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Hume in tempi di sanzioni durante l’isolamento da Corona Virus

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Parole silenziose

Parole silenziose

Massimiliano Salce 1

Si dovrà passare da una morale che obbliga e costringe, ad una morale che genera un comportamento che sorge dalla norma autonoma e cioè quella norma che il soggetto dà a se stesso e che prende le sue origini non dalla lettura di una legge imposta da un ente esterno ma prende il via dalla riflessione sulla esistenza, sull’esistere di quel momento storico e nel far ciò, riprendere il senso sulla simpatia (empatia, sentimento, similitudine nel sentire ), come indicata da Hume, ne è uno degli aspetti fondanti, specie in momenti particolari, sempre in agguato e che ricordano il senso del tragico, anche nel diritto, con cui deve fare i conti l’Umano.

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Scrive D. Hume nel Trattato sulla natura umana (Libro terzo): «Per scoprire la vera origine della morale, e quella dell’amore e dell’odio che deriva dalle qualità morali, dobbiamo considerare nuovamente la natura e la forza della simpatia. Gli animi degli uomini sono simili nei loro sentimenti o nelle loro operazioni, né esiste un sentimento che si produca in una persona di cui non partecipino, in qualche grado, tutte le altre. Come quando ci sono delle corde ugualmente tese, se una si muove il suo moto si comunica a tutte le altre, cosí ogni sentimento che noi possiamo provare passa facilmente da una persona a un’altra e produce nelle creature umane i movimenti corrispondenti. Quando io scorgo nelle voci o nei gesti di una persona gli oggetti di una passione, il mio animo trascorre immediatamente da questi oggetti alle loro cause, e si forma una idea della passione talmente viva che si muta subito nella passione medesima. Similmente quando avverto le cause di qualche emozione, il mio animo è portato agli effetti ed è preso da una grande emozione [...].

Ora noi siamo certi che la simpatia è un principio potentissimo nella natura umana. Siamo anche certi che essa esercita una grande influenza sul nostro senso

Dirigente di una forza di polizia italiana, Laureato in Giurisprudenza (Università di Teramo), in 1 Scienze della Sicurezza Economico Finanziaria (Università di Tor Vergata) e in Scienze Psicologiche Applicate (Università degli Studi di L’Aquila). 26

della bellezza, sia che riguardiamo gli oggetti esterni sia che giudichiamo della morale. Noi troviamo che essa ha forza sufficiente per produrre i piú forti sentimenti di approvazione quando opera da sola e senza il concorso di altri princípi, come nei casi della giustizia, dell’obbedienza, della castità e delle buone maniere [...] ed è dunque a questo principio che dobbiamo attribuire il sentimento di approvazione per tutte le virtú utili alla società o alla persona che le possiede. Questo fatto costituisce la parte piú notevole della morale».

Se dunque io penso che lo stare in casa costretto per il Corona Virus sia un sacrificio e una limitazione per me, avrò bisogno di una norma che mi vieti di uscire. Un qualcosa di più potente della mia indole. Una norma che si dice eteronoma (ricevere fuori da sé una norma). Ma funziona?

Se, di contro, io penso che altri sono in casa e non escono per non farmi del male, per evitare il contagio, per far sì che non ci siano rischi di diffondere il virus, ecco dunque che io provo un qualcosa che possiamo definire, come direbbe Hume, simpatia (affezione, sentimento) , non provo costrizione che provo quando penso che non posso uscire; eppure il paradosso è che sto riflettendo sullo stesso fatto e cioè che anche altri non possono uscire ma in questo caso provo un senso di approvazione, provo simpatia per quei simili che stanno comportandosi così.

L’oggetto materiale della riflessione è lo stesso. Ma non è lo stesso il senso esistenziale che è implicito nella riflessione sulla stessa azione.

E cosa accade? Accade che non avrei allora bisogno di un divieto imposto dalla legge. Si tende cioè a trasformare la morale, il presupposto interiore del comportamento dell’uomo, da imposizione a riflessione, in una riflessione esistenziale che è opportuno evitare il male ad altri e così facendo generare simpatia (empatia) che mi faccia fare lo stesso e faccia fare lo stesso ad altri.

La morale, quella morale che obbliga e costringe senza ottenere compartecipazione viene così a perdere quel rivestimento esterno di tipo religioso o confezionato dallo Stato, rivestimento fatto di costrizioni, di sanzioni svariatissime ma che sistematicamente vengono sfidate da infinite persone, se è vero che come è vero il numero dei denunciati o sanzionati assume valori incredibili, così come sono piuttosto affollati ogni domenica i confessionali delle nostre chiese.

Si passa da una morale che obbliga e costringe, ad una morale che genera un comportamento che sorge dalla norma autonoma e cioè quella norma che il soggetto dà a se stesso e che prende le sue origini non dalla lettura di una legge imposta da un ente esterno ma prende il via dalla riflessione sulla esistenza, sull’esistere di quel momento. Se ne converrà che affacciarsi sul baratro del senso

dell’esistere è ben diverso dall’esercizio di “lettura di un comportamento sociale” e di una imposizione molto semplicistica da ricollegarvi. E soprattutto ne sono diversi gli approdi.

L’esistenza dunque e la riflessione su di essa e a fronte il confronto con la norma eteronoma, che non sa parlare all’esistenza dell’uomo, all’animo dell’uomo e così necessita di una sanzione mai risolutiva e per di più cangiante, visto come siamo passati in poche settimane dalla applicazione di una norma penale (650 del codice penale) ad una norma amministrativa cioè a pura sanzione pecuniaria e ideata in sostituzione della prima, in regolazione dello stesso comportamento! Con evidenti scarsi risultati e un dispiegamento di forze di polizia mai visto prima.

Sarà e deve essere dunque la riflessione esistenziale e nel caso la “simpatia (empatia)” a guidare una morale che non fallisca. Che si regge di per sé e che genera la norma autonoma. E sulla quale fondare una filosofia del diritto, compartecipe di quel più vasto problema che non è il giuridico ma il senso del divenire e del “tragico” del vivere.

E se, peraltro, la norma è l’essenza del funzionamento di uno Stato, si comprende facilmente cosa occorrerebbe fare nell’orientare questa filosofia.

Ancora una volta non può quindi essere una morale che è condizionata da eventi esterni, che cercherebbero di affermare a priori cosa sia giusto e cosa sia sbagliato per tentare poi la via della norma giusta o più giusta, efficace o più efficace, sterile inseguimento regolativo di fenomeni, ma sarà una morale che si basi su quel riflettere interiore, mai troppo sufficiente o percorso, alla ricerca del senso dell’esistenza e della co-esistenza umana ad indicare così la Via.

Ma si sa il cammino è ancor lungo in materia. Esattamente come la riflessione sull’esistenza dell’uomo.

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