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L’Inghilterra dai normanni ai Plantageneti

7. Riproduzione della Carta a T-O attribuita a Onorio di Autun, XII secolo. Royal Geographical Society, Londra.

di terre emerse poste nell’emisfero boreale, alle quali ne doveva corrispondere un’altra dall’altra parte del globo (gli «antipodi»). Ma questa teoria, sebbene mai del tutto abbandonata, cedette presto all’altra, che immaginava le terre emerse come un disco circondato dall’oceano e diviso in tre grandi masse continentali: una a est, l’Asia, grande quanto le altre due insieme; l’altra a nord, l’Europa; la terza a sud, l’Africa. I tre continenti erano divisi da un grande braccio acqueo orizzontale (costituito dal fi ume Tanai che separava l’Europa dall’Asia, e dal Nilo che separava l’Asia dall’Africa) e da uno verticale (il Mediterraneo, che separava l’Africa dall’Europa). I due bracci d’acqua, uniti, venivano a formare una T, lettera sacra della redenzione e fi gura della croce. Al centro del mondo era posta la città di Gerusalemme, dove il Signore era stato crocifi sso ed era risorto. All’estremo Oriente (o secondo altri in un’isola occidentale dell’oceano) sorgeva il Paradiso Terrestre, da cui nascevano i quattro grandi fi umi del mondo: Tigri, Eufrate, Nilo, Gange. Ai margini del mondo, inesplorati, secondo la tradizione abitavano curiose e inquietanti creature fra l’umano e il ferino, i «mostri». Paese per eccellenza di mostri e di meraviglie era l’India, nell’antichità conquistata da Alessandro Magno e poi – si diceva – evangelizzata dall’apostolo Tommaso. Solo a partire dai viaggi in Asia di mercanti e di missionari, nel Duecento, quest’immagine del mondo si andò articolando e modifi cando. Nel mondo dei vivi, o meglio ai suoi margini, c’era spazio anche per le anime dei defunti. Inferno e (a partire dall’XI secolo circa) Purgatorio si localizzarono in vari luoghi: isole oceaniche, montagne, vulcani (per esempio l’Etna), infi ne – come volle Dante – in un grande abisso sotterraneo.

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8. Particolare del Paradiso Terrestre, in forma di castello, della carta disegnata nel 1448 dal benedettino Andreas Walsperger. In questa carta Gerusalemme è al centro del mondo.

9. Descrizione di un abitante dell’India in una miniatura del XII secolo.

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IL TEMPO La nostra idea del tempo è fondamentalmente lineare; al contrario, il mondo medievale aveva un’idea che condivide sì la nostra linearità, ma che è anche, allo stesso tempo, ciclica. Per un verso il tempo ritorna continuamente nel ritmo delle opere, dei mesi, delle stagioni, della liturgia, che ogni anno riproponeva l’arco della vita del Cristo come modello cosmico e cronico attraverso il Suo ruolo di Kosmokrator e di Kronokrator; per un altro, è teso tra la creazione voluta da Dio e l’Apocalisse, la fi ne del mondo, che sfocerà in un regno eterno. Questo era il tempo cosmico scandito appunto dal girare delle sfere attorno alla Terra; il tempo che, come Agostino aveva spiegato, era nato con la Creazione. Il peccato

10. Creazione delle stelle, particolare del Mosaico della creazione. Duomo di Monreale.

11. Disegno di un orologio in una miniatura del Libro della conoscenza dei meccanismi ingegnosi, opera di al-Jaziri, vissuto nel XIII secolo.

originale, tuttavia, ridefi nendo a causa della colpa dell’uomo il rapporto che nella e con la Creazione Dio aveva fi ssato appunto tra Lui e l’uomo, e tra questi e il creato, aveva determinato il nascere della storia, intesa come progresso verso la soluzione defi nitiva: la Fine dei Tempi, ch’era appunto per ciò stesso una fi ne del tempo, e della quale la fi ne fi sica degli uomini, l’arrestarsi della loro vita fi sica individuale, era fi gura. Il tempo umano, quello degli uomini e della storia, trovava un invalicabile termine nei novissima: personali i primi due, collettivi e defi nitivi i secondi. Dio, presente in ogni luogo, era Signore dello spazio. Ma era anche eterno, quindi Signore del tempo. Per questo lo si rappresentava al centro dei dodici apostoli come il sole al centro delle dodici costellazioni e dei dodici mesi dell’anno. Il tempo dell’uomo, limitato e lineare, aveva dunque un principio e una fi ne: iniziato con la Creazione, avrebbe avuto fi ne con il Giudizio Universale. Un computo basato sulla somma dell’età dei patriarchi biblici aveva stabilito che il mondo era stato creato nell’anno 5508; tale computo restò a lungo in uso in Grecia e in Russia. L’Occidente, però, misurava il tempo in modo diverso. Nella penisola iberica, ad esempio, fi no al Tre-Quattrocento si faceva partire il conto degli anni dal 38 a.C., data in cui Augusto aveva compiuto la conquista di quella regione. Tra VI e X secolo prevalse comunque, in tutto l’Occidente, il computo della cosiddetta «era cristiana», avviato in Roma nel VI secolo sulla base dei calcoli di un dotto monaco scita, Dionisio detto «il Piccolo». Egli stabilì che Gesù era nato nell’anno 753 di Roma (in realtà, pare si sbagliasse per difetto di 6 o 7 anni: più probabile sembra il 746-747). Da allora, il mondo occidentale ha diviso la storia in un periodo «avanti Cristo» e uno «dopo Cristo». L’anno, però, non iniziava il 1° gennaio, secondo l’antico uso romano collegato a tradizioni che la Chiesa considerava empie e pagane: per combatterle, il Capodanno era stato spostato. Ma ogni regione d’Europa aveva il proprio. A Roma e in molti luoghi della Germania e dell’Italia esso coincideva con la data occidentale del Natale, il 25 dicembre (a sua volta antica festa solstiziale); altrove valeva invece la data del 25 marzo (l’Annunciazione), o del 1° settembre (secondo l’uso bizantino), o della Pasqua (ch’è una festa mobile, la prima domenica dopo il plenilunio di primavera). I giorni si calcolavano per settimane e si chiamavano con i vecchi nomi romani dei pianeti (il dies Solis era però diventato dies Dominica, «giorno del Signore»), ma più spesso col nome del santo di cui ricorreva la feria (festa liturgica). Alcuni giorni erano particolarmente importanti per le scadenze civili: ad esempio quel-

12. Particolare dei rilievi della facciata del duomo di Modena: la creazione di Adamo ed Eva e il peccato originale.

13. Cacciata dall’Eden di Adamo ed Eva, facciata della cattedrale di Cremona.

14. Beato Angelico, Giudizio Universale. Museo di San Marco, Firenze.

15. Fregio con il ciclo dei mesi sulla facciata della cattedrale di Cremona.

16, 18. Formelle con i segni zodiacali che completano la visione cosmologica delle gerarchie e dello scorrere del tempo. Arcata del protiro del portale centrale della cattedrale di Piacenza.

lo dell’arcangelo Michele, il 29 settembre, data di scadenza dei contratti agrari. Giorni e mesi venivano scanditi da due ordini di valori: le feste della liturgia della Chiesa e le opere del lavoro agricolo. Sui portali delle chiese, i singoli mesi venivano di solito raffi gurati dalla costellazione corrispondente accompagnata dalla tipica operazione produttiva del periodo: in giugno-luglio si miete, in settembre-ottobre si vendemmia, in dicembre si uccide il maiale, e così via. Anche le ore del giorno si misuravano secondo la tradizione latina e la liturgia della giornata, distinguendo terza (le 9), sesta (mezzogiorno), nona (le 15), oppure contando le ore progressivamente a partire dal tramonto, cioè dalle 18 circa (quindi le «due di notte» erano circa le 20). Verso il Duecento, per motivi economici, i grandi orologi meccanici cominciarono nelle città ad accompagnarsi al suono delle campane per scandire le diverse ore. Al tempo della Chiesa andava affi ancandosi ormai il tempo del mercante. Si andava profi lando la possibilità di concepire il tempo in termini nuovi, non più liturgicamente e ciclicamente qualifi cati, bensì da un lato soggetto a un’usura irreversibile, dall’altro privato di qualità differenziate e soggetto alle leggi della compravendita, del mercato: un tempo che – contrariamente a quanto ancora sentenziavano i fi losofi scolastici – sarebbe stato possibile comprare e vendere, insomma ridurre a dimensioni mercifi cabili e monetizzabili.

DESACRALIZZARE LO SPAZIO E IL TEMPO Rispetto al mondo antico, l’avvento del cristianesimo comportò alcune altre modifi che nel rapporto uomo-tempo-spazio, soprattutto per quanto concerne la sacralità di alcuni luoghi. Nel mondo antico, soprattutto rurale, molti luoghi erano dedicati a divinità particolari: la letteratura antica ne offre ampie testimonianze, come quella in cui Plinio il Vecchio parla della dedicazione degli alberi alle divinità. Alcune specie di alberi erano oggetto di continua protezione, in quanto dedicate ognuna a una sua propria divinità: il farnetto a Giove, l’alloro

17. Rappresentazione delle costellazioni e delle stelle sotto forma animale del Serpente e dell’Orsa, maggiore e minore.

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19. L’immagine della Vergine di Montserrat, luogo impervio e aspro dove le fu dedicata una chiesa, meta di pellegrinaggio dall’XI secolo. ad Apollo, l’olivo a Minerva, il mirto a Venere, il pioppo a Ercole. Certe dedicazioni di luoghi particolari alle divinità sono ben note. Si trattava solitamente di boschi, di monti, di fi umi: come il sacro bosco di Nemi, il Monteluco presso Spoleto, il lucus Angitiae del Fucino o le fonti del Clitunno. Ma mille altri dovevano essere i luoghi, ignoti a tutti se non alle ristrette comunità che vi vivevano intorno, dedicati a qualche divinità o provvisti di qualche nume tutelare. L’abolizione del paganesimo decretò anche la fi ne o l’attenuarsi di questo rapporto tra mondo del divino e mondo naturale. Anche se in ambito cristiano diversi culti, soprattutto dedicati a Maria Madre di Dio, andarono a obliterare vecchi culti pagani legati a luoghi ben defi niti: ricreando, se non uffi cialmente almeno a livello di cultura «popolare», meccanismi molto simili a quelli conosciuti in ambito precristiano. Oltre alla «desacralizzazione» del mondo naturale, il cristianesimo comportava quello dell’universo temporale. Nell’organizzazione del calendario romano il tempo era originariamente contrassegnato dal ciclo lunare: dies fasti erano quelli in cui era consentito l’agire quotidiano e usuale, dies nefasti quelli in cui esso non era invece opportuno. Tuttavia, i giorni nefasti non erano sempre sacri; si consideravano tali solo quelli consacrati a una divinità da cui prendevano il nome. Scrutare il corso lunare era compito di un pontifex: a lui competeva l’organizzazione calendariale e la convocazione dell’assemblea (Kalendae) in cui si proclamavano i giorni in cui sarebbero cadute le Idi e le None. A partire dalla riforma calendariale condotta sotto il principato di Cesare, però, le Calende, le Idi e le None vennero fi ssate una volta per tutte in forma scritta sulla base di un mese solare, e dunque scisse dall’osservazione del pontifex. Con tutta probabilità, la riforma avviò – o comunque assecondò – un processo di occultamento del signifi cato sacrale del calendario arcaico, che comunque rimase ben vivo, con il suo corredo di feste e celebrazioni di divinità legate ai momenti «forti» dell’anno, nella mentalità religiosa tradizionale e nelle aree più conservative. I ritmi stagionali del lavoro agricolo contribuiranno senza dubbio al mantenimento di questa memoria tradizionale, che solo la rivoluzione industriale avrebbe messo in crisi.

LA NATURA E IL CLIMA Le genti del medioevo dipendevano profondamente dalla natura. Una natura, per le dotazioni tecniche dell’epoca, selvaggia e diffi cile da domare. Il fatto che l’età contemporanea sia, al contrario, legata a un’idea di natura buona, mite e che, per giunta, sta soccombendo alle azioni umane, ci porta a pensare che i popoli dell’antichità e del medioevo fossero in maggiore armonia con il sistema ecologico di quanto lo siamo noi. È probabilmente vero il contrario: la natura impauriva ed era temuta, non amata. Inoltre, la Bibbia insegnava che dopo il peccato originale la natura si era ribellata all’uomo e che, quindi, l’uomo doveva domarla. Anche sotto questo profi lo Francesco d’Assisi, con il suo Cantico delle creature, rappresenta una rivoluzione. Che le genti del medioevo fossero in larga parte succubi della natura lo dimostra

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il peso che i mutamenti climatici hanno avuto sugli insediamenti umani e sul loro funzionamento. Il clima medievale segue un andamento altalenante, sia pure su linee temporali molto lunghe. La depressione climatica altomedievale è stata probabilmente una concausa delle migrazioni di popoli dal nord verso il sud. La fi ne di questa miniglaciazione, tra VIII e IX secolo, corrisponde a una graduale crescita nell’economia europea, che sfocia a sua volta in un miglioramento globalizzato a cavallo tra X e XIV secolo. Come già si è detto, alla fi ne del X secolo si erano verifi cati eventi climatici che avevano condotto al contrarsi dei ghiacci tanto polari quanto alpini: in conseguenza di ciò il mare del Nord si liberò parzialmente dalla sua crosta ghiacciata, il che permise ai vichinghi provenienti dalla Norvegia d’insediarsi in Islanda; inoltre il miglioramento del clima favorì il contrarsi delle malattie respiratorie infantili, contribuendo a un deciso incremento demografi co e a un allungamento dell’età media della popolazione, dovuto peraltro al fatto che il miglioramento climatico aveva infl uito positivamente sul lavoro agricolo, sui raccolti e quindi sulla quantità e la qualità dell’alimentazione. Il risultato è stato che fra X e XIII secolo abbiamo avuto un grande espandersi dell’attività agricola: sono i tempi dei grandi Ordini monastici, bonifi catori e disboscatori, e della nascita della città medievale, che, non va dimenticato, è una città in gran parte di legno. Tutto questo è corrisposto a un boom demografi co accompagnato da un estendersi delle aree coltivabili.

20. Veduta generale di Le-Puy-en-Vélay, meta di un pellegrinaggio mariano dal X secolo. Secondo la tradizione la Madonna apparve e guarì una matrona gallo-romana salita sulla montagna affetta da febbre.

21. Veduta della cappella della Vergine a Glastonbury, meta di un pellegrinaggio dal VI secolo e importante sito celtico dedicato al culto di divinità femminili.

22. San Francesco predica agli uccelli, miniatura conservata presso la Morgan Library & Museum, New York.

23. Due monaci al lavoro, particolare di una miniatura dei Moralia in Job di Gregorio Magno. Cîteaux.

24. Sistema idraulico a ovest dell’abbazia di Igny.

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