GP Magazine febbraio 2023

Page 1

Quand'è che Cicci è entrato nella tua vita?

“Tutto è nato da un'amica della mia ex compagna, che prese sia Cicci che suo figlio che si chiama Biancone. Questa persona lo tenne per qualche anno e poi lo lasciò a colei che sarebbe diventata la mia compagna. All'epoca Cicci aveva quattro anni e la mia ex lo prese che suo figlio stava per iniziare le scuole elementari. Basti pensare che oggi suo figlio ha quasi 25 anni! In quel periodo ero amico di questa donna e di sua madre in quanto ci si vedeva nei locali dove si ballava. Un giorno mi invitarono a casa loro a prendere un caffè, era il 2005, e quella fu l'occasione del mio primo incontro con Cicci, che era già grandicello. Da lì poi iniziò la storia con questa ragazza e Cicci entrò nella mia vita. Abbiamo convissuto per circa dieci anni e quando ci siamo lasciati, Cicci è rimasto con me in quanto lei iniziò a frequentare una persona che aveva due rottweiler e non poteva tenerlo con sé. Adesso sono circa otto anni che io e Cicci viviamo da soli insieme”.

marico è che, facendo l'autotrasportatore, esco di casa la mattina e torno la sera alle 19. E in tutto questo tempo Cicci rimane da solo in casa, anche se è abituato. Ma quando non lavoro, lui è sempre con me. Ci facciamo delle passeggiate. Lo porto con me a Marina di Massa dove vive la mia attuale compagna e che nella sua casa ha anche un giardino grande, l'ideale per Cicci”.

C'è qualche fatto particolare che lo riguarda o un aneddoto?

“Ce ne sono diversi. Qualcuno anche non piacevole, ma grazie alla sua forza lo ha superato. Basti pensare che Cicci è stato soprannominato 'Inno alla Vita'. Una volta mangiò il veleno dei topi. Lo portammo dal veterinario e ci dissero che non sarebbe arrivato al giorno dopo. E invece... Un'altra volta era con la mia ex e fu investito da una macchina e si ruppe addirittura una parte del veicolo per l'impatto! Da quel momento Cicci non si trovò più, perché fuggito dalla paura, e si pensava che addirittura fosse morto. Lo ritrovarono legato ad un palo vicino casa che saltellava. In pratica non si era fatto nulla. Poi tre anni fa, all'inizio della pandemia, tornai a casa e lo trovai a terra in preda ad un ictus. Muoveva solo gli occhi. Sembrava non farcela ma il quarto giorno ricominciò a camminare e si riprese completamente. Cicci è una forza della natura!”.

Tu e Cicci siete in prima fila per svariate iniziative contro l'abbandono degli animale. Ne possiamo parlare?

Qualche mese fa Cicci è stato testimonial del Pet Carpet Film Festival. Come è nato questo coinvolgimento?

“E' stato un evento meraviglioso che ha dato tanto a me e a Cicci. Mi sono emozionato molto. Tutto è nato tramite una fotografa che era venuta a casa a fotografare Cicci. Con l'occasione, questa persona mi ha dato appuntamento al mare dove si stava svolgendo il Pet Film Festival in tour e in quella occasione ho conosciuto la direttrice artistica Federica Rinaudo che subito ci ha coinvolti per il suo evento”. Ormai Cicci è diventata una star, ti aspettavi tutto questo?

“Sinceramente no. Non l'avrei mai pensato. Tutto è nato all'indomani di un servizio su La Nazione e da lì si è costruita una catena di situazioni che è andata in crescendo. Poi, grazie al mio amico Ivana Tram abbiamo intrapreso anche la strada della solidarietà e della beneficenza”.

Com'è la tua vita con Cicci?

“E' meravigliosa. Me lo vivo il più possibile. L'unico ram-

“Questo è un impegno che porterò avanti finché io e Cicci avremo forza. Di questo devo ringraziare Ivana Tram che ha unito tanti personaggi, ha realizzato videoclip, ha portato avanti tante iniziative ed ha appoggiato l'associazione che ha realizzato il calendario uscito a novembre per beneficenza in cui anche Cicci è protagonista. Dobbiamo molto a Ivana Tram”.

Qual è il pregio più bello di Cicci?

“E' semplicemente adorabile. La gente lo ama e lui si fa amare da tutti. E' un cane che dà tantissimo amore”.

7

Il suo lavoro è rendere le persone più belle e quindi più sicure di sé. Lei è una delle più brave in assoluto. Si chiama Arianna Lollo e svolge la professione di Lash maker, una tecnica per applicazione di extension per infoltire le ciglia ed aumentare la profondità dello sguardo e renderlo più seducente ed accattivante. Questo lavoro prevede anche l'applicazione del mascara semipermanente, il bio tattoo henné, la laminazione sopracciglia, ecc. Ciao Arianna benvenuta tra le pagine di GP Magazine. Sappiamo di te che oltre ad essere una bellissima ragazza sei una delle più brave Lash maker e Lash trainer di Roma. Raccontaci da dove sei partita per arrivare fin qui...

“Molto giovane lasciai casa, esattamente all'età di 17 anni e ho fatto tantissimi lavori per cavarmela mentre studiavo ma ho sempre cercato un qualcosa di più stabile avendo concepito presto anche un bambino. Fino a quando ho fatto un primo corso di applicazione ciglia e lì ho capito che, oltre ad una passione, era il giusto lavoro anche per i frutti che tutt'ora mi dà...”. Cosa provi oggi regalando bellezza e sicurezza mentre applichi le ciglia alle tue clienti?

“È una sensazione bellissima quando applico a dei volti le ciglia ed in quelle due ore le donne si confidano con me ed io con loro, ma ancor più bello è quando, finito il trattamento, si specchiano e ciò che avevano sognato è davanti allo specchio guardandosi. La conferma che sono fatta per questo lavoro è che tornano sempre a

riapplicarle da me”.

Sei diventata una grande professionista così giovane e una mamma premurosa, come concili questi due aspetti?

“Questo è un lavoro che permette di gestirmi il tempo, in genere lo svolgo di mattina ed il pomeriggio posso concentrarmi su mio figlio, dai compiti alla scuola e ai vari impegni che la sua giovane età comportano”.

Fai corsi di formazione alle ragazze e in secondo luogo offri anche un lavoro a loro. In un'epoca così difficile ciò è molto importante, non credi?

“Ne sono felicissima perché è molto difficile appunto inserirsi oggi nel mondo del lavoro ed è bello poter aiutare delle ragazze a svolgere un lavoro dignitoso e con passione!”.

Sei orgogliosa di tuoi risultati? Cosa sogni ancora e dove vuoi arrivare?

“Moltissimo... se mi guardo indietro e penso alla qualità di vita... beh, ora posso dire di aver raggiunto molti traguardi. Ho il mio studio, mi piace ciò che faccio, ho creato un brand di prodotti che usano anche le ragazze che formo. Se dovessi chiedere di più vorrei giusto una serenità ancora più stabile nel tempo”.

Grazie Arianna della tua disponibilità, un grosso in bocca al lupo e a presto.

“Sono io che ringrazio voi di questa bellissima esperienza, a presto!”.

© Foto di Melissa Fusari

25

larissa aBToVa

Dalla rUssiaall’olanDaconamore

Nasce a Riga, nella “vecchia” Unione Sovietica, dove trascorre gran parte dell’infanzia a tratteggiare figure di animali dopo aver ricevuto dai genitori colori e carta da disegno. Il suo primo lavoro è un cavallo, all'età di quattro anni nel villaggio dei nonni. Durante l’adolescenza, un’artista professionista s’innamora di una sua opera, scoprendola in una mostra, e fa di tutto per convincere la madre che questa ragazza è nata per servire l'arte.

Stiamo parlando di Larissa Abtova, pittrice russa che nel 1991, forte di anni di esperienza, si trasferisce in Olanda, ad Amsterdam, dove le si apre il mondo dell’espressione pittorica. Il suo linguaggio artistico è in prevalenza figurativo..Negli occhi di ogni ritratto che dipinge, traspone anima ed emozioni, collocando le figure in un ambiente magico e romantico. Le sue opere sono presentate in mostre internazionali personali e collettive.

Ti sei laureata all'Accademia d'arte di San Pietroburgo nel 1985, ma la passione per la pittura ti accompagna fin dalla più tenera età. A 5 anni le tue opere sono già esposte in una mostra. Un progetto di vita già ben definito?

“Può sembrare strano, ma sono nata con questa creatività. Nessuno mi ha insegnato durante l'infanzia, amavo solo cani e cavalli e li dipingevo su ogni foglio vuoto o addirittura sui muri. Erano per lo più animali a quattro zampe. Crescendo, ogni anno notavo terribili errori nei miei disegni e li correggevo, sorprendendomi di non averli visti prima. In seguito, ho letto molta letteratura classica e mi è piaciuto realizzare illustrazioni basate sui libri”. Nasci in Lettonia, quando era ancora sotto egida e l’influenza sovietica. Cosa hai cercato, ed eventualmente trovato, trasferendoti in Olanda dove tuttora vivi?

36 ARTE

“Sono nata in Lettonia perché i miei genitori hanno studiato lì. Successivamente ho vissuto in Russia e spesso mi sono trasferita altrove a causa del lavoro dei miei genitori. Sono approdata in Olanda all'inizio degli anni '90 per caso, perché ho incontrato l'amore”.

Nei tuoi lavori, sei partita “Dalla Russia con amore” per arrivare al “Dal mondo con amore”. Un’apertura di confini più fisici o mentali?

“L'argomento "Dalla Russia con amore" è stato molto importante per me. Mostra le emozioni del popolo russo, i loro occhi, le loro anime. Sono una persona russa. Ovviamente, come ogni artista, sono molto curiosa e mi sforzo sempre di vedere molto, incontrare persone di culture diverse. E più viaggio per il mondo, più penetro persone di diversi paesi. Mi trasformo in qualsiasi persona, come se vivessi contemporaneamente in ogni angolo del nostro mondo”. Quali sono stati gli artisti di riferimento?

“Ho molti artisti preferiti. Amo i ritrattisti classici come Ilya Repin, Valentin Serov. Mi piacciono anche gli impressionisti; Édouard Manet, Claude Monet, Auguste Renoir. Amo molto gli artisti di genere americani: Edward Hopper, Jack Vettriano, David Tanner e tanti tanti altri…”.

Si è trasformata negli anni la tua pittura?

“Sì, è cambiata nel corso degli anni. Tutto questo viene dalle circostanze e dal mio umore. In sostanza, voglio sperimentarmi in diversi generi e tecniche. Ho molte idee, e ancora mi piace quando mi avvicino spontaneamente a una tela bianca e comincio a scrivere quello che ho in testa in quel momento”.

In molti quadri è presente il riferimento al femminile: una donna, un gruppo di amiche, o semplicemente un indumento come un reggiseno. Quanto è importante per te il pianeta donna, e qual è l’emozione più importante che cerchi di rappresentare?

“Sottolinei giustamente che dipingo molte donne, bellissime e romantiche, ma dipingo anche uomini, attraenti, giovani. Sognatori. Forse perché sogno costantemente qualcosa di bello, anche di ideale. Il mare, l'innamoramento, il romanticismo, il verde tutt'intorno, il sole sono tutto per me, in me. Io sono questi uomini e queste donne. Quando un raggio di sole attraversa il verde di un giovane albero, divento felice. Si potrebbe dire che ‘saper godere della vita’ è l'emozione più importante”.

C’è un tempo del ricordo, della memoria nella tua poetica pittorica?

“Sì, sicuramente. Dipingo spesso ciò che una volta ho vissuto, sentito e visto. Tutti i miei lavori hanno determinate emozioni del passato o del presente”.

Quali tecniche usi e quale prediligi?

“Amo la pittura ad olio, ma ho scoperto che anche l'acrilico è un ottimo modo per ritrarre la mia arte su tela. Sono stata educata alla pittura a olio, però ho visto che negli anni '90, quando sono arrivata in Olanda, l'arte moderna veniva realizzata con l'acrilico. Da quel momento li uso entrambi”.

Cosa pensi della pittura europea contemporanea e di quella italiana?

“Credo che a causa della pandemia ci sia stato un enorme aumento del numero di artisti moderni. A volte vedo dei veri talenti, ma ci sono anche molte imitazioni e somiglianze, non specificamente italiane ma di qualsiasi paese. Durante l'ultima mostra collettiva a cui ho partecipato, ho visto letteralmente un numero di artisti difficilmente distinguibili tra loro. In ogni caso devo dire che la qualità, in generale, era abbastanza buona”.

37

si vuole fare e la scrittura ha preteso spazio nella mia vita, dunque ho accantonato la musica, ma l’ho comunque riversata nei miei libri”.

Ragazze determinate, in cerca della verità e del proprio posto nel mondo: queste sono le protagoniste dei romanzi di Alessia, circondate da paesaggi affascinanti, abilmente evocati da una scrittura ricca ma mai ridondante, che diventano più forti e consapevoli dopo aver superato le tante prove della vita.

“Di tutte le storie scritte fino a ora, la ragazza che più mi somiglia è Luna, la protagonista de ‘La ragazza del faro’, ma c’è qualcosa di me anche in Lavinia de ‘Il profumo del mosto e dei ricordi’… Si dice che un bravo autore non dovrebbe mai mettere troppo di sé nelle proprie opere, credo perciò di aver raggiunto questo risultato nell’opera che sto scrivendo in questo momento. È gratificante riuscire a inventare qualcosa che non ti appartiene e stupirti del fatto di aver creato qualcosa di totalmente diverso da te”.

Tanto romanticismo, ma non sempre un finale “rosa e fiori”, anzi: talvolta Alessia lascia il lettore con l’amaro in bocca e il desiderio di una conclusione alternativa, come nel caso de “La ragazza del faro”, molto amato dal pubblico e dalla critica.

“In tanti mi hanno chiesto perché non ho dato un lietissimo fine a questa protagonista… Beh, perché semplicemente non ce n’era bisogno: non tutte le storie, anche nella vita reale, finiscono bene, perciò a mio parere alcune richiedono il lieto fine mentre altre hanno bisogno di rimanere in sospeso, di lasciare al lettore la possibilità di immaginare un altro epilogo”.

Arrivare al cuore dei lettori “sia con un sorriso che con una lacrima”: questo è l’obiettivo di Alessia. E se è questo che cercate in un libro, allora i suoi romanzi potrebbero essere le storie giuste per voi.

39 #CoseBelle

salVaTore casaBUri

È uscito in tutte le librerie e negli store digitali “Altrove e ritorno – il racconto di una rinascita” di Salvatore Casaburi edito da Intrecci.

Il 30 marzo 2014 Salvatore viene ricoverato in codice rosso al Monaldi di Napoli per una dissezione aortica. L’unica speranza di sopravvivenza è l’intervento, ma in quelle condizioni le probabilità di riuscire a superarlo sono davvero poche. Lascia il suo corpo nelle mani dei medici mentre la coscienza, l’anima, chiamatela come volete, si trova al cospetto della Madre. La Madre di tutti che, con un sorriso rassicurante, lo spinge verso il suo nuovo cammino. Un’accecante luce bianca lo avvolge e lo trasporta in posti magnifici, apparentemente deserti. “Immaginate che qualcuno vi metta le mani sul petto e vi spinga con forza. Che voi non opponiate resistenza e, come in una scena al rallentatore, cadiate in una vasca colma d’acqua”, ricorda oggi l’autore. “Ecco, fu come un tuffo in una vasca. Un tuffo di schiena con l’acqua che mi risucchiava”. Dopo venti lunghissimi giorni in terapia intensiva, Salvatore finalmente si sveglia, ed entra nel reparto di degenza cardiochirurgica, riacquistando velocemente le abilità neurologiche e la piena autonomia motoria. Salvatore Casaburi è nato a Frattamaggiore (Napoli) nel 1971. Oggi vive a Treviso. È un formatore e lavora nella scuola. Appassionato di interpretazione dei sogni, questo è il suo primo romanzo.

Come nasce l’idea di questo libro?

“Sono stati i medici, dopo aver sentito i miei racconti, ad incitarmi a scrivere”.

È stato semplice mettere nero su bianco le “sensazioni” di quei giorni in ospedale?

“È stato molto complesso. I ricordi erano nitidi appena mi sono svegliato. Avrei potuto scrivere tutto in poco tempo. Invece ci ho messo un anno. Mi sedevo al pc e scrivevo solo quando riuscivo a rivivere le stesse emozioni e i sentimenti di cui volevo par-

lare. Le sensazioni non sempre si allineavano al ricordo”.

Tre motivi per leggere questo libro?

“Perché trasmette coraggio, forza e fiducia. Tre elementi fondamentali per rialzarsi quando la vita ci mette davanti ad una situazione difficile. Ho scritto questo libro proprio per testimoniare la mia storia, l'esistenza di un "altrove", e per dare speranza a chi subisce interventi e si ammala. A queste persone voglio far sapere che si può guarire completamente. Io ne sono l’esempio”.

Chi è oggi Salvatore Casaburi?

“Un uomo più concreto. Non immune a delusioni e dolori, ma più rapido nel trovare la soluzione giusta ai problemi e tornare sereno. Ho capito che la vita è un regalo fatto di tante cose belle. E dobbiamo godercele tutte il più possibile”.

Un sogno nel cassetto?

“Continuare a scrivere. La scrittura mi fa sentire vero”.

41 LIBRI
“alTroVeeriTorno” racconToDiUnarinasciTa

manifestarsi”.

Veniamo al tuo romanzo, in cui ritroviamo Londra, seppure di fine Ottocento e in bilico tra luci e ombre, tra progresso economico e arretratezza dei diritti sociali. Da dove hai tratto ispirazione per la stesura e quali immagini trattieni dal corso della tua vita? In altre parole, quali affiorano nella tua scrittura?

“Ho scritto buona parte del romanzo mentre studiavo all’università. All’epoca tendevo ad uscire prevalentemente dopo cena e rimanevo in giro con amici e amiche fino a molto tardi. L’amore per la notte, i suoi luoghi e i suoi abitanti traspare nel romanzo, dove la gran parte delle vicende si svolge proprio al calar del sole quando ci si sente un po’ più liberi”.

Per scrivere una Crime Story come hai fatto tu, quali elementi narrativi e turning points trovi fondamentali?

“Il segreto credo sia riuscire a mettere su carta personaggi profondi. I protagonisti de “I Signori di Whitechapel” sono per lo più criminali e assassini, ma tutti hanno un lato che li rende umani, anche se in alcuni casi, questo lato, è molto ben nascosto. Una volta che si hanno a disposizione personaggi ben costruiti e strutturati, saranno loro a muoversi, quasi autonomamente”. Nel tuo libro si parla anche di Amore… perché?

“Nel romanzo si esplorano i meandri tetri di Londra, e anche dell’animo umano. Paura, Ingordigia, egoismo, crudeltà, violenza e avidità muovono i protagonisti del romanzo. Di fronte a tanta oscurità mi sembrava giusto introdurre uno spiraglio di luce. L’amore che si incontra nei vicoli di Whitechapel è concreto, passionale, carnale, e tuttavia sa concedersi anche rari momenti di gentilezza, rapimento ed estasi”.

Hai dichiarato: “Scrivi per evadere dalla routine”. Vorresti cimentarti anche in altri generi letterari?

“Assolutamente, voglio ancora evadere dalla routine. Ci sono tante terre da esplorare, persone da conoscere e avventure da vivere. Scrivere è uno dei modi per immergermi in scenari di difficile accesso nella vita reale, e in molti casi, aggiungerei per fortuna”.

In chiusura, quali libri ci sono attualmente sul tuo comodino?

“Al momento sul mio comodino ho alcuni saggi storici sulla guerra civile americana, dove mi piacerebbe ambientare il prossimo romanzo”.

43

Questa è la storia di una scrittrice speciale, una storia straordinaria di una persona dotata di talento nella scrittura nonostante una cecità che l'attanaglia da quando era adolescente. La sua storia l'ha rappresentata in un romanzo autobiografico intitolato “Amare l'invisibile”.

Quando ha capito di voler fare la scrittrice?

“Ho sempre amato scrivere fin dai tempi della scuola, poi la vita e la retinite mi hanno portato altrove. Ma, come succede talvolta, il treno dei desideri è passato di nuovo e nel 2015 ho vinto il concorso del Laboratorio RAI ERI di scrittura creativa. Ho frequentato tutti i corsi della scuola Genius fino ad arrivare a 'Come scrivere un romanzo'. Qui ho capito di non essere giunta all’arrivo ma a una nuova partenza, un viaggio che non potevo più rimandare”.

Psicoterapeuta, scrittrice e anche attrice. Come è riuscita a gestire tutte queste attività?

“La mia storia è costellata dall’alternanza tra momenti di perdita e di rinascita. Dopo le prime avvisaglie della cecità ho avuto paura e sono scappata, dal liceo, dagli amici. Ma succede che la vita mi distrae, mi butta un’esca e io abbocco, riemergo, golosa d’aria e di luce. Ho ripreso gli studi, Laurea in Psicologia e specializzazione in Psicoterapia. Nel frattempo lavoravo presso la Regione Lazio nell’Assessorato Servizi Sociali e nel Laboratorio psicanalitico

San Lorenzo di Roma. Ho rivestito cariche nell’U.I.CI. fino al 2007. Dal 2008 al 2015 ho partecipato come attrice al laboratorio integrato Tearca con spettacoli nei teatri Argentina, Vascello, Colosseo. Poi l’amore per la scrittura si è ripresentata ed eccomi qui”.

Il 25 novembre è uscito il libro “Amare l'invisibile” edito da Bertoni editore. Ci parli del suo romanzo autobiografico.

“'Amare l’invisibile' è un romanzo di formazione, il lento e doloroso adattamento al mondo che scompare, 'una goccia di cecità al giorno'. Paola si sente esplodere. E’ un eruzione di quel 'veleno che mi brucia dentro', rancore verso i genitori, cugini carnali, che le hanno trasmesso la malattia e invidia per i fratelli graziati dalla punizione. Ma sente pure che questo incatena tutte e due, la madre per il senso di colpa, lei per il bisogno di amore esclusivo. E’ anche una saga familiare. Per trovare lo slancio e la forza di andare avanti, la protagonista fa un passo indietro, come il matador che deve combattere il toro. Si affida al ricordo dei nonni, contadini abruzzesi che avevano affrontato il terremoto e la miseria e ai genitori nel resistere e contrastare la violenza della guerra. E’ la storia di una bambina che diventa donna. E’ sempre alla ricerca di amore. Lo trova nel ragazzo della porta accanto, lo sposa. Nasce un figlio. Mentre forme e colori sfumano, cerca nel suo ristretto campo visivo quell’ultimo spicchio di luce per vedere e rivedere il volto di Andrea.

Vuole imprimerlo nella mente per poi riaccenderlo nella memoria, sempre”.

Già consigliere provinciale e regionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti. Inoltre, è vicepresidente per il Lazio dell'Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità. Quando ha cominciato ad avere problemi con la vista?

“Avevo quattro anni. Mia madre da tempo insisteva per una visita oculistica perché avvicinavo troppo gli oggetti agli occhi. Dall’esame del fondo oculare si erano rilevati i primi segni di una retinite pigmentosa degenerativa. Il dottore mi fa accomodare. Tra noi c’è la macchina che legge gli occhi. Lui mi fissa con la faccia seria come mamma e papà in autostrada quando vedono quei cartelli che dicono 'attenzione, pericolo di frane!'. I miei genitori non me ne hanno mai parlato, come un tabù. Ma io ho sempre percepito un’atmosfera di allarme. A cena nessuno parla. Mamma mi guarda, ma non come prima. Ha un’ombra negli occhi. A sedici anni ho visto la prima macchia opaca al centro. Dovevo guardare intorno per vedere quello che avevo davanti. Ho voluto sapere”.

Ha partecipato come attrice al laboratorio teatrale integrato Tearca, con spettacoli nei teatri Argentina, Vascello e Colosseo. Inoltre, Pupi Avati, l'ha scelta nel film “Il cuore grande delle ragazze”. Ci parli della sua esperienza come attrice.

“Nei primi anni 2000 l’U.I.CI sponsorizza il laboratorio integrato 'Tearca per aspiranti attori'. Mi propongo, vengo ammessa. Mentre imparo il copione, sento che non sono io che vado incontro al personaggio ma è lui che mi entra dentro. Nella donna al telefono ne 'La voce umana' di Cocteau recito due parti. Quella quando parlo disperata Camminando su e giù per la stanza e quella in cui ascolto la voce dell’uomo amato che sta per sposare un’altra donna. Il viso cambia continuamente ad ogni parola che non si sente, ma si vede sul mio viso. In 'Condominio occidentale' sono una donna marocchina. Nadine è all’inizio un personaggio che sembra semplice e infantile ma cambia in un crescendo emotivo fino ad urlare il suo dramma. Pupi Avati mi ha affidato un piccolo ruolo nel 'Il cuore grande delle ragazze' ma sono stata io che l’ho scelto per la sua sensibilità. Ha dato il personaggio di una cieca a un’attrice non vedente”.

Progetti futuri?

“Nella scrittura del romanzo, la narrazione si è popolata di storie e personaggi, alcuni veri, altri creati durante il cammino. Ho dovuto arrivare ad un finale che desse un senso a tutto il romanzo. Altri personaggi sono rimasti in attesa di vivere nella pagina scritta. Ma questa sarà un'altra storia, un’altra avventura. Per innamorarmi ancora della vita”.

45

andranno in onda a livello nazionale”.

Da chi è composto questo super gruppo?

“Per quanto riguarda le ex ragazze di 'Non è la Rai', ci sono: Ilaria Galassi, Letizia Boupkouele, Patrizia Abbadi, Maria Monsè, Angela Di Cosimo ed Arianna Becchetti. Mentre quelle di 'Domenica In' sono: Alessia Strina, che tra l'altro è la co-conduttrice insieme a me, Anna Zegarelli, Daniela Terreri (attrice famosa), Paola Barzi, Giulia Bocci, Veronica Bartoli e Mariamichela Ariano Della Robbia”.

In cosa consiste il programma?

“E' una sorta di show e di intrattenimento in cui cantiamo e balliamo allo scopo di divertirci e far divertire con canzoni che possono essere attuali o i cult delle due trasmissioni storiche. Una bella rappresentanza insomma di tante donne messe insieme con il garbo e l'eleganza di persone ormai adulte e complici. Attualmente stiamo provando per i live e anche io canterò in duetto le mie canzoni”.

Chi ha creduto in questo progetto?

“Colgo l'occasione per ringraziare in modo speciale Alessio Primavesi con il progetto 'Affatto deluse' che è praticamente un progetto discografico con le canzoni dell'epoca interpretate dalle ragazze di ' Non è la Rai', uscito in cd. Ringraziamo anche le vocalist del famoso programma e la pagina ' Non è la Rai' cult, in quanto ci fornisce tutti i video di quegli anni. Poi vorrei citare la stretta collaborazione con la Compagnia Nuove Indye e Paolo Dossena. Salutiamo tutti i fans che hanno reso importanti trasmissioni e personaggi. Sono felice perché intravedo che stanno nascendo altre cose sulla base di questo progetto”.

Quali sono le tue aspettative future?

“Vorrei che questo progetto continui a lungo, però uno dei miei desideri è quello di lavorare con mie due compaesane e cioè Nancy Coppola, la super regina delle cantanti neomelodiche e la soubrette Elisa Fusco”.

49
Lo staff al completo © Foto di Claudio Martone Maria Monsè, Angelo Peluso e Ilaria Galassi Angelo, Mariamichela Ariano Della Robbia e Anna Zegarelli Paola Barzi, Giulia Bocci, Angelo e Daniela Terreri Patrizia Abbadi, Letizia Boupkouele, Arianna Becchetti, Maria Monsè e Ilaria Galassi

doti artistiche, è in cerca di un’occasione giusta. I treni alle volte passano una sola volta nella vita, io aiuto a far sì che la persona sia alla fermata giusta nel momento giusto”.

Insomma, hai le idee chiarissime…

“Forse perché questo mondo lo conosco per davvero.

La mia carriera inizia come cantante, sono un grande fan di Elvis Presley e tutti pensano che il mio timbro di voce somigli molto al suo. La musica è sempre stata la mia passione, da piccolo ho iniziato a parlare… cantando. Gli eventi live erano una soddisfazione, il calore e gli applausi della gente mi riempivano il cuore. Ho continuato come fotomodello e attore, ma volevo di più... Sognavo di ricreare quel mondo dalle porte dorate che ormai era finito da anni”.

Eppure è un mondo con rischi e pericoli.

“Quello dello spettacolo è un mondo complicato, pieno di fregature, porte in faccia e squali pronti a distruggerti. Ma ci sono anche persone serie e professionali pronte a darti una mano senza chiedere nulla in cambio. Ricordo il mio primo evento importante come fosse ieri, invece sono passati quasi dieci anni. Eravamo a cena, circa trecento persone, personaggi vip ovunque. Tv, cinema, musica, moda, arte. Era il mio mondo, ho trattato tutti come amici e conoscenti, forse mi hanno apprezzato subito proprio per questo”.

Che rapporto hai con i social?

“Uso quelli più comuni per condividere con le persone i momenti più importanti della mia vita. Ma esiste anche un ambito professionale, ovvero pubblicizzare la mia immagine e far crescere i personaggi iscritti alla mia agenzia. Avendo molti followers collaboro spesso con brand, tatuatori, stilisti e parrucchieri per partnership pubblicitarie. Del resto amo stare sotto i riflettori”.

Cosa deve trasmettere la tua immagine a chi la incrocia sul web?

“Mi sono sempre mostrato alla gente per come sono davvero: Sfrontato, schietto e sicuro di me. Amo il fatto di piacere alla gente, ispiro fiducia e nel mio settore questa è una cosa importantissima. Detto questo, non sopporto chi giudica un libro soltanto dalla copertina”.

Che piani hai da realizzare?

“Con la mia agenzia abbiamo in programma diversi eventi e tante collaborazioni. Tra dieci anni mi vedo nel pieno del successo”.

Contatti social

@linocoronareal

@corona_management

Linocorona.it

51

SPETTACOLO

Gian carlo PereZ

ilTalenToDellaDanZacHeVieneDa cUBa

PrimoBallerinoDel WasHinGTon BalleT

E' primo ballerino del Washington Ballet e viene da L'Avana. Da buon cubano ha la danza e il ritmo nel dna. Ha ballato negli Stati Uniti, a Panama, in Francia, in Spagna, per poi approdare anche da noi in Italia. Conosciamolo meglio attraverso questa intervista.

Caro Gian Carlo grazie per essere con noi. Cominciamo dai tuoi esordi nel mondo del balletto...

“Sono cubano di L'Avana e il balletto è una parte importante della nostra società per la grande figura di Alicia Alonso. Conoscevo la danza e il balletto in generale, grazie a mia madre, Daisy Alvarez, che era stata preside dell'Havana Night Club e del Tropicana. A 9 anni mi hanno iscritto a una scuola di ballo (Alejo Carpentier) e otto anni dopo ho avuto l'opportunità di unirmi al Balletto Nazionale di Cuba dove ho ballato per tre anni. Nel 2014 sono entrato a far parte del Washington Ballet dove tuttora ballo”.

Quando hai capito che la danza doveva essere il tuo lavoro?

“La danza è una forma d'arte che ha bisogno di riconoscimento nell'industria del lavoro. Noi artisti andiamo a scuola per molto tempo per cercare di archiviare il livello di alte prestazioni che il balletto richiede. Come ogni carriera, ho sempre saputo che il balletto era più di un lavoro, era un'opportunità per la crescita personale e lo sviluppo dell'anima umana”.

La tua ispirazione o modello di ballerino nel tuo lavoro.

“Crescendo, ho frequentato sempre il festival del balletto dell'Avana e visto molti di

53

Premio foGliaD’oro a caPaccio PaesTUmsiPremianoilaVoraTori

DelTaBaccoDella ValleDel sele

Nella splendida cornice crepuscolare del NEXT di Capaccio Paestum, in perfetta armonia con il suggestivo scenario offerto dagli ampi fabbricati dell’ex tabacchificio Cafasso recentemente recuperati ed adibiti a spazi espositivi spesso multimediali, si è svolta la seconda edizione del Premio Foglia D’Oro importante quanto simbolico riconoscimento alle ex tabacchine ed ai tantissimi lavoratori del tabacco della Valle del Sele ideato anche per sottolineare il gran peso che l’impresa del tabacco ebbe nell’economia italiana fin dallo scorso secolo. Il variegato programma che ha preceduto la consegna del Premio Foglia D’Oro 2022 alla Signora Iside Pardiello è stato colorito da storie, aneddoti, testimonianze opportunamente introdotti dal direttore artistico Nicola Acunzo nonché arricchito

dagli imprevisti racconti narrati dallo stesso pubblico intervenuto. Ad aprire le commoventi celebrazioni è stato l’avvocato Franco Alfieri, attuale Sindaco della città di Capaccio Paestum, presente e attentissimo dall’inizio alla fine della manifestazione, a conferma della forte sensibilità storica che lo lega alle vicende sociali della storia di un territorio che ha fondato sulla presenza dei tabacchifici gran parte della propria economia. “Lavorare nel tabacchificio ha fatto di me una donna libera” racconta la Signora Iside nativa di Capaccio Paestum nel video girato per l’occasione dallo stesso Acunzo “mi ha consentito di contribuire all’economia famigliare al pari di mio marito; ha permesso ai miei figli di crescere, studiare ed ha garantito a me una serena vecchiaia grazie alla pensione che ancora

60
EVENTI
Da sinistra, il sindaco di Paestum Franco Alfieri, il direttore artistico Nicola Acunzo e i dirigenti di Poste Italiane

percepisco.”

I ricordi sono tanti e tutti vivissimi: il tabacchificio era una struttura perfettamente studiata per permettere alle lavoratrici di non trascurare il proprio ruolo di madri; all’interno della fabbrica c’erano delle aree adibite a nursery ove le donne potevano allattare i propri piccoli, dove potevano trascorrere le pause dal lavoro stando vicine ai propri bambini che crescevano senza subirne l’allontanamento. Spesso all’interno del tabacchificio lavoravano sia la moglie che il marito per cui la famiglia era tutelata: marito e moglie potevano incontrarsi, parlare, discutere, consumare i pasti assieme nelle mense. “Quando nel 1953 ho iniziato a lavorare nel tabacchificio” sottolinea la Signora Maria Civale di Battipaglia meritoria della Foglia D’oro 2021 “non ero ancora sposata ma solo fidanzata e proprio grazie alla

unico e importante, quindi, quello di Poste Italiane intervenuto per procedere con l’ Annullo Filatelico. Il programma della manifestazione è proseguito poi con la lettura di alcuni brani tratti dal testo teatrale “7 minuti” di Stefano Massini, con un incontro sul tema “la filmografia dell’emancipazione” tra il critico cinematografico Carlo Gentile e Federica Vincenti, produttrice dell’omonimo film “7 minuti” diretto da Michele Placido nel 2016, nonché con la proiezione della pellicola che, ambientata in fabbrica, ha per protagoniste molti volti importanti del nostro cinema tra cui ricordiamo Cristina Capotondi, Ambra Angiolini, Violante Placido, Ottavia Piccolo e la cantante Fiorella Mannoia. Per approfondimenti sul Premio Foglia d’Oro www.premiofogliadoro.it

presenza del mio futuro marito che già vi lavorava, sono riuscita ad entrare anche io; nel lavoro in fabbrica ho trovato la mia dignità di donna lavoratrice tutelata da un contratto di lavoro che a tutt’oggi sostiene la mia indipendenza dai miei figli.”

Tabacchificio uguale tutela della famiglia, quindi, ma anche degli usi e delle tradizioni di una terra italica che sente fortissimamente il suo legame al territorio ricco di acque che ha favorito lo sviluppo delle piantagioni. “Testimonianza di tale importante apporto nell’economia” sottolinea il direttore artistico “è certamente il riconoscimento che Poste Italiane ha dato lo scorso anno emettendo per la prima volta il Francobollo del Centenario 1921-2021 opera firmata da Marco Gallotta, artista internazionale originario di Battipaglia, che nel disegno rappresenta alcune tabacchine impegnate nel loro lavoro quotidiano.” Impegno

61
Iside Pardiello, tabaccaia premiata con la Foglia d’Oro Il sindacoFranco Alfieri e l’orafo Raffaele Ferraioli La produttrice Federica Vincenti e il critico Rai Carlo Gentili

Per Ragazzi Edito che ha premiato V.F. Lyndon con “Aura Miller e il Segreto di Drema”, Luciano Varnadi Cerriello con “Oltre la Nuvola non Piove” e Laura Canestrari per “Nat Occhidambra”. Nella categoria giallo il primo premio è stato assegnato al giornalista sportivo Vincenzo Cerracchio per "L’ultimo Giorno dell’Anno", il secondo al regista e sceneggiatore Aldo Lado per "Rider" e il terzo Massimo Tirinelli per "La Testimonianza". Per la categoria romanzo è stato assegnato il primo premio a Marika Campeti per "Neravorio", il secondo ad Andrea Fazzini per "l’Ospite della camera 201"e il terzo ad Andrea Moneti per "La crociata infame". Il consueto Premio Speciale "Benito Ussia" in memoria dell’ideatore e fondatore del premio letterario, è stato assegnato ad Anna Verlezza per "La Seconda Verità" mentre il Premio Speciale "Città di Ladispoli" è stato conferito a Crescenzo Paliotta, ex sindaco della cittadina nonché autore di “Ladispoli e i luoghi del cinema”.

Presente con eleganti intermezzi di musica classica dell'Orchestra Giovanile Massimo Freccia, da sempre riferimento di questo evento culturale abilmente organizzato, coordinato e condotto dalla giornalista

Francesca Lazzeri.

63
Francesca Lazzeri e Federico Palmaroli Primo Premio Categoria Ragazzi V.F. Lyndon Fausto Biloslavo e Massimo Tirinelli Francesca Lazzeri e Angelo Mellone Francesca Lazzeri, Marco Gregori e Strato Cacace, Ambasciatore del Mare

Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.