OCEANO PACIFICO - ISOLE COOK

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bimestrale tascabile di turismo consapevole

Paradiso

pacifico

fioratti editore


Lagune

blu

PACIFICO ISOLE COOK

di Paolo Simoncelli

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Viaggio in un paradiso polinesiano fuori dagli schemi. Le Cook sono un arcipelago di recente autonomia, dove l’isolamento è un valore, il paesaggio irreale e la cultura una risorsa per il futuro.


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«È

mio zio» - dice capitan Puna indicando la foto sulla prima AUSTRALIA pagina del Cook Islands PA C I F I C O News. La copia è nelle N. ZELANDA mani di Célestine, tahitiana con ibiscus rosso tra i capelli, uno dei passeggeri del barcone che naviga a vista nella laguna di Aitutaki. La foto ritrae Henry Puna, primo ministro delle Isole Cook, mentre stringe la mano a Barack Obama. Molto più inebriante la notizia di ieri. Si è guadagnato l’apertura un gruppo di scolarette che ha dipinto di fiori la fermata dell’autobus di Muri Beach, a Rarotonga. Lo “strillo” del 13 dicembre 2011 invece, lanciato dal ministro delle finanze Mark Brown, aveva fatto sobbalzare tutti i pensionati dell’arcipelago: “Il governo delle Cook ha deciso di raddoppiare le pensioni”. “Un buon posto dove finire i propri giorni” penso, mentre la prua frantuma lo specchio della laguna. In realtà capitan Puna non sembra interessato all’illustre parente. Sta pilotando il timone tra gli atolli, impegnato a disegnare la rotta in fuga da un temporale. Più che navigare, fluttuiamo in un acquario con tutte le sfumature del blu. Solchiamo bassi orizzonti, zigzagando tra pianure di sabbia bianca. E, ogni tanto, incontriamo isolotti, ciuffi di palme. Non è nemmeno chiaro dove finisce il cielo e incomincia il mare. Ci vuole un battito d’ali di un fetonte dal becco rosso, per inquadrare un qualche tangibile spazio fisico. Ogni tanto il motore s’arresta tra gli atolli. Bassi fondali con l’acqua all’ombelico, dove luccicano OCEANO

Isole Cook

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cetrioli di mare e pesci pappagallo. Basta agitare una mollica per attirare centinaia di pesci tropicali. Nessuna traccia di squali. «Rimangono al di là del reef» - dice il capitano - «anche se ogni tanto uno di loro trova un varco e fa scivolare l’ombra di due metri sotto il barcone. Succede di rado però. E poi si tratta di timidi squali pinna bianca». Tutto sommato ho preso la decisione giusta. Fino all’ultimo ero rimasto indeciso se partecipare all’escursione in laguna o recarmi alla chiesa di Arutanga per la messa domenicale. È uno spettacolo vedere le donne di Aiutaki col vestito della festa, i cappelli variopinti e l’ombrellino, a piedi oppure dietro ai mariti che guidano scoppiettanti motorette. Adesso il capitano compie una virata. È il temporale alle nostre spalle che decide la rotta. Quadrati di cielo di un blu tenebroso carichi di nuvole incombono su spicchi di mare azzurro. E in mezzo una striscia di sabbia immacolata. Naufraghi e tumunu Siamo a 5 miglia da Aitutaki, al cospetto dell’isoletta di Akaiami. Era qui, dal 1951 al 1960, in un’area di mare delimitata da boe, che atterravano per rifornirsi di carburante gli idrovolanti Short Solent della TEAL, compagnia aerea tasmaniana che faceva la spola tra la Nuova Zelanda e Tahiti. Era la cosidetta “coral route”. I giganteschi aerei ad elica non superavano i 300 km/h ed erano l’unico servizio disponibile, dato che alle Cook e a Tahiti ancora non esistevano aeroporti. L’alternativa era arrivare a Rarotonga via mare da Auckland, a bordo della portacontainer Moana Roa.


Thomas Koteka, manager del Pacific Resort, ricorda le lunghe giornate a bordo della nave, che procedeva a 12 nodi, col rollio dei motori diesel Clarke-Sulzer in sottofondo. Ci volevano dai 5 ai 7 giorni di navigazione a bordo della “banana boat” da 2800 tonnellate per arrivare. Mentre penso a questa storia. la barca approda alla paradisiaca isoletta di Tapuaetai. Fu in questo remoto atollo che fu trovato dopo 118 giorni alla deriva nel Pacifico, il pescatore tahitiano Tava’e Raioaoa (detto Papa Ru in onore del primo polinesiano che mise piede ad Aitutaki), uscito per una battuta di pesca il 15 marzo 2002. La barca si ruppe e così in balia di venti e correnti, Papa Ru fu trasportato per 1200 km fino alla barriera corallina di One Foot Island. Arrivò a riva pagaiando con le mani, impresa non facile per chi era completamente disidratato, ridotto a 45 chili. La barca è nel giardino di Nane Herman ad Aitutaki, insieme al relitto di un DC 3 che 28 anni fa fu usato come macchina del vento nel film The Silent One, tratto dal romanzo di Joy Cowley: la storia di Joansi, un bambino sordo che sviluppando una sorta di linguaggio marino riusciva a comunicare con una tartaruga bianca. È nella carlinga del vecchio DC3 che James, il figlio di Nane, oggi pilota della Rarotonga Airways, giocava da piccolo, immaginando di sorvolare i bassi cieli delle Cook. Potreste incontrarlo all’aeroporto di Raro o forse in quello di Atiu, poco più che una baracca in un campo di patate, dove campeggia un avviso per i viaggiatori: “Controllo di sicurezza volontario: prima di salire sull’aereo consegnate al pilota A47, lanciarazzi, granate, esplosivi e armi nucleari in vostro possesso. Il personale di bordo ringrazia per la collaborazione”. È cambiato poco o nulla qui, da quando capitan Cook sbarcò sulla spiaggia di Oravaru. Gli stessi silenzi primordiali sul makatea, corallo fossilizzato su cui è cresciuta una impenetrabile foresta. E invece qualcosa è cambiato. Pochi mesi fa hanno inaugurato una rotonda dove transitano non più di 6-7 macchine al giorno. Quando c’è il carburante. Perché se la porta-container non arriva l’isolamento di Atiu diventa incommensurabile. Qui ho trascorso i miei giorni andando a zonzo senza meta per spiagge, grotte e caverne e poi abbandonandomi ad una sessione di tumunu, socializzante rito della birra del bush, un tempo osteggiato dai missionari. Funziona più o meno così. Sotto una baracca, un tipo che ha tutta l’aria di essere il capo, pesca da un bidone con una tazzina di guscio di cocco la micidiale birra di luppolo, malto, succo d’ananas e arancia fatta in casa e poi

la passa alternativamente ai componenti del cerchio. La cosa va avanti per ore fino a quando una preghiera pone fine al tutto. C’è persino una festa, il Tumunu Tutaka, durante la quale viene premiato il tumunu più bello: un buon motivo per tornare alle Cook. E metterci le radici. Come hanno fatto Turua e Stephanie Joseph. Stephanie crea gioielli riciclando pezzi di vetro colorato, Tura, ex guardia carceraria, intaglia ukulele - ha richieste da tutto il mondo - in una casetta persa nel verde di Aitutaki. Anche i coniugi australiani Sue e Steve Welsh hanno deciso di cambiar vita. Lui, ingegnere aereo di Brisbane, e lei, impiegata di banca, hanno aperto un anno fa il Saltwater cafè a Rarotonga. «Da quando siamo qui, Sue ha un sorriso migliore», dice Steve mentre butta nel frullatore i più bei gioielli delle Cook: papaya, mango, banane, ananas che spuntano dal fertile terreno vulcanico. Avrei voluto assaggiare una delle specialità di Steve, ma alle 14.30, in perfetta sintonia con l’atmosfera delle isole, avevano già chiuso bottega. “Troppo tardi”, diceva un cartello, “torna domani”. CROSSI ISLAND WALK Trekking nella foresta di Rarotonga. Nella pagina a fianco: la laguna Aitutaki

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PALLA OVALE Rugby da cortile ad Atiu. In basso, a sinistra: Nane Herman con un relitto di DC3 in giardino; a destra: il marae di Paengariki.Nella pagina a fianco, in senso orario: alla messa cattolica di Avarua; danze al Te Vara Nui Village; nonne e nipotini a Rarotonga; l'intagliatore Kay George al lavoro; la pittrice Jeanne Humphreys.

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R AROT O N GA Aeroporto

Punanga Nui Market

Rakahanga Penrhyn Pukapuka Manihiki Nassau

Avarua

O C E A N O

Cook Island Nat.Museum Para O Tane Libreria/Museo

Suwarrow Palmerston

Isole Cook (Nuova Zelanda)

The

P A C I F I C O Aitutaki Manuae Trekking

os

s

Highland Paradise

Te Rua Manga I s 413

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Walk

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Matiakura Store

Wigmore Waterfall

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Primo itinerario Secondo itinerario Terzo itinerario Punto di partenza

Ngatangiia Harbour Takitumu Conservation Area

Muri Beach

Queen’s Rapres. Home Maire Nui Gardens Café Saltwater Café

Doccia calda

Rarotonga

Kainuku’s Marae

land

Rarotonga Beach Resort

Takutea Mitiaro Atiu Mauke

Pokata Paepae Pa’s Palace

Cr

Arorangi

Archeologia Cascata Chiesa Giardino tropicale

chilometri

0

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A I T UTA K I

Golf Club

AT I U

chilometri

Resort

Aeroporto

Ristoro

Ae rop

Maungapu 124

o

Trekking

Spiaggia Spiaggia bellissima

Taunganui Harbour

ort

Tauono’s Garden Cafè

Edna Ootu Beach Aitutaki Lagoon

Akitua

Orongo Marae

Coffee Factory

Oravaru Beach

Atiu Homestay

T&S ArtworX

Arutanga Wharf

Grotta Mercato Museo Murales Oasi natural. Palazzo

Laguna Aitutaki Tupunahn

Taungaroro Beach

Aiutaki

Marae Paengariki

Oneroa Beach

Anatakitaki Lago Teroto

Atiu Vills & Kura’s Kitchen Rima Rau Burial

Tapuaetai (One Foot Island)

0

1

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chilometri

Gli itinerari

Disseminate su una superficie di 2,25 milioni di kmq d’oceano, le 15 isole Cook si trovano nel cuore del Pacifico, a 1630 miglia da Auckland, ad est di Samoa e Tonga, oltre la linea del cambio di data. L’arcipelago (15.000 abitanti, di cui 8000 a Rarotonga) è formato da due gruppi di isole, comunemente classificati come settentrionali e meridionali. Andremo qui alla scoperta di Rarotonga, la più popolata e quella in cui sorge il capoluogo, di Aitutaki ed Atiu, tutte ricomprese nel gruppo delle isole meridionali.

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Primo itinerario: Rarotonga Punto di partenza: Avarua Lunghezza: 32 km Avarua, la piccola capitale, si allunga tra il lungomare e i rilievi di lussureggiante vegetazione tropicale. In poche centinaia di metri si concentrano punto internet (con vendita di carte telefoniche), stazione di polizia, ufficio turistico, ristoranti, caffè, negozi, la stazione degli autobus


e le compagnie di noleggio auto. Non perdete il Punanga Nui Market, mercato del sabato: oltre a chioschi che cucinano cibo di strada, troverete oggetti dell’artigianato locale come parei, camicie polinesiane, ukulele, conchiglie, oggetti in legno rappresentanti divinità locali, tessuti, perle nere. Alle 11 vi si tengono danze tradizionali (anche delle giovanissime della scuola di ballo locale). Le cose più interessanti da vedere in città sono la chiesa presbiteriana (1853) e la chiesa cattolica in Makea Tinirau road durante le messe domenicali, con bellissimi canti, che si celebrano alle 5.30, 10 e 17. Il cimitero di fianco ospita tombe di personaggi come Albert Henry, primo premier (1965) delle Cook indipendenti. Di fronte si trova il Para O Tane (Palace of Makea), palazzo degli ariki (capitribù), suggestiva casa coloniale innalzata nel Taputapuatea marae, il sito più grande e sacro delle Cook. Davanti c’è un suggestivo cimitero di antiche tombe. Non ci sono cartelli e casa e parco costituiscono un’area sacra accessibile solo al capo tribù e familiari; ci si deve limitare a osservarla dalla strada. A pochi metri si trova la libreria, con libri nuovi e usati sulle isole e l’area del Pacifico, con annesso un piccolo museo e dei murales sulla parete adiacente. Poco distante c’è il Cook Island National Museum, in Victoria road: oltre alle statue di divinità fuori dal palazzo, all’interno sono esposte vecchie foto, reperti archeologici, statue, manufatti, canoe. Prendendo quasi davanti al mercato Ururau Drive e percorrendola per alcuni chilometri, si arriva al punto di partenza della Cross Island Walk (2-3 ore circa) che taglia tutta l’isola attraversando paesaggi spettacolari. Si inizia per campi pianeggianti, per poi salire il ripidissimo pendio nel fitto della foresta fino a riemergere alla base del “Needle”, la vetta del Te Rua Manga (413 m, panorama straordinario) e infine scendere alla cascata Wigmore nel sud dell’isola. È una cascata con un salto di una ventina di metri, sotto la quale si può nuotare in una fresca piscina d’acqua dolce. Occorre prestare attenzione perché il sentiero è a tratti poco evidente e il rischio di perdersi è alto. La cosa migliore è affidarsi a Pa, il “medicine man”, tonico settantenne dal fisico d’acciaio, che vi guiderà a piedi nudi con foglie di banana sui fianchi illustrandovi, quando non medita lungo il cammino (è buddista), le varietà botaniche della medicina tradizionale. Pa conosce le montagne come le sue tasche e ha scalato una ventina di volte il Needle, oltre ad aver nuotato insieme agli squali lungo tutto il perimetro di Rarotonga. Da Avarua si può compiere il giro dell’isola in senso orario o antiorario, percorren-

do la strada costiera che offre scenari marini con le montagne sullo sfondo. Si incontrano casette col cimitero di famiglia sepolto dai fiori, spiagge con acque cristalline rinchiuse dentro la barriera corallina e i resort costruiti nel rispetto della natura (a parte l’immondo casermone incompiuto che doveva diventare uno Sheraton Hotel). Parallelamente alla strada costiera (da cui partono le vie di fuga in caso di allarme tsunami) corre per diversi tratti, un meraviglioso sterrato interno che attraversa paesaggi agresti: campi, piantagioni di taro, banane, mango e altre essenze. Partendo dalla capitale, in senso orario, incontrerete in sequenza tre antichi siti archeologici, raggiungibili con brevi deviazioni all’interno: il Pokata Paepae, sito sacro pre-cristiano col “trono”in pietra di ariki, il capo tribù; il Pa’s Palace, rovine di un antico palazzo reale di corallo e calce; il Kainuku’s Marae. Subito dopo appare l’insenatura del Ngatangiia Harbour, il porto da dove nel 1350 iniziò la grande migrazione in canoa verso la Nuova Zelanda, ricordata da una targa commemorativa e un circolo di sette pietre, una per ogni canoa che ha compiuto PIETRA SACRA Statua - divinità all'esterno del museo di Avarua, sull'isola di Rarotonga.

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l’impresa. A seguire, Muri Beach, una splendida laguna fronteggiata da isolette, Muri Nui Gardens Cafè, un giardino tropicale con fiori e diverse specie botaniche, Queen’s Rapresentative Home, una residenza della regina non visitabile. Ancora oltre, le cascate Wigmore, raggiungibili con una deviazione di pochi km, Highland Paradise, “culla” della tribù dei Tinomana prima che i missionari li spingessero a vivere vicino alla costa, e poi la chiesa di Arorangi. È difficile fare una classifica delle spiagge più belle, ma dal Saltwater Cafè fino a poco prima del Rarotongan Beach Resort c’è un tratto di costa paradisiaca e poco frequentata, con una pratica doccia calda a ridosso della strada, quasi di fronte al decrepito “Matiakura Store”. La Takitumu Conservation Area, è un’oasi naturalistica protetta di 155 ettari, con rare specie d’uccelli e orchidee (info viste presso l’ufficio turistico). Se arrivate a Rarotonga a dicembre assisterete allo spettacolo dei flame tree (Brachychiton acerifolius), “alberi di natale” dai fiammeggianti fiori rossi. Distributori di benzina e supermercati sono frequenti lungo l'itinerario.

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Secondo itinerario: Aitutaki Punto di partenza: aeroporto Lunghezza: 20 km circa In una ventina di chilometri si percorre l’intero perimetro costiero. La cosa migliore è affittare una moto e vagare in questo eden circondato da una laguna spettacolare. Dall’aeroporto, nel nord, adiacente al campo da golf, arrivate a Ootu Beach, semiluna di sabbia bianca, e poi camminate lungo la baia, fino al ferry che in pochi secondi attraversa il canale e approda ad Akitua, isoletta dove si trova l’Aitutaki Lagoon Resort. Potete visitare liberamente l’isola, dove per primo nel XII secolo sbarcò re Ru; se invece intendete fare il bagno dovrete pagare un modesto obolo alla reception del resort appena sbarcati. Tornati all’aeroporto, scendete verso sud lambendo la costa ovest dell’isola. Poco prima delle Etu Moana Beach Villas, parte il sentiero che in 30 minuti porta alla vetta più alta dell’isola, il Maungapu (124 m); subito dopo invece, in corrispondenza di una gigantesca imbarcazione, si trova il giardino (chiedere a Nane prima di entrare) col relitto di un aereo. Ancora pochi metri e arriverete al Tauono’Garden Cafè. A questo punto la strada sale lambendo altri resort e poi ridiscende passando il distributore/market e subito dopo il campo da rugby (vedrete gli scheletri di diverse case colonizzati dalla vegetazione: vittime dei cicloni!). Siete quasi ad Arutanga, la “caotica” capitale con 7-8 case, la chiesa del 1828, una stazione di polizia, un ufficio turistico, uno postale, un ospedale ed un mercato accanto al molo (frutta, dolcetti e poco altro). Da qui potete avventurarvi per le stradine dell’entroterra, per esempio verso il ristorante Tupunahn o il T&S ArtworX. Continuando lungo la costa verso sud, la strada (sterrata e scivolosissima in caso di pioggia) arriva al porticciolo da cui partono le escursioni di capitan Puna nella laguna di Aitutaki. Nemmeno nei sogni più belli vi saranno apparsi simili panorami di sabbie borotalco, lagune cristalline, isolette e atolli che sembrano emergere dal nulla: maschere, pinne e asciugamani sono a bordo. La meta è l’atollo di Tapuaetai (One Foot Island) punto di sosta per un ottimo e abbondante pasto polinesiano (chi porta il passaporto può farsi stampare il timbro dell’isola, un piede appunto, dato che in questo atollo remoto c’è un ufficio postale!). Tornati al porto proseguite a sud, deviando in salita per il secondo sterrato a sinistra. La strada sale alcune


SALANGANE IN GROTTA La caverna di Anatakitaki ad Atiu. Nella pagina a fianco: flame tree in fiore a Rarotonga.

centinaia di metri nella vegetazione fino ad incontrare sulla destra (non segnalato ma visibile dalla strada) il marae di Paengariki, ancestrale luogo sacro, una sorta di Stonehenge locale con grosse pietre risalenti circa all’anno mille, dove si tenevano sacrifici, cerimonie di guerra, feste sacre e rituali di circoncisione.

Terzo itinerario: Atiu Punto di partenza: Taunganui Harbour Lunghezza: 20 km circa Se possibile, al confronto di Atiu, la stessa Aitutaki vi sembrerà caotica. Roger, titolare dell’Atiu Villas resort, da decenni qui, è una inesauribile fonte di informazioni (storia, geologia, organizzazione di escursioni, incontri con artisti e artigiani, noleggio moto, ecc). Di forma circolare, l’isola presenta, nella parte centrale, un grande villaggio suddiviso in distretti da cui si dipartono a raggiera sterrati che tagliano la foresta fino alla spettacolare strada costiera (20 km circa, l’asfalto è limitato alle vicinanze del villaggio). In moto si percorre la costiera in circa un ora e venti minuti. La parte ovest, il tratto più incantevole, penetra nella vegetazione tropicale, mentre nel sud procede a cielo aperto accanto al mare. Presso il Taunganui Harbour vedrete resti del relitto dell’Edna. Ad Atiu non si viene per le spiagge, ma le due che si incontrano lungo la costa ovest

sono interessantissime per diversi motivi: la prima, Oravaru, è il luogo dove sbarcò il capitano Cook nel 1777, la seconda, Taungaroro, è una semiluna di sabbia orlata dalla vegetazione. Il richiamo della foresta intorno è grande, ma non avventuratevi da soli a piedi, il rischio di perdersi è altissimo! Le attrazioni archeologiche e naturalistiche di Atiu sono impossibili da raggiungere da soli, perché si trovano nella fitta vegetazione e le indicazioni sono inesistenti. Meglio affidarsi alle guide locali, che vi racconteranno storie e curiosità dei luoghi. Tra i molti punti di interesse, potete raggiungere la grotta di Anatakitaki dove vive la salangana di Cook (Aerodramus sawtelli), un rondone endemico che sfreccia tra stalattiti e stalagmiti (l’escursione in foresta risulta difficoltosa per gli affioramenti corallini lungo il sentiero, sono indispensabili scarpe da trekking e repellenti antizanzare). Oppure ancora sprofondare in un buco nel terreno a tre metri nel sottosuolo nella grotta sepolcrale Rima Rau, sito dove emergono inquietanti ossa e teschi. E andare alla ricerca delle specie di uccelli più rare. Tra questi merita una menzione il kakerori (Pomarea dimidiata), un pigliamosche salvato dall’estinzione grazie a un programma di conservazione avviato quando ne restavano soltanto 28 esemplari. Il modo più sicuro per avvistarli è farsi guidare da “Byrdman” George, a cui si può chiedere anche di visitare il lago Teroto e il marae Orongo sito archeologico sacro sepolto dalla vegetazione. E non dimenticate il tumunu!

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