Vivai Sgaravatti, Il Poligrafo

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VIVAI SGARAVATTI David Celetti

OTTONOVECENTO A PADOVA profili, ambienti, istituzioni collana diretta da Mario Isnenghi

ILPOLIGRAFO



OTTONOVECENTO A PADOVA

profili, ambienti, istituzioni

collana diretta da Mario Isnenghi 2



VIVAI SGARAVATTI David Celetti

ILPOLIGRAFO


L’Autore e l’Editore ringraziano tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questa pubblicazione e le biblioteche e gli archivi padovani pubblici e privati. Si ringrazia in particolare il dottor Gianfranco Sgaravatti e la famiglia Sgaravatti per l’autorizzazione a pubblicare i materiali fotografici contenuti in questo volume.

progetto grafico Il Poligrafo casa editrice Laura Rigon copyright © ottobre  Il Poligrafo casa editrice  Padova piazza Eremitani - via Cassan,  tel.   - fax   e-mail casaeditrice@poligrafo.it  ----


INDICE

Presentazione Mario Isnenghi VIVAI SGARAVATTI



. Giardinieri e imprenditori



. La premiata ditta Sgaravatti



. Il più grande vivaio italiano



. Gli anni della crisi



. Epiloghi e permanenze APPENDICI



. Una settimana di lavoro alla Sgaravatti - 



. Cenni biografici



Indice dei nomi



L’anima di una città... Il carattere di un popolo... Così, nell’Ottocento, parlavano i romantici. Noi, oggi, parliamo di radici, parliamo di identità. E ne parliamo tanto. Meno ne abbiamo, più ne parliamo. Più le smarriamo, o abbiamo la sensazione di poterle smarrire, e più ne coltiviamo il bisogno e la nostalgia. Questa collana di schegge visive e di affondo restaurativi nella memoria – di Padova, dei Padovani e dei moltissimi che sono passati per Padova quando toccava alla loro generazione incarnare l’antica, secolare figura dello studente a Padova – muove da questi bisogni tutt’attorno affioranti. Viviamo nel presente e del presente, siamo anzi presentisti – in altri termini, non vediamo più in là del nostro naso, sia davanti che dietro – e però quanto ci piace annusare, fingerci, ripercorrere i nostri prossimi o remoti ieri collettivi. Ebbene, premesso – e promesso – che di parole vaghe come appunto le suddette – anima, carattere, radici, identità – faremo un uso il più parco e sobrio possibile, partiamo per un viaggio guidato, a più voci. Lo spazio è Padova, con le sue propaggini naturali, verso il Bacchiglione e i Colli. Il tempo è quello di Padova italiana, senza negarci – con discrezione e misura – punti di partenza e percorsi più lunghi, quando saranno necessari. Ottonovecento a Padova: questo il nostro ambito. Profili ambienti istituzioni: il ventaglio degli approcci, fra persone e luoghi identificati come quelli che definiscono e strutturano una storia. Una non piccola storia, una storia non minore: con una grande università, un grande santo, una grande piazza, un grande caffè... I ritratti stereotipati qualche volta tradiscono, lasciando


fuori troppe cose; ma un po’, anche, ci pigliano, dando alveo e direzione allo sguardo. I Vivai Sgaravatti: un’attività imprenditoriale molto caratterizzante e, a lungo, per diverse generazioni, fortunata. Locale, nazionale, internazionale: la triplice dimensione le si confà. All’inizio, la tradizione dei giardini – e dei giardinieri – di Venezia in villa; i conforti e le eleganze di una terraferma fiorita, per gli otia humanitatis e i privilegi estetici e sociali delle classi aristocratiche. E il capitale simbolico, con i segreti del mestiere e le pratiche lavorative assicurati dal passato. Poi lo spirito imprenditoriale, il salto di qualità produttivo, le nuove tecnologie – anche di comunicazione, vendita su catalogo, trasporto e distribuzione – messe al servizio di standard garantiti da esportazione. Il più grande vivaio d’Italia, fornitore della Real Casa e dell’Imperatore di Germania, ma anche di clienti altolocati pubblici e privati in giro per l’Europa, compresi Ministeri dell’Agricoltura e parchi. Storia di un’impresa, dunque, e di una ramificata e complessa genealogia familiare, ricostruita nei momenti d’oro della ditta e nelle congiunture di crisi; ma oltre che attraverso le sue proiezioni extra-padovane, in Italia e più lontano, sull’onda di un’affermazione e di un credito consolidati, il racconto è anche una storia del lavoro e dei lavoratori dei vivai: una storia perciò d’ordine sociale, non priva di punte e di conflitti. Per ricostruirla e metterla a fuoco, si sono messi a frutto gli archivi della ditta, ma anche le memorie e testimonianze di membri della famiglia, ex lavoratori, organizzatori sindacali.

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Vivai Sgaravatti


Intervista a Luigi Sanavia, operaio agricolo, poi trattorista e addetto all’officina della “Grandi Vivai Benedetto Sgaravatti”, Saonara (Padova) 2 agosto 2011 Intervista a Oreste Salmaso, operaio agricolo poi impiegato della “Grandi Vivai Benedetto Sgaravatti”, Saonara (Padova) 2 agosto 2011


I “Vivai Sgaravatti”, ossia le molte imprese e società che fecero capo alla famiglia di Saonara, rappresentano, con il loro secolo e mezzo di vita, uno dei più interessanti e significativi “casi aziendali” del Padovano. Le ditte Sgaravatti nacquero sulle spoglie della nobiltà veneziana ed emersero, nel primo Ottocento, tra i principali vivai del Padovano; divennero dopo l’Unità fornitrici di Casa Savoia, del governo del Montenegro, dell’Imperatore di Germania e dei ministeri dell’Agricoltura d’Italia, Serbia, Portogallo, Romania, Ungheria e Stati Uniti; parteciparono, durante il fascismo, alla piantumazione dell’Eur; sistemarono, negli anni Cinquanta e Sessanta, parchi e giardini delle più importanti società facenti capo alle Partecipazioni Statali. Crearono innovativi sistemi di vendita su catalogo che riscossero un successo tanto vasto da farne una pubblicazione ambita e ricercata. Fin dal secondo Ottocento sfruttarono commercialmente i più moderni strumenti “tecnici”, il telegrafo, il telefono, la ferrovia. Operando da sempre in un comparto ad alta intensità di lavoro, approfittarono di bassi salari e di vasta disponibilità di manodopera, dando vita a produzioni a elevato valore aggiunto entro un quadro agricolo segnato da arretratezza e povertà. Fecero della famiglia il perno dell’attività d’impresa, così come dell’ascesa sociale che accompagnò quella economica. Generazioni di Sgaravatti si succedettero alla guida dei vivai, ma assunsero anche cariche pubbliche e titoli onorifici, entrando a pieno titolo

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tra l’alta borghesia cittadina, giungendo a ospitare nelle loro ville i reali d’Italia durante la Prima Guerra mondiale. A un’ascesa tanto imponente, corrispose, tuttavia, un declino altrettanto sorprendente. A partire dagli anni Sessanta, infatti, le aziende furono colpite da un progressivo degrado della capacità competitiva. Si persero mercati e clienti. La direzione non seppe gestire efficacemente le relazioni sindacali quando i contadini, organizzati e uniti, chiesero migliori salari, diverse condizioni di lavoro o si opposero ai licenziamenti. La famiglia, da sempre elemento centrale nel quale venne a innestarsi l’attività d’impresa, si trasformò in fattore di debolezza, imponendo divisioni patrimoniali e generando aziende concorrenti. La rilevanza sociale dei suoi membri nulla poté contro un’opinione pubblica e un contesto politico radicalmente trasformato che, nelle ultime traversie dell’azienda, abbracciò apertamente la causa dei lavoratori. Importanti per l’impatto commerciale, la rilevanza economica, il ruolo occupazionale, il peso sociale della proprietà, i Vivai Sgaravatti vissero e parteciparono quali attori di primo piano alle grandi trasformazioni produttive, economiche, sociali che segnarono la provincia e il Paese dal primo Ottocento alla fine dello scorso secolo. La ricostruzione della loro “parabola storica” permette quindi non solo di ripercorrere le vicende di un’impresa importante, ma anche di “leggere dal basso”, entro la scala ridotta di una singola unità produttiva, processi e sviluppi di portata nazionale. Partendo dalle considerazioni generali ora esposte, il presente lavoro delinea i fattori che permisero l’ascesa e l’affermazione commerciale di lungo periodo dell’impresa padovana, soffermandosi, in particolare, sull’apporto della famiglia, sull’organizzazione produttiva e di vendita, sulle modalità di utilizzo della forza lavoro. Si evidenzierà come tali elementi vennero a inserirsi positivamente nell’ambiente economico e sociale dell’epoca, sfruttandone appieno le opportunità. Si passerà poi ad approfondire i fattori che poco a poco determinarono la crisi di un modello imprenditoriale a lungo tanto efficace, per concludere ripercorrendo le ultime fasi di vita dei grandi vivai padovani, segnate da successivi, quanto, per diverse e molteplici ragioni, fallimentari tentativi di rilancio, tenacemente voluti dall’ultima generazione Sgaravatti. 


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1. giardinieri e imprenditori 1.1 Le origini: territorio, economia e società

La “Ditta Sgaravatti”, come del resto le altre realtà padovane del settore che, nell’Ottocento, assunsero effettivo rilievo, emerse in un contesto particolarmente favorevole, per ragioni socio-economiche e, in parte, anche culturali, allo sviluppo del florovivaismo. In età veneziana le province di Terraferma e quella di Padova in particolare, si caratterizzavano per una struttura produttiva centrata sulla cerealicoltura. Grandi proprietà condotte unitariamente dalla possidenza tramite fattori interrompevano il più frequente piccolo e piccolissimo affitto, capace di fruttare cospicue ricchezze alle classi padronali, ma anche responsabile della generale arretratezza del comparto e della diffusa povertà dei conduttori. La scarsità di investimenti fondiari, la bassa produttività del lavoro, i canoni d’affitto eccessivi, essi stessi conseguenza della positiva dinamica demografica, facevano dell’agricoltura veneta un settore gravato da problemi di difficile gestione e soluzione. Risposte a siffatte condizioni si indirizzarono nella ricerca, sostenuta anche da parte pubblica, di una nuova cultura agronomica e, parallelamente, nel tentativo da parte dei proprietari più intraprendenti, di sviluppare produzioni alternative, quali, ad esempio, il riso, la canapa, il prato irriguo associato all’allevamento o, appunto, il florovivaismo. Quest’ultima opzione, in particolare, trovò nel Padovano terre fertili e, soprattutto, abbondante presenza di manodopera a buon mercato, sia di natura colonica che bracciantile, fattore indispensabile per attività ad alta intensità di lavoro.  Ricordiamo lo “Stabilimento Francesco Fassina”, lo “Stabilimento Agraio-Orticolo Luigi Croff e Compagni”, lo “Stabilimento d’Orticoltura Nicola Gribaldo”, la “Zorzi Sementi”.  david celetti, elisabetta novello, Contadini senza terra. La Federbraccianti nell’economia e nella società padovana dal dopoguerra agli anni Ottanta, Sommacampagna (vr), Cierre, 2007, pp. 27 ss.; david celetti, Aspetti e problemi dell’assetto agrario nell’alta provincia padovana nel primo Ottocento. Il caso di Carmignano di Brenta, “Archivio Veneto”, 172, 2009, pp. 93-129.  lorenzo bellicini, L’investimento fondiario-edilizio: l’organizzazione del territorio agrario nel modello di sviluppo veneto, 1835-1922, in La campagna a vapore.

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Sostenuto da capitali provenienti dal commercio, dalle prime manifatture, dalla stessa agricoltura o, come fu appunto il caso degli Sgaravatti, da competenze specialistiche, il settore si espanse gradualmente divenendo, in alcune aree della provincia, uno dei comparti più moderni e redditizi. Il “gusto” espresso dall’aristocrazia veneziana, fin dalla sua prima presenza in Terraferma, per la “villa” circondata da lussuosi parchi, si associava spesso al collezionismo di piante autoctone ed esotiche, nonché alla creazione di orti privati, i cosiddetti “semplici”. L’influsso esercitato dallo stesso Orto Botanico, fondato nel 1545, e, successivamente, la presenza della cattedra di Agricoltura istituita presso l’Università di Padova, contribuirono a creare un substrato culturale fertile per lo sviluppo dell’arte florovivaistica. L’amore per i fiori e le piante sopravvisse alla caduta della Repubblica, ampliandosi, anzi, nel primo Ottocento, al più vasto pubblico borghese. In occasione del trecentesimo anniversario della fondazione dell’Orto Botanico, celebrato il 30 giugno 1845, venne organizzata a Padova una sontuosa “festa dei fiori”, prima esposizione italiana del settore. Considerato il successo della manifestazione, la “Società promotrice del giardinaggio”, una delle maggiori associazioni botaniche nazionali, condotta dal professor Roberto De Visiani, direttore dell’Orto Botanico patavino, ne ripropose l’anno successivo una seconda edizione che assunse, grazie alla partecipazione delle Società Orticole di Vienna e di Parigi, carattere internazionale. La competenza e l’intraprendenza dei primi Sgaravatti vennero quindi ad inserirsi in un ambiente ottimale, nel quale poterono efficacemente creare un’attività destinata a divenire in breve tempo una delle più rilevanti del settore. 1.2 La famiglia

Accanto al contesto economico e produttivo, il fattore centrale nell’avvio della nuova impresa fu la famiglia, le cui vicende interne, le relazioni tra suoi i membri e quelle con La meccanizzazione agricola nella Pianura Padana, a cura di angelo varni, Rovigo, Minelliana, 1990, p. 112.

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la società nobiliare veneziana, poi con l’alta borghesia padovana e nazionale, segnarono l’ascesa come il declino dei vivaisti di Saonara. La famiglia Sgaravatti, originaria di Maserà di Padova, si sarebbe trasferita a Santa Maria di Sala attorno al 1790; qui Benedetto Sgaravato, figlio di Natale, nato a Maserà il 24 marzo 1764, venne assunto dai Farsetti con il compito di curare gli orti e i giardini della villa fatta colà costruire dall’abate Filippo Farsetti. Da lì la famiglia sarebbe giunta a Saonara nel 1810, sfruttando le possibilità di lavoro offerte dai Morosini a Benedetto Sgaravato. Quest’ultimo – il cui cognome venne successivamente “nobilitato” nell’attuale dicitura “Sgaravatti” – fu infatti impiegato in qualità di giardiniere presso la tenuta dei nobili veneziani. Sposatosi con Angela Giurin ebbe tre figli. Il primogenito, Angelo, proseguì la professione paterna lavorando alle dipendenze dei Farsetti a Santa Maria di Sala e dei Morosini a Saonara. Nel tempo affinò le proprie competenze, fino ad avviare un vero e proprio vivaio. Oltre a curare il giardino del nobile veneziano, egli “aveva anche il compito – racconta Benedetto Sgaravatti (1908-1990) in un’intervista rilasciata nel 1975 al periodico “Oggi” – di recarsi all’estero per acquistare tutte le essenze nuove che non venivano coltivate nel nostro Paese”, acquisendo in tal modo approfondite conoscenze non solo a livello botanico, ma anche di mercato. All’intraprendenza di Angelo fece riscontro il lento declino delle fortune patrimoniali della nobiltà veneziana. Tale processo, nel quale vennero coinvolti anche i Morosini, permise al giardiniere dapprima di sostituire lo stipendio con la vendita diretta di piante, poi, arricchitosi, di acquistare parte della proprietà degli antichi padroni, costituendo così il primo nucleo fondiario sul quale venne costituita l’azienda vivaistica. Alla sua morte, il 26 aprile 1865, egli lasciò ai propri

 Angelo (16 marzo 1798-1865), Natale (2 febbraio 1804 - 21 aprile 1871) e Giuseppe (28 gennaio 1809 - 11 agosto 1867). Archivio Privato Sgaravatti (di seguito aps), Fondo Vivai Sgaravatti, Albero genealogico Sgaravatti.  giorgio voghi, I giovani trascurano la terra: non vogliono sporcarsi le mani. Intervista a Benedetto Sgaravatti, “Oggi”, 20 ottobre 1975, pp. 80-84.

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david celetti

discendenti un cospicuo patrimonio e, soprattutto, una ditta ben avviata la cui notorietà già iniziava a travalicare l’ambito strettamente locale. L’eredità imprenditoriale fu raccolta da Antonio e Benedetto e, di seguito, da Vittorio figlio di Antonio. Quest’ultimo, già “cavaliere al merito del lavoro”, ufficiale postale e “primo cittadino” di Saonara, mantenne non solo la direzione aziendale, ma altresì il saldo controllo sui beni di famiglia. Anche i discendenti di Benedetto, Leone, Giuseppe, Oreste, Alvise e Angelo, lavorarono in azienda assumendo ciascuno la responsabilità di settori specifici. L’impresa venne gestita congiuntamente da Vittorio e da Leone fino alla divisione della società (1926). Successivamente Vittorio assunse la guida del ramo “sementi”, Leone di quello “piante”. Quest’ultimo passò poi a Benedetto (1925) che l’amministrò fino alla cessazione dell’attività.  Si tratta di Antonio (4 settembre 1834), Luigi (13 gennaio 1836), Giovanni (25 aprile 1839), Benedetto (25 luglio 1841), Giuseppe (14 aprile 1844) (aps, Albero genealogico Sgaravatti).  I fratelli, cedute le rispettive quote di partecipazione nell’azienda familiare, si dedicarono ad altre professioni.  Antonio, sposatosi con Teresa Daniele (4 settembre 1836 - 24 marzo 1880), ebbe a sua volta dieci figli, sei dei quali – Vittorio (2 febbraio 1861), Corinna (15 aprile 1865), Emma (10 febbraio 1870), Giovannina (27 agosto 1871), Umberto (15 aprile 1874) e Carlo (9 aprile 1876) – sopravvissero al periodo neonatale. Rimasto vedovo, si unì in seconde nozze con Maria Polo (21 novembre 1856), dalla quale nacquero cinque figli che, alla morte del padre, avvenuta a Montagnana nel 1901, vendettero le proprie quote ai fratellastri, restando in tal modo estranei all’attività d’impresa – contestualmente, Umberto, Carlo e le sorelle cedettero al fratello maggiore i rispettivi diritti (aps, Albero genealogico Sgaravatti).  Benedetto (1841-1925), figlio di Angelo, anche lui nominato, nel 1910, “Cavaliere al merito del lavoro” sposatosi con Clotilde Stefani, ebbe dieci figli, otto dei quali superarono i primi anni di vita. Leone (18 giugno 1878), Giuseppe (25 novembre 1879), Oreste (5 febbraio 1881), Alvise (20 luglio 1882), Angelo (22 gennaio 1887) parteciparono all’attività d’impresa, mentre Amirris (7 aprile 1894) e Zamia (9 febbraio 1890) ne rimasero escluse in quanto donne e Alcide (21 agosto 1896) morì al fronte nel 1918.  Benedetto ebbe quattro figli da Maria Luisa Montesi, Leone (19361986), Giuseppina (1939), Gianfranco (1942) e Paolo (1947), mentre il fratello Angelo (1887) ebbe un figlio, Alberto (1928). Di questi Leone, Gianfranco, Paolo e Alberto lavorarono, sia pure, come vedremo, in periodi e contesti diversi, nelle ditte di famiglia, mentre Giuseppina ne rimase assolutamente estranea.  Leone, sposatosi con Ermenegilda Velluti, ebbe tre figli, Clotilde (1906), Benedetto (1908) ed Euterpe (1909); Oreste una sola figlia, Zolia; Ange-

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i. Fratelli Sgaravatti, Catalogo n. 37, 1889 (aps). Le immagini che seguono sono tutte relative alla Fratelli Sgaravatti.


ii. Catalogo n. 72, 1901 (aps).


iii. Catalogo, gennaio 1914 (aps). iv. Catalogo n. 111, 1916/1917 (aps).


v. Catalogo n. 120, 1920 (aps). vi. Catalogo n. 129, 1922 (aps).


vii. Catalogo, 1923 (aps).


viii. Catalogo, 1924 (aps).


ix. Catalogo, 1925 (aps).


6. Villa a Bastia di Rovolon, Progetto del verde di Benedetto Sgaravatti, anni 1930 (aps).


7. Fratelli Sgaravatti Piante, Saonara, Vivai, anni 1930/40 (aps). 8. Fratelli Sgaravatti Piante, Saonara, Coltivazioni e serre, anni 1940/50 (aps).


9. Fratelli Sgaravatti Piante, Saonara, Coltivazioni in serra, anni 1940/50 (aps). 10. Fratelli Sgaravatti Piante, Saonara, Immobili e coltivazioni, anni 1940/50 (aps).


11. Fratelli Sgaravatti Piante, Saonara, Magazzini, anni 1940/50 (aps). 12-13. Fratelli Sgaravatti Piante, Coltivazioni, anni 1960/70 (aps).


14. Fratelli Sgaravatti Piante, Saonara, Lavori di trapianto, anni 1960 (aps). 15. Fratelli Sgaravatti Piante, Pistoia, Visita alle coltivazioni, anni 1960 (aps).


16. Fratelli Sgaravatti Piante, Pistoia, Visita alle coltivazioni, anni 1940 (aps).


e 18,00

ISBN 978-88-7115-784-9


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