XII. LA CITTÀ
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rizzata dall’uso della lingua volgare e dall’estrema adesione alle cose attuali, immediate, con un taglio politico molto pronunziato. Nonostante l’importanza della cultura nel mondo cittadino, i comuni non misero mai a punto un sistema vero e proprio di «istruzione pubblica»; nel Duecento vi erano maestri privati che tenevano una specie di scuola – in genere nelle loro stesse abitazioni – dove si insegnavano ai fanciulli i primi rudimenti del leggere, dello scrivere, della stessa lingua latina: tali maestri erano spesso sovvenzionati anche dal comune. Per i ragazzi che avevano superato il primissimo livello di apprendimento v’erano nelle città le scuole di «grammatica» (termine questo che indicava genericamente la lingua latina), nelle quali si insegnavano le discipline del trivio e del quadrivio. Ma, soprattutto, importanti erano le scuole di «abbaco», cioè di matematica e computisteria commerciale. Poiché i mercanti erano il ceto emergente delle città comunali, era ovvio che il sistema scolare si adeguasse alle loro esigenze. Fu proprio grazie a questi interessi mercantili che nell’Italia tra Duecento e Quattrocento si sviluppò un ceto medio largamente alfabetizzato, capace di scrivere e in qualche caso anche di comporre opere letterarie. CITTÀ D’EUROPA Oltralpe, invece, l’aristocrazia feudale franco-settentrionale o tedesca diffidava in genere dei centri urbani e li disprezzava, e fin dall’inizio si rifiutò di entrare con essi in un rapporto che non fosse di estraneità o di conflitto. La città, in quelle aree, si affermò e permase come fenomeno essenzialmente legato ai ceti
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imprenditoriali o mercantili. Vi affiorò ben presto una stratificazione in maiores, mediocres e minores, e il potere si accentrò nelle mani delle corporazioni commerciali («ghilde») più ricche, le quali strapparono al sovrano o al signore feudale nella cui circoscrizione la città sorgeva dei diplomi di autonomia, talora pagati economicamente parlando assai cari, talaltra rilasciati addirittura dopo vere e proprie sedizioni. In Fiandra, la città acquistò autonomia politica sulla base di patti fra le «carovane» di mercanti (le «hanse»), le ghilde dei produttori locali e l’autorità signorile (ecclesiastica o laica), alla quale ufficialmente spettava il governo della città: anche sul piano urbanistico si nota questa dicotomia, in quanto la città è costituita da un complesso ordinato su due nuclei, la fortezza signorile e il borgo mercantile. Il movimento ebbe inizio piuttosto presto, intorno agli anni Settanta dell’XI secolo, senza tuttavia una vera e propria istituzionalizzazione, che sarebbe arrivata solo più tardi. In modo simile anche nella Francia del nord la seconda metà dell’XI secolo vide formarsi alcuni comuni. A capo del governo cittadino non vi erano consoli, come in Italia, ma «scabini», figure di giurisperiti, spesso provenienti dall’entourage dei signori. Una particolarità dell’area compresa tra le Fiandre e la Francia centrosettentrionale sta nella coesistenza tra comuni nei quali una coniuratio, cioè un’associazione giurata, veniva specificatamente riconosciuta dalle autorità – un re o un signore – per mezzo di un diploma, detto nelle fonti charte de commune. Un numero maggiore di città disponeva invece di chartes de franchises, cioè «carte
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8. Classe di grammatica. Miniatura da una edizione del X secolo del De Nuptiis Philologiae et Mercurii di Marziano Capella. Bibliothèque Nationale de France, Parigi. 9. Maestro e allievi di una scuola di grammatica. Particolare di un manoscritto della metà del XIII secolo, monastero di Rein, Stiria. Österreichische Nationalbibliothek, Vienna. 10, 11. Miniature dalla Imago mundi di Goussin de Metz, 1246: un insegnante con un dito alzato (10) e paesaggio con in primo piano il mare e i suoi pesci, poi la terra solcata da un fiume, sulla destra il castello e sulla sinistra la città con la cattedrale (11). 12. Charte de commune accordata nel 1209 dal re Filippo Augusto alla città di Péronne.
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