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Invasioni, incursioni, migrazioni

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Capitolo IV UN MONDO DA RIORGANIZZARE (SECOLI VIII-X)

ORATORES, BELLATORES, LABORATORES. L’AUTOBIOGRAFIA IMMAGINARIA DELLA SOCIETÀ MEDIEVALE Qual era l’immagine della struttura sociale nei secoli centrali del medioevo? Come si costruiva l’autoritratto della propria società? «In questa valle di lacrime gli uni pregano, altri combattono, altri ancora lavorano; e le tre categorie stanno insieme e non sopportano d’essere disgiunte, di modo che sulla funzione dell’una restano le opere delle altre due, tutte e tre a loro volta assicurando aiuto a ciascuna». Con queste parole il vescovo Adalberone di Laon offriva il ritratto della società europea intorno al Mille. È il concetto delle tre funzioni, che rappresentano sulla terra l’ordine voluto da Dio e, allo stesso tempo, sono gli elementi che garantiscono l’armonia nelle società. Oratores, bellatores, laboratores: ai primi spettava pregare affi nché la stabilità del mondo cristiano fosse mantenuta; ai secondi combattere, perché esso potesse godere della sicurezza; ai terzi mantenere i due precedenti «ordini» con la propria opera. Il termine labor indicava fondamentalmente la fatica dei campi, quindi il lavoro agricolo. Tale ripartizione dei doveri e degli incarichi corrispondeva a una precisa divisione del lavoro e della ricchezza. In una società nata essenzialmente per la difesa e basata su un’economia di sostentamento nella quale l’agricoltura stava al primo posto, era naturale che il lavoro fosse concepito in modo essenzialmente servile. In una società in cui il denaro non circolava, era naturale che la Chiesa considerasse sospetto e quindi condannabile in quanto frutto d’usura qualunque tipo di guadagno non direttamente acquistato con il sudore della fronte e quindi guardasse con riprovazione al prestito (bandito come «usura») e ai commerci stessi. Nella seconda metà del Novecento il grande fi lologo e «storico delle mitologie» Georges Dumézil aveva elaborato una teoria generale delle società indoeuropee (cioè delle società uscite dalle grandi migrazioni di popolazioni, provenienti dalle steppe eurasiatiche, che avrebbero investito nel II millennio a.C. l’Europa, le aree caucasiche, l’Anatolia, la Persia e il bacino dell’Indo: questa era la defi nizione di «indoeuropeo» all’epoca) che ne riconosceva questa ripartizione trifunzionale quale struttura portante comune. Poiché sovente l’ordine degli oratores è quello nelle cui mani è affi dato il compito di mantenere vive, e dunque di mettere per iscritto, le memorie mitiche dei popoli cui appartengono, la funzione della preghiera appare quella più importante e sacra, che in un’ideale scala di valori più si avvicina alla maestà celeste di cui è intermediaria per gli altri ordini. Uno schema che sottintenderebbe una antica rivalità, o comunque una tensione tra funzione sacerdotale e funzione guerriera, visibile per esempio nella lotta tra sacerdotium e imperium all’epoca di Gregorio VII ed Enrico IV. La dialettica tra le due più importanti élites sociali, quella dei sacerdoti e quella dei guerrieri, fornirebbe inoltre un fi lo rosso che nella storia europea corre attraverso l’epoca antica, medievale e moderna e si arresta alla fi ne del Settecento, quando la Rivoluzione abolisce i tre «stati», diretta emanazione delle tre funzioni originarie.

1. Particolare di una cruenta battaglia in una illustrazione del XV secolo dell’opera di Vincenzo di Beauvais Speculum Historiale, del XIII secolo. Musée Condé, Chantilly.

2. Mater Ecclesia, particolare dell’Exultet della metà del XIII secolo conservato presso il Museo Diocesano di Salerno.

3. Il lavoro nei campi descritto in una miniatura dell’XI secolo conservata nell’abbazia di Montecassino.

4. Morte dell’usuraio, illustrazione di un volume proveniente da Heidelberg, collezione privata.

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5. L’abate di Cluny invita al rispetto del principio di ospitalità anche nell’aspra contesa tra la fazione fedele al papa e l’imperatore Enrico IV. Miniatura da I principi di Canossa (Vita di Matilde). Biblioteca Apostolica Vaticana.

6. Ottone II consegna il pastorale a sant’Alberto, esempio di investitura laica di una carica ecclesiastica. Particolare del portale bronzeo del XII secolo, cattedrale di Gniezno, Polonia. L’ECONOMIA CURTENSE I secoli VI-IX, e in genere il cosiddetto alto medioevo, si possono caratterizzare come quelli dell’«economia curtense», fase di passaggio dall’economia della villa romana a quella della signoria fondiaria dell’età feudale. Il modello di società curtense al quale solitamente si ricorre è quello affermatosi tra Loira e Senna, cioè nel regno dei franchi: ma si tratta di un modello che non è forzatamente più specifi co degli altri. È soltanto meglio documentato. In realtà, con qualche variante, i rapporti di proprietà e i modi di produzione curtensi si affermarono un po’ in tutta l’Europa occidentale altomedievale. La villa o curtis era un grande centro di residenza e di produzione: al tempo stesso fattoria, azienda agraria, laboratorio, area di residenza del dominus e dei suoi servi, cioè dei contadini che, pur mantenendo il loro stato teoricamente libero, si erano affi dati – in tempi di carenza dei poteri pubblici – alla sua protezione. In pratica, essa constava di una serie di costruzioni adibite ad abitazioni, stalle, rimesse ecc. e di un numero variabile di appezzamenti di terreno: il tutto, quanto a estensione, per un totale di ettari che poteva andare dalle poche decine alle decine di migliaia. Attorno alla residenza del signore si raggruppavano gli edifi ci più importanti: scuderie, mulini, frantoi, fi enili, pozzi, la chiesa. All’interno della corte si fabbricavano tutti i manufatti necessari al suo andamento: tessuti, utensili, stoviglie, strumenti di lavoro, armi; in appositi locali si attendeva alla preparazione dei cibi e delle riserve alimentari e alla trasformazione delle materie prime in prodotti fi niti. In tempi di insicurezza delle strade, recessione del sistema commerciale e rarefazione della moneta che ormai era cattiva e semintrovabile, il sistema curtense si confi gurava come un sistema chiuso, o autarchico. Dal punto di vista della conduzione della terra, la curtis si divideva in una pars dominica o riserva, gestita direttamente dal signore, e in una pars massaricia, gestita dai contadini di stato libero o servile e divisa in mansi, cioè in unità produttive di varia estensione (a seconda del tipo di colture praticato, dell’altezza sul livello del mare, della conduzione dei suoli, delle latitudini) suffi cienti a fornire di che sopravvivere a una famiglia contadina. I contadini corrispondevano al padrone una quota parte dei prodotti ed erano inoltre obbligati a prestazioni lavorative gratuite sulla pars dominica. Tale ripartizione della proprietà risaliva già all’età romana: allora si era contestualizzata nel quadro recessivo indotto dalla crisi dell’approvvigionamento schiavistico, dalla fuga dalle città e dal loro conseguente declino come centri economico-manifatturieri, dalla crisi demografi ca che aveva richiesto la «valorizzazione» degli schiavi mediante l’offerta di condizioni di autosostentamento (servi prebendari e casati).

SIGNORI E VASSALLI Attorno al dominus, un più o meno ampio gruppo di amici, protetti, guardie del corpo, gli faceva ala e scudo. Egli ne era il senior, il «vecchio»: termine usato nelle bande di guerrieri, che poi si evolverà divenendo equivalente di dominus. Ne deriverà, fra l’altro, l’italiano «signore». Questi accoliti formavano il

7. Rappresentazione della ricca azienda agricola del dominus Iulius, mosaico del IV secolo. Museo del Bardo, Tunisi.

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