STORIA DELLA CHIESA DI S. FRANCESCO DI ARIANO IRPINO

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1 DOMENICO PISTELLA MONS. EMERICO PISAPIA

LA REGIA CHIESA DI S. FRANCESCO DI ARIANO IRPINO LA SUA STORIA E I SUOI MONUMENTI

Figura 1 Chiesa S. Francesco di Ariano, interno prima della demolizione, foto di D. Francesco Pinelli anni 1950

A CURA DI GIOVANNI ORSOGNA NOTE STORICO-CRITICHE Centenario della morte di P. Nicola Flammia (1917-2017)


2 ARIANO IRPINO 2018

Prefazione

Il fortunato incontro con P. Francesco Pinelli Pallottino, e la sua disponibilità e gentilezza mi ha permesso di leggere il dattiloscritto di P. Domenico Pistelli dello stesso ordine che è stato parroco della parrocchia unita di S. Eustachio in S. Francesco e che hanno avuto la rettoria della Chiesa di S. Agostino negli anni 30-’40 dello scorso secolo. Vedere con tristezza l’immenso patrimonio artistico disperso in musei ed in altri luoghi privati, mi ha sollecitata a ricostruire partendo dallo scritto importante di P. Pistella, che con amore di pastore e studioso ha cercato di infondere negli arianesi il rispetto per il monumento artistico-religiosi della nostra città. Purtroppo il dattiloscritto in parte è stato pubblicato dopo l’evento disastroso della demolizione “forzata” della Chiesa e Convento negli anni successivi al terremoto del 1960, i giovani del tempo riuniti in Associazione a tutela dei Beni artistici e storici della città, riuscirono a salvare dalla distruzione il cinquecentesco portale della Chiesa di S. Francesco, oggi collocato nel Centro Pastorale omonino. Mentre alcuni fregi del portale di ingresso i grifoni in travertino e della cariatidi sono visibili presso il Castello di Ariano Irpino. Non si tenne minimamente conto del decreto del Ministero della P. I. del 1901, proposto dall’avv. Lugi Mazza, ispettore onorario ministeriale, che dichiarò monumento nazionale: il Castello, la Chiesa e convento di S. Francesco e la Cattedrale. Grazie al sollecito interessamento di Candido Iacobacci furono salvate le tele della Via Crucis, sec. XVI, pronte per essere trafugate e di lì a poco, recuperate dal compianto Don Donato Minelli, le stesse furono restaurate da Ottaviano D’Antuono. Tra i pregiati manufatti salvati si ricorda: 1- il coro monumentale in noce sec. XVII, opera del Beato fratello laico Fr. Tommaso da Vasto; 2- il crocifisso ligneo seicentesco, attribuito allo stesso beato Fr. Tommaso da Vasto. 3- l’altare in marmo policromo della Madonna Immacolata Concezione, oggi nella Chiesa di S. Agostino. La preziosa statua policroma della Madonna Immacolata Concezione sec. XVII.


3 4- la porticina argentea del tabernacolo dell’altare maggiore raffigurante Cristo Risorto. 5- la tela dell’Annunciazione del Cobergher, oggi collocata nel palazzo dell’Episcopio; 6- frammenti di altari in marmo policromo dell’altare maggiore di S. Francesco; 7- statua lignea sec. XVII di S. Francesco; 8- Statue lignee delle due Marie , museo diocesano sede Annunziata. Sono andate perdute: Nel 1904 le iscrizioni lapidee funebri riportate in appendice; l’iscrizione funebre di Innico de Guevara. Mentre il coro ligneo è stato ricollocato nel presbiterio della Cattedrale, putroppo sono andati perduti gli artistici confessionali sec. XVII,sono parzialmente visibili in una foto dell’interno della Chiesa realizzata da P. Pistella. La preziosa Biblioteca del Convento dei padri Francescani di Ariano, dopo la soppressione del 1863 fu ceduta al Comune di Ariano con i beni mobili ed immobili. Buona parte del fondo librario cinquecentine si conserva presso il fondo Museo Civico di Ariano; mentre le seicentine ed opere successive costituiscono buona parte del fondo librario della Biblioteca Comunale “P. S. Mancini”. Dispiace che per motivi politici- amministrativi negli anni sessanta- nonostante le proteste dei giovani e della gente, quasi di nascosto e senza preavviso le ruspe buttarono per aria manufatti ed opere artistiche e murarie che furono frutto della devozione francescana, del popolo arianese, e della confraternite che ebbero a fondare e sostenere con sacrifici un bene religioso ed artistico che, ancora oggi fa commuovere e piangere per la distruzione ad opera degli uomini. Questo dovrebbe essere di monito per non perdere la memoria storica, anche per rispetto dei nostri antenati, ma anche per consegnare beni e manufatti che dopo anni e qualcuno secoli sono abbandonati: Convento S. Spirito dei Cappuccini di Ariano sec. XVI-XX. Casa cinquecentesca Corso con caminetto rinascimentale sec. XVI. Ovviamente tutti i beni dichiarati con vincolo dalla Soprintendenza ma abbandonate non tutelati: Le masserie, le zone archeologiche di Aequum Tuticum e della Starza, i palazzi e quartieri storici in stato di degrado, Fontane come quella dei Pirelli ecc. Questo libro viene dedicato a tutti i cittadini arianesi in ringraziamento anche a quanti hanno speso energie per la valorizzazione della Città e Diocesi di ArianoLacedonia.


4 Per completezza della specificitĂ , originalitĂ e per offrire un contributo alla storia della presenza dei Frati figli del Serafico S. Francesco si ripubblica i “ricordi francescani d in Ariano di Puglia, edito nel 1928. Testo rarissimo e poco conosciuto.

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Breve sintesi storica della Chiesa e Convento

1. Cronologia della Chiesa e del convento

La tradizione ha sempre ricordato che la presenza di S. Francesco è stata attestata in Ariano, fuori le mura della città del Tricolle, nel suo ritorno dal pellegrinaggio a S. Michele Arcangelo sul Monte Gargano e che abbia curato i lebbrosi presso l’ospedale dei pellegrini “S. Giacomo”. Notizie più attendibile risalgo al 1247 quando i devoti arianesi eressero la chiesa e il convento dedicandolo al P. Serafico Francesco. In questo luogo nel 1731 venne istituito il Conservatorio delle Oblate di S. Francesco Saverio e nel 1926, durante il VII Centenario della morte di S. Francesco, il 3 ottobre Mons. Domenico Martino, scoprì una lapide a ricordo. E’ superfluo ribadire che la data 1247 di fondazione della Chiesa in onore di S. Francesco e del convento dei frati minori, al centro della città, pur non essendo suffragata da documenti è menzionata dalla memoria popolare. Sono andato perduti i documenti circa la benevolenza verso i Francesconi di S. Elziario (1284-1323) e della moglie Beata Delfina (1282-1360) Conti di Ariano, entrambi terziari francescani. Agli inizi del sec. XIV, tra il 1330-40, il convento è già una realta di notevole valore, ma le fabbriche vengono danneggiate dal sisma del 1349. Il Waddingo riporta tra i conventi della provincia beneventana quello di Ariano, che fa parte della Custodia Beneventane della Provincia di Terra di Lavoro. Il terrificante sisma del 1456 provocò gravissimi danni a tutti gli edifici dfi Ariano, ne crollò, chiesa e convento con la morte dei numerosi frati sotto le macerie. Il munifico Vescovo arianese Orso Leone de Leone (1449-1470) avvia una poderosa ricostruzione della chiesa e convento.n Nel 1463 contribuirono con somme ingenti i conti di Ariano Enrico e Isabella, i quali, essendo papa Pio II lo donarono agli Osservanti della Provincia di Terra di Lavoro. Nel 1581 i frati fondarono la confraternita laicale dell’Immacolata Concezione e delle Sacre Stimmate di S. Francesco; quest’ultima soppressa nel 175 e subito ripristinata.


6 Nel 1583 giunsero in Ariano anche i PP. Cappuccini, i quali presero alloggio presso il convento dello Spirito Santo, fondato dal Comune di Ariano, che rimane aperto fino al 1807, gli anni successivi furono decisivi per l’abbandono progresso, mentre, la chiesa fu demolita nel sec. XIX. Oggi ne resta solo il convento col chiostro e gli affreschi del refettorio, in stato di degrado e di proprietà privata. Nel 1630 P. Silvestro di Gaeta, ministro Provinciale degli Osservanti concesse alle monache del monastero del Ss. Salvatore un pezzo di terra di 20 palmi e 60 largo confinante con il convento. Nel 1640 il 20 aprile i Riformati della Provincia di Terra di lavoro cedettero il convento di S. Francesco alla consorella Provincia pugliese di S. Angelo, la quale lo tenne fino alla soppressione del 1866. Il terremoto del 1688 arrecò gravi danni al convento e la chiesa dopo la ricostruzione il 20 aprile 1692 dal Re di Napoli Carlo II fu insignito del titolo “Reale”. Nel 1724 il Vescovo diocesano Filippo Tipaldi, consacrò il nuovo altare dedicato a S. Francesco. Anche il terremoto del 1732 la chiesa riportò danni. Per questo motivo venne eseguito un sostanziale restauro che fu terminato solo nel1740. All’ingresso venne collocata una lapide a ricordo. Nella chiesa durante il secolo XVIII vi erano le seguenti cappelle, tutte gentilizie: nel presbiterio la Cappella del Crocifisso con il gruppo statuario delle deu Marie con S. Giovanni Ev., dalla parte del vangelo quelle dell’Immacolata, eretta nel 1642 e restaurata nel 1740, della Visitazione della B. V. Maria eretta con altare privilegiato da Papa Gregorio X, nel 1578 e restaurata nel 1791; e quella di S. Maria degli Angeli fondata nel 1710 e restaurata nel 1791; dalla parte dell’epistola quelle di S. Antonio di Padova, di S. Pasquale Baylon e di S. Pietro d’Alcantara con tomba della famiglia De Plano del 1758. Al centro della chiesa vi era la tomba di Francesco Cordova, capitano reale morto il 1618. Nelle sagrestia, poi, venne traslata la tomba di Innico Guevara, conte di Ariano. Il convento, fu sede di studentato e di teologia, e dimorarono frati morti in concetto di santità. Sono registrati nel Micrologium della Provincia Riformata di S. Angelo. In questo convento si svolsero i capitoli provinciali dove vennero eletto i Ministri Provinciali di chiara fama. Nel 1816, dopo la rivoluzione napoleonica, venne celebrato il capitolo provinciale nel quale si discusse la problematica dei gravi danni a seguito della soppressione e la chiusura di alcuni conventi con l’impossibilità di accogliere i nuovi postulanti. Venne eletto provinciale l’arianese Fra Domenico Antonio da Ariano, che venne rieletto ne l1827.


7 In seguito alla legge di soppressione, sono espulsi dal convento i frati ed anche la chiese viene chiusa al culto fino al 1873. A seguito di richieste incessante della popolazione arianese e della civica Amministrazione, la chiesa e il convento fu restituito al Comune da parte del Demanio ed affidata alla Confraternita dell’Immacolata Concezione e della Sacre Stimmate di S. Francesco, con l’officiatura di un rettore. Questa Confraternita fu benemerita per la manutenzione della chiesa.

2. I Pallottini.

Nel terremoto del 1962 la chiesa e il convento subiscono gradi danni, lentamente il convento viene demolito, dopo il sisma del 1980 viene demolita, nonostante le proteste popolari e il diniego dalla civica amministrazione, la quale tentò vanamente di bloccare la demolizione.

Attualmente manca la presenza dei frati francescani, mentre vi è quella della Suore Francescane delle Missioni i Egitto con la casa adiacente alla chiesa abbaziale di S. Michele Arcangelo.


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3.

ARIANO IRPINO,

CONVENTO E CHIESA DI S. MARIA DELLO SPIRITO SANTO

L’altra significativa presenza francescana è attestata dai PP. Cappuccini. Questi s’insediarono in Ariano nel 1583 in località Paradiso. L’Università di Ariano, mediante l’interessamento del Sindaco Boezio Tasso, compra tra il 1583 e il 1586 11 tomoli e ½ di terreno da diversi proprietari per il prezzo di ducati 389 e s’accolla il cenzo che grava su diversi territori, detraendo la somma all’effettuazione del pagamento. In tal modo lascia libero da ogni censo il terreno offerto per la costruzione del convento. Nel 1591 la chiesa si arricchisce di una “splendida cona et doi quadri” dell’artista Cornelio Smet Ferraro con cornice lignea di Boetio Tasso, commissionati dal guardiano Fr. Daniele, Nel 1610 i lavori continuano alla fabbrica e si ha il pagamento di 40 ducati a mastro Albentio Scarola fabbricatore. Non si conoscono notizie circa le suppellettili sacre della Chiesa, eccetto di un artistico altare maggiore scolpito in legno di noce. Il convento venne chiuso nel 1809 per la soppressione francese, poi riaperto , viene richiuso nel 18666 per la soppressione italiana. In seguito i cappuccini ritornano in Ariano per lasciarla definitivamente negli anni ottanta. Questo convento è sempre appartenuto alla Provincia Cappuccina di Napoli.

Foto convento e chiesa dello Spirito Santo


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NOTE BIOGRAFICHE P. DOMENICO PISTELLA

MONS. EMERICO PISAPIA


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Al Compianto Mons. Donato Minelli Pastore di chiara fama e di spiritualità Storico e benefattore della Diocesi di Ariano Irpino-Lacedonia.

Our Lady of Mt. Carmel Rectory Pallottine Fathers 44B EAST 116 TH STREET NEW YORK. N.Y. 10029

6 Gennaio

Rev.mo Mons. Donato Minelli Cancelliere Curia Vescovile Ariano Irpino

Carissimo Donato: A seguito della tua richiesta, ho rispolverato questo manoscritto della monografia sulla chiesa di S. Francesco in Ariano da me stesa oltre trenta anni or sono, nel 1941. Di primo impulso avrei voluto rielaborare il materiale storico per aggiornarlo ed inserirvi le vicende degli ultimi anni cruciali della seconda guerra ed almeno un altro terremoto; ho finito però col rinunciarvi per conservare al lavoro originale il suo criterio di autenticità per la mia testimonianza di allora. Nel manoscritto davo credito alle opere che mi erano servite di fonte e ricordavo con gratitudine lo scambio di opinioni e di materiale con Mons. Emerico Pisapia e con il dotto Prof. Luigi Fedele; li ricordo ancora con venerazione ed affetto. Fonte maggiore è stata l’opera del Vitale che è da me ampiamente citata nella edizione del 1794.


11 A te, dunque, questo manoscritto a ricordo di comuni fatiche nell’agone culturale e di care memorie della città di S. Ottone e di S. Francesco. New York, 6 Gennaio 1975 Don Domenico Pistella S.A.C.

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Nel 1935 S.- E. Mons. Giuseppe Lojacono, Vescovo di Ariano, chiamava da Roma alcuni sacerdoti della Pia Società dell’Apostolato Cattolico (Pallottini) a cui affidava la cura della Parrocchia dei Santi Simeone ed Eustachio, priva del titolare per la morte del Parroco Sac. Gennaro Ciccarelli. Fecero il loro ingresso in città nei primi giorni del mese di Novembre tre sacerdoti a cui si aggiunsero un fratello coadiutore per la cura materiale della chiesa. Tornava così, dopo tanto tempo, in Ariano un Istituto Religioso e prendeva posto nella bella chiesa di S. Francesco, dove, per secoli, i seguaci del Poverello avevano giornalmente emulato lo zelo degli altri istituti cittadini, quali i Predicatori, i Cappuccini, gli Scolopi che tutti vivono appena nel ricordo degli anziani. La Parrocchia risulta dal titolo di due circoscrizioni ecclesiastiche riunite dopo poco il 1618 come si desume da un appunto in matita stralciato dal Parroco Ciccarelli, presumibilmente dalla Platea Urbana (Card. Diomede Carafa) di quel periodo. E’ da rimpiangere che non ci siano documenti originali a causa dei vari terremoti che si sono meno gravemente danneggiata la ex-Chiesa Parrocchiale distruggendo gli archivi e disperdendo i documenti ivi conservati. Il Vitale (1) nella sua opera monumentale dice che “alla chiesa di S. Eustachio nel 1631 fu unita la chiesa parrocchiale di S. Simeone”. Dall’appunto sopra citato risulta che nel verbale di Sacra Visita, stesso per ordine di Mons. Emanuele Brancaccio, si ricordava il parroco di S. Eustachio il dovere di una sistemazione della Chiesa ex-titolare di S. Simeone che minacciava rovina, in questi termini: “S. Visita 5 Novembre 1685: S. Eustachio: Confirmiamo il decreto fatto l’anno antecedente da Mons. Vescovo che fra dui mesi con’ effetto li filiani della detta Parrocchia reparino la Chiesa di Santo Simeone la quale minaccia ruina” Per la ubicazione di questa chiesa ci mancano tutti i dati. Esiste a circa cento metri dalla terrazza prospiciente S. Eustachio una casa di dimensioni assai limitate che si presenta a prima vista come la facciata di una chiesa. Il Vitale sopra citato, però parla anche di un oratorio parrocchiale dedicato a S. Sebastiano, onde è difficile stabilire la chiesina


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Il Vitale (1) nella sua opera monumentale dice che “alla Chiesa di S. Eustachio nel 1631 fu unita la chiesa parrocchiale di S. Simeone”. Dall’appunto sopra citato risulta che nel verbale di sacra visita, stesso per ordine di mons. Emanuele Brancaccio, Vescovo di Ariano, Vescovo di Ariano nel 1685, si ricordava al Parroco di S. Eustachio il dovere di una sistemazione della Chiesa extitolare di S. Simeone che minacciava rovina in questi termini: “S. Visita 5 Novembre 1685: S. Eustachio: Confirmiamo il decreto fatto l’anno antecedente da Mons. Vescovo che fra dui mesi co’ effetto li filiani della detta Parrocchia reparino la Chiesa di Santo Simeone la quale minaccia rovina.” Per la ubicazione di questa chiesa ci mancano del tutto i dati. Esiste a circa cento metri dalla terrazza prospiciente S. Eustachio una casa di dimensioni assai limitate che si presenta a prima vista come la facciata di una chiesa. Il Vitale sopra citato, parò parla anche di un oratorio parrocchiale dedicato a S. Sebastiano, ondé difficile stabilire se tale chiesina sia l’oratorio in parola ovvero la chiesa di S. Simeone. Qualche voce raccolta in Parrocchia fa pensare ad una chiesa esistente verso il lato ponente di S. Eustachio; questa ipotesi potrebbe essere convalidata dal fatto che presso le pareti di alcune case in demolizione, per esempio in casa D’Alessandro , furono trovati dei resti umani composti in loculi secondo il costume di quel tempo.


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3. LA CHIESA DI S. EUSTACHIO

Esisteva, fino ad appena alcuni anni or sono, nel rione Monticello questa Chiesa parrocchiale di S. Eustachio, sulla sommità del versante nord orientale della città. Davanti ad essa si apriva uno spiazzale lastricato a ciottoli e recinto da muro, dal quale si dominava con lo sguardo il gruppo dellecase fiancheggianti la Via Nazionale fino alla Valle ed oltre, verso l’orizzonte delimitato dai monti del Sannio. Non abbiamo notizie esatte sulla fondazione e si chi la volle costruita. Nelle risposte ad un questionario propostogli dalla Congregazione del Concilio, il Parroco protempore, come unica notizia, accennava ad una antica cronaca della città citata nella S. Visita del 1724 (3) dove si diceva che detta chiesa fu edificata nel 1169. Era di stile barocco ed era ornata di varie decorazioni a stucco e le sue dimensioni erano di m. 12 x 19. Constava di due cappelle con gli altari dedicati rispettivamente ai S. S. Filippo e Giacomo ed a S. Lorenzo, l’altare maggiore era dedicato a S. Eustachio. Nel terremoto del 23 luglio 1930 la chiesa rovinò completamente e di essa non restano che poche macerie. Fu ricuperato il quadro su tela di S. Eustachio e l’altare di marmo su cui si venerava la statua della Madonna della Libera. Data l’impossibilità di riaprire al culto la chiesa rovinata, con decreto vescovile si trasferì il titolo parrocchiale alla Chiesa di S. Francesco di Assisi, già appartenente ai Frati Minori Riformati; e per tale atto la parrocchia venne ad assumere il titolo di S S. Simeone ed Eustachio in S. Francesco”. Nel 1941 S. E. Mons. Gioacchino Pedicini volle ampliare la circoscrizione della parrocchia assegnandole anche il territorio della Parrocchia di S. Biagio V. e M. il cui beneficio venne, de jure, passato ad una Cappella rurale ( S. Pietro de’Reclusis).

Foto chiesa S. Eustachio

5- LA CHIESA DI S. FRANCESCO


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Chi percorrendo quel tratto della Via Nazionale delle Puglie, una volta Regia, tagliata nel 1592 da Filippo IV, che dall’Irpinia e da Napoli mena, attraverso le ultime propaggini montuose, verso la fertile pianura Pugliese, guarda insieme il gruppo di costruzioni, che costituiscono che costituiscono ilo nucleo centrale della città di Ariano, scorge la sagoma semplice ed austera di un edificio su cui troneggia, spesso aureolata dal sole, un croce severa. E’ una sagoma che ci ricorda le prime espressioni di un’arte che nacque dal risveglio della poesia e della fede nella verde sempre terra dell’Umbria, e si glorierà chiamarsi Francescana. Oltre la strada che conduce al centro, attraversata la piazza, ricca della storia cattedrale di S. Ottone con su la facciata il magnifico rosone normanno, si arriva, salendo il pendìo, al tempio che invita, con la scalea che si apre sullo sfondo della via, a gustare nella Pace e nel Bene di San Francesco le armoniae di una tranquillità Francescana. Linee semplici e sobrie cui la tinta rosea della mano moderna ha tolto parte della voce imparata dalle vicende dei secoli. In alto sotto la croce a spezzare l’uniformità del prospetto sta il timpano decorato internamente da un fregio di pretto stile Romano. Nello spezzarsi della linea trasversale campeggia la pietra scura e granosa che ci fa ricordare il peperino umbro, laziale e toscano che preparò tanto materiale all’arte del Vignola, lo stemma di questa cittadina ridente posta a cavaliere delle rinomate alture Irpine, come una scolta per le valli che menano al Sannio, alle Puglie, ai campi fertili della terra Napoletana. I tre colli scolpiti, che non è valsa ad incrinare l’opera deleteria del tempo, troneggiano, come a parlare ai tardi nepoti di una Fede più intensa, per cui il valore delle armi, la nobiltà della stirpe e lo splendore della mente, venivano consacrati presso la casa di Dio. Da questo tempio che ciè dato osservare, ebbe una parte attiva nelle vicende cittadine, partiva dopo la preghiera e il Sacrificio il Cavaliere Cristiano, andava verso la gloria o verso la morte sopra lo scudo crociato sui campi benedetti dalla parola di Cristo. In questa chiesa si sarà tante volte venuta a prostrarsi la Castellana gentile per le fortune di soldati lontani e per la calma del popolo umile, sempre piegato sopra gli arnesi del proprio lavoro, per il pane dei vecchi, delle donne, dei bambini. In questa chiesa, si saranno raccolti i cittadini e i capi quando le forze nemiche minacciavano invadenti e tiranne il suo sacro del proprio paese. E’ fuori di ogni dubbio che S. Elziario, sposo di Delfina, terziario francescano, di abbia sostato in preghiera quando dopo la turbolenza di pochi (4) gli fu possibile entrare in possesso del Feudo a lui assegnato per legittima eredità e che egli avrebbe illuminato in seguito colle eccelse virtù.

6. DESCRIZIONE DELLA CHKIESA


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A dare luce all’interno sta un rosone a vetri policromi disposti in modo da formare una croce che divide il tutto in quattro campi, intersecati da linee radiali che partono dal centro. Più in basso, bilateralmente, ritorna lo stemma cittadino, seguito ai tre quarti del portale, dal ripetersi dal rosone centrale. Nell’unità semplice dello stile Francescano risalta, come un ricamo sullo sfondo di una tela più grezza, il particolare dell’entrata, che presenta sulla fattura squisita un’arte meticolosa e robusta, con i fregi che incrociandosi ed inseguendosi nel corpo delle colonne formanti gli stipiti, portando l’occhio ammirato verso l’arco maestro. Sotto i due finestroni, che terminano il complesso architettonico della facciata, si ripete il doppio simbolo: Francescano e Cittadino. Sono i tre colli da un lato, mentre dall’altro l’incrocio sanguinante di due braccia ambedue forate dalla crudeltà dei chiodi, ci fa risalire al grande mistero di amore che donò all’umanità il Sacrificio di Cristo ed all’Umbria, all’Italia e al mondo, Francesco di Ser Pietro Bernardone, sposo a sorella Povertà, maestro agli uccelli dell’aria, estasiato per i colori del campo, fratello al Sole, al fuoco e alla morte, tutto serafico in ardore. La scalea sale dal piano stradale in una doppia rampa a cui si accede per un cancello rialzato su quattro gradini sporgenti, terminante in un pianerottolo a balcone; che sembra dare una protezione di culto al portale splendido, che degnamente figura tra i migliori monumenti cittadini.

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18 7. LA CITTA’ DI ARIANO

Potrebbe sembrare fuori luogo, in una monografia come la presente, che vuole ricordare per brevi cenni le vicende storiche della chiesa di S. Francesco, occuparsi della città di Ariano. Se però richiamiamo alla mente l’importanza di detta chiesa nella storia cittadina dei secoli scorsi, dobbiamo convincerci essere pretium operis una scorsa sommaria lungo le memorie a noi tramandate dalla solerzia degli scrittori, che ne hanno fatto oggetto del loro interesse. Sulla Città di Ariano furono scritte in passato varie opere di carattere più o meno storico. Si ricorda ad esempio la Cronaca del Benedettino Padre Capozzi (5)) a cui si attennero altri posteriori, alcuni dei quali stesero anche delle mere congetture di nessun valore storico, come ad esempio il Pacichelli (6) che per il proprio volume si serve di fonti popolari e aneddoti locali raccolti dalla voce dei camerieri di albergo incontrati nel corso del suo viaggio in questa zona. Il Barberio (7) traccia un accorato studio sulla serie storica dei Vescovi Arianesi e correda il proprio volume delle ipotesi allora ventilate sull’origine della città; di Ariano si occupa l’Orlandi nella sua opera (8) ma scrive basandosi sugli scritti sopra ricordati. Un’opera di vero valore storico è quella del Vitale (9), che dando il giusto valore alle congetture di quelli che prima di lui avevano scritto, con vera passione di studioso si adopera alla ricerca di documenti per comprovare le sue asserzioni, e molti ne trova, specialmente negli Archivi statali della città di Napoli, e d in quello monastico di Montecassino. Sulle prime notizie riguardanti questo luogo non possiamo con certezza pronunziarci. Giustamente L. Fedele osserva che tutti gli storici, non escluso il Vitale, hanno poco fantasticato sulle origini remotissime della detta città (10). Il Fedele, anzi, crede di poter assegnare una data assai posteriore alla costruzione del nucleo Irpino, e considerando da critico le osservazioni non documentate, giustamente si ritiene in diritto di considerare arbitrarie le conclusioni di quegli scrittori. L’ipotesi di un’origine classica veniva convalidata dalla citazione di quei versi di Orazio (11), che parlano di un Oppidulum il cui none… “versu dicere non est”; “signis perfacile est…,” identificato da essi per una località posta nella terra Arianese, data la vicinanza di questa alla via che conduceva alle Puglie ed il punto di riferimento di Orazio stesso, che assegna come luogo vicino la “… vicina Trivici villa”. Diremo anche noi che nella storia dei primi secoli del Cristianesimo troviamo personalità ancora avvolte nella nebbia del tempo e a noi tramandate più per


19 tradizione (13) che per documentazione storica, cosicché neanche in quel tempo possiamo stabilire un’ Ariano già costituita e storicamente provata. Il primo tra i documenti che il Vitale (14) riporta, risale all’anno 1024. Quando avremo accertato l’origine della nostra chiesa di S. Francesco, vedremo con certezza che essa dista appena due secoli dal documento citato.

S. FRANCESCO IN ARIANO

Esiste sul Monte Gargano un tempio che la tradizione e la Storia dicono eretto in quel luogo in onore dell’Arcangelo Michele lo aveva prescelto: in tutti i tempi fino al presente è stato il continuo pellegrinare a quel Santuario dal quale più volte l’Arcangelo ha dispensato copia abbondanti di favori divini. Ariano, che fino ad alcuni anni or sono veniva designata col nome della regione Pugliese, per distinguerla dall’altra città omonima nelle Romagne è posta su uno dei passaggi obbligati per giungere al monte consacrato allo Spirito celeste. E’ tradizione costante che Francesco d’Assisi, pellegrino al monte suddetto, sia passato per questa città, ed avvalorano questa voce le citazioni del Da Montesarchio (15) del P. da Vallata (16) e di altri, che stabiliscono questo fatto al 1222. La tradizione afferma che egli abbia passato il tempo nel ricovero per infermi e pellegrini, che si trovava nello stabile, dove ora è il Conservatorio di S. Francesco Saverio, all’imbocco della via detta volgarmente “La Strada”, che in quei tempi, era la via di transito per Napoli e per le Puglie. Possiamo supporre che il Santo sostò in Ariano prima della visita al Gargano, al detto Ospizio, col fine primario di esplicare la sua carità. Se difatti di portiamo a considerare anche brevemente il carattere di Francesco umile e povero, dimesso e nulla curante per i comodi di Frate Corpo, desideroso anzi di disagio e di penitenza, non ci è facile di immaginarlo desideroso di ristoro se questo non avesse potuto fornirgli l’occasione di curare gli infermi. Ci piace pertanto immaginarlo arrivare nell’abitato ed ivi iniziare la sua opera di esortazione e di bene, picchiando magari a qualche uscio per amore di Dio e in nome di Sorella Povertà: In un secondo tempo, forse, e non col fine primario dell’assistenza, egli si sarà recato all’Ospizio, quando aveva appreso che ivi erano gli infermi da curare, dei poveri da evangelizzare. Era il suo spirito di carità e di zelo che lo fece prodigare anche affinché il popolo, vinto dall’opera prima che dalla parola, fosse disposto a ricevere nel suo cuore la parola calda, che Dio pronunziava per il ministero del suo Servo benedetto.


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(…) pag. 13 da tr. del cuore, dello spirito e delle membra ornate del segno dell’amore divino lo attendeva … nel crudo sasso intra Tevere ed Arno. (19)

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IL CONVENTO

Non sappiamo se almeno uno dei compagni del Padre Serafico restasse ad Ariano. Possiamo, tuttavia, senza timore di errare far risalire a quest’epoca l’erezione del convento con la chiesa annessa, che poi avrebbe assunto il titolo dello stesso Santo di Assisi. In un opuscolo pubblicato anni or sono, Mons. Pisapia (20) valendosi di fonti a cui avevano attinto prima di lui tutti gli scrittori di cose cittadine, assegna la costruzione del Convento all’anno 1247. Abbiamo cercato anche noi nella biblioteca Mancini notizie corredate da documenti ed abbiamo trovato un indice dell’opera celebre del Wadding (21) l’elenco dei conventi della Provincia Serafica del Regno di Napoli. Questa, tra le più nobili, venne ben presto divisa in due ed ebbe sede, nel suo secondo ramo, nella città di Benevento. Lo spirito rinnovato dei seguaci del Poverello riuscì a scuotere molto negli animi di questa terra, così da rendere necessaria in breve tempo una nuova divisione dalla quale i territori dell’ultima propaggine Campana verso le Puglie furono raccolti nella nuova Provincia di S. Angelo. Ciò che maggiormente ci riguarda è il fatto che nell’opera dell’illustre Francescano si trova l’elenco della case nelle varie Province secondo la numerazione ordinata da S. Bonaventura, e vi figura Ariano di Puglia con un convento, che allora ospitava alcuni sacerdoti (22). Ricordando S. Bonaventura visse nel periodo stesso del Padre Serafico, cioè dal 1221 fino al 1274 e che fu eletto Generale dell’ordine nel 1256, possiamo senz’altro convalidare l’opinione riportata dal Pisapia. Il Convento fu costruito in modo degno della grande pietà, che lo aveva suscitato, e poteva contenere oltre trenta religiosi. Nel 1463, stando alla data, che il Vitale riporta da un


21 Autore di lui più remoto (23), dai Conventuali veniva ceduto agli Osservanti della provincia di Napoli con Breve di Pio II. Il 29 aprile 1640 passò ai Padri Riformati della Provincia di Puglia. Il Vitale, che scrive ai primi del settecento, lo dice: “Ben situato, capace di trenta e più Religiosi, in esso vi è lo studio generale di Sagra Teologia con due e tre lettori e buon numero di studenti, oltre l’infermeria e spezieria che anni sono vi si stabilì per i Religiosi di molti conventi della Provincia…” (24). Fu anche sede di molti capitoli Provinciali, e lo Storico predetto riporta nello spazio di un secolo (1659-1779) la serie di ben dodici Ministri Provinciali ivi eletti (25). Era situato sul fianco destro della chiesa ed abbracciava tutta l’area che va fino alla via D’Afflitto, compreso lo spazio dell’attuale Piazza Mercato. Ricco di vani e scantinati, e doveva possedere un giardino ed un bel chiostro ad archi, sostenuti da colonnine in pietra, riccamente lavorate. Secondo lo stile francescano, esso acquistava maggiore suggestività da una doppia cisterna per uso dei frati e forse dell’orto. Dopo il 1860, per la soppressione passò al Demanio e fu adibito, molto più tardi ad uso di Caserma per il R. Esercito, e solo in parte passò all’Orfanotrofio annesso alle opere delle Suore dello Spirito Santo. E’ veramente da riprovarsi che il poco ricco criterio artistico e storico di alcuni tra i Moderatori cittadini abbia fatto demolire questo prezioso ricordo dei tempi passati. Prezioso ricordo, abbiamo detto, perché spesso legato alle vicende cittadine. Nel 1310, secondo la cronologia dell’Autore citato in principio di questi appunti (26), il Capitolo della Cattedrale, valendosi del proprio diritto e secondo la voce del popolo elesse il nuovo Vescovo nella persona di uno dei Padri di questo Convento. Era costui Padre Lorenzo, uomo di pietà e di dottrina che aveva dimostrata la propria limpidezza di Fede anche con l’opporsi alla corrente ereticale suscitata dal Ministro Generale dell’Ordine Fra Michele da Cesena. Egli, dalla sua parte, non si oppose alla nomina ed il Papa Giovanni XXII in data 1 marzo 1210, delegò l’Arcivescovo di Benevento perché esaminasse si vi era qualche cosa da opporre alla legittimità di detta elezione e se il prescelto avesse i caratteri comprovanti la sua identità. Michele da Cesena, intanto, che il Vitale (27) nell’introduzione al documento che abbiamo sott’occhio chiama:

“… illegittimo Generale dello … Ordine…”


22 Aveva fatto incarcerare il predetto Padre Lorenzo, col pretesto che avesse accettato la dignità in parola, senza averne prima richiesto il dovuto permesso. Riferito il fatto al Pontefice, questi sospese il possesso episcopale, ed il detto Fr. Lorenzo, una volta liberato, sporse querela al Papa il quale dopo aver attentamente esaminato lo stato delle cose, scriveva da Avignone il 20 dicembre 1331 all’Arcivescovo di Salerno, incaricandolo di investire l’eletto della propria dignità e di farlo entrare in possesso dei suoi diritti.

Il documento a cui ci riferiamo, riportato dal Wadding (28) e dal Vitale (29) è preso dal Regestum Ioanni XXII (30) e si esprime in questi termini precisi circa la vertenza di Michele da Cesena con il Fr. Lorenzo.

“Noi… durante l’episcopato di Rostagno, in Ariano, stabilimmo per ragionevoli motivi che la provvisione di quella Chiesa, quando fosse resa vacante, per quella volta fosse a noi riservata decretando che da allora sarebbe stato irrito ecc. (…) Restando in seguito la detta Chesa priva del loro Pastore per la morte dello stesso Rostagno, che ivi venne a mancare, i diletti figli costituenti il Capitolo della detta Chiesa, forse ignari di questa riserva e del decreto elessero concordemente a loro Vescovo il Venerabile nostro Fratello Lorenzo Vescovo Arianese, professo dell’Ordine dei Frati Minori … e noi, conosciuti i meriti del detto Fr. Lorenzo abbiamo scritto (al Metropolita di Benevento che avrebbe dovuto investigare) per la conferma della di lui elezione se…. Ecc. . La detta elezione fu confermata dalla autorità del Metropolita ed allo stesso Lorenzo venne data la consacrazione ecc. … Michele da Cesena Scismatico … specialmente perché il detto Lorenzo fu fatto prendere a tenere a lungo prigioniero perché non camminava affatto per la via sbagliata degli errori dello stesso Michele…”

Questo il documento pontificio che riportiamo in nota nel suo testo integrale latino. Da esso apprendiamo la riservazione della Cattedra Arianese alla Sede Apostolica ed allo Stesso Pontefice personalmente. Nulla sappiamo di quei… motivi ragionevoli, tuttavia è chiaro che il frate in questione, nonostante tutto resse questa Chiesa. La bolla che abbiamo riportato, sta a dimostrare la piena vittoria del Frate del Convento Arianese contro le mene di coloro che avevano tentato di ostacolarlo; tutto il popolo avrà certo in quei giorni affiancato l’umile Fr. Lorenzo; finita la burrasca, lo avrà forse portato festosamente alla sua sede Cattedrale. Non abbiamo dati positivi per fissare la data della di lui morte ma l’Ughelli assegna la fine del suo governo agli ultimi anni del pontificato di Benedetto XII, cioè verso il principio del 1342 (32).


23 E’ di questo periodo l’elevazione alla dignità vescovile di Ariano di un altro Francescano del nostro convento ricordato col nome di Fr. Roberto, la cui morte cade verso il 1349 (33). Circa la di lui successione sorge una difficoltà di carattere cronologico, giacché l’archivio Vaticano fornisce un documento secondo il quale nel 1344 risulta un altro vescovo a nome Giovanni. Questa difficoltà va facilmente risolta con l’ipotesi che il detto Fr. Roberto abbia rinunziato alcuni anni prima della sua morte, dando luogo alla nuova investitura secondo il documento citato. Un altro vescovo Francescano troviamo citato dal Wadding (34) nel 1349 ma di lui, che viene chiamato Raimondo, non fanno menzione il Barberio e il Vitale, mentre invece il predetto autore del Cathalogus d’accordo con l’Ughelli parla, circa il 1356, di un altro Giovanni Francescano eletto Vescovo di Ariano. Riferendosi a questa citazione, il Vitale vi scorge un errore e identifica questo con quel Giovanni di cui sopra abbiamo parlato e lo assegna quindi a un decennio più avanti 1344-1345. A nessuno può sfuggire l’importanza di questi fatti ed il conseguente valore di essi per stabilire l’alto credito di questo convento arianese, specialmente se si ricorda quanto grande fosse l’autorità vescovile in quel tempo. Non abbiamo perciò esagerato quando abbiamo detto che una serie assai lunga di avvenimento locali fu strettamente legata a questi figli di S. Francesco, che dalla fiducia del popolo furono eletti a dirigere le sorti e non solo in campo religioso, della città di Ariano di cui furono autorevoli Pastori.

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LA CHIESA REGALE DI S. FRANCESCO

Contemporanea al convento è anche la Chiesa di S. Francesco posta nel cuore della città; subì varie volte i danni del terremoto e fu sempre restaurata. Nel 1692 ottenne il titolo di Reale e fu posta insieme al convento sotto il diretto padronato del Sovrano Carlo II con diploma firmato ad Aranquez in Spagna il 26 aprile dell’anno predetto. Nella restaurazione eseguita al terremoto che ripetutamente l’aveva danneggiata negli anno 1688, 1702, 1732, si murò sull’ingresso una lapide che viene riportata dal Vitale (35) ed anche dal Pisapia (36) il che ci fa supporre essere stata rimossa recentemente e forse nell’ultima restaurazione seguita al terremoto del 1930. Essa diceva così:

D. O. M HOC REGALE TEMPLUM DIVI FRANCISCI DICATUM CULTUI TERRAEMOTU INGENTI RUINIS DISTRACTUM/ ARIANENS CIVIVM LARGIFICA PIETAS/ INSTAURAVIT AN. MDCCXL

In seguito al provvedimento di cui abbiamo ora parlato, il primo Novembre del predetto anno 1692, il Governatore di Ariano Francesco Antonio Cuoco in nome del Re prese ufficialmente possesso del Convento e della chiesa. Il tempio si apre verso la piazza maggiore della città e si allunga seguendo il corso di Via Mancini fino all’incrocio con essa, della traversa che la congiunge a Via D’Afflitto. E’ monumentale nella sua struttura che ci fa pensare, nelle linee principali, alle belle chiese francescane dell’Umbria. Sull’altare maggiore si apre uno stupendo Arco Trionfale che spezza l’uniformità della volta e prepara l’emiciclo absidale. Parte dal basso come un agglomerato di piccole colonne i cui spigoli visibili formano il doppio pilastro e si innalza nella sua rotondità slargata, mostrando in un degno risalto, la pietra granitica di cui si compone.


25 Dopo i vari restauri, la chiesa ha perduto la sua primitiva decorazione. Ci sembra di poter affermare con certezza che gli stucchi abbondantemente diffusi sulle pareti e per la volta siano, per la loro forma primitiva, da ascriversi ad un’epoca non anteriore alla costruzione dell’altare maggiore marmoreo e della balaustra. Nella forma primitiva, abbiamo detto, perché gli attuali sono veri sgorbi discordanti con la serietà di tutta la chiesa. Questo perché dobbiamo immaginare la chiesa di s. Francesco nella sua forma primitiva, dalle pareti semplici, con l’altare maggiore addossato allo sfondo e rialzato, come tutta l’abside, dal piano ordinario della chiesa. Come vedremo, le variazioni alla località dell’altare maggiore vennero apportate con la costruzione del coro monumentale di cui ci occuperemo per esteso più appresso. Il Barocco penetrato nel tempio per gli stucchi e per tutti gli altari posteriori, evidentemente cozza con la francescanità della facciata, come le figure rilevate nell’alto, di nessun pregio artistico, fanno maggiormente risaltare la vetustà delle forme dei due angeli che, a ridosso dell’arco trionfale, sostengono lo stemma della religione serafica.

I MONUMENTI E L’ARTE IN S. FRANCESCO Nei secoli scorsi, come risulta dai monumenti fino a pochi anni or sono conservati, la chiesa di S. Francesco doveva essere il centro spirituale della nobiltà cittadina. Gli altari, innumero di sei oltre il maggiore ed i due del presbiterio, sono tutti gentilizi e sul davanti di ciascuno di essi, una rispettiva iscrizione ricordava il diritto delle famiglie che avevano potuto costruirvi la propria tomba famigliare. Non sappiamo dove siano state trasportate le dette iscrizioni che furono rimosse nel 1904 quando si rifece il pavimento, né abbiamo avuto occasione di controllare se sia vero quanto qualcuno ci ha detto che di esse capovolte di formò il pavimento de presbiterio. (37). Il testo di esse, tuttavia, come si presentava ai primi dell’ottocento lo abbiamo visto riportato nella Storia cittadina del Vitale più volte citato. Entrando si nota sulla destra, il primo altare e cappella gentilizia dedicata a S. Pietro d’Alcantara, dove una lapide in cornu epistolae ricorda la pietà della nobile famiglia, che curò la sua costruzione nei bei marmi che ancora vediamo. In alto chiusa, nella propria nicchia e protetta da una porta a vetri, è la statua in legno del santo a cui è dedicata.


26 L’altare è in barocco ed ha nel paliotto l’effige del titolare. La lapide dimostra i diritti della nobile famiglia De Plano (Del Piano) . De Afflitto e ci piace riportarla integralmente:

Dal testo citato si apprende il voto innalzato a Dio, dalla famiglia tra le più nobili di Ariano che domandava per intercessione del Santo la grazia della prole desiderata. Ci risulta che, in un primo tempo, da quel lato della Chiesa si apriva il deposito funerario di un'altra famiglia dal casato di Lantimaria (Landimario). I coniugi Del Piano- D’Afflitto dopo quattordici anni di preghiera e di vana aspettativa con la tristezza per la più o meno prossima estinzione della loro famiglia, ottennero la cessione del monumento nella speranza che almeno i visitatori della chiesa, leggendone il loro nome si fossero ricordati di loro. La lapide funeraria diceva così : MONUMENTUM LANTIMARIAE. OLIM. FAMILIAE AD. ILLAM. DE PLANO. POSTEA. TRASLATUM/ D. DOMINICUS.MARIA. DE PLANO. PATRITIUS/ ARIANENSIS INTERITURAE. EIUS.FAMILIAE. CONIUGI. SUAE./ D. NICOLETTAE- DE AFFLITTO SPECTATISSIMAE. NOBILITATIS. FOEMINAE NATORUM. SOLATIO. CARENTIBUS UT.QUORUM.ANIMO. DUM. VIVERENT/ MARMOREO. LAPIDE. CONTECTUM. ET/ DIGNIORI. FORMA. DONATUM. POSUIT. AN. REP. SAL. MDCCLXII

La statua di S. Pietro d’Alcantara è scolpita in legno di noce assai pesante e raffigura il Santo in preghiera e con le mani elevate in alto mentre ho sotto il piede il capo di una donna tentatrice.


27 Lungo la stessa parete, più avanti, verso l’altare maggiore è l’altra cappella dedicata a S. Pasquale Baylon la cui statua è pure scolpita in noce. L’altare con gli altri di marmo, secondo quanto si legge da una piccola iscrizione, figurava precedentemente nella cappella di fronte, dedicata alla Visitazione, di cui si parlerà appresso. Sotto la statua, in un’arca a vetri si trovano assai ben composte su di un cuscino di seta. Sono sempre velate per mezzo di una cortina pure rossa perché non esiste alcun documento circa la loro autenticità. Abbiamo trovato un verbale nel quale si legge che l’urna fu aperta dal parroco Ciccarelli con l’autorizzazione del Vescovo alla presenza di due testimoni, Rev. Don Ettore D’Alessandro e Prof. Raffaele Ciccarelli il 18 Giugno 1933. Nel verbale, il parroco nominato osserva che le ossa appartengono ad un Santo ignoto, probabilmente martire, come attesterebbe un resto di ampolla di vetro contenente del sangue raggrumito, misto a terriccio. Questa ricognizione non portò alcuna luce e, piamente tappezzata di seta l’urna, con ogni diligenza si apposero i sugelli vescovili e si stese il verbale in duplice copia originale a cui, con la firma, l’Ordinario appose il proprio segno in data 23 giugno 1933. Tra le più importanti per la venerazione dei fedeli ed il valore della statua è la cappella dedicata a S. Antonio di Padova c che è rappresentato col Bambino in braccio ed in atteggiamento estatico, di fattura veramente squisita. Particolare grazia adorna il volto del Bambino. Il Pisapia (39) che ha avuto modo di consultare vari lavori dell’ambiente francescano ci porta un fatto miracoloso riguardante questa statua. Sappiano che è detta dal popolo miracolosa, e ci appoggiamo a lui per la veridicità della fonte, che il 5 Giugno 1688 per un terremoto assai rovinoso la chiesa ebbe a soffrire gravissimi danni e la statua di S. Antonio uscì dalla nicchia e come a volo andò a posarsi sulla sepoltura dei frati, mentre il Bambino fu trovato sull’altare maggiore. In cornu evangeli il primo degli altari, continuando il giro della chiesa, è quello dedicato alla Immacolata Concezione di Maria che secondo quanto diceva una iscrizione, che doveva figurare sull’arco, fu fatto costruire dai frati i quali vi apposero la memoria ora citata:

PIUS. CULTUS, LAELII. CANDIDI PURISS. VIRG. MARIAE HANC. ARAM. POLITO. LAPIDE. STATUIT. A.D. MDCXLII QUA. PRO. MODULO. NOVI TEMPLI. INSTAURATA. DETRACTA AD. LIMINIS. AMPLITUDINEM


28 COENOBITAE. POSUERUNT A. R. S. MDCCXL

L’importanza di questa cappella viene maggiormente compresa se si ricorda che annessa alla chiesa fin dal 1561 esisteva fiorentissima la confraternita di Maria S.S. Immacolata che aveva rendite, benefici e regolamenti propri. La statua che si venera è scolpita in legno e decorata a colori, identica sebbene di proporzioni differenti a quella che ancora si conserva nell’oratorio della detta Confraternita. L’altare, simile anche nella fattura agli altri già descritti, ripete nel paliotto, in rilievo, l’immagine di Maria. E’ tradizionale e crediamo poterla far risalire agli inizi del sodalizio anzidetto, come anche la celebrazione annua della novena che, in seguito alla definizione del Dogma, venne stabilita in preparazione alla festa di Dicembre. Nel secondo degli altare della parte del Vangelo si nota un pannello su tela, assai delicato nei colori e nelle linee delle figure. Rappresenta la Visitazione di Maria a S. Elisabetta, e sotto questo titolo era stata eretta al cappella. Il Vitale (40).dice essere: “dedicata alla Visitazione ed a molti altri santi dipinti in un medesimo quadro”. Ora invece si nota sull’altare predetto, la statua di poco valore artistico raffigurante S. Matteo Apostolo, ed il quadro predetto risulta tagliato ad arco per dar luogo alla statua che viene così a dare l’impressione di una sproporzione evidente a colpo d’occhio. Si spostò anche l’altare di marmo che, come abbiamo già avuto occasione di ricordare, divenne quello di S. Pasquale Baylon mentre nel 1882, epoca cui risale questo cambiamento, si edificò il nuovo altare a linee più regolari, che risentono del nuovo indirizzo dell’arte ottocentesca. Sull’arco di questa cappella si leggeva un’iscrizione ricordante il favore concesso da Papa Gregorio X per cui l’altare godeva del privilegio quotidiano perpetuo; la riproduciamo come l’abbiamo trovata nell’Autore più volte citato, anche perché ci ricorda la data della sua erezione avvenuta nel 1578 e la restaurazione fattale nel 1740. GREGORIUS.X. PONTIFEX. MAXIMUS./ AD. PRECES. IOANNIS. ANTONII CACCABI. ALTARE. HOC QUOTIDIE. SINGULARI PRIVILEGIO. PERPETUO. DECORAVIT/ A.D. MDLXXXVIII FELIX. EIUS, NEPOS. FUNDITUS RESTAURAVIT


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Verso l’uscita, dallo stesso lato, è l’altra cappella con l’altare in marmo e la statua in legno di Maria S. S. degli Angeli che ha fama di miracolosa ed alla quale si nutre devozione particolare, specialmente in occasione della indulgenza della Porziuncola. La fama popolare ci viene confermata dall’opera citata del Pisapia (41) che raccoglie e riporta assegnandolo al 1656, un prodigio avvenuto a vista di tutto il popolo. Si era questo assembrato nella chiesa di S. Francesco perché una terribile pestilenza, ricordata dagli storici, desolava tutte le regioni del Regno di Napoli; si desiderava che Maria S. S. intercedesse perché la città venisse preservata da questo terribile flagello. Mentre a questo fine si elevavano calde preghiere, la Vergine, a vista di tutti, voltò miracolosamente le spalle come a dimostrare l’indegnità del popolo che la supplicava. Nella storia del Vitale, di questo simulacro si dice essere: “antica e miracolosa statua”(42). Come cappella gentilizia essa è forse la più importante perché oltre ad appartenere alla nobilissima famiglia Pirelli racchiude nell’annesso sepolcreto i resti mortali di molti uomini illustri ed anche, come avremo modo di notare, di alcune serve di Dio, terziarie francescane della stessa nobile famiglia. Anche di questa cappella e della tomba gentilizia non rimane alcuna memoria se non l’iscrizione riportata dal Vitale stesso, e che ci piace ricordare anche perché fa menzione di alcune persone ragguardevoli per censo e grado sociale.

SEPULCRUM QUOD. FLAVIUS. PIRELLI. SIBI SUISQUE PARANDUM. IUSSERAT EIUS. FILII. PARENTIS. PIENTISSIMI. IUSSA. EXEQUENTES/ LOCO. IN. PERPETUO. CUM. IURE . SACELLI/ A. FRATRIBUS. HUIUS. COENOBII. IMPETRATO./ POSUERUNT. AN. MDCCX ABNEPOTE, VERO. FLAVIUS. PIRELLI./ ET. PRINCEPS. COMES. BISEGNAE. FRATRES. GERMANUI INSTAURANDUM. ATQUE. AMPLIORE. LAPIDE./ CUM. TITOLO. EXORNANDUM. CURAVERE./ A. MDCCXCI


30 La chiesa nella sua forma originaria non era certo disposta come ora la vediamo, ma ha subito delle notevoli variazioni nel corso degli anni. Sembra infatti che l’altare di S. Francesco, che allora era il Maggiore fosse addossato, come abbiamo avuto occasione di osservare, alla parete di fondo e venne spostato in avanti solo ai tempi di Mons. Tipaldi, dopo l’erezione del monumentale coro. Così possiamo anche comprendere come mai una chiesa delle dimensioni di quella di S. Francesco abbia ad avere un presbiterio tanto ristretto a causa di due altari laterali. Secondo la descrizione dello storico Vitale abbiamo ancora al suo tempo la statua di S. Francesco sull’altare maggiore e nel presbiterio figurava soltanto la cappella dalla parte del Vangelo dedicata “al S. S. Crocifisso colla statua della B. Vergine Addolorata e dalle due Marie” (43). Sta a testimoniare per il cambiamento sopra accennato una iscrizione che si legge dietro l’altare maggiore che ricorda come nel 1724 esso fu consacrato dal detto Vescovo Tipaldi a conclusione di vari lavori tra i quali si parla espressamente della balaustra marmorea. Nel fondo dell’abside, poi, si notano alcuni ornamenti a stucco sulle pareti sovrastanti le due branche corali, che danno a vedere come per quei due lati vi fossero due entrate, che dal presbiterio menavano al convento da un lato ed alla sacrestia all’altro. E’ chiaro quindi che le pareti attuali risalgono all’epoca di cui abbiamo ora parlato. L’altare maggiore ora si presenta nel piombo dell’arco trionfale: argomento anche questo che prova il suo spostamento in avanti. L’opera è pregevole per il lavoro delicatissimo di intarsio nei marmi policromi disposti a fiorami in alto nel modo particolare nel paliotto dove spicca, al centro, l’emblema francescano, incastonato nelle finezze dell’arte fiorentina.

IL CORO MONUMENTALE ED IL SUO AUTORE

Il monumento più pregevole di quanti ne figurano nella nostra chiesa è senza dubbio il magnifico coro che desta l’ammirazione di quanti l’osservano. (44). E’ un lavoro finissimo in stile Rinascimento e si compone di una doppia fila di stagli intagliati e reca negli schienali dell’ordine superiore il motivo di fregi variamente ripetuta


31 nei disegni che risultano uniformi nel complesso ma differenti nell’incrocio dei particolari, l’uno dall’altro. Varie colonne spezzano l’uniformità della propaggine superiore del disegno e ci riportano alla mente le decorazioni che tante volte abbiamo ammirato nei grandi saloni romani di quell’epoca. Al centro dove sedevano i più elevati nel grado si staglia dal complesso un nuovo elemento formato in alto dalla sagoma di un arco che somiglia ad un progetto di chiesa francescana, mentre dal basso fanno bella mostra di sé, due gioielli di colonne rotonde che recano in un vivace rincorrersi, grappoli e pampini. E’ certamente nella mente del frate artista lo sviluppo del tema scultoreo riportato sulle colonne dell’ingresso. Manca alla completezza dell’opera il leggio per l’ebdomadario che doveva trovarsi al centro. Per i lunghi anni di incuria, questa opera insigne aveva perduto molto del suo decoro ed in alcuni punti il tarlo ha corroso qualcuno dei particolari meno importanti. E’ onore non lieve quello che spetta ai primi Pallottini che tra le prime opere vollero curare una pulitura radicale di esso con le più urgenti riparazioni apportate da mano competente. L’autore di questa opera è un umile abile frate laico francescano Fr. Tommaso da Vasto. Se pensiamo al lungo lavoro richiesto, dobbiamo meravigliarci della costanza artistica del bravo frate e non ci farà meraviglia l’apprendere come egli fosse penitentissimo. Si narra infatti che dopo la lunga giornata di fatiche, passava la notte in orazione continua emulando lo spirito di pietà di un santo sacerdote suo contemporaneo di cui dovremmo occuparci qui appresso. Non possiamo apprendere senza commozione il particolare che lo descrive, stando per il delicato lavoro, appoggiarsi ai gradini dell’altare e, pregando, attingere nuova lena dalla grazia di Dio e dal fresco del marmo cui appoggiava la fronte. Il Pisapia (45) nel suo opuscolo citato riporta alcuni brani del Necrologio dell’ordine francescano che gettano molta luce su alcune figure che ci interessano. Del Fr. Tommaso da Vasto il Necrologio ha queste espressioni: “Ariano in Apulia, dormitio Servi Dei Fr. Thomae a Vasto, dioecesis Thienensi qui fuit de numero conversorum at tantis meritis plenus ut in summa laude et gloria vitam finiverit…”.

SERVI DIO E PERSONAGGI ILLUSTRI

Sotto il pulpito, dove era l’altare di S. Francesco, era la tomba dei Religiosi, e secondo il Necrologio Francescano, vi furono deposti numerosi uomini di specchiata virtù, chiari anche per fama di miracoli. Si parla ad esempio, del P. Tommaso da Vallata morto in Ariano il 31 Marzo 1684. Si dice essere stato per ben 43 anni


32 Missionario dell’Oriente, dove più volte aveva sofferto per la fede, e negli ultimi anni, passati nel convento Arianese, edificò tutto il popolo con l’esercizio della virtù. Di lui in Necrologio sopradetto ha queste parole di elogio: (45) “Pridie Kalendas Aprilis, in Conventu S. Francisci civi9tatis Ariani in pulverem exiguum redactus est servus Dei Pather Thomas a Vallata, austeritate vitae cospiscuus. Inter infideles missionarius apostolicus zelantissimus. Praenunciato mortis suae die, in suavissimo Domini osculo vitam finivit…”. Si parla anche di diversi altri Servi di Dio,, morti in odore di santità ed in fama di miracoli come ad esempio Fr. Silvestro da Vinchiaturo (+14 Agosto 1698), Fr. Clemente da Agnone (+22 Settembre 1698), Fr. Lorenzo da Ruvolo. Di costui si narra di un episodio miracoloso che ci riporta alla semplicità evangelica. In un pomeriggio, circa l’ora del Vespro, Fra Lorenzo era il sacrestano e prima di procedere a preparare i paramenti sacri era sceso in cortile a prendere acqua alla cisterna del chiostro. Per una disattenzione venne a sfuggirgli in mano la chiave degli armadi e stringendo il tempo, non sapeva come trarsi d’impaccio. Alla sua mente balenò l’idea per cui egli, forte della sua fede più di quanto fosse grande la sua semplicità, corse alla chiesa e tolto dalle mani di S. Antonio il Bambino, lo assicurò alla catena della cisterna, dicendogli che avrebbe dovuto pensare a riportarlo in possesso della chiava. Ne sarebbe andata la di lui gloria perché, nel caso contrario non si sarebbero svolti i vespri. Si narra che il Signore, che ama tanto la semplicità dei suoi servi, volle premiarlo ed il Bambino affiorò nuovamente, recando la chiave alla sua destra. Avrà sorriso di gioia l’umile seguace di Francesco e di Gesù, forse gli avrà risposto, facendogli gustare la gloria del cielo. Il servo di Dio di cui storicamente possiamo sapere qualche cosa è Fr. Salvatore da S. Bartolomeo. Anche egli, umile frate cercatore, che per lunghi anni dispensò alla porta del convento la carità a tutti i poveri di Ariano, si merità grande fama nella città e fuori; sul suo sepolcro, alla di lui morte, fu apposta una lapide ora trasportata dietro l’altare maggiore, che in seguito riporteremo. Da alcune notizie biografiche, di nessun valore letterario ma di una certa importanza storica, perché scritte da un exProvinciale dell’Ordine nel secolo scorso, abbiamo appreso particolari circa la sua vita (49). Era nato a S. Bartolomeo in Galdo (Bn), nel 1873, ed aveva passato alcuni anni nella casa paterna quando, per desiderio ardente di perfezione, entrò a far parte dell’Ordine Francescano dei Riformati. Si distinse ben presto per le sue alte virtù, e si narrano di lui vari miracoli operati, specialmente nelle sue quotidiane fatiche per raccogliere l’obolo della generosità dei


33 fedeli. Si parla di moltiplicazione di farina e di olio: guarigioni strepitose e, soprattutto destò ammirazione il suo spirito profetico. Negli ultimi anni della sua vita era divenuto completamente cieco, e tutte le sofferenze furono da lui sopportate con pazienza invitta. Alla sua morte si pianse da tutta la regione, e sul punto di rendere a Dio l’anima sua benedetta, con un sorriso quasi di commiserazione per le vanità del mondo, egli moribondo e cieco, accolse non avvisato un pittore, che ne doveva trarre l’immagine. Fu esposto a lungo in chiesa di S. Francesco, e, dopo sei giorni il Superiore locale gli ingiunse, per virtù di santa obbedienza di dare gloria a Dio permettendo che dal suo cadavere uscisse vivo sangue. Erano presenti le maggiori personalità cittadine col Vescovo e tutti i Religiosi, che attendevano a quella prova di santità esimia del buon frate cercatore. Avrà parlato con commozione il Padre Superiore, sicuro che la onnipotenza di Dio si sarebbe manifestata per glorificare il suo Servo, che tante volte l’aveva glorificato nel corso della sua lunga vita mortale. All’ingiunzione, rivolta con l’autorità suprema che la regola religiosa permette, nella carne del venerato Fratel Salvatore si affondò lo strumento chirurgico, e subito un fiotto di sangue vermiglio sgorgò dalla lieve ferita. I buoni frati avranno intonato il TE DEUM, mentre si andavano imbevendo di quel sangue varie pezzuole che sarebbero servite di venerate reliquie. (47). Non sappiamo a che cosa attribuire il silenzio di questo grande servo di Dio, ora dimenticato, mentre il suo nome balena per un istante allo sguardo di chi legge l’unica sua memoria nel marmo. L’opuscolo citato dice di conservarsi nell’archivio vescovile la raccolta degli atti del primo processo informativo sulle virtù di lui per il processo di canonizzazione. Abbiamo cercato questi documenti, non non ci è stato possibile trovarne la minima traccia. L’iscrizione, di cui sopra abbiamo parlato dice così:

MEMORIAM. HANC. SERVI. DEI F. LAICI. SALVATORIS. A. S. BARTOLOMEO/ QUI. CHARITATE.PROFHETIAE. DONO. CEETERISQUE./ FRATRES. SUI. ORDINIS. HOC. SUB. PAVIMENTO./ POSUERE VIXIT.A.LVIII. OBIIT./DIE I. OCTOBRIS.A.D. MDCCLIII


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Parlando della cappella della Madonna degli Angeli e del sepolcro sottostante della famiglia Pirelli, abbiamo accennate ad alcune Serve di Dio, ivi sepolte. L’undici Luglio 1710 vi veniva deposta Suora Innocenza Pirelli, terziaria secolare francescana; nell’Aprile della anno seguente la di lei sorella Suor Chiara, altrettanto venerata per le sue virtù. Di lei si fa un elevato ricordo nel Necrologio (48)). Il trenta Giugno 1728, vi fu sepolta anche la Serva di Dio Agnese Mancini, ivi dichiarata “Di grande virtù”. INNICO DI GUEVARA CONTE DI ARIANO

Chi entra nella chiesa di S. Francesco, viene colpito da una iscrizione, in pietra lavagna, che parla di un Innico Guevara, conte di Ariano, di Potenza ed Apice, Marchese di Vasto, Gran Siniscalco del Re, Cavaliere del Toson d’Oro, Generale del Re Aragonese. Aveva ottenuto la contea di Ariano e il Marchesato di Vasto con la terra di Montecalvo nel 1440, come premio al suo servizio fedele, dal Re Alfonso di Aragona, in luogo del Conte Francesco Sforza il quale in seguito, nel 1450, riuscì, anche per mezzo della moglie figlia del defunto Filippo Visconti, ad impadronirsi del Ducato di Milano. La nomina del Guevara a conte di Ariano, fu solennemente pubblicata a Napoli il 28 Febbraio 1443. Nell’anno successivo, per la morte del gran Siniscalco Francesco Zurlo, il Conte di Ariano fu onorato anche di questo titolo, e nel 1445 divenne anche Castellano di Capua (49). Nelle “Storie d’Italia” di Ludovico Antonio Muratori (50) viene riportata la “storia” in versi, dell’Assedio di Piombino, scritta dal contemporaneo Fra Antonio De Augustini di San Miniato, e si accenna al Conte di Ariano, che era Innico, in questi versi: “…Costiera vidi poi al dirimpetto Venir due conti, insieme a braccio a braccio Mostrando in arme ciaschedun perfetto; L’uno era il gentil Conte di Capaccio, L’altro avie d’Arian l’insegna ornata Itinerando senza alcun impaccio”.


35 Nel 1451 ottenne dal Duca di Borgogna l’investitura di “Cavaliere del Toson d’Oro”. Durante il suo governo, Ariano fu devastata da un terremoto terribile, 5 Dicembre 1456, che produsse circa duemila morti di cui parla Enea Silvio Piccolomini, poi Pio II, dicendo: “… Multa regni (Neapolitani) loca funditus corruerunt inter quae ARIANUM ita absortum est, tamquam Casmate periisset” Cadde il Castello, la Cattedrale, e quasi tutte le chiese. Nel l458, poi, vi fu anche una grande pestilenza. Il Conte Guevara in questo periodo, 1462, volle mostrare tutto il suo attaccamento al proprio Re Alfonso, nella battaglia di Troia contro gli Angioini quando, essendosi il Sovrano con pochi soldati allontanato dal campo, per il sopravvenire di superiori forze nemiche, stava per essere ucciso. Era con lui il fratello del Conte Innico, appresa la notizia di questo disastro imminente , si slanciò alla difesa del re, che riuscì a togliere di pericolo, restando egli colpito più volte da mazze ferrate del nemico. Fu traportato nella lettiga del Re verso il suo castello di Ariano, ma prima di raggiungerlo venne a morire. Gli si tributarono solennissime onoranze funebri e fu sepolto, qui ci piace riportare le precise espressioni del Vitale: “… nella sagrestia della chiesa e convento di S. Francesco dove fino ad ora (1820) si osserva conservato intero in una cassa”… (51) L’iscrizione che doveva essere in sacrestia, venne successivamente murata presso il Battistero, e da me ricollocata alla sua antica sede. Si vede assai chiaro che è andata soggetta a molti spostamenti e mastra, data la sua fragilità, diverse lacune. Ecco il suo testo, come è riportato dal Vitale:

Foto Innico Guevara

ENNECO. VIRO. STRENUISSIMO


36 DECIMI. TERII. OGNATI. COMITES. FILIO. GUEVARAE/ ARIANO. POTENTIAE. ET. APICIS. COMITI/ AIMONIS. VASTI. MARCHIONIS REGNI. MAGNO. SINISCALLO. AURERI. VELLERIS. EQUITI. ET. ARAGONII. REGIIS. ALPHONSI. PRIMI. GENERALI. PRAEFECTO. QUI. IN LIBERTATEM. REGE. ET. FRATRE. FUGATO. HOSTE. APUD. TROAS. IN. APULEA. RESTITUTIS./ TANDEM. VULNERIBUS. CONFOSSUS. OCCUBUIT./ ET. IN. XENOCIDIO. SERAFICO. FRANCISCO. DICATO./ QUOD. SIBI. VIVUS. CONSTRUEXERAT. SEPELITUR / D. IOANNES. GUEVARA. BOVINENSIUM. DUX/ ET. REGNI. MAGNUS. SENESCALLYUS. GENTILI. INCOMPARABILI NE. PRAECLARA. GESTA. TEMPUS. OBRUERET MONUMENTUM. INSTAURAVIT. AN. D. MDCCXXVII Nel centro della chiesa doveva figurare un’iscrizione ad indicare il sepolcro di una capitano del Re di Spagna, Castellano di Barletta, che dopo aver servito per cinquantaquattro anni il suo Re, morì qui in Ariano, ed ebbe sepoltura in questa chiesa. La lapide, che ha subito la sorte di tutte le altre, diceva:

A. QUI, YACE. FRANCISCO CORDOVES/ NATURAL. DE CORDOVA. CAPITAN. DE UNA. COMP./ DE CAVALLOS. POR. SU. MAGEST. A D. Y. CASTELLANO/ DE. BARLETTA. EL. QUAL. HAVIENDO. SERVIDO. / A. SU. REY. LIV. ANNOS. CONTINUOS. EN. LOS. / ESTADOS. DE FLANDES. FRANCIA. BATTALLA. / NAVAL. Y. DEMAS. PARTES. QUE. SE. HAN / OFFRECIDO. EN. DICHO. TIEMPO. MURIO. / EN. ESTA. CIUDAD. DE. ARIANO /


37 A.CINCO. DE. X. MDCXVIII RUEGAN. A. DIOS. POR. SU. ALMA. / Per le notizie su altri personaggi, aventi attinenza col convento e la chiesa di S. Francesco, si può consultare l’opuscolo di Mons. Pisapia, che cita note biografiche di Religiosi e Vescovi, su cui per la brevità, che si siamo proposta, abbiamo potuto fermarci. Con gli accenni che abbiamo riportato crediamo tuttavia di avere, con una certa abbondanza, esposto quanto la chiesa di cui ci occupiamo abbia pesato alla vita cittadina, e tutti comprenderanno quanta ragione avessimo di lamentare che volutamente si siano distrutta le sedi di tante memorie, ed abbattute quelle mura che furono a lungo spettatrici di tanto valore o di sì eccelse virtù.

SAN FRANCESCO NELL’EPOCA RECENTE

Sono queste le vicende del vetusto tempo nel corso dei secoli fino al 1867, quando, per la soppressione, si espulsero i frati ed il convento con la chiesa passarono alla proprietà civile, e solo più tardi vi tornò il fratello laico come custode del caseggiato. Tutto il complesso passò al Demanio fino a quando del convento si fece una caserma, e la chiesa venne affidata alla confraternita delle SS. Stimmate, che, prima di allora, aveva sede nell’attiguo oratorio, e che la officiò a mezzo del proprio Direttore spirituale, finché estinta, anche la confraternita, se ne costituì una Rettoria, dove si celebravano le funzioni annuali. Queste vicende non impedirono che nel 1904 vi si celebrassero solenni funzioni della proclamazione dell’anniversario della proclamazione del dogma dell’Immacolata e la statua ivi venerata, processionalmente venne portata in Cattedrale, dove l’Ordinario del tempo, il venerando Mons. D’Agostino, dopo la Messa Pontificale, la incoronò solennemente. Nel 1926, per le feste centenarie di S. Francesco, vi si tennero delle celebrazioni commemorative culminate nella processione per le vie della città, e nelle restaurazioni che si vollero apportare alla chiesa, in ricordo delle quali si murò presso l’ingresso una breve iscrizione dettata dal Rettore Can.° Bartolomeo Solla. Nel 1930, per il terremoto del Vulture, che desolò tanto questa regione, la chiesa subì pochi danni, ed in essa si volle trasferito il titolo Parrocchiale della chiesina di S. Eustachio, quasi completamente diroccata.

LE CAMPANE DI S. FRANCESCO E LE LORO MEMORIE


38 La chiesa era dotata di un artistico campanile, che per ragioni statiche dovette essere abbattuto dopo l’ultimo territorio e si provvide alla costruzione del nuovo, più basso e meno pesante. Le campane furono conservate e meritano un attenzione speciale; sono tre di varia dimensione e conservano ancora il timbro genuino. La maggiore di esse, fu fusa nel 1721, così viene vantata dal Pisapia: “Pel suo bellissimo suono è la migliore di Ariano per cui è assai cara ai cittadini ed ammirata dai forestieri…” (52). Essa porta inciso il nome di Carlo Passaro che ne fu il Padrino. A proposito di costui, ricorderemo che egli fu quel tale a cui il popolo si era diretto, perché intercedesse presso il re, onde fossero condonate le imposte, che erano assai gravi specialmente se si considera che in quegli anni per il terremoto, per le eruzioni del Vesuvio e la conseguente carestia, il ceto della campagne, in modo speciale, si trovava a mal partito. Risultò al popolo che il favore richiesto non era stato accordato che anzi il detto Passaro aveva offerto i propri buoni offici ed il suo ascendente per farsi garante della riscossione. Questi fatti avvenivano nel 1738; risultato fu un furibondo moto popolare originato dall’arresto di un contadino che si era rifiutato di pagare e terminò con l’uccisione del detto Carlo il quale invano si era trincerato in una casa prima di aver tentato, poi, la fuga (53). L’altra campana di interesse storico è anteriore alla precedente perché fu coniata nel 1647 e poi restaurata nel 1815. Assai semplice ed eloquente la sua iscrizione:

CHRISTUS. REX. VENIT. IN. PACE DEUS. HOMO. FACTUS. EST CHRISTUS. NOBISCUM, ADSTATE A. D. MDCXLVII (La stessa iscrizione, con qualche variante, della Savonaroliana Piagnona del 1433 (Firenze) Sembra un’invocazione accorata a Gesù Cristo vento nel mondo a portare la pace ed ha importanza in questo senso, perché erano allora noti i moti popolari di Masaniello dai quali il popolo di Ariano non sperava nulla di buono. Il coraggioso popolano, infatti, dopo i suoi successi nel Napoletano, guardava con desiderio alle Puglie, il cui possesso lo avrebbe messo in condizione di assicurarsi i più copiosi rifornimenti. Tra i paesi obbligati era appunto la Città di Ariano, i cui campi erano stati fedeli al Re, ed il popolo desiderava essere lasciato in pace.


39 Alla minaccia di assalto si pensò alla difesa a cui contribuirono anche i Signori delle terre vicine con le loro milizie. Nutrivano buone speranze, oltre che per la capacità delle loro forze, anche per la buona posizione in cui era situato il castello. Erano accorsi il Marchese di S. Marco con cento cavalieri: il Marchese di Buonalbergo con altrettanti e con loro il Marchese di Bonito: si attendevano anche altre forze ed altri capitani di valore e di fama. Incominciarono a temere i difensori di Ariano, quando appresero che gli abitanti di qualche paese come ad esempio, quelli di Grottaminarda si univano alle forze nemiche, ciò nonostante si era disposti a resistere fino all’ultimo sangue. Le truppe di Masaniello sferrarono l’attacco e si resisteva da tutti bravamente essendo stato assegnato a ciascun condottiero uno dei punti strategici. Anche dopo che uno di essi fu travolto con tutti i suoi uomini si teneva duro e si rafforzava la difesa del baluardo centrale con fiducia e fortissimo spirito combattivo. Soltanto con il tradimento del nemico poté in seguito avere ragione degli assediati. Quando infatti un nucleo nemico penetrato nella zona del Sambuco poté avvicinarsi alla piazza del Vescovado i suoi capi chiesero di parlamentare ed ai difensori promisero la più schietta lealtà. Quando invece convennero anche coloro che difendevano il Castello, contro ogni legge militare e contro ogni senso dell’onore i Napoletani trucidarono i loro avversari e fecero barbaro scempio dei loro corpi che esposero sui punti visibili della città dopo averli decapitati. Non avrebbero neppure permesso che si procedesse alla loro sepoltura se non si fosse vivamente imposto lo zelo del clero cittadino. Mentre questo accadeva nella città, si vedeva poco lontano avvicinarsi il potente esercito del Marchese di Montesarchio che alla testa di suoi bravi soldati accorreva in aiuto della città ormai vinta e straziata (54). Avevano dunque ragione i poveri Arianesi di invocare la venuta pacifica di Gesù Cristo Re della Pace. Siamo ormai alla fine di questa evocazione storica delle vicende legate al bel tempio Arianese che speriamo sarà più caro al popolo dopo che questi ne avrà appreso queste brevi memorie.

I PALLOTTINI IN ARIANO


40 A succedere l’opera dei frati di S. Francesco furono chiamati dalla fiducia del Vescovo, Mons. Giuseppe Lojacono, i Sacerdoti della Pia Società dell’Apostolato Cattolico di San Vincenzo Pallotti. Questo grande santo nacque a Roma il 21 aprile 1795 e dette all’infanzia i più chiari segni di elevata Santità. Non è senza un disegno particolare della Provvidenza di Dio che i suoi figli abbiano la fortuna di succedere ai francescani nella chiesa che abbiamo cercato di illustrare, giacché il giovane Vincenzo, desideroso di perfezione, ardentemente chiedeva di entrare nell'ordine serafico e solo dietro l’imposizione del suo Direttore Spirituale che glielo vietò per la sua poco ferma salute, desistette dal suo proposito, iniziando la carriere Sacerdotale nella sua Roma, restando però sempre francescano nello spirito tanto che, iscritto al terzo ordine, volle che le Suore dell’Apostolato Cattolico da Lui istituite professassero la regola di S. Francesco ed egli stesso, come narrano i suoi biografi, dormiva sempre rivestito dell’abito francescano (55). Fu sacerdote coltissimo, tanto che ad un solo anno di distanza del conseguimento della Laurea fu chiamato come sostituto alla Università della Sapienza per insegnare su quella stessa cattedra dove così breve tempo prima egli aveva guardato i suoi maestri. Fu il suo zelo che lo fece rinunziare a questo posto e ad altri che gli vennero offerti dalla fiducia delle Autorità Ecclesiastiche di Roma; successivamente a lui fu data dal S. Padre, come culla dell’Istituto nascente la chiesa francescana di San Salvatore in Onda (56) con l’attiguo convento assai importante che, come si legge in una iscrizione posta lungo la scalinata dall’ordine Francescano, alla Chiesa universale.

EDIDIT SIXTOS DUOS

Esuleremmo dal nostro compito se ci facessimo vincere dalla tentazione di parlare per esteso di San Vincenzo, veramente francescano nella vita, nell’Apostolato e nella concezione dei suoi piani. Ai discepoli di questo grande Santo è affidata ora la chiesa Arianese di S. Francesco. Essi sapranno tenere un’eredità e come pegno di devozione loro affidato oltre tutto anche della francescanità del Pallotti il cui spiritò aleggerà anche sulla popolazione loro affidata insieme a quello di S. Francesco e di tutti i Santi uomini che questa ridente cittadina fecero teatro delle loro virtù. Fine

APPENDICE 1 Album fotografico della memoria


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APPENDICE ANTOLOGICA Agiografia della Chiesa e Convento di S. Francesco Sec. XIV-XX 1. “Godé parimente questa nobilissima città di Ariano di aver tra le sue mura il gran patriarca de’ minori S. Francesco d’Assisi, il quale nell’anno mille ducento ventidue (1222), partendosi da Roma per la Puglia per venerare li Santuari del Principe S. Michele, e S. Nicola vescovo di Myra, il di cui corpo con somma venerazione risiede nella Città di Bari, si portò nella città di Benevento, dove oprò gran Miracoli, poi in Avellino, in Aquaputrita (Acquaputrida-oggi Mirabella Eclano), nella terra di Padula, e d’Apice, nelli quali luoghi fondò il suo convento, come fece nella chiesa di Santa Maria Oliveto ed in Benevento; si condusse poi alla città di Ariano, chiamato dalla devozione di que’ cittadini e si fermò per molti giorni in essa nel famoso Spedale (Ospedale di S. Giacomo) di quella città, servendo con gran carità all’infermi, e con la sua santa parola di Dio fede gran frutto in quelle anime. Onde gli Arianesi dopo la morte li fabbricarono un convento sotto il suo nome, quale nell’anno mille trecento quarantanove, alli otto di settembre, essendo da terremoti devastato, fu da Enrico suo Conte, e dalla Contessa sua moglie Isabella, di nuovo riedificato nell’anno mille quattrocento sessantatre.”1 2. Notar Scipione de Augustinis “Il luogo di San Francesco di Frati Zoccolanti è posto nel mezzo della città poco distante dal Vescovato dalla parte superiore collocata à tramontana la sua Chiesa, mà il resto del luogo alla parte del luogo de’ levante per comodità dei frati, questo luogo disegna il monte di mezzode li tré che gà la Città per sua insegna sta molto ben fundato, et ordinato si tiene per la meglior chiesa d’habbia la Città stando al centro di essa, comodo alle genti dell’una e l’altra parte, et 1Capozzi

Giovanni Battista, Cronica della Città di Ariano, cur. O. Zecchino, (1984), Montevergine, 1984, 33 pp. . Le notizie fornite dal Capozzi non sono riscontrabili a livello documentale, ma si riportano come se documentate dalla tradizione storiografica dell’epoca. Il Convento con la chiesa dedicate a S. Francesco risale presumibilmente nel periodo posteriore alla morte del Serafico Francesco, è verosimile la notizie della presenza nella nostra città di Ariano, perché la stessa si trova lungo la via Francigena – via Traiana verso i luoghi della Terra Santa, punto di snodo tra Napoli e le zone interne dell’Appennino Campano-Lucano. La presenza francescana è stata di notevole importanza per la evangelizzazione ed il soccorso premuroso per i poveri ed i pellegrini. L’Ospizio di S. Giacomo, fondato all’epoca di S. Ottone Frangipane, ( ), un santo “ribelle” che ha anticipato Francesco di un secolo, e nulla vieta di pensare alla presenza nel celebre romitorio ottoniano dove non è da escludere la presenza di Francesco nella chiesa di S. Pietro, fuori le mura di Ariano.


42 continuamente questa chiesa visitata così nelli giorni feriali, come festivi per udir i divini officij, et per le innumerabil’indulgenze, che sono in la Cappella della Concettione, com’è detto, et per la devozion, se tiene à questa religione: qui si frequenta al spesso la Confessione, et anco la Communione, et anco ad altre Chiese. Il celebrar di santi officii, et l’hore canoniche in detta Chiesa con attentione mirabile, rende grande soddisfatione al popolo sonovi quasi di continuo per il serviggio di detta Chiesa quando dieci, et quando dodici frati trà sacerdoti, et Chierici, et comodamente ci vivono. Da poco tempo in questa Chiesa è incominciata ad arricchirse di belle Cappelle di rustico marmo, et ben scolpiti, et di vaga fattura fatte in Napoli da valentissimi pittori, et tuttavia i devoti del luogo continuano i lor bei pensieri di annobilirla chi d’uno, et chi d’un altro modo, et trà queste Cappelle vi n’è una privileggiata dalla buona memoria di Gregorio terzo decimo (XIII), vi sono due giardini per comodità di frati. La Chiesa hà la bellissima Sachristia lammiata con comodi vestimenti necessarij, al culto divino. Questo luogo anticamente fu concesso à Padri conventuali di S. Francesco, mà da Pio II fu trasferito alli Padri Zoccolanti nell’anno 1463. procurato già da Henrico et Covella sua Moglie come si legge dalla Cronica di San Francesco in questo modo. Hic conventus Sancto Francisco sacro ab antico ad Patres conventuales pertinuit à Pio 2° Ill(ustrissi)mis Henrico Cobella eius uxore id maxime procurantibus ad nostros, anno 1643 translatus est quorum decenter commemorantur”2 3. Archivio Diocesano di Ariano (A.D.A. Le fonti più antiche frammentarie sono custodite nell’Archivio diocesano di Ariano, annesso alla cospicua Biblioteca Diocesana, risalgono al sec. XVI 3, sono sparse e frammentarie. L’archivio del Convento di S. Francesco, dopo la soppressione dei monasteri e chiese di culto dei religiosi, viene citato da P. Pistelli, come esistente presso la Chiesa; mentre i registri parocchiale e definitori non sono rintracciabili, qualche scarna notizia è data dalla Relatio ad Limina e Visite Pastorali. Mentre le visite dei Provinciali dell’Ordine non sono riscontrabili. 2De

Augustinis Scipione, L’amor infinito,ch’alla patria si deve, Descrittione d’Ariano di un notaio del sec. XVI, ec. Crit. A cura di Stanco Giuseppe, Avellino, 2008, Elio Sellino Ed., 136-137. Il pregevole ms. dell’arianese notaio e primo storico di Ariano è frutto di meticolose ricerche del notaio apostolico che ha attinto a sicure fonti ecclesiastiche dell’archivio diocesano. Segnalato dallo scrivente al compianto Prof. Gennaro Passaro si interessò presso il Centro Studi Europei dei Normanni – presidente Sen. Ortenzio Zercchino, è stato oggetto di un’analisi accurata e critica del prof. Giuseppe Stanco. Il notaio Scipione de Augustinis ha avuto con la città del Tricolle un ruolo di primo piano, esercito la sua professione di notaio regio ed apostolico dagli anni 50 ai novanta del XVI sec. L’originale del ms. della Descrizione di Ariano è conservato presso la Biblioteca di Storia Patria di Napoli. La città di Ariano ha dedicato una strada in ricordo ammirevole del celebre notaio e primo storico arianese. 3A.V.A. fondo Vescovi, Platea Urbana et Foranea, Vescovo Diomede Carafa.


43 3.1. Relatio ad Limina di Mons. De Herrera sec. XVI. “Vi è anco il Monasterio di San Francesco dell’ordine de’ Zoccolanti, situata (la chiesa) dentro la Città no’ molto distante della Chiesa Vescovale nella parte di sopra, ne vi è una Chiesa bellissima, il luogo è comodo con due di belli giardini dentro, et morati tutti intorno, nella quale Chiesa è instituita la Confraternita della Concettione della Madonna con infinite indulgenze, et devotion del Popolo. Vi sono quindici frati, che servono in detta Chiesa religiosamente e celebrando li divini officij, et sante Messe continuamente alle hore canoniche. La Cappella della Conceptione tiene d’intrata otto ducati l’anno, si bene si sustiene per adesso d’elemosine per lo servizio di detta Cappella et per la necessità che bisogna. Questa Cappella di prossima è stata eretta con l’elemosine fatte dalli devoti della Madonna, et con quelle hoggi và aumentandosi.”4 “Il 13 novembre 1865 il Consiglio Comunale, dietro richiesta del Governo, dichiara l’uso cui vorrebbe destinare l’ex Convento dei riformati, dal Municipio domandato in cessione.”5 “1873. - Per la caduta di un fulmine s’incnediò la cupola del Campanile di S. Francesco portando lo spavento in tutti i vicini abitanti, che temevano l’incendio si fosse attaccato alla casa adiacenti.”6

RELIGIOSI FRANCESCANI ILLUSTRI “P. Elziario di Ariano de’ Minori Osservanti Riformati. Egli fu eletto Provinciale nel Capitolo congregato nel Convento di S. Francesco di detta città nell’anno 1630. Religioso di vita esemplarissima, meritò il seguente elogio dopo la sua morte: Idibus Novembris Ariani transitus Sacerdotis Patris Elzearii ab Ariano Exprovincialis zelo Regularis Observatiae imbuti, exemplatris vitae vir fuit, ejus Corpus onorifice tumulatus. 1729. 45 p.

P. Carlo Vitale (…), figliuolo di Francesco Vitale, e di Porzia Vitagliano, famiglia nobile di Tramonti, e , nostro Avolo; quantunque nel fervore della prima età avesse dimostrato di essere sensibile ai divertimenti; tuttavolta in un istante si vide ispirato ad incamminarsi 4Marolda

Rina, La proprietà ecclesiastica nel tardo 500, Tesi di Laurea, (1978), 72-73. Cfr. Visitatio urbana Anni 1591, sub. Episcopo Alfonso Ferrera, habita per Marcum Antonium De Canditiis ubi habeantur statuta Capituli et alia notabilia ( reg. 1734) sub Episcopo Tipaldo, ms. in A.V.A. Fondo Vescovi. Mons. Alfonso De Herrera o Ferrera vescovo di Ariano dal 1585 al 1603. 5Mazza Felice, Nuovo diario Arianese, (1896-1918)note di Stanislao Scapati, Avellino, Ed. La Ginestra, 1995, o.c. 528,560 pp. 6Mazza, Felice, Nuovo Diario Arianese, o.c. 528 p


44 nella strada della perfezione cristiana; e perciò professò vita Religiosa nell’ordine dei Minori Osservanti Riformati di S. Francesco . Ed in esso per il continovo, e fervoroso esercizio della virtù cristiane fu riguardato come un vivo esemplare del Santo Fondatore, e lasciò di sé quella fama, che leggesi nel Micrologio Francescano Francescano 7 , cioè: XVII. Kal. Novembris Histonii depositio B. Karoli ab Ariano de illustri familia Vitali, ejusdem civitatis, Clericis Diaconi Confessoris, cujus tanta fuit sanctitas, quod corpus ejus, tuimulatum in communii sepultura Fratris, post multum tempris de licentia S. Congregationis dishumatum, et decenter in alio loco asservadum positum, ex emissionie sanguinis tunc secuta sanctitas ejus fuit comprobata. Corpus jacet in Ecclesia S. Onufrii Vasti 1700.”8

foto e testo

7Micrologio

Francescano, Roma, 1745. Francesco Antonio, Memorie Istoriche degli uomini illustri della Regia Città di Ariano, Roma, 1788, Stamp. Salomoniana, Rist. Forni, 236-237. 8Vitale,


45

MONS. EMERICO PISAPIA _____________

RICORDI FRANCESCANI

IN


46 ARIANO DI PUGLIA

SIMBOLO FRANCESCANO FOTO

ESTRATTO DA “LUCE SERAFICA” Periodico Francescano mensile illustrato del Mezzogiorno d’Italia (Ann. I. II. III e IV)

R A V E L L O (Salerno)

1928

ALLA SANTA MEMORIA DI MIO ZIO

Mons. DIOMEDE VITALE

CANONICO E VICARIO GENERALE DI ARIANO

NEL PATRIO SEMINARIO PER QUASI SEI LUSTRI

SOLERTE EDUCATORE DELLA GIOVENTI’


47 SACERDOTE PIO E DOTTO

NATO IL 176 AGOSTO, MORTO IL 14 MAGGIO 1860

FOTO Mons. Diomede Vitale

MONS. EMERICO PISAPIA (CENNI BIOGRAFICI)


48

AI LETTORI L’illustre Mons. Pisapia, dopo aver pubblicato, in varie puntate, in “LUCE SERAFICA” i “Ricordi Francescani in Ariano idi Puglia”, li ha raccolti ora in un volume. Con vivo piacere presentiamo ai lettori queste belle pagine che, sebbene non siamo molte, sono però molto importanti per la storia locale di cose francescane. Importanti, perché tante cose, che non sempre e non tutte si possono trovare nei grandi volumi di storia francescane, le troviamo raccolte in questa pagine, che s’illuminano in un raggio di quella luce piena d’amore, che il Serafico Padre S. Francesco accese anche in Ariano, come in cento e cento paesi, ove egli passò e mite e benedicente. Infatti, quanta storia davvero gloriosa, di grandi città e di umili paesi s’intreccia con la storia dei conventi francescani, tanto che la storia di certi conventi, è, spesso, la storia di glorie religiose e civili di una certa città. Raccoglier l’eco di tali glorie,far riecheggiare – sia pure fioca – la voce di tanti ricordi è opera, non solo interessante, ma bella e santa, poiché giova ad avitar che


49 certe bella pagine di storia vadano perdute e, soprattutto giova a eccitarsi e dar rifiorir le glorie passate della fede e delle opere grandi degli avi. E questo si è proposto l’illustre Mons. Pisapia che, con parola semplice e calda, di vivo affetto per le glorie della sua città. presente i “Ricordi Francescani in Ariano di Puglia, cominciando da che il Serafico Padre vi passò nel 1222, fino ad oggi, al 1926. Son sette secoli di storia francescana arianese, che passano dinanzi all’anima, soffusi di mirabile luce. E’ la luce della santità e della scienza e della molteplice opera di bene s’irradia dal convento di S. Francesco, da che esso fu fondato dagli antichi Francescani, i frati Minori Conventuali, fino ad oggi, dopo esser passato, successivamente, dai Conventuali agli Osservanti e ai Riformati, e ora alla Missionarie Francescane d’Egitto. Mentre ammiriamo la grande pazienza e la lodevole diligenza e, soprattutto l’intelletto d’amore con cui Mons. Pisapia – già noto per altri studi storici – ha compilato questi Ricordi, facciamo voti che il suo esempio trovi, anche altrove, imitatori, che sorgano a illusTrare simili glorie francescane di cui tanto è ricco il nostro Mezzogiorno d’Italia. E lo studio delle glorie passate sia, davvero, incitamento a fari rifiorir la vita francescana in tutte queste nostre regioni, beneficate tanto in sette secoli, dal Serafico padre e dai suoi figli. Ravello, Natale 1928

P. M. GIUSEPPE M. PALATUCCI Dei Frati Minori Conventuali Direttore di “Luce Serafica”

foto

PROTESTA


50 Conformandosi ai Decreti di Urbano VIII del 13 Marzo 1625 e 5 Giugno 1631 e ai Decreti della Sacra Congregazione dei riti, dichiariamo solennemente che, salvo i dommi e le dottrine e tutto ciò che la Santa Apostolica Sede ha definito, in tutt’altro che riguarda miracoli, apparizioni e santi non ancora canonizzati, non intendiamo prestare, né richiedere altra fede che l’umana.

Libri consultati per la compilazione dei “ricordi”. -1. L. Barberius Farius, Catalogus Episcoporum Ariani, Romae, 1625 – 2. Celano Carlo, Delle notizie della città di Napoli, Napoli, 1682, - 3 Fontanarosa (da) Fr. Michele, La Religione in trionfo, ecc., Napoli, 1804, - 4 De Marellis D. Marco, B. V. Iconografia della gran Madre di Dio, Napoli, 1654, 5- Montesarchio (da) Fr. Arcangelo, Cronistoria della Provincia Riformata di S. Angelo in Puglia, Ariano 1894 ( è la continuazione – vol. 2 di quella segnata sopra) 6– Wadding Lucas, Annal. Minorum etc., Roma, 1745, 7 – Vallata (a) Fr. Thomas Micrologium Franciscanum etc. , Romae, 1745, 8- Vitale Francesco Antonio, Memorie Istoriche degli uomini illustri della Regia Città di Ariano, Roma, 1788, -9- H. Ughelli, Italia Sacra, 2. Ed., Roma, 1721, 10 – Vitale Tommaso, Stria della Regia Città di Ariano, e sua Diocesi, Roma, 1794.

RICORDI FRANCESCANI IN ARIANO DI PUGLIA

SAN FRANCESCO D’ASSISI, andando da Benevento nella Puglie, per visitare il sacro monte del Gargano e il sepolcro di S. Nicola in Bari, passò per Ariano, e vi si fermò alcuni giorni dimorando nell’antico ospedale degli infermi e pellegrini, il quale era nel fabbricato dove, nel 1731, fu istituito l’attuale conservatorio delle Oblate di s. Francesco Saverio.

Foto Panorama di Ariano (Avellino) – la crocetta indica la chiesa di S. Francesco

Il Santo Patriarca edificò moltissimo i nostri antichi concittadini, servendo pietosamente gli infermi e esercitandosi in altre opere di carità nei pochi giorni che rimase fra noi. 1247 – Dopo la morte di S. Francesco, gli Arianesi, tra i quali era sempre viva la memoria del soggiorno da lui fatto tra loro, edificarono in suo onore una chiesa con convento.


51 Questo con l’attiguo giardino è ben situato nel centro della città, e poteva albergare comodamente oltre trenta religiosi per cui era sempre sede di numeroso studentato di teologia e spesso la Curia Provinciale e dei Capitoli Provinciali. Distretto dai terremoti, che in varie epoche funestarono la città, fu ogni volta riedificato. Fu da principio dei Frati Minori conventuali, e nel 1643, con breve di Pio II, passò agli Osservanti Riformati della Provincia di s. Angelo di Puglia, che l’hanno abitato fino a quando furono espulsi, in seguito all’ultima soppressione degli Ordini Religiosi. Fu poi adibito a caserma di soldati di fanteria.

Foto esterno S. Francesco e Convento

La Chiesa ben grande a una nave, ha tutti gli altari di scelti e lavorati marmi, il coro di legno-noce artisticamente intagliato e molte statue parimenti di legno scolpite assai belle e divote: tra queste sono in forma di prodigiose quelle della Beata Vergine degli Angeli e di S. Antonio da Padova, per quanto appresso si narrerà. Essa è pure degna di speciale considerazione perché vi hanno avuto sepoltura diversi religiosi morti in concetto di santità, nonché Innico Guevara, conte di Ariano e gran siniscalco del Regno ai tempi dei re aragonesi, lo spagnuolo Francesco de Cordova capitano di cavalleria e castellano di Barletta, che morì in Ariano il 5 dicembre 1618; e altre distinte persone e nobili arianesi, nei sepolcri annessi alle proprie cappella gentilizie. Inoltre detta chiesa, sempre assai cara agli arianesi, fu come il centro della loro religiosa pietà, il luogo dove si riducevano per purificare le loro anime, impetrare i celesti favori e ritemprarsi a vita migliore sotto la direzione dei buoni frati, ch’erano espertissimi maestri di spirito; ora è ufficiata dalla Confraternita dell’Immacolata Concezione e delle SS. Stimmate, la quale cinquant’anni fa, vi si trasferì dall’attiguo oratorio dopo che per alcuni anni era rimasto chiuso al pubblico culto. 1310 – Il capitolo della cattedrale di Ariano (secondo il costume di quei tempi) nominò vescovo Fr. Lorenzo dell’Ordine dei Minori, ed il pontefice Giovanni XXII, addì 1. Marzo 1310, delegò l’arcivescovo di Benevento a esaminare la validità di tale elezione e confermarla se l’avesse trovata di persona degna. Ma, frattanto il Ministro Generale dei Minori Fr. Michele da Cesena, vedendo di mali occhio Fr. Lorenzo, perché non aveva voluto aderire ai suoi errori, lo fece carcerare sotto il pretesto di avergli chiesto permesso di accettare il vescovato, e così l’eletto, per molti anni non poté avere l’effettiva amministrazione. Finalmente, uscito dal carcere, ricorse al Sommo Pontefice in Avignone, il quale, il 20 dicembre 1331, commise all’arcivescovo di Salerno d’immetterlo nel possesso della sede arianese, dopo ponderato esame delle ragioni esposte. Questi, che dei Frati Minori fu il primo vescovo di Ariano, morì, (secondo l’Ughelli) negli ultimi giorni del pontificato di Benedetto XII, cioè al principio del 1342. 21 settembre 1323 – Morì in Parigi, dove si era recato per trattare il matrimonio del vedovo duca di Calabria con Maria di Valois, S. Elzeario della nobilissima famiglia Sabran.


52 Questo gran santo nacque nel 1287, nel castello d’Ansouis in Provenza da Ermengao e Laudun d’Alba di Roquemertine; e fu educato dalla Beata Garsenda, ch’era parente della madre, morta poco dopo averlo partorito.

Foto S. ELZEARIO Terz. Franc. Festa 27 settembre

I benedettini dell’abbazia di S. Vittore in Marsiglia gli furono maestri nelle lettere e in quella soda e costante pietà che lo resero uno dei più ammirabili eroi del cristianesimo, special mente per la verginità conservata nel matrimonio. Successe al padre nella contea di Ariano, che i Sabran avevano avut9o dai re angioini loro parenti, ai quali avevano reso molti servigi. Tollerò pazientemente tribolazioni e angustie e perdonò sempre generosamente a coloro che ne furono la causa; fu munificentissimo verso i poveri e le chiese. Professò la regola del Terz’Ordine Francescano; e pel suo spirito di povertà e orazione fu ammirato ala corte di Roberto re di Napoli, che l’ebbe sempre carissimo e si valse dei suoi consigli pel buon governo del regno. Nel testamente il santo aveva disposto che il suo corpo fosse seppellito nella chiesa dei Frati Minori di Apt (alle falde delle Alpi francesi), e vi fu trasferito il 18 giugno 1324: nel 1791 fu trasportato nella Cattedrale. Nel 1327 il pontefice Giovanni XXII, mosso da molti miracoli da lui operati in vita e dopo la morte, ordinò la compilazione del processo di canonizzazione, che fu compiuta nel pontificato di Clemente VI, nel 1351. La solenne canonizzazione fu celebrata, il 15 aprile 1369, dal Beato Urbano V., il quale era figlio di una sorella del santo, e essendo nato difettoso, era stato sanato e conservato in vita da un miracolo di S. Elzeario, che gli fu da padrino al battesimo; e Gregorio XI ne spedì la bolla Rationi congruit , il 5 gennaio 1371. La Diocesi di Ariano l’estese a suo secondo patrono, celebrandone la festa il 27 settembre, nel quale dì, in città, ha pure luogo una fiera detta di S. Elzeario. Di lui il vescovo Emanuele Brancaccio, nel 1688, donò alla cattedrale una statua d’argento a mezzo busto, per conservarsi una reliquia del cranio, ma i Francesi la rubarono, al tempo della loro invasione, alla fine del XVIII secolo. Attualmente nella Cattedrale è soltanto un piccolo reliquiario d’argento, che si espone nel pregiato altare di marmo, ove venerasi la statua del santo, fatta dal pio vescovo Andrea D’Agostino. 1342 – Circa quest’anno il Frate Minore Roberto successe al precedente frate minorita nel vescovato di Ariano, e , secondo scrive l’Ughelli, morì nel 1349, forse quando aveva dimesso il vescovato (dimissionario); perché i documenti degli archivi Vaticani, seguiti dal Vitale e dagli altri autori posteriori al Barberio e dall’Ughelli, asseriscono che la sede Arianese era posseduta da un altro Pastore, di nome Giovanni, sin dall’anno 1341.


53 1349 – Il Waddingo (nei suoi celebri “Annales Minorum”) citato dall’Ughelli fa menzione di Fr. Raimondo dell’Ordine dei Minori, Vescovo di Ariano nel 1349; ma il nome di costui manca del tutto nel catalogo dei vescovi Arianesi e nella serie del Vitale. 1356 – Fr. Giovanni da Napoli è detto vescovo di Ariano in questa epoca, dal Barberio e dall’Ughelli, mentre il Vitale con altri autori posteriori , indentificalo con quel Giovanni, riportato negli elenchi degli archivi vaticani, assegnano il pontificato a dieci anni innanzi, cioè al 1344-45. Questo vescovo, con istrumento, stipulato tra esso e il Capitolo della Cattedrale, a dì 24 marzo 1356, dal notar Dauferio di Montecalvo, aumentò sino a venti il numero dei canonici del medesimo Capitolo, che il vescovo Rostagno (1309-1310) aveva stabilito di dodici solamente. Forse è quel Giovanni vescovo arianese che (siccome riferisce il Masellis) trovasi iscritto alla pagina 112 del registro dei confraternita di S. Maria di Monte Vergine del sacro monte,; la quale era assai antica e insigne per aver aggregati molti sommi pontefici, imperatori, cardinali, re e altri illustri personaggi. 26 novembre 1360 – Quell’impareggiabile donna che fu la Beata DELFINA, contessa di Ariano, in questo giorno morì ad Apt, presso il sepolcro del suo sposo. Essa nacque a Puimichel (Provenza) nel 1284, dai nobilissimi genitori Guglielmo di Signe, della casa De Giandèves, signore di Puimichel, e da Delfina di Barras dei visconti di Marsiglia. A sette anni rimasta orfana di entrambi i genitori, dagli zii fu messa a educare nel monastero delle Agostiniane di S. Caterina de Sorbs, in diocesi di Riez, ove era badessa una sorella di sua madre. Ivi, in breve tempo fece tali rapidi progressi nella via della perfezione da superare le religiose anche più pie, e con tanto profitto attese allo studio delle cose divine, che il suo direttore spirituale, meravigliato delle sue risposte, diceva che dubitava che era essa che parlava oppure il suo angelo custode. In giovanissima età, contro la propria volontà, fu unita in matrimonio ad Elzeario, cui propose di vivere in perfetta continenza, siccome poi praticarono per tutta la vita. Fu molto stimata e onorata nella real corte di Napoli, ove rifulse come nobile esempio di ogni virtù, in mezzo al fasto e i costumi non buoni, e si strinse in sincera e costante amicizia con la buona regina Sancia. Dopo la morte di Elzeario, si ritirò dal mondo, e, volendo essere imitatrice del S. Padre Francesco, di cui anch’essa aveva professata la Regola del Terz’ordine, Fece voto di povertà, e come povera volle essere considerata dai suoi servi e familiari. Alla sua santa morte, s’udirono celesti melodie che accompagnarono le sue esequie; e il Signore che l’aveva favorita in vita con insigni prodigi, l’illustrò anche dopo morte con altri miracoli. Nel 1363, dal Beato Urbano V., fu ordinato il processo della sua canonizzazione, che fu celermente compiuto il 26 ottobre dell’istesso anno, ma la brevità del tempo passato dalla morte impedì il decreto e la solennità della canonizzazione, e però le compete il titolo di Beata col quale è venerata da tutte le famiglie dell’Ordine francescano e dalla diocesi di Ariano, che, nella cattedrale ha di lei una piccola statua a mezzo busto di legno dorato e un quadro presso l’altare di S. Elzeario, fatto dipingere dall’ottimo vescovo Mons. Giuseppe Lojacono. L’Ughelli e il Vitale, allegando i registri Vaticani e con la data del 16 gennaio 1370, riferiscono la traslazione di Fr. Giacomo vescovo di Ariano alla sede di Frigento, senza dire


54 quando fu nominato vescovo Arianese; ma certamente sarà stato dopo il 1364, perché in quest’anno era vescovo l’agostiniano Fr. Dionisio, del quale s’ignora il giorno della morte. 1561 - Fr. Ottaviano Preconio dei Frati Minori Conventuali, nativo di Castroreale (Sicilia), il 13 giugno , dal pontefice Pio IV fu traslato dalla sede di Monopoli (alla quale l’aveva eletto Paolo III il di 11 marzo 1546), alla nostra Ariano fu dichiarata di Regia presentazione. In Ariano rimase poco, dopo il concordato, tra Clemente VII e Carlo V imperatore e re di Napoli, del 1533, col quale la chiesa di Ariano fi dichiarata di regia presentazione. In Ariano rimase poco tempo essendo stato traslato a Cefalù, e quindi promosso arcivescovo di Palermo, nel 1562. Intervenne al Concilio di Trento, e, in Napoli, il 1 settembre 1561, fu presente all’invenzione e miracolosa liquefazione del sangue di S. Stefano Protomartire, nella chiesa dell’antichissimo convento di S. Gaudioso delle monache benedettine. Morì in Palermo il 18 luglio 1568. Il nipote e omonimo, Ottaviano Preconio, che in seguito anch’egli fu vescovo di Cefalù fece apporre sul sepolcro di lui, nella Metropolitana di Palermo questa iscrizione: FR. OCTAVIANUS PRECONIUS ORDINIS MINORUM CONVENTUALIUM SICULUS E CASTRO REGALI ARCHIEPISCOPUS PANORMITANUS PIETATIS IN SIGNIS ERUDITIONE CLARUS POST NULLO CURAE PASTORALIS QUATUOR ECCLESIARUM MONOPOLI TANI. ARIANEN. CEPHALUDEN ET PANORMITAN. EX ANTHLATOS LABORES QUIETURUS TANDEM OBIIT DIE XVII JALII SUAE DIGNITATIS AN. VI. CHRI STI VERO NATI MDLXIII OCTAVIANO PRECONIO PRIOR PRIORATUS S. ANDREAE CIVITATIS PLACIAE DEFLORESCENSTIS PATRIAE IACTURA ME STUS FLORECENTIAE GLORIA LAETUS TANTUM VIRUM ET ONESTAVIT ET TUMULAVIT. Di lui rimangono due opuscoli ascetici, uno in latino col titolo: “Preaeconium Sacramenti” hoc est dispositio, et preparatio ad altissimum Eucharestiae Sacramentium”, l’altro in italiano, intitolato: “ Esposizione o diremo breve trattatello del Responsorio maggiore delli defunti, cioè “Libera me Domine, de morte aeterna”…Del primo nel 1919 ho pubblicato un saggio con note illustrative. 1581- I Frati del Convento di S. Francesco fondarono una Confraternita laicale sotto il titolo dell’Immacolata Concezione e delle Sacre Stimmate di S. Francesco, nell’oratorio eretto a lato destro della chiesa e con questa comunicante. Il pio sodalizio fu dimesso al principio del sec. XVIII, e soppresso nel 1715, aggregandosene le rendite alla nuovo collegiata di S. Giovanni Battista, eretta con Bolla di clemente XI del 30 aprile dello stesso anno; ma prima


55 della metà del medesimo secolo fu ripristinato, ed esiste tuttora. L’oratorio non piccolo, dopo che la confraternita cominciò ad officiare la chiesa dei frati, fu profanato ed adibito a deposito di vecchi arnesi; e le antiche sepolture dei confratelli, vuotate delle ossa e di molto terriccio per ampliarle furono ridotte a un grande vano terreno per uso profano. 1583 - nella stessa contrada detta oggi de’ “Cappuccini” fu fondata in Ariano la chiesa e convento dei Frati Minori Cappuccini, sotto il titolo dello Spirito Santo: ai quali l’Università o Amministrazione comunale di quel tempo donò il suolo edificatorio e l’area pel giardino in molti fondi e in una vigna a tale effetto espressamente comprati con istrumento del notar Ovidio Iuffedrella del 24 novembre 1583; e il vicerè di Napoli conte di Montereij, con dispaccio del 12 gennaio 1636, concesse anche le pietre cascate dal castello di Ariano per completare la fabbrica del convento. Il gran terremoto del 29 novembre 1732, avendo rovinato l’episcopio, il vescovo Filippo Tipaldi andò ad abitare in questo convento, che in parte era rimasto incolume, contentandosi di sole tre stanze, e dimorandovi per tutto il tempo che fu necessario per il restauro del palazzo vescovile. Il decreto di Giuseppe Napoleone del 13 febbraio 1807 espulse da questo convento, ch’era abbastanza grande, e però destinato a studentato con buon numero di religiosi, i Cappuccini, i quali non vi tornarono più, perché alienato dal demonio, divenne proprietà privata insieme col giardino. In seguito a ciò un solo fratello laico rimase a custodire la chiesa fino alla prima metà del secolo passato; e vi si continuò a celebrare la festa titolare nei tre giorni di Pentecoste. Circa quaranta anni fa, parve che questo sacro edificio minacciasse di rovinare, e fu demolito; ma si ebbe cura di trasportare la campana, i quadri piuttosto discreti e il grandissimo altare maggiore tutto di legno di noce ben lavorato, con una buona tela rappresentante la discesa dello Spirito Santo, nella non lontana chiesa di S. Croce, volgarmente detta di S. Domenico, che ai primi anni del secolo XIX, era appartenuta ai padri Domenicani, e oggi è sede della parrocchia di S. Nicola, trasferitavi con decreto vescovile del febbraio 1903. 26 settembre 1619 - Muore a Napoli, nell’ospizio degli infermi della SS. Concezione, l’Arianese Fr. Gerolamo Berardelli. Ministro Provinciale dei Cappuccini della Provincia di Napoli, uomo di gran pietà e di dottrina., insigne oratore e professore di teologia e filosofia. Il Barberio riferisce che il corpo di questo pio religioso sia mantenuto incorrotto per molti anni. 1627- I Minori Cappuccini del Convento di Ariano, corrispondendo con slancio di carità e zelo apostolico alle prescrizioni del vescovo Paolo Cajazzo, predicarono di notte e di giorno e anche in pubblici luoghi della città, per animare i cittadini a ricorrere con fiducia al SS. Sacramento, esposto in varie chiese per implorare la liberazione dal terremoto, che, dal 30 luglio e per tutto l’agosto successivo, distrusse diversi paesi della Puglia e gettò nello spavento gli Arianesi. Ma Iddio misericordioso, forse placato dalle orazioni e dalle penitenze di quei buoni religiosi, non permise verun nocumento né alle persone, né alle abitazioni dei nostri padri. In questa occasione maggiormente si segnalò il cappuccino Fr. Simone da Orsara, il quale, non solamente operò la conversione di molti peccatori, ma promosse l’edificazione di una chiesa su quel colle, ch’è situata in mezzo al nostro abitato, e che


56 d’allora si disse di Monte Calvario. Questa chiesa fu cominciata nel 1627 con le oblazioni dei fedeli, e nel 1634 era quasi del tutto compiuta e decorata. La venerazione e l’affetto, posto a questo pio luogo dagli Arianesi, si sono tramandati di generazione in generazione, fino all’età nostra, quando, addì 11 marzo 1869, un incendio ridusse a un mucchio di rovine il sacro edifizio. Allora i concittadini, emulando gli antenati, in pochi anni la riedificarono in quella forma assai decorosa, in cui al presente si vede, accresciuta anche più dal restauro fattovi nel 1923. In questa Chiesa al principio del sec. XVIII, fu eretta la confraternita dei Sette Dolori della Beata Vergine e delle Anime Purganti, che ancora l’ufficia; la quale fu poi aggregata all’Arciconfraternita di S. Maria del Suffragio di Roma, siccome rilevasi dalla bolla in pergamena del giorno del 16 maggio 1749. 1656 – La statua di S. Maria degli Angeli che ancora attualmente si venera sull’altare gentilizio della famiglia Pirelli quondam Flavio ( il primo altare a sinistra entrando nella chiesa di S. Francesco di Ariano), a vista di tutti, voltò miracolosamente le spalle al numeroso popolo che raccomandavasi alla sua intercessione per essere liberato dalla terribile pestilenza, che faceva strage in tutto il regno di Napoli. Forse la gran madre di Dio volle con ciò fare intendere ch’era implacabile lo sdegno del Divin Figlio, irritato dalle colpe degli uomini. 31 – marzo 1684 – Gli Arianesi accorsero numerosi al convento di S. Francesco per venerare e baciare il cadavere del Servo di Dio P. TOMMASO DA VALLATA, morto in tal giorno, con comune opinione di santo religioso. Infatti egli aveva trascorso quaranta tre anni nella Macedonia, nell’Epiro e nell’Arabia, a predicarvi la Buona Novella; e là aveva patito la fame, la sete, la prigionia, le battiture ed altre innumerevoli contumelie. Benché fosse stato più volte ferito, il Signore non l’appagò nell’ardentissimo desiderio di spargee il proprio sangue peril Redentore, forse perché volle farne un martire di desiderio, sempre applicato, con le apostoliche fatiche, alla salvezza delle anime. Già vecchio e carico di meriti, si ridusse nel convento di Ariano: ove, fino all’ultimo giorno della sua vita, fu un esemplare di religiosa perfezione e cristiana mortificazione, praticando incessanti digiuni e rigorosissime discipline. Fu divotissimo della Passione, e perciò passava le intere notti a contemplare le pene del Crocifisso Signore, né mai prese cibo alcuno in giorno di venerdì. Ebbe dal cielo la rivelazione del giorno della sua morte e lo manifestò al P. Angelo da Ferentino, dicendo che sarebbe passato a miglior vita alle ore 21 del venerdì santo 31 marzo, siccome realmente avvenne. Il suo corpo fu seppellito nell’attigua chiesa di S. Francesco, nella comune sepoltura dei frati. Di questo insigne missionario nel Micrologium (pag. 51) si legge: “ Pridie Kalendas Aprilis. In Conventu S. Francisci Civitatis Aryani. In pulverem exiguum redactus est, Servus Dei Pater Thomas a Vallata, austeritate vitae conspicuus; Inter Infideles Missionarius Apostolicus selantissimus, praenunciato mortis suae die, in suavissimp domino osculo vitam finivit, 1684”.


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11 ottobre 1685. Ricco di molti meriti, quantunque semplice fratello laico, morì, nel convento di Ariano, FRA TOMMASO DA VASTO, il quale oltre ad essere fervoroso religioso, fu pure ottimo scultore in legno. E’ opera sua il coro, in legno noce, della chiesa di S. Francesco, così vagamente scolpito, da formare l’ammirazione di quanti lo vedono; e giustamente perché è il più grande e bel lavorato di tal genere di quanti ne esistono in città, non escluso il coro della Cattedrale. Forse anche a questo pio artefice si debbono attribuire gli ottimi confessionali e gli armadi della Sacrestia; a me pare sembrano di altra mano, perché non hanno nulla di comune con lo stile e la maniera onde è lavorato il coro, a meno che non voglia pensarsi che l’artefice, nel farli, abbia seguito altri disegni e lavorazione, il che ridonderebbe a maggior lode del suo ingegno assai versatile in tali lavori. Fr. Tommaso essendo già carico di anni, non seppe stare mai in ozio, cessando dalla fatica. Mortificava il suo corpo con digiuni e discipline, e passava le intere notti in ferventissime orazioni insieme a P. Tommaso da Vallata, di cui innanzi ho parlato. Sua delizia era stare in umile e incessante adorazione del SS. Sacramento sopra i gradini dell’altare maggiore, dove poggiava il capo qualche poco tempo, quando era aggravato dal lavoro e dal sonno. Questo servo di Dio compì la sua pia e laboriosa vita mortale, addormentandosi nel Signore, munito di tutti i sacramenti e con fama di perfetto religioso. Il Micrologium (a pag. 165) così di lui riferisce: “Aryani in Apulia dormitio Servi Dei Fratris Thoame a Vasto Dioecesis Thienensis, qui fuit de numero conversorum

5 giugno 1688 – La miracolosa statua di S. Antonio di Padova venerata nella terza cappella dal lato dell’Epistola della Chiesa di S. Francesco, dei Minori Osservanti, essendo stata questa molto danneggiata dal terremoto (che in quel dì desolò Ariano con la morte di ottanta cittadini e il crollo di molti edifizi), uscì prodigiosamente dalla nicchia e, quasi volando, andò a posarsi in mezzo alla chiesa sulla sepoltura dei frati. E siccome questa erasi già aperta per la violenza del movimento tellurico, la statua, con nuovo prodigio, restò mezza nell’apertura della sepoltura e mezza, come campata in aria, al di fuori, sull’altare maggiore di rimpetto alla stessa statua del santo. Di questa statuetta del S. Bambino, ch’è assai vaga ed artistica, si registra anche quest’altro prodigio: Essendo già prossima l’ora di cantare i vespri, forse della festività di S. Antonio, al chierico addetto alla sacrestia, fra Lorenzo da Ruvo, cascarono le chiavi dell’armadi dei sacri paramenti nella cisterna del chiostro, mentre vi attingeva l’acqua. Rammaricato di questo incidente, il fraticello si rivolse direttamente al gran Taumaturgo di Padova e, toltogli dalla mano il detto Bambino, lo legò con una fune e lo calò giù nella cisterna, dicendo: “S. Antonio mio, io non ti riporterò il Bambino, se


58 non piglierà le chiavi”. E rivolto al Bambino , soggiunse: “ Io non ti piglio dall’acqua, se non pigli le chiavi”, e tirato il Bambino, vide che le portava appese a una mano. E il buon Gesù si compiacque di premiare la fede e la semplicità di questo pio religioso, il quale subito udì il rumore della chiavi, e tirato fuori il Bambini, vide che le portava appese in mano. 20 aprile 1692 – Con decreto di questo giorno, datato da Aranquej (Spagna), Carlo II re di Spagna e di Napoli, conferì il titolo di “reale” alla chiesa e convento di S. Francesco di Ariano, e il 1° novembre dello stesso anno, in nome di detto monarca, ne prese possesso con pompa solenne il regio Governatore della città, Francescantonio Cuoci. 22 settembre – 1696 – chiaro per le sue virtù e prodigi, in questo giorno rese l’anima a Dio il Frate laico CLEMENTE di Agnone. Di questi si narra nella Cronistoria, che, residendo nel convento di Ariano, ed essendosi recato a questuare l’olio per le lampade del SS. Sacramento e di S. Antonio, nel novembre 1690 in casa del signor Cesare Freda, la madre di costui gli disse di non potergliene dare, perché nel vaso ve n’era un poco feccioso e perciò inadatto a qualsiasi uso. Il servo di Dio le disse che si sarebbe contentato comunque fosse stato, e allora la signora Antonia Cappone (così chiamavasi la madre del Freda), andò ad attingere l’olio, spingendo furiosamente il braccio nel vaso, che sapeva essere vuoto, ma con grande stupore, lo tirò fuori pieno. Rimase immobile per la singolarità del portento la pia benefattrice, e, fino a quando il figlio non l’ebbe richiamata indugiò ad offrire l’olio al servo di Dio, il quale nella sua grande umiltà, altro non disse che queste parole: “ S. Francesco ve lo rimuneri”. Un simile prodigio operò pure Fr. Clemente in casa di Vittoria della Corte, che anch’essa non aveva più olio. Altra volta, una pian donna, che voleva somministrare del vino per le messe, ne trovò piena una botte , già vuota, prestando fede alle parole del servo di Dio, che le disse di vedere se ve ne fosse rimasto alcun poco. 14 agosto 1698 – Morte del servo di Dio FRA SILVESTRO DA VINCHATURO (Campobasso), fratello laico di santa vita, divotissimo alla Beata Vergine e delle Anime del Purganti. E’ degno di particolare menzione per gli Arianesi, nella vita di questo pio religioso, ciò che riferiscono la Cronistoria e il Micrologium ( e che io qui appresso trascrivo) intorno a un’immagine di Maria SS., da lui posseduta e poi donata alle Monache Benedettine del monastero del SS. Salvatore di Ariano. La Cronistoria ( a pag.177-178) così ne parla: “Limosinava Fr. Silvestro le lane nelle pertinenze di Ripalimosani , nel distretto della Terra di Covatta” di cui ai nostri giorni non evvi altro titolo, se non di feudo rustica. In una dimessa chiesolina rinvenne il divoto Frate una nobile immagine di Nostra Signora, la quale, benché fosse assai consumata, e lacera, aveva intatta e senza verun difetto la faccia, ma di tanta bellezza che obbligava gli


59 spettatori a venerarla. La mirò, la contemplò, l’adorò più fiate Fr. Silvestro, e stimolato dalla brama di tener sempre seco un tale tesoro, con bel garbo tagliò la tela, dove era dipinto quel divinissimo viso, e da quel giorno cominciando ad appellare sua Madre la Vergine, così la chiamò fino alla morte. Che non fece, che non operò con detta Immagine? Sempre portavala addosso, in ogni luogo, in ogni momento, i ogni azione la venerava, e l’invocava in suo aiuto. Attestò il P. Girolamo da Castello. Religioso di ordinaria perfezione, che la sudetta figura più fiate gli favellasse, e gli concedesse molte grazie. Defunto il divoto frate, il sudetto P. Girolamo di Castello, come bene inteso dalla miracolosa Immagine, praticò tutte le intelligenze per averla, come già l’ebbe, e pr lungo tempo divotamente la conservò, ma essendo stato eletto Confessore delle Monache del Monastero della Città di Ariano, per soddisfare le suppliche e divozioni delle medesime, l donò quel tesoro, e infatti, come tesoro la conservano, e con tanta venerazione la custodiscono (1) che mercé la loro divota osservanza, contano molte grazie, che hanno ricevute, e ricevono da Dio, per intercessione della Beata Vergine Maria, da esse adorata in quella picciola figura.” Nel Micrologium poi si legge (pag. 45): “Servi Dei Fratris Laici Sylvestri a Vinchiaturo…; qui fuit devotissimo Beatae Mariae semper Virginis cujus parvam figuram sempe secum gerebat, et modo repetitur, apud Sanctimoniales Sanctissimi Salvatoris Civitas Aryani, ipsa figura quae miraculis in dies coruscat…”.

Foto incisione di Fr. Carlo Vitale

16 ottobre 1701 – Nel convento di S. Onofrio della Città di Vasto (Chieti) morì con fama di santità il francescano FRA CARLO D’ARIANO della patrizia Famiglia VITALE. Egli nacque in Ariano da Tommaso seniore e da Porzia Vitagliani, nobil donna di Tramonti (Salerno); nella prima età mostrò attaccamento grande agli agi e a tutti i piaceri e diletti che gli offrì vano il grado e il censo del suo illustre casato; ma tratto, repentinamente dalla meditazione della caducità d’ogni cosa mondana sì da desiderare dei non caduchi beni celesti,


60 entrò nell’Ordine dei Frati Minori Osservanti Riformati di S. Francesco. Nelle mura del chiostro – siccome l’alberello, che piantato presso acque abbondanti, tosto s’innalza coronato da di rami verdeggianti – fece tali progressi nell’esercizio sodo e costante delle cristiane virtù da essere additato ai suoi confratelli come copia vivente del Serafico Patriarca. La sua purissima anima, adorna dei meriti immensi che dona la rigida macerazione del corpo, lasciando questo con i segni della religiosa perfezione, volò alla patria beata, dopo non molti anni di esilio terreno, essendo ancora diacono. Tanto fulgore di virtù di fra Carlo, destò giusta ammirazione nei suoi correligiosi, i quali iscrissero il di lui nome nel Micrologium (pag. 168) con le seguenti onorevolissime parole:

XVII. Kal. Novembris Histonii… depositio B. Karoli ab Ariano de illustri familia Vitali, ejusdem civitatis, Clericis Diaconi Confessoris, cujus tanta fuit sanctitas, quod corpus ejus, tuimulatum in communii sepultura Fratris, post multum temporis de licentia S. Congregationis dishumatum, et decenter in alio loco asservadum positum, ex emissionie sanguinis tunc secuta sanctitas ejus fuit comprobata. Corpus jacet in Ecclesia S. Onufrii Vasti 1700.” 11 luglio 1710 – La serva di Dio Suor INNOCENZA della nobile famiglia PIRRELLI di Ariano, la quale, tra i Terziari secolari di S. Francesco, assai si era distinta per la sua grande semplicità, purità e devozione, morì in questo giorno, e fu sepolta nel sepolcro gentilizio di sua famiglia, situato innanzi al rispettivo altare di S. Maria degli Angeli, nella chiesa di S. Francesco. 1724 – In quest’anno fu fusa la campana maggiore nella chiesa di S. Francesco, che pel suo bellissimo suono è la migliore di Ariano, per cui essai cara ai cittadini ed ammirata dai forestieri. In essa si leggono i seguenti nomi e cifre: “Emilio Galterio, Donato Bevere, Di Paolo, D. Carlo Passero. Ariano VM, VT,CS.; A.D. MDCCXXI. Tra questi nomi (che sono i patrizi Arianesi, i quali forse, per pubbliche cariche o per privata devozione curarono la fusione.) è degno di nota quello storico del Passero, il quale il 12 aprile 1738, da sindaco di Ariano, morì vittima di una ribellione popolare.


61 3 ottobre 1721 – E’ questo il giorno in cui rese la sua bell’anima a Dio la terziaria GIACINTA PIRRELLI, nel proprio palazzo (oggi trasformato in teatro comunale) esistente in Ariano, nella parrocchia di S. Biagio, accanto all’altro dei signori Vitali. Quelle poetiche parole del dei libri santi : florete flores quasi lilium, et date odorem et frondete in gratia, mi tornano in memoria in questo punto del mio modesto lavoro, nel quale mi accingo a rievocare la candida figura e della sua pure piissima sorella, SUOR CHIARA PIRRELLI: le quali, a guisa di vaghissimi e profumati fiori, il Divin Giardiniere volle far germogliare nella cara patria mia. E dal fondo del mio cuore, si eleva la fervida preghiera a Gesù, che voglia, ai nostri giorni, col profumo soavissimo coll’esempio che emana da queste vergini elette, destare in mezzo a noi altre anime candide e pure. Ecco quanto di esse scrive l’accurato autore della Cronistoria (pagg. 235, 237), che fu loro coetano: “Due nobili, e divote Donzelle, detestando il fasto e la vanità mondana, si consagrarono a Gesù Cristo, colla sagra divisa del terzo ordine Francescano, le quali furono Chiara e Giacinta de Pirellis, native della città di Ariano in Puglia, degnissime figlie del non meno celebre e nobil uomo Capitano Flavio de Pirellis della stessa città di Ariano. La divota Serva di Dio Giacinta, benché a somiglianza di Suor Chiara sua sorella, non vestisse l’Abito del Serafico Padre S. Francesco, tutta fiata e con assoluto voto di castità, cinta del Cordone della Religione, si dedicò interamente all’Altissimo osservando con pure strettezza, non solo la Regole dei Terziarii ma quella de’ più zelanti e rigorosi Religiosi. Ammiravasi la lor casa a guisa di Oratorio, o di picciolo Chiostro, dove quattro sorelle morte a loro stesse, ed al mondo, si consagrarono di tutto onore al Nazzareno, con tanta unione di spirito, che la virtù dell’una era imitata dall’altra, e trattandosi di piacere, e di servire a Dio, la volontà dell’una era quella dell’altra. Riuscì mirabile la loro vita, e ricca di tanta bontà, che sembravano l’esemplare della loro perfezione Modeste, umili, e cotanto creative per amore di Gesù avrebbero dato a’Poveri le dovizie di un mondo, se l’avessero posseduto, giammai negarono l’elemosina a’ miserabili, aprendo a’ beneficio de’ bisognosi le viscere del compiatimento, ed operando ogni industria per sovvenirli. Frequentavano i santi Sagramenti della Penitenza, e dell’Eucarestia, con tanta divozione, e rallegramento di spirito, che consumavano più ore del giorno in ferventissime orazioni nella Chiesa di S. Francesco de’ Religiosi Riformati


62 della Città; e nella stessa Casa, così di notte, come di giorno occupavansi in divote meditazioni, ed altissime contemplazioni. Con rigoroso osservanza digiunavano le quaresime, anche quelle di divozione, solite a praticarsi da’ Religiosi di buona vita, ed in più giorni della settimana contentavansi del solo pane ed acqua, e con altre mortificazioni teneano in corpo in catena, perché non si confederasse co’ nostri Avversari. Finalmente dopo esseri gloriosamente esercitate in ogni virtù, si degnò il Signore di favorire la sua serva Giacinta in questa guisa; Trovavasi già disperata di vita, travagliata da pessima infermità d’idropisia, che a momenti la minacciava la morte. Nel dì 17 maggio dell’anno 1721, costituita negli estremi di vita, le comparve un bellissimo Religioso, e benchè ella fosse inabile a muoversi, ed affatto incapace a camminare, tutta fiata coll’aiuto di quel nobile Personaggio, fu condotta ad una vicina sta, dove’ era una picciola Statua di S. rosa di Viterbo, ed ivi l’accertò, che non sarebbe per allora morta, siccome ella palesò, e già con stupore di tutti, avverossi. A di 17 settembre dello stesso anno, fu in punto di consegnare l’Anima al Facitore, su’ l calare del giorno, disse: Non sono morta in questo giorno, ma quello della festa del S. P. Francesco mi aspetta. Al 1° Ottobre rivolta al P. Angelo di S. Giorgio, ivi assistente, gli dimandò, che ci mancava soli due giorni, ella segnatasi col segno della s. Croce, ed invocato tre volte il S. nome di Gesù fu sorpresa da una dolcissima estasi, in cui a guisa di morta, dimorò sino alla sera della vigilia di detto Santo Patriarca, ed in tal forma, con segni di perfetta Serva di Dio, al 3 Ottobre dell’anno 1721, felicemente riposò nel Signore, e fu seppellita nella suddetta Chiesa di S. Francesco d’ Padri Riformati”. Il Micrologio Francecano (pag.161) registra in questa guisa la memoria del beato transito di Suor Giacinta: “Quinto nonas Octobris, Ariani obitus Servae Dei Sororis Hyacinthae Perrellis ex Patritiis Aryanensis, quae plena meritis, et virtutibus exornata, quievit in Domino, cujus ossa manent sepulta in Conventu S. Francisci ejusdem Civitatis, 1721”.


63 5 aprile 1722 – La serva di Dio SUOR CHIARA PIRELLI (alla quale si è accennato poco innanzi, parlandosi di sua sorella Giacinta), oggi con una santa morte terminò il suo pellegrinaggio terreno, come è particolareggiatamente descritto nel seguente brano della Cronistoria (pag.237). “Suor Chiara avendo digiunato a pane ed acqua nei tre giorni della Settimana Santa,; sebbene conosceasi estremamente travagliata da dolori di viscere, e di petto, male non conosciuto dai Medici occupavasi in divote orazioni. La mattina di Giovedì Santo si comunicò, e disse alle sorelle, che già dovevansi separare, essendo vicina l’ora della sua morte. La sera del Sabato Santo andò in sua casa il P. Diego da Cerignola, allora Guardiano del Convento di S. Francesco, a suo Confessore, e la suddetta Suor Chiara volle confessarsi. A riflesso dell’ora troppo tarda, le disse il detto Confessore, che potea confessarsi la mattina seguente, ma ella replicò: Chi sa se vi sarà tempo . A tal favellare, giudicò il Confessore, che le fosse stato rivelato dal Signore il giorno della sua morte, e già udì la sua lunga e divota Confessione generale di tutto il corso della sua vita, e la mattina seguente, a 5 aprile dell’anno 1722, con opinione di perfetta Religiosa, volò al godimento del Cielo, come si spera, e fu il suo corpo seppellito nella suddetta Chiesa di S. Francesco”. La memoria di questo seppellimento è riferita dal Micrologium (pag.54-55) con questi splendidi elogi della virtù di suor Chiara “Nonis Aprilis. Ariani in Apulia in Ecclesia S. P. N. Francisci tumulatio Servae Dei Clarae de Pirellis ex Patritiis ejusdem Civitatis Sororis Tertii Ordinis Seraphici, virtutibus prae ceteris abstinentia admirabili; pietate ac patientia, in assidua oratione, die noctuque, erga Pauperes liberalis; Virginitatis lilium, quod solemni voto Deo sacraverat perpetuo servavit, tandem transivit ad Sponsum, 1722”.

19 aprile 1724 – Il Vescovo di Ariano, Filippo Tipaldi, in questo giorno consacrò l’altare maggiore della chiesa di S. Francesco; che nel precedente anno 1723 era stato eretto dai Frati con scelti e bene lavorati marmi, (specialmente nel paliotto, eseguito a intarsio alla


64 maniera del mosaico fiorentino); il quale altare, ancora oggi, dopo oltre due secoli è molto ammirato. La bella balaustra, pure di marmo, che gli stà innanzi, fu fatta nel 1731. Tutto questo si rileva dalla seguente lapide, incisa in marmo dietro allo stesso altare, dalla parte del coro:

D. C. M. A. D. MDCCXXIV DIE APRILIS ARAM ISTAM PRINCIPEM SOLEMNI RITU CONSECRAVIT. ILL.MUS ET REV.MUS D.NUS PHILIPPUS EPISCOPUS ARIANEN. ANTERIORI TA MEN ANNO MARMORIBUS EXHORNATIS DE / NOVO CONSTRUCTAM, TRIGESIMO VERO PRIMO/ EIUSDEM SAECULI SANCTA SANCTORUM CIRCUMSEPTO MARMOREO ALISQUE ADIUNCTIS NUMERIS OMNIBUS ABSOLUTAM TEMPORUM VARIETATE EODEM SUPERIORE CURANTE

30 GIUGNO 1728 – Volò al suo Sposo celeste la terziaria AGNESE MANCINI di Ariano. Fu donna di grande pietà ed esimia devozione, e che con molto studio conservò sempre illibata la verginità, che aveva al Signore consacrata. Di lei così leggesi nel Micrologio (pag.105): “In Ecclesia S. Francisci Aryani sepultae sunt cyneres Sororis Agneti Mancini Tertii Ordinis, magnae pietatis, et exmimiae devotionis, haec virginitatem, quam Deo consecraverat, magno studio illibatam servavit, cursu vitae laudabiliter peracto, ad Sponsum feliciter per transivit”.

18 febbraio 1734 – Il Cardinale Marcello Passari prese possesso del titolo presbiterale di S. Maria in Aracaeli, allora chiesa generalizia dei Frati Minori Osservanti. Il breve pontificio fu letto nella Sacrestia, ove l’Eminentissimo si degnò ammettere al bacio e all’omaggio della sacra porpora tutti i religiosi dell’attiguo convento. Il Passari nacque in Ariano il 7 giugno 1768, fu creato cardinale il 28 settembre 1733 e morì santamente in Rom, il 25 settembre 1741.


65 Egli fu piissimo: si dai più teneri anni nutrì una grande devozione verso la SS. Vergine Maria, e, nominato canonico della Basilica Vaticana, con rara modestia, ricusò quest’onore. Fu dottissimo la diocesi di Ariano, che l’ebbe canonico della Cattedrale e vicario generale, e la chiesa universale, per la quale spese la sua opera indefessa, come uditore di Clemente XII, canonista del Concilio Romano nel 1725 e autorevole membro delle più importanti congregazioni cardinalizie, molto si giovarono dei suoi rari talenti. Due ricordi di questo illustre porporato mostrano la sua propensione alle cose francescane. Egli, fin dal suo tempo, espresse parere favorevole alla pubblicazione di un solenne documento che avesse meglio autenticato la concessione della celebre indulgenza alla basilica della Porziuncola di Assisi non pel 2 agosto solamente ma per tutti i giorni dell’anno il che poi fece recentemente Benedetto XV col breve “Constat opprime” del 16 aprile 1922, eseguendo, dopo quasi due secoli, la decisione di un suo predecessore, a cui aveva cooperato il Passari col suo voto. E per l’onore che a questi ne ridonda, mi piace riferire il brano di detto breve, di cui di lui di fa parola “Invat etiam hic, quod historici referunt memorare, Clementem Papam XII, qui, licet in Pontificatu constitus, Franciscalis Ordinis patronatum retinere dignatus est, et anxietates omnese delendas, audito favorabili suffragio Cardinalium Pico et Passeri, in sententiam de venisse confirmandi, datis sub plumbo Litteris, veniam fidelibus, ad aedem Angelorum concurrentibus, lucrandi singulis quibusve anni deibus de Portiuncula indulgentiam: sed, ob secutam brevi Pontificis mortem, rem infectam mansisse”.

L’altro ricordo è che il Cardinale Passeri, durante la sua permanenza a Roma, ebbe padre spirituale e confessore e proprio teologo il P. Amilcare del Terz’Ordine Francescano Regolare di S. Francesco, il quale avrà certamente contribuito (come deva fare ogni moderatore di spirito) a portare a grande perfezione la religiosa pietà dell’Eminentissimo, e sarà stato il consigliere e l’ispiratore di tante egregie opere da lui compiute. Così l’esempio e le virtù del gran Poverello d’Assisi, per mezzo di un suo degno figlio, avrà influito sul docile animo buono del Passeri e nelle sue splendide gesta. 1740 – In quest’anno fu compiuto il generale restauro della chiesa S. Francesco, la quale per la sua antichità e per le violenti scosse del


66 terremoto degli anno 1688, 1702, e 1732, era molto deperita; e fu ridotta nella forma che tuttora conserva. E perciò nel suo ingresso fu apposta questa iscrizione:

D. O. M. HOC REGALE TEMPLUM DIVI FRANCISCI DICATUM CULTUI TERRAEMOTU INGENTI RUINIS DISTRUCTUM ARIANENS. CIVIUM LARGIFERA PIETAS INSTAURAVIT AN. MDCCXL

11 gennaio 1744 – Nel convento di Ariano morì e fu sepolta nella chiesa di S. Francesco la serva di Dio Suor MADDALENA BAJARDO del terz’Ordine, vedova arianese di santa vita, che si distinse specialmente per il suo spirito di cristiana mortificazione. 1 ottobre 1753 – Nel convento di Ariano morì con fama di santità il fratello laico FRA SALVATORE DA S. BATOLOMEO IN GALDO. In questo comune egli nacque il 15 dicembre 1672; a venti anni vestì l’abito religioso nel convento di Casacalenda, ove il 9 marzo 1699, fece la professione solenne; e, fin dall’ora, fu di ammirazione a tutti i suoi confratelli per l’esatta osservanza della regola e la pratica di ogni virtù. Trasferito più tardi al convento di Ariano, edificò la nostra città con la sua santa vita, e vi beneficò i poverelli e gli afflitti con l’inesausta carità e la profusione dei doni celesti, di cui Dio l’arricchiva. Aveva da giovane fatto il voto di perpetua di continenza in onore della Beata Vergine Immacolata, verso la quale professò la più tenera divozione con la fervorosa recita del S. Rosario.; ebbe pire culto speciale per S. Pasquale Baylon, che si era eletto a speciale suo patrono e modello; e per mezzo dell’acqua benedetta e con l’invocazione di questo Santo, operò molte prodigiose guarigioni, dalle quali si sparse la fama nella città e nei paesi vicini. Attendeva con il massimo dell’impegno alla cura delle lampade della chiesa, essendo questa cura a lui destinata; e una volta recatosi a domandare l’olio per le lampade, in una casa di Ariano, gli fu risposto che non ve ne era, ma il servo di Dio disse che gli dispiaceva più questa bugia che l’avergli negato l’olio; e così la persona che aveva mentito gliene dette, raccomandandosi alle preghiere di lui. Ebbe più volte il dono di


67 estatici rapimenti, e specialmente nel 1731, quando mentre lavorava nel giardino, apparve sollevato in aria con lo sguardo fisso al cielo, vedendo il chierico Fra Pietropaolo da Ruvo. Fu umilissimo esercitando l’ufficio di cuoco e anche i più umili servizi del convento con imperturbabile serenità; fi amantissimo della povertà, abitando un cella affatto nuda, e non vestendo mai un abito nuovo; praticò sempre aspre penitenze e rigoroso digiuno, non volle mai magiare carne, quando gliele si diede per ubbidienza, non poté digerirla, perché non aveva l’uso di cibarsene, rifiutò anche il pesce, e si contentò solamente delle verdure e dei legumi. Mostrò in ogni evento contrario ammirabilissima pazienza, e in modo particolare in una dolorosa operazione chirurgica, con cauterio a un ginocchio. I poverelli furono la sua più cara affezione: li soccorreva sempre in ogni maniera; e ogni giorno, a quelli che si affollavano alla porta del convento, dopo aver recitato in mezzo a essi genuflesso le litanie Lauretane, dava una minestra molto gustosa appositamente per essa per essi da lui preparata. Nella tarda età divenuto cieco e dovendo perciò camminare portato a mano da un confratello, a questi diceva: “Non piango perché son divenuto cieco, ma perché non mi posso più recare a fare l’elemosina ai miei cari poveretti”. Ridotto agli estremi della vita da lunga e penosa malattia, mentre era già in agonia, i religiosi pensarono a farne ritrarre la care sembianze dal pittore Filippo Mancini, il quale si appressò al letto del morente, , che rifiutando tale onore, disse: “A che queste cose?” e rese la sua bell’anima a Dio con quest’atto di umiltà. Divulgatasi in città la notizia della sua morte, per sei giorni continui accorsero moltissime persone a venerare il cadavere (che salassato, emise vivo sangue) e per toccarvi diversi oggetti da conservare con religiosa cura. Ai solenni funerali intervenne il vescovo Mons. Isidoro Sanchez dei Duchi di Luna col Vicario generale, il Canonico Andrea Caruso, il Rettore del Seminario Paolo Pucci, e il Parroco Domenico Caggianelli. Lo stesso Prelato si degnò di mettere nelle mani della venerata salma il crocifisso ( non quello prò che nella cella aveva tenuto il servo di Dio, perché se lo volle conservare come reliquia), e di apporre i suggelli alla bara, che fu tumulata al lato destro dell’altare maggiore, e precisamente sotto la nicchia dell’Addolorata, con questa iscrizione.


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MEMORIAM HANC SERVI DEI F. LAICI SALVATORIS A S. BARHOLOMAEO QUI CHARITATE PROPHETIA DONO CAETERISQUE VIRTUTIBUS ORNATUS FRATRES SUI ORDINIS HOC SUB PAVIMENTO POSUERUNT VIXIT A. LXXX. M. IX. D. XVIII OBIIT I. OCTOBRIS MDCCLIII

A istanza del Procuratore P. Domenico da Ruvo, il dì stesso della morte, nella curia Vescovile fu subito aperto il processo canonico sulla vita e miracoli di Fr. Salvatore; e per esso il Vescovo delegò il Vicario Generale Giuseppe Maria De Leone con l’assistenza dei giudici giacinto Arcidiacono De Auriliis e Filippo Arciprete De Stefano, del Procuratore Fiscale Parroco Domenico Caggianelli e del suo notaio Canonico Giuseppe Bilotta. In detto processo, con le virtù ed estasi del Servo di Dio, furono pure registrate molte sue profezie e guarigioni prodigiose da lui operate. 16 febbraio 1816 – Cessate le turbolenze della rivoluzione dell’occupazione francese nel regno di Napoli, e ripristinata la libertà dei Religiosi (1815), dai frati, riuniti nel capitolo del nostro convento, di S. Francesco, fu eletto Ministro Provinciale P. Antonio da Ariano, ottimo religioso che molto si adoperò a riparare i danni cagionati dalla rivoluzione, riaprendo i conventi ch’erano stati chiusi non solo ai frati espulsi ma anche a non pochi nuovi postulanti. Il 2 luglio successivo, fu molto festeggiata in chiesa la sua entrata nel nuovo ufficio, e vi recitò il discorso d’occasione P. Antonio da Bonito. 20 dicembre 1822 – il vescovo di Ariano Domenico Russo consacrò l’altare di marmo di S. Matteo Ap. ed Ev,, eretto nella chiesa di S. Francesco insieme colla b ella statura in legno del Santo, a cura del P. Domenico Antonio di Ariano, con le oblazioni dei fedeli.


69 Questo altare fu sostituito all’altro, pure di marmo ma meno vistoso, della Visitazioni di Maria SS.ma, che fu collocato sotto la nicchia di S. Pasquale Baylon con questa iscrizione, ancora esistente:

D. O. M. HOC ALTARE MARMOREUM OLIM SPECTABAT AD VISITATIONEM NUNC ESTE S. PASCHALIS BAYLON CICICCCCXXII. La consacrazione poi fu ricordata con quest’altra iscrizione, che tutt’ora si legge presso l’altare di S. Matteo:

D. O. M. HOC ALTARE MARMOREUM VISITATIONIS B. MAE VIRG. ET S. MATHAEI APOST. ET EVA. UNA CUMEIUSDEM AP. STATUA AEDICULA MARM. ET ORNAMENTIS PIA BENEFACTORUM LARGITIONE COSTRUENDUM CURAVIT FR. DOMINICUS ANTONIUS AB ARIANO EXPROV.LIS DIE VERO XX MENSIS DECEMBRIS MDCCCXXII AB ILL.MO ET REV.MO D. D. RUSSO ARIANEN EPISCOPO CONSECRATUM EST QUADRAGINTA INDULGENTIARUM DIEB. QUOTANNIS CONCESSIT

1826 – Il P. Ministro Generale Fr. Giovanni da Capistrano, andando in visita canonica per i conventi del regno di Napoli, venne ad Ariano e, nel giorno 10 aprile, vi presiedette il capitolo provinciale, nel quale, ad unanimità di voti, fu eletto nuovamente Ministro Provinciale P. Domenico Antonio d’Ariano, con la sua operosità ed esempio delle sue virtù, portò a tale grado di monastica perfezione la


70 serafica provincia dei Padri Riformati di S. Angelo di Puglia, che il P. Giuseppe da Santeramo, Visitatore Generale di detta provincia, poté elogiarla, ricordando quanto delle medesima già disse un altro supremo moderatore generale dell’ordine: “I suoi frati sono santi in terra viventi”. 21 ottobre 1855 – La morte de vescovo Francesco Capezzuti (22 gennaio), avendo impedito in Ariano la celebrazione delle solenni feste per l’avvenuta proclamazione del domma dell’Immacolata Concezione di Maria SS.ma (ordinata in tutto il Regno dal Re Ferdinando II, e già stabilita pel mese di gennaio), le medesime ebbero luogo in questo giorno nella Cattedrale, addobbata con gran pompa. A tal uopo vi si portò la statua dell’Immacolata dei Frati Minori Riformati, la quale fu rilevata processionalmente da tutto il Clero della chiesa di S. Francesco. Questi festeggiamenti si svolsero col solenne canto dei divini uffici nei primi e nei secondi vespri e mattutino, esposizione del Venerabile, orazione panegirica e con maestosa processione; nella quale si portò in trionfo la statua della Beata Vergine, con l’accompagnamento dell’intero clero secolare e regolare, delle confraternite, della nobiltà e dei notabili della città, di tutte le autorità, della Gendarmeria, e Guardie Urbane in tenuta di gran gala. Accrebbe maggior lustro alla festa di suono d’una banda musicale, l’illuminazione della scalea e frontespizio della Cattedrale e delle due piazze adiacenti, l’accensione di fuochi pirotecnici e l’innalzamento di globi areostatici. Tutto fu eseguito sotto la sapiente direzione del Vicario Capitolare, Can. Tesoriere Diomede Vitale, il quale ne riportò meritato elogio dal Ministero degli Affari Ecclesiastici e dall’Intendente della Provincia con lettere d’ufficio dei giorni 10 e 14 novembre 1855; avendo già precedentemente, cioè addì 12 settembre, ricevuto in dono un esemplare in bronzo della medaglia commemorativa fatta coniare dal Re nella Regia Zecca di Napoli in memoria della eseguita Dommatica Definizione e delle solennissime feste celebrate in quella capitale. Della medaglia (in astuccio di penna rossa con l’arme reali dei Borboni) ho il piacere di conservare presso di me, essendo io pronipote del Vitale. 21 dicembre 1857- Mons. FRANCESCO PASQUINI, Minore Osservante, in questo giorno fu traslato dal vescovato di Squillace (Calabria) alla diocesi di Ariano. In quest’occasione si recarono a Napoli, per ossequiare il nuovo prelato a nome del clero e della cittadinanza, i canonici della Cattedrale Arciprete del Conte e De Paola con il Parroco di S. Andrea Apostolo Sicuranza, i quali erano latori di una lettera del Vicario Capitolare Diomede Vitale. Ottima fu l’impressione ch’ebbero questi Ecclesiastici di Mons. Pasquini, siccome rilevasi dalla lettera del Del Conte al Vitale; ma un pastore così degno, che aveva suscitato in Ariano tante belle speranze, non poté mai venirvi, perché di li a poco, il Signore lo chiamò in Paradiso. Egli era nato in Lanciano (Abruzzi) da Francesco Saverio e Serafina Mosciangeli, il 10 luglio 1804, e , a quindici anni in Aquila, aveva vestito l’abito religioso dei Minori Osservanti della Provincia di S. Bernardino d’Abruzzi, mutando il nome di battesimo Giuseppe in Concezio. Dopo due concorsi, splendidamente superati, uno in filosofia


71 in Ancona e l’altro in teologia in Fermo, insegnò nello studio generale di S. Maria delle Grazie di Teramo, dove dal vescovo Mons. Alessandro Berrettini, fu nominato esaminatore pro-sinodale, professore pro-sinodale, professore di dommatica nel seminario e confessore delle Monache Benedettine. Nel 1834 venne eletto a pieni voti Ministro Provinciale della sua provincia, e nel 1842 fu promosso vescovo di Squillace. In questa diocesi meritatamente si acquistò il nome di Angelo delle Calabrie, per il suo zelo pastorale, per la sua carità e per la sua munificenza, nonché per il suo piissimo tenore di vita alieno da ogni fasto e umilissimo. Infatti, ogni anno fece percorrere una parte della diocesi dai PP: Redentoristi, per richiamare quelle popolazioni ai cristiani doveri,; erogò incessanti somme per l’acquisto di sacri arredi della Cattedrale, per il restauro e la decorazione di molti sacri edifizi; e spese quindicimila ducati per l’edificazione di una chiesa alla SS. Vergine in un podere della sua mensa denominato Roccella, e profuse a larga mano sussidi ai poveri e bisognosi, specialmente nella carestia del 1854. Vestì l’abito da frate, né ebbe più di un solo abito prelatizio. Quella ch’è la sua più bella affezione e il distintivo di tutte le anime buone, la devozione cioè alla SS. Vergine Maria, naturalmente fu la caratteristica speciale di questo piissimo prelato. Egli amò teneramente la Madonna, e ne promosse il culto con grande impegno a una bella e prodigiosa immagine venerata sotto il titolo di “Mamma nostra” nella chiesa matrice di Bivongi, luogo di quella diocesi, alla quale aveva in animo d’innalzare un sontuoso tempio anche in Ariano. E la buona Madre volle rimeritarlo di così fervida divozione appunto in un giorno a Lei sacro, il sabato 9 gennaio 1858, quando deposte le spoglie mortali nel convento di S. Domenico Maggiore in Napoli, del quale ero ospite, la sua bellissima anima volò al cielo a deliziarsi dell’amabili sembianze della gloriosa Signora. La sua salma accompagnata dai padri Domenicani e Francescani, fu portata in chiesa di S. Maria la Nova, ove pontificò la messa di requie Mons. Michele Salzano, allora vescovo di Tanes. E recitò l’elogio funebre P. Giuseppe da Forio, Lettore Generale di S. Maria la Nova; e poi fu tumulata nella cappella di S. Giacomo delle Marche di detta chiesa. 1867 – In seguito alla legge votata dal Parlamento nel mese di luglio dell’anno precedente, dopo oltre sei secoli, furono espulsi i figli di S. Francesco dal convento di Ariano; e la chiesa di S. Francesco, chiusa al culto, fu data al Comune. Il convento passò al Ministero della Guerra. 1873 – I buoni Arianesi, che con grande dolore, per non poco tempo erano stati privi dello spirituale conforto, che ad essi veniva dal loro “bel” S. Francesco, fecero calde istanze ai reggitori del Comune affinché il vetusto tempio fosse restituito alla loro pietà; e furono contentati. Così la chiesa fu affidata alle cure della Confraternita dell’Immacolata Concezione e delle Sacre Stimmate di S. Francesco, che vi si trasferì nell’attiguo oratorio, e tuttora la officia per mezzo del sacerdote suo padre Spirituale, che n’è Rettore.


72 4 luglio 1897 – Diversi Terziari di Ariano vollero unirsi in congregazione, e ottenute le canoniche provvidenze dall’Ordinario e dal P. Ministro Provinciale, in questo giorno, fecero, nella chiesa di S. Francesco, la solenne inaugurazione del nuovo sodalizio, che s’intitolò a S. Elzeario. Il pio vescovo Mons. Andrea D’Agostino vi tenne un discorso tutto pervaso di santa unzione. Il sodalizio ebbe da principio molto fervore, poi fu dismesso. 8 dicembre 1904 – in questo giorno cinquantenario della proclamazione dommatica dell’Immacolata Concepimento della Vergine Maria SS.ma, si compirono i solenni festeggiamenti nella chiesa di S. Francesco, e vi fu incoronata con autorità dal vescovo diocesano, la divota statua dell’Immacolata. Una commissione di sacerdoti e gentiluomini, costituita dal vescovo, fin dall’anno innanzi, attese a raccogliere le offerte e a predisporre e ordinare tali feste, che furono precedute da speciali funzioni e sermoni, nei mesi da gennaio a ottobre. In novembre, dal 13 al 21, fu tenuto un corso di santi spirituali esercizi, e vi disse le meditazioni l’ottimo sacerdote napoletano Gaetano lega. Lega ora parroco d’Ognissanti. Nel novenario, fatto con straordinaria solennità di apparato e di canto, predicò l’illustre oratore Giuseppe Petrone (oggi meritevolissimo vescovo di Pozzuoli), e la vasta chiesa fu sempre gremita di fedeli, dei quali moltissimi ricevettero i santi sacramenti. La messa pontificale del giorno 8 fu celebrata in Cattedrale dal Vescovo D’Agostino, che v’incoronò con vaga e preziosa corona la statua dell’Immacolata, trasferitavi da S. Francesco, dove fu poi riportata in solennissima processione per completarvi le funzioni di chiusura delle feste cinquantenarie, nelle quali recitò il panegirico il prelodato oratore Petrone, e il vescovo impartì la eucaristica benedizione, dopo il canto del Te Deum. 30 maggio 1914 – Nella chiesa generalizia dei Frati Minori. S. Antonio in via Merulana, il Cardinale minorita Diomede Falconio, assistito dai vescovi Giovanni Regina di Nicastro e Giovanni Scotti di Cariati, conferì l’episcopale consacrazione al nuovo vescovo di Ariano Mons. Giovanni Onorato Carcaterra, anch’esso minorita. A questa funzione presenziarono diversi canonici e sacerdoti di Ariano. Mons. Carcaterra, tutt’ora vivente, è nato in Forio d’Ischia, il dì 11 febbraio 1871; eletto alla chiesa di Ariano, il 13 marzo 1914, prima di prendere possesso, vi rinunziò nel luglio1914; e fu trasferito alla sede titolare di Ipso, il 27 maggio 1915. 27 giugno 1924 – Fu inaugurata in questo giorno, in cui ricorreva la festa del S. Cuore di Gesù, la Piccola Casa di S. Giuseppe in Ariano, affidata alle Suore Francescane Missionarie d’Egitto; così la nostra città che ha tanti ricordi del Poverello d’Assisi, dopo quasi sessant’anni, con queste ottime religiose, riebbe i figli di S. Francesco. Il Pio istituto ha sede nell’antico vasto e palazzo dell’estinta famiglia de Marchesi Figlioli, all’uopo acquistato e con rilevante spesa e riadattato dalla nobilissima Rosalia Nunziante D’Afflitto dei Principi di Durazzano; la quale, rinunziando al lustro e al censo del suo illustre casato, si è resa religiosa fra le Dame del Cenacolo. Gli antenati materni di questa pia signorina erano stati sempre devoti di S. Francesco e benefattori del suo convento e chiesa di Ariano, nella quale


73 avevano eretto il loro sepolcro e altare gentilizio di scelti marmi con l’artistica statua di S. Francesco d’Alcantara. 10 aprile 1926 – Da due Padri Cappuccini, che predicarono gli esercizi spirituali per la Pasqua nella Cattedrale, fu canonicamente eretta all’altare di S. Elzeario di detta chiesa una Congregazione del T. O. Francescano, intitolata al medesimo santo, la quale è frequentata da molti. 3 ottobre 1926 – Nella ricorrenza del settimo centenario della beata morte di S. Francesco, celebrata con molta pompa nell’omonima chiesa di Ariano, ebbe luogo in questo giorno la solennissima processione con l’antica e bella statua del santo; alla quale col vescovo, col clero, con le confraternite e istituti religiosi, parteciparono tutte le autorità civili e militari, le scuole primarie e secondarie e immenso popolo. Nel percorso, la processione sostò nella chiesa del Conservatorio delle Oblate di S. Francesco Saverio, ove si scoprì la grande lapide marmorea, apposta sulla porta della sacrestia dal superiore locale Mons. Domenico Marino, Protonotario Apostolico e Vicario Generale della diocesi. La lapide ha scolpita la seguente iscrizione dettata dall’illustre prelato, che nel presentarla a tutte le distinte persone convenute e al popolo rievocò le bellissime parole lo storico avvenimento che si riconnette al pio luogo:

PELLEGRINO AL MONTE GARGANO ED A BARI S. FRANCESCO D’ASSISI DIMORANDO ALCUNI GIORNI IN QUESTO SACRO LUOGO ALLORA OSPEDALE SERVI’ GL’INFERMI BENEFICO’ I POVERI OPERO’ MIRACOLI NEL VII CENTENARIO DELLA SUA GLORIOSA MORTE MONS. DOMENICO MARINO PROT. APOSTOLICO VIC. GENERALE POSE QUESTO RICORDO III OTTOBRE MCMXXVI

La venuta di S. Francesco ad Ariano nel 1222, sulla scorta del WADDING, è riferita dal DA MONTESARCHIO (in “Cronistoria della Provincia di S. Angelo…”), e dal DA VALLATA (in “Micrologium


74 Franciscanum”) e dal VITALE ( in “Istoria della R. città di Ariano”; e tutte e tre questi storici aggiungono che il serafico P. Francesco fu alloggiato nell’ospedale degli inferni e pellegrini; del quale il compianto nostro concittadino e chiarissimo Prof. GABRIELE GRASSO (In appunti storici”) così scriveva: “Quando la via nazionale non esisteva nella sua larghezza ed importanza attuale e la città si estendeva esclusivamente su per i tre colli, coi rioni Strada, Sambuco, e Guardia,, la Strada deve essere stata il punto principale di accesso alla parte meridionale della città, come dall’altro capo della via nazionale deve essere servita la via del Monticello. In queste considerazioni è compresa la spiegazione della esistenza di due porte importanti della città, la porta della Strada e la porta del Monticello. E con ciò s’intende… come all’imboccatura della Strada, proprio là dove sorge il Conservatorio di S. Francesco Saverio, sorgesse fino al principio del secolo XVIII, un vecchio edifizio, destinato ad accogliere i pellegrini ed infermi. L’entrata principale della città dalla parte di mezzogiorno si annunziava con un’istituzione di beneficenza, con un opera pia che, nel nome della religione di Cristo, offriva ristoro e riposo ai deboli di corpo ed agli stanchi viandanti. Nel 1592, tagliata e spianata dal re Filippo IV di Spagna la via nazionale, lungo il dorso occidentale dei colli di S. Bartolomeo e del Calvario, la Strada, pur con la sua notevole ripidità, non perdeva sensibilmente la sua importanza come via di comunicazione; ma l’ospizio dei pellegrini veniva a trovarsi fuori posto, mentre buona parte della città scendeva ad allogarsi lungo la via di commercio interprovinciale, ad altre vie trasversali quali la Carnale e S. Paolo, offrivano un mezzo di comunicazione non meno faticoso col centro della città. Sia come si voglia, nel 1731, già l’ospizio de’ Pellegrini nel sito dove sorgeva il Conservatorio mostrava di aver perduto buona parte della sua ragione d’essere, e proprio in quell’anno, dopo una clamorosa missione, le mura che già erano destinate ad ospitare gl’infermi di corpo, giovarono ad offrire quiete e tranquillità, nel nome della religione di Cristo, a quante avevano bisogno di curare spiritualmente le delusioni di una vita agitata tra le passioni mondane. Lo stesso sommo pontefice di quel tempo Clemente XII offrì dugento ducati per tale nuova istituzione. Ma non durò che pochi anni. Nel 1741 nell’istessa nuova istituzione sorgeva il Conservatorio di S. Francesco Saverio, destinato ad asilo di sacre vergini, per la munificenza e pietà dei vescovi più benemeriti di Ariano, monsignor Filippo Tipaldi”. Questo antichissimo edifizio, o perché molto danneggiato dai tremuoti, o per ampliarlo, nel 1410, fu totalmente rinnovato e si disse ospedale nuovo, di cui benedisse la prima pietra il vescovo Angelo de Raymo il 20 agosto di quell’anno. In seguito, dopo che vi era istituito il Conservatorio di S. Francesco Saverio, fu ingrandito dai vescovi Sanchez di Luna e Pulce Doria, nella seconda metà del secolo XVIII; e dai vescovi Russo e Capezzuti ancora maggiormente ingrandito e perfezionato, com’è al presente, negli anni 1825 e 1854. L’indomani, il vescovo Mons. Giuseppe Lojacono pontificò la Messa solenne, e recitò una dotta ed elegante omelia; e alla sera, impartì la solenne benedizione


75 eucaristica a compimento dei solenni festeggiamenti, nei quali per il triduo e per il panegirico fu ammirato oratore il P. Salvatore Orefice, dei Frati Minori. Ricordo non caduco di queste feste centenarie celebrate, nell’antico tempio dedicato a S. Francesco in Ariano, sono i generali restauri e decorazione in esso inaugurati il 17 settembre 1926. Di questi il solerte rettore Primicerio Bartolomeo Solla, che moltissimo zelo e disinteresse ha dimostrato per l’organizzazione e svolgimento della centenaria commemorazione, ha voluto perpetuare la memoria con quest’iscrizione da lui dettata e collocata in chiesa:

PRIMORES POPULUS RECTOR SYR BARTHOLOMAEUS PRIMICERIUS SOLLA VERTENTE SEPTUAGENTESIMO ANNO DIVI FRANCISCI HOC VETUSTATEM TEMPLUM INSTAURARUNT MONS. E. PISAPIA

POSTFAZIONE

I Ricordi Francescani di Mons. Emerico Pisapia, si fermano al 1926, l’intento del dotto e pio storico di Ariano e sacerdote dal cuore francescano era quello di non far perdere la memoria di S. Francesco e dei Suoi Figli, attraverso i monumenti e la carità. Mai avrebbero immaginato sia Pisapia che Pistella che il destino dei monumenti religiosi negli anni ’60, dopo il sisma, ciò che restava sarebbe stato distrutto dalla volontà degli uomini, non del popolo fedele di Francesco, con l’abbattimento della Chiesa Regale e Convento di S. Francesco, già dichiarato monumento nazionale, nel 1901, insieme al Castello e alla Cattedrale.


76 A nulla valse l’opposizione delle Associazioni Culturali, dei giovani e del popolo, con le ruspe andarono distrutte tutte le memorie storiche, furono salvati solo come ho già evidenziato il coro ligneo, il portale della Chiesa, le tele della Via Crucis, le statue ed altri beni mobili che hanno confluito in diverse chiese e cattedrale di Ariano. Il chiostro e tutte le iscrizioni, le ossa dei venerabili frati, sorelle e grandi di ariano, furono raccolte in un’unica cassa e trasportate al cimitero. Del bellissimo rinascimentale portale del convento resta solo alcuni elementi lapidei collocati nel castello arianese. Ariano, città dai cento campanili, da importanti chiese e conventi domenicani, francescani, cappuccini, una presenza millenaria non restano che poche tracce. L’unico convento superstite è quello dei Capuccini, dedicato alla SS.ma Trinità, resta abbandonato a sé stesso, non tutelato perché di proprietà privata. Il motivo di questa pubblicazione è quello di ricordare che una città senza memoria è perduta e a lungo andare diventa priva di valori e di futuro. Spetta alle Istituzioni Diocesi, Amministrazione Comunale, associazioni cittadine di vigilare: ogni pietra, memoria antica è frutto di sangue sparso e di sacrifici del popolo arianese nel corso dei secoli.

BIBLIOGRAFIA E FONTI


77

INDICE


78

COMPIANTO DEL CRISTO VELATO Recitativo:

Dalla gran croce eretta da Pilato Fu tolto il Re in un mattin di pena. Ed or sul freddo marmo ha la sua schiena La morte lo ritrae Cristo velato. Aria: Da spine e lance, chiodi nel costato, Con duri ferri inchiodato Alla gran Croce eretta da Pilato Muore oggi GesĂš Cristo ammazzato. Fatale fu quel bacio lĂŹ nell'orto Che orrendo traditor a lui ha porto: (...) Eli, Eli Lama Sabactani.


79

1. Stabat Mater dolorosa Iuxta crucem lacrimosa, Dum pendebat filius. Cuius animam gementem Contristatam et dolentem Pertransivit gladius.

2.

O quam tristis et afflicta Fuit illa benedicta Mater unigeniti Quae maerebat et dolebat. Et tremebat, cum videbat Nati poenas incliti.

3.

Quis est homo qui non fleret, Matrem Christi si videret In tanto supplicio? Quis non posset contristari, Piam matrem contemplari Dolentem cum filio?


80 4.

Pro peccatis suae gentis Jesum vidit in tormentis Et flagellis subditum. Vidit suum dulcem natum Morientem desolatum Dum emisit spiritum.

5. Eja mater fons amoris, Me sentire vim doloris Fac ut tecum lugeam. Fac ut ardeat cor meum In amando Christum Deum, Ut sibi complaceam.

6.

Sancta mater, istud agas, Crucifixi fige plagas Cordi meo valide. Tui nati vulnerati Tam dignati pro me pati, Poenas mecum divide!

7.

Fac me vere tecum flere, Crucifixo condolere, Donec ego vixero.


81 Juxta crucem tecum stare Te libenter sociare In planctu desidero.

8. Virgo virginum praeclara, Mihi jam non sis amara, Fac me tecum plangere. Fac ut portem Christi mortem, Passionis eius sortem Et plagas recolere.

9.

Fac me plagis vulnerari, Cruce hac inebriari Ob amorem filii, Inflammatus et accensus, Per te virgo sim defensus In die judicii.

10.

Fac me cruce custodiri, Morte Christi praemuniri, Confoveri gratia. Quando corpus morietur Fac ut animae donetur Paradisi gloria. Amen.


82


83

APPENDICE ISCRIZIONI LAPIDEE

Primo altare ingresso a sinistra

1777

D. O. M. HOC ALTARE MARMORERVM VISITATIONIS B.MAE VIRG. MARIAE, /ET S. MATHEI AP.OST. ET/ EVANG. VNA CVM EJUSDEM AP. STATVA, AEDICULA/ MARM. ET ORNAMENTVI PIA BENEFACTORVM LARGITIONE COSTRVENDVM, CURAVIT FR.DOMINCVS ANTONIVS AB. ARIANVS EX PROVI^LIS/ DIE VERO XX MENSIS DECEMBRIS MDCCCXXII AB. ILL^MO ET REV^MO D.D. DOMINICO RUSSO ARIANEN/ EPISCOPO CONCECRATVM EST QUADRAGINTA/ INDVLGENTIARVM DIEBUS QUOTANNIS CONCESSI

3° Altare di sinistra D. O M.


84 ALTARE OC MARMOREVM B^MAE VIRGINI M.IAE SINE LABE ORGININALI CONCEPTAE DEDICATVM PIA CHARITATAE BENEFACTORVM INDVSTRIA FR^IS BLASY AB ASCVLOS FUIT AN. D^NI 1752 ERECTVM VERO 19. M. MARTY

A destra di chi entra: Altare

D.O.M. GENTILITIVM FAMILIAE DEPIANO / SACELLVM QVOD. SPECTAS. INTETVS. HOSPES./ MARMORVM. CAELATURA, ET VARIETATE SUP^BVM DIVI. PETRI. DE ALCANTARA. HONORIBVS, ET CULTUI D. DOMINICVS M.A DEPIANO. ARIANEN.SIS PATRITVS ET. NICOLETTA DE. AFFLITTO. NOBILIS. SEDILIS AMALFIAE. ORIGINARIA EX. SEDILIS NIDI.NEA POLIS . NOBILIBUS. CONIUGES EORUM. PATRONO. BENEMERENTISSIMO OPTATAM. DIUQVI. VINDICET PROLEM SVIS. IMPENSIS. INSTAURATVM. DEDICARVNT


85 ANNO. PARATAE SALUTIS CICDCCLVIII

Altare: 9D.O.M.

ARAM. HANC VISITATIONIB. MARIAE VIRGINIS AC. S. DIDACO DICATAM. PIA. BENEFACTORVM LARGITIONE. SUBVENIENTE. MARMOREIS. ET.CERNITVR. LAPIBIBVS. ORNATAM FR. BLASIUS .AB. ASCOLO. REFORMATE PROVINCIAE. S. ANGELIS FILIVS. COSTRUENDAM. AERIGENDAM. CURAVIT ANNO. RECUPERATE SALUTIS MDCCLVI

Sopra l’altare a sinistra 9Altare

a destra (S. Antonio). nulla


86

D. O. M. HOC ALTATRE. MARMOREVM. OLIM SPECTABAT AD VISITATIONEM. NUNC, (EST) S. PASCHALIS BAYLON CICICCCCXXII


87


88


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