GIUSEPPE DIOTTI ANTIGONE CONDANNATA A MORTE DA CREONTE
GIUSEPPE DIOTTI ANTIGONE CONDANNATA A MORTE DA CREONTE Pubblicazione realizzata in occasione della presentazione al pubblico del restauro del dipinto di Giuseppe Diotti, Antigone condannata a morte da Creonte Bergamo, Accademia Carrara, 4 novembre 2021
PRESENTAZIONI Il progetto è davvero importante per l’Accademia Carrara e si realizza a conclusione del restauro del monumentale dipinto Antigone condannata a morte da Creonte, terminato nel 1845 da Giuseppe Diotti, Direttore della Scuola di pittura, su commissione del gruppo di aristocratici che reggevano le sorti dell’istituzione nata per volontà di Giacomo Carrara. Oltre a rappresentare il testamento artistico di Diotti e del suo magistero di artista e docente, l’opera è testimone dell’identità culturale della Carrara, vera e propria cerniera tra le due anime dell’istituto, intrinsecamente connesse: la formazione artistica basata sui sommi esempi d’arte offerti dalla collezione museale. L’opera ha vissuto diverse traversie cui ha posto rimedio un intervento di restauro dell’inizio degli anni Novanta, che con gli occhi di oggi è apparso radicale nel lasciare a vista le lacune che interessavano l’area di sinistra della superficie pittorica. La perfezione, il nitore ricercati con rigore e dedizione dall’autore, principe della cultura pittorica neoclassica, ed il danno provocato dal tempo e dall’incuria, mi sono sempre parsi in conflitto. L’intervento di restauro avrebbe potuto recuperare l’armonia visiva dell’insieme, naturalmente al netto di ogni falsificazione. Ma le scelte furono diverse. Di qui l’idea a distanza di quasi trent’anni di riesaminare lo stato di conservazione del dipinto e di intervenire nuovamente, anche per ragioni oggettive, per armonizzare le lacune lasciate a vista alla larga porzione del dipinto in buona misura integra. Le cause dell’ammaloramento del dipinto derivano dal fatto che per le grandi dimensioni era stato collocato per diversi anni arrotolato nel sottotetto del Museo a partire dagli anni della guerra. Il ritrovamento e il recupero del dipinto si deve a Francesco Rossi direttore dell’Accademia Carrara dal 1973. Difficile oggi condividere che l’esattezza e la straordinaria cura nella definizione dell’immagine, anche dal punto di vista della tecnica esecutiva adoperata dall’abile mano di Giuseppe Diotti, mal si conciliasse con le mancanze lasciate in vista dal precedente restauro. Peraltro una delle ragioni di ogni intervento conservativo dovrebbe tener conto della volontà dell’artista, certo senza forzature e nella reversibilità dei processi materiali messi in atto. Il restauro, che ha riservato anche qualche seria problematicità per quanto riguarda il supporto causando una dilatazione dei tempi, ha raggiunto un risultato di qualità, riportando il dipinto a una visione unitaria che ne fa apprezzare la ricerca di un equilibrio compositivo, la precisione e la raffinatezza del dettaglio. L’Antigone, che sempre ha faticato ad essere esposta nel percorso museale date le grandi dimensioni – la escludeva anche il recente ordinamento della collezione permanente 2015 – veniva allestita alla metà degli anni Novanta nella sala al primo piano della Carrara alla presenza dello spettacolare apparato costituito dall’alcova di Ganimede Sottocasa di Grazioso Fantoni il giovane. E infatti trova oggi una sua collocazione stabile. Allestita nel salone al primo piano dell’Ala Vitali si offre oggi a fare da spettacolare fondale agli incontri pubblici che vi avranno luogo. Per non precludere l’utilizzo della sala ad altre funzioni – si sa nei musei ogni spazio è prezioso – è stato commissionato un progetto allo Studio Datei Nani per la predisposizione di una struttura che consenta di incorniciare l’opera, ma anche di velarla temporaneamente nel caso di particolari esigenze espositive. Insomma, una soluzione che consenta di non rimuovere più l’opera sottoponendola ad ulteriori stress di natura conservativa. Da ultimo desidero ricordare l’ospitalità offerta al dipinto da Confindustria Bergamo durante il periodo di chiusura della Carrara negli anni tra il 2010 e il 2015. L’opera faceva mostra di sé sulla parete di accesso alla sala conferenza dell’associazione di categoria.
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Il restauro non si sarebbe potuto effettuare se non vi fosse stato il sostegno della Fondazione Credito Bergamasco che interviene ancora una volta al fianco dell’Accademia Carrara con la consueta generosità e chiarezza d’impegno, nel segno della tutela del patrimonio artistico della città e del territorio, sotto la guida di Angelo Piazzoli. Il nostro grazie va ancora una volta a questa benemerita istituzione bancaria e ai suoi presidenti per l’assidua vicinanza alla Carrara in tutte le fasi della sua vita, con progetti che spaziano dai restauri, agli allestimenti, allo sviluppo della vita della Fondazione Accademia Carrara. La pubblicazione arricchita dalle novità rappresentate dal contributo di Paolo Plebani, conservatore del Museo, vede la luce grazie a Lucia Patt la cui longeva vicinanza alla Carrara si manifesta in questa occasione in memoria del marito, Carlo Maria Pacati, colto latinista e appassionato educatore, che tenne proprio in occasione della presentazione del restauro degli anni Novanta una conferenza sul tema della tragedia di Sofocle. La nostra riconoscenza a Lucia che, nello sposare senza se e senza ma i programmi del Museo, suggella con lo scritto che appare in questa pubblicazione il senso della sua partecipazione culturale e civile alla vita della Carrara. Uno scritto di Amalia Pacia, storica dell’arte per anni scrupoloso e appassionato funzionario della Soprintendenza per Beni Storico Artistici della Lombardia, con la responsabilità della Carrara, prende in esame il cartone del dipinto conservato dall’Accademia Tadini di Lovere ed il suo recente restauro. Non poteva mancare il contributo di Fernando Mazzocca, autorevole e indiscusso studioso del vasto orizzonte culturale italiano, e non solo, tra Settecento e Ottocento. Il suo prezioso saggio sul dipinto dell’Antigone apparso nella pubblicazione degli anni Novanta sviluppava una trattazione completa dell’opera alla luce del magistero di Giuseppe Diotti, sia come artista, sia come educatore. Il volume verrà messo nella disponibilità del pubblico unitamente a quello edito oggi dalla casa editrice Bolis - alla quale sono grata per la collaborazione - in un ideale completamento reciproco. Il restauro odierno, diretto con grande scrupolo per la Soprintendenza da Angelo Loda e per il Museo da Paolo Plebani, è stato curato da Delfina Fagnani, che con Bruno Sesti aveva realizzato negli anni Novanta il primo intervento. Il restauro appena concluso è documentato nelle pagine che seguono dalla stessa restauratrice con ricchezza e competenza e quel che più conta il buon risultato raggiunto è oggi nella disponibilità di tutti. Oltre al già ricordato valore identitario dell’opera sia per il Museo che per la Scuola di pittura, il soggetto del dipinto, tratto dalla tragedia di Sofocle e frutto di una complessa discussione tra l’autore, Diotti, e la committenza, la Commissarìa, non ha mai smesso di suscitare interesse perché si presta a molteplici interpretazioni. Il tema centrale resta quello del rapporto tra etica e politica, tra giustizia e legge, tra ragion di stato e i sentimenti più forti del genere umano. Due personalità decise – Antigone e Creonte, la prima nipote del secondo - si scontrano per avere concezioni diametralmente opposte, ciascuna con proprie fondate ragioni, di questo rapporto. Un tema sul quale sia il secolo scorso - da Gabriele D’Annunzio a Bertolt Brecht - che il XXI secolo – con il filosofo Giuliano Pontara tra gli studiosi più profondi della non violenza che abbiamo avuto il piacere di ascoltare a Bergamo nel 2017 – si sono interrogati per il perpetuarsi della sua modernità. Scrittori, filosofi, autori di teatro e di cinema vi si sono cimentati e continueranno a farlo, testimoniando a loro volta la grande attualità del classico. L’esposizione permanente del dipinto, che significa per la storia della Carrara esercizio dall’insostituibile valore educativo, grazie alla rappresentazione della morte di Antigone sollecita anche una riflessione su un grande tema col quale misurarsi liberamente.
M. Cristina Rodeschini Direttore Accademia Carrara di Bergamo 3
Il restauro dell’Antigone condannata a morte da Creonte di Giuseppe Diotti rientra nel progetto «Grandi restauri» che da oltre un decennio vede la nostra Fondazione impegnata in interventi di ripristino di capolavori d’arte bisognosi di cure, disseminati sul territorio bergamasco e lombardo. Musei, parrocchie, istituzioni e comunità hanno potuto contare sul nostro attivo sostegno e faremo in modo che possano continuare ad averlo anche in futuro. Fondazione Creberg è da decenni vicina ad Accademia Carrara, un’istituzione che si attesta tra le più importanti pinacoteche riconosciute a livello internazionale, qualificandosi come autentica eccellenza del nostro territorio. Oltre ai numerosi interventi inseriti nello storico rapporto di prossimità promossi, in continuum, da Credito Bergamasco (nostro ente fondatore originario) e da Fondazione Creberg – si pensi ai restauri di sale espositive e di numerose opere, realizzati già a partire dagli anni Cinquanta, alla catalogazione e digitalizzazione di circa 1.800 dipinti delle collezioni oggi in larga parte fruibili online, al significativo impegno pluriennale di sostegno alla costituzione della Fondazione Accademia Carrara, alla donazione del riallestimento globale che nel 2015 consentì la ripartenza del Museo dopo un lungo periodo di chiusura per la radicale ristrutturazione… – il nuovo principale fronte di collaborazione con Accademia Carrara ha riguardato una serie di restauri cruciali, finalizzati a completare il percorso di alcune sale (Madonna della cintura di Giovan Paolo Cavagna, Trinità con Cristo morto di Palma il Giovane), a restituire alla pubblica fruizione corpus di opere precedentemente separate (Trittico di Locatello di Giovanni Busi, detto Cariani), ovvero a favorire la programmazione e la realizzazione di importanti mostre (si pensi ai due teleri della chiesa milanese dei Santi Paolo e Barnaba di Simone Peterzano). E altri ne abbiamo in programmazione. Tra le collaborazioni culturali più recenti, mi piace ricordare l’affascinante mostra Lo specchio della Città allestita a Palazzo Creberg nell’ottobre 2019 grazie al prestito, da parte del Museo, di una selezione di ritratti di personaggi bergamaschi eseguiti tra Ottocento e Novecento, principalmente da professori ed allievi della stessa Scuola di pittura dell’Accademia Carrara. Dipinti appartenenti alla «collezione nascosta», quindi normalmente non fruibili nel percorso museale, ma di grande interesse per il nostro pubblico essendo strettamente legati al territorio, a cui si aggiunsero, come completamento, alcuni magnifici capolavori della collezione permanente dell’Accademia Carrara. Fu una mostra colta, intrigante e sorprendente, molto partecipata e moltissimo apprezzata.
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Proprio questa esposizione ha suscitato in noi un’autentica passione per la Scuola di pittura dell’Accademia Carrara diretta per oltre trent’anni da Giuseppe Diotti ed ancora, credo, non sufficientemente conosciuta al grande pubblico, visto l’interesse e lo stupore dimostrato durante le visite a Palazzo Creberg. Spinti da questa entusiasmante riscoperta, nel 2019 abbiamo pianificato per il 2020 un ampio intervento di restauri su opere dell’Ottocento di parrocchie bergamasche – con opere di Diotti, Trécourt, Poli, Coghetti – che abbiamo caparbiamente proseguito e felicemente concluso, nonostante l’insorgere e il dilagare della pandemia. Così come non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di sostenere l’intervento d’integrazione pittorica per il completamento del restauro estetico del capolavoro più significativo di Giuseppe Diotti che da troppo tempo era assente dal percorso espositivo del Museo. Avevamo programmato che anche questo restauro venisse eseguito nella Sala Consiliare del nostro Palazzo Storico – dove esperti restauratori hanno proficuamente lavorato in questi anni su oltre cento capolavori – ma alcune problematiche del difficile momento pandemico non ce lo hanno consentito, privando noi del quotidiano godimento del dipinto dell’affascinante Antigone, vero e proprio manifesto della Scuola ai suoi albori, e impedendo al nostro pubblico la partecipazione alla consueta esposizione finale del dipinto e delle altre opere dell’Ottocento riportate all’antico splendore. Come noto, i nostri restauri non hanno solo finalità di salvaguardia del patrimonio artistico, ma rientrano in un percorso mirato volto alla diffusione della sua conoscenza ed alla più ampia divulgazione. Per questo motivo, siamo assolutamente entusiasti che la Direzione dell’Accademia abbia deciso di rendere permanente la collocazione del dipinto – restaurato con grande maestria da Delfina Fagnani, sotto la direzione della competente Soprintendenza – nel percorso espositivo della Pinacoteca ed abbia promosso questa pubblicazione che illustra l’intervento operato offrendo importanti approfondimenti sull’opera di carattere storico ed artistico. Siamo molto felici che, risolte le precedenti problematicità, l’Antigone condannata a morte da Creonte possa essere riscoperta e riletta pienamente in tutta la forza dirompente del tragico episodio di cui i versi di Vittorio Alfieri e il magistrale pennello di Giuseppe Diotti testimoniano l’immortalità. Angelo Piazzoli Presidente Fondazione Credito Bergamasco
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Non mi era mai capitato e penso che difficilmente potrà capitarmi un’altra volta. Avere la fortuna e l’onore di dirigere insieme cogli amici della Fondazione Accademia Carrara, M. Cristina Rodeschini e Paolo Plebani, la conclusione di un restauro iniziato quasi trent’anni fa e non terminato per una voluta scelta della Soprintendenza del tempo di lasciare visibili i segni di deterioramento nel settore sinistro dell’opera, cercando in questo modo di documentare la complessa vicenda conservativa della tela stessa. Diciamolo in maniera franca e senza tanto girarci attorno: quella scelta operata secondo metodologie e criteri all’epoca già non del tutto condivisi, non appare ai nostri occhi più accettabile, in quanto incongrua con la restituzione dell’opera d’arte alla sua leggibilità più piena, tanto più in un dipinto dal formato monumentale in cui la differenziazione di scelte operate nel corso dell’intervento appariva allora, ed appare oggi, ancor più fastidiosa. L’occasione del prestito e dell’esposizione dell’Antigone alla bellissima mostra che venne dedicata a Diotti a Casalmaggiore tra il 2017 ed il 2018 e che si tenne proprio nella Casa-Museo del pittore ha funto da catalizzatore per questo secondo intervento “riparatore” affidato proprio a Delfina Fagnani che ebbe l’opportunità di procedere all’intervento precedente, insieme al marito Bruno Sesti, purtroppo prematuramente scomparso. Agli occhi di tutti coloro che ebbero la possibilità di visionare in mostra la grande tela del maestro del neoclassicismo orobico non potè non colpire la discrasia tra le sezioni del quadro e la necessità, ormai inevitabile, di porvi un pronto e sicuro rimedio. La pandemia che ha così ferocemente colpito i territori di Bergamo e Brescia in questi ultimi mesi ha allungato inevitabilmente i tempi dell’intervento, ma ha consentito di procedere con estrema cautela nel ricucire le vaste e diffuse cadute di materia pittorica servendosi di confronti in particolare con il cartone preparatorio conservato all’Accademia Tadini di Lovere. Un ringraziamento speciale va quindi alla Fondazione Credito Bergamasco che ancora una volta si è dimostrata attenta mecenate e prodiga di aiuti verso il territorio bergamasco, al quale nel corso di questi ultimi anni ha riservato un’attenzione capillare e costante, come poche altre istituzioni in Italia. Un caloroso e doveroso plauso infine a Delfina Fagnani, la cui professionalità ho avuto modo di esperire in questi anni nei tanti restauri da lei condotti e la cui indiscutibile passione per un “mestiere” così affascinante e pieno di responsabilità anima costantemente ogni sua scelta. Angelo Loda Responsabile settore storico-artistico Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio le province di Bergamo e Brescia
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Quanto noi possediamo non è il risultato né di un dono né del caso, ma dell’impegno costruttivo di coloro che sono venuti prima di noi
Nel 2005 Carlo Pacati tiene una conversazione in Accademia Carrara, in quella che era allora chiamata la Sala dell’Alcova, dal titolo L’Antigone di Diotti nei suoi precedenti. La conversazione si svolge all’interno dei «Pomeriggi al Museo, i martedì delle Guide», organizzati appunto dall’Associazione Guide Giacomo Carrara, e fa parte di un ciclo avente come tema Antigone. Ad esso partecipano anche Elena Lissoni e Delfina Fagnani, l’una con un approfondimento sull’Edipo di Giuseppe Bossi, l’altra con una presentazione del restauro dell’Antigone di Diotti da lei eseguito con Bruno Sesti nel 1991. La figura di Antigone, riletta attraverso le fonti antiche, diventa per Carlo Pacati l’occasione per riflettere ancora una volta sul mito ed il suo significato, ma soprattutto su quanto la tragedia greca sia ancora in grado di dirci. Del resto alla tragedia aveva dedicato i suoi studi a partire dalla tesi di laurea discussa con Raffaele Cantarella, famoso grecista, ed anche numerosi altri scritti. In particolare, nella tragedia del V secolo vede un momento fondante della cultura classica con Atene, che, nella sua esperienza di polis straordinaria, anche se contraddittoria, si interroga e ricerca il senso del proprio essere. Nell’Antigone di Sofocle, attraverso i personaggi di Creonte ed Antigone, vengono a contrapporsi l’interesse razionale della città ed i diritti della famiglia: Creonte si rende conto tragicamente che la sua volontà di tutelare le leggi dello stato lo ha portato a violare una più nobile legge non scritta, Antigone, garante degli affetti e dei valori tradizionali, è moralmente obbligata a non far mancare al fratello quell’atto di pietà che gli è dovuto. Temi questi che risultano ancora di grande attualità e dimostrano, una volta di più, la necessità di una lettura dell’antico tendente sempre al presente, alla ricerca non di un difficile parallelismo, ma di una miglior conoscenza, che aiuti a progettare il futuro. A conclusione della conferenza, a proposito di Diotti, veniva sottolineata la notevole conoscenza del mito classico che il Direttore della Scuola di pittura possedeva: infatti nella lettera del 1845 alla Commissarìa, accanto alle «diverse memorie mitologiche» egli dichiara di aver letto la Tebaide di Stazio, un testo ora non certo noto ai più. Del resto Diotti a Bergamo frequentava, ed era amico, di personaggi di grande cultura, per citarne solo alcuni Agostino Salvioni, Simone Mayr, Pietro Moroni. Quest’ultimo rivestì, fra le altre numerose cariche, quella di direttore dell’Imperial Regio Liceo, che diventerà poi il Liceo Classico Paolo Sarpi. Qui Carlo Pacati ha studiato e, poi, insegnato per molti anni con grande passione, senza dimenticare mai l’attenzione verso gli studenti, nella costante ricerca di un collegamento fra gli studi classici e la contemporaneità, fra la scuola e la città. Aveva infatti organizzato, nell’Aula Magna del Liceo, cicli di incontri aperti al pubblico, chiamati «Invito alla lettura dei classici» ed aveva collaborato con entusiasmo ai festeggiamenti per il bicentenario della scuola. Per tutto questo ricordarlo a quindici anni dalla scomparsa con questa pubblicazione dell’Accademia Carrara, dedicata al nuovo restauro dell’Antigone, è sembrata la cosa migliore e di questa opportunità ringrazio la Fondazione Accademia Carrara ed in particolare Maria Cristina Rodeschini. Lucia Patt Pacati
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UN GRANDE RECUPERO NEL RISPETTO DELLA STORIA Questo nuovo e definitivo intervento di restauro, e la decisione di destinare il dipinto all’esposizione permanente in uno spazio privilegiato e di grande suggestione, tale da valorizzarne anche il suo straordinario impatto teatrale, segna la conclusione di una lunga ed appassionante vicenda iniziata nel 1976 quando l’allora direttore della Carrara, Francesco Rossi, riconosceva il controverso capolavoro di Diotti in un’opera che giaceva dimenticata nei depositi della Pinacoteca, malamente piegata e velinata. Dovevano passare però ancora degli anni, e non pochi, perché potesse essere preso in considerazione un impegnativo e costoso restauro, come quello attuato tra il 1992 e il 1993. Quel recupero, prima impensabile, era stato consentito dal clima più favorevole che era cominciato a spirare, a partire dagli anni Settanta a ridosso della gigantesca mostra epocale dedicata nel 1972 a Londra a The Age of Neo-Classicism, nei confronti del Neoclassicismo e dell’arte accademica e romantica di primo Ottocento. Questo ritrovato interesse per una storia in gran parte rimossa ha investito il mondo dei musei, delle accademie di belle arti e degli studi, segnando e continuando a segnare importanti traguardi nella conoscenza e nella valorizzazione di quel periodo. La vicenda dell’Antigone di Giuseppe Diotti si può considerare esemplare e rientra in una felice casistica che ha visto verificarsi episodi simili. Mi riferisco, per fare gli esempi che mi sembrano più significativi e che mi hanno visto coinvolto in prima linea, al recupero, avvenuto in occasione delle approfondite ricerche per la memorabile mostra torinese del 1980 dedicata alla Cultura figurativa e architettonica negli Stati del Re di Sardegna / 1773-1861, della magnifica tela di Francesco Hayez La sete patita dai primi Crociati sotto Gerusalemme che, dopo essere stata rimossa dalla Sala delle Guardie del Corpo, giaceva pericolosamente arrotolata nelle soffitte del Palazzo Reale di Torino. Questo commovente capolavoro, restituito grazie ad un perfetto restauro al suo originario splendore, è ritornato allora, se pur privo della cornice originale, nella sua parete originaria. I lavori invece di ricognizione e di ricerca preparatori alla pubblicazione, realizzata nel 1993, dei due volumi dedicati alla pittura dell’Otto e Novecento della Pinacoteca e dell’Accademia di Brera, hanno favorito il ritrovamento nei magazzini dell’Accademia milanese di un fonda10 mentale dipinto, che si considerava perduto, di Giuseppe Bossi La
Riconoscenza della Repubblica Italiana a Napoleone con cui il celebre segretario dell’Accademia di Brera aveva vinto nel 1802 il premio governativo bandito, a livello nazionale, su questo tema. Ancora un quadro monumentale, anch’esso arrotolato ma nel verso sbagliato, ritornato alla sua antica bellezza dopo un restauro difficile che, partendo dalle disastrose condizioni in cui giaceva la tela, è apparso davvero miracoloso. Il recupero, pressoché contemporaneo, dei due dipinti di Bossi e di Diotti si presta ad un significativo confronto, del resto legittimato anche dalla sintonia tra i due pittori. Bossi è stato, lo sappiamo bene, fondamentale per la formazione di Diotti che possiamo considerare il suo erede. Furono uniti dalla stessa incrollabile passione per il disegno, considerandolo come l’elemento principale, più del colore, della creazione artistica. «Uno studio – ribadiva polemicamente Diotti – che il dominante Romanticismo non apprezza, e che nei tempi gloriosi dell’arte era la prima base del sapere». È con questa convinzione che seguendo proprio l’esempio di Bossi, Diotti fece del cartone, realizzato nelle stesse dimensioni del dipinto finale, un passaggio imprescindibile alla realizzazione degli affreschi e delle opere ad olio più impegnative per composizione e dimensioni. Ne è un fulgido esempio la magnifica serie dei cartoni preparatori agli affreschi del Duomo di Cremona conservati anch’essi in Carrara. Proprio questo procedimento, che non lascia niente all’improvvisazione, fa della estrema finitezza, di ogni particolare anatomico e di ogni piega il tratto dominante di una pittura che sembra aver come finalità principale una sorta di misura, di perfezione classica, al di fuori del tempo e delle mode. Credo allora che il precedente intervento conservativo, che ha preferito lasciare in bella vista le lacune, particolarmente fastidiose quando ledono la maestà delle figure, sia stato profondamente contrario allo spirito che ha animato la poetica e la mano di Diotti. Diversa, e sicuramente più consapevole, è stata invece la scelta che ha determinato, nel recupero del quadro di Bossi, di seguire la via opposta, cioè quella di una sapiente e raffinata integrazione delle parti mancanti, restituendo così all’opera con una perfetta leggibilità la sua integrità. I due dipinti, entrambi rimossi per ragioni estetiche e divenuti ingombranti per le loro dimensioni anche da collocare, avevano del resto subito danni molto simili dovuti alle modalità di conservazione non corrette. La tela di Bossi era stata infatti arrotolata nel verso sbagliato,
sommario 2 4 6 7
Presentazioni
M. Cristina Rodeschini Angelo Piazzoli Angelo Loda Lucia Patt Pacati
Un grande recupero nel rispetto della storia
Fernando Mazzocca
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Di nuovo sull’«Antigone» di Diotti
Paolo Plebani
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Bibliografia
a cura di Paolo Plebani
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Appendice documentaria
a cura di Paolo Plebani e Giulia Salvi
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Atlante fotografico Trent’anni dopo: il completamento della fase estetica sull’«Antigone» di Giuseppe Diotti
Delfina Fagnani
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Giuseppe Diotti e il cartone dell’«Antigone». Restauro, materiali e tecnica esecutiva
Amalia Pacia
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Allestire l’«Antigone»
Marcella Datei Valentina Nani
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Comune di Bergamo
GIUSEPPE DIOTTI ANTIGONE CONDANNATA A MORTE DA CREONTE Sindaco Giorgio Gori
Direttore M. Cristina Rodeschini
a cura di Paolo Plebani
Assessore alla Cultura Nadia Ghisalberti
Responsabile operativo Gianpietro Bonaldi
Dirigente cultura, BGBS23, reti di quartiere, sport ed eventi Massimo Chizzolini
Conservatori Paolo Plebani Giovanni Valagussa
Pubblicazione realizzata in occasione della presentazione al pubblico del restauro del dipinto di Giuseppe Diotti, Antigone condannata a morte da Creonte Bergamo, Accademia Carrara, 4 novembre 2021
Ufficio prestiti Deborah Bonandrini Amministrazione Laura Luzzana Consiglio di Amministrazione Giorgio Gori, presidente Giuseppe Fraizzoli Marco Maria Fumagalli Tito Lombardini Luca Zanchi Piero Moroni
Organizzazione e sviluppo museale Giulia Barcella
Comitato dei garanti Giorgio Gori, presidente Ruggero Barzaghi Ignazio Bonomi Deleuse Alessandro Cainelli Mario Ratti
La Carrara Educazione Lucia Cecio, responsabile Anna Maria Spreafico
Comitato scientifico Keith Christiansen Roberto Contini Davide Gasparotto Alessandro Morandotti
Comunicazione, marketing e sviluppo museale Paola Azzola
Facility management Simone Longaretti Ufficio stampa Adicorbetta, Milano
Testi di Marcella Datei, Delfina Fagnani, Angelo Loda, Fernando Mazzocca, Valentina Nani, Lucia Patt Pacati, Amalia Pacia, Angelo Piazzoli, Paolo Plebani, M. Cristina Rodeschini, Giulia Salvi
Ringraziamenti Marco Albertario Martina Colombi Roberta D’Adda Chiara Nenci Riccardo Previtali Giorgio Rusconi Carlo Seccomandi Tommaso Zambetti Si ringraziano inoltre I volontari del progetto ‘Io volontario del mio museo’, l’Associazione Guide Giacomo Carrara, l’Associazione Amici dell’Accademia Carrara
Restauro Delfina Fagnani, Bergamo Fotografie Studio Da Re, Bergamo Catalogo Bolis Edizioni Progetto di allestimento Marcella Datei Valentina Nani Trasporti ArtCare, Bergamo
Il restauro dell’Antigone è stato realizzato grazie al sostegno della Fondazione Credito Bergamasco