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La necessità di far Emergere e di ri-Emergere dall’ Emergenza

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Parole silenziose

Parole silenziose

La necessità di far Emergere e di riEmergere dall’ Emergenza

Silvia Lo Canto 1

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Mai nella vita avremmo immaginato di vivere in una situazione degna dei migliori film di Hollywood.

Una società, uno stato, un intero pianeta alla mercé di qualcosa di talmente minuscolo da sembrare quasi inesistente.

Il mondo si trova ad affrontare un pericolo di cui non può prevedere neppure le mosse, poiché invisibile!

Quello che vediamo di lui sono solo i suoi effetti sulla nostra umanità, e non solo dal punto di vista degli effetti fisici. È quasi come se, questo virus, oltre ad aver ammalato ed indebolito i corpi, abbia infettato pure le anime e le menti.

Da mesi siamo ormai sommersi da ogni tipo di forma di paure, che, grazie alla reclusione forzata, sembrano diventare quasi più letali del Covid 19 stesso.

Si vive costantemente con la paura di infettarsi, paura di infettare, la paura di morire, quella di veder morire, oppure ancora la paura che altri contravvengano alle leggi restrittive; per non parlare poi di quella di essere dimenticati o di quella di dimenticare, così come la paura di chiudersi alle gioie della vita, e a quella che l'isolamento non abbia mai fine.

Ma poi, a rifletterci bene, non è solo tutta colpa del virus, poiché, se è vero che colpisce intimamente la nostra salute fisica, è altrettanto corretto dire che la gestione dell'emergenza e la reclusione tra le mura domestiche, sussurrano parole terribili al nostro spirito, basta farsi un giro sui social network per farsi un’idea.

Ed ecco che in poco tempo, grazie ad un semplice clic, ci si ritrova catapultati nelle epoche più buie dell'umanità: donne e uomini, di ogni età ed estrazione sociale, che riversano il loro disagio, il loro terrore, in fiumi interminabili di parole, spesso gettate con noncuranza, con rabbia e tanto rancore.

La gente è confusa, si è vista limitare repentinamente, in modo coatto, molte libertà, quelle stesse libertà a cui mai avrebbe pensato di dover rinunciare, come ad esempio una semplice passeggiata nel parco coi figli. Credo che lo spaesamento che molti di noi sta vivendo sia dato dal fatto che ci siamo trovati, nel giro di poco, a consegnare obbligatoriamente le nostre vite nelle mani di tecnici che ci impongono di fidarci di loro senza diritto di replica. Ma la fiducia è qualcosa che si può imporre? Ci obbligano a tralasciare ed a trascurare le nostre competenze cognitive, la nostra capacità razionale, nonché il nostro spirito critico, a favore di pochi, i quali possono prendere al nostro posto decisioni di vita quotidiana e che ci obbligano a credere che sarebbero state le stesse identiche decisioni che avremmo preso noi se ne fossimo stati abilitati, e di conseguenza delle quali siamo altamente responsabili!

Il concetto di responsabilità è un concetto molto interessante, seppure altamente complesso.

Negli ultimi mesi fanno spesso appello a questo termine, senza mai però dedicare del tempo per chiarircene il significato.

Come accennavo poc'anzi, responsabilità è un concetto multiforme, dal significato apparentemente molto chiaro, ma che se analizzato rivela le sue fragilità, lasciando incerti e insicuri: appena sembra di averlo afferrato, ecco che questo è già sfuggito un passo oltre!

Partiamo dalla sua origine latina RESPONDIRE, ossia rispondere: ad un primo acchito la definizione appare di una semplicità disarmante, infatti rispondere può voler dire semplicemente dare risposta delle proprie azioni.

Quindi, secondo questa definizione, io sono responsabile delle mie azioni nella misura in cui le abbia preventivamente soppesate, valutate e liberamente preso adesione.

Ma nel caso in cui le nostre azioni siano frutto di una coercizione, come può essere nel nostro caso attuale un decreto legislativo, in che misura possono essere definite responsabili?

C'è chi potrebbe rispondere che lo sono nella misura in cui io aderisco, con coscienza e cognizione di causa, consapevole della bontà e della correttezza di tali imposizioni.

Ma, in questo caso, la responsabilità si fonderebbe un atto di fiducia: io, libero cittadino, mi trovo a rispondere delle mie azioni imposte, che ritengo adeguate, sulla base della fiducia che ho dovuto riporre nei confronti delle istituzioni e che mi hanno riferito, senza diritto di replica, essere giuste a prescindere per la salute ed il bene comune.

In che modo quindi tutto ciò può mettere in gioco la mia responsabilità?

Ciò che ho espresso finora vuole comunque rimanere al di fuori di ogni tipo di polemica di stampo politico rispetto a come sia stata affrontata l'emergenza finora, piuttosto ha il compito di far emergere la necessità di una riflessione filosofica precisa, proiettata al sostegno di tutti coloro che necessitano di fare i conti con un nuovo tipo di esistenza, che includa anche una nuova visione del mondo.

Credo che questo sia un passaggio obbligatorio per il benessere della società, nella quale il nostro ruolo, quello di Counselor Filosofico, può e deve giocare un ruolo determinante.

Abbiamo la responsabilità come Filosofi di fare dell'emergenza un'opportunità, permettendo ed incentivando l’emersione delle problematiche, rivestendole di nuova luce, di nuova veste.

In una società in balia del terrore, del risentimento e dell'oppressione, così come dell’insofferenza, il Counselor Filosofico ha l'obbligo di problematizzare, sollevare questioni all'attenzione dei cittadini, al fine di aiutarli a non andare alla “deriva”, aprendoli piuttosto alla riflessione e ad una maggiore conoscenza di sè, presupposto fondamentale per l’espressione del potenziale di ognuno di noi.

Problematizzare però non vuol dire per forza creare dei problemi, anzi significa trovare significati nuovi che diano modo di far sì che ci si apra a nuove possibilità di esistenza, evitando l'annichilimento e l'autodistruzione.

Partiamo Dunque dal porci un interrogativo dal sapore stoico: ho, abbiamo noi, noi il potere di porre fine a questa situazione?

Se la risposta è sì, allora abbiamo il dovere di fare di tutto per modificare il nostro status attuale; ma se la risposta è no, come io credo, allora il nostro compito è "abitare” la nostra situazione in modo intelligente e consapevole.

Prima di lavorare con gli altri è però fondamentale che si cerchi di trovare un nostro equilibrio e una quiete intima personale.

Ad esempio, nel mio caso, ho iniziato facendo un lungo ed interminabile lavoro di ascolto di me stessa, stando attenta all'insorgenza di ogni tipo di malumore, insofferenza o paura riguardo al momento presente, discutendone apertamente e filosoficamente con mio marito.

Premetto che sin dall'inizio della quarantena ho dovuto trascorrere la maggior parte delle ore della mia giornata da sola, divisa tra la cura e l'assistenza di mio figlio, che ora ha quasi un anno, e al contempo, la gestione del mio lavoro, poiché mio marito ha due aziende agricole da gestire e quindi il tempo in casa con noi, seppur di qualità, è stato comunque limitato.

Potete Dunque immaginare quanto lo spazio da dedicare alla mia persona sia stato ridotto; devo dire che, ad onor del vero, mio marito ha sempre fatto di tutto per concedermi almeno un'ora di tempo per me, ed è sempre stato disponibile al dialogo e all'ascolto.

Insieme ci siamo prefissati di cercare di rispondere ad una domanda esistenziale: come vogliamo che trascorra la nostra vita in quarantena?

A tal proposito siamo riusciti a maturare l'idea che il nostro compito e il nostro obiettivo fossero quelli di vivere il più serenamente è il più armoniosamente possibile anche per riuscire a trasmettere solidità e benessere al nostro piccolo Michelangelo.

Abbiamo quindi deciso di mettere da parte ogni tipo di atteggiamento polemico e distruttivo e di concentrarci su ciò che ci sembrava, e ci sembra tutt'ora , avere il seme della potenzialità creatrice.

Procedendo con un ordine logico ci siamo posti ulteriori domande al fine di rintracciare la via migliore per noi, per una vita buona:

“che cosa sono in grado di offrire alla mia famiglia di positivo e fecondo, quando sto bene con me stesso/a? “

“Che cosa è il mio potere fare per ritrovare il mio benessere personale?” "Quali sono le strategie da attuare per il raggiungimento di tutto ciò?”

Al termine di questo lavoro rigoroso siamo convenuti che la via da perseguire fosse quella che ci permettesse di coltivare le capacità, le potenzialità e la creatività di ognuno di noi.

E’ fondamentale alimentare ed incoraggiare la creatività personale in un periodo dove ci si sente, poiché lo si è, rinchiusi e senza possibilità di azione!

Per quel che riguarda me ho deciso quindi di mettere in gioco le mie conoscenze e le mie competenze filosofiche donando il mio supporto 41

gratuitamente, considerato lo stato di emergenza, a tutti coloro che ne avessero avuto bisogno, sia attraverso videochiamate, sia attraverso chiamate semplici.

Ho proposto, a chi lo desiderasse, ma soprattutto a chi era a contatto diretto con il problema, ad esempio infermieri o persone che si erano ammalate, ma che avevano uno stato di salute in ripresa e sotto controllo, anche dei giochi filosofici che potessero distrarre dalle preoccupazioni del presente e che potessero essere da supporto all’apertura del pensiero critico ed indipendente.

Inviavo, quindi, loro un’opera d’arte, un brano musicale o una immagine, e poi davo loro il compito di scrivere un feedback su ciò che avevano percepito e ciò che avevano vissuto dalla fruizione dell’opera, pretesto utile per iniziare una discussione di natura filosofica.

A partire dalla metà di marzo, poi, ho iniziato anche a organizzare Cafè Filosofici on-line (grazie anche al supporto tecnologico della Dott.ssa Silvia Spaltro, bibliotecaria presso un importante Liceo di Glasgow) a cui ho dato il nome "Restiamo Connessi”, avendo per l’appunto l’obiettivo di porre quei quesiti filosofici che stanno coinvolgendo e sconvolgendo la nostra quotidianità; in queste occasioni ci siamo quindi interrogati sul senso del concetto di Libertà, di Responsabilità, di Cura, di Perdita di Tempo e così via.

Nel contempo ho steso nuovi progetti per l’assistenza e il supporto al “ritorno alla normalità”, contattando strutture e creando un team di lavoro che preveda, oltre la mia figura, anche quella di altri professionisti, tra cui anche una artista ed un insegnante di yoga.

Infatti, se sostengo la fondamentale importanza della figura del Counselor Filosofico durante questo periodo delicato, ne ritengo altrettanto fondamentale il suo intervento durante il periodo di "riabilitazione” post-emergenza.

Vorrei concludere il mio contributo citando una massima orientale, che in questi ultimi mesi, è diventato un po’ il mio mantra personale: “a volte è importante ringraziare anche quella situazione che ci fa del male perché, costringendoci a cambiare strada, ci fa conoscere mondi migliori”.

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