giornalista. Al messaggino per capire se non stesse dormendo, dopo aver tirato l’alba a seguire la corsa alla Casa Bianca, la voce nota di Radio Radicale aveva risposto perentoriamente: «E chi dorme più adesso?». E non era solo questione di sonno perduto. Domanda. Taradash, perché s’era convinto che Trump vincesse? Risposta. Perché in quella direzione, ossia contro il vecchio establishment, spinge un insieme di vanità e di invidia in molte parti del mondo. D. Lo sappiamo, lei è allergico ai populismi, ed essendo un liberale vecchio stampo, ha un debole per la democrazia rappresentativa vecchia maniera. R. Guardi, anche grandi personaggio della cultura liberale di cento anni fa guardarono con distaccata simpatia alla nascita del fascismo, che si contrapponeva a un mondo che non era sentito più amico. D. A chi pensa? R. Penso a quelli, come Gaetano Salvemini che, in

precedenza, avevano definito Giovanni Giolitti il ministro della malavita. E che poi, col fascismo, dissero: «Vediamo cosa ci aspetta, da questa cultura diversa, da questo diverso modo di esprimersi». E andò come sappiamo. D. Questo flash back storico per spiegare che c’è qualcuno che scherza col fuoco? R. Il rischio c’è. Certo se, a queste forze ci si oppone candidando Hillary Clinton, ossia quello che in Italia potrebbe rappresentare Massimo D’Alema, uno che ha passato la vita nelle stanze del potere, che ha recitato da protagonista in ogni epoca, beh allora è davvero difficile farcela. D. Però Trump ha colto molti segnali, tutt’altro che deboli. R. Aldilà della manifesta buzzurraggine che ha utilizzato, e ora vedremo se appunto l’utilizzata o se è la sua natura profonda... D. Se c’è o ci fa, insomma. R. Esatto. Aldilà di questo, il tycoon ha fatto la foto giusta della realtà del suo Paese: depauperamento del ceto medio, scomparsa dei valori tradizionali, apertura dei mercati che comporta vantaggi e svantaggi: i primi per una porzione ristretta di ricchi, i secondi per gli altri. Trump ha letto bene i dati di realtà. Ma gli altri, anziché negarli, dovevano trova-

re contromisure e non restare passivi. D. La Clinton non ha risposto, lei dice? R. Guardi, ho sentito stamane il neopresidente in tv: è tutto un fiorire di«incredibile», «eccezionale», tutto un annunciare opere, ponti, strade. D. Pareva un neo-keynesiano di destra. R. Sì, e purtroppo sappiamo come la spesa pubblica non basti a scacciare le crisi, sennò lo avrebbero già fatto tutti. Anzi, chi lo ha fatto, dall’Argentina al Venezuela, si trova con l’acqua alla gola. Ma almeno Trump qualcosa ha promesso agli americani. La Clinton non ha fatto neppure questo. D. In Italia, intanto, le opposizioni fan festa: pensano che il voto americano sia l’avviso di sfratto per l’inquilino di Palazzo Chigi. R. Vedo che fanno festa in molti, ma le destre dovrebbero capire che, alla fine, a esser contente, non saranno loro. D. E chi, allora? R. Il movimento che, da noi, usa potentemente il nuovo contro il vecchio, ossia il M5s. Sarà Beppe Grillo, eventualmente, a capitalizzare l’effetto Trump. Perché da noi le destre sono establishment, hanno governato, sono destre sconfitte. D. Trarre vantaggio, però, non sarà semplice, perché Matteo Renzi non è il vecchio: per stare al suo esempio di poc’anzi, non è

D’Alema. R. È vero. Anche se oggi non viene più vissuto come il nuovo. E ormai va di bolina, perché il vento è davvero forte. D. Da buon livornese, lei i venti li conosce. Ma Renzi come può opporsi a questo fortissimo Ponente, visto che arriva da Ovest? Dopo che gli si è chiesto di spersonalizzare il referendum, dovrà ri-personalizzarlo in tutta fretta? R. Più che la personalizzazione, Renzi dovrò dire che cosa intenderà fare se supera il 4 dicembre, ossia rispondere concretamente sul dopo. Perché, diciamo la verità... D. Diciamola. R. Solo una minoranza di italiani è esattamente interessata alle modifiche costituzionali in quanto tali, ma inserite in un programma effettivo. Interessano se sono la riforma dell’Italia, insomma. D. E quindi Renzi? R. Solo facendolo capire, Renzi riconquisterà la fiducia nel futuro della maggioranza degli italiani. E guardi che ha fatto proprio così, quando è comparso. D. Ce la farà? R. Beh, Renzi è sveglio e ha molte chiavi di comunicazione. Spero che trovi quella giusta, anche se le confesso di non esserne sicurissimo: si è un po’ chiuso all’interno, e ogni cerchio, anche quando è magico, finisce per essere stregato.

D. Per tornare a Trump, da noi ma anche in giro per il mondo, analisti e media hanno preso una cantonata siderale. Perché, secondo lei? R. Non hanno voluto capire. Meglio, un certo mondo di sinistra non ha voluto capire che quello era un voto contro, più che per Trump. Il futuro fa paura e responsabile di questa angoscia, per convinzione diffusa, è il passato, anche recente. Chi si mette in antagonismo al passato si ritrova il turbo nel motore. D. A lei, da giornalista e da uomo sempre attento all’informazione, non sembra che la stampa abbia scritto una pessima pagina su queste presidenziali? R. Sì, ma non è colpa della stampa, alla fine, se i democratici americani, contro la Clinton, hanno proposto Bernie Sanders, ossia un’alternativa fuori dalla storia. D. Tanto era socialisteggiante. E dunque, stampa assolta, ma sondaggi e sondaggisti? R. Sapevamo che, quando si creano fenomeni come quello americano, la gente tende a non dire fino in fondo la verità. I sondaggi vanno usati come le previsioni del tempo. D. Ossia? R. Sono state perfezionate tantissimo, ma sbagliano quasi sempre. ©Riproduzione riservata

PER POTER SENTIRE UN SUO DISCORSO IN RAI, TRUMP È DOVUTO DIVENTARE PRESIDENTE DEGLI USA

«Prosciugare la palude», lo slogan di Trump, andrebbe bene anche in Italia per liberarla dal cilicio del pensiero unico imposto dalla Rai DI

PIERPAOLO ALBRICCI

«P

rosciugare la palude». È lo slogan con il quale Trump è diventato presidente degli Stati Uniti, la più grande democrazia del mondo. Ma è uno slogan che andrebbe bene anche per l’Italia, che va liberata dalla dominazione del pensiero unico indotto dalla Rai e dai giornaloni.Trump ce l’hanno presentato come hanno voluto. Ha dovuto diventare presidente degli Stati Uniti perché potessimo finalmente sentire un suo discorso in diretta. E giudicarlo con la nostra testa invece che con quella degli altri. Perfino i suoi discorsi e i suoi scritti, ci hanno negato: solo qualche giornale, in Italia, aveva pubblicato un suo discorso nel suo testo reale ed integrale. Ci hanno negato l’informazione vera. Dovevamo conoscere il pensiero di Trump come filtrato (e interpretato) da loro. Perfino sui «cappellini rossi» hanno giocato (non sembri un paradosso: i funerali di Fo lo dimostrano e questo giornale lo ha già scritto).

Ci hanno fatto vedere solo Trump, con il cappellino rosso. Ci chiedevamo come mai lo portasse, qualcuno (magari qualcuno che ha i capelli tinti, ma che criticava il suo «risvoltino» e il «tappetino di Silvio») ci ha suggerito che forse lo faceva per nascondere una vasta calvizie. Abbiamo dovuto arrivare alla vittoria elettorale e allora hanno finalmente dovuto farci vedere le platee dei suoi sostenitori all’Hilton di New York: tutti col cappellino rosso, non era una stravaganza personale del leader, era il simbolo della campagna elettorale per lui. Ma prima, mai una volta che ai comizi di Trump avessero inquadrato gli ascoltatori: solo lui, col cappellino, perché sembrasse – appunto – una stravaganza personale. Anche la nottata dei risultati è stata una comica. Visi lunghi, da una certa ora in poi. Solo alle 6,30 del mattino (Mentana lo aveva fatto alle 5,00, più o meno) hanno ammesso che aveva vinto Trump; poco che aspettassero ancora, lo avrebbe detto direttamente lui in diretta. A proposito di questa diretta. L’hanno fatta precedere da interventi

che dicevano che Trump avrebbe parlato da trionfatore, che avrebbe fatto l’elogio di se stesso. In realtà è andata tutta al contrario. Trump non ha fatto che ringraziamenti (a cominciare dalla Clinton, che gli aveva telefonato ammettendo la vittoria qualche minuto prima), ha parlato col cuore, «per la Patria» e con un’invocazione di ringraziamento a Dio per la famiglia, per il popolo (con gli accenti veri che sappiamo tipici degli statunitensi, non rovinati dall’esperienza della retorica fascista, che fa ritenere falsi – ed è giusto, nella gran parte dei casi – i nostri politici quando – strumentalizzando certi valori – si esprimono negli stessi termini). Il nuovo presidente ha portato tutta la sua famiglia sul palco, tutti i suoi collaboratori (Giuliani in testa, più volte invocato), e li ha baciati e ringraziati ad uno ad uno, con la schiettezza della sincerità; ha persino dato la parola ad uno di loro, in un discorso non paludato (come sarebbe stato da noi), ma familiare. Visto che Trump aveva tagliato le gambe ad ogni fuga in avanti speculativa, allora l’hanno gettata sull’Italia. E non hanno trovato di

meglio che dire che – d’ora in poi – Salvini avrebbe dilagato sulle nostre televisioni…Trump ha vinto anche per noi. Dove la protesta deve essere incanalata in precise correnti di pensiero credibili (e non verso movimenti qualunquistici, che si inventano su due piedi, da un momento all’altro, una soluzione per ogni problema, senza alcun inquadramento di fondo). Trump ha avuto la meglio sul pensiero unico, sul politicamente corretto, sulle vecchie facce, sulle vecchie promesse parolaie ed inconcludenti. Il popolo (quello vero) ha voltato le spalle alla politica politicante, ha vinto l’antisistema, è la sconfitta definitiva dei sondaggi finti, servizievoli. Con la Brexit è avvenuta la stessa cosa – le popolazioni si riprendono la scena – e non per niente, anche qua, l’establishment (giudici e compagnia cantante) cercano di capovolgere in nome del popolo il risultato voluto dal popolo. Dobbiamo convincerci che ci possiamo fidare solo di noi stessi e della nostra testa. Grazie, Trump. © Riproduzione riservata


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