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3.3 Riflessioni intorno agli AIO
Se i piani di settore hanno esplicitato negli anni, sia pur provenendo da altre fonti normative, la loro efficacia (come lo stesso Piano non poteva in allora del tutto prevedere), senza tuttavia fornire i necessari raccordi funzionali e normativi con gli AIO - per gli Ambiti è indispensabile riprenderne i fondamenti e ripensarne la loro efficacia in ragione delle considerazioni che sono proposte nel paragrafo successivo e che sono sviluppate per ognuno di essi.
Gli AIO presentano un minimo comun denominatore da sottolineare, sviluppando da subito una riflessione che permetta di migliorare il quadro di questo istituto del piano: l’obiettivo chiaro degli ambiti è quello di “…assicurare, anche mediante appositi progetti regionali, il coordinamento e l'integrazione di azioni ed interventi diversi, facenti capo a soggetti e settori di competenza differenti ed interagenti” ed inoltre, “…ai fini di una efficace tutela e valorizzazione dei siti e delle risorse, è necessario approfondire e specificare le valutazioni e le scelte del Piano anche alla luce di analisi più specifiche e dettagliate. Al fine di facilitare il processo attuativo ed i necessari accordi programmatici tra i soggetti interessati, tali ambiti possono articolarsi in "sub-ambiti di concertazione operativa", quali quelli già individuati dal Piano per l'ambito A1. Il Piano definisce i termini di riferimento per assicurare l'operatività integrata nei suddetti ambiti e, più precisamente, i campi d'applicazione e di operatività, i principali problemi da affrontare, gli obiettivi da perseguire e gli indirizzi progettuali da seguire nel quadro delle norme generali stabilite per tutta la fascia fluviale; i termini di riferimento sono sinteticamente esposti negli articoli che seguono.”
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Il significato attuativo ed operativo di questi strumenti di traduzione delle linee guida generali del piano e delle sue normative territorializzate in aree omogenee, costituisce un elemento di particolare valore, chiaro ed esplicito, attribuendo da parte del pianificatore a questo strumento un importante ruolo “ordinatore” delle fasi di attuazione.
Tuttavia, a differenza di altre parti del Piano che nella loro attuazione hanno visto la ripresa dei principi ivi contenuti per la loro evoluzione e specificazione (è il caso delle procedure di valutazione di incidenza, delle definizioni puntuali di cosa si intenda per modifiche sostanziali e non sostanziali per le attività estrattive, della identificazione dei PEC come strumenti urbanistici da utilizzare, tutti miglioramenti attuativi del piano eseguiti tramite atti della giunta regionale o del consiglio regionale) per questa parte non vi è stata alcuna attenzione specifica, denunciando in qualche misura un elemento di criticità che ho già segnalato in merito alla conduzione di gestione del piano in ordine alla parte relativa proprio al comparto degli strumenti di attuazione.
Tra il resto come evidenziano le numerose mancate attuazioni delle schede progettuali, che costituisce un tratto distintivo generale della prima analisi prima esposta al capitolo 2 della presente relazione, per ad esempio le attività di carattere a servizi come aree attrezzate, attracchi, centri sportivi, aree di loisir, è evidente come queste non abbiamo visto la realizzazione in ragione di mancanza di politiche territoriali al contorno, mirate a sviluppare piani generali di natura turistica o di legame tra i tessuti insediativi esterni e la fascia diretta del fiume. D’altro canto la stessa definizione dei AIO comprende li descrive come “…ampi tratti della fascia fluviale, anche esterni all'area protetta, ma ad essa correlati (...)”, introducendo quel principio del rapporto tra area a diretta cogenza del piano ed area esterna, di carattere vitale per la vera riuscita degli obiettivi indicati.
Eppure nel corso dell’arco di vita del piano si sono avvicendati una non banale serie di esempi e pratiche che, pur nascendo da altre fonti, sono proprio da ricondursi ai principi evocati e specificati nell’istituto normativo dei AIO. Ci riferiamo alle diverse famiglie di piani integrati di area vasta, a cavallo tra piano e progetto, che si sono succeduti in particolare dall’anno 2000 come origini, attori guida e finalità alquanto differenziati tra di loro: Corona Verde, il Masterplan Po dei Laghi, i PISL( piani integrati di sviluppo locale), i PTI (piani territoriali integrati), i PRUSST (piani di riqualificazione urbana per lo sviluppo sostenibile dei territori), i PVT (piani di valorizzazione territoriale), i Patti territoriali di derivazione provinciale sino alle più recenti iniziative di Compagnia di San Paolo che prevedono provvidenze economiche sui territori a fini di valorizzazione paesaggistica integrata ma nel quadro di piano di azione omogenei.
Si tratta tuttavia di una famiglia molto diversa al suo interno di occasioni che miravano tutte a fornire ad una area vasta un quadro di coerenza di azioni atte a “ …assicurare, anche mediante appositi progetti regionali, il coordinamento e l'integrazione di azioni ed interventi diversi, facenti capo a soggetti e settori di competenza differenti ed interagenti”, riprendendo la definizione data dal piano degli AIO.
Nel quadro pertanto di un commento sulla attuazione delle schede comprensivo di proposte per una loro revisione, non possiamo escludere necessariamente questo livello degli strumenti attuativi del piano, per i quali è del tutto mancata la loro gestione e valutazione di coerenza generale rispetto alle dinamiche territoriali che si sono sviluppate negli anni: a questo livello attuativo non è infatti stato dedicato uno spazio di sviluppo come meritava lasciandolo sostanzialmente l’eterno a morta, a fronte invece del suo ruolo centrale nelle azioni di traduzione del piano dalle previsioni alle realizzazioni.
Ecco che quindi occorre avanzare una serie di proposte perché questo aspetto venga sanato, anche partendo proprio dalle esperienze plurime che si sono avvicendate nel territorio negli anni (descritte sommariamente nei singoli paragrafi di commento che seguono per ogni AIO), per inserire una nuova e più definita articolazione di sviluppo degli AIO rispetto a quanto in via più approssimativa era stato avanzato dalle NdA del piano originario.
Gli ordini dei problemi sono di 3 diverse nature:
Chi: occorre la preliminare individuazione che faciliti ed avvii l’individuazione dei soggetti facenti parte delle fasi di attuazione di un AIO.
Su tale aspetto già le NdA del piano avevamo espresso una lista di amministrazioni comunali, che tuttavia sono da riconsiderare ed eventualmente aggiornare, anche integrando questo ambito con altri soggetti competenti, oltre a prevedere forme e modalità di coinvolgimento degli attori privati, che nel dibattito e nell’esperienza urbanistica contemporanea hanno assunto sempre di più una valenza maggiore. Ma a tale riguardo occorre sciogliere un fattore di natura centrale che negli anni purtroppo non ha visto un atteggiamento di continuità, comportando la messa in crisi dell’attuazione dello stesso Piano oggi in vigore: si tratta del ruolo dello stesso Ente che per normativa adotta il Piano per consegnarlo alla Regione per la sua approvazione, ovvero il Parco regionale del Po. Questo soggetto è infatti stato sempre considerato centrale come elemento di attuazione delle indicazioni di piano dal vigente PdA (i riferimenti al suo ruolo attuatore nelle NdA del Piano sono riportati in 21 passaggi normativi ovvero negli art. 1.1 par. 2, art. 2.4 par. 1 e 5, art. 2.5 par. 11 e 17, art. 3.4 par. 1 e 11, art. 3.5 par. 2, art. 3.6 par. 3, 4, 5, e 6, art. 3.7 par. 2.2, art. 3.7.3 par. 2, art. 3.7.4 par. 1 e 2, art. 3.8 par. 4, art. 3.9 par. 3,) ma il suo ruolo è stato depotenziato negli anni, come accaduto nel caso della abrogazione della sua competenza alla emissione dei pareri di conformità al piano avvenuta negli anni dal 2012 al 2019, poi ripristinati ma creando non poco disorientamento e fallacia nella continuità di controllo. In merito a tale aspetto occorre pertanto che le NdA del Piano definiscano nella parte inziale il ruolo guida dell’ente nelle attività di applicazione e di monitoraggio del Piano, fornendo anche ulteriori indicazioni e compiti rispetto a quelli prima richiamati, in modo da dare la massina efficacia di gestione all’applicazione del Piano.
Cosa: occorre rivedere gli stessi AIO alla luce delle dinamiche territoriali contemporanee.
In proposito oltre ad una revisione degli attuali AIO alla luce delle dinamiche ad oggi presenti sul territorio, occorre valutare sia una loro più chiara individuazione geografica senza pensare ad alcuna perimetrazione, ma certamente superando la forma alquanto approssimativa oggi proposta e affidata ad un semplice arco riportato in cartografia a scala molto piccola. In questo ambito occorre anche pensare ad una integrazione territoriale importante che riguarda il settore pedemontano e montano-alpino del tratto del Po, scarsamente considerato nello schema pianificatorio attuale (in questo settore non sono infatti state individuate schede progettuali). Un secondo argomento importante, che una individuazione geografica meglio definita può aiutare a risolvere, é il tema dell’integrazione pianificatoria tra fiume e sistema della collina Torino-Valenza: questo argomento già visto chiaramente nel disegno
territoriale del progetto Po ha conosciuto una sua sempre più ampia affermazione di legame inscindibile tra i due contesti, sia nelle operazioni di gestione che ha visto l’ente del Po assumere in gestione anche le aree protette della collina torinese, sia sotto il profilo del marketing territoriale con la nascita del brand CollinaPo.
Come: occorre individuare gli strumenti specifici che permettano di sviluppare le azioni contenute negli AIO che abbia una definizione meno generalista di quella oggi presente nelle NdA ovvero di generici “progetti regionali”.
I temi che sono già oggetto di specifica indicazione ad oggi inseriti nella descrizione dei 4 AIO individuati, interessano una serie di problematiche che non si limitano alla attuazione di progetti: incrociano questioni anche di carattere urbanistico su più livelli (insediativi, dei servizi, commerciale e produttivo, infrastrutturale, di difesa idrogeologica) che necessitano per la loro attuazione, di un coordinamento pianificatorio almeno intercomunale, e la costruzione di piani strategici di area. Inoltre la presenza tra le finalità degli aspetti di piano dedicati alle questioni dei percorsi di fruizione e pertanto al grande tema del loisir e del turismo (che hanno conosciuto un trend di crescita oggi molto più elevato di quanto era negli anni ‘80 ‘90 alla stesura del piano) interessano per altro verso altri campi di programmazione e le politiche legate al marketing territoriale, nelle quali non sono anche qui mancate esperienze come quella della registrazione del marchio collettivo CollinaPo, poi utilizzato per il riconoscimento dell’ampio complesso di territorio del Po e della collina nel torinese come Riserva della Biosfera nel programma Unesco MaB. E’ infatti oggi più evidente che in allora, come non sia sufficiente la realizzazione di infrastrutture, di progetti materiali nel campo della fruizione, e che alle opere si debbano affiancare azioni immateriali legate alla promozione, alla definizione delle linee del desiderio di conoscenza di un dato territorio, al fine di garantirne la sua appetibilità e la sua frequentazione, a partire dai desiderata che i cittadini o i turisti possiedono e che possono garantirne l’uso e mantenerne quindi nel tempo anche la manutenzione e le attività di servizio al loro contorno.
Ecco che pertanto in merito al tema del come operare, dalle diverse piattaforme e programmi integrati, crediamo si possano prendere le mosse per immaginare di prevedere nell’ambito delle NdA dedicate agli AIO due più dettagliate indicazioni:
la prima legata alla istituzione di specifiche conferenze di gestione (riprendendo anche gli istituti di legge previsti dalla recente LUR piemontese per la parte della copianificazione) nelle quali effettuare la traduzione delle ampie problematiche individuate per ogni AIO a livello delle scelte di pianificazione territoriale. Si tratta gioco forza di un complesso lavoro di integrazione tra i diversi livelli di pianificazione locale e di area vasta, nel quale inserire e meglio specificare anche territorializzandone le necessità legate alla fascia fluviale. Con questa misura si consentirebbe inoltre la strada per procedere all’adeguamento degli strumenti urbanistici locali al Piano. La formula di queste conferenze non deve tuttavia essere strettamente urbanistica, ma assumere un ruolo di soggetto misto nel quale siano poi attivabili vere e proprie conferenze di copianificazione. A questo proposito può venire in aiuto il percorso formalizzato con la candidatura UNESCO MaB di CollinaPo, che aveva previsto l’istituzione di Comitati di gestione territoriali organizzati per aree aventi elementi di omogeneità al loro interno. Riprendendo questo modello il piano potrebbe stabilire che l’organismo di attuazione delle politiche individuate sia costituito quindi da un comitato territoriale per ogni AIO, affidando all’ente di gestione del Parco il compito di procedere alla costituzione di dette conferenze ad esempio entro un anno dalla approvazione del piano.
Le aree omogenee e i relativi comitati di gestione locali del modello della Riserva della Biosfera CollinaPo
Sotto questo profilo si potrebbe anche individuare un utile elementi di intreccio tra il Piano socioeconomico pluriennale dell’ente (PPES) e il Piano territoriale (aspetto sottolineato anche in altre riflessioni intorno alla pianificazione della fascia del Po), mutuando questa ipotesi di costituzione dell’organismo di attuazione delle politiche locali da comitati che siano anche previsti nello stesso PPES e pertanto da questo richiamato all’interno della strumentazione del PdA. Rispetto all’inquadramento ed alla derivazione normativa dalla quale far derivare la costituzione di un organismo di tale natura (che a nostro parere non può essere semplicemente fatto corrispondere all’ente di gestione dell’area protetta essendo in gioco territori esterni al parco) giova anche fare un richiamo alla ricca serie di azioni che sono state messe in campo sin dal livello europeo ad esempio con la costituzione della RECEP (la Rete europea degli enti locali e regionali per l’attuazione della Convenzione europea del paesaggio). Questo ultimo rinvio si incrocia per ovvie ragioni con lo schema generale nel quale si andrà a collocare l’organizzazione generale del processo di aggiornamento del Piano d’area, per il quale appare di grande interesse proprio la scelta di incardinare tale aggiornamento nei processi di
attuazione del Piano paesaggistico regionale. In virtù di tale visione ecco che il collegamento con la RECEP e la costituzione di un organismo di attuazione a questa connesso potrebbe assumere una coerenza giuridico legislativa efficace.
la seconda, la costruzione di schede Meta progettuali a scala di AIO per un approfondimento maggiore degli indirizzi ivi indicati, redatte secondo le metodologie già sperimentate e realizzate come nel caso del Masterplan del Po dei laghi o ancora in modo più efficace nella costruzione del
Piano direttore di Corona Verde, che si è articolato in subambiti nei quali le linee generali di uso del suolo sono state anche oggetto di trasposizione cartografica, che ha previsto un quadro territoriale, un quadro delle risorse ed uno finale appunto di natura progettuale.
Masterplan d’ambito area sud Corona Verde: inquadramento
Masterplan d’ambito area sud Corona Verde: inquadramento delle risorse.
Masterplan d’ambito area sud Corona Verde: quadro progettuale.
Ambito 2 del masterplan Po dei Laghi
Nel quadro della più chiara individuazione degli aspetti di intervento legati alla fascia di influenza indiretta del Piano, l’intreccio tra la pianificazione d’area del Po e i territori circostanti può assumere un significato maggiormente cogente e concreto tramite l’individuazione non già e solo di “emergenze” meritevoli di segnalazione ovvero di assi di attenzione, ma piuttosto trasformarsi, oltre alle schede meta progettuali prima richiamate, in vere schede progettuali dedicate specificamente alla fascia esterna del piano, che nella struttura qui proposta hanno nel telaio del PPR la sua architettura di base.
Accanto quindi alle schede progettuali che gli AIO dedicano alla fascia di influenza diretta del piano, interne quindi alle zone di protezione stabilita dalla legge sulle aree protette, sono immaginabili delle schede progettuali individuate nella fascia di influenza indiretta, all’esterno dei territori classificati di protezione, e
che coinvolgono reti, beni, emergenze e comparti omogenei che danno modo alla RVA di trasformarsi in azioni operative ed ai beni presenti all’interno della fascia di protezione ambientale del Po di rafforzare il loro ruolo ecologico in una visione di tenuta complessiva del sistema territoriale interessato dal processo di Piano. Riprendendo il tema dello sviluppo delle procedure del Piano d’area nel quadro del PPR regionale ecco di seguito uno schema che descrive la collocazione delle schede interessanti le aree di influenza indiretta del piano:
ARTICOLAZIONE PPR FASCIA PO E COLLINA
LIVELLO SCHEDE PROGETTUALE ATTUATIVO
SCHEDA PROGETTUALE AMBITI APPROFONDIMENTO PPR INSERITI NEI AIO
SCHEDA PROGETTUALE PIANO D’AREA FASCIA DEL PO
AMBITO INFLUENZA INDIRETTA AMBITO INFLUENZA DIRETTA
Possibile organizzazione della normativa di attuazione dell’approfondimento Po e Collina