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Ildegarda

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rizzata dall’uso della lingua volgare e dall’estrema adesione alle cose attuali, immediate, con un taglio politico molto pronunziato. Nonostante l’importanza della cultura nel mondo cittadino, i comuni non misero mai a punto un sistema vero e proprio di «istruzione pubblica»; nel Duecento vi erano maestri privati che tenevano una specie di scuola – in genere nelle loro stesse abitazioni – dove si insegnavano ai fanciulli i primi rudimenti del leggere, dello scrivere, della stessa lingua latina: tali maestri erano spesso sovvenzionati anche dal comune. Per i ragazzi che avevano superato il primissimo livello di apprendimento v’erano nelle città le scuole di «grammatica» (termine questo che indicava genericamente la lingua latina), nelle quali si insegnavano le discipline del trivio e del quadrivio. Ma, soprattutto, importanti erano le scuole di «abbaco», cioè di matematica e computisteria commerciale. Poiché i mercanti erano il ceto emergente delle città comunali, era ovvio che il sistema scolare si adeguasse alle loro esigenze. Fu proprio grazie a questi interessi mercantili che nell’Italia tra Duecento e Quattrocento si sviluppò un ceto medio largamente alfabetizzato, capace di scrivere e in qualche caso anche di comporre opere letterarie.

CITTÀ D’EUROPA Oltralpe, invece, l’aristocrazia feudale franco-settentrionale o tedesca diffi dava in genere dei centri urbani e li disprezzava, e fi n dall’inizio si rifi utò di entrare con essi in un rapporto che non fosse di estraneità o di confl itto. La città, in quelle aree, si affermò e permase come fenomeno essenzialmente legato ai ceti

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imprenditoriali o mercantili. Vi affi orò ben presto una stratifi cazione in maiores, mediocres e minores, e il potere si accentrò nelle mani delle corporazioni commerciali («ghilde») più ricche, le quali strapparono al sovrano o al signore feudale nella cui circoscrizione la città sorgeva dei diplomi di autonomia, talora pagati economicamente parlando assai cari, talaltra rilasciati addirittura dopo vere e proprie sedizioni. In Fiandra, la città acquistò autonomia politica sulla base di patti fra le «carovane» di mercanti (le «hanse»), le ghilde dei produttori locali e l’autorità signorile (ecclesiastica o laica), alla quale uffi cialmente spettava il governo della città: anche sul piano urbanistico si nota questa dicotomia, in quanto la città è costituita da un complesso ordinato su due nuclei, la fortezza signorile e il borgo mercantile. Il movimento ebbe inizio piuttosto presto, intorno agli anni Settanta dell’XI secolo, senza tuttavia una vera e propria istituzionalizzazione, che sarebbe arrivata solo più tardi. In modo simile anche nella Francia del nord la seconda metà dell’XI secolo vide formarsi alcuni comuni. A capo del governo cittadino non vi erano consoli, come in Italia, ma «scabini», fi gure di giurisperiti, spesso provenienti dall’entourage dei signori. Una particolarità dell’area compresa tra le Fiandre e la Francia centrosettentrionale sta nella coesistenza tra comuni nei quali una coniuratio, cioè un’associazione giurata, veniva specifi catamente riconosciuta dalle autorità – un re o un signore – per mezzo di un diploma, detto nelle fonti charte de commune. Un numero maggiore di città disponeva invece di chartes de franchises, cioè «carte

8. Classe di grammatica. Miniatura da una edizione del X secolo del De Nuptiis Philologiae et Mercurii di Marziano Capella. Bibliothèque Nationale de France, Parigi.

9. Maestro e allievi di una scuola di grammatica. Particolare di un manoscritto della metà del XIII secolo, monastero di Rein, Stiria. Österreichische Nationalbibliothek, Vienna.

10, 11. Miniature dalla Imago mundi di Goussin de Metz, 1246: un insegnante con un dito alzato (10) e paesaggio con in primo piano il mare e i suoi pesci, poi la terra solcata da un fi ume, sulla destra il castello e sulla sinistra la città con la cattedrale (11).

12. Charte de commune accordata nel 1209 dal re Filippo Augusto alla città di Péronne.

di franchigia», termine che dall’antico dialetto francone si riallaccia al termine frank, «libero». Nel sud della Francia, invece, le cosiddette villes de consulat vissero una prima fase simile a quella italiana, ma il diverso sviluppo e la capacità di controllo della monarchia, nonché la concorrenza delle città italo-tirreniche, non consentirono mai alle città del Midi un’evoluzione paragonabile. Ancora diverso il caso delle città tedesche, che giunsero a uno stato intermedio tra le città vescovili e quelle comunali. Nel corso dei secoli precedenti, in molte città tedesche i vescovi avevano assunto un ruolo centrale; tuttavia, nel corso della lotta che aveva visto affrontarsi il papato e l’impero, riuscirono ad approfi ttarne i poteri laici locali: tanto le dinastie ducali quanto i forti nuclei mercantili trovavano un interesse comune nell’espansione territoriale e commerciale verso nord e verso est. Le città raggiunsero quindi forme di autonomia utili a favorire tali sviluppi, ma rimasero pur sempre inquadrate nell’ambito di poteri superiori di diversa natura: la Germania conobbe così la coesistenza di città vescovili, di città territoriali, soggette a principi o signori, infi ne di centri urbani posti direttamente sotto la tutela regia.

CENTRI DI PRODUZIONE Oltre che centri di scambio, le città occidentali erano anche luoghi di produzione importanti. Tuttavia, il momento preciso in cui nella lavorazione delle materie prime e nella produzione degli oggetti si passò da un sistema artigianale a uno più propriamente manifatturiero non è facilmente identifi cabile. Esso varia da luogo a luogo e da merce a merce. In ogni caso, all’interno dell’economia cittadina fra XI e XIII secolo si verifi cò dappertutto questo mutamento, che presupponeva maggiore disponibilità di materie prime e di denaro, capacità di affrontare i rischi del commercio, sensibilità per le richieste del mercato, capacità di anticiparle e in qualche modo addirittura di determinarle. Un campo di grandi progressi quantitativi e qualitativi è quello del vasellame di terracotta. Con l’introduzione della ruota a pedale, l’artigiano poteva lavorare alla forma del vaso con entrambe le mani: il che permise miglior qualità del prodotto e maggiore rapidità nella lavorazione. Ai primi del Trecento in Occidente cominciarono a circolare ceramiche smaltate con un composto a base di stagno che intendevano imitare la porcellana cinese. Questo procedimento era stato appreso attraverso gli arabi, e le nuove ceramiche condussero a quella che da noi si sarebbe chiamata «maiolica» (il centro di produzione più noto fu Faenza). Alla fi ne del XII secolo si diffuse in Occidente – soprattutto in Normandia, in Inghilterra e in Italia – l’arte della fabbricazione del vetro, fi no allora segreto geloso del mondo orientale. La manifattura del vetro colorato, così importante per le cattedrali del nord, si diffuse a partire dal 1170 circa: i verdi e i rossi si producevano aggiungendo rame alla pasta vetraria, il marrone e il giallo aggiungendovi ferro, l’azzurro con un composto che da un termine arabo si chiamava zàffara. Tessuti e cuoio erano le due grandi risorse nel campo dell’abbigliamento e dell’armamento. Siccome la lavorazione di entrambi era lunga e articolata, essa era in genere concentrata in luoghi precisi, che dovevano rispondere a certe esigenze (per esempio l’abbondanza d’acqua) e che a causa dei prodotti della lavorazione divenivano abbastanza malsani. Sul piano della manifattura tessile, le tre fondamentali innovazioni medievali furono il fi latoio a mano, il telaio orizzontale (che spesso era posseduto o noleggiato dai tessitori) e la gualchiera, cioè il mulino per «follare» i panni (e che serviva a ispessire il tessuto battendone le fi bre). Nelle città si andò ben presto creando un sistema di «manifattura disseminata»: le varie fasi della lavorazione delle stoffe erano affi date a lavo-

13. Mantello dell’imperatore Enrico II, particolare. Manifattura tedesca, 1020 circa. Diözesanmuseum, Bamberga.

14. Velluto tagliato su fondo di teletta d’argento, particolare. Manifattura fi orentina, 1540 circa. Museo Nazionale del Bargello, Firenze.

15. Il lavoro dei tintori, particolare di una miniatura dal De proprietatibus rerum di Bartolomeo Anglico, fi ne del XV secolo. St John’s College, Cambridge.

16. I monaci assistono all’ascensione al cielo di san Benedetto, particolare di una vetrata, 1145 circa. Musée National du Moyen-Âge (da Saint-Denis), Parigi.

17. Bottega di Veit Hiersvogel, Maria al telaio, particolare di una vetrata, 1505. Parrocchiale di Grossgründlach, in Baviera.

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ratori specializzati, tra i quali emersero presto i «tintori», che lavoravano con strumenti complessi e con materie prime costose. La lavorazione del ferro e la fabbricazione di armi trovarono un grande sviluppo nella Germania renana e in Lombardia, tanto che anche i musulmani erano abituati a combattere con «spade franche» (cioè occidentali); essi difatti im-

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