PierAntonio Val VERSO UNA NUOVA COSTRUTTIVITÀ
One hundred fifty projects, twelve sites, five strategic points representing five different fields for experimentation and thought: these are the figures that describe the operation undertaken by the Università Iuav di Venezia with the ATER public housing authority in the Province of Venice, focusing on low-cost residential districts. Regeneration, renovation and innovation are the key words that guided the research into the revitalization of the most significant and problematic existing building situation of our day: the architecture of the “recent past”. The projects for housing regeneration provide a backdrop for exploring the theme of the transformation in today’s housing, with respect to the revolution in the construction industry, in relation to the tradition of Modernism, in the light of a crisis that is economic in nature but, more than that, uncertain about future policies. In the constant search for new paradigms in the language of construction relevant to the regeneration of the present, PierAntonio Val highlights a new oscillation from real projects to a theoretical elaboration founded on built reality and on the imperative of architecture to provide a cultural and technical response to the demands of the present. The continuous tension between project and theory gives rise to a taxonomy of five typological forms of approach, shaped by the dialectic between topos, type and tectonic. The book thus promotes a new idea of constructivity as the requisite and political aim of architectural design, and proposes a manifesto, developed as a metamorphosis of slogans from the Modernist tradition, for a possible analytical and educational direction in architectural design between the present and the near future. PierAntonio Val teaches Architectural Design at the Università Iuav di Venezia. From 2000 to 2003 he taught at the School of Architecture at the Politecnico di Milano. He has participated in various educational endeavors and held conferences in Italy and at universities abroad. His research focuses on the relationship between architecture and context, between theory and practice, between educational goals and professional demands. It incorporates the perspectives of diverse disciplines and strives to address the rapidly changing tradition of architecture. He has participated in numerous national and international competitions, as well as various architecture exhibitions in Italy and Europe. He has collaborated with various magazines in Italy and abroad, and many of his built projects have been published and exhibited at Italian and foreign venues. His major publications include: Venezia città del moderno («Rassegna», 22, 1985), Quale architettura all’interno della prassi (Venice 1989), Relazione e distanza (Padua 2007), Per una architettura della costruzione (Padua 2011), Il progetto costruito (Padua 2015).
ArchitetturaCostruzioneConservazione 4
I --U --A --V
ilpoligrafo
e 25,00
2
progetto come addizione
PierAntonio Val
attacco al suolo
verso una
nuova costruttività frammenti per un linguaggio della rigenerazione del passato prossimo
5 3
ISBN 978-88-7115-894-5
1
modificazione continua
nuovo rapporto con il tetto
ilpoligrafo
4
involucro come diaframma osmotico
Centocinquanta progetti, dodici aree di intervento, cinque punti strategici che rappresentano altrettanti campi di sperimentazione e riflessione: sono questi i numeri dell’operazione avviata dall’ateneo Iuav in collaborazione con l’ATER della provincia di Venezia, nell’ambito dei quartieri residenziali a basso costo. Rigenerazione, riqualificazione e innovazione sono parole chiave che hanno guidato la ricerca, per il recupero della preesistenza più rilevante e problematica oggi: l’architettura del “passato prossimo”. I progetti di rigenerazione edilizia fanno da sfondo al tema della mutazione odierna dell’abitare, rispetto a una plurima questione: alla luce della profonda trasformazione delle forme di abitare; in relazione alla rivoluzione del mondo della costruzione; in rapporto alla tradizione del moderno; in funzione di una crisi che è crisi economica, ma anche crisi di indirizzo. Da qui l’autore si chiede se non possano prendere forma dei nuovi paradigmi per un linguaggio costruttivo della rigenerazione del presente. Si delinea così un’oscillazione dai progetti concreti all’elaborazione teorica. L’elaborazione teorizzante trova fondamento nella realtà costruita e nella necessità dell’architettura di dare risposta in termini di cultura e di tecnica alla domanda del presente. Emerge da qui una tassonomia di cinque forme tipologiche di approccio, nella dialettica tra topos tipo e tettonica. Il libro promuove così una nuova idea di costruttività come necessità e finalità politica del progetto. Tale finalità avvalora l’interesse per misurare le metamorfosi rispetto ad alcuni slogan della tradizione del moderno. Lo scopo è quello di indicare un indirizzo verso una possibile linea analitica e didattica del progetto architettonico, tra presente e futuro prossimo. PierAntonio Val insegna Progettazione architettonica nell’ateneo Iuav di Venezia. Dal 2000 al 2003 ha insegnato alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Ha svolto attività didattica in Italia e in diverse università straniere, i suoi interessi di studio hanno approfondito il rapporto tra architettura e contesto, teoria e prassi, confrontandosi con una tradizione architettonica in rapida trasformazione e con la pluralità delle descrizioni offerte dalle varie discipline che concorrono alla definizione del progetto. Ha partecipato a diverse esposizioni di architettura in Italia e in Europa e ha vinto concorsi nazionali e internazionali. Ha collaborato con diverse riviste specializzate in Italia e all’estero e molti suoi progetti sono stati oggetto di pubblicazione. Tra le sue principali pubblicazioni: Venezia città del moderno («Rassegna», 22, 1985), Quale architettura all’interno della prassi (Venezia 1989), Relazione e distanza (Padova 2007), Per una architettura della costruzione (Padova 2011), Il progetto costruito (Padova 2015).
Architettura Costruzione Conservazione 4
ArchitetturaCostruzioneConservazione 4
I --U --A --V
PierAntonio Val
verso una
nuova costruttivitĂ frammenti per un linguaggio della rigenerazione del passato prossimo with English Translation
ilpoligrafo
Università Iuav di Venezia
Il volume è stato realizzato con il contributo di Ater Venezia Editing Francesca Peltrera Antonino Petrone Francesco Tessaro Revisione grafica Il Poligrafo, Laura Rigon English text Olga Barmine
copyright © luglio 2016 Il Poligrafo casa editrice 35121 Padova piazza Eremitani – via Cassan, 34 tel. 049 8360887 – fax 049 8360864 e-mail casaeditrice@poligrafo.it ISBN 978-88-7115-894-5
Il libro è il risultato della ricerca svolta nel DACC negli ultimi tre anni, per questo ringrazio tutti i colleghi del Dipartimento con cui mi sono trovato a collaborare. Un fondamentale ringraziamento va all’ATER di Venezia che ha sostenuto questo lavoro e all’architetto Stefania Spiazzi: il dialogo con tutti, e con lei in particolare, è risultato essenziale. Un istituzionale ringraziamento va ai due direttori che si sono avvicendati nella gestione del Dipartimento, Renzo Dubbini e ora Antonella Cecchi. Ringrazio tutti i miei collaboratori, il loro entusiasmo è stato vitale per me. A Nicole Cardin ed Elisabetta Vivian devo un ringraziamento per aver collaborato al controllo e al ridisegno del materiale didattico. Ringrazio anche le industrie con cui mi sono rapportato. Il loro modo di vedere i problemi e il futuro è stato necessario per l’indispensabile confronto con la realtà che sempre deve essere ricercato nel nostro lavoro. Grazie a Roberto di Marco per il continuo dialogo, da una prospettiva disciplinare diversa e necessaria. Stima e amicizia vanno ad Angelo Villa per la passione e l’impegno profuso sugli stessi temi. Infine ringrazio gli atenei dove ho avuto modo di discutere e affinare questo libro in convegni, lezioni e discussioni nei jury, attraverso i rispettivi colleghi che hanno maggiormente contribuito al confronto: Roberto Di Giulio Unife Ferrara; Ferran Sagarra UPC Barcellona; Guya Bertelli Polimi Milano; Lourdes Diego e Jonas Holst Sorensen, ETSA USJ Saragozza; David Turnbull e Guido Zuliani Cooper Union NY; Hervè Dubois, ParisValDeSeine; Ana Valderrama e Gustavo Carabajal FAPyD-UNR Rosario Argentina; Javier Fernadez Castro UBA Buenos Aires; Sara e Josè Morales ETSAS Siviglia
In copertina Elaborazione dell’autore, Manifesto dei 5 punti per modificare il passato prossimo, disegno in inchiostro rosso sopra fotocopia del manifesto di Le Corbusier, I cinque punti dell’Architettura Moderna Illustrazioni alle pp. 132-133 Progetti di rigenerazione di edifici agricoli: a sinistra, disegni raffiguranti la strategia costruttiva; a destra, disegni raffiguranti il principio insediativo e il radicamento al suolo
Indice
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Introduzione. Per una nuova costruttività Il primo punto morto dell’oscillazione: il cambiamento strutturale in atto nei meccanismi di progettazione e costruzione dell’architettura Il secondo punto morto dell’oscillazione: i risultati di un’esperienza progettuale specifica Progetto come risposta in termini di cultura e di forma alle condizioni di realtà: Topos/Tipo/Tettonica Per costruire è necessario fondare: il manifesto
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Il caso: costruire una razionalità dialogante in un quadro contestuale allargato La tradizione Ricerca analitica come contributo al miglioramento disciplinare e al mondo della produzione dell’architettura La rilevante mutazione delle forme della domanda abitativa Nuove tecniche e figure costruttive: “nuovi outils”
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Per un’architettura che cambia il presente per un futuro prossimo Nuovi paradigmi del progetto di architettura, tra innovazione disciplinare e necessità civili Il contesto: la fotografia; Il progetto: la sequenza filmica I cinque punti per modificare il passato prossimo
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Atlante: aree di intervento e schede dei progetti 1. Progetto come addizione e come strumento per nuove relazioni 2. Attacco al suolo 3. Nuovo rapporto con il tetto dell’edificio 4. Involucro come diaframma osmotico 5. Progettare la modificazione continua
133
English text
a mio nonno, che mi ha insegnato che per pescare un pesce è necessario osservare non solo l’acqua, ma anche il cielo e gli uccelli in volo
Verso una nuova costruttivitĂ
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Introduzione. Per una nuova costruttività
Il primo punto morto dell’oscillazione: il cambiamento strutturale in atto nei meccanismi di progettazione e costruzione dell’architettura Il libro vuole in sostanza dare forma a un’oscillazione in relazione a due condizioni e a due relativi piani di riflessione. Il primo piano fa riferimento ad alcune considerazioni, nate soprattutto alla luce di un confronto rispetto alla consapevolezza di un cambiamento strutturale in atto nel mondo e nello specifico nei meccanismi di progettazione e di costruzione dell’architettura. Tale cambiamento strutturale trova nella crisi economica un fattore di accelerazione. “In casi favorevoli le crisi sono temporali purificatori [...], che possono favorire [...] un cambiamento di mentalità in nome di un’immagine del futuro che abbia prospettive di successo”1. Così sostiene e si auspica Ralf Dahrendorf nel suo ultimo libro dal titolo Dopo la crisi. C’è da chiedersi se ci troviamo ora in queste condizioni, ovvero se ci vogliamo orientare affinché ciò avvenga. I segni del cambiamento che riverberano nella nostra disciplina sono comunque evidenti e vanno dalle politiche governative, ai processi di progettazione, fino ad arrivare al mondo della costruzione in relazione con il sistema dell’industria delle costruzioni. La comunità europea nel campo dell’architettura chiede attraverso una serie di politiche2: bassa occupazione del suolo; riuso/rigenerazione del patrimonio edilizio esistente; la progettazione di edifici flessibili, adattabili nel tempo al cambiamento. Richiede che la progettazione sia estesa anche al processo costruttivo e soprattutto alla gestione dell’architettura prodotta (obbligo del manuale di manutenzione dell’edificio)3. L’economia, in generale, chiede costi e tempi certi; o meglio costi di costruzione, di gestione e tempi contenuti (in funzione dei costi dell’energia, delle materie prime e della mano d’opera). Richiede processi di progettazione certificati e garantiti sul piano delle competenze e sul piano assicurativo, per abbassare costi ed imprevisti. Gli stessi sistemi informatici più avanzati sono orientati ad integrare progettazione, costruzione e gestione dell’edificio (per esempio la piattaforma informatica BIM Building Information Management)4. In questo quadro si assottigliano le differenze dei modi di progettare/costruire un’architettura e di progettare/produrre un oggetto industriale (un’automobile, un elettrodomestico ecc.). Questo è un pericolo? L’architettura non è certamente un oggetto di design. Essa ha a che fare con uno spazio specifico: con un luogo, con un contesto. Per l’architettura il rapporto con il luogo è un carattere fondamentale, immendabile, da difendere. È anche vero però che gran parte degli architetti del movimento moderno e lo stesso Le Corbusier, per esempio, hanno costruito sulla relazione tra mondo della produzione e forma architettonica (sull’architettura come “macchina per abitare”), uno dei fondamenti strumentali per la trasformazione del suo
Erhebung senza moto, concentrazione senza eliminazione, un mondo nuovo e il vecchio fatto esplicito, compreso nella completezza della sua estasi parziale nella risoluzione del suo parziale errore. Eppure la concentrazione di passato e futuro intrecciati nella debolezza del corpo che cambia protegge la razza umana dal cielo e dalla dannazione che la carne non può sopportare. [...] Una dopo l’altra case sorgono cadono crollano vengono ampliate vengono demolite distrutte restaurate [...]. Vecchia pietra per costruzioni nuove vecchio legname per nuovi fuochi [...] Thomas Eliot, Quattro quartetti
Villino Alatri, soprelevazione palazzina romana Mario Ridolfi, Roma, 1948-1949, archivio disegni di architettura, fondo Mario Ridolfi, Accademia Nazionale di San Luca Ampliamento Padiglione Church a Ville d’Avray, Le Corbusier, 1927-1928 Sopralzo sede bancaria, BBPR, Milano, 1966
linguaggio architettonico, per il rinnovamento generale del linguaggio del moderno. In questo quadro mutato c’è da chiedersi se oggi sia opportuno nuovamente focalizzare una parte dell’attenzione sulla metamorfosi di questo rapporto: tra sistemi di produzione e forma architettonica; tra forma e costruzione. Ad una semplice osservazione superficiale, infatti, anche il cantiere si mostra cambiato. Appare popolato più da tecnici, controllori del processo costruttivo, prestazionale e gestionale, che da reale manodopera impiagata nella costruzione. Le stesse fasi di costruzione avvengono in cantiere “a singhiozzo” per concentrare e ridurre l’uso e quindi il costo della manodopera. Molte delle fasi costruttive si spostano dal cantiere all’industria delle costruzioni (componenti/semilavorati). La stessa industria delle costruzioni appare diversa, riconvertita per “sopravvivere alla crisi”, in quanto ha saputo trovare nel quadro produttivo in trasformazione spazi e ragioni di razionalità, di mercato e di vita. In tale contesto oggi le tecniche, le forme di costruzione e gli stessi sistemi di calcolo strutturale si sono trasformati sensibilmente. All’interno di questo clima del presente, l’insieme dei meccanismi di progettazione e costruzione dell’architettura si modificano. Alcuni sostengono che oggi l’entità del cambiamento strutturale abbia raggiunto complessivamente un livello pari a quanto è avvenuto nei primi decenni del secolo scorso. È forviante e inutile fare confronti. Il quadro di trasformazione è certamente più complesso di quanto qui brevemente descritto e non si può dire sia concluso. Allo stesso modo è pericoloso cadere nella tentazione di stabilire rapporti di causa ed effetto secondo un logica lineare, all’interno del quale “diagnosticare” una direzione del cambiamento. Un fatto è inequivocabile: la mutazione mette comunque in campo alcune questioni sul piano della disciplina architettonica. Emergono due polarità: il tema della riconversione del patrimonio architettonico del passato recente, in particolare qui analizzato a partire dal manufatto edilizio e il tema del rapporto figura-costruzione. Nel caso della seconda polarità è possibile sostenere che il panorama contestuale mutato determina un’articolazione di tale relazione dialettica, modificando il rapporto in Figura-Costruzione-Manutenzione. Entrambe le due polarità concorrono a definire un nuovo quadro paradigmatico5. Da qui una nozione acquista maggiore centralità e nuova luce nel processo strategico di definizione del progetto: la nozione di modificazione6. All’interno del tema della riconversione del passato recente, l’architettura, diviene forma di stratificazione nel presente. Essa, a maggior ragione, assume il carattere di addizione, di “costruzione nel, sul e tra il costruito”. L’edilizia preesistente ed il contesto allargato che l’ha prodotta diventano così materiale preminente del progetto di architettura, assumendo contemporaneamente il ruolo di soggetto e contenuto del progetto stesso. In questa prospettiva emergono alcune questioni. La questione che ci interessa rilevare è se la condizione di costruire sul costruito possa assumere un’importanza speciale come atteggiamento concettuale che possa guidare la progettazione architettonica 11
e al suo interno il rapporto tra preesistenza (antico) e nuovo. Dove, in questo caso, conservazione e realizzazione del nuovo non sono antinomici ma dialettici. Si vuole qui analizzare se anzi, in qualche modo, la pratica di costruire sulla preesistenza (intesa come processo di modificazione appunto) non possa essere considerata riassuntiva degli spostamenti che si sono verificati nella teoria della progettazione architettonica negli ultimi anni. Questo lavoro vorrebbe contribuire a verificare se esista o si vada creando un linguaggio che governa la costruzione sul costruito, così come negli anni dell’avanguardia esistevano una serie di linguaggi del nuovo. Nel caso dell’avanguardia architettonica, l’obiettivo è in qualche modo quello di seguire il nuovo come valore, che promuove speciali legami con la nozione di produzione oggettuale, di cui l’architettura diventa mimesi. Invece la necessità e volontà di costruire sul costruito articola l’interesse per la storia della disciplina nella sua continuità, articola l’idea di progetto come sistema virtuoso di relazioni che assumono come fondamento un continuo atteggiamento critico operativo verso le forme e le tecniche della tradizione del costruire (continuamente da reinterpretare ed aggiornare). In questa prospettiva, il processo di progettazione è in primo piano, non solo come conseguenza positiva o sfondo inalienabile, ma appunto come processo, dove la trasformazione ha luogo in una sorta di moto continuo (di modificazione continua) tra scelta arbitraria del progetto e resistenza data dalla necessità di contestualizzazione (contesto inteso su un piano allargato, rispetto al quale il progetto si sovrappone, si stratifica). La pratica di costruire sul costruito naturalmente non è nuova. Nella lunghissima tradizione disciplinare è possibile delineare, in varie epoche, una lunga sequenza di esempi che vedono nuove parti stratificarsi sul costruito. Gli esempi sono molteplici e vanno dal tema classico dell’addizione architettonica, alla riconversione di manufatti. Segnali di continuità si possono individuare anche nella tradizione del moderno, nonostante questa pratica sembri eclissarsi nei momenti più “esasperatamente ideologici”. Margini di continuità affiorano anche agli albori del movimento moderno. Lo stesso Le Corbusier affronta il tema, nel padiglione Church a Ville d’Avray del 1927-19287. Parimenti segnali di persistenza si trovano nell’Italia del secondo dopoguerra con Mario Ridolfi (villini Alatri 1948-1952) e in modo più strutturato con il gruppo BBPR (nel sopralzo sede bancaria a Milano, 1966). Da qui, in particolare con Rogers, è possibile delineare un filo rosso che comprende una parte significativa della tradizione italiana, che considera l’architettura una costruzione critica dialogante tra nuovo e preesistenza. Tale filo rosso comprende con molte differenze gran parte della generazione degli allievi di Rogers e non solo. Al di là dei progetti esemplari indicati, le scelte strategiche a livello politico ed economico globale pongono oggi il tema in modo preponderatamene mutato e diffuso (gli indirizzi della comunità europea lo confermano, ma non solo, anche nelle politiche oltre oceano è possibile trovare conferme). 12
Progetto di addizione gipsoteca, Carlo Scarpa, Possagno, 1956-1957 Addizione casa colonica nella campagna veneta, E. Casagrande, C. Ricci, P.A Val, 1981, pianta al suolo con ombre e prospetto longitudinale
La rigenerazione, oggi, non è una collezione di casi più o meno eccezionali o un atteggiamento ideologico: è una politica del territorio e della città, attraverso cui si affrontano le questioni ed entro cui si confrontano i progetti dell’architettura di ogni giorno: abitazione, servizi, attrezzature ecc. Non si tratta quindi semplicemente solo di elencare esempi qualificati a sostegno e perimetrazione del tema. Tutt’altro, entro tale condizione, c’è da chiedersi se il tema della rigenerazione del presente (o, come ho avuto modo di definire in altre occasioni, della “modificazione del passato prossimo”)8 possa essere considerata una delle questioni oggi necessarie e per questo fondamentali. Rispetto la condizione materiale presente, il tema della rigenerazione del patrimonio edilizio del secolo appena concluso assume un carattere prioritario e strategico. Rigenerare il passato prossimo significa porre in relazione dialettica due azioni apparentemente contrapposte: conservare e modificare. Sul piano disciplinare ciò pone in stretta relazione le discipline del progetto architettonico e le discipline del restauro. Rispetto al tema, la disciplina del restauro mette a disposizione procedure e metodologie di analisi per raccogliere e individuare i valori dell’esistente, indirizzando scelte che instaurino (di volta in volta) originali equilibri tra valori di memoria e valori contemporanei. Però per la disciplina del restauro, lavorare su manufatti relativamente recenti (il passato prossimo) vuol dire anche esercitarsi su una condizione di limite, dove sfumano e/o non hanno ancora attecchito i tradizionali canoni della conservazione. Significa stimolare un’esperienza di ricerca, in cui sperimentare il senso stesso e le motivazioni delle azioni di tutela. Sul piano della progettazione architettonica emergono, invece, ulteriori questioni. Confrontarsi con la modificazione del passato recente significa innanzitutto considerare il progetto di architettura come la formulazione di un giudizio sull’esistente. Il giudizio diventa il luogo all’interno del quale le varie discipline trovano ambiti di relazione dialettica e ragione specifica (insieme alla composizione, le discipline tecniche, la storia, il restauro, l’estimo ecc.). In questa prospettiva il progetto di architettura assume una valenza plurima. È al contempo soluzione e strumento conoscitivo di un contesto a servizio della collettività. È fondamentalmente linguaggio di conoscenza di un luogo, dove la proposta progettuale diventa la misura della qualità della trasformazione. Parimenti, però, in quanto giudizio, il progetto diviene inevitabilmente anche strumento riflessivo e analitico di se stesso. Questo avvalora la strategicità del tema è la necessità di confrontarsi su tali questioni. Nel clima mutato, un secondo aspetto assume centralità e diversa articolazione: il rapporto che l’architettura instaura con il tempo, all’interno di un tale diverso quadro paradigmatico. Sigfried Giedion intitolava il suo famoso libro Spazio, tempo, architettura proprio a sottolineare il carattere essenziale del rapporto tra i due elementi per l’architettura, e il carattere speciale che il tempo assume nel moderno. 13
Il caso: costruire una razionalità dialogante in un quadro contestuale allargato
La tradizione
Vista generale del salone dell’esposizione edilizia a Berlino. In primo piano la casa di Mies Van de Rohe, 1931
Nel novembre del 1948, iniziando l’anno accademico alla scuola di Venezia, Giuseppe Samonà auspicava “un maggiore contatto degli studenti con l’esterno, con il territorio” (nello specifico la regione Veneto) e “un’integrazione tra didattica e ricerca”. Il suo obiettivo era di rendere meno astratta la disciplina dell’insegnamento, attraverso “il confronto con i problemi reali dell’edilizia di ogni giorno, grande e piccola che si va costruendo”. Per Samonà il dialogo con la realtà costruita, incrociando conoscenze e competenze era una “finalità quasi morale della scuola”1. Con lo stesso intento è presentato il lavoro di ricerca sulla rigenerazione dei quartieri d’edilizia residenziale low cost, realizzati nell’intervallo che va dal secondo dopoguerra agli anni Ottanta/Novanta del secolo scorso a Venezia. La ricerca va in continuità con la scelta di orientare sul tema parte dei miei interessi di ricerca e didattici praticati in questi anni e sulla convinzione della necessità di allargare e articolare il quadro entro cui operare sul piano formativo all’interno della scuola di architettura, integrando strettamente ricerca e didattica. L’esperienza didattica va considerata come luogo sperimentale, dove poter palesare e incrociare in modo critico – diretto sul campo – i risultati e le conoscenze di quel quadro allargato e composito che concorre a definire il progetto architettonico. Il materiale presentato non è però una lineare trasposizione del prodotto didattico, poiché è stato rielaborato a posteriori, proprio al fine di raggiungere quel necessario grado di approfondimento e coerenza, indispensabile sul piano della ricerca. Per operare in relazione concreta con il territorio ho voluto dialogare e coinvolgere direttamente le istituzioni che gestiscono il fenomeno abitativo. Nello specifico è stato coinvolto l’ATER di Venezia: l’agenzia che gestisce il patrimonio pubblico di edilizia residenziale della provincia di Venezia. L’Agenzia ha collaborato, in parte, delineando, soprattutto, il campo concreto di indagine e di sperimentazione ove praticare il lavoro attraverso la scelta congiunta dei casi studio. Allo stesso modo in termini diversi sono state coinvolte già in ambito didattico alcune forze produttive: le industrie che producono le componenti edilizie. Il coinvolgimento ha assunto nel tempo forme diverse e composite, in modi non sempre ufficializzati e continui2. Le relazioni instaurate sono sempre state, però, importanti e necessarie per rafforzare il quadro dialettico di coerenza tecnica costantemente ricercato e ritenuto indispensabile tra didattica e ricerca all’interno di un rapporto con un contesto di riferimento il più possibile allargato. Il tema del social housing è da sempre un tema fondante del dibattito architettonico, fin dalle esperienze dei maestri del moderno. La centralità del tema abitativo si pone oggi in modi e forme naturalmente in gran parte molto diverse, rispetto a come emergeva negli anni della ricostruzione post-bellica. La questione della casa a basso 31
costo oggi non è un problema di risposta a una domanda abitativa, ma è una questione essenzialmente legata alla definizione di modi e di strategie di riconversione del patrimonio edilizio esistente. Il patrimonio abitativo è considerato in gran parte inadeguato e richiede alti costi di gestione, per questo è necessario a modificare le strategie operative del progetto. Il tema odierno della riconversione implicitamente richiede una doppia risposta sul piano disciplinare. Da un lato implica la messa in forma di una serie di strategie, volte a definire le procedure di una ristrutturazione architettonicamente e tecnicamente compatibile. Contemporaneamente impone la formulazione di un giudizio sulla validità e convenienza di una tale strategia e sulla validità dei processi attuativi per realizzare la trasformazione. Dall’altro lato la riconversione del patrimonio abitativo chiede di definire con il progetto forme e strategie per concretizzare delle soluzioni architettoniche nuove che possano porsi in modo sostenibile in sostituzione di quanto oggi realizzato come risposta a una domanda abitativa modificata. Tutto questo indirizza il progetto di architettura verso forme e territori diversi che possiamo definire “ibridi”, dove le strategie del nuovo, della ristrutturazione e del restauro s’incrociano e si mescolano, continuamente nell’azione trasformativa, fin quasi a perdere i caratteri di autonomia reciproca, o meglio, fino a ridefinire volta a volta articolazioni e limiti di ciascuna di tali discipline all’interno di ciascuna risposta progettuale. Proprio per questo, in accordo con l’ATER si è badato a campionare e intervenire nella sperimentazione progettuale su aree differenti che prevedevano sia la sola rigenerazione/trasformazione dell’esistente, sia, in alcuni casi, in aree che necessitano la costruzione di nuove abitazioni in linea con un quadro prestazionale e sociale modificato a integrazione di quanto già costruito. In entrambe le condizioni, il tema della progettazione a basso costo va a coniugarsi con problemi che la contemporaneità pone e impone, sintetizzabili nei seguenti slogan: bassi costi; bassa gestione; basso spreco di territorio; basso impatto ambientale; alta adattabilità ai sistemi di vita sociale in profonda trasformazione ed evoluzione; integrazione sociale; certificazione oggettiva delle qualità prestazionali: degli spazi e dei processi costruttivi. Anche il termine stesso “basso costo” deve essere oggetto di giudizio re-interpretativo, vuol dire basso costo di gestione e lettura critica del processo costruttivo. Le fasi costruttive nel caso della trasformazione dei manufatti esistenti assumono un’importanza maggiore e di relativa autonomia, tanto da influenzare il processo morfogenetico del progetto. Le fasi e i modi in cui attuare la trasformazione assumono un peso maggiore nel momento in cui la trasformazione prevede lo spostamento degli abitanti o la permanenza dei residenti in parti attigue. Dal punto di vista dell’architettura significa prefigurare forme architettoniche consone per gestire in modo coerente, attraverso il progetto, l’intero processo compositivo, costruttivo e gestionale dell’architettura che si integri nell’ambiente. 32
Emerge un quadro, dove l’architettura diventa ancora di più una pratica difficile se essa vuole realmente incidere positivamente nel futuro del territorio. Ma è proprio in quest’operazione difficile, parafrasando Nicole Emery3, che l’architettura trova le ragioni della propria necessità ed esistenza. In questa prospettiva, il tema della casa a basso costo torna a ridiventare, come sempre nella tradizione del moderno, un tema rappresentativo per analizzare la trasformazione che i paradigmi del progetto stanno subendo in questi anni. In questo lavoro la tradizione dell’architettura italiana ha costituito uno sfondo di riferimento critico. Esemplari sono l’impegno degli architetti razionalisti italiani alle triennali e alla fiere di Milano, per la messa a punto di progetti campione (Franco Albini per esempio). Allo stesso modo, sono stati oggetto di confronto gli sforzi nel dopoguerra in Italia del gruppo degli architetti per i piani INA-casa. Allo stesso modo, appare giusto considerare anche il profondo riesame critico alla tradizione del moderno, prodotto dal gruppo Team X, in particolare nel loro intento di contestualizzare temi e problemi dell’abitare in un quadro più vasto, verso un confronto “non solo del mondo occidentale”. Da quelle esperienze emergono, per esempio, alcune ricerche di nuove forme insediative modulari dense (mat-building), integrate a tentativi di composizione per elementi costruttivi distinti e assemblati. In questa prospettiva affiorano le ricerche sulle nuove forme di abitare, elaborate negli anni Sessanta dai coniugi Smithson. Ricordiamo all’interno di questo quadro che anche L. Kahn e J. Stirling, protagonisti del moderno hanno aderito originariamente al gruppo Team X insieme a molti altri, come lo stesso Alvaro Siza. Queste sono alcune delle esperienze fertili di riferimento.
Ricerca analitica come contributo al miglioramento disciplinare e al mondo della produzione dell’architettura
Casa a struttura in acciaio, V Triennale di Milano, G. Pagano, F. Albini, R. Camus, G. Minoletti, G. Mazzoleni, G. Pallanti,1933 Foto delle “Exhibition Hause” nel giardino del Museo di Arte Moderna, New York, di Marcel Breuer, 1949 Ricerche sulle nuove forme di abitare, Alison e Peter Smithson, 1959
Un secondo aspetto emerge nelle prolusioni di Samonà del primo dopoguerra: ritenere centrale l’indagine tecnica come premessa e insieme come controllo degli aspetti teorici e della ricerca applicata. Per Samonà il tema della casa assume un ruolo strategico dove “uno studio così esauriente di (un) determinato problema edilizio, una volta compiuto, potrà essere valido e originale contributo al miglioramento e alla selezione della nostra edilizia”4, nello specifico è inteso il mondo della produzione architettonica di allora. Tale intento di Samonà si allinea con la migliore tradizione delle radici del moderno. Infatti il progetto è contributo d’ingegno per risolvere non solo il tema specifico ma è anche risposta culturale e tecnica che permette margini di generalizzazione per un avanzamento delle conoscenze collettive. 33
Per un’architettura che cambia il presente per un futuro prossimo
Nuovi paradigmi del progetto, tra innovazione disciplinare e necessità civili Le riflessioni che seguono nascono a seguito dell’esperienza1, in parte a posteriori, della prima strutturazione della classificazione dei progetti. Si è cercato, a conclusione della classificazione dei progetti, di andare oltre, per vedere se da qui si potessero sintetizzare ed estendere le questioni tematiche emerse, oltre all’ambito specifico dell’edilizia residenziale low cost, chiedendosi se da questa esperienza si potesse arrivare ad un piano più generale. Le considerazioni sono nate soprattutto alla luce di un confronto rispetto la consapevolezza di un cambiamento strutturale in atto nel mondo e nello specifico nei meccanismi di progettazione e di costruzione dell’architettura che lo stesso lavoro progettuale mette qui in luce. Questa condizione contestuale mutata, rilevata dell’esperienza, si è progressivamente trasformata, ma indubbiamente oggi appare rilevante e globale e spinge tutti noi a operare con un atteggiamento nuovo nei confronti della realtà stessa. Sul piano più generale, alcuni filosofi contemporanei sostengono che questo mutamento determini un vero e proprio cambio di paradigma, come ho avuto modo di accennare già nell’introduzione. Per quanto riguarda la nostra disciplina, le considerazioni non vogliono essere né una teoria né una koinè di pensiero, ma semplicemente la necessità di definire un modo di confrontarsi con il progetto (inteso come risposta e come strumento analitico) rispetto una fotografia (che ritengo realistica) di uno stato di cose e che questa ricerca concorre a mettere in luce. Dove il progetto di architettura viene intenso come risposta sensibile a una conoscenza della realtà nella sua interezza: un processo che parte dalla realtà e torna alla realtà dopo averne messo in opera nuovi aspetti prima sconosciuti2. Per rilevare queste circostanze l’ordine dell’atlante è stato composto in modo da poter essere letto anche in forma di manifesto o più precisamente nella forma della modificazione dei cinque punti del manifesto di Le Corbusier, nato nell’epopea del movimento moderno. Ho fatto questa scelta di adottare la forma del manifesto da un lato per pormi in continuità con quella tradizione del moderno, ma soprattutto per misurare la presa d’atto di una svolta rispetto a quel pensiero più recente postmoderno che, quanto meno l’Occidente, ha sperimentato e sembra ora abbandonare. Quello che emerge da questo nuovo atteggiamento è proporre da parte di noi architetti, attraverso il progetto, un’estetica come teoria della sensibilità verso il reale, verso il contesto, un’ontologia naturale come teoria dell’immendabilità di ciò che è necessario e infine una ontologia sociale come teoria della documentalità e come risposta a tale domanda sociale3. Proprio per questo ho voluto utilizzare l’esperienza di ricerca sul progetto e da qui cercare di illustrare una posizione teorizzante più generale.
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Elaborazione dell’autore in forma di manifesto dal titolo: Costellazioni tematiche che il presente evidenzia riguardo il tema della rigenerazione”. Elaborazione sopra una riproduzione di pittura ad olio su tela 150 × 250 di Gino Ortona intitolata Palazzine Romane, estratto dal catalogo della Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia, 2011
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Un’alta ragione per cui ritengo utile usare la formula del manifesto è perché storicamente esso incorpora o meglio traccia un’idea di futuro (un rinnovamento), in contrasto con il pensiero post moderno e con le sue degenerazioni. Se noi leggessimo oggi i manifesti del movimento moderno, potremmo ripetere la famosa battuta di Karl Valentin, geniale cabarettista, amico e ispiratore di B. Brecht che dice: “Una volta il futuro era migliore”. Si coglie tra le righe dei manifesti del movimento moderno e in Le Corbusier di conseguenza un elemento importante, prezioso e apparentemente distante da noi. Traspare, negli enunciati, la reale speranza e tensione al cambiamento, al riscatto, alla “salvezza”: l’umanità – e quindi la sua forma: l’edificio, la città ed il paesaggio – nel futuro sarà migliore. Tale tensione pervade il pensiero del movimento moderno. Più precisamente, questo è uno dei caratteri peculiari di ciò che potremmo definire “la tradizione del progetto moderno”4. Rispetto tale tradizione, oggi noi possiamo dire che il futuro descritto dai manifesti del moderno non si sia realizzato e non sia, probabilmente, nemmeno in via di realizzazione, ma sia abortito. Tuttavia il manifesto, ancorché talora abbagliato nei confronti del progresso, coglie/usa/abusa un atteggiamento strategico importante: la tensione verso un rinnovamento, che per la storia e il futuro dell’umanità restano – come le premesse di ogni infanzia per la vita individuale – un lievito imprescindibile, un’esigenza insopprimibile e dunque un seme di un “futuro umano”. L’utopia – l’implicita attesa – anche se probabilmente non si compie, cambia comunque il mondo, essa è la resistenza a qualsiasi beffarda diagnosi del tradimento di quella trasformazione prefigurata, anche se d’altronde, tale diagnosi è (o si mostra) fin troppo fondata. Il selvaggio “anarco-capitalismo postmoderno”, persuaso che la storia sia finita, nega ogni futuro e ogni sostanziale possibilità di cambiamento, instaura il suo impero in una specie di presente indefinitamente prolungato, garantito da una trasformazione solo apparente e ripetibile, come le sue simulazioni mediatiche, dalle quali non si distingue. Rispetto questo continuo presente il progetto difficilmente può “avere luogo”, perché la nozione stessa di progetto incorpora necessariamente una volontà di cambiamento. Allo stesso modo non può avere luogo, perché manca quell’implicita attesa di futuro (tracciata dal manifesto), che diviene per il progetto architettonico l’indirizzo e la misura della coerenza della trasformazione del presente. Come appena anticipato, un altro elemento caratteristico del manifesto ritengo sia che esso non annunci una scoperta o una teoria, ma esponga una condizione, constati un dato di fatto o meglio riveli un cambiamento dello stato dei fatti, rispetto al quale elaborare alcune riflessioni. L’elaborazione, l’originalità, sta nelle riflessioni che si sviluppano da questo cambiamento, che produce “la fotografia dello stato dei fatti”.
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PierAntonio Val verso una nuova costruttività
One hundred fifty projects, twelve sites, five strategic points representing five different fields for experimentation and thought: these are the figures that describe the operation undertaken by the Università Iuav di Venezia with the ATER public housing authority in the Province of Venice, focusing on low-cost residential districts. Regeneration, renovation and innovation are the key words that guided the research into the revitalization of the most significant and problematic existing building situation of our day: the architecture of the “recent past”. The projects for housing regeneration provide a backdrop for exploring the theme of the transformation in today’s housing, with respect to the revolution in the construction industry, in relation to the tradition of Modernism, in the light of a crisis that is economic in nature but, more than that, uncertain about future policies. In the constant search for new paradigms in the language of construction relevant to the regeneration of the present, PierAntonio Val highlights a new oscillation from real projects to a theoretical elaboration founded on built reality and on the imperative of architecture to provide a cultural and technical response to the demands of the present. The continuous tension between project and theory gives rise to a taxonomy of five typological forms of approach, shaped by the dialectic between topos, type and tectonic. The book thus promotes a new idea of constructivity as the requisite and political aim of architectural design, and proposes a manifesto, developed as a metamorphosis of slogans from the Modernist tradition, for a possible analytical and educational direction in architectural design between the present and the near future. PierAntonio Val teaches Architectural Design at the Università Iuav di Venezia. From 2000 to 2003 he taught at the School of Architecture at the Politecnico di Milano. He has participated in various educational endeavors and held conferences in Italy and at universities abroad. His research focuses on the relationship between architecture and context, between theory and practice, between educational goals and professional demands. It incorporates the perspectives of diverse disciplines and strives to address the rapidly changing tradition of architecture. He has participated in numerous national and international competitions, as well as various architecture exhibitions in Italy and Europe. He has collaborated with various magazines in Italy and abroad, and many of his built projects have been published and exhibited at Italian and foreign venues. His major publications include: Venezia città del moderno («Rassegna», 22, 1985), Quale architettura all’interno della prassi (Venice 1989), Relazione e distanza (Padua 2007), Per una architettura della costruzione (Padua 2011), Il progetto costruito (Padua 2015).
ArchitetturaCostruzioneConservazione 4
I --U --A --V
ilpoligrafo
e 25,00
2
progetto come addizione
PierAntonio Val
attacco al suolo
verso una
nuova costruttività frammenti per un linguaggio della rigenerazione del passato prossimo
5 3
ISBN 978-88-7115-894-5
1
modificazione continua
nuovo rapporto con il tetto
ilpoligrafo
4
involucro come diaframma osmotico
Centocinquanta progetti, dodici aree di intervento, cinque punti strategici che rappresentano altrettanti campi di sperimentazione e riflessione: sono questi i numeri dell’operazione avviata dall’ateneo Iuav in collaborazione con l’ATER della provincia di Venezia, nell’ambito dei quartieri residenziali a basso costo. Rigenerazione, riqualificazione e innovazione sono parole chiave che hanno guidato la ricerca, per il recupero della preesistenza più rilevante e problematica oggi: l’architettura del “passato prossimo”. I progetti di rigenerazione edilizia fanno da sfondo al tema della mutazione odierna dell’abitare, rispetto a una plurima questione: alla luce della profonda trasformazione delle forme di abitare; in relazione alla rivoluzione del mondo della costruzione; in rapporto alla tradizione del moderno; in funzione di una crisi che è crisi economica, ma anche crisi di indirizzo. Da qui l’autore si chiede se non possano prendere forma dei nuovi paradigmi per un linguaggio costruttivo della rigenerazione del presente. Si delinea così un’oscillazione dai progetti concreti all’elaborazione teorica. L’elaborazione teorizzante trova fondamento nella realtà costruita e nella necessità dell’architettura di dare risposta in termini di cultura e di tecnica alla domanda del presente. Emerge da qui una tassonomia di cinque forme tipologiche di approccio, nella dialettica tra topos tipo e tettonica. Il libro promuove così una nuova idea di costruttività come necessità e finalità politica del progetto. Tale finalità avvalora l’interesse per misurare le metamorfosi rispetto ad alcuni slogan della tradizione del moderno. Lo scopo è quello di indicare un indirizzo verso una possibile linea analitica e didattica del progetto architettonico, tra presente e futuro prossimo. PierAntonio Val insegna Progettazione architettonica nell’ateneo Iuav di Venezia. Dal 2000 al 2003 ha insegnato alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Ha svolto attività didattica in Italia e in diverse università straniere, i suoi interessi di studio hanno approfondito il rapporto tra architettura e contesto, teoria e prassi, confrontandosi con una tradizione architettonica in rapida trasformazione e con la pluralità delle descrizioni offerte dalle varie discipline che concorrono alla definizione del progetto. Ha partecipato a diverse esposizioni di architettura in Italia e in Europa e ha vinto concorsi nazionali e internazionali. Ha collaborato con diverse riviste specializzate in Italia e all’estero e molti suoi progetti sono stati oggetto di pubblicazione. Tra le sue principali pubblicazioni: Venezia città del moderno («Rassegna», 22, 1985), Quale architettura all’interno della prassi (Venezia 1989), Relazione e distanza (Padova 2007), Per una architettura della costruzione (Padova 2011), Il progetto costruito (Padova 2015).