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NON C’È
Ormai il mondo che abitavano i nostri bisnonni non esiste più. Sfruttato, modernizzato, ignorato, è stato per troppo tempo reso utile solo per i piccoli comfort quotidiani, quelli che durano il tempo di un pomeriggio di shopping in un grande centro commerciale. Abbiamo adattato un intero pianeta alle esigenze di una società piena di diritti, ma che non ha saputo rispettare i propri doveri. L’unica casa che abbiamo conosciuto, e che forse conosceremo, è ormai messa alle strette, ma non da entità soprannaturali con grandi occhi e carnagione verdognola, ma da noi stessi. L’eccessiva bramosia di “miglioramento” ci sta costringendo a fermarci per guardarsi indietro, per valutare quanto male abbiamo fatto per creare ciò che pensiamo sia stato una meravigliosa evoluzione. Ma chi ci conferma che siamo nella direzione giusta? Forse Hegel ci avrebbe detto che la storia si può sviluppare solo al meglio, ma non siamo più agli inizi del 1800 e forse è il caso di guardare meglio la direzione che stiamo prendendo. Quello che continuiamo a definire “nostro” pianeta ha ormai bisogno del nostro buon senso. Adesso non basta più parlare di ecologia, di biologico e di sprechi, dobbiamo fare qualcosa. Noi della generazione zeta ci siamo ritrovati un mondo che ha bisogno di aiuto e dobbiamo essere pronti ad offrirglielo. Non sarà solo scendendo nelle piazze una mattina di lezione che risolveremo i problemi di un intero pianeta, certo si spera faccia sì che qualcuno da qualche parte si accorga che non viviamo nell’ambientazione bucolica e idilliaca di qualche film della Disney, ma sarà con l’impegno di ognuno e dimostrando a chi ci è intorno cosa è più giusto fare per garantire il rispetto dell’ambiente, che riusciremo ad ottenere qualcosa di concreto; bastano piccole azioni quotidiane, comportamenti abituali che non possiamo più permetterci di ignorare. Oltre ai cartelloni e agli slogan nelle piazze a ricordarlo sta contribuendo anche qualcosa che non potrà essere ignorato facilmente… Si tratta del famoso Climate Clock, un enorme orologio digitale posto sulla parete di un grattacielo a Union Square in occasione dell’avvio della settimana per il clima, in concomitanza della 75esima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. L’orologio ci ricorda che ci restano appena 7 anni, 76 giorni, 15 ore e una manciata di minuti prima che le emissioni di biossido di carbonio arrivino
ad un punto di non ritorno. Lo scorrere del tempo non è mai stato così assordante. L’idea di avere un conto alla rovescia, una fine a qualcosa che consideriamo infinito, un punto per qualcosa di cui non conosciamo l’inizio, ci spaventa, ma ci deve anche mettere davanti alla necessità di trovare soluzioni. Soluzioni concrete, quotidiane, che partano dal singolo, ma che si estendono poi a tutta la comunità. Perché alla fine questo mondo lo viviamo tutti insieme, e anche se l’America, la Cina o la Nuova Zelanda ci possono sembrare lontane alla fine siamo tutti abitanti della stessa Terra e tutti responsabili in egual mondo della vita di essa. E’ ora di riprenderci il tempo che già una volta un virus ci ha portato via, di prendersi cura di ciò che abbiamo prima che esso sia irrecuperabile; dobbiamo sentirci parte di questo pianeta per capire a che livello di criticità siamo, quanto male gli è stato fatto, ma anche quanto bene possiamo adesso fargli. E’ ora di far vedere che non siamo solo la società dell’usa e getta, che ci sappiamo impegnare; è ora di non essere più egoisti, ma di lasciare a chi verrà dopo di noi un Mondo che sia davvero migliore di quello che ci è stato lasciato.
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