4 minute read

Tra distopie complottismo e paure esistenziali. Cronache dalle terre del confine

Next Article
Parole silenziose

Parole silenziose

Alberto Donati 1

“Il nostro rapporto con la verità passa attraverso gli altri. O andiamo verso la verità con loro o non è verso la verità che andiamo”. M. Merleau-Ponty, Elogio della filosofia

Advertisement

La distopia e la sua gemella felice, utopia, derivano da un sentire che affonda le radici nella Grecia antica. L'etimologia della parola infatti è una variazione di utopia letteralmente “non luogo”, con mutazione del prefisso u- “non” in dis- “cattivo” e “topos – τόπος – luogo”. Quindi luogo cattivo, luogo da tenere a distanza. Distanza: vi ricorda qualcosa in questo tempo dell'assenza delle relazioni sociali?

Il "luogo cattivo" dunque è il "topos" da distanziare. Cosa succede se quel luogo l'abbiamo immaginato - con l’aiuto della letteratura, del cinema e delle serie tv - introiettato e anticipato nelle nostre autonarrazioni e visioni notturne?

Dalle visioni distopiche, che in qualche modo interpretano una escatologia sociale al complottismo, che ne individua i mezzi, il passo è breve; solitamente quelle complottiste sono liquide, plastiche fluide come il fiume di Eraclito perché, contrariamente alla “realtà ufficiale”, sfruttano l’ambiguità e il dubbio come valori fondanti della conoscibilità fenomenologica del mondo e si presentano come “framework” per chiunque si senta smarrito, escluso o, più semplicemente, deluso

Alberto Donati, Ravenna (6 settembre 1963), si è Laureato a Bologna in materie economiche. 1 Appassionato di filosofia è il presidente dell’associazione culturale Agendafilosofica, con la quale organizza da 15 anni festival di filosofia ed eventi culturali. Lavora in un istituto di credito da oltre 30 anni. Dal 2019 frequenta il Master triennale di specializzazione in Counseling Filosofico (II anno) all’Istituto Superiore di Filosofia, Psicologia, Psichiatria (ISFiPP) di Torino.

dall’incapacità di individuare un confine tra i fatti e la propria capacità di produzione di senso. Ed è proprio grazie alla capacità di assumere forme distinte mutevoli, come un virus, che queste credenze generano, antropologicamente, un senso di comunanza e senso di appartenenza tra le persone, aiutandole a sentirsi meno sole, parte di una comunità di cercatori della verità. Veri interpreti del mito della caverna. Scopritori di verità – aletheìa - apodittiche. Grazie a questa elasticità cognitiva ed emotiva, le teorie del complotto possono fondersi tra loro e convivere intrecciandosi in un tutto indeterminato: una persona che già crede che i vaccini provochino l’autismo, sarà più facilmente portata a credere che le malattie siano causate dai poteri forti per obbligarci a vaccinare i nostri figli. E come fanno poteri forti a causare le malattie? Con le scie chimiche e con il 5G, per esempio. Probabilmente queste forme, di grado e intensità diversa, di eterodossia culturale sono molto più presenti di quello che immaginiamo e forse fanno parte dell’esperienza del sentire umano da sempre.

In questi tempi dove Phobos e Deimos, la paura e il terrore, hanno iniziato a prendere il sopravvento nelle parole, grazie alla complicità di distopia e complottismo, nei gesti, con la distanza e la separazione sociale e nella richiesta di rassicurazioni in merito alle previsioni di un futuro incerto, vi è spazio anche per domande molto più semplici e concrete in quel microspazio del quotidiano socialmente ridotto. Cosa accadrà al mio lavoro? Come posso pagare i miei impegni, i miei mutui, l’Università per i miei figli? I miei risparmi che fine faranno? Ci sarà un consolidamento del debito? Potrò usare i risparmi di una vita? Questi sono solo alcuni esempi delle molte domande che le persone pongono. E io, nel mio ambito lavorativo, come posso rispondere, come posso aiutare?

Ci provo! Ricorro a pillole condensate di PEACE – Problema, Emozione, Analisi, Contemplazione, Equilibrio – il metodo della consulenza filosofica proposto da Lou Marinoff; con l’aggiunta di atti di gentilezza, come se fosse una pratica, stoica; sempre! Cerco di applicarlo tutti i giorni, con l’imprenditore angosciato, con il cassaintegrato che non riesce a pagare il mutuo, con la madre separata che ha un genitore in casa di riposo e deve scegliere qui e ora cosa pagare per sopravvivere; e con mille altre situazioni che hanno come minimo comune denominatore la paura. La mia pratica filosofica quotidiana è ascoltare, comprendere le visioni e le paure delle persone, di quel domani a tutti sconosciuto, cercando di portarle verso un luogo più sicuro dove la paura sia circoscritta; fornendo tutta la consulenza bancaria di cui sono capace, ma sapendo che prima della tecnica ci vuole una

consulenza umana, dove empatia e simpatia, nel più autentico senso etimologico del syn pathos: dell’emozionarci e dell’esserci insieme, devono avere la precedenza.

Ho scoperto che la pratica filosofica funziona! Sempre; non teoricamente, ma sul campo dove la probabilità di farsi travolgere dai flussi emozionali dell’alterità è facile e sarebbe molto più semplice adottare un approccio più “distaccato”; tecnico ed esoterico.

Forse il tempo che stiamo vivendo porterà nuove consapevolezze, la lentezza apparente del nostro vivere potrà servire per rimodellare la nostra trama del futuro e, forse, si potrà capire che il problema, non è tornare alla “normalità”, come tutti i giorni sento, ma comprendere che la normalità è una parola dai confini semantici ambigui e soggettivi; e rappresenta il problema.

This article is from: