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Lo sviluppo del monachesimo occidentale

mano destra sulla guancia del cresimando. In origine, probabilmente, siamo davanti a una vera e propria prova di forza, di coraggio, di capacità di sostenere il dolore, quindi può darsi che originariamente si trattasse di una vera e propria ferita, davanti alla quale il cavaliere si doveva comportare in modo virile, poi in seguito, naturalmente, tutto diventa semplicemente simbolico. Quando il cavaliere non combatte, la sua attività fondamentale è la caccia. La caccia che si esercita a livello signorile, nelle grandi riserve dei signori feudali, che si esercita nei confronti della grande selvaggina, quindi di vere e proprie belve, come l’orso, come il cinghiale, come lo stesso cervo che è fortissimo e anche piuttosto pericoloso, ed è un’attività al tempo stesso prerogativa che poi diventerà nobiliare, ma anche addestramento concreto alla guerra. All’interno del ceto feudale e dei ranghi dei milites, nel corso dei secoli bassomedievali si andrà formando il ceto nobiliare, la cui condizione cioè viene sancita dalla legge come trasmissibile di generazione in generazione. Sulle origini del fenomeno e sulla sua antichità la storiografi a ha a lungo dibattuto. Oggi la tendenza prevalente, soprattutto negli studi di ambito francese e italiano, è quella a considerare la vasta gamma di ceti feudali dirigenti come «aristocrazie»; riservando il termine «nobiltà» per il periodo successivo almeno all’XI secolo (e questo, è bene precisare, nonostante le fonti del tempo non conoscano il termine «aristocrazia», ma impieghino indifferentemente quello di nobiles), quando cioè vi fu una codifi cazione giuridica dei privilegi legati all’appartenenza familiare, nonché una chiusura del ceto nobiliare, che trasformò i clan familiari da stirpi in lignaggi, grazie alla scelta di privilegiare la patrilinearità a favore del primogenito; una scelta che mirava a evitare la dispersione dei feudi quando questi divennero trasmissibili in eredità. La nobiltà di un lignaggio dovrebbe

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almeno in teoria prescindere dalle maggiori o minori ricchezze delle famiglie titolate: di fatto, le cose rimarranno più fl uide e vi sarà a lungo la possibilità di acquisire titoli nobiliari grazie alla compravendita, se non attraverso politiche matrimoniali.

GLI ORDINI MILITARI Con gli insediamenti latini in Oriente si venne a creare una nuova fi gura di cavaliere. Le forze che sostenevano il regno latino di Gerusalemme – subito minacciato dal circostante Islam, che, riavutosi dalla sorpresa, passò presto al contrattacco – erano essenzialmente costituite dall’aristocrazia crociata che presto s’imparentò con famiglie nobili siriaco-cristiane o armene, dalle città marinare italiane che avevano partecipato alla presa di numerose città costiere, nelle quali fondarono le loro fi orenti colonie mercantili, dagli Ordini religioso-militari fondati per proteggere i pellegrini. Queste militiae, che noi moderni chiamiamo impropriamente «Ordini religioso-militari», furono un’originale creazione della Terrasanta crociata: si tratta di Ordini religiosi la Regola dei quali era originariamente ispirata a quella canonicale agostiniana, ma che meglio si adattarono poi alla cenobitica benedettina. Al loro interno, oltre ai relativamente pochi sacerdoti, v’era un ampio gruppo di fratres «laici» – non provvisti cioè degli ordini canonici che distinguono chi faccia parte del clero – alcuni dei quali si davano ad attività varie secondo la tradizione inaugurata da Benedetto da Norcia, mentre alcuni altri (distinti in milites e in servientes a seconda che avessero o no, prima di entrare nell’Ordine, ricevuto l’addobbamento) avevano il compito di combattere per difendere i pellegrini e per presidiare le strade. Nel corso del secondo decennio del XII secolo, in due differenti punti della

7. Scena di caccia, 1160 circa. Mosaico della parete occidentale della sala di re Ruggero, Palazzo Reale, Palermo.

8. Particolare degli affreschi della Camera del Cervo, bottega italo-francese, 1343: il ritorno dalla caccia col falcone. Palazzo dei Papi, Avignone.

9. Raffi gurazione di un cavaliere con lo scudo crociato, affresco del XIII secolo. Cressac, Francia.

10. La chiesa-fortezza di San Giovanni a Portomarín, costruita dagli ospitalieri di San Giovanni sul camino di Santiago de Compostela.

11 città di Gerusalemme – cioè attorno alla moschea di al-Aqsa sulla spianata del Tempio, che i crociati chiamavano Templum Salomonis e che in un primo tempo era stata adibita a corte del re, e attorno all’ospedale di San Giovanni, presso la basilica della Resurrezione –, due fraternitates si andarono organizzando fi no a ottenere dai pontefi ci il consenso a trasformarsi in veri e propri Ordini religiosi: erano così nati i Pauperes Christi et salomonici Templi, i templari, e gli ospitalieri, o cavalieri di San Giovanni (in seguito di Cipro, e oggi di Malta). Più tardi si aggiunsero quelli di Santa Maria, che appartenevano esclusivamente alla nazione germanica e furono perciò detti teutonici. L’idea di Ordini religiosi all’interno dei quali vi fossero dei combattenti, giustifi cata dalle specifi che necessità d’un mondo in stato di endemica guerra nel quale i liberi combattenti scarseggiavano e un ampio territorio doveva essere continuamente sottoposto a controllo, suscitò naturalmente nella Chiesa molte perplessità. Per rimuoverle ci volle tutta l’autorità del più grande mistico del XII secolo, il cisterciense Bernardo abate di Clairvaux (1090-1153, canonizzato nel 1174). Egli si interessò alla fraternitas templare, ne sostenne la legittimazione come militia da parte della Chiesa e, per i templari, scrisse anche un Liber de laude novae militiae in cui si confrontavano i vizi della cavalleria mondana con le virtù di quella dei convertiti alla vita religiosa e si descriveva la Terrasanta come paesaggio allegorico e spirituale. Gli Ordini militari si distinguevano anche come costruttori: le fortezze templari e ospitaliere, edifi cata l’una dietro l’altra in un duplice cordone parallelo dal nord siriano al sud palestinese a presidio della costa marittima, delle strade dell’interno e delle rive del Giordano, restano ancor oggi testimoni impressionanti d’un grandioso progetto di difesa e di razionalizzazione territoriale. Le nuove istituzioni religioso-militari attrassero ben presto molti cavalieri; esse ricevettero inoltre molte donazioni di beni mobili e immobili, al punto che gli Ordini, nei quali si praticava un’infl essibile povertà personale, divennero tuttavia ricchissimi e impiantarono le loro «magioni» in tutta la Cristianità. Si affi davano loro anche forti somme di danaro, gestendo le quali essi poterono avviare nuove e più effi caci forme di attività bancaria. Depositando ad esempio somme di danaro nelle differenti sedi templari, i mercanti potevano, per mezzo di lettere autenticate dai sigilli dell’Ordine, disporne poi senza spostare fi sicamente il contante in qualunque luogo nel quale l’Ordine fosse insediato.

12 IL CASTELLO Tra V e VIII secolo, l’Europa è stata di continuo soggetta alle incursioni dei popoli provenienti dalle steppe dell’est, che noi siamo abituati a defi nire «barbari». Ma con i primi del IX secolo si avviò un fenomeno più grave: l’Europa, già impoverita dal contrarsi dei traffi ci e dal ruralizzarsi della vita, venne fatta segno di continue incursioni di gruppi numericamente non forti, ma in cambio agguerriti e affamati di preda. Tali incursioni non provenivano soltanto da est (gli ungari o magiari, per origine, lingua e cultura affi ni a unni, bulgari e àvari), bensì anche da nord (i «normanni») e da sud (gli «agareni» o «saraceni», cioè arabo-berberi dell’Africa settentrionale e di religione musulmana). Sottoposto a questi continui e sanguinosi attacchi, l’impero carolingio vacillò; molti ricchi monasteri vennero saccheggiati, molte città costiere evacuate e magari «rifondate» nell’interno del territorio, lontano dal rischio di attacchi dalla parte del mare. Fino allora soltanto nel V secolo, con i vandali, si era assistito a un fenomeno come questo: degli aggressori provenienti dalla parte del mare. Ma l’islamizzazione dei paesi costieri d’Asia e d’Africa aveva mutato l’equilibrio del Mediterraneo; ad essa si era aggiunta a partire dai primi del IX secolo l’ondata delle popolazioni scandinave, spinte a razziare il continente europeo forse anche in seguito a un miglioramento climatico che aveva in parte sciolto i ghiacci e reso più agevole la navigazione nei mari settentrionali.

11. Due templari, particolare di una miniatura del XIV secolo. Bibliothèque Nationale de France, Parigi.

12. La città di Segovia. In primo piano la chiesa del Santo Sepolcro, consacrata nel 1208 con la partecipazione dei cavalieri del Santo Sepolcro e dei templari.

13. Veduta del castello di Loarre, Aragona, fondato nell’XI secolo.

15 I continui pericoli e la costante necessità di difesa caratteristici dei secoli IX-X dettero luogo un po’ dappertutto non solo al crearsi di vuoti di potere, bensì al ridefi nirsi di nuovi organismi e al riempirsi quasi «spontaneo» di questi vuoti. In molti luoghi sorsero quasi dal nulla nuovi centri di potere aristocratico, sovente in origine sostenuti dalla pura forza delle loro armi e legittimati in seguito dal fatto stesso che si erano assunti – in mancanza di altri in grado di farlo – l’impegno di difendere gli abitanti di una città o di una regione. L’insicurezza e il bisogno di difesa contro le incursioni barbariche determinarono il sorgere, si può dire «dal basso», di nuove strutture concrete di potere: signorie locali, robustamente impiantate su una base fondiaria e caratterizzate da rapporti di stretta dipendenza fra uomo e uomo. L’idea astratta di Stato, sopravvissuta alla caduta dell’impero romano e ancor viva al tempo di Carlomagno, cedette nel periodo successivo alle realtà immediate, che imponevano la considerazione delle necessità primarie: la difesa, l’alimentazione, la produzione di beni destinati al diretto consumo. L’Europa si andò così riempiendo di «castelli», a difesa dei quali si poneva l’Ordo dei milites: vale a dire di insediamenti fortifi cati, all’interno della cui cinta muraria si trovavano sì la «torre», il «mastio», il «cassero», cioè la dimora del signore locale con i magazzini delle riserve di derrate e di strumenti di lavoro di guerra, ma anche le più modeste abitazioni del personale del suo seguito e dei rustici che al signore erano soggetti. Attorno al castello si ordinavano le varie unità insediative e produttive gestite da personaggi di vario rango – ora caratterizzati dalla loro funzione di combattenti a cavallo, ora invece da quella di agricoltori –, ma tutti legati al «signore del luogo» da un preciso rapporto di dipendenza. L’«incastellamento» fu quindi la fondamentale caratteristica di organizzazione del territorio tra IX e XI secolo, e interessò – in misure e in tempi diversi, ma sempre all’interno di tale periodo – l’intera Europa occidentale. Le varie «castellanie», cioè le circoscrizioni con al centro un castello, erano poi parte di unità giuridiche più vaste, che si ordinavano a loro volta in un sistema di dipendenza gerarchica che almeno in teoria aveva al suo vertice dei possessori di signoria che erano anche pubblici uffi ciali: cioè i vari duchi, marchesi e conti, che dipendevano formalmente e direttamente dal sovrano. D’altra parte tale dipendenza era, almeno oltre un certo titolo, puramente formale: il sistema feudale si fondava su una delega di poteri dal vertice alla base e dal centro alla periferia. Almeno in teoria, nessuno sfuggiva a questi legami; nella pratica, libertà personale e anche libero possesso di beni e terre potevano sopravvivere.

14. Castel Beseno, Rovereto. Menzionato fi n dal 1151, è uno dei più antichi castelli del Trentino.

15. Disegno colorato raffi gurante le distruttive incursioni degli ungari nel 925. Universiteitsbibliotheek, Leida.

1. Una tenuta agricola, mosaico del III secolo da Uthina. Museo del Bardo, Tunisi.

2. Cinghiale in bronzo del periodo galloromano proveniente da Neuvy-en-Sullias.

3. Adam Elsheimer (1578-1609), Fuga in Egitto, 1609, particolare. É qui rappresentato un bosco al limitare di una zona acquitrinosa.

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Capitolo X I CONTADINI

SCHIAVITÙ E SERVAGGIO Il contadino medievale ce lo fi guriamo stentato, gracile, macilento, ai limiti quasi del selvaggio: e forse, se potessimo direttamente paragonarlo a quello di età recenti, ci apparirebbe davvero così. In senso assoluto, tuttavia, bisogna dire che anche in questa cupa rappresentazione della vita rurale, siamo ancora una volta vittime di uno strano pregiudizio che ci fa «anticipare» al medioevo una serie di elementi negativi della storia europea che, invece, si sono sviluppati più tardi. Il panorama dell’Europa medievale era molto diverso da quello attuale: villaggi e aree coltivate restavano immersi fra i boschi, le paludi, le aree a pascolo delle alte colline e delle alte montagne. Il contadino medievale – cioè l’abitante di aree diverse dai centri urbani – non era quindi agricoltore, per quanto per noi i due termini siano sinonimi: o, almeno, non era soltanto tale. Egli era anche pastore, cacciatore, allevatore, pescatore, raccoglitore attento di frutti spontanei. Ma la sua storia, nel corso del millennio medievale, era destinata a mutare sensibilmente. Sotto il profi lo politico-istituzionale il V secolo conobbe nella pars Occidentis una seppur faticosa riorganizzazione che condusse alle cosiddette «monarchie romano-barbariche», le quali venivano sempre riconosciute formalmente dall’imperatore romano (l’unico ormai esistente, quello di Costantinopoli), mentre le vecchie organizzazioni municipali continuarono a lungo a funzionare. Invece l’economia e gli assetti sociali subirono contraccolpi piuttosto pesanti, aggravati nel secolo successivo – almeno per le regioni mediterranee e in particolare per l’Italia – dagli effetti della guerra Greco-gotica. Uno dei principali mutamenti riguardò lo spopolamento delle città. Un altro la progressiva scomparsa della servitus, la schiavitù classica, in quanto nei latifondi la manodopera agricola schiavistica fu soppiantata dai coloni. Una fi gura, quella del colono, già conosciuta nei secoli precedenti, ma con uno statuto giuridico nettamente migliore; fra tardoantico e alto medioevo, nonostante la sua libertà personale non fosse messa in discussione (ma si trattava ormai di un valore giuridico-formale vuoto di senso), egli prese a essere sempre più legato alla terra dove lavorava: prestava opere obbligatorie e gratuite, l’entità delle quali era sovente decisa unilateralmente dal propietario; era obbligato ad acquistare prodotti o a servirsi delle infrastrutture nella villa padronale; dipendeva giuridicamente dal latifondista. Ma questa «fuga dalla libertà» aumentava, se non altro, le probabilità di vivere una vita sicura, perché i latifondi avevano i loro vigilantes. La suddivisione del latifondo tra più famiglie di coloni mutò anche il tipo di colture; in precedenza nelle grandi proprietà si erano privilegiate le monocolture: grano, viti, olivi ecc. La lottizzazione e l’assegnazione a diverse famiglie in sostituzione degli schiavi comportò una diversifi cazione della produzione, che aveva poi circolazione soprattutto all’interno della villa stessa. Sarebbe però errato pensare a un sistema di produzione del tutto autarchico; le rese agrico-

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