Fondare e ri-fondare. Parma, Reggio e Modena lungo la via Emilia romana, a cura di Alessia Morigi e

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il progetto dell’archÊ 02



Fondare e ri-fondare Parma, Reggio e Modena lungo la via Emilia romana Founding and Refounding Parma, Reggio and Modena along the Roman Via Aemilia

a c u ra d i / e d ite d by A lessi a Mor ig i, C arl o Q u intel l i

ilpoligrafo


Il progetto dell’arché collana diretta da | series directed by Carlo Quintelli comitato scientifico | scientific committee Roberta Amirante | Università degli Studi di Napoli “Federico II” Federico Bucci | Politecnico di Milano Paolo Carafa | Sapienza Università di Roma Orazio Carpenzano | Sapienza Università di Roma Armando Dal Fabbro | Università Iuav di Venezia Luigi Franciosini | Università degli Studi Roma Tre Franco Guerzoni | artista, Modena Vincenzo Latina | Università degli Studi di Catania Gino Malacarne | Università degli Studi di Bologna Carlo Moccia | Politecnico di Bari Raffaella Neri | Politecnico di Milano Carlo Quintelli | Università di Parma Maurizio Sabini | Drury University Carlo Tosco | Politecnico di Torino Andrew Wallace-Hadrill | University of Cambridge Nel mondo dell’intelligenza artificiale e della realtà virtuale, in generale dei dispositivi tecnologici che operano attraverso una prevalenza della contemporaneità quale unica dimensione esistenziale oltre che fenomenologica di orientamento delle scelte, pensare al progetto come esperienza che produce nuova origine attraverso la consapevolezza dell’origine, e quindi di un voler essere sempre storicamente compreso, può essere un modo alternativo e realmente avanzato di considerare la trasformazione della realtà secondo un umanismo futuribile, poiché ancora capace di esprimere se stesso. Architetti, archeologi, storici, artisti e altre figure impegnate sul piano del progetto interpretativo, anziché del disvelamento di realtà nascoste o della trasformazione fisica e formale di un contesto, possono mettere a confronto, attraverso questa collana, esperienze anche assai differenti ma accomunate nel proprio operare dalla necessità ontologica dell’origine, prima di ogni autonoma epistemologia. [C.Q.]

In the world of artificial intelligence and virtual reality, of technological devices in general that operate through a prevalence of contemporaneity as a single existential and phenomenological dimension in guiding choices, thinking of design as an experience that produces new pedigrees through awareness of the origin and therefore of a desire to always be historically understood, can be an alternative and genuinely advanced way to consider the transformation of reality according to a futuristic humanism, one still capable of expressing itself. Architects, archaeologists, historians, artists and other figures engaged on the plane of interpretive projects, rather than those revealing hidden realities or the physical and formal transformation of a context, through this series can swap experiences, even when very different but united in their work by the ontological necessity of the origin sooner than any autonomous epistemology. [C.Q.]

Le proposte di pubblicazione sono sottoposte alla revisione double blind peer review ed editate in italiano-inglese per favorirne la diffusione a livello internazionale.

All contributions for publication are subject to a double-blind peer review and if accepted are published in Italian and English to facilitate dissemination at an international level.


Fondare e ri-fondare Parma, Reggio e Modena lungo la via Emilia romana Founding and Refounding Parma, Reggio and Modena along the Roman Via Aemilia



Atti del Simposio Internazionale | International Symposium Proceedings Fondare e Ri-fondare. Origine e sviluppo della città di Parma Costruzione di un’identità policentrica lungo la via Emilia tra Parma, Reggio e Modena

Parma, Palazzo del Governatore, 12 e 13 dicembre 2017 Parma a 2200 anni dalla fondazione Simposio promosso dal Comune di Parma - Assessorato alla Cultura in collaborazione con l’Università di Parma

Comune di Parma

Comitato scientifico internazionale | International Scientific Committee Giuseppe Gilberto Biondi | Università di Parma Jacopo Bonetto | Università di Padova Elena Calandra | Istituto Centrale per l’Archeologia DG ABAP MiBACT Franco Farinelli | Università di Bologna Elisabetta Farioli | Musei Civici di Reggio Emilia Pierre Gros | Institut de France-Académie des Inscriptions et Belles-Lettres Maurizio Harari | Università di Pavia Anders Hast | Uppsala University Richard Hodges | American University of Rome Enzo Lippolis | Università di Roma “La Sapienza” Sabina Magrini | Segretariato regionale MiBACT per l’Emilia-Romagna Luigi Malnati | Soprintendenza ABAP BO-MO-RE-FE Alessia Morigi, coordinatore scientifico del Simposio | Università di Parma Giovanna Paolozzi Strozzi | Soprintendenza ABAP PR-PC Francesca Piccinini | Musei Civici di Modena Carlo Quintelli, coordinatore scientifico del Simposio | Università di Parma Giuseppe Sassatelli | Università di Bologna Fabrizio Slavazzi | Università di Milano Christopher Smith | University of St. Andrews Luigi Sperti | Università di Venezia Giuliano Volpe | Consiglio Superiore dei Beni Culturali e Paesaggistici MiBACT Andrew Wallace-Hadrill | Cambridge University


La presente pubblicazione è stata realizzata con il contributo di This publication has been realized with the contribution of

Comune di Parma

Dipartimento di Discipline Umanistiche, Sociali e delle Imprese Culturali

Dipartimento di Ingegneria e Architettura

revisione editoriale | editorial review Il Poligrafo casa editrice Alessandro Lise traduzioni | translations Alex Gillan in copertina | on the cover Foto aerea zenitale di Parma contemporanea con lo schema della matrice generativa di Parma romana Zenithal aerial photograph of Parma today with a diagram of the generative matrix of Roman Parma elaborazione grafica dell’immagine di copertina | graphic elaboration of the cover picture Annapaola Nolli, Mastercampus Lab © Copyright dicembre 2018 Il Poligrafo casa editrice 35121 Padova via Cassan, 34 (piazza Eremitani) tel. 049 8360887 | fax 049 8360864 e-mail casaeditrice@poligrafo.it www.poligrafo.it ISBN 978-88-9387-062-7 ISSN 2612-162X Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa, in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro, senza l’autorizzazione scritta del proprietario dei diritti e dell’editore No part of this book may be reproduced or transmitted in any form or by any means, electronic, mechanical, or otherwise, without the written permission of the owner of the rights and the publisher


Indice Index

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Contributi per un celebrare ri-fondativo Contributions for a re-foundational celebration Carlo Quintelli

prima parte | first part Archeologia e storie della città antica Archaeology and stories of the ancient city

25

L’idea della fondazione nell’antichità classica The idea of foundation in classical antiquity Christopher Smith

35

Cosa significa vivere nell’impronta di un’antica città? What does it mean to live in the footprint of an ancient city? Andrew Wallace-Hadrill

47

Dall’archeologia urbana all’archeologia pubblica: alcune riflessioni From urban archaeology to public archaeology: some reflections Giuliano Volpe

63

Città antiche con continuità di vita: archeologia preventiva, cartografia digitale, banche dati Ancient cities with continuity of life: preventive archaeology, digital cartography, databanks Elena Calandra

73

La fondazione di Parma e la costruzione della via Emilia The Foundation of Parma and the construction of the Via Aemilia Giovanni Brizzi

81 La via Aemilia: un rettifilo quasi retto di 250 km The Via Aemilia: an almost straight line 250 km long Lorenzo Quilici

97 Le origini della colonia di Parma alla luce degli scavi The origins of the colony of Parma in the light of excavations Luigi Malnati, Anna Rita Marchi

113 Archeologia in Unipr. Il Programma S.F.E .R .A. Spazi e Forme dell’Emilia-Romagna Antica Archaeology at the University of Parma. The S.F.E .R .A. Programme.

Spaces and Forms of Ancient Emilia-Romagna Alessia Morigi


135

Il territorio della colonia: recenti ritrovamenti nel Parmense The territory of the colony: recent finds in the Parma area Manuela Catarsi

151

Testimonianze di evergetismo nella cultura artistica di Parma in età romana Testimonies of euergetism in the artistic culture of Parma in Roman times Riccardo Villicich

167

Le origini di Reggio Emilia The origins of Reggio Emilia Roberto Macellari, Marco Podini

185

Reggio Emilia tra Repubblica e Impero Reggio Emilia between the Republic and the Empire Annalisa Capurso

197

Nuovi dati su Mutina Repubblicana New data on Republican Mutina Donato Labate

211

L’archeobotanica e i siti urbani: il caso di Mutina Archaeobotany and urban sites: the case of Mutina Giovanna Bosi

223

Abitare in città a Mutina Living in the city of Mutina Antonella Coralini, Silvia Pellegrini

seconda parte | second part Altri sguardi tra fondare e ri-fondare Various views on founding and refounding

237

L’arte come atto fondativo Art as a founding act Francesco Valagussa

245

Le origini e il sistema: la città-regione romana The origins and the system: the Roman city-region Franco Farinelli

253

La città e la cattedrale di Parma dopo il terremoto del 1117: una rifondazione? The city and the cathedral of Parma after the 1117 earthquake: a refoundation? Arturo Calzona, Giorgio Milanesi

265

Riconnessioni topografiche nell’area archeologica centrale di Roma Topographic reconnections in the archaeological area of central Rome Luigi Franciosini

277 Limes o lo spazio della fondazione The Limes or a space for foundation Lamberto Amistadi


285

Disperdere e radunare: la fondazione dello spazio urbano nei progetti di Gianugo Polesello Dispersing and gathering: the foundation of urban space in the projects of Gianugo Polesello Ildebrando Clemente

295

Archeologie Archaeological Research Franco Guerzoni

305

Aggiornamenti sul problema della narrazione del territorio Updates on the problem of narrating a territory Giulio Iacoli

313

Tra singolare e plurale: la dialettica ri-fondativa della città Between singular and plural: the re-founding dialectic of the city Carlo Quintelli

325

Effetti di luogo, effetti di quartiere... Il problematico ritorno della comunità nella sociologia urbana contemporanea Effects of place, effects of the neighbourhood... The problematic return of the community in contemporary urban sociology Agostino Petrillo

333

Fondare una letteratura: ellenismo greco ed ellenismo romano Founding a literature: Greek Hellenism and Roman Hellenism Giuseppe Gilberto Biondi

343

Laserscanner, droni e fotomodellazione: architettura religiosa e reperti archeologici Laser scanners, drones and photo-modelling: religious architecture and archaeological exhibits Chiara Vernizzi, Riccardo Roncella

355

Luoghi archeologici ritrovati: il ponte antico di Parma Archaeological sites rediscovered: the Roman bridge of Parma Alessia Morigi, Antonio Maria Tedeschi

375

“Parma capitale”: miti e realtà tra XIX e XX secolo “Parma as a Capital”: Myths and Realities between the 19th and 20th centuries Piergiovanni Genovesi

386

Note biografiche degli autori Biographical notes of the authors


Autostrada A1 e linea Alta VelocitĂ dalla sala del ristorante IKEA a nord di Parma. The A1 Motorway and the high-speed rail line from the IKEA Restaurant north of Parma.


Contributi per un celebrare ri-fondativo Contributions for a re-foundational celebration Carlo Quintelli

La consuetudine celebrativa incentrata sulla ricorrenza degli eventi storici e la mitizzazione storicistica che ne consegue, con differente sentire a seconda che ci si riferisca al decennale ancora carico di memoria vissuta (solo per il momento al lustro non è dato essere celebrato) anziché al secolo o al millennio, risulta essere tra i segni denotanti una contemporaneità che, pur esprimendo continuamente il bisogno di identità storica, non ne comprende spesso la ragione vera, così affidandosi all’automatismo del calendario delle ricorrenze. Questa premessa potrebbe indurre a derubricare l’importanza dell’evento celebrativo attorno al quale questo libro raccoglie una serie di contributi che restituiscono un simposio seminariale di due giorni ad esso dedicato, ma in realtà, in questo caso, l’intento si colloca all’interno di una condizione reale o per lo meno auspicata nella prassi quotidiana di noi tutti, quella cioè che richiama la consapevolezza dell’essere parte di una città, intesa in senso antropologico, quindi culturale oltre che materiale, funzionale, espressivo non meno che fortemente rappresentativo. L’occasione è allora in qualche modo ben giustificata oltre che attesa poiché è opportuno, e dovrebbe esserlo sempre più, che ci si interroghi sulla città in cui si vive. Nella fattispecie della città di Parma, la celebrazione si attesta sull’evento fondativo piuttosto ben circostanziato al 183 a.C., che oggi ci vede al passaggio dei 2200 anni. In realtà, scavando a fondo nelle condizioni da cui la genesi della città, si dovrebbe guardare con maggiore attenzione, qualche anno prima, al tracciamento della via Emilia da parte del console Caio Emilio Lepido nel 187 a.C. per trovare le ragioni di un’ur-

The customary celebration centred around the anniversary of historical events and the ensuing historicist mythologizing, with a different feel if it is a decennial still loaded with living memory (for the moment only the lustrum is not celebrated) rather than a centennial or millennial, is among the signs of a contemporaneity which, while constantly expressing the need for historical identity, rarely encompasses the real reason, thus relying on the automatism of the calendar of celebrations. This proposition may well engender a downgrading of the importance of the celebration this book deals with, with its contributions on a two-day symposium, but in reality the intention can be found within a real or at least desirable condition in our common everyday practice, namely, the awareness of being part of a city. In an anthropological sense, this means cultural, material, functional, and expressive as well as strongly representative. The occasion to reflect on the city we live in is thus somehow well justified and also expected, since it is opportune and should be increasingly so. In the case of Parma, the celebration attests its foundation 2,200 years ago, perfectly plausibly in 183 BC. In reality, should we wish to dive deeper into the conditions behind the city’s genesis, we might take a closer look at the tracing of the Via Aemilia a few years earlier by the consul Caius Aemilius Lepidus in 187 BC to find the reasons behind an as-yet unformed urban principle quite intentionally assumed by founding that road. An interlude of only four years which underlines that the tracing of the Via Aemilia and its cities constituted a whole, involving also the centuriation of the territory, which from then on would induce a radical and significant transfor


banità, se non ancora conformata, intenzionalmente presupposta alla fondazione di quella strada. Uno sfalsamento di soli quattro anni che evidenzia come il trattare della via Emilia e delle sue città costituisca un tutt’uno, che riguarda del resto anche quel processo di centuriazione del territorio che da lì in avanti indurrà una radicale quanto denotata trasformazione dello spazio vasto e pianeggiante attraversato dalla strada consolare. La fondazione della città di Parma, e in questo anche Modena è coeva insieme ad altre di poco a seguire, è quindi già intrinseca al tracciato della sua strada decumana, lungo quel segno lineare che ne contiene il punto posizionale su cui andrà ad attestarsi il primo castrum fondativo. Ecco allora che il titolo prende corpo con i necessari distinguo. Supportato innanzitutto da un sottotitolo per quanto detto necessario: «costruzione di un’identità policentrica lungo la via Emilia tra Parma, Reggio e Modena». Ma anche da un “origine e sviluppo della città di Parma” che mette a propria premessa il titolo primo, cioè “Fondare e ri-fondare”. Se infatti l’azione fondativa è tradizionalmente identificata e mitizzata nell’unicità dell’atto, addirittura nel sincretismo figurativo del gesto hic et nunc quando «una città presso gli antichi [...] si fondava tutta di colpo tutta in un giorno» secondo lo storicismo non privo di vena romantica di Fustel de Coulanges1, non possiamo dimenticare che la città per sua natura composita, organica, processuale e metamorfica, pur in diversa misura e modalità a seconda delle contingenze storico geografiche, si esprime attraverso una continua reiterazione di atti di natura ri-fondativa, oltre l’originalità dell’inizio, per la loro capacità di incidere su parti significative se non sull’intero assetto della struttura socio-insediativa dove la città diviene al tempo stesso soggetto e oggetto del proprio trans-formarsi. Al generarsi fondativo in un dato spazio e momento seguono così diverse modificazioni di natura ri-fondativa, una sorta di rinnovamento dell’atto originario (non) sempre richiamato, o parzialmente riprodotto, nella variazione ed innovazione continua dell’evolversi della città. Un aspetto questo che non poteva non richiamare, nell’introduzione al simposio, l’afferma

mation of the vast empty space crossed by the consular road. The foundation of Parma, and in so doing also Modena, was coeval with others only a little later, and was therefore already intrinsic in the stretch of its decumanus, that line containing the node where the first founding castrum would rise. Which is precisely why the title of this book contains a necessary distinction. Supported by an obligatory subtitle: “Construction of a polycentric identity along the Via Aemilia between Parma, Reggio and Modena”. But also by “origin and development of the city of Parma” which forms a premise for the first title, i.e. “Founding and Refounding”. If in fact the founding act is traditionally identified and mythologized in its uniqueness, indeed in the figurative syncretism of the hic et nunc gesture when “among the ancients a city [...] was founded all of a sudden in one day” in the somewhat romantic historicism of Fustel de Coulanges1, we must not forget that thanks to its composite, organic, procedural and metamorphic nature, which varies with historical and geographical exigences, the city expresses itself through continual refounding acts due to their ability to affect significant parts if not the whole of the socio-settlement structure, in which the city becomes both the subject and object of its transformation. The founding genealogy in a given space and time are thus followed by different refounding alterations, a sort of renewal of the original act (not) always recalled, or partially reproduced in the variations and continuous innovations of the city’s evolution. Something that could not fail to evoke in the introduction to the Symposium, Nietzsche’s affirmation “in every moment arises anew”2 as if seeking escape from a static conception of urban space. The control over such a process not only involves the city’s form, material and physiology, but also a collective and civil imagery where memory, an unavoidable tool for rebuilding the city, can contain individualistic drifting, disorientation, and alienation, i.e. the phenomena which have chiefly distinguished the identity crises and role of cities in the past, but particularly today’s. Hence the topicality of the subject, that questioning through which visions, criteria and


Carlo Quintelli | Contributi per un celebrare ri-fondativo Contributions for a re-foundational celebration

zione nietzschiana di «in ogni attimo comincia l’essere»2 come a voler uscire da una concezione immobile dello spazio urbano. Il controllo di un tale processo non coinvolge solo forma, materia e fisiologia dell’organismo urbano, ma anche un immaginario collettivo e civile dove la memoria, strumento ineludibile per il ricrearsi della città, risulta capace di contenere la deriva individualistica, dello spaesamento, dell’alienazione, cioè dei fenomeni che maggiormente contraddistinguono la crisi di identità e di ruolo della città di ieri ma soprattutto di oggi. Da qui l’attualità del tema, dell’interrogarsi attraverso quali visioni, criteri e scelte si sviluppa ancor oggi la volontà ri-fondativa della città, nella fattispecie di Parma, e delle consorelle emiliane ma se si vuole anche di altre città del mondo, almeno quelle che pretendono che l’essere della città derivi anche, o soprattutto, dall’espressione di un pensiero appartenente agli individui che la abitano. Un processo che lega obbligatoriamente passato e futuro come materia di una contemporaneità che ne tratta senza pregiudizio i significati per un’elaborazione progettuale e costruttiva capace innanzitutto di comprendere a fondo la natura dei fenomeni che è obbligata ad interpretare, giudicare, selezionare e quindi a ri-generare, cioè in sintesi a governare. Questa processualità ri-fondativa non va certamente confusa con un atteggiamento ingenuo di ineludibile progressività e sviluppo (soprattutto se ci domandiamo quale) della città. D’altra parte la storia di questo ed altri contesti ci insegna che alle fasi fondative e ri-fondative di Repubblica e Impero romani ne seguiranno altre denotate da criticità profonde, fino alla regressione delle strutture urbane, quelle che ad esempio Ambrogio attorno al 387 lungo la via Emilia descrive come «semirutarum urbium cadavera»3, che nella fase longobarda registrano una sostanziale contrazione della struttura insediativa romana, o quando il decadimento funzionale della via Emilia, in particolare dalla fase post carolingia almeno sino all’XI secolo, determinerà il rallentamento delle dinamiche relazionali di quella sistematicità territoriale policentrica caratterizzante l’Emilia occidentale, nell’antichità così come nella modernità dei grandi ribadimenti infrastrutturali (ferrovia, autostrada, alta velocità/capacità)4.

choices the city’s desire for refoundation also develops today in the specific case of Parma and its Emilian sisters but, if we wish, also other cities around the world, at least those which claim that the being of the city derives also, or especially, from expressing the thinking of the individuals who inhabit it. A process which compulsorily combines past and future as the material of a contemporaneity that unbiasedly deals with its meanings for a design and construction development capable firstly of thoroughly understanding the nature of the phenomena it is obliged to interpret, judge, select, and then re-generate, in short, to govern. Naturally, this refoundation procedure must not be confused with a naïve attitude of unavoidable progressiveness and development in the city (especially if we question which). Meanwhile, the history of this and other contexts teaches us that the founding and refounding phases of the Roman Republic and Empire were followed by others characterized by deeply critical situations, including the regression of urban structures, for example those along the Via Aemilia which Ambrose described around 387 as “semirutarum cadavera urbium”3, which in Lombardy produced a substantial reduction of the Roman settlements, or when the functional decay of the Via Aemilia, in particular from the post-Carolingian era until at least the 11th century, determined a slowdown in the relational dynamics of that polycentric territorial orderliness characterizing western Aemilia, both in antiquity and in today’s large infrastructural statements (railway, motorway, high speed line/capacity)4. Meanwhile, economic crises, conflicts, migrations, today’s climate change, the unrestrained effects of technology and other factors of an increasingly impactful globalization cannot avoid taxing the resilience of the city through alterations of a refounding nature, including reductive kinds (dimensional, demographic, economic) and those of a qualitative nature. But the risk of the city decaying finds validation today not so much or merely in the loss of its functional and representative role – meaning at a European level, which is clearly distinct from the American dimension of so many urban failures, Detroit being the latest epiphenomenon5 – but especially in the absent understanding of 


D’altra parte crisi economiche, conflitti, migrazioni, oggi mutazioni climatiche, effetti incontrollati delle tecnologie ed altri fattori di una globalizzazione sempre più impattante non possono che mettere sin da ora alla prova la resilienza della città attraverso adeguamenti di natura ri-fondativa, compresi quelli a carattere riduttivo (dimensionale, demografico, economico) e di diversa natura qualitativa. Ma il rischio di decadimento della città trova oggi riscontro non tanto o non solo nella perdita di ruolo funzionale e rappresentativo – beninteso a un livello europeo ben distinto dalla dimensione americana dei tanti fallimenti urbani di cui Detroit ha segnato l’ultimo epifenomeno5 – bensì soprattutto nella mancanza di comprensione riguardo al significato della città e della conseguente difficoltà ad orientare il significato dei suoi processi di trasformazione. Il problema è così anche semantico, come quando ad esempio si riscontra che i frequentatori e gli stessi abitanti della città non riconoscono più i monumenti urbani e i valori che rappresentano, a cominciare da quei nessi comunitari che si costruiscono attraverso espressioni estetiche ed elaborazioni simboliche collettive. Se la lingua della città non viene più compresa è difficile che quella città parli ancora non solo il vecchio ma anche un suo rinnovato linguaggio. A tale sindrome contribuisce poi una virtualizzazione sempre più accentuata dei rapporti, proprio quelli che da sempre materializzano e alimentano la fisiologia urbana, attraverso i nuovi strumenti di comunicazione, secondo un’accezione estesa di social media, dove il processo di smaterializzazione e frammentazione dello spazio urbano riduce, se non elimina del tutto, il ruolo di medium della città stessa che non sia quello simulacrale della spettacolarizzazione di certa politica, cultura e non ultimo architettura. è allora, questa occasione celebrativa, anche un piccolo contributo nei confronti del futuro che le città, in primis quelle di media dimensione, intese quali laboratori innanzitutto culturali, possono fornire all’idea di Europa nel suo non facile processo di strutturazione? Un apporto dove l’epistemologia della città, se la volessimo così forzatamente intendere a partire dai processi di rinnovata produzione della civitas, possa contrapporsi alla virulenza decostruente 

the significance of the city and the consequent difficulty of steering the meaning of its transformation processes. Thus, the problem is also semantic, as when we find a city’s visitors and inhabitants no longer recognizing urban monuments and the values they represent, starting from community links built through aesthetic expressions and collective symbolic elaborations. If the language of the city is no longer understood, it is difficult for a city to speak not only the old language but also a renewed one. Thanks to the new communication tools, this syndrome also results in an increasingly marked virtualization of relationships, particularly those that have always embodied and nurtured urban physiology, according to an extended meaning of the social media, where the process of dematerialization and the fragmentation of the urban space reduces the city’s role as a medium akin to the sensationalism of certain policies, cultures and ultimately also works of architecture, when not entirely eliminating it. So, does this celebratory occasion make even the smallest contribution towards the future that cities, especially medium-sized ones seen primarily as cultural laboratories/workshops, can make towards the idea of Europe in its problematic process of restructuring? A contribution where the epistemology of the city, if we wished to forcibly see it as such, beginning from a renewed production of civitas, can oppose the deconstructing virulence of the phenomena that combine neoliberalism, new technologies, and the liquefaction of the social body (and its pact), among the clichés of a “smart city” matched by a gradual impoverishment of the urban experience? This scenario reinforces the conviction of the Birth of Parma being a past occurrence that is very close to us. Not so much, or not only, on the plane of Kronos but surely that of Kairos, which can make us part of a true citizenship, one springing consciously from a city project that seeks to exercise the prerogative of refoundation. In other words, with historical relevance, since it can advance traditional resources towards new forms capable of involving the largest possible number of inhabitants. Hence another problematic implication of the celebration seen as self-reflective. That of a foun-


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dei fenomeni che legano neoliberismo, nuove tecnologie e liquefazione del corpo sociale (e del suo contratto), tra i cliché di una smart city a cui corrisponde il progressivo depauperamento dell’esperienza urbana? In questo scenario si rafforza la convinzione dell’essere, il Natale di Parma, un accadimento di ieri a noi assai vicino non tanto, o non solo, sul piano del cronos ma sicuramente di quel kairos che può renderci parte di una vera cittadinanza, quella che scaturisce coscientemente da un progetto di città che vuole esercitare la prerogativa del ri-fondare. Cioè di avere rilevanza storica in quanto capace di elaborare le risorse della tradizione verso forme nuove capaci di coinvolgere il maggior numero possibile di suoi abitanti. E qui si apre un altro risvolto problematico della celebrazione intesa come occasione autoriflessiva. Quello di una fondazione che si esprime attraverso un atto di tipo decisionale in cui, come ricorda Agamben, «[...] nella nostra cultura l’arché, l’origine, è sempre già anche il comando, l’inizio è sempre anche il principio che governa e comanda»6. Ecco allora che la questione del potere che governa la città si riallaccia continuamente alla dimensione fondativa della stessa nel reiterarsi della responsabilità sulle scelte adottate, sulle politiche di trasformazione e sviluppo che danno forma (anche di vita) alla città. Se ne potrebbe dedurre che un potere che ignora l’origine della città che governa nel proprio rigenerarsi storico, non può che portarla a decadenza non conoscendone la natura, cioè le reali potenzialità così come i limiti che la caratterizzano. Inutile sottolineare il ruolo fondamentale degli attori sociali ed economici in tale contesto, ma ancor di più quello delle istituzioni chiamate non solo a dar corpo gestionale ma anche rappresentativo ed identitario alla città come nel caso dell’istituzione comunale e di altre istituzioni correlate. Fondamentale a riguardo risulta essere l’Università, che non a caso si è prestata volentieri ad orientare questa occasione celebrativa, in quanto laboratorio che auspica un guardare avanti su come, verso cosa e con chi dobbiamo immaginare (progettare) il futuro della città. Quando parliamo di città, a maggior ragione quando la celebriamo come struttura antica sulla

dation expressed through a decision-making, in which, as Agamben recalled, “...in our culture the arche, the origin, is always already the command, the beginning [is] always also the principle that governs and controls”6. Here then the question of power which governs the city is continually reattached to its founding dimension in the reiteration of responsibility regarding the decisions taken, the policies of transformation and development that bring form (even life) to the city. It could be inferred that a power which ignores the origin of the city it is governing in its historical regeneration, can only take it towards decadence, by ignoring its nature, that is, its real potentialities as well as the limits that characterize it. It is pointless emphasizing the fundamental role of the social and economic stakeholders in this context, but even more so that of the institutions summoned not only to provide the city with management but also as representative and identity-making bodies, as in the case of the municipal institution and other similar ones. Fundamental in this regard is the university, which, not by chance, has willingly undertaken to steer this celebratory occasion, as a test bed which advocates a look ahead at how, towards what, and with whom we must imagine (design) the city’s future. And when we speak of the city, especially when we celebrate it as an ancient structure that we still rely on today, it is useful to recall one terminological peculiarity. In fact, we say and mean “city” both in a singular and a plural sense, where the perception and substance of a unity and its parts coexist, albeit not without contradictions and conflicts through the dialectic of the composite. Speaking of society from the point of view of material history, Braudel used the definition “ensemble of ensembles”7, others, and in particular those who design cities, would prefer to talk of a system of systems. The fact is that the city where and through which is born the specialization of labour, the multiple one of the arts, professions and jobs, roles dedicated to a definition of specific knowledge determining particular social players is the site par excellence of the heterogeneous, of the increasingly necessary dialectic between branches of knowledge, an identity constructed through multicausality 


quale ancor oggi poggiamo, è utile richiamarne una peculiarità terminologica. Infatti diciamo e intendiamo “città” sia in senso singolare che plurale, dove convive la percezione, oltre che la sostanza, al tempo stesso di un’unità e delle parti, non senza contraddizioni e conflitti attraverso la dialettica del composito. Braudel, parlando di società dal punto di vista della storia materiale, utilizza la definizione di «insieme degli insiemi»7, altri, e in particolare coloro che progettano la città, vorrebbero parlare di sistema dei sistemi. Sta di fatto che la città dove nasce e per cui nasce la specializzazione del lavoro, quel molteplice di arti, professioni, mansioni, ruoli dedicati alla definizione di saperi specifici determinanti attori sociali specifici, è il luogo per eccellenza dell’eterogeneo, della sempre più necessaria dialettica tra i saperi, di un’identità che si costruisce attraverso la multifattorialità e la contaminazione, ma da cui emergono determinate prevalenze attraverso le quali si esplica appunto l’unità, cioè l’identità, la singolarità del suo essere quella città. Nell’oscillazione tra insieme e sistema, o ancor meglio tra «frammento e sistema» in una geografia politica (post) post-moderna in cui si confrontano globale e locale8, e in cui i grandi poli urbani giocheranno un ruolo decisivo oltre la dimensione degli stati nazionali, la città necessita di un’interpretazione fenomenologica non appiattita sul presente ma anche sempre più capace di affrontarne la complessità. Ecco perché l’occasione celebrativa, quella di un origine arcaica della città, non può limitarsi al ricorso conoscitivo, pur fondamentale, dell’archeologia e della storia antica. Si tenga pur conto dell’ammonimento di Karl Kraus «Rimani presso l’origine. L’origine è la meta»9, posto ad incipit del simposio, si concordi di nuovo con Agamben sul fatto che nell’epoca del prevalere della contemporaneità «l’archeologia è la sola via di accesso al presente»10, al punto da essere assunta quale presupposto conoscitivo da anteporre sempre al nostro voler spiegare la città, si accolga anche l’invito di Carandini di «vedere il tempo antico con gli occhi del 2000» (magari provando anche ad invertire i termini)11, sino a quelle «archeologie del possibile» che alimentano l’arte di Franco Guerzoni12. Ma in questa continua e archeologicamente vissuta tensione interpretativa, risulta in ogni caso necessario il contributo di altri sa

and contamination, but from which emerge certain prevalences that produce unity, namely, the identity and singularity of its being that city. In the fluctuation between ensemble and system, or better still between “fragment and system” in a (post-) post-modern political geography in which global and local are at odds8 and in which the large urban centres are going to play a decisive role beyond the dimension of nations, the city needs a phenomenological interpretation that is not dulled down to the present but is increasingly geared to tackling its own complexity. Which is why the occasion to celebrate a city’s archaic origin cannot be limited to the fact-finding appeal of archaeology and ancient history, fundamental though this is. It must also take into account Karl Kraus’ admonition “Hold fast to the origin. The origin is the goal”9. As an introduction to the Symposium, we must agree once again with Agamben that in an era where contemporaneity predominates, “the point of archaeology is to gain access to the present”10. Taken as a fact-finding prerequisite preceding our wish to explain the city, we shall also accept Carandini’s invitation: “see ancient time with the eyes of 2000” (perhaps also inverting the terms)11, including those “archaeologies of the possible” that fuel the art of Franco Guerzoni12. In any case, this continuous and archaeologically experienced interpretative tension needs the contribution of other branches of knowledge – some duly collected in this volume – which see the urban context as a privileged laboratory/workshop, not only as a field of application but also as a context for its predilection to the production and reproduction of knowledge, be it literary, artistic, sociological, architectural, museal, etc., including that geographical kind which, in this case, identifies a region in a road that generated cities by design. Unquestionably, the occasion warranted other contributions (for which we apologize), of economics, politics, science (and not last, medicine), and from the social sphere in all its varied expressions, however, the example of the methodological approach through a comprehensive involvement remains valid, even though it is inevitably reduced here. Adopting a definition of the city which, with a further analogy of Braudel, we can thus understand as a language of languages, corroborated by


Carlo Quintelli | Contributi per un celebrare ri-fondativo Contributions for a re-foundational celebration

peri – alcuni raccolti dimostrativamente in questo volume – che vedono nel contesto urbano un laboratorio privilegiato, non solo in quanto campo di applicazione ma anche quale contesto per sua natura congeniale alla produzione e riproduzione delle conoscenze, anche in ambito letterario, artistico, sociologico, architettonico, museale, ecc. ecc. sino a quella geografia che non a caso identifica, nella fattispecie tematica che affrontiamo, una regione in una strada che a sua volta genera città. Certo l’occasione meritava altre voci (e ce ne scusiamo), dell’economia, della politica, della scienza (e non ultima quella medica), del sociale nelle sue variegate espressioni ma comunque valga l’esempio dell’approccio metodologico attraverso un coinvolgimento allargato, anche se qui per forza di cose ridotto. Adottando una definizione della città che, con ulteriore analogia braudeliana, possiamo così intendere quale linguaggio dei linguaggi, corroborato dalla riflessione critica rogersiana quando ricorda che nell’architettura della città non può che affermarsi il principio di «un’ortodossia dell’eterodossia»13. Infine questa iniziativa seminariale vorrebbe valorizzare la funzione celebrativa anche sul piano del rito narrativo. Quello, credo sempre più necessario, di un’esegesi della città che passa (anche) attraverso la sua continua narrazione a presupposto di una sua drammaturgia. Non certo la pratica dello storytelling cresciuto tra gli apprendisti stregoni dell’advertising oggi sempre più inflazionante, o quella del chiacchiericcio delle iniziative culturali – massmediali e di facile consenso,“carine” e politicamente corrette che si programmano in molti contesti urbani – bensì di un raccontare la città, direttamente o indirettamente, attraverso le sue espressioni caratterizzanti perché decisive, profonde, in grado di portare avanti – anche, appunto, in senso fondativo – il divenire della città. Per essere efficace, bisogna altresì sottolineare come la narrazione nella quale questo contributo a più voci vorrebbe iscriversi dovrebbe trovare una propria forma ritualizzata nel senso, auspicato, di una reiterazione che ogni volta, rifondativamente, riallacci vecchi e antichi racconti a nuove storie reali ed immaginate, comunque capaci di ribadire l’essere della città attraverso il suo poter essere raccontata.

Rogers’ critical reflection when he recalled that in city architecture the principle of “an orthodoxy of heterodoxy” will always assert itself13. Finally, this Symposium also wished to valorize the celebratory function on the narrative ritual plane. One which I believe increasingly necessary, an exegesis of the city that includes continuous narrative as a premise of its dramaturgy. Certainly not the storytelling that has sprouted among the apprentice sorcerers of today’s overblown advertising, or that of the chit-chat of cultural initiatives slated for many urban contexts ‒ mass media-style and of easy consensus, “nice” and oh-so politically correct ‒ but a recounting of the city, directly or indirectly, through its characterizing expressions, decisive and deep enough to advance the city’s becoming, in a founding sense of course. To be effective, it is also important to underline that the narrative which this contribution by many hands would like to be a part of must find its own ritualized form in the desired sense of a recurrence whose refoundation combines old and ancient tales with new real and imagined stories, ones that can however reaffirm the city’s being through the very fact that they can be told. To this end, during the introduction to the Symposium, some stills from Bernardo Bertolucci’s “Before the Revolution” were shown14, in which the story of the characters and the city where the events of the film play out – indiscriminately involving squares, monuments, houses, memories and emotions, life in general – constitute a whole. An exemplary witness of a refoundation capacity which we, i.e. the city, can persistently carry out, only or primarily by knowing how to tell our own story.

Fustel de Coulanges, La città antica, Florence, Sansoni, 1972, p. 154. 2 F. Nietzsche, Thus Spoke Zarathustra, Cambridge University Press, 2006. 3 Ambrose, Epistolae, “Patrologiae latinae cursus completus”, vol. XVI, 39, col. 1099. 1099. 4 A.C. Quintavalle, Teoria e forma del territorio nell’emilia occidentale, in La regione culturale, edited by F. Clemente, Milan, Etas Kompass, 1973, p. 29. 5 Reference is made specifically to a geographical-literary report on the urban contexts of North America in the vol1

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Fotogrammi da Prima della Rivoluzione di Bernardo Bertolucci (1964). Stills from Before the Revolution by Bernardo Bertolucci (1964).

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Carlo Quintelli | Contributi per un celebrare ri-fondativo Contributions for a re-foundational celebration

In questo senso, sempre in introduzione al simposio, sono stati fatti scorrere alcuni fotogrammi di Prima della Rivoluzione di Bernardo Bertolucci14, dove il racconto dei personaggi e quello della città in cui si svolgono i fatti del film – coinvolgendo indistintamente le piazze, i monumenti, le case, le memorie e i sentimenti, in generale la vita – costituiscono un tutt’uno. Testimonianza esemplare di una capacità ri-fondativa che noi, cioè la città, siamo in grado continuamente di svolgere anche solo o soprattutto attraverso il nostro sapersi raccontare.

Fustel de Coulanges, La città antica, Firenze, Sansoni, 1972, p. 154. 2 F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Milano, Adelphi, 1976, p. 256. 3 Ambrogio, Epistolae, «Patrologiae latinae cursus completus», vol. XVI, 39, col. 1099. 4 A.C. Quintavalle, Teoria e forma del territorio nell’emilia occidentale, in La regione culturale, a cura di F. Clemente, Milano, Etas Kompass, 1973, p. 29. 5 Si rimanda, nello specifico, al resoconto geografico-letterario sui contesti urbani del nord-America nel volume di A. Coppola, Apocalypse Town. Cronache dalla fine della civiltà urbana, Roma-Bari, Laterza, 2012, e più in generale, tra le tante fonti, all’analisi sociologica di A. Petrillo, La città perduta. L’eclissi della dimensione urbana nel mondo contemporaneo, Bari, Dedalo, 2000. 6 G. Agamben, Che cos’è un comando, in Id., Creazione e anarchia. L’opera nell’età della religione capitalistica, Vicenza, Neri Pozza, 2017, p. 93. 7 F. Braudel, I giochi dello scambio, Torino, Einaudi, 1981, p. 468. 8 A. Bolaffi, G. Marramao, Frammento e sistema, Roma, Donzelli, 2001. 9 «Du bleibst am Ursprung. Ursprung ist das Ziel», K. Kraus, Der sterbende Mensch, in Id., Worte in Versen, Monaco, 1959, p. 59. 10 G. Agamben, Archeologia dell’opera d’arte, in Id., Nudità, Roma, Nottetempo, 2009, p. 29. Attorno al tema della temporalità nell’ideazione artistica e nel progetto di architettura vedi anche il mio In attesa dell’inattuale. Per un protomuseo della città, in Parma inattesa. Lo spazio del pudore, catalogo della mostra (Parma, Galleria San Ludovico, 21 marzo 2 giugno 2013), a cura di R. Rizzi, Parma, MUP, 2013. 11 A. Carandini, Archeologia classica. Vedere il tempo antico con gli occhi del 2000, Torino, Einaudi, 2008. 12 F. Guerzoni, Archeologie senza restauro, Milano, Skira, 2015, p. 64. 13 E.N. Rogers, Ortodossia dell’eterodossia, «Casabella», 216, 1955, p. 4. 14 Prima della Rivoluzione, secondo film lungometraggio di Bernardo Bertolucci, girato prevalentemente a Parma, soggetto e sceneggiatura dello stesso Bertolucci e Gianni Amico, Iride cinematografica, 1964. 1

ume by A. Coppola, Apocalypse Town. Cronache dalla fine della civiltà urbana, Rome-Bari, Laterza, 2012, and more in general, among the many sources, to the sociological analysis of A. Petrillo, La città perduta. L’eclissi della dimensione urbana nel mondo contemporaneo, Bari, Dedalo, 2000. 6 G. Agamben, Che cos’è un comando, in Id., Creazione e anarchia. L’opera nell’età della religione capitalistica, Vicenza, Neri Pozza, 2017, p. 93. 7 F. Braudel, I giochi dello scambio, Turin, Einaudi, 1981, p. 468. 8 A. Bolaffi, G. Marramao, Frammento e sistema, Rome, Donzelli, 2001. 9 “Du bleibst am Ursprung. Ursprung ist das Ziel”, K. Kraus, Der sterbende Mensch, in Id., Worte in Versen, Munich, 1959, p. 59. 10 G. Agamben, Archeologia dell’opera d’arte, in Id., Nudità, Rome, Nottetempo, 2009, p. 29. Regarding the theme of temporality in artistic creation and architectural design, see also my In attesa dell’inattuale. Per un protomuseo della città, in Parma inattesa. Lo spazio del pudore, catalogue of the exhibition (Parma, Galleria San Ludovico, 21 March - June 2, 2013), edited by R. Rizzi, Parma, MUP, 2013. 11 A. Carandini, Archeologia classica. Vedere il tempo antico con gli occhi del 2000, Turin, Einaudi, 2008. 12 F. Guerzoni, Archeologie senza restauro, Milan, Skira, 2015, p. 64. 13 E.N. Rogers, Ortodossia dell’eterodossia, “Casabella”, 216, 1955, p. 4. 14 Before the Revolution, the second feature film directed by Bernardo Bertolucci, shot predominantly in Parma, the subject and the screenplay by Bertolucci and Gianni Amico, Iride cinematografica, 1964.

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prima parte | first part

Archeologia e storie della cittĂ antica Archaeology and stories of the ancient city


Rilievo in marmo raffigurante scena di fondazione. Aquileia, Museo Archeologico Nazionale di Aquileia (UD) (per gentile concessione del Ministero dei Beni e delle attivitĂ culturali e del turismo, Polo Museale del Friuli-Venezia Giulia; non sono consentite ulteriori riproduzioni fotografiche). Marble relief depicting the foundation of Aquileia. Aquileia, National Archaeological Museum of Aquileia (UD) (Courtesy of the Ministry of Cultural Heritage and Activities and Tourism, Friuli Venezia Giulia Museum Centre; further photographic reproductions are not allowed).


L’idea della fondazione nell’antichità classica The idea of foundation in classical antiquity Christopher Smith

Parma fu fondata 2200 anni fa nel 183 a.C., ed è un onore essere stato invitato a partecipare alle celebrazioni di quell’occasione. La maggior parte di questo intervento sarà naturalmente focalizzata sulla stessa Parma. Vorrei riflettere brevemente su cosa significhi fondare una città nell’antichità, sui vari tipi di fondazione, sul concetto di fondazione e il mito che la riguarda. La mia tesi sarà che l’atto pratico della fondazione costituisce, in parte, il meccanismo mediante il quale viene costruita la narrazione della fondazione mitica. Voglio iniziare con Aristotele. Nell’incipit della sua Politica, Aristotele sente la necessità di stabilire le basi dell’unione politica prima di procedere con il suo ragionamento: «[...] la prima comunità che risulta da più famiglie in vista di bisogni non quotidiani è il villaggio. Nella forma più naturale il villaggio par che sia una colonia della famiglia, formato da quelli che alcuni chiamano “fratelli di latte”, “figli” e “figli di figli”. [...] La comunità che risulta di più villaggi è lo stato, perfetto, che raggiunge ormai, per così dire, il limite dell’autosufficienza completa: formato bensì per rendere possibile la vita, in realtà esiste per render possibile una vita felice. Quindi ogni stato esiste per natura, se per natura esistono anche le prime comunità: infatti esso è il loro fine e la natura è il fine: per esempio, quel che ogni cosa è quando ha compiuto il suo sviluppo, noi lo diciamo la sua natura. [...] ciò per cui una cosa esiste, il fine, è il meglio e l’autosufficienza è il fine e il meglio. [...] Per natura, dunque, è in tutti la spinta verso siffatta comunità, e chi per primo la costituì fu causa di grandissimi beni. Perché, come, quand’è perfetto, l’uomo è la migliore delle creature, così pure, quando si stacca dalla legge e dalla giustizia, è la peggiore di tutte. [...] Ora la giustizia è elemento dello stato; infatti

Parma was founded 2200 years ago in 183 BC, and it is an honour to have been invited to join in the celebrations of that occasion. Most of this conference will naturally focus on Parma itself. I want to think briefly about what it means to found a city in antiquity, about the kinds of foundation, about the concept of foundation and about the myth of foundation. My argument will be that the practical exercise of foundation is itself in part the mechanism by which the narrative of mythical foundations was constructed. I want to begin with Aristotle. At the opening of the Politics, Aristotle needed to establish the basis of political union for the rest of his argument to follow. “The primary partnership made up of several households for the satisfaction of not mere daily needs is the village. The village according to the most natural account seems to be a colony (apoikia) from a household (oikia), formed of those whom some people speak of as “fellow-nurslings”, sons and sons’ sons. [...] The partnership finally composed of several villages is the city-state; it has at last attained the limit of virtually complete self-sufficiency, and thus, while it comes into existence for the sake of life, it exists for the good life. [...] Thus also the citystate is prior in nature to the household and to each of us individually. For the whole must necessarily be prior to the part. [...] If each individual when separate is not self-sufficient, he must be related to the whole state as other parts are to their whole [...] Therefore the impulse to form a partnership of this kind is present in all men by nature; but the man who first united people in such a partnership was the greatest of benefactors. For as man is the best of the animals when perfected, so he is the worst of all when 


4. La Rotonda di Salonicco. 4. The Rotunda of Thessaloniki.

quindi, è contemporaneamente Maurilia e Zaira. Gli abitanti sono ansiosi di mostrare determinate cartoline del proprio passato, e di insistere su una continuità che è in parte una falsa continuità. Allo stesso tempo è una Zaira, che conserva silenziosamente nelle sue strade le memorie di orrori indicibili, di guerre, conflagrazioni, contestazioni religiose, espulsioni e massacri. Un secolo dopo la ricostruzione di Ernest Hébrard, la sua visione del passato è ora contestata. Anche se la comunità ebraica è stata eliminata dal tessuto fisico della città, la sua memoria rimane e viene ribadita, insieme al ruolo dell’Impero Ottomano che accoglieva comunità differenziate dal punto di vista religioso. Il minareto accanto alla Rotonda di Galerio, un edificio che è stato trasformato da mausoleo imperiale, costruito da uno degli ultimi grandi persecutori dei cristiani, in chiesa, poi in moschea, e infine in monumento laico, è l’unico dei 38 minareti della Salonicco ottomana che sopravvive oggi (fig. 4)8. Saragozza in Spagna ha alcune caratteristiche storiche in comune con Salonicco: un’antica fon

continuity that is partly a false continuity. At the same time it is a Zaira, that silently in its streets preserves the memories of unspeakable horrors, of wars, conflagrations, religious contestations, expulsions and massacres. A century after Ernest Hébrard’s recasting of the city, his vision of the past is now contested. Though the Jewish community has been deleted from the physical fabric of the city, its memory remains and is reasserted, and the role of the Ottoman Empire in embracing religiously diverse communities. The minaret beside Galerius’ Rotunda, a building that has moved from imperial mausoleum built by one of the last great persecutors of the Christians, to church, to mosque, to secular monument, is the only one of the 38 minarets of Ottoman Thessaloniki to survive today (fig. 4)8. Zaragoza in Spain has some historical features in common with Thessaloniki: an ancient foundation that at various points in its history has been under Islamic and Christian control, though the different chronologies of the Umayyad and Ottoman conquests lead to very different out-


Andrew Wallace-Hadrill | Cosa significa vivere nell’impronta di un’antica città? What does it mean to live in the footprint of an ancient city?

dazione che in vari punti della sua storia è stata sotto la dominazione islamica e cristiana, anche se le diverse cronologie delle conquiste omayyadi e ottomane hanno comportato esiti molto diversi. Saragozza fu sotto il controllo musulmano (il Califfato di Cordova, che si era costituito in seguito a un emirato indipendente) dall’VIII secolo fino al 1118. Come altrove in Al-Andalus, il regno islamico esercitò un profondo impatto culturale. Come Salonicco, Saragozza presenta l’impronta della colonia augustea, Caesaraugusta, nel suo ponte iconico, il Puente de Piedra (talmente tanto ricostruito da non avere neppure più una pietra romana), nel reticolo della fondazione coloniale e nel circuito difensivo delle originali mura coloniali, i cui bastioni circolari mantengono gran parte della muratura originale, anche se molto modificata e integrata nel corso dei secoli (fig. 5). La piazza centrale si trova in linea con il Foro Romano, anche se questo fu

comes. Zaragoza was under Muslim control (the caliphate of Córdoba following an independent emirate) from the 8th c until 1118. As elsewhere in Al-Andalus, Islamic rule left a deep cultural impact. Like Thessaloniki, Zaragoza displays the imprint of the Augustan colony, Caesaraugusta, in its iconic bridge, the Puente de Piedra (so much rebuilt that not a Roman stone is left), the grid plan of the colonial foundation, and the defensive circuit of the original colonial walls, whose circular bastions retain much of the original masonry, though much modified and added to over the ages (fig. 5). The central plaza continues on alignment with the Roman Forum, though much extended under Franco, for whom the Basilica de Nuestra Señora del Pilar became a symbol of triumph over the republicans, whose bombs are displayed in the church. The Roman footprint persists, but each generation modifies or reinvents it. The main mosque of the Islamic

5. Torre semi-circolare della cinta romana di Saragozza. 5. Semi-circular tower of the Roman walls of Zaragoza.

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6. Castello dell’Aljaferia, Saragozza. 6. Aljaferia, Zaragoza.

molto ampliato sotto Franco, per il quale la Basilica de Nuestra Señora del Pilar diventò un simbolo del trionfo sui repubblicani, le cui bombe sono esposte dentro la chiesa. L’impronta romana persiste, ma ogni generazione la modifica o ne ridefinisce il concetto. La moschea principale del periodo islamico fu costruita al centro dello spazio del Foro Romano. Inoltre, essa non rispetta l’orientamento del reticolo romano, con il suo qibla centrato sulla Mecca, pochi gradi fuori asse rispetto al reticolo est/ovest. Dopo la conquista aragonese del XII secolo, la cattedrale (La Seo del Salvador) fu costruita sull’impronta della moschea, preservandone il nuovo orientamento9. Ma a meno di voler immaginare che la città islamica stesse deliberatamente voltando le spalle al proprio passato romano, il monumento più bello del periodo islamico, il Palazzo Al-Jafería, può essere visto come un’eco consapevole della fondazione romana: le sue mura bianche e i bastioni 

period was built in the middle of the space of the Roman forum. Moreover, it failed to respect the orientation of the Roman grid, cetering its qibla on Mecca, a few degrees off the east/west grid. After the Aragonese conquest of the twelfth century, the cathedral (La Seo del Salvador) was built in the footprint of the mosque, preserving its new orientation9. But lest we imagine that the Islamic city was deliberately turning its back on the Roman past, the finest monument of the Islamic period, the Al-Jafería palace, can be seen as a conscious echo of the Roman foundation: its white walls and circular bastions were not merely a generic echo of the Roman walls, but an accurate reproduction, following the same dimensions. The Aragonese respected much of the beauty of this Islamic palace, while adding considerably to it in an explicitly Christian idiom. Ironically, the white walls and bastions which so strike the


Andrew Wallace-Hadrill | Cosa significa vivere nell’impronta di un’antica città? What does it mean to live in the footprint of an ancient city?

circolari non erano semplicemente un’eco generica delle mura romane, ma una loro accurata riproduzione, che ne seguiva le stesse dimensioni. Gli aragonesi hanno molto rispettato la bellezza di questo palazzo islamico, nonostante il fatto che l’abbiano integrato notevolmente in modo esplicitamente cristiano. Paradossalmente, le mura e i bastioni bianchi che colpiscono tanto il visitatore non sono, dopotutto, le pareti originali del palazzo, che nel tempo furono inglobate da una modificazione per adattare l’edificio a caserma. Le mura che vediamo oggi sono una ricostruzione moderna, che ha comportato la demolizione della caserma e la ricostruzione delle torri demolite (fig. 6)10. Questa è, in moltissime città, una caratteristica delle tracce visibili del passato. Il passato non sopravvive semplicemente: è reinventato. Le mura orientali della colonia romana sono il tratto più visibile del passato romano di Saragozza: eppure esse sono una reinvenzione archeologica fatta sotto Franco, conservate perché incorporate in abitazioni successive che dovettero essere demolite. Ma in questo modo fu possibile ricreare una simbolica Porta Romana per la città. In modo abbastanza appropriato, la porta è contraddistinta da una statua di Cesare Augusto. Questa estremamente rifinita riproduzione in bronzo dell’Augusto di Prima Porta fu un dono alla città da parte di Mussolini. Qui non stiamo guardando a della semplice archeologia, ma a una dichiarazione ideologica di ordine romano/fascista. Naturalmente, il periodo post-Franco non si accontenta di una visione fascista della Romanitas. La città romana è stata reinventata archeologicamente e il turista è ormai rassicurato sul fatto che possa vedere la Caesaraugusta romana, il suo Forum, il porto sul fiume, e il suo teatro. Il Foro è stato scavato come un frammento al di sotto del livello della moderna piazza e si occupa di trasportare il visitatore indietro nel passato tramite modellini e presentazioni video. Ma forse la sua caratteristica più singolare è l’ingresso al Museo del Foro, segnato da una struttura triangolare dominante e molto colorata, che fa di tutto per tagliare le linee del reticolo romano (in misura ancor maggiore rispetto alla Cattedrale La Seo lì accanto; fig. 7). La pavimentazione della piazza sopra il Foro è accuratamente evidenziata e separata dal resto della piazza tramite l’uso di un

visitor are not after all the original walls of the palace, which over time became enveloped in an expansion as barracks. The walls we see are a modern reconstruction, involving the demolition of the barracks and the rebuilding of the demolished towers (fig. 6)10. That is a feature of the visible traces of the past in city after city. The past does not simply survive: it is reinvented. The eastern walls of the Roman colony are the most visible stretch: but they are an archaeological reinvention under Franco, preserved because incorporated into later housing which had to be demolished. But in this way it was possible to recreate a symbolic Roman gate to the city. Appropriately enough, the gateway is marked by a statue of Caesar Augustus. This highly polished bronze reproduction of the Prima Porta Augustus was a gift to the city by Mussolini. We are not looking at simple archaeology, but an ideological statement of Roman/fascist order. Naturally the post-Franco period is not content with a fascist view of Romanitas. The Roman city has been reinvented archaeologically, and the tourist is now reassured they can see Roman Caesaraugusta, its Forum, its river port and its theatre. The Forum is excavated as as fragment beneath the level of the modern plaza, and takes care with models and video presentations to transport the visitor back into the past. But perhaps its most striking feature is the entrance to the Foro museum, marked by a dominant and highly colourful triangular structure, that goes out of its way to cut across the lines of the Roman grid (far more so than the La Seo cathedral next to it; fig. 7). The paving of the plaza above the Forum is carefully marked off from the rest of the plaza by the use of a smooth travertine (a Roman stone). So antiquity is recruited to the cause of modernity11. A final triumph of modernist presentation is the theatre, its cavea excavated almost in its entirety beneath the demolition of a city block (fig. 8). This is archaeology that invites, even demands, the admiration of the visitor. A museum and cafe look out from above the ancient scaena through plate glass windows over the cavea. Even when the museum and visit to the theatre is closed, the cafe is accessible as a spectation area – el mirador. This skillfully inverts the physical relationship of spectator and performance. While one famil


Bologna, via Strada Maggiore, basolato della via Emilia. Bologna, Via Strada Maggiore, paving of the Via Aemilia.


La fondazione di Parma e la costruzione della via Emilia The Foundation of Parma and the construction of the Via Aemilia Giovanni Brizzi Nell’approccio al mondo celtico della regione cisalpina le strutture create via via da Roma onde permettere il controllo di uno spazio di importanza sempre più decisiva nacquero in risposta a necessità mutevoli e, nel tempo, spesso addirittura contrapposte tra loro. Sorta nell’anno 268 a.C. all’imbocco meridionale della pianura padana, subito al di là della strettoia sopra Ancona, la colonia latina di Ariminum ebbe dapprima la funzione di collocare un claustrum, un catenaccio rivolto la minacciosa terra dei Celti; e, al tempo stesso, di interporre un ostacolo che separasse dall’ancor libera popolazione dei Boi i Senoni, sconfitti, disarmati e formalmente soggiogati, ma ancora insediati in loco, impedendo, come sembra esserle riuscito, di ricevere da settentrione aiuti e tecnologie soprattutto militari. La linea strategica impostata nel momento in cui aveva prima creato e poi definito la sezione di territorio composto da cives, da coloni latini e da socii di provata fedeltà (Camerinum, per esempio) che tagliava in diagonale la penisola dagli immediati dintorni di Roma fino all’Adriatico aveva portato la res publica ad erigere una barriera che aveva lo scopo di tagliare i percorsi interni della transumanza, separando i Senoni – vinti –, al nord, dai Sanniti – accerchiati – al sud; e impedendo ai due popoli di rinnovare l’alleanza che era stata tanto pericolosa a Sentino (295 a.C.). Si creava in tal modo, disponendo opportune paratie territoriali, una serie di comparti stagni, che separavano l’uno dall’altro, isolandoli, i grandi nemici della res publica, Sanniti e Senoni prima, Senoni e Boi subito dopo. Ariminum poteva nondimeno prestarsi anche a divenire una porta, un tramite verso la regione padana; una funzione, questa, che la colonia

In Cisalpine Gaul’s advance on the Celtic world the structures gradually created by Rome to afford control of a space of increasingly decisive importance were born in response to changing needs which often became, over time, mutually opposing. Founded in the year 268 BC on the southern edge of the Po Valley plain, immediately beyond the bottleneck above Ancona, the Latin colony of Ariminum first served to place a claustrum, a deadlock, towards the menacing land of the Celts; and, at the same time, to interpose a barrier which separated it from the still free population of the Boii, the Senones, defeated, unarmed and formally subjugated, but still settled in loco, seemingly preventing receipt from the north of aid and technologies, especially of the military kind. The strategic line established when the section of territory composed of cives was first created and then defined by Latin colonists and socii of proven loyalty (from Camerinum, for example) which sliced diagonally across the peninsula from the immediate surroundings of Rome to the Adriatic Sea, had led the res publica to erect a barrier whose purpose was to cut the internal transhumance routes, separating the Senones – the conquered, to the north, from the Samnites – surrounded – to the south; and prevent the two peoples from renewing the covenant that was so dangerous to Sentino (295 BC). In this way, by arranging appropriate territorial bulkheads, a series of “watertight” compartments was created, which kept apart, by isolating them, the enemies of the res publica, the Samnites and the Senones first, the Senones and the Boii immediately after. Ariminum could nevertheless also lend itself to becoming a gate, a channel towards the Po val


3. Il rettifilo della via Aemilia da Parma a Bologna, supposto progetto di percorso da Rubiera per Bologna (rielaborazione da Carta TCI). 3. Straight stretch of the Via Aemilia from Parma to Bologna, assumed route from Rubiera to Bologna (re-elaboration of TCI map).

4. Il rettifilo della via Aemilia da Bologna a Parma, supposto percorso dal Panaro al Samoggia, senza passare per Modena (rielaborazione da Carta TCI). 4. Straight stretch of the Via Aemilia from Bologna to Parma, assumed route from Panaro to Samoggia, without passing Via Modena (re-elaboration of TCI map).

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Lorenzo Quilici | La Via Aemilia: un rettifilo quasi retto di 250 km The Via Aemilia: an almost straight line 250 km long

avviene a Rubriera. Vi è quindi, tra i due assi, uno sfalsamento strutturale che non può essere che cronologico. Se noi prolungassimo il rettifilo Parma-Reggio, questo porterebbe esattamente a Bologna: a Colle della Guardia, circa ove è il santuario della Madonna di S. Luca, 235 m di altezza sulla pianura, che costituisce il valore primario nel paesaggio di tutta la regione. Il traguardo potrebbe essere stato questo e utile, viceversa, per delineare la strada in senso opposto. Potremmo anche supporre che Emilio Lepido potesse aver pensato di progettare addirittura il percorso della via Emilia, dal rettifilo che inizia dal Parma, in prosieguo diretto su Bologna (fig. 3): il percorso potrebbe aver portato a delineare l’asse che va dal Samoggia per Ponte Ronco, Zola Pretosa, Casalecchio di Reno, con un raccordo su via del Pratello per porsi sul decumano in uscita da Bologna. Un torcimento del decumano di questa non nel suo prosieguo rettilineo, come è oggi, ma su via del Pratello: sulla stessa via Emilia non mancano esempi di tali deviazioni in uscita dal decumano urbano, come a Rimini, Bologna in entrata da est, Mantova e Piacenza. Se questo progetto è mai esistito, potrebbe essere stato abbandonato considerando le condizioni di particolare instabilità nell’area pedecollinare, in ragione delle piene violente e limacciose uscenti dalla gole montane del Secchia, del Panaro, del Samoggia, e il loro spagliarsi sugli ampi conoidi, con gli affluenti, i meandri in erosione, i reticoli intrecciati, l’alta pericolosità del flusso laminare turbolento. Alla fine dei conoidi, invece, i fiumi tendevano a compattare il loro corso e ad incanalarsi nella pianura28. Tutto ciò potrebbe aver sconsigliato la retta per Bologna, rispetto a una condizione che più a valle si presentava più sostenibile. Se manteniamo concettualmente, invece, l’asse in uscita da Bologna così come si conserva nel suo rettifilo fino al Panaro, e non fosse stata poi concepito per Modena in quanto questa città verrà fondata più tardi, ma volgesse ponendosi da S. Nicola sul rettifilo di Rubiera, avremo un itinerario anche accorciato da 13,5 a 12 km (fig. 4). Queste mie ultime considerazioni sono supposizioni, ma possono suggerire dei progetti di ricerca. Il percorso ad esempio che lascia fuori

spectacular horizons could be seen, which our modern urbanized civilization no longer affords. The straight sections from Parma to the Secchia and the one from Secchia to Bologna may appear problematic, all routes across the plain and apparently without any possibility of observing them from a higher vantage point. However, there is an evident deviation between the two at the Secchia crossing, whose anomalous join has already been mentioned: of a good 8.5 km, taking into the calculation the deviation of the straight stretch that occurs at Rubiera. There is therefore, between the two axes, a structural bend which can only be chronological. If we extend the Parma-Reggio stretch, this leads straight to Bologna: more precisely, to the Colle della Guardia, approximately where the Sanctuary of the Madonna di San Luca perches, 235 m above the plain, which constitutes the landmark of the region as a whole. The end point may have been this, which would have been useful, to trace the route in the opposite direction and vice versa. We might also suppose that Aemilius Lepidus could have thought of tracing the course of the Via Aemilia from the straight road that heads from Parma towards Bologna (fig. 3): this route might have led to tracing the axis that goes from Samoggia to Ponte Ronco, Zola Pretosa, and Casalecchio di Reno, with a junction on Via del Pratello to reach the decumanus leaving Bologna. A bending of the decumanus not in its straight continuance, as it is today, but along Via del Pratello: on today’s Via Emilia there is no lack of examples of these deviations from the urban decumani, as at Rimini, Bologna when entering from the east, Mantua, and Piacenza. If this design ever existed, it might have been abandoned considering the conditions of particular instability in the foothill area, due to the violent muddy floods gushing from the mountain gorges of the Secchia, the Panaro, and the Samoggia, and their spreading into extensive conoids, with the tributaries, meanders in erosion, road crossings, and the major hazard of the turbulent laminar flow. Instead, at the end of the conoids, the rivers tended to compact their course and feed into the plain28. All of which could have discouraged the straight line towards Bologna, with respect to the more sustainable condition after it. 


5-6. Via Emilia, San Pietro a Reggio Emilia, scavo Siliprandi (Archivio SABAP-BO, n. 1417). Reggio Emilia, basolato urbano della via Emilia (courtesy Fototeche e Iconoteche dell’Istituto Beni Culturali Regione Emilia Romagna). 5-6. Via Emilia, San Pietro in Reggio Emilia, Siliprandi excavation (SABAP-BO Archive, no. 1417). Reggio Emilia, urban paving of the Via Aemilia (courtesy Phototeque and Iconoteque of the Institute of Cultural Heritage Regione Emilia Romagna).

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Lorenzo Quilici | La Via Aemilia: un rettifilo quasi retto di 250 km The Via Aemilia: an almost straight line 250 km long

Modena, deviando dal Panaro al Samoggia, potrebbe aver lasciato tracce archeologiche, se fosse rimasto in funzione come via di scorrimento veloce, per dare maggiore rapidità al percorso lasciando fuori l’attraversamento di quel centro: come una tangenziale o bretella di raccordo esterna alla città. Così se ne sono riconosciute in molte altre città29, come è avvenuto per le stesse Bologna30e Piacenza31, e in altre potrebbero ricercarsi lungo la via Emilia32. Tornando a quando siamo partiti, al significato che la via Emilia ha rappresentato in età antica, è evidente come essa si sia imposta non solo come sinonimo di una regione: si proiettava in una dimensione estremamente più vasta, che la legava al Veneto, alla Lombardia e al Piemonte; soprattutto legava l’Italia peninsulare all’Europa: ai Balcani, al Danubio, alle Germanie, alle Gallie. È ben noto come, per recarsi da Roma in Provenza, invece del percorso della via Aurelia, più corta ma spesso come oggi interrotta in Liguria da frane e mareggiate, si preferisse in età imperiale volgere il lungo giro percorrendo la via Flaminia, poi l’Emilia, la Postumia e la Iulia Augusta33.

1 L. Quilici, Strade carraie nell’Italia arcaica, in Carri da guerra e principi etruschi, catalogo della mostra (Viterbo, 24 maggio 1997 - 31 gennaio 1998), a cura di A. Emiliozzi, Roma 1998, pp. 72-82; Id., Técnicas e infrastructuras en la construción de las careteras en el mundo romano, «ANAS, Museo Nacional de Arte Romano», 21-22, 2008-2009, pp. 14-15. 2 L. Quilici, Il rettifilo della via Appia da Roma a Terracina. La tecnica costruttiva, in La Via Appia, «Quaderni del Centro di Studio per l’Archeologia etrusco-italica», 18, 1990, pp. 41-60. 3 L. Quilici, Le strade dell’Emilia antica, «Orizzonti», I, 2000, pp. 115-117; Id., Técnicas e infrastructuras, cit., pp. 14-16. 4 Cic., Fam, X 30, 2. 5 Frontin., Strat., II, 5, 39. 6 M. Baratta, P. Fraccaro, L. Visentin, Atlante storico, Novara 19614, pp. 15-16, tav. 16; G. Radke, Viae publicae romanae, in Pauly’s Realencyclopädie der classischen Altertumswissenschaft, supp. XIII, 1971, cc. 1575-1595 (trad. it. Bologna 1981, in partic. pp. 241-260); G. Schmiedt, Atlante aerofotografico delle sedi umane in Italia, III. La centuriazione romana, Firenze 1989, tavv. XXXV-LII; J. Ortalli, La Cispadana orientale: via Emilia e altre strade, «Atlante tematico di Topografia Antica», 1, 1992, pp. 146-160; S. Pellegrini, La via Aemilia da Bononia a Piacenza. Ricostruzione del tracciato in età romana, «Atlante tematico di Topografia Antica», suppl. I, 1995, pp. 141-167; R. Chevallier, Les Voies Romaines, Paris 1997, in partic. pp. 184-188; G. Bottazzi, La rete itineraria, in

Instead, if we conceptually maintain the axis leaving Bologna as it is preserved in the straight line as far as the Panaro, which had not at the time been planned for Modena since this city was founded later, but turned from San Nicola on the Rubiera stretch, we would have an itinerary that was also shortened from 13.5 to 12 km (fig. 4). These latest considerations of mine are assumptions but could be the basis for future research projects. For example, the route which leaves Modena, deviating from the Panaro to the Samoggia, might have left archaeological traces, if it continued to function as a fast thoroughfare, making the journey more rapid by not crossing the centre: like a ring or feeder road outside the city. They can be recognized in this way in many other cities29, for example, Bologna30 and Piacenza31, while others may lie along today’s Via Emilia32. Returning to where we began, namely, the meaning the Via Aemilia embodied in antiquity, it did not merely become the synonym of a region but was propelled into a much vaster dimension, one bound to the Veneto, Lombardy and Piedmont regions; above all, it linked peninsular Italy to Europe: to the Balkans, the Danube, the Germanic regions, and Gaul. It is well known that, to travel from Rome to Provence, instead of following the Via Aurelia, ‒ shorter, but often as nowadays interrupted in Liguria by landslides and sea storms ‒ it was preferred in the Imperial age to take the long way round along the Via Flaminia, then the Aemilia, the Postumia, and the Julia Augusta33.

1 L. Quilici, Strade carraie nell’Italia arcaica, in Carri da guerra e principi etruschi, exhibition catalogue (Viterbo, 24 May 1997 - 31 January 1998), edited by A. Emiliozzi, Rome 1998, pp. 72-82; Id., Técnicas e infrastructuras en la construción de las careteras en el mundo romano, “ANAS, Museo Nacional de Arte Romano”, 21-22, 2008-2009, pp. 14-15. 2 L. Quilici, Il rettifilo della via Appia da Roma a Terracina. La tecnica costruttiva, in La via Appia, “Quaderni del Centro di Studio per l’Archeologia etrusco-italica”, 18, 1990, pp. 41-60. 3 L. Quilici, Le strade dell’Emilia antica, “Orizzonti”, I, 2000, pp. 115-117; L. Quilici, Técnicas e infrastructuras, op. cit., pp. 14-16. 4 Cic., Fam, X 30, 2. 5 Frontin., Strat., II, 5, 39. 6 M. Baratta, P. Fraccaro, L. Visentin, Atlante storico, Novara 19614, pp. 15-16, tav. 16; G. Radke, Viae publicae ro-

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1. Il ponte antico di Parma: la messa in luce delle arcate in via Mazzini. 1. The ancient bridge of Parma: the arches brought to light in Via Mazzini.

la stratificazione insediativa lungo la via consolare, sull’elaborazione digitale dell’archeologia urbana parmense3. Queste le ragioni anche del Simposio Fondare e ri-fondare, dove antico e contemporaneo si incrociano sul tema della città, cioè sul terreno che meglio rappresenta identità comune e vita associata. Il contributo dell’antico alle scelte della progettazione contemporanea nel lungo corso della vita del paesaggio urbano ed extraurbano si è, non a caso, materializzato a Parma proprio nel quadrante lungo la via Emilia, baricentro formale e identitario della colonia romana4 come della città odierna5: il progetto sul ponte romano di Parma (figg. 1-3), che raccorda i due tronconi della strada consolare, ne offre un buon esempio nell’incrocio delle competenze archeologiche per la realizzazione di un’esposizione permanente sullo scavo della Ghiaia (figg. 4-5) con quelle di progettazione architettonica per la sua integrale risistemazione e risemantizzazione entro il tessuto urbano6 (figg. 6-7). La logica di S.F.E.R.A. è inclusiva e ha visto le varie competenze tecnico-scientifiche dell’ateneo trasversalmente impegnate a dialogare e ad offrire 

ology in the Parma area3. These were also the motivations behind the symposium Fondare e Rifondare, where the ancient and the contemporary overlapped around the theme of the city. In other words, the terrain that best represents common identity and social life. It is no coincidence that the contribution of antiquity to contemporary design choices in the long life of the urban and suburban landscapes occurred in Parma in the section along the Via Emilia, the formal and identity-making barycentre of the Roman colony4 just as it is of the city today5. The project for Parma’s Roman bridge (figs. 1-3), which historically joined two sections of the consular road, is a good example of a fusion of archaeological skills in the mounting of a permanent exhibition on the excavations in the Ghiaia (figs. 4-5), with those of architectural design for its integral rearrangement and “re-semantization” within the urban fabric6 (figs. 6-7). The S.F.E.R.A. approach is inclusive and has seen the University’s various technical-scientific skills transversely committed to dialoguing with the city and offering contributions to the archaeol-


Alessia Morigi | Spazi e forme dell’Emilia-Romagna antica Spaces and Forms of Ancient Emilia-Romagna

2-3. La messa in luce del rostro frangiflutti in via Mazzini. 2-3. The breakwater rostrum brought to light in Via Mazzini.

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10-12. Villa di Teodorico: planimetria dell’area di scavo (in nero le fasi romane, in griglio le fasi tardo antiche); le strutture produttive; il magazzino. 10-12. Villa of Theodoric: ground plan of the excavation area (in black the Roman phases, in grey the Late Antiquity phases); production structures; the warehouse.

quello della sua conclusione dopo la fine dell’antichità. Lo scavo nell’area della villa di Teodorico si è, infatti, esteso fino ad intercettare la serie di ville impilate in sequenza dalla fase romana a quella teodoriciana, che vede la costruzione della residenza di caccia dell’imperatore Teodorico (fig. 10). Grazie alle campagne 2015 e 2016, delle fasi repubblicane si è completata la messa in luce della prima villa rustica; durante la campagna 2018, delle fasi teodoriciane è affiorata la straordinaria sala ottagona con pavimento musivo integro finemente decorato, incontrovertibile espressione delle dotazioni residenziali di alta gamma del complesso tardoantico. L’ambito è quello di un contesto pluristratificato, frequentato dalla fine del VI sec. a.C. al XII sec. d.C., che gli scavi più recenti hanno scoperto caratterizzato già a partire dal II sec. a.C. da un edificio rustico repubblicano, dalla fine del I sec. a.C. seguito da 

the moment of its début and that of its denouement after the end of antiquity. In fact, the excavations in the Villa of Theoderic area have been extended to include a series of villas sequentially overlaid from the Roman period to that of Theoderic, which saw the construction of Emperor Theoderic’s hunting lodge (fig. 10). Thanks to the 2015 and 2016 campaigns, the first Republican-era rustic villa successfully saw the light; during the 2018 campaign, an extraordinary octagonal room from the Theoderic era has appeared with an intact finely decorated mosaic floor, an undeniable expression of exclusive residential facilities in the late antique complex. The site features multiple layers, which the latest excavations have uncovered, that were inhabited continuously from the end of the 6th century BC to the 12th century AD. These are characterized by a rustic Republican building from as early as the 2nd century BC, and,


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una vera e propria villa urbano-rustica con marcata connotazione produttiva, rimasta in funzione almeno fino agli inizi del V secolo d.C. Per quanto riguarda la fase della romanizzazione della Cispadana, tuttora in attesa di definizione nel distretto in esame, che pure fu tra i primi ad essere intercettato dai Romani già al momento della loro risalita verso la pianura padana, la scoperta della villa repubblicana ha potuto confermare un insediamento stabile: il complesso è inquadrabile nella fase di occupazione diffusa della vallata nel II sec. a.C., con strutture chiaramente riferibili ad un settore artigianale e riconducibili a due fornaci

from the end of the 1st century BC, a real rustic urban villa evidently used for production work, which remained in operation until at least the beginning of the 5th century AD. As regards the phase of the Romanization of Cisalpine Gaul, still awaiting definition in the area under examination, which was also among the first to be intercepted by the Romans as they ascended towards the Po valley, the discovery of this Republican villa has confirmed a stable settlement: the whole complex can be dated to the phase of widespread occupation of the valley in the 2nd century BC, with structures clearly referable to a craft industry

13-16. Villa di Teodorico: la fornace; studenti dell’Università di Parma impegnati nel cantiere di scavo. 13-16. Villa of Theodoric: the kiln; students from the University of Parma working on the excavation site.

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17. Villa di Teodorico: planimetria del settore indagato, comprensivo della sala ottagonale in corso di scavo. 17. Villa of Theodoric: ground plan of the area under investigation including ongoing excavations of the octagonal hall.

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18. Villa di Teodorico: planimetria delle fasi tardoantiche. 18. Villa of Theodoric: ground plan of the Late Antiquity phases.

per ceramica, una più antica, del II sec. a.C., e una più recente, dismessa verso la metà del I sec. a.C. (fig. 11). L’avvicendamento tra gli impianti ha, inoltre, illustrato una fase di cambiamento all’interno del settore produttivo del complesso connesso a una maggiore organizzazione strutturale (fig. 12), come prova la realizzazione di edifici accessori stabili in età augustea: in questa fase una grande villa urbano-rustica prova la prosperità di tutta la Romagna appenninica grazie ai traffici economici con Ravenna e Rimini e al suo ruolo di baricentro itinerario ed economico tra Valtiberina e costa adriatica. La lunga vita della seconda fornace (fig. 13) e il consistente volume dei manufatti rinvenuti hanno, infatti, riportato l’occupazione repubblicana del sito ad un’economia non di autoconsu-

which boasted two kilns for ceramics, one more ancient, from the 2nd century BC, and one more recent, abandoned towards the middle of the 1st century BC. (fig. 11). The alternation between the layouts has also revealed a change within the production sector of the complex that led to greater structural organization (fig. 12), as evidenced by the realization of stable extensions in the Augustan Age: in this phase a great rustic urban villa, used until at least the beginning of the 5th century AD, perfectly tallies with the renewed prosperity of the whole Romagna Apennine thanks to commerce with Ravenna and Rimini and its role as a barycentre of itineraries and trading between the Tiber Valley and the Adriatic coast. The long life of the second kiln (fig. 13), and the significant vol


19. Villa di Teodorico: la sala ottagonale in fase di scavo. 19. Villa of Theodoric: the Octagonal Hall during excavation.

mo ma proiettata verso la valle in un periodo, tra fine II a.C. e fine I secolo a.C., coincidente con la forte espansione del municipio di Mevaniola, nel quale si concentrano i maggiori edifici oggi noti, a profilare un trend di popolamento sui terrazzi fluviali meglio esposti confermato dalla preliminare mappatura su base GIS dei rinvenimenti repubblicani in valle. Sotto il profilo metodologico, i dati acquisiti sono diagnostici per tutto l’insediamento rurale mediorepubblicano in alto Appennino, meno noto per la natura deperibile delle strutture in uso e soprattutto per il mancato rilevamento della vernice nera in complessi pluristratificati, poi derubricati in letteratura con un ricorrente appiattimento sulla generica facies romana. Ampliando lo sguardo, se si considera che la gran parte delle ville di età augustea o alto-imperiale in regione si imposta su un precedente sito di età repubblicana, ne deriva una quanto mai opportuna rilettura del sistema d’insediamento durante la romanizzazione nella Roma

ume of artefacts found, have shown the Republican occupation of the site as an economy not of private consumption but for the whole valley, in a period from the late 2nd BC to the end of the 1st century BC, coinciding with the significant expansion of the Municipality of Mevaniola, which saw the concentration of major buildings we know today. Population growth on the better-exposed river terraces has been confirmed by preliminary mapping based on GIS data of Republican discoveries in the valley. Methodologically, the data acquired have proved of diagnostic use for the entire middle-Republican rural settlement in the High Apennines, less well-known due to the perishable nature of the structures employed and especially for the non-detection of black-glazed pottery in the multi-layered complexes, later downgraded in the literature to generic Roman facies. Broadening our gaze, if we consider that most of the villas from the Augustan or high-Imperial ages in the region lay


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20. Villa di Teodorico: mosaico pavimentale della sala ottagonale. 20. Villa of Theodoric: floor mosaic from the octagonal hall.

gna appenninica, anche in funzione della miglior comprensione delle fasi della conquista e del ruolo direzionale delle città umbre gemelle di Sarsina e Mevaniola, quest’ultima vicinissima alla villa ma ancora in attesa di scavi sistematici. Le valli di Savio, Bidente e Marecchia, nelle quali sorgono questi centri, appartengono, infatti, a quell’orizzonte umbro, ancora non ben documentato, che i Romani intercettarono per primo nella risalita della penisola per la conquista della Cisalpina e che in seguito ebbe un ruolo di primo piano in Cispadana grazie ai rapporti con Ravenna. All’estremo opposto della sequenza insediativa e nelle more della stampa, dobbiamo all’ultima campagna di scavo 2018 (figg. 14-16) il rinvenimento della sala ottagonale mosaicata della villa di fase teodoriciana (figg. 17-18). La scoperta riguarda un ambiente elegante con decorazioni di alta gamma (figg. 19-20) che, per le caratteristiche morfologiche del vano e per quelle tecni-

on top of previous sites from the Republican age, a timely rereading of the settlement system during the Romanization of the Romagna Apennine would seem to be called for, also as a function of a better understanding of the phases of conquest and the administrative role of the twin Umbrian cities Sarsina and Mevaniola, the latter lying very close to the villa but still awaiting systematic excavation. The valleys of Savio, Bidente and Marecchia, where these centres are located, belong, in fact, to that Umbrian prospect, still not well documented, which the Romans first encountered in ascending the peninsula to conquer the Cisalpine Republic, and which would subsequently enjoy a leading role in Cisalpine Gaul thanks to relations with Ravenna. At the opposite end of the series of settlements, and pending publication, the latest excavation campaign in 2018 – pending publication ‒ (figs. 14-16) has brought to light an octagonal hall with mo


3. L’alto morfologico fra via Roma e via Malta in una sezione stratigrafica del centro storico di Reggio Emilia (da M. Cremaschi, P. Storchi, A. Perego, Geoarchaeology in an urban context, cit., fig. 9). 3. Morphological height between Via Roma and Via Malta in a stratigraphic section of Reggio Emilia old town (M. Cremaschi, P. Storchi, A. Perego, Geoarchaeology in an urban context, op. cit., fig. 9).

medesimo contesto geomorfologico17, hanno permesso l’individuazione, al di sotto di un livello con canalizzazioni e fosse contenenti materiali di età repubblicana, di una paleo-superficie con minuti frammenti di ceramiche di impasto presumibilmente preromane, di per se stessi non sufficienti a consentire di ipotizzarvi attività antropiche certe18. A questi contesti si possono però ora ricondurre alcuni manufatti bronzei, che forniscono un qualche supporto archeologico all’auspicio formulato da Marco Podini, responsabile dello scavo, in merito all’esistenza di un abitato in corrispondenza dell’attuale area urbana di Reggio Emilia19. Fra questi spicca un bronzetto votivo dello stesso tipo di quello rinvenuto nell’area del Credem, che sembrerebbe attestare anche nella contigua area di Palazzo Busetti pratiche di culto riconducibili a forme di religiosità popolare. Si tratta anche in 

the Credem bank and in the same geomorphological context17, have allowed the identification, beneath a level with pipes and ditches containing materials from the Republican age, of a paleosurface with minute fragments of presumably pre-Roman impasto ceramics, in themselves not sufficient to allow us to hypothesize definite anthropogenic activities18. To these contexts we can now link some bronze artefacts which lend some archaeological support to the wish expressed by Marco Podini, head of the excavation, regarding the existence of a settlement near the current urban fabric of Reggio Emilia19. Among these stands out a bronze votive statuette of the same type as that found in the area of the Credem bank, which would seem also to attest in the adjacent area of Palazzo Busetti cult practices related to forms of popular religiosity.


Roberto Macellari, Marco Podini | Le origini di Reggio Emilia The origins of Reggio Emilia

questo caso di un orante, nudo, con gli attributi sessuali maschili in leggera evidenza, privo di un braccio e di una gamba. L’arto inferiore superstite piega leggermente verso l’interno, per riunirsi, si ritiene, alla gamba perduta attraverso un terminale a fittone, che doveva consentirne il fissaggio su una basetta lignea o lapidea (figg. 1, 4)20. Le due statuine rientrano in una ormai cospicua produzione di bronzi votivi, «umbro-liguri»21, spalmata su un vasto ambito territoriale, essendo concepita per soddisfare le necessità devozionali alle frontiere occidentali del mondo etrusco verso quello di cultura ligure, con manifestazioni estese dalla Toscana di nord-ovest, dove queste testimonianze sono state rese note prima che altrove, alle valli piacentine, parmensi e reggiane (ma non ad oriente del Crostolo) sino alla sottostante pianura in direzione del Man-

This is also a praying figure, naked, with indications of male sexual attributes, missing an arm and a leg. The surviving lower limb is slightly bent inwards to meet, it is believed, the lost leg via a stub which would have allowed the latter to be fixed to a wooden or stone base (figs. 1, 4)20. The two statuettes fall into a by-now conspicuous production of “Umbrian-Ligurian” votive bronzes21, spread across a vast territory, being designed to meet the devotional needs at the western frontiers of the Etruscan world towards Ligurian culture, with extended manifestations from north-west Tuscany ‒ where these testimonies became known before elsewhere, to the valleys of Piacenza, Parma and Reggio Emilia (but not to the east of the Crostolo) as far as the subjacent plain in the direction of Mantua22. The chronology usually attributed to these bronzes,

4-5. Bronzetto votivo dall’area di Palazzo Busetti, veduta posteriore (foto di Carlo Vannini); femmina di fermaglio di cintura in bronzo dall’area di Palazzo Busetti. 4-5. Votive bronze statuette from the Palazzo Busetti area, rear view (photo by Carlo Vannini); Female belt fastener in bronze from the Palazzo Busetti area.

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7-8. Modena, matrici e lucerne dagli impianti produttivi di Cittanova: in alto, tipo ellenistiche; nel mezzo, tipo Cittanova; in basso, tipo Dressel 3 (seconda metà del I sec. d.C.); Modena, da una tomba necropoli del parco Novi Sad. Lucerna a canale chiuso con bollo «M(utina) Fortis F(ecit)». 7-8. Modena, moulds and oil lamps from the production facilities of Cittanova: top, Hellenistic type; centre, Cittanova type; bottom, Dressel type 3 (second half of the 1st century AD); Modena, from a necropolis tomb in the Novi Sad park. Oil lamps with a closed channel marked “M(utina) Fortis F(ecit)”.

tanova21. A Magreta sono inoltre attestate matrici per la produzione di antefisse e coroplastica. Le produzioni modenesi più importanti di questo periodo sono le lucerne tardo repubblicane prodotte a Magreta e Cittanova, dove si sono rinvenute numerose matrici bivalve (alcune con la firma del produttore), numerosi scarti di produzione con esemplari deformati dalla cottura e molte lucerne sia intere che frammentate22. A Cittanova sono state inoltre messe in luce tre piccole fornaci, utilizzate per la cottura delle lucerne, annesse alle officine (fig. 6). Da Magreta provengono 41 matrici destinate alla produzione di lucerne di tipo ellenistico. Si tratta di lucerne ad imitazione delle cosiddette Herzblattlampen prodotte in area pergamena (fine III-I sec. a.C.), i cui modelli sono giunti a Magreta nel I sec. a.C. tramite la mediazione dei mercatores che frequentavano il porto franco di Delo. Le lucerne recano a volte, impressa sul fondo, la firma del produttore VAL (lettere in nesso) attestata anche su un frammento di matrice. Da Cittanova provengono 14 matrici, la maggior parte delle quali per la fabbricazione di lucerne di tradizione ellenistica (Herzblattlampen), tra le quali si segnalano quelle a testa silenica, a te

Some productions of a local nature such as amphorae, produced in the kiln at Maranello, can be dated to the late Republican period. This was a type of transition between the Greco-Italic amphorae and the Lamboglia type2, and bricks, in particular bricks branded MAT from Magreta, and tiles branded Q.MVT and T.MVT. from Cittanova21. In Magreta, moulds have also been found for the production of antefixes and terracotta objects. The most important productions of Modena in this period were the late Republican oil lamps produced in Magreta and Cittanova where numerous bivalve moulds have been found (some with the signature of the producer), a large number of production rejects with specimens deformed by firing and many oil lamps both integral and fragmented22. At Cittanova, three small kilns annexed to the workshops have also been brought to light, used for firing oil lamps (fig. 6). From Magreta have come 41 moulds for the production of oil lamps of the Hellenistic type. This was an oil lamp which copied the so-called Herzblattlampen produced in the Pergamon area (end of 3rd-1st century BC);


Donato Labate | Nuovi dati su Mutina Repubblicana New data on Republican Mutina

sta di ariete, con decorazioni a globetti. Una di queste reca a rilievo la firma del produttore ALIX, mentre la firma VAL è presente su uno scarto di produzione. Tra le produzioni di Cittanova figurano anche lucerne forma ovale, indicate proprio come “tipo Cittanova”, un tipo che segna il passaggio tra le lucerne di tradizione ellenistica e quelle tardo repubblicane. Il tipo sembra anticipare la produzione delle Dressel 3, anche queste fabbricate a Cittanova (fig. 7). Il complesso produttivo di Cittanova si data alla seconda metà del I sec. a.C.23 e sembra cronologicamente attivarsi qualche decennio dopo quello di Magreta. A differenza dell’impianto di Magreta, in cui è attestato un solo produttore che si firma VAL, quello di Cittanova si caratterizza per la presenza di almeno tre produttori: VAL e ALIX, che producono lucerne di tradizione ellenistica. e PM che produce lucerne “tipo Cittanova”. Il complesso produttivo scavato a Cittanova è da riferire ad una delle più importanti manifatture di lucerne tardo repubblicane attestate nel mondo romano. Questo complesso, assieme a quello di Magreta posto a poca distanza, consolida la fama che ebbe nella produzione fittile la colonia romana di Mutina. Entrambe le officine gravitavano nell’area dei Campi Macri e del vicino santuario di Cittanova, dove venivano offerte le lucerne da queste prodotte. La produzione di lucerne tardo repubblicane risulta pertanto funzionale sia alle attività commerciali, che si praticavano nell’area dei Campi Macri, sia ai riti che si svolgevano nei vicini santuari. Lucerne di tradizione ellenistica, prodotte a Cittanova e Magreta, sono documentate sia nel Modenese che in altri centri della regione; altri esemplari, prodotti verosimilmente a Mutina, sono attestati nella Cisalpina, in particolare ad Aquileia, Milano, Forlì, Gazzo Veronese e nel Norico al Magdalensberg24. Il complesso produttivo di Magreta sembra sopravvivere di poco a quello di Cittanova, come testimonia la presenza di matrici per la produzione di lucerne a volute e a canale la cui produzione, iniziata verosimilmente all’inizio dell’età imperiale a Magreta, si sposterà, con la decadenza dei Campi Macri, a Mutina, che, diventerà il maggior produttore di lucerne del mondo romano tra I e II sec. d.C.25

models which reached Magreta in the 1st century BC through the mediation of the mercatores who frequented the free port of Delos. Occasionally, the oil lamps bear the signature of the producer VAL (letters joined), impressed into the base, and also attested on a fragment of a mould. Cittanova yielded 14 moulds, most of them for the manufacture of oil lamps of the Hellenistic tradition (Herzblattlampen), among which we should mention those with a Silenic head, or a ram’s head, with decorations of small globes. One of these bears in relief the signature of the producer ALIX, while the signature VAL is present on a production reject. Among the productions of Cittanova are oil lamps of an oval shape, indicated precisely as the “Cittanova type”, a style which marked the passage from the oil lamps of the Hellenistic tradition to the late Republican variety. This style seems to have anticipated the production of the Dressel type3, these too manufactured at Cittanova (fig. 7). The productive complex of Cittanova has been dated to the second half of the 1st century BC23, and it seems that, chronologically, that of Magreta began operating some years later. Unlike the Magreta complex, where we have reports of only one producer signing VAL, that of Cittanova was characterized by the presence of at least three producers: VAL and ALIX, who produced traditional Hellenistic oil lamps; MW who produced “Cittanova-type” oil lamps. The production complex excavated at Cittanova should be related to one of the most important manufactories of late Republican oil lamps attested in the Roman world. This complex, together with that of Magreta lying within walking distance, consolidated the fame that the Roman colony of Mutina enjoyed in earthenware production. Both workshops gravitated around the Campi Macri area and the nearby shrine of Cittanova which was offered the oil lamps they produced. The production of late Republican oil lamps was therefore useful both to the commercial activities that existed in the Campi Macri area, and for the rites which took place in the nearby shrines. The oil lamps of the Hellenistic tradition produced at Cittanova and Magreta have been documented both in the Modenese area and in the other centres of the region. Fur


1. Parma, cattedrale, settore absidale sudorientale. 1. Parma Cathedral, southeast apsidal area.


La città e la cattedrale di Parma dopo il terremoto del 1117: una rifondazione? The city and the cathedral of Parma after the 1117 earthquake: a refoundation? Arturo Calzona, Giorgio Milanesi

I miti aiutano a capire la storia? A Parma gode ancora di grande fortuna il mito di rifondazione della città nel segno del papato di Roma da parte del vescovo Bernardo degli Uberti (1060-1133). Ma è proprio così?

Do myths help us understand history? In Parma the myth of the refoundation of the city by the papacy of Rome in the person of Bishop Bernardo degli Uberti still enjoys great popularity (1060-1133). But is this really the case?

I.  Se si scorre il dibattito critico degli storici e degli storici dell’arte che hanno affrontato la questione della cattedrale (figg. 1-3), non può certo sfuggire come il problema abbia ruotato attorno alla data di ricostruzione dell’edificio, cioè se quello che oggi vediamo sia stato realizzato al tempo del vescovo scismatico Cadalo, antipapa col nome di Onorio II dal 1061 al 1064, oppure se sia il frutto di una ricostruzione in seguito al terremoto del 1117, quindi al tempo di Bernardo degli Uberti, presule della città dal 1106 al 1133. La cosa non è di poco conto perché le figure di questi due prelati segnano due momenti particolari della storia cittadina: il primo è infatti il rappresentante della Reichskirche nell’XI secolo, il secondo invece è un monaco vallombrosano legato al Papato e a Matilde di Canossa. A dire il vero, all’interno di questo quadro generale, nel corso degli anni si è fatta strada una interpretazione che ha cercato di trovare una possibile mediazione tra quelle sopra enunciate senza tuttavia modificarne l’impianto generale. Si è cercato infatti di ridimensionare il ruolo dei Canossa e del Papato giungendo anche a mettere in dubbio la data di consacrazione dell’edificio avvenuta secondo Donizone agli inizi di novembre del 1106, semplicemente perché nel Calendario Liturgico la Dedicatio Ecclesiae cade il 26 settembre. Ipotesi quest’ultima da rigettare perché sappiamo con certezza che Pasquale II dopo il Concilio di Guastalla è a Parma dal 2 al 10 novem-

I.  If we browse through the critical debate of

the historians and art historians who have tackled the issue of Parma Cathedral (figs. 1-3) we certainly cannot avoid seeing that the problem revolves around the date of reconstruction of the building. In other words, if what we see today was built at the time of the schismatic Bishop Cadalo, anti-pope with the name of Honorius II from 1061 to 1064, or whether it is the result of a reconstruction after the 1117 earthquake, hence at the time of Bernardo degli Uberti, Prelate of the city from 1106 to 1133. The question is not insignificant since the figures of these two prelates mark two particular moments in the city’s history: the first being the representative of the Reichskirche in the 11th century, the second a Vallumbrosan monk linked to the Papacy and to Matilda of Canossa. To tell the truth, within this general scenario, over the years, an interpretation has gained in popularity which has sought a possible reconciliation between those set out above but without altering the overall scheme. This is an attempt to play down the role of Canossa and the Papacy that even questions the date of the building’s consecration which allegedly occurred, according to Donizone, in early November 1106, simply because in the liturgical calendar the Dedicatio Ecclesiae falls on 26 September. The latter hypothesis can be rejected, however, since we know with certainty that after the Council of Guastal


2. Parma, cattedrale, facciata. 2. Parma Cathedral façade.

bre. La sua permanenza in città è dunque perfettamente compatibile con quella della consacrazione della cattedrale ma, di conseguenza, altre devono essere state le ragioni che hanno portato i parmigiani ad una damnatio memoriae di quell’evento e dei suoi principali protagonisti: il Papa, Matilde e il nuovo vescovo Bernardo1. Facendo poi leva soprattutto sul terremoto del 1117 e sulla figura del vescovo, si è cercato di leggere la cattedrale come segno della nascita del nuovo Comune cittadino2. Recentemente Pietro Maria Silanos3, attraverso l’analisi degli eventi che caratterizzano il lungo episcopato del presule, dopo avere focalizzato l’attenzione soprattutto sul suo ruolo come defensor civitatis, arriva a concludere che Bernardo: «segnò indelebilmente non solo la vita ecclesiastica parmense nella prima metà del XII secolo, ma anche la vita cittadina tout court». Per quanto riguarda la vicenda della cattedrale cittadina, sia in riferimento alla sua consacrazione sia in riferimento all’insediamento del nuovo vescovo “riformato”, Silanos sostiene che Manfred Luchterhandt4 ha «convincentemente» dimostrato come Pasquale II nel 1106 non avesse consacrato un “nuovo edificio” – come tutti, ad 

la, Pope Paschal II was in Parma from 2 to 10 November. His stay in the city is therefore perfectly consonant with that of the consecration of the cathedral but, as a consequence, there must have been other reasons which led the citizens of Parma to a damnatio memoriae of that event and of its main players: the Pope, Matilda, and the new Bishop Bernardo1. At this point, and especially by leveraging the 1117 earthquake and the figure of the bishop, the cathedral becomes seen as a sign of the birth of the new Commune2. Just recently, Pietro Maria Silanos3, through an analysis of the events which characterized the long episcopate of the prelate, and after focusing his attention on the latter’s role as Defensor Civitatis, came to the conclusion that Bernardo: “indelibly marked not only the ecclesiastical life of Parma in the first half of the 12th century, but also the life of the city tout court”. As regards the story of the city’s cathedral both in reference to its consecration and in reference to the consecration of the new “reformed” bishop, Silanos argues that Manfred Luchterhandt4 has “convincingly” demonstrated that in 1106 Paschal II had not consecrated a “new building” – as everyone


Arturo Calzona, Giorgio Milanesi | La città e la cattedrale di Parma dopo il terremoto del 1117 The city and the cathedral of Parma after the 1117 earthquake

3. Planimetria della cattedrale di Parma (da Luchterhandt 2009). 3. Ground plan of Parma Cathedral (from Luchterhandt, 2009).

eccezione di Ireneo Affò5, hanno ritenuto –, ma che la riconsacrazione fosse un atto di “purificazione della memoria” dello scismatico Cadalo e del passato scismatico della città. Il vecchio edificio riconsacrato così nel segno di Roma sarebbe stato però, anche per Luchterhandt, restaurato solo dopo i gravi danni subiti in occasione del terremoto del 1117, dunque durante il pontificato di Bernardo, e concluso solo attorno al 1190/1200. È pertanto all’interno di questa proposta di lettura degli avvenimenti che la cattedrale è diventata il simbolo di una rifondazione della città, città non più legata all’Impero, ma al Papato, città in cui proprio in quegli anni si era venuto peraltro progressivamente affermando il governo dei boni homines e poi dei consoli cittadini protagonisti di nuove classi sociali in piena espansione. Ma è davvero tutto risolto per quanto riguarda le fasi costruttive della cattedrale? Davvero la figura di Bernardo, patrono mancato della città, e la sua committenza per la fase post terremoto, si sovrappongono perfettamente e diventano la chiave per potere parlare di una rifondazione della città? In questa occasione vorrei solo sollevare alcuni problemi legati alle fonti documentarie, che se-

except Ireneo Affò5 has claimed – but that the re-dedication was an act to “purify the memory” of the schismatic Cadalo and the city’s equally schismatic past. The old building reconsecrated thus, in line with Rome, would only have been restored, also for Luchterhandt, after the serious damage suffered in the 1117 earthquake, during Bernardo’s pontificate, and not concluded until around 1190-1200. It is thus within this proposed interpretation of the events that the cathedral has become a symbol of the city’s refoundation, a city no longer related to the Empire, but to the Papacy, a city in which precisely in those years the government of boni homines had become progressively established, and as a consequence the citizen consuls became protagonists of the then blooming new social classes. But has everything really been resolved concerning the construction phases of the building of the cathedral? Do the figure of Bernardo, the failed patron of the city, and his post-earthquake patronage overlap perfectly and become the key to be able to speak of a refoundation of the city? On this occasion I shall limit myself to raising some questions related to the documentary 


William Guerrieri, dalla serie New Lands, 2017. William Guerrieri, from the series New Lands, 2017.


Aggiornamenti sul problema della narrazione del territorio Updates on the problem of narrating a territory Giulio Iacoli

Le tante puntate, anche recenti e approfondite, sul comporsi e sullo studio di una tradizione letteraria per il territorio emiliano1 soggiacciono a impressioni in certo modo ambivalenti. Se da un lato, difatti, le storie e le mappature della letteratura regionale e provinciale restituiscono demarcazioni confortanti, protettive, identità ben individuate lungo una continuità diacronica, i connotati di un territorio avvertito comunitariamente come tale, in senso politico quanto affettivo2, d’altro lato tali operazioni necessarie, sottoposte al confronto con la teoria letteraria, con le direzioni plurime e gli orientamenti globali delle poetiche contemporanee, finiscono con il perdere in certezza descrittiva. I rispecchiamenti si fanno opachi, l’inscrizione di un testo, o evento letterario, all’interno di un territorio specifico appare gesto preliminare e provvisorio, necessitante di integrazioni critiche, della correlazione con dinamiche e attori molteplici, al di fuori o a dispetto dell’originaria sfera di influenza esercitata dal luogo generatore. Non è, questo, un vortice nel quale ricada oggi la sola verifica delle forme letterarie; è quasi scontato, nell’occasione di questo dialogo geocentrato fra saperi, richiamarsi alla via Emilia e alla sua centralità simbolica e concreta in azioni intese a ridefinire modi di vedere, stereotipi nazionali, come il Viaggio in Italia intrapreso dai fotografi del nuovo paesaggio all’inizio degli anni Ottanta. La collaborazione fra questi e uno scrittore, Gianni Celati, destinata a riverberare nel novelliere Narratori delle pianure (1985) e nel diario di viaggio o insieme, nelle parole dell’autore, di “racconti d’osservazione” intitolato Verso la foce (1989), e ravvisabile in particolare nel protratto e irripetibile dialogo con Luigi Ghirri, segna per noi un punto d’avvio e un modello di osservazione e scrittura del paesaggio

The many episodes, even those recent ones thoroughly investigated, on the composition and study of a literary tradition for the Emilian territory1 are subject to impressions which are in a certain sense ambivalent. If on the one hand the stories and mappings of regional and provincial literature show comforting, protective demarcations, identities well identified throughout a diachronic continuity, the connotations of a territory seen as a community, as much in a political as an affective sense2, on the other, these necessary operations, subjected to comparison with the literary theory, with the multiple directions and global guidelines of contemporary poetics, end up losing descriptive certainty. The echoes become opaque, the inscription of a text or literary event within a specific territory seems a preliminary and provisional gesture, requiring critical integrations of correlation with multiple dynamics and stakeholders, outside or in spite of the original sphere of influence exerted by the generative place. This not a vortex in which merely the verification of the literary forms falls today; it is almost banal, with the occasion of this geo-centred dialogue between facts, invoking the Via Aemilia and its symbolic and concrete centrality in actions to redefine ways of seeing, national stereotypes, like the Viaggio in Italia undertaken by the new landscape photographers at the beginning of the Eighties. The collaboration between them and a writer, Gianni Celati, destined to reverberate in the short stories of Voices from the Plains (1985) and in a travel diary or together, in the words of the author of “tales of observation” entitled Towards the River’s Mouth (1989), and noticeable in particular in the protracted and unrepeatable dialogue with Luigi Ghirri, marks for us a point of initiation and a model of 


William Guerrieri, Manifestazione celebrativa, Modena, dalla serie Instant Report, 2008. William Guerrieri, Manifestazione celebrativa, Modena, from the series Instant Report, 2008.

per lo sviluppo dell’attuale, rigogliosa “nuova prosa territoriale”3 – un fenomeno di rilievo europeo, senz’altro, recepito però in maniera originale, calato nel vivo della differenza culturale e delle criticità del nostro paese, da Franco Arminio, Giorgio Falco, Antonio Pascale, Vitaliano Trevisan, per limitarci ad alcune fra le scritture più note, ed esemplari quanto a coerenza rappresentativa. Si potrà obiettare che, di fronte alla variabilità delle singole intuizioni paesaggistiche, alla tensione, da parte di una simile prospettiva pensabile come d’avanguardia, a investire su rappresentazioni della realtà ironiche, spesso smitizzanti e comunque sempre interrogatrici, permane, pur nelle modificazioni storiche da essi stessi esibite, la concreta evidenza dei referenti, l’azione ispiratrice di modelli spaziali: la strada-regione, la pianura, la città di provincia. Realtà fondative, forme territoriali suggestive e ineludibili, dati e ancoraggi storici 

observation and writing of the landscape for the development of the current, luxuriant “new territorial prose”3 – a phenomenon of European significance, certainly, but transposed in an original way, dropped into the heart of cultural difference and criticalities of our country, by Franco Arminio, Giorgio Falco, Antonio Pascale, and Vitaliano Trevisan, to limit ourselves to some of the better-known writings and exemplary with regard to their representative consistency. It could be argued that, in the face of the variability of the individual landscape insights, to the tension of such a perspective conceivable as stateof-the-art, to impact ironic representations of reality, often debunking and always questioning, remains, albeit in the historical changes which they themselves exhibit, concrete evidence of referents, the inspiring action of spatial models: the road-region, the plain, the provincial city. Found-


Giulio Iacoli | Aggiornamenti sul problema della narrazione del territorio Updates on the problem of narrating a territory

William Guerrieri, Ombrellone parasole, dalla serie The Dairy, 2015. William Guerrieri, Ombrellone parasole, from the series The Dairy, 2015.

concreti ai quali rifarsi, per leggerne le attestazioni e le trasformazioni, rifratte altresì, o in un secondo momento, dalle forme artistiche. Siamo dinanzi a un richiamo sensato, a un’opportuna presa in carico del materiale, di contro alla parzialità, all’apparenza sfrangiata degli immaginari; eppure, se ci si dispone con una certa attenzione a recepire le indicazioni provenienti dalla geocritica, un filone di ricerca varato dal comparatista francese Bertrand Westphal sul finire degli anni Novanta, caratterizzato da una prospettiva multifocale e interdisciplinare, l’accento si sposta, sensibilmente; va a battere sull’alea piuttosto che sulla dura consistenza del referente. Lungi dall’assegnare alla letteratura un ruolo di «agrimensore del reale»4, le procedure geocritiche «affronta[no] un referente la cui rappresentazione letteraria non è più da considerarsi deformante, bensì fondatrice, dal momento che lo spazio co-

ing realities, evocative and inescapable territorial forms, data and concrete historical anchor-points to which to refer to read the attestations and transformations, refracted also, or subsequently, the artistic forms. We are faced with a meaningful reference, a material opportunity assumed against partiality, the frayed appearance of the imagery; and yet, if we are gifted with a certain attention to accept the indications coming from geocriticism, a line of research launched by the French professor of comparative literature Bertrand Westphal at the end of the Nineties, characterized by a multifocal and interdisciplinary approach, the emphasis shifts significantly; it falls on the alea rather than on the hard consistency of the referent. Far from assigning literature a role of “land surveyor of the real”4, the geocritical procedures “tackle a referent whose literary representation is no longer to be regarded distorting but foun


dei secoli l’iconografia urbana è arrivata a perdere. Questi lunghi “prospetti urbani”2 sono gli elaborati che meglio ci restituiscono i caratteri identificativi dell’immagine peculiare delle diverse parti di città e ci risultano oggi comprensibili solo attraverso una lettura che integri conoscenze archeologiche e storiche, ad altre di carattere sociale ed economico oltre che politico, che solo intersecate con i dati emergenti da attente operazioni di rilevamento ed adeguate tecniche di restituzione grafica e fotografica ci consentono di decodificare, interpretando in modo sincronico i caratteri che definiscono la città di Parma in questo tratto fondativo.

La chiesa di Santa Maria del Quartiere in Parma3 Da una prima lettura a scala urbana, che ha visto l’utilizzo di tecniche di rilievo e descrizione grafica di tipo tradizionale, il rilievo della chiesa di Santa Maria del Quartiere è stata l’occasione4 per testare per la prima volta nella città un laserscanner quale nuovo strumento di acquisizione dei dati morfometrici, sia a scala urbana (fig. 4), per leggere e interpretare le relazioni tra monumento e contesto, sia a scala architettonica, per descrivere in modo dettagliato i caratteri dimensionali e di deformazione strutturale, aspetto sul quale si è sperimentato anche un nuovo metodo di lettura e quantificazione dei dissesti in atto sul monumento, integrando conoscenze della storia architettonica del manufatto5, rilievo avanzato dell’architettura e analisi grafica e metrologica dello stato attuale come strumento di valutazione dei cedimenti (fig. 1). L’identità tra geometria e statica ha infatti a lungo guidato la pratica costruttiva: per questo, l’indagine del rapporto tra forma e stabilità delle strutture antiche, in cui la regola empirica di precisi rapporti proporzionali si sostituiva alle moderne conoscenze sulla resistenza dei materiali, risulta essere uno strumento fondamentale per comprendere l’organizzazione e il comportamento statico di una antica fabbrica in muratura, identificandone prioritariamente forma e tipologia strutturale. Comprendere, infatti, il progetto originario è il primo passo per spiegarne deformazioni e cinematismi, leggendo il rilievo dello stato di fatto secondo le unità di misura in uso al momento della costruzione. 

These long “urban elevations”2 are the details which best render the identifying features of the particular image of the various parts of the city and are only comprehensible today through an interpretation that integrates archaeological and historical knowledge with other kinds of a social, economic and political nature, which only when combined with data emerging from careful operations of surveying and appropriate techniques of graphic and photographic rendering, allow us to decode the characteristics which define the city of Parma in this founding stretch, interpreting them within a synchronic approach.

The Church of Santa Maria del Quartiere in Parma3 From a first interpretation on an urban scale, which saw the use of survey techniques and graphic descriptions of the traditional kind, the examination of the Church of Santa Maria del Quartiere was a first occasion4 to test a laser scanner in the city as a new tool for morphometric data acquisition, both on an urban scale (fig. 4), to read and interpret the relationships between the monument and the context, and at an architectural scale, to describe in detail the dimensional characteristics and structural deformation, the latter an aspect on which was tried a new method of reading and quantifying ongoing structural shifts in the monument, integrating knowledge of the artefact’s architectural history5, advanced surveys of the architecture, and graphic and metrological analyses of its current status as a tool to evaluate structural failure (fig. 1). In fact, the identity embracing geometry and statics has long guided construction practices: for this reason, an investigation of the relationship between the form and the stability of ancient structures, in which the rule of thumb for precise proportional relationships are replaced with modern knowledge on the strength of materials, proves to be an essential tool to understand the organization and static behaviour of an ancient structure in masonry, identifying in the first place its form and structural type. The fact is that understanding the original design is the first step to explaining deformations and kinematic systems, reading the survey of the sta-


Chiara Vernizzi, Riccardo Roncella | Laserscanner, droni e fotomodellazione Laser scanners, drones and photo-modelling

Il Duomo di Parma L’integrazione e la sovrapposizione di diverse tecniche di acquisizione è stata la base per l’analisi di dissesti strutturali nelle campate centrali della navata principale del Duomo di Parma, sulle quali una prima campagna di rilievi è stata condotta tramite laserscanner nel 2004 ad integrazione e confronto di quella fotogrammetrica condotta da FOART tra il 1983 e il 1992. La campagna del 2004, condotta in collaborazione con ITABC del CNR6, ha portato all’elaborazione di tre diverse tipologie di modelli digitali 3D: a nuvole di punti, per mesh e per superfici7 (fig. 5). Gli elaborati bidimensionali estratti da questi modelli, in sovrapposizione con gli elaborati grafici derivanti dai rilievi condotti in precedenza, hanno consentito di valutare gli scostamenti avvenuti negli abbassamenti delle volte e degli arconi8. Ancora una volta, anche in questo caso, fondamentale è stata la lettura integrata mediante altre chiavi disciplinari, quali quelle storico architettoniche e artistiche, in connessione con la conoscenza degli eventi storici, che hanno consentito

tus quo according to the units of measure in use at the time of its construction.

Parma Cathedral The integration and overlapping of different acquisition techniques was the basis for an analysis of structural upheavals in the central bays of the main nave of Parma Cathedral, on which a first survey campaign was conducted by laser scanner in 2004 as an integration and comparison with the photogrammetric one conducted by FOART between 1983 and 1992. The 2004 campaign, conducted in collaboration with the ITABC of CNR6, led to the creation of three different types of digital 3D model: point cloud, mesh and surface7 (fig. 5). The two-dimensional representations extracted from these models, superposed on graphics resulting from the surveys conducted previously, helped us to assess the deviations that have occurred in the sagging of the vaults and arches8. Once again, also in this case, a key aspect was the reading integrated by other disciplinary

5. Volte della navata centrale del Duomo: nuvola di punti, mesh, superfici architettoniche e sovrapposizione. 5. The vaults of the central nave of the Cathedral: Point Cloud, mesh, architectural surfaces and overlapping.

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Vista di una arcata del Ponte Romano e dello spazio a livello del torrente con la scala di discesa dalla nuova passerella che corre sul lato sud alla quota di piazza Ghiaia. View of an arch of the Roman Bridge and space at the level of the river with the stair to descend from the new walkway that runs along the south side at the Piazza Ghiaia level.

costruito e della forma urbana, queste esperienze hanno tradotto in ricerca trasversale e attiva la collaborazione già in corso tra antichisti e contemporaneisti nel riassetto dell’area del ponte. Traiettorie incrociate si sono anche densificate in specifici insegnamenti, come quello di Tecnologie multimediali per l’archeologia3, che arricchiscono l’offerta formativa umanistica con competenze professionalizzanti in linea con i recenti orientamenti in materia di formazione per i Beni Culturali4. Presupposto necessario è l’interpretazione dell’antico nell’inevitabile direzione del dialogo con il contemporaneo, con la messa in campo di quanto il mestiere di archeologo può dispiegare in termini di competenze scientifiche e pratiche tecniche, senza l’ausilio delle quali i monumenti restano non parlanti5. In questo contesto, la componente scientifica e quella educativa e di terza missione sono, a loro volta, tra gli obiettivi dei Programmi “Fare Campus-Campus Explora” e “S.F.E.R.A. Spazi e Forme dell’Emilia Romagna Antica”6, entro i quali il progetto sul ponte e sui suoi spazi diventa una vetrina aperta alla cittadinanza sul contributo dell’Università di Parma alla città 

ical examination of the bridge, which looked at technical, constructive, topographic and urban planning aspects. In addition to their conception reflecting the normal scientific dialogue between archaeologists and architects on the themes of the constructed and the urban form, these experiences have translated into transversal research and an active collaboration already underway between ancient and contemporary history specialists in the rehabilitation of the bridge area. Overlapping paths have also become densified in specific teachings, such as that of Multimedia Technologies for Archaeology3, which enrich the humanistic educational offering with professionalizing skills in compliance with recent guidelines in the Cultural Heritage Education field4. One necessary prerequisite is the interpretation of the ancient in an inevitable dialogue with the contemporary, including implementation of what the profession of archaeologist can contribute in terms of scientific expertise and practical techniques, without the aid of which all monuments remain mute5. Within this context, the scientific and educational components and the Third Mission are, in


Alessia Morigi, Antonio Maria Tedeschi | Luoghi archeologici ritrovati: il ponte antico di Parma Archaeological sites rediscovered: the Roman bridge of Parma

Vista di una arcata del Ponte Romano e della scala di discesa al livello del torrente con la nuova passerella sullo sfondo, dal lato nord alla quota di piazza Ghiaia. View of an arch of the Roman Bridge and the stairway down to river level with the new walkway in the background, from the north side at the Piazza Ghiaia level.

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Vista di una arcata del Ponte Romano dalla quota del torrente. View of an arch of the Roman Bridge from river level.

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Alessia Morigi, Antonio Maria Tedeschi | Luoghi archeologici ritrovati: il ponte antico di Parma Archaeological sites rediscovered: the Roman bridge of Parma

di Parma in termini di ricerca archeologica come ricerca identitaria e di cultura dell’impresa archeologica. Il progetto è, infatti, quello di sperimentare, negli spazi raccolti intorno alle arcate, itinerari scientifici, educativi e divulgativi condivisi per il rilancio ad ampio spettro del distretto a partire dalla sua fisionomia e identità originarie. Più che il recupero dell’antico, l’intenzione è quella di una sua rifondazione con una riedizione consapevole del palinsesto disegnato dalle sopravvivenze fisiche del paesaggio romano nel tessuto insediativo contemporaneo, in un circuito virtuoso tra ricerca scientifica e promozione del territorio che veda uno scambio critico e osmotico tra le due parti. Per quanto riguarda il contributo dell’archeologia, il progetto espositivo, curato da chi scrive in collaborazione con i colleghi del MiBACT7, si è avviato nel 2014 con l’insediamento di un tavolo tecnico promosso dal Comune di Parma: il gruppo di lavoro ha visto mobilitata l’Università in sinergia con gli altri enti chiamati a fare ricerca e tutela sull’antico, in particolare Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia Romagna e gli odierni Soprintendenza Archeologia Belle Arti Paesaggio di Parma e Piacenza e Complesso Monumentale della Pilotta. Il fitto calendario di incontri e confronti sui temi tecnico-scientifici del progetto architettonico e dell’allestimento espositivo, compresa la lunga fase di selezione, catalogazione e restauro dei materiali mobili, è sfociato, per quanto riguarda la componente espositiva, nell’ideazione e realizzazione di una mostra permanente sullo scavo della limitrofa piazza Ghiaia e di una serie di pannelli dedicati all’archeologia di Parma in grado di sviluppare i temi della città e del territorio alla luce delle più recenti acquisizioni e del dibattito attuale. La costruzione dei pannelli ha previsto ampia dotazione iconografica aggiornata alle scoperte più recenti e testo a fronte italiano e inglese. I temi dei pannelli intercettano, nella consolidata tradizione topografica dell’indagine sulla città e sul territorio, l’ambito urbano di Parma romana (conquista romana e fondazione; spazio forense; edifici monumentali; Parma tardoantica) e il territorio della colonia romana (organizzazione territoriale; pianura; collina; montagna). Affondi specifici sono dedicati alle infrastrutture, strade (il sistema stradale; la costruzione delle strade; le necropoli) e ponte (storia del ponte; riscoperta del

turn, among the objectives of the programmes “Fare Campus - Campus Explora” and “S.F.E.R.A. Spaces and Forms of Ancient Emilia-Romagna”6, within which the project for the bridge and the spaces around it becomes a showcase open to citizens thanks to a contribution by the University of Parma to the city featuring archaeological research as a quest for identity and culture within the general archaeological enterprise. The project sets out to offer, in the intimate spaces around the arches, scientific, educational and explanatory visits to relaunch the area with a broad variety starting out from its original physiognomy and identity. More than a recovery of the ancient world, the intention is to create a foundation with an informed review of the various layers illustrated by the physical survivors of the Roman urban landscape within the contemporary settlement fabric, in a virtuous circle between scientific research and territorial promotion with a critical and osmotic exchange between the two parties. As regards the contribution of archaeology, the exhibition project, curated by the undersigned in collaboration with colleagues from MiBACT7, was launched in 2014 with the establishment of a technical round table promoted by the City of Parma: a working group arranged for the University to work in conjunction with the bodies called to do research on and safeguard the ancient artefact, in particular the Regional Directorate for Cultural Heritage and Landscape of Emilia-Romagna and today’s Superintendency for Archaeology Fine Arts and Landscape of Parma and Piacenza and the Monumental Complex of the Pilotta Palace. The rich calendar of meetings and debates on technical-scientific themes regarding the architectural and exhibition projects, including the lengthy phase of selecting, cataloguing and restoring the mobile artefacts culminated in the design and implementation of a permanent exhibition on the excavation of the neighbouring Piazza Ghiaia and a series of panels dedicated to the archaeology of Parma to explore the themes of the city and territory in the light of the most recent acquisitions and current debate. The assembly of these panels provided plentiful iconographic information updated to include the latest findings, with parallel texts in Italian and English. The panels deal with the con


Finito di stampare nel mese di dicembre 2018 per conto della casa editrice Il Poligrafo srl presso le Grafiche Callegaro di Vigonza (Padova)



il progetto dell’archď&#x;Š

1. Carlo Quintelli L’Abbazia archivio | museo | laboratorio Un progetto architettonico per lo csac 2. Fondare e ri-fondare. Parma, Reggio e Modena lungo la via Emilia romana a cura di Alessia Morigi, Carlo Quintelli




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