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Verso la Chiesa del secondo millennio

10. Il mese di ottobre, parete orientale dell’Aula Gotica, quinto decennio del XIII secolo. Basilica dei Santi Quattro Coronati, Roma.

11. Ambrogio Lorenzetti (1317-1348), Effetti del Buon Governo, particolare. Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena. La vita agricola è ordinata fuori dalle mura.

12. Hieronymus Bosch, Il fi gliol prodigo, Museum Boymans van Beuningen, Rotterdam. Il bel particolare qui rappresentato raffi gura l’emancipazione che ha toccato sia il mondo rurale, sia quello urbanizzato. polari e lo sciogliersi dei ghiacci permise il liberarsi del mare del Nord, favorendovi le navigazioni dei vichinghi, che poterono così popolare l’Islanda. Inoltre, il miglioramento del clima infl uì in maniera benefi ca su alcune importanti malattie infantili, quali quelle delle vie respiratorie, favorendo l’accrescersi della popolazione. Al tempo stesso, il ridursi delle precipitazioni in certi casi poteva creare condizioni per un’agricoltura migliore. Uniti al trend positivo della produzione agricola, alle innovazioni tecniche, alla cessazione delle epidemie di peste – assenti, a quanto se ne sa, dal VII-VIII secolo –, questi fattori favorirono la crescita demografi ca e l’ampliamento delle aree messe a coltura. Gli effetti, tuttavia, non furono solo positivi. In un periodo in cui la macroeconomia era in crescita, la situazione dei contadini spesso peggiorava. È in questo periodo che le masse rurali presero a mangiare fondamentalmente cereali e leguminacee, con pochissime integrazioni proteiche. Oltre allo spazio agricolo che si toglieva al bosco, alla foresta o alla brughiera, per destinarlo alle culture cerealicole, c’è da dire che – nel quadro del generale peggioramento del loro status sociale – i contadini perdevano i diritti secolari di caccia e raccolta nelle terre boschive e paludose. Senza dubbio, in questo senso i contadini, dopo l’XI secolo, hanno compiuto un regresso nella qualità della loro alimentazione. Il contadino dell’alto medioevo mangiava meglio perché, potendo sfruttare il bosco e il sottobosco, aveva a disposizione una gamma maggiore di alimenti. Nell’XI secolo, aumentata la popolazione, c’era bisogno di pianifi care l’alimentazione in modo diverso; nel frattempo – ed è il dato più importante – cresceva il peso dei valori e dei legami feudo-signoriali. Probabilmente, fra XI e XIII secolo le condizioni fi siche dei contadini peggiorarono, in modo tale che, quando a metà del Trecento la grande epidemia di peste colpì l’Europa e un’ampia parte della popolazione rurale – in certe aree si parla del 60% – soccombette, la causa non fu solo la durezza del morbo, ma anche la carenza di barriere immunitarie dovuta al cattivo standard dell’alimentazione.

VERSO LA MARGINALITÀ Il contadino, del resto, questa creatura «di margine» fra il campo coltivato e la sterpaglia dove abitano le fi ere e dove si rifugiano eremiti e fuorilegge, è col pastore, spesso ancor più «marginale» di lui, una fi gura liminare anche in senso antropologico: un anello di congiunzione, come lo presentano talora i romanzi cavallereschi, fra l’umano e il bestiale-demoniaco, fra l’uomo civile del mondo agrario che afferisce e guarda alla città e l’uomo selvatico che infesta i boschi terrorizzando i viandanti attardati. Una sorta di Calibano contorto, dal linguaggio incomprensibile; la gibbosità e i malanni che gli vengono dalla dura fatica cui è sottoposto per guadagnarsi la vita si rifl ettono – con un’immagine dove l’ironia sfuma nel disprezzo e anche in un lontano senso di paura – nella letteratura e nelle arti plastiche e fi gurative del tempo. In età comunale, la «satira contro il villano» sarà soltanto un esito lontano di questa lunga tradizione cavalleresca e goliardica, chiericale e intellettuale. In un certo senso, si potrebbe dire che nella società, per esempio in quella italiana del primo Duecento, che già si avviava trionfalmente a divenire, e in larga parte già era, una società cittadina – nel senso che il centro delle decisioni politiche, degli impulsi economici, delle elaborazioni culturali era ormai la città –, il contadino stava sempre più diventando un emarginato, e non stupisce che a tale emarginazione cercasse di sfuggire inserendosi nella corrente dell’inurbamento; per quanto tale corrente fosse lungi dall’essere costituita soltanto di

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contadini e, come un tempo si diceva, di «servi fuggitivi». Ma anche in città si poteva essere emarginati. La povertà, questa vecchia e costante presenza del nostro medioevo, era forse non meno dura in età feudale e precomunale; essa era però anche meno evidente, nella misura in cui le strutture ospitaliere organizzate dalla Chiesa erano in grado di attutirla almeno in parte e soprattutto per il fatto d’esser resa meno tragica, meno «presente», dal momento che la popolazione era più dispersa sul territorio, e quindi meno immediate saltavano agli occhi ingiustizie e sperequazioni; mentre le idee universalmente condivise da tutti sulla stratifi cazione sociale rendevano più «naturale», meno scandalosa, la realtà che potesse esistere anche una stratifi cazione socio-economica di ampie proporzioni. Tanto più poi che prestigio e potere non erano, in età feudale e precomunale, così strettamente connessi all’economia monetaria, quindi al bruto possesso del danaro e dei beni mobili e immobili, come più tardi sarebbero divenuti.

Capitolo XI LA STRADA

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LA RETE VIARIA Le città antiche erano sorte in prevalenza sulle sponde del Mediterraneo, o comunque sulle rive dei grandi fi umi navigabili. La costruzione di strade carrozzabili era sempre stata per l’antichità un grosso problema, e valicare o traforare le montagne una diffi coltà tecnica ardua da superarsi. Solo i romani, grazie alla loro economia a base schiavistica e all’organizzazione militare, avevano condotto una coerente politica di costruzioni viarie; ma durante l’alto medioevo in Occidente molte di queste strade romane erano state in tutto o in parte abbandonate o deviate (si pensi soltanto alla via Aurelia, che in molti tratti del litorale tosco-laziale era stata invasa dalle paludi) o ridotte a cave di pietra per la costruzione di edifi ci, specialmente chiese. A differenza della strada romana, la strada medievale (almeno fi no al Duecento) è non lastricata bensì sterrata; non dritta bensì tortuosa, in modo da assecondare la conformazione del terreno nel quale si situa; e più che una carrozzabile è una mulattiera. Nonostante questa cattiva situazione, il medioevo è stato un tempo di viaggi e di viaggiatori. Viaggiavano tutti: i sovrani e i signori per le necessità di governo, i prelati per quelle pastorali, i mercanti per i loro traffi ci. Si viaggiava in gruppo, a piedi o montati su animali: i carri erano rari, poco agevoli e adibiti soprattutto al trasporto merci. Il cattivo stato delle strade favoriva il trasporto di merci a dorso d’animale piuttosto che su ruote. La manutenzione delle strade e dei ponti – un caratteristico uffi cio pubblico – era stata affi data luogo per luogo ai vari domini, con risultati sovente disastrosi:

1. Scena di viaggio da un salterio databile 1320-1340, British Library, Londra.

2. Durante il medioevo si continuò a usare le vecchie strade romane lastricate come la via Cassia.

le une e gli altri venivano trascurati, mentre il transitarvi fi niva con il costare molto caro a causa dei continui dazi imposti. La rinascita commerciale – che nel XII secolo trovò il suo centro nelle fi ere di Champagne, fra Senna e Marna – è quindi essenzialmente legata ai traffi ci per via d’acqua, il che nell’area continentale interna signifi ca fl uviali. Le merci trasportate su grandi barche a fondo piatto («chiatte») via fi ume avevano costi più bassi che via terra, viaggiavano più sicure e in maggior quantità. Lungo i fi umi europei si andarono quindi sviluppando delle vere e proprie grandi catene di centri urbani: i corsi d’acqua portanti dell’intero sistema erano il Reno, il Rodano, il Danubio, il Po. Ma collegato al traffi co dei grandi fi umi v’era quello di corsi d’acqua anch’essi importanti come la Garonna in Francia, l’Elba nella Germania settentrionale, la Drava e la Sava nei Balcani; anche in Italia, erano navigabili in tutto o in parte, ad esempio, Adige e Arno. Si andavano così confi gurando sistemi di comunicazione misti, nei quali le merci procedevano per via fl uviale – ma anche lungo le strade che sovente fi ancheggiavano i fi umi – fi n dov’era possibile, per venir scaricate e superare poi, generalmente a dorso di mulo, i passi di montagna. Una linea parallela al corso del Reno collegava le città renane – Colonia, Magonza, Worms, Spira – alla pianura padana, raggiungibile attraverso il passo dello Spluga; da Milano si arrivava comodamente sia al porto tirrenico di Genova sia a quello adriatico di Venezia, sia al nodo stradale di Piacenza, dove si incontrava la grande arteria medievale italiana, la via Francigena (cosiddetta perché usata da chi proveniva dalla Francia), che, dopo aver attraversato il Gran San Bernardo e toccato Ivrea, Vercelli e Pavia, varcava il Po appunto a Piacenza e di là s’inoltrava attraverso il passo della Cisa in Toscana per innestarsi sul percorso dell’antica via consolare romana Cassia e raggiungere Roma. Da lì, seguendo ancora una volta il tracciato di un’altra via consolare – l’Appia Traiana –, si potevano raggiungere i porti pugliesi, dov’era facile (attraversato il canale d’Otranto) giungere a Costantinopoli seguendo ancora una volta una via romana (l’Egnazia) e magari proseguire verso il Vicino Oriente.

3. La strada sterrata percorsa dai pellegrini del Camino de la Plata, verso Santiago de Compostela, che passa sotto l’arco di Cáparra, simbolo oggi di questo camino.

4. Una delle prime carte con itinerari, a cura del monaco inglese Matthew Paris, prima metà del XIII secolo. British Library, Londra.

5. Le principali vie medievali di terra e d’acqua e le città più importanti per gli scambi a partire dal XII secolo.

Atlantico Oceano

Tangeri Mare del Nord

Winchester

Reno Elba

St-Gilles

Provins S enna Colonia

G aronna

Magonza Breslavia Francoforte Lagny Spira Worms Linz Lione Ginevra Bolzano Medina del Campo Ro da n o Verona Po Sava Drava Danubio

Baleari Sardegna Napoli

Algeri Tunisi

Sicilia

Malta Chios

Tripoli M a r M e d i t e r r a n e o Cherson

Mar N e r o

Costantinopoli Trebisonda

Alessandria 5 6

LE FIERE E I MERCATI Gli Stati sorti sulle rovine del mondo romano in Occidente mantennero a lungo una relativamente intensa attività di scambi e di commerci. I greco-siriani, in grado di occupare vaste porzioni urbane nella grande area portuale mediterranea, restarono a lungo gli operatori commerciali delle numerose città della Gallia meridionale e della Spagna visigotica, zone in cui dovettero mantenersi le fi ere (nundinae) e i mercati che la legislazione tardoantica testimonia. Le città portuali nelle quali più a lungo si mantenne la legislazione romana, con le sue precise prescrizioni circa le dogane e i magazzini, conservano ancora per il VII secolo le tracce dell’esistenza di thelonarii (mercanti locali), a riprova della continuità di una prassi che aveva visto cooperare nell’attività mercantile individui sia stranieri sia indigeni, i quali poi distribuivano le merci nell’interno. I quartieri commerciali che avevano caratterizzato i principali centri mercantili del mondo romano-bizantino sopravvissero forse più a lungo di quanto si sia abituati a pensare, e Gregorio di Tours ci informa dell’esistenza di una simile area specializzata anche nella Parigi merovingia. È del resto in questo stesso contesto che si incontrano non solo le prime fi ere, ma anche la nuova funzione cui esse assolsero nel quadro economico del tempo. La grande fi era di Saint-

6. Il vescovo di Parigi consacra l’annuale fi era di Saint-Denis, particolare di una miniatura conservata presso la Bibliothèque Nationale de France, Parigi.

7. Facciata della chiesa abbaziale gotica di Saint-Denis.

8. Particolare di una miniatura della metà del XV secolo che mostra il banco dei pezzi di armatura in una fi era. Germanisches Nationalmuseum, Norimberga.

9. Ampolla di Terrasanta con la raffi gurazione del Santo Sepolcro.

10. Rilievo della pietra tombale del pellegrino danese Jonas che regge la palma, simbolo del pellegrinaggio a Gerusalemme, mentre la conchiglia lo qualifi ca anche come pellegrino a Santiago de Compostela. Denis, istituita da Dagoberto I, ebbe come scopo quello di costituire un importante cespite di entrate per l’abbazia omonima, che usufruiva per concessione regia di tutte le gabelle e le entrate che in quei giorni si raccoglievano. Nell’VIII secolo Childeberto III ricordava il rilievo internazionale assunto dalla fi era, verso la quale confl uivano mercanti sassoni e di altre nazioni. Questo tipo di protezione regia accordato a grandi abbazie prossime ai centri commerciali nel giorno in cui ricorreva la festa del loro santo eponimo o la commemorazione liturgica della fondazione, seppur più evidente nelle epoche successive, testimonia degli adeguamenti strutturali dell’attività commerciale ai nuovi centri di aggregazione del potere territoriale, confermando l’esistenza di una molteplicità di livelli: da quelli prettamente locali – legati allo smercio delle eccedenze di una proprietà signorile o di un villaggio – fi no a quelli stimolati dalla domanda di centri urbani maggiori, capaci di catalizzare un’offerta mercantile più vasta. Occasionale o periodica, come nel caso delle fi ere, la mobilità mercantile sopravvisse fi no alla stagione della rinascenza urbana dell’XI secolo. A partire dall’XI-XII secolo, per favorire gli scambi, si crearono in tutta l’Europa mercati periodici o stagionali che si tenevano in varie città di solito nei giorni consacrati alla festa dei santi patroni locali (e per questo, da feria, «festa», prendevano il nome di fi ere). Le più famose avevano luogo sei volte all’anno in quattro diverse città della regione franco-orientale della Champagne, dove ogni centro ospitava il mercato per una durata da tre a sette settimane. In questo modo, si aveva almeno una grande fi era aperta ogni giorno dell’anno.

LE VIE DI PELLEGRINAGGIO Il viaggiatore medievale per eccellenza, però, era il pellegrino. Le grandi mete del pellegrinaggio medievale erano Santiago de Compostela in Galizia (Spagna), Roma, Gerusalemme; esse erano alternate a mete secondarie, a pellegrinaggi meno importanti o «minori», soprattutto legati alla devozione dell’arcangelo Michele (Mont Saint-Michel in Normandia, la Sacra di San Michele in Val di Susa, Monte Gargano in Puglia) o a quella per la Madonna (Le Puy, Chartres, Rocamadour). I pellegrini erano protetti dalla Chiesa, che colpiva con la scomunica chi li avesse offesi; erano sovente dei penitenti, riconoscibili per la sacca e il bastone da viaggio; e come segno della loro penitenza e della santità della loro meta portavano indosso – sugli abiti e sui copricapi – dei distintivi speciali. Anche a proposito dei pellegrinaggi è opportuno sottolineare che i secoli altomedievali non erano stati secoli di stasi; vi erano conosciute due forme diverse, per quanto fra loro collegate, di pellegrinaggio: quello prettamente religioso e quello penitenziale. Il primo era diffuso sin dagli esordi del cristianesimo, ma essenzialmente come forma della conversio, del totale mutar di vita quando ci si voleva liberare dalle ansie e dalle tentazioni del mondo. In quel caso, si viaggiava fi no a Gerusalemme, dove si viveva da peregrini, cioè da «stranieri», da «esuli», per il resto della vita; l’esempio più celebre è dato dall’esperienza della madre dell’imperatore Costantino, sant’Elena, recatasi in visita e alla scoperta – anche archeologica – dei luoghi santi. Invece, il pellegrinaggio penitenziale o espiatorio aveva origini diverse e più tarde, dovendosi legare al cristianesimo insulare, anglosassone e soprattutto irlandese, poi introdotto nel continente dai missionari ai partire dal VI-VII secolo. Come si evince dagli esempi forniti dai cosiddetti Libri paenitentiales, era il clero a incorrere prevalentemente in questo genere di punizione, in quanto escluso dalle pene riservate ai laici. Originariamente, il pellegrinaggio penitenziale era una forma di condanna molto dura, prevista per reati gravi (dall’omicidio all’in-

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cesto). Fino all’VIII secolo, infatti, non si ha notizia di pellegrinaggi penitenziali diretti a visitare luoghi santi, per cui il pellegrino era in realtà assimilabile a un vagabondo, qualcuno costretto a muoversi in continuazione in terre sconosciute e pericolose, obbligato a vivere di elemosine, impossibilitato a stabilizzarsi, lavorare, rifarsi una vita in altri luoghi. Come Caino dopo l’assassinio di Abele (Genesi 4,12-14), egli doveva recare su di sé i segni del proprio peccato: girava pressoché nudo, senza scarpe, con ferri che gli cingevano i polsi e le gambe. Non è casuale, infatti, che nei testi agiografi ci altomedievali le catene che si spezzano improvvisamente siano un miracolo piuttosto diffuso: segno della pietà di Dio e di una penitenza che si poteva ormai ritenere esaurita. Altri segni non infamanti, ma che li classifi cavano come pellegrini, erano il bastone e la bisaccia, o medagliette con sante effi gi. I sovrani carolingi avevano più volte emanato direttive volte a scoraggiare tale tipo di pellegrinaggio, motivando il biasimo con ragioni d’ordine pubblico. Contemporaneamente, molti vescovi presero a inviare questo particolare tipo di criminali direttamente al cospetto del pontefi ce affi nché fosse lui in persona a comminare la penitenza. Non tutti gli episcopati, tuttavia, seguivano questo costume; sappiamo anzi che la tradizione oscillò a lungo e molti vescovi consideravano nullo il caso di pellegrini che avessero ricevuto una certa penitenza dal papa senza farla ratifi care dal proprio vescovo. Si confi gurava così un confl itto di competenze del quale a volte i penitenti approfi ttavano: magari scontenti del giudizio del loro vescovo, preferivano peregrinare sino a Roma in cerca di condanne meno severe. Un confl itto di competenza fra i tanti che opponevano i vescovi al successore di Pietro, durante secoli nei quali ancora non si aveva una

11. La città di Gerusalemme in un particolare della Carta Musiva di Madaba in Giordania, VI secolo, in cui è possibile individuare i principali monumenti: 1. Porta di Damasco; 2. Chiesa del Santo Sepolcro; 3. Chiesa della Madre di Dio; 4. Area del Patriarcato; 5. Foro bizantino; 6. Chiesa della casa di Caifa (?); 7. Basilica della Santa Sion o della Dormitio; 8. Cenacolo (?); 9-10. Piscina e chiesa della Siloam; 11. Chiesa di Santa Sofi a e Pretorio (?); 12. Chiesa della Piscina Probatica; 13. Spianata del Tempio; 14. Fortezza Antonia (?).

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