Margherita Petranzan – scrive Massimo Cacciari – appartiene alla schiera, forse in via di estinzione nel panorama civile e culturale dell’Italia contemporanea, di quelli che erano definiti “architetti colti”. Una definizione che rappresenta bene il carattere troppo spesso eccezionale di una “normalità” nell’esercizio della professione di architetto che si è radicata, dagli anni Settanta in avanti, in uno specifico territorio – il Veneto – senza rinunciare ad attivare un dialogo serrato con le novità di rilievo e con gli stimoli più interessanti della cultura architettonica internazionale («Io sono un architetto militante», così comincia uno dei testi di Margherita Petranzan raccolti nel volume) e senza coltivare facili tentazioni di localismo e autoreferenzialità.