3 minute read

D’O

D’O

IL DESIGN CHE ABBATTE TUTTE LE BARRIERE

Advertisement

Di Lara Mazza

Ci sono spazi in cui ci si sente subito a casa, come al D’O. Già ad un primo sguardo si percepisce subito l’intensa volontà di accogliere, nel senso vero del termine, e, come piace pensare al suo creatore Davide Oldani, anche di voler dare “nutrimento” ai suoi ospiti. Il contesto in cui si trova la location, di fronte alla Chiesa vecchia di San Pietro, che, con il suo passato e la sua tradizione rappresenta una bella pagina di storia, è un chiaro segnale di quanto le origini e le tradizioni siano davvero importanti. Soprattutto in cucina. San Pietro infatti era una chiesa sulla strada che collegava Milano a Torino e sulla sua facciata sono murate delle patere, scodelle in maiolica o ceramica invetriata, che avevano una duplice funzione - decorativa e segnaletica - perché indicavano che lì, il pellegrino, poteva trovare ospitalità e consumare un pasto caldo. Per questo motivo, invece di un classico ristorante, Davide Oldani ha realizzato una casa, quella della Milano alla quale è più legato, con la suddivisione su due livelli in zone dalle caratteristiche inconfondibili: la cucina, il tinello, il soggiorno, il salotto, la galleria, la veranda, la cantina e lo studio. Parte integrante del progetto di architettura, curato da Piero Lissoni, riconosciuto internazionalmente come uno dei maestri del design contemporaneo, è la vetrata incorniciata da un profilo di metallo traforato e coperta da una pensilina che si affaccia sulla piazza, con una superficie vetrata grande abbastanza da far sì che la piazza possa “entrare in casa” e che la casa possa “entrare nella piazza”. Il progetto è stato reso possibile grazie al sapiente lavoro cdi Piero Lissoni con la matrice dell’architettura, tagliando gli spazi e “regolamentando” gli ingredienti architettonici, come fa appunto un cuoco. E tra gli ingredienti di questa ricetta sublime vanno annoverati la trasparenza verso la piazza, la luce, la connessione tra il luogo dedicato alla ricerca e il ristorante, la cucina vera e propria e le differenti stanze, che si rincorrono una nell’altra. «Desidero che la porta del ristorante sia aperta, in tutti i sensi, che una parte della preparazione del menu avvenga davanti agli ospiti», commenta Davide Oldani. «L’obiettivo è coinvolgerli

a trecentosessanta gradi, in un ambiente esteticamente bello ma anche accogliente. L’idea di bellezza del mio amico Piero si è perfettamente combinata alla mia idea di praticità, realizzando il mio desiderio di un’estetica che non rinunciasse alla comodità. Ho voluto ingrandirmi in senso fisico, di metrature intendo, anche se non era questo lo scopo principale. L’ho fatto con l’obiettivo di realizzare una cucina più “grande”, capace di evolvere, di confrontarsi con altre cucine nel nostro Paese e anche fuori; e nello stesso tempo per razionalizzare gli spazi e rendere tutto più funzionale oltre che, naturalmente, confortevole, esteticamente gradevole. Diciamo che ho effettuato un Piccolo spostamento fisico - sono andato a pochi metri dal primo D’O - per realizzare una Grande evoluzione nella semplificazione, nell’organizzazione e nella funzionalità. Ma non ho cambiato il numero di coperti della sala.» Se è vero che un designer dovrebbe inventare soluzioni che ancora non esistono per soddisfare esigenze moderne che invece sono già presenti nel nostro quotidiano, allora possiamo definire Davide Oldani, oltre che uno chef, anche un designer, a cominciare da tavoli e sedie, che ha disegnato lui stesso, realizzando concretamente alcune idee che inseguiva da tempo. E cioè la creazione di elementi di arredamento che - pur nell’eleganza - fossero essenziali, lineari e funzionali. La comodità, a suo parere, si traduce in tranquillità e rilassatezza, ma anche nel favorire - attraverso una forma ergonomica degli arredi nata dall’osservazione quotidiana degli ospiti - una digestione corretta, che comincia quando ci si siede a tavola e non quando ci si alza. Anche il piano interrato ha una sua precisa funzione, ovvero quella riservata a ricerca e sviluppo, con un insieme di aree diverse e comunicanti in uno spazio sempre fluido. Qui si trova una cucina a isola attrezzata per creare e sperimentare nuovi piatti e nuove idee, una parte destinata allo sviluppo del brand D’O e dei suoi prodotti, una cantina a temperatura controllata aperta alle degustazioni.

This article is from: