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IL PERSONAGGIO DEL MESE
«Essere ambiziosi non è un peccato» Matteo Capitini, 82 anni, ceramista di Castiglion Fiorentino, non smette di sognare e di progettare guardando sempre avanti «Anche se ora è tutto fermo, non riesco a non pensare al futuro» circa 1 anno, a dirigere la bottega e che con le sue sole forze riuscì a mantenerla e a portarla avanti: «la ricordo con molto piacere questa esperienza, anche perché il bottegaio vicino a me mi faceva compagnia nei momenti meno affollati. La bottega andava bene e il lavoro procedeva alla grande», dice lui stesso. Nonostante questo il nostro artigiano voleva andare avanti, e
«Due cose mi hanno fatto andare avanti nella vita: l’ambizione e la curiosità di conoscere». Così esordisce Matteo Capitini, artigiano della Val di Chiana. Il «Mastro Capitini» risiede tutt’oggi a Castiglion Fiorentino, terra che gli ha dato i natali e dove ha mosso i primi passi per diventare la perso
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na, conosciuta anche oltre oceano, che è oggi, all’età di 82 anni. «La scuola non mi è mai piaciuta, per questo già a 10 anni cominciai a lavorare». Infatti è proprio così che quella sua voglia di fare prese pieno possesso di lui. Appunto all’età di 10 anni Capitini iniziò a lavorare in una bottega artigiana nel cuore di Castiglion Fiorentino sotto la guida del maestro artigiano Orlando Dragoni, molto conosciuto e stimato all’epoca. «Già agli inizi della mia esperienza in bottega il maestro era molto soddisfatto di me e si stupiva ogni giorno di più del mio operato». Matteo ricorda ancora di quando a 14 anni si trovò da solo, per
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non fermarsi ad avere un unico incarico, per questo decise di abbandonare la bottega di Dragoni e di cercare fortuna (e qualche soldo in più) altrove. «Certo il lavoro non era facile, ma anche qui ho visto apprezzate le mie grandi capacità, seppure ero ancora agli inizi», infatti Capitini trovò lavoro in una delle massime industrie della zona per l’epoca, dove realizzava vasi, cocci e quant’altro che andavano non solo ai priva-
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ti ma anche in «bella vista» alla ‘mostra dell’artigianato di Faenza’, dove una sua opera arrivò al 2° posto in concorso. «Il capo della ditta mi portò addirittura al mare - ricorda - A quei tempi non era come oggi, era considerata un’esperienza di gran lusso». Nonostante il suo operato nacquero comunque delle «gelosie» nel lavoro, tanto che Matteo decise di andar
sene per altri lidi. «Appena lasciato questo impiego mi sposai, e fu allora che arrivò il difficile». Non tanto per il matrimonio, infatti il Capitini ha molte ragioni per cui ringraziare la moglie, quanto perché dovette ricominciare tutto da zero. Infatti non potendo rimettere in sesto la vecchia bottega dove aveva mosso i primi passi, decise di acquistare un altro fondo dove continuare a far crescere il suo talento e la sua passione, sempre dentro la sua amata Castiglion Fiorentino. «Io
realizzavo i vasi e mia moglie li dipingeva, abbiamo sempre lavorato insieme». Ancora non contento decise di andare a cercare lavoro a Firenze, visto che con due figli piccoli non era facile mandare avanti il tutto. «Non ci rimasi molto, infatti tornai presto verso casa visto che mi era stato offerto un lavoro come insegnante in un istituto per ragazzi con handicap e per giovani in situazioni difficili. Imparai tanto da questa esperienza e, cosa ancora più bella, potevo dedicarmi ancora con più voglia e passione al mio mestiere di artigiano». Nel suo campo Capitini ha sempre riscosso molto successo, basti pensare alla medaglia d’oro vinta alla «Mostra dell’artigianato» di Firenze nel ’72: «Una delle esperienze più belle senza dubbio è stata essere scelti da questa grandissima azienda americana per far conoscere i prodotti Made in Italy negli USA. Indimenticabile, siamo stati trattati come dei re» dice Capitini al solo ricordo. «Sono arrivato a un punto della mia vita in cui ho dovuto rifiutare un sacco di incarichi. Sono comunque un artigiano, e le cose fatte in fretta e furia non vengono mai bene, io ci metto solo il mio amore e la mia passione. Il lavoro era in piccolo è vero, ma mi ha dato sempre una grande soddisfazione». Abbandonato il settore nel 2000/2001 Capitini non si è comunque arreso anzi, anche se è a casa continua a lavorare e a progettare. Curioso per natura, già da ragazzo, si è lasciato prendere la mano anche per «l’antico» e per tanti anni ha studiato e ha cercato di ricreare lo stesso materiale che ricopriva gli antichi vasi corallini e le coppe aretine, per cercare di ricrearle «come faceva
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no gli antichi» si direbbe noi. «Nonostante sia tutto fermo a causa del tremendo virus sto cercando di portare avanti un sacco di progetti e idee, infatti solo la voglia di fare mi aiuta ad andare avanti. Dovete sempre mettere alla prova voi stessi. Infatti se non c’è ambizione personale la vita non ha senso». Anche il maestro Capitini, con questo messaggio, ci sprona ad andare avanti: se mettiamo alla prova noi stessi possiamo farcela a fare tutto, e tutto andrà bene. Martina Concordi