X. I CONTADINI
X. I CONTADINI
polari e lo sciogliersi dei ghiacci permise il liberarsi del mare del Nord, favorendovi le navigazioni dei vichinghi, che poterono così popolare l’Islanda. Inoltre, il miglioramento del clima influì in maniera benefica su alcune importanti malattie infantili, quali quelle delle vie respiratorie, favorendo l’accrescersi della popolazione. Al tempo stesso, il ridursi delle precipitazioni in certi casi poteva creare condizioni per un’agricoltura migliore. Uniti al trend positivo della produzione agricola, alle innovazioni tecniche, alla cessazione delle epidemie di peste – assenti, a quanto se ne sa, dal VII-VIII secolo –, questi fattori favorirono la crescita demografica e l’ampliamento delle aree messe a coltura. Gli effetti, tuttavia, non furono solo positivi. In un periodo in cui la macroeconomia era in crescita, la situazione dei contadini spesso peggiorava. È in questo periodo che le masse rurali presero a mangiare fondamentalmente cereali e leguminacee, con pochissime integrazioni proteiche. Oltre allo spazio agricolo che si toglieva al bosco, alla foresta o alla brughiera, per destinarlo alle culture cerealicole, c’è da dire che – nel quadro del generale peggioramento del loro status sociale – i contadini perdevano i diritti secolari di caccia e raccolta nelle terre boschive e paludose. Senza dubbio, in questo senso i contadini, dopo l’XI secolo, hanno compiuto un regresso nella qualità della loro alimentazione. Il contadino dell’alto medioevo mangiava meglio perché, potendo sfruttare il bosco e il sottobosco, aveva a disposizione una gamma maggiore di alimenti. Nell’XI secolo, aumentata la popolazione, c’era bisogno di pianificare l’alimentazione in modo diverso; nel frattempo – ed è il dato più importante – cresceva il peso dei valori e dei legami feudo-signoriali. Probabilmente, fra XI e XIII secolo le condizioni fisiche dei contadini peggiorarono, in modo tale che, quando a metà del Trecento la grande epidemia di peste colpì l’Europa e un’ampia parte della popolazione rurale – in certe aree si parla del 60% – soccombette, la causa non fu solo la durezza del morbo, ma anche la carenza di barriere immunitarie dovuta al cattivo standard dell’alimentazione.
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10. Il mese di ottobre, parete orientale dell’Aula Gotica, quinto decennio del XIII secolo. Basilica dei Santi Quattro Coronati, Roma. 11. Ambrogio Lorenzetti (1317-1348), Effetti del Buon Governo, particolare. Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena. La vita agricola è ordinata fuori dalle mura. 12. Hieronymus Bosch, Il figliol prodigo, Museum Boymans van Beuningen, Rotterdam. Il bel particolare qui rappresentato raffigura l’emancipazione che ha toccato sia il mondo rurale, sia quello urbanizzato.
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VERSO LA MARGINALITÀ Il contadino, del resto, questa creatura «di margine» fra il campo coltivato e la sterpaglia dove abitano le fiere e dove si rifugiano eremiti e fuorilegge, è col pastore, spesso ancor più «marginale» di lui, una figura liminare anche in senso antropologico: un anello di congiunzione, come lo presentano talora i romanzi cavallereschi, fra l’umano e il bestiale-demoniaco, fra l’uomo civile del mondo agrario che afferisce e guarda alla città e l’uomo selvatico che infesta i boschi terrorizzando i viandanti attardati. Una sorta di Calibano contorto, dal linguaggio incomprensibile; la gibbosità e i malanni che gli vengono dalla dura fatica cui è sottoposto per guadagnarsi la vita si riflettono – con un’immagine dove l’ironia sfuma nel disprezzo e anche in un lontano senso di paura – nella letteratura e nelle arti plastiche e figurative del tempo. In età comunale, la «satira contro il villano» sarà soltanto un esito lontano di questa lunga tradizione cavalleresca e goliardica, chiericale e intellettuale. In un certo senso, si potrebbe dire che nella società, per esempio in quella italiana del primo Duecento, che già si avviava trionfalmente a divenire, e in larga parte già era, una società cittadina – nel senso che il centro delle decisioni politiche, degli impulsi economici, delle elaborazioni culturali era ormai la città –, il contadino stava sempre più diventando un emarginato, e non stupisce che a tale emarginazione cercasse di sfuggire inserendosi nella corrente dell’inurbamento; per quanto tale corrente fosse lungi dall’essere costituita soltanto di
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contadini e, come un tempo si diceva, di «servi fuggitivi». Ma anche in città si poteva essere emarginati. La povertà, questa vecchia e costante presenza del nostro medioevo, era forse non meno dura in età feudale e precomunale; essa era però anche meno evidente, nella misura in cui le strutture ospitaliere organizzate dalla Chiesa erano in grado di attutirla almeno in parte e soprattutto per il fatto d’esser resa meno tragica, meno «presente», dal momento che la popolazione era più dispersa sul territorio, e quindi meno immediate saltavano agli occhi ingiustizie e sperequazioni; mentre le idee universalmente condivise da tutti sulla stratificazione sociale rendevano più «naturale», meno scandalosa, la realtà che potesse esistere anche una stratificazione socio-economica di ampie proporzioni. Tanto più poi che prestigio e potere non erano, in età feudale e precomunale, così strettamente connessi all’economia monetaria, quindi al bruto possesso del danaro e dei beni mobili e immobili, come più tardi sarebbero divenuti.
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