Fabrizio Roncone, ItaliaOggi 31 maggio 2016

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Martedì 31 Maggio 2016

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Che purtroppo è ormai sfatta. È quello scritto da Fabrizio Roncone nel romanzo: «La paura ti trova»

Un grande affresco di Roma Mancava proprio un racconto della capitale com’è oggi D. Infatti il libro inizia re il Cavaliere sul piano della D. Lei cita, ma molto sulla spiaggia di Capocot- politica. en passant, un certo bar ta, dove c’è di tutto, l’ibriD. E non glielo han fatto abrizio Roncone, 52 di Testaccio che vide nadazione totale. fare, dice Paraldi. anni, romano de Roma, scere quel clan che poi R. È così: i fighetti hanno R. Fu così, infatti. è un inviato speciale dettò legge per anni. Ma smesso d’andare a Fregene e D. Senta di politica si pardel Corriere della Sera. liquida la vicenda in povanno lì. Così come in Piaz- la poco, alla fine. Mafia capiScrive su tutto, dai grandi fatti che righe. za del Fico, trovi i coatti di tale non c’è per niente. R. Conosco molto bene quel dell’attualità alle beghe di PaCapocotta. R. Volutamente. Perché Roma lazzo, agli psicodrammi della quartiere, mia madre ci ha inD. In questa orizzonta- è una metropoli di quattro mipolitica. La sua penna è infatti segnato per anni, ho visto la lità che è successo? lioni di abitanti, ridurre tutto uno scanner formidabile, capa- «batteria» di testaccini e traR. È successo che il Male e a «Mafia capitale» significava ce di raccontare con maestria il steverini diventare un clan il Bene si incontrano spesso, avrebbe significato volerne vedettaglio del quadro, ma facen- che trattava con Cosa nostra. ma il Male ormai ha preso dere solo un pezzettino. Questa do innamorare il lettore anche Ma appunto, roba di un’altra il sopravvento: questa città mafia esiste, perché esiste una della cornice. Uno così non po- epoca. Così come ho visto il non è innocente, diciamo la città così. In un’altra grande citteva, prima o poi, che scrivere quartiere cambiare volto. Fabrizio Roncone verità. tà, chessò Barcellona, sarebbe D. Pulizia immobiliare un romanzo. Il suo La paura ti D. In che senso, Ronco- stato impossibile che Massimo trova (Rizzoli) è appena uscito ed etnica, lei scrive. Carminati... R. Sì perché la bolla immo- racconto che non è dei gior- ne? in libreria e, nei giorni scorsi, R. Nel senso che chi di noi, D. ... l’ex-Nar diventato alla libreria Feltrinelli che sta biliare degli anni ’80, ha depor- ni nostri. R. Esatto. E poi c’è stata an- oggi, non parcheggia in tripla uno della Banda della Manella Galleria Sordi a Roma, a tato da lì, da Piazza Farnese, due passi dalla redazione di Ita- da Trastevere, da Campo de che Suburra, il libro di Carlo fila? Che si occupano regolar- gliana. Er Cecato che, dalla liaOggi, sono andati a presen- Fiori, i romani, comprando le Bonini con De Cataldo, ma mente i parcheggi riservati sua pompa di benzina, gotarlo Walter Veltroni e Aldo loro case, quattrini alla mano, era come un microscopio su agli invalidi. Ma proprio per vernava i traffici dell’Ure prospettando l’acquisto di un una realtà particolarissima, fare due esempi banali, inten- be... Cazzullo. R. ...che Carminati facesse Scrutando la sala, forse si paio di appartamentini nuovi a l’incrocio fra criminalità e pote- diamoci. È all’interno di questo potevano riconoscere anche il Tor Bella Monaca. re. E quindi troppo parziale, per piccolo male quotidiano, che è quello che faceva. In un’altra Roma, ambiento la mia storia. capitale, avrebbe fatto il benMuto, l’Avvocato e Piraccontare il tutto. D. Una storia dove però zinaio davvero: uno che, uscito casso, gli avventori delD. Senta ma perché Roma è un immenso troiaio a cielo la vineria di Marco PaRoma, dalla Grande si lascia scappare qualche di galera dopo anni, provava a aperto. Roma infatti è un città orizraldi, il protagonista, bellezza, è diventato il stereotipo: i «destri», dal rifarsi una vita. D. Senta Roncone, ma un giornalista che ha «grande troiaio», per tassista razzista, al giovazontale, nella quale il Bene e il Male chiuso col giornalismo, usare le parole del suo ne fascio che insulta una in tutto questo “Roma fa si incontrano, si sganciano, si inconcameriera, sono sempre schifo”, a cui anche lei non e dalla quale si dipana criminale? trano di nuovo. Non c’è più, oggi, si sottrae, non è che c’è un un giallo che sarebbe R. Quella frase descri- brutti e cattivi. nella capitale italiana, l’alto e il basso R. Beh, quei personaggi sono certo autocompiacimento riduttivo definire tale. ve in modo plastico l’Urbe In questo libro d’esorqual è: una città orizzon- l’espressione di una destra che dolente? esiste solo a Roma, becera e maR. No, il romano è rassegnato dio di Roncone, oltre al tale. nesca, e che conosco abbastan- proprio. Sono otto anni che se D. Ma stavamo parlando plot poliziesco, con personaggi D. Che vuol dire? che ricordano certe figure, sgan- delle chiavi di lettura di R. Vuol dire che il Bene e il za. Non la trovi più a Milano o la deve cavare da solo, perché gherate ma sublimi, di Frutte- Roma, l’ho distratta. Male si incontrano, si sgancia- Napoli, ma qui resiste. La città i primi cinque anni ha avuR. Sì, un’altra è stata quella no, si incontrano di nuovo. Non nel suo complesso è di destra, to Gianni Alemanno, la cui ro e Lucentini, c’è soprattutto Giorgia Meloni ha qui il suo giunta è stata una sciagura un strepitoso affresco di Roma, de La Grande Bellezza. Stupen- c’è più l’alto e il basso. da anche quella, ma inadeguaormai sfatta. D. Faccia un esempio, serbatoio di vito, idem France- per la città. Nei restanti due, sco Storace, ma in quel tipo ha avuto Ignazio Marino. Domanda. Roncone, a un ta a raccontare la Capitale di Roncone. D. Che non è stato un toccerto punto, quando la sto- oggi. R. A Ponte Milvio, il sabato di destra quei personaggi si casana, diciamo. D. Perché? ria ormai volge al termine, sera, lei trova migliaia di ra- trovano solo a Roma. R. Dopodiché il romaR. Perché gli anni di Jep Ga- gazzi. Da quelli di Vigna uno degli sgarruppati mano pensa che non ci sia lavitosi pronuncia una fra- bardella, il protagonista, sono Clara e dei Parioli... Se si va a Torpignattara, duecento possibilità di scamparla. se che potrebbe essere un quelli in cui finisce la Prima ReD. ... i quartieri ricmetri dopo il Pigneto, che, nel fratIl 50% non andrà a voideale sottotitolo: «Roma è pubblica, siamo alla fine degli chi... tempo, è diventato fi caiolo, capisci tare. un immenso troiaio a cielo anni ’90, primi anni 2000. Ha R. ... mescolati a quelli che, lì, Roma, sta morendo perché lì D. E l’altra metà? presente quella grande terrazza del Tuscolano, zona popoaperto». c’è una città lurida, sporca, R. Lo farà con un senso Risposta. Direi che è la frase dove il film comincia? larissima. Assieme agli di abitudine, di incertezD. Certo, la musica sinco- uni e agli altri, gli spacchiave. Roma la conosco, ci sono con un’immigrazione soverchiante za, di scetticismo, non nato, c’ho fatto per anni il croni- pata, i balli di gruppo, i nani ciatori di Piazza Euclide. e incontrollata credendo o credendo posta di nera, a Paese Sera, dove e le ballerine... Ne ho avuto la percezione, chissimo alla figura del R. È un grande attico che un giorni fa, si ricorda quansono entrato giovanissimo, so D. Altro stereotipo, buono sindaco. cos’è il mondo politico, che ho se- signore, mi pare un architetto, do le liste di Stefano Fassina D. E come ne uscirete? stavolta, a sinistra: gli exguito all’Unità, dove mi assunse affitta per queste mega feste e alle comunali erano saltate? R. È necessaria una rinascita il direttore Massimo D’Alema, io ricordo di aver partecipato, in D. Certo. Ma che c’entra? compagni di corteo degli quegli anni, a un paio di party là e poi al Corriere. R. C’entra perché il direttore anni ’70, del protagonisti, complessiva della città, coi suoi D. Roma è la protagonista sopra e, vedendo il film di Paolo m’aveva spedito al suo quartier tutti nerboruti rugbisti, cittadini, uno scatto etico, morale, globale, collettivo. Sorrentino, m’è parsa di vive- generale che sta a Tor Pignat- angioletti. vera di questo libro. D. Ma le pare possibile? R. Ma no, uno fa il dentista e R. Mancava, secondo me, il re un flash-back. Del resto... tara. E dunque sono partito, R. Guardi anni fa, a NapoD. Del resto? racconto di come la città sia facendo la Casilina, passando viaggia in auto di lusso, uno fa l’orologiaio di livello e indossa li, con Antonio Bassolino ho R. Del resto Sorrentino e Um- il Pigneto, oggi riqualificato. oggi. UN grandeun Rolex «che Putin visto qualcosa di quello che ci D. E dire che di narrazio- berto Contarello, che l’hanno D. E trendy... ni di Roma e della romanità sceneggiata, hanno dichiarato R. Ficaiolo, si dice ora. Dove si sognerebbe», un altro ha ere- vorrebbe a Roma: i napoletani non erano mancate, negli ul- di ispirarsi alla Roma dei salotti anche i fuorisede con due soldi ditato i supermercati del padre: si facevano un punto d’orgoglio delle Angiolillo, Verusio, Car- in tasca, si fanno affittare la no li sfotto un po’ perché, come di fermarsi ai semafori rossi, di timi anni. R. È vero. Ce ne sono state raro, che non ci sono più. Ai Ca- casa lì, tanto è di moda. Bene, accade spesso in questo Paese, non suonare il clacson. D. Pochi finì pure lì. E qui almeno tre, nell’ultimo periodo, fonal di Roberto D’Agostino. duecento metri, non due chilo- chi voleva fare la rivoluzione, si i problemi sono enormi. D. I protagonisti del pote- metri dopo, comincia appunto ritrova fra i ricchi tutte straordinarie quanto fuorR. Sì, ci sono quartieri, come vianti. Prenda quel bellissimo re impietosamente inchio- Tor Pignattara e lì capisci che D. E il protagonista, mi romanzo che è stato Romanzo dati, con la tartina in bocca Roma sta morendo. scusi? Paraldi in uno dei il Tuscolano, grandi come una Criminale di Giancarlo De e i volti sfregiati dal botuliD. Perché? rari dialoghi di politica, città media, tipo Perugia. Però Cataldo, la fiction che ne è no, dall’obiettivo di UmberR. Perché vedi una città lu- rivela d’essere un veltro- il sindaco che verrà... to Pizzi, che ha fatto le foto rida, sporca, con un’immigra- niano. stata tratta. D. Chi voterà Roncone? D. L’epopea dalla Banda alla sua presentazione, per zione soverchiante: non trovaR. Ma no, è uno che ha fatto R. No, mi spiace, non glielo Formiche.net. della Magliana. vo la via a cui ero diretto. E, il tipico percorso della sinistra dico. Ma chiunque venga, deve R. Sì e D’Agostino era in sala ogni volta che accostavo con la extraparlamentare, e che poi, fare subito poche cose. R. Un racconto che va dalla fine degli anni ’70 ai primi anni pure lui, una bella capriola in- macchina, per chiedere infor- negli anni dell’antiberlusconimazioni, non c’era un italiano smo militante, capisce che ha ’80, e quindi per niente attua- fatti. continua a pag. 8 D. E dunque, di nuovo un a rispondermi. ragione Veltroni a voler battele. DI

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Martedì 31 Maggio 2016

Il paradosso di Palermo: mille beneficiari non hanno riscosso 500mila euro di contributi

In Sicilia dimenticano i soldi Ma si lamentano perché la politica non fa abbastanza

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FILIPPO MERLI

soldi sono in banca. Ma nessuno, dal 2011, è passato a ritirarli. Si dice spesso che le amministrazioni e la politica non facciano abbastanza per i cittadini. Idem in Sicilia, dove la mancanza di risorse economiche ha costretto la giunta presieduta da Rosario Crocetta (Pd-Udc) a chiedere aiuto al governo Renzi per salvare comuni e liberi consorzi dal dissesto finanziario. Nelle rare occasioni in cui il denaro è disponibile, però, i beneficiari non ne approfittano. È il caso di Palermo, dove non sono stati riscossi 500mila euro di contributi sociali erogati dall’amministrazione del sindaco Leoluca Orlando (ex Idv). Si tratta di fondi per l’assistenza economica straordinaria (da 200 a mille euro), per il bonus figlio (mille euro) e per il buono sociosanitario destinato a famiglie con disabili (da 250 a 900 euro). A non aver ritirato il contributo, che in alcuni casi giace in banca da cinque anni, sono circa mille beneficiari. «Gli uffici del comune svolgono ogni anno un enorme lavoro per stilare le graduatorie o per vagliare la posizione di ciascun richiedente», ha spiegato a Repubblica Palermo l’assessore alla Cittadinanza sociale, Agnese Ciulla, «ed è davvero incredibile che molte persone poi non vadano fisicamente a riscuotere i contributi». «Anche se la percentuale di mancata riscossione è bassa», ha proseguito l’assessore, «è certamente paradossale che nella nostra città ci siano persone che rinunciano a mille euro». In caso di mancata riscossione, entro la fine dell’anno i soldi torneranno alla regione. Quella regione che, spesso, è oggetto di critiche e accuse da parte dei cittadini che non si sentono suf-

ficientemente tutelati. «In alcuni casi», ha aggiunto Ciulla, «i nostri uffici, lì dov’era possibile coi recapiti disponibili, hanno anche contattato direttamente i beneficiari invitandoli a recarsi alla tesoreria». Nessuno, però, s’è fatto vivo. L’assessore della giunta Orlando parla di paradosso. E in effetti, se si considera lo stato di difficoltà in cui versano gli enti siciliani, è strano che un migliaio di cittadini rinunci a una cospicua somma di denaro. Non appena è stata approvata la legge sulle città metropolitane, l’assessore regionale alla Funzione pubblica, Luisa Lantieri, ha lanciato un appello al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, invitandolo a intervenire per risolvere la crisi degli enti locali siciliani, definita «drammatica» dallo stesso assessore. La Sicilia, infatti, aspetta ancora 500 mln promessi da Roma e già inseriti nel bilancio del 2016. Senza quel denaro, comuni ed ex province rischiano il collasso. Nonostante ciò, pochi giorni fa la giunta Crocetta è riuscita a sbloccare le risorse per il bonus bebè destinato alle famiglie residenti in Sicilia al momento del parto o dell’adozione con un reddito non superiore ai 3mila€ annui. «Malgrado le risorse limitate, siamo riusciti a dare un ristoro alle famiglie meno abbienti», ha sottolineato l’assessore regionale alla Famiglia, Gianluca Miccichè. Le richieste dovranno essere presentate all’ufficio servizi sociali del comune di residenza, che provvederà a pubblicare l’avviso per i beneficiari del contributo. La stessa procedura che, nel caso di Palermo, ha portato l’amministrazione a sollecitare più volte i cittadini a ritirare i soldi dovuti. Loro, però, sembrano farne a meno.

SEGUE DA PAGINA 7 D. Promemoria per il Campidoglio... R. Innanzitutto, deve occuparsi di farla pulire. Perché Roma è sporca all’Eur come al Tuscolano. D. Orizzontale anche in questo. R. Certo. Le foglie che intasano i tombini, o con le nuove asfaltature che li coprono, per cui quando piove si allaga tutta che pare Kabul. D. Poi? R. Poi il traffico. D. Il rischio è però ripetere famosa battuta di Johnny Stecchino-Roberto Benigni, in cui era appunto l’unico problema di Palermo. R. No, è un problema urgente e drammatico. L’altro ieri per la chiusura temporanea di un tratto di strada al Muro Torto, la città è impazzita. D. E poi, come dice il suo protagonista, basta che ci siano 300 persone per fare un corteo autorizzato. R. Tutti vogliono manifestare nell’Urbe poi, un giorno, c’è la visita di Vladimir Putin, l’altro c’è Papa Bergoglio che va a visitare la parrocchia. E tutto si blocca. D. Terza emergenza? R. Riparare le buche e illuminare le strade, prima di pensare alle fioriere e al decoro, rattoppiamo le strade e strappiamole al buio, perché nel dubbio prolifera la delinquenza. D. Benissimo, ma non è in questo, una certa romanità, il «generone», non saranno d’ostacolo? R. Questo è inevitabilmente. Il romano ha visto tutto, per secoli ha incontrato il Papa per strada, ha visto i Lanzichenecchi, gli Americani sull’Appia coi Tedeschi sull’Aurelia nell’ultima guerra. Il romano non si preoccupa troppo, oltre che rassegnato, è un po’ fatalista. Le racconto una cosa. D. Prego. R. Il barbiere doveva vado tutte le settimane, a rasare questi pochi capelli che ho, l’altro giorno, avendomi visto arrivare di martedì e non nella mattina solita, mi ha chiesto il perché, gli ho risposto che dovevo andare a presentare il libro che avevo scritto.

D. E lui? R. Beh, quello s’è fermato un attimo, mi ha guardato dritto attraverso lo specchio davanti a me, e mi ha detto: «Ma chi je o fa fa?». D. Torniamo al libro, Roncone. Nei pochi flash di politica politicata che i sono, il Muto, avventore regolare e uomo dei servizi, accenna «al capetto di Rignano», ossia a Matteo Renzi. E Paraldi taglia corto, perché? Non voleva parlare del premier? R. A uno come Paraldi, Renzi non piace, inevitabilmente. D. Sempre in quel dialogo, Paraldi dice di stare attenti al quel signore vestito di bianco che s’affaccia in Vaticano. Non vorrà mica dire che l’unica speranza per far ripartire l’Urbe, venga proprio da Francesco? R. Possibile. Bergoglio, in questo Paese, è l’unico comunista rimasto. D. Il protagonista del suo libro ha lasciato il giornalismo dopo aver dato un pugno al ministro dell’Interno che l’aveva lungamente insultato per aver scritto quella che era solo una confidenza. A Roncone capita d’essere oggetto di contumelie? R. Spesso. Una volta, Daniele Santanché mi chiamò l’indomani mattina presto, dicendomi: «Posso dirle una cosa?». E io: «Prego». «Lei è un grandissimo stronzo». Poi però siamo diventati amici. D. Il suo protagonista molla il quotidiano e apre una vineria. Non è bel messaggio per un mondo, il giornalismo, già abbastanza in crisi. R. È un messaggio che non volevo dare. Anzi, il vinaio, dinnanzi a una storia drammatica, si rimette a fare un’inchiesta. Mi faccia piuttosto dire una cosa. D. Ci mancherebbe. R. In questi anni, complicati, vissuti del Paese, la maggior parte dei giornalisti ha fatto la sua parte. Raccontando tutto quello che c’era da raccontare, anche il peggio che c’è stato e che c’è. Mi piacerebbe, anzi, che si tornasse a ridare dignifica a questo lavoro. © Riproduzione riservata

IL CORSIVO

Non si capisce come mai il centro destra sia contro la svolta a destra del partito democratico che invece dovrebbe auspicare DI

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ISHMAEL

n prima pagina, domenica mattina, c’erano due predicatori, Vittorio Feltri e Giampaolo Pansa, a parlare dal pulpito di Libero, e ciascuno aveva una sua predica, incompatibile con l’altra, da rivolgere ai fedeli. Mentre Feltri, nell’editoriale, dava a Papi del comunista perché l’ex Cavaliere «si è schierato», al pari di Cuperlo e Fassina Chi, contro le stesse riforme costituzionali promosse dai berluscones solo pochi anni fa, Pansa se la prendeva con Maria Elena Boschi, portavoce e socia del «bomba» (come lo chiama Beppe Grillo, forse ignorando come chiamano lui) che

da due anni è al governo del paese, perché la ministra per le riforme costituzionali ha detto che la sinistra del partito democratico, opponendosi alle riforme, vota insieme a Casa Pound e si sta, in buona sostanza, fascistizzando. Pansa, tra i due, è quello col dente più avvelenato: il suo ritratto di Matteo Renzi non ha niente da invidiare ai ritratti gaglioffi e perfidi che Matteo Renzi («un maleducato di talento» secondo Ferruccio De Bortoli) dedica ai suoi nemici. Feltri, più generoso, dedica al suo bersaglio, il leader di plastica, un ritratto sobrio, quasi affettuoso. Berlusconi, ai suoi occhi, è un pasticcione, sconnesso e un po’ senile, che non sa bene cosa fare né perché,

che un giorno candida al Campidoglio Guido Bertolaso, poi appoggia Alfio Marchini, quindi non disdegna (sebbene incinta) nemmeno Giorgia Meloni. Ma ciò che vien fuori dal confronto tra i due editoriali contrapposti di Libero non sono due linee politiche. È l’assenza di qualsiasi linea politica. È la sindrome da scombussolamento identitario del centrodestra italiano. Già non è bello che un partito, per mostrare il suo profilo migliore all’elettorato, si segnali più per quello cui s’oppone che per quel che si propone. Ma il centrodestra italiano, oltre a non avere un programma di cui farsi bello con gli elettori, non ha chiaro nemmeno contro chi si sta battendo.

Che specie di cultura politica è la sua? È in guerra con Matteo Renzi, cioè con la svolta a destra del partito democratico, o è un partito in guerra con Silvio Berlusconi, cioè con la leadership sbiadita della vecchia sagoma? Un nemico — quando si scende «in campo», come diceva Lui, caro lei — bisogna pur averlo. Quando non si ha nulla di positivo da proporre agli elettori, è bene avere almeno un babau da denunciare o un demonio da esorcizzato. Ma il centrodestra italiana, dopo vent’anni di berlusconismo e bunga bunga, non ha più niente da dire, a parte due pulpiti (anzi, più di due pulpiti) dai quali sbracciarsi invano. © Riproduzione riservata


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