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Intervista a Ettore Brianti
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Si tratta di un nuovo modo di abitare gli spazi. Non un semplice condominio, ma un luogo di incontro, dove non si è mai soli, nella convinzione che stare bene significa permemettere a chi ci circonda di stare bene. Ogni scelta architettonica è stata ragionata, calibrata e soprattutto collettiva
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lazzo, sempre disponibile ad ospitare attività organizzate, corsi, feste, aperto insomma a chiunque abbia bisogno di uno spazio di ritrovo e di socialità. La provocazione è quella di smettere di considerare il luogo pubblico come proprietà di nessuno, ma viverlo come bene appartenente a tutti. Queste stesse caratteristiche le troviamo nelle persone che hanno scelto di dare vita a Ecosol, in cui ogni tipo di interazione è basata sulla fiducia, nella convinzione che stare bene significa permettere di stare bene a chi ci circonda. In questo modo si impara ad aiutare il prossimo senza il bisogno di sacrificarsi, ma traendone una gratificazione personale e una consapevolezza che nel momento di difficoltà, non saremo mai del tutto soli. Qui le persone sono disponibili a mettersi al centro, a dare importanza prima di tutto alla partecipazione. É proprio da questi principi che la costruzione dell’edificio è stata guidata, e le famiglie coinvolte hanno lavorato a lungo per dare forma a uno spazio in cui poter stare bene non come individui, ma come comunità. Partendo da un terreno edificabile in periferia, il gruppo ha predisposto un piano di costruzione, con una particolare attenzione al risparmio energetico, al basso impatto sull’ambiente e alle esigenze di ciascun nucleo famigliare, aumentati nel frattempo fino a quindici. Ogni scelta architettonica è stata calibrata, ragionata e soprattutto collettiva, dando vita a un vero processo di autocostruzione a cui ognuno ha partecipato dando il proprio contributo. Il risultato è oggi un grande palazzo, che se non esteticamente perfetto, è sicuramente funzionale e vivo. Ecosol presenta tanti limiti, nasce da un percorso di compromessi e di complicazioni, ma rappresenta nel suo piccolo la prova che è possibile cambiare l’ambiente che ci circonda,
se non per migliorarlo, almeno per viverlo bene. Stare con gli altri significa prendersene cura, delle relazioni, dei luoghi, dei bisogni e delle risorse. Il tema della sostenibilità viene di conseguenza, nasce un’attenzione particolare per consumare ciò che occorre, per risparmiare ciò che non mi serve e per donare quello che mi rimane. L’insegnamento da questa esperienza è che non occorre allontanarsi da casa propria per trasformare il mondo, non serve avere importanti ruoli sociali o particolari competenze. Spesso basta concentrarsi su ciò che abbiamo di più vicino: le relazioni con la gente, la condivisione di luoghi e momenti. Il resto viene di conseguenza, per preservare l’ambiente naturale, economico, sociale, per abitare non con uno spazio, ma con delle persone.
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ETTORE BRIANTI: “L’UOMO DEL WELFARE
IN COMUNE” DI SIMONE SIMONAZZI