ARTE RI-PROGRAMMATA
RE-PROGRAMMED aRT
Un manifesto aperto
An Open Manifesto
Arte ri-programmata: un manifesto aperto è un progetto coordinato
Re-programmed Art: An Open Manifesto is a project coordinated by
da Serena Cangiano e Davide Fornari, in collaborazione con Azalea
Serena Cangiano and Davide Fornari, with the collaboration of
Seratoni, promosso dal Laboratorio cultura visiva della Scuola uni-
Azalea Seratoni, promoted by the Laboratory of visual culture of
versitaria professionale della Svizzera italiana, in partenariato con
supsi – University of Applied Sciences and Arts of Southern Switzer-
Museo Alessi, Archivio Gabriele Devecchi, Archivio Gianni Colombo,
land, in partnership with Museo Alessi, Archivio Gabriele Devecchi,
Arduino, ecav – Ecole cantonale d’art du Valais, sgmk – Società Sviz-
Archivio Gianni Colombo, Arduino, ecav – Ecole cantonale d’art du
zera di Arte Meccatronica, WeMake.
Valais, sgmk – Swiss Mechatronic Art Society, WeMake.
Il progetto è stato realizzato nell’ambito di “Viavai – Contrabban-
The project was developed in the context of “Viavai – Contrabban-
do culturale Svizzera-Lombardia”, un programma di scambi bina-
do culturale Svizzera-Lombardia”, a program of binational exchan-
zionali promosso dalla Fondazione svizzera per la cultura Pro Hel-
ges, promoted by the Swiss Arts Council Pro Helvetia and realized
vetia e realizzato in partenariato con i cantoni Ticino e Vallese, la
in partnership with the Cantons Ticino and Wallis, the City of Zu-
città di Zurigo, la Fondazione Ernst Göhner e con il patrocinio degli
rich, the Ernst Göhner Foundation and under the patronage of the
assessorati alla Cultura della Regione Lombardia e del Comune di
Arts Councillorships of the Region Lombardy and of the Municipa-
Milano.
lity of Milan.
www.viavai-cultura.net
www.viavai-cultura.net
Il progetto ha ricevuto il supporto del Percento culturale Migros.
The project is supported by Migros culture Percentage.
Licenza
License
Il progetto e i contenuti del sito reprogrammed-art.cc sono rilasciati
Unless otherwise stated, the project and the reprogrammed-art.cc
sotto licenza cc by-nc-sa 4.0.
website contents are licensed under cc by-nc-sa 4.0.
Tutti i materiali appaiono per gentile concessione degli archivi degli
All materials appear courtesy of the archives of Gruppo T artists,
artisti del Gruppo T, che li hanno resi disponibili per il progetto Arte
who made them available for the project Re-programmed Art.
ri-programmata. www.reprogrammed-art.cc
www.reprogrammed-art.cc
MUSEO ALESSI
Archivio Gabriele Devecchi
Archivio Gianni Colombo
ARTE RI-PROGRAMMATA
RE-PROGRAMMED aRT
Un manifesto aperto
An Open Manifesto
a cura di ▪ edited by Serena Cangiano, Davide Fornari, Azalea Seratoni
Sommario
8
Arte ri-programmata: un progetto aperto ▪ Serena Cangiano, Davide Fornari
100 L’arte moltiplicata ritorna al futuro ▪ Azalea Seratoni
16
Rendere open source i processi di produzione dell’arte ▪ Costantino Bongiorno, Zoe Romano
114
20
Mi davano un pezzo di ferro e mi insegnavano a limare Una conversazione con Alberto Alessi ▪ Azalea Seratoni
Rendere open source l’immaginazione di artisti, designer e maker ▪ Massimo Banzi
120 Opere
28
È il Tempo che si è avvicinato al Gruppo T ▪ Azalea Seratoni
138 Per un fare estetico partecipato e aperto ▪ Serena Cangiano, Davide Fornari
44
Programmare il lavoro del pubblico ▪ Federica Martini
144 Bit Shift Study ▪ Thibault Brevet
52
Le regole del gioco
150 Between Time and Space ▪ Martin Fröhlich
Una conversazione con Marco Scotini ▪ Azalea Seratoni
156 Magnetic Drawbot ▪ Giorgio Olivero, Fabio Franchino – todo
74
Come è nata l’Arte Programmata ▪ Giovanni Anceschi
162 Topografia della luce ▪ Yvonne Weber
80
Problemi dell’Arte Programmata ▪ Davide Boriani
168 Esacono ▪ Giovanni Anceschi, Serena Cangiano,
86
Sulle ricerche plastiche cinevisuali 1964-1965 ▪ Gianni Colombo
90
A proposito delle ipotesi Miriorama ▪ Gabriele Devecchi
176
92
Appunti con evidenziatore ▪ Grazia Varisco
190 Ringraziamenti
Davide Fornari
Profili biografici
188 Crediti delle illustrazioni
Table of Contents
9
Re-programmed Art: An Open Project ▪ Serena Cangiano, Davide Fornari
101
Multiplied Art Returns to the Future ▪ Azalea Seratoni
17
Open Sourcing Processes in the Making of Art ▪ Costantino Bongiorno, Zoe Romano
115
They Gave Me a Piece of Iron and Taught Me to File
21
A Conversation with Alberto Alessi ▪ Azalea Seratoni
Open Sourcing the Imaginations of Artists, Designers and Makers ▪ Massimo Banzi
120 Works
29
Time Has Caught Up with Gruppo T ▪ Azalea Seratoni
139
An Open, Participative Vision of Aesthetic Action ▪ Serena Cangiano, Davide Fornari
45
Programming the Work of the Public ▪ Federica Martini
145
Bit Shift Study ▪ Thibault Brevet
53
The Rules of the Game
151
A Conversation with Marco Scotini ▪ Azalea Seratoni
Between Time and Space ▪ Martin Fröhlich
157
Magnetic Drawbot ▪ Giorgio Olivero, Fabio Franchino – todo Topografia della luce ▪ Yvonne Weber
75
How Programmed Art Was Born ▪ Giovanni Anceschi
163
81
Problems in Programmed Art ▪ Davide Boriani
169 Esacono ▪ Giovanni Anceschi, Serena Cangiano,
87
On Plastic Kine-visual Research 1964-1965 ▪ Gianni Colombo
91
On the Miriorama Hypotheses ▪ Gabriele Devecchi
177
93
Notes with Highlighter ▪ Grazia Varisco
190 Acknowledgements
Davide Fornari
Biographies
188 Photo Credits
Arte ri-programmata: un progetto aperto ▪ Serena Cangiano, Davide Fornari
8
“Arte Programmata” è la definizione data al corpo di opere
munità diffuse in rete che condividono saperi al fine di com-
di un gruppo di artisti italiani attivi tra la fine degli anni cin-
pletare o estendere il lavoro degli artisti e dei designer.
quanta e i primi anni sessanta. La definizione fu introdotta
Arte ri-programmata: un manifesto aperto è un progetto di
da Bruno Munari e Umberto Eco nel dicembre 1961 nell’Al-
ricerca-azione che si concentra sul tema dell’impatto dell’in-
manacco Letterario Bompiani 1962 e poi nella mostra promos-
troduzione in ambito artistico dei metodi e degli approcci di
sa presso il negozio Olivetti di Milano nel 1962, dove furono
hardware e software open source e dell’open design, ovvero
esposti i lavori di Munari, Enzo Mari e degli artisti del Grup-
lo sviluppo di artefatti fisici e tecnologici le cui informazio-
po T (Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo,
ni e specifiche d’implementazione sono rilasciate pubblica-
Gabriele Devecchi e Grazia Varisco) e del Gruppo N. Gli arti-
mente con licenze Creative Commons. La diffusione di tec-
sti realizzarono oggetti attraverso l’applicazione di proces-
nologie hardware aperte è relativamente recente, a partire
si analoghi a quelli della ricerca tecnologica e di design, ov-
dalla nascita di alcune iniziative come Arduino, la piattafor-
vero creando prototipi che erano poi riprodotti come serie
ma di prototipazione software-hardware, e le stampanti
di artefatti in costante variazione.
tridimensionali open source RepRap (iniziate nel 2005). I fa-
L’idea che l’opera d’arte potesse essere completata
brication laboratories e l’insieme delle infrastrutture diffuse e
dall’azione-interazione dello spettatore si concretizza agli
distribuite per la produzione fai da te e peer-to-peer hanno re-
inizi degli anni sessanta grazie alla sperimentazione di que-
so oggi possibile e alla portata di tutti il potenziale costrut-
sti gruppi di artisti che, in modo pionieristico, introdusse-
tivo e creativo di una tecnologia a lungo troppo complessa
ro nel processo di realizzazione dei loro progetti l’uso della
per essere gestita da utenti non esperti, come spiegano Zoe
tecnologia e l’applicazione di un approccio algoritmico. Ri-
Romano e Costantino Bongiorno nel loro saggio.
spetto a questo tipo di sperimentazione, le opere degli ar-
Il nostro progetto ha coinvolto un gruppo di artisti digi-
tisti del Gruppo T rappresentano un punto di riferimento
tali e designer nel processo di ri-programmazione di alcune
utile per interpretare quel tipo di arte che fu definita Arte
opere del Gruppo T. Durante una sessione di hacking di una
Programmata e che, in seguito, gettò le basi per lo sviluppo
settimana è stato chiesto agli artisti di realizzare nuovi la-
dell’arte interattiva.
vori a partire dalle opere del Gruppo T tramite l’implementazione di comportamenti interattivi programmabili attra-
Acquisire ritmi ed estetiche personali
verso tecnologie hardware e software open source e di ri-
Oggi all’interno dello scenario di creazione e progettazio-
lasciare una documentazione aperta in Creative Commons
ne partecipata di opere interattive è in atto una riconfigu-
per supportarne la riproducibilità, l’estensione e il com-
razione: lo sviluppo di hardware e software open source,
pletamento partecipativi da parte di altre persone. L’inte-
l’open design e la diffusione dell’uso di licenze Creative Com-
ra operazione di riprogrammazione è avvenuta in un con-
mons permettono l’attivazione di processi progettuali col-
fronto continuo con gli artisti, gli eredi e gli archivi che rap-
laborativi in cui gli utenti coautori diventano membri di co-
presentano il Gruppo T, cui va la nostra immensa gratitudi-
Re-programmed Art: An Open Project â–Ş Serena Cangiano, Davide Fornari
Arte Programmata or ‘Programmed Art’ is the name given
Re-programmed Art: An Open Manifesto is an action re-
to the body of works produced by a group of Italian art-
search project that explores the impact of methods and
ists active in the late 1950s and early 1960s. The term was
approaches linked to open source hardware and software
coined by Bruno Munari and Umberto Eco in December 1961
on the field of art, and open design, namely the creation of
for the Almanacco Letterario Bompiani 1962, and subsequently
physical and technological artefacts whose information
used in the exhibition held at the Olivetti showroom in Mi-
and implementation specifications are publicly released
lan, 1962, which showcased works by Bruno Munari, Enzo
under Creative Commons licenses. The spread of open
Mari, and the artists of Gruppo T (Giovanni Anceschi, Davi-
hardware technologies is relatively recent, with the advent
de Boriani, Gianni Colombo, Gabriele Devecchi and Grazia
of projects like Arduino, the platform for hardware and
Varisco) and Gruppo N. The artists produced objects by ap-
software prototyping, and open source 3D printers such as
plying processes similar to those of technological and de-
RepRap (both introduced in 2005).
sign research, namely by creating prototypes which were
Fab labs and the various kinds of distributed infrastruc-
then reproduced as series of constantly changing arte-
tures for diy and peer-to-peer production mean that any-
facts.
one can now benefit from the constructive and creative po-
The idea that works of art could be completed with
tential of technology that for a long time was too complex
the action/interaction of the viewer took shape in the ear-
for the lay person, as Zoe Romano and Costantino Bongior-
ly 1960s, thanks to the experimental work carried out by
no explain in their essay.
these artists, who pioneered the use of technology and an
Our project involved a group of digital artists and de-
algorithmic approach in art. The pieces produced by Grup-
signers in the process of re-programming several works
po T are representative of what is known as Programmed
by Gruppo T. During a week-long hacking session, partici-
Art, which subsequently paved the way for the develop-
pants were asked to produce new works starting from the
ment of interactive art.
artworks of Gruppo T, by implementing interactive behaviours programmed using open source hardware and soft-
Rhythms and personal aesthetics
ware technologies. They were asked to produce open doc-
There are key changes under way in the field of participa-
umentation licensed under Creative Commons, to enable
tive creation and development of interactive artworks:
the works to be reproduced, expanded on and completed
open source hardware and software, open design and the
by other users. The whole reprogramming operation was
use of Creative Commons licenses all foster collaborative
performed in constant contact with the artists, the heirs
design processes, and the users/co-creators are mem-
and the archives that represent Gruppo T, and we are enor-
bers of widespread, networked communities which share
mously grateful for their extraordinary personal and intel-
knowledge in order to complete or expand on the work of
lectual generosity. Working with artists from Gruppo T and
artists and designers.
experts in the field of open source technology, open design
9
ne per la straordinaria generosità personale e intellettuale.
no le opere dell’antichità per comprenderne volumi, stili e
L’interazione con gli artisti del Gruppo T e con gli esperti del
logiche; con la fortuna, nel nostro caso, di poter interpellare
settore della tecnologia open source, open design e Creative
gli autori oltre alle opere. Ma è un concetto proprio anche
Commons ha permesso di sperimentare azioni di design al-
dell’etnometodologia quello di una presenza personificata
la ricerca di nuove modalità per espandere i concetti fonda-
del ricercatore come partecipante competente all’interno
mentali dell’Arte Programmata attraverso l’integrazione
del campo di azione: per capire l’ordine sociale che si studia,
dei processi, dei metodi e delle tecniche dei domini della pro-
bisogna riprodurne le attività fino a dominarne la produzio-
gettazione open.
ne.1 Nelle parole di Erving Goffman, chi lavora sul campo de-
Lavorare sulle opere del Gruppo T, rifacendole o ripro-
ve acquisire i ritmi e le estetiche personali di chi o quanto è
grammandole, può sembrare eversivo rispetto al mondo
oggetto di studio:2 il nostro tentativo di ricerca-azione ten-
dell’arte e ai rituali del suo mercato: venerazione dello stori-
de quindi a trasformare i partecipanti nel “fenomeno stes-
cizzato e della rarità, feticismo dell’originale e dell’esemplare
so”, per comprenderlo dall’interno. Nel caso dell’Arte Cine-
unico. Il nostro intento, tuttavia, ci sembra particolarmente
tica e Programmata, “ridisegnare” significa ricostruire, cioè
in linea con la poetica del Gruppo T e con alcune dichiarazio-
capire di cosa e come le opere sono fatte, quali materiali so-
ni ed episodi che hanno visto per protagonisti i suoi membri.
no stati utilizzati, quali algoritmi o stratagemmi impiegati
La piccola edizione di oggetti Miriorama prodotta per Dane-
per inserire il caso nel programma delle opere.
se nel 1960 – di cui Azalea Seratoni ha curato la riedizione per Officina Alessi nel 2010 – prefigurava un’arte moltiplicabile, portatile, sulla scia delle Sculture da viaggio di Munari, ma 10
con l’aggiunta del cinetismo e della trasformazione tipici del Gruppo T. La riedizione Alessi del 2010, nel pieno accordo e in collaborazione con gli artisti e gli archivi del Gruppo T, ci è sembrata una conferma significativa dell’idea iniziale di riprogrammazione, e non solo rifacimento, perché ogni rifacimento che si basa su nuove tecnologie e nuovi materiali richiede un radicale processo di re-design che – se da un lato tradisce le istanze di ecceità e originalità dell’opera d’arte – risponde a nuove domande rispetto alla conservazione di opere che non possono essere semplicemente contemplate, ma richiedono una partecipazione attiva del pubblico. Ci ha confortato nelle nostre scelte iniziali un episodio raccontato da Giovanni Anceschi – riportato in questa sede – cui Gianni Colombo, alla richiesta di una copia di 0 ↔ 220 volt, rispose: «Fattela!». L’idea che queste opere, realizzate con materiali industriali in quel momento nuovissimi (come li descrive incantevolmente Grazia Varisco nei suoi “appunti”) e con tecnologie “da Paperino” per la loro iniziale goffaggine e fragilità, potessero essere ri-fatte con materiali innovativi e tecnologie aperte ci ha riportato a un esempio classico, come quello di artisti e architetti che ridisegnava-
Gianni Colombo, 0 ↔ 220 volt, 1976-1979.
and Creative Commons gave us the opportunity to carry
po T. In our view the Alessi 2010 re-edition, in full agreement
out design experiments with a view to expanding the main
and collaboration with the artists and archives of Gruppo
concepts of Programmed Art by including processes, meth-
T, was a significant confirmation of the initial idea of re-
ods, and techniques from the open source field.
programming, not just re-making, because every remake
Remaking or reprogramming works by Gruppo T might
based on new technologies and new materials entails a rad-
sound subversive in the context of the art world and its mar-
ical process of re-design. And while on one hand this betrays
ket rituals, with their reverence for what is historicised and
the uniqueness and originality of the artwork, on the other
rare, and obsession with originality and the unique work of
it answers new questions concerning the conservation of
art. Yet in our view this project resonated with the poetics
artworks that cannot be simply contemplated, but call for
of Gruppo T, and various statements and episodes involv-
active audience participation.
ing members of the group. The 1960 limited edition of Mi-
An episode recounted by Giovanni Anceschi in this book
riorama objects for Danese—whose re-release was curated
confirmed our initial decision: when asked for a copy of his
by Azalea Seratoni for Officina Alessi in 2010—heralded a vi-
0 ↔ 220 volt, Gianni Colombo answered: “Make it yourself!”.
sion of art as multipliable and portable, like Bruno Munari’s
The concept that these works could be re-made—starting
Sculture da viaggio, with the addition of the kinetic elements
from the new industrial materials (as Grazia Varisco en-
and transformations that characterised the work of Grup-
chantingly describes them in her “notes”) and technologies which seemed cartoonish for their initial clumsiness and fragility—using innovative materials and open technologies, was reminiscent of artists and architects drawing ancient masterpieces in order to understand their volumes, styles, and approaches. And in this case we were lucky enough to be able to consult not only the works but the creators too. This concept is also present in the field of ethnomethodology—the researcher as a competent participant in fieldwork: to understand the social order one is studying, one has to reproduce its activities until fully competent at them.1 In the words of Erving Goffman, the fieldworker has to acquire the rhythms and personal aesthetics of the people or practices being studied:2 hence our attempt at action research tends to transform the participants into the ‘phenomenon’ itself, to understand it from the inside. In the case of Kinetic and Programmed Art, ‘redesigning’ means reconstructing, namely understanding what works are made of and how they are made, the materials that were used, and the algorithms or stratagems deployed to incorporate an element of chance into the program. State of conservation: poor It is also vital to study the body of works by Gruppo T and
Giovanni Anceschi, Strutturazione cilindrica virtuale a due cilindri, 1965-1966.
start a conversation on the future of Kinetic and Pro-
11
12
Stato di conservazione: cattivo
Re-enactment come metodo
Una delle questioni che rendono urgenti lo studio del cor-
I membri ancora attivi del Gruppo T hanno autorizzato del-
pus di lavori del Gruppo T e un dibattito sul futuro dell’Ar-
le riedizioni con variazioni dimensionali di opere originali e
te Cinetica e Programmata è lo stato di conservazione del-
un conseguente aggiornamento tecnologico. Salutiamo
le opere. Nella scheda di conservazione di un’opera fonda-
queste riedizioni come l’avverarsi di una promessa espressa
mentale (somatica e antimonumentale) come la Scultura da
in nuce dalle opere del Gruppo T negli anni sessanta, e cioè
prendere a calci di Gabriele Devecchi si legge alla voce “stato
l’idea di un’arte riproducibile, partecipata e interattiva, ma
di conservazione” il perentorio giudizio «cattivo».3 Questo
che nella complessità della sua realizzazione ha incontrato
cattivo stato di conservazione altro non è che il risultato
delle difficoltà – pratiche, conservative, commerciali, tecno-
del programma dell’artista, manifesto fin dal titolo dell’ope-
logiche – che l’hanno costretta a un lungo oblio prima della
ra: scultura da prendere a calci, fino a deformarne la confi-
recente riscoperta a partire dalla fine degli anni novanta.
gurazione iniziale, fino a romperla, fino ad annientare l’ope-
La ricostruzione dei grandi ambienti interattivi è av-
ra stessa. La fruizione dell’opera, attraverso cui si realizza la
venuta con grande successo sotto il controllo degli artisti
sua performatività, la conduce all’annullamento. 4
e degli archivi, giocoforza, vista l’impossibilità di conserva-
Questa apparente contraddizione è l’elemento cruciale
re gli originali nelle loro dimensioni – come racconta Marco
della massima parte delle opere prodotte dal Gruppo T: de-
Scotini in conversazione con Azalea Seratoni – per esem-
licate, fragili, da guardare ma non toccare, da usare pochis-
pio con l’inclusione in collezioni pubbliche come la Galleria
simo, da accendere a intervalli regolari, anzi da tenere spen-
Nazionale d’Arte Moderna di Roma (2005),7 o all’interno di
te. Sono queste le raccomandazioni che accompagnano le
mostre temporanee come è avvenuto per lo Spazio elastico di
schede di prestito in molte delle collezioni e delle mostre in
Gianni Colombo ricostruito in occasione di “Italics” a Palaz-
cui le opere hanno fatto la loro riapparizione dopo quaran-
zo Grassi (Venezia, 2008).8 La richiesta di riedizioni autoriz-
ta-cinquant’anni anni dalla loro creazione: nell’ala dedica-
zate dagli artisti di opere sempre più ricercate – come testi-
ta all’Arte Programmata al Museo del Novecento di Milano
moniano la mostra, il catalogo e l’asta organizzati da Chris-
(aperto nel dicembre 2010), “Programmare l’arte” al negozio
tie’s (Londra, 2014),9 in un crescente e planetario interesse
Olivetti di Venezia (2012), “The Small Utopia: Ars Multipli-
di musei e gallerie per il Gruppo T – viene invece mantenu-
cata” alla Fondazione Prada di Venezia (sempre del 2012),6 e
ta in sordina. L’esempio migliore delle riedizioni del Gruppo
molte altre. Sia i musei sia i prestatori privati e le gallerie so-
T ci sembra l’edizione di multipli (99 esemplari numerati e
no particolarmente protettivi nei confronti delle opere, che
9 prove d’autore) sviluppata a partire dagli oggetti Mirio-
sembrano conservare il loro valore e la loro ecceità non tan-
rama della mostra “Miriorama 8” presso il negozio Danese
to nella fruizione degli effetti visivi, sonori, somatici, quan-
(Milano, 1960) in collaborazione con artisti, eredi e archivi
to nella completezza e coerenza cronologica delle loro par-
dei membri del Gruppo T a cura di Azalea Seratoni per Of-
ti: meglio un motore rotto degli anni sessanta che un’opera
ficina Alessi. Un’operazione che abbiamo voluto documen-
funzionante con componenti aggiornate allo stato dell’arte
tare per il rigore con cui è stata portata avanti e perché la
tecnologico odierno.
consideriamo un esempio di prosecuzione a posteriori di un
5
Nell’orizzonte di questa logica “feticista”, l’opera origi-
discorso iniziato cinquant’anni fa, ma che incontrò alcune
nale risulta inutilizzabile, non può essere performata nelle
difficoltà di ricezione. Queste difficoltà, che caratterizzano
condizioni definite dagli artisti: i collezionisti pubblici e pri-
il lavoro degli artisti del Gruppo T, sono anche il segnale del
vati si oppongono all’obsolescenza dell’opera riducendola
carattere prefigurativo – se non profetico – del gruppo e di
alla contemplazione privata o alla conservazione assoluta,
come immaginasse un futuro di arte riproducibile, interat-
senza fruizione.
tiva e diffusa.
grammed Art due to the condition of the works. Gabriele
ible, participatory, and interactive. Yet the complexity of
Devecchi’s fundamental (somatic, anti-monumental) work
accomplishing this, and the practical, conservative, com-
Scultura da prendere a calci has a conservation record that un-
mercial and technological problems encountered, led to a
der the heading “condition”, merely states “poor”.3 This poor
long period of dormancy, with Programmed Art only being
condition is of course a direct result of the artist’s intention,
rediscovered at the end of the 1990s.
made clear in the very title of the work: the sculpture was
The large interactive environments were successfully
designed to be kicked until unrecognizable, in pieces, anni-
reconstructed under the supervision of the artists and their
hilated. The use of the work, bringing its performance ele-
archives, a reconstruction that was inevitable due to the
ment to fruition, also leads to its destruction. 4
impossibility of preserving the pieces in their original siz-
This apparent contradiction is the crux of most of the
es—as Marco Scotini recounts in conversation with Azalea
works produced by Gruppo T: delicate, fragile, to be looked
Seratoni. They appeared both in public collections like the
at but not touched, to be used very little, to be switched
Galleria Nazionale d’Arte Moderna in Rome (2005),7 and in
on at regular intervals, or even better, kept switched off.
temporary exhibitions such was the case for Spazio Elastico
These are the recommendations one reads on loan cards
by Gianni Colombo, reconstructed on the occasion of Italics
in many of the collections and exhibitions where the works
at Palazzo Grassi (Venice, 2008).8 The demand for artist-au-
resurfaced 40-50 years from their creation, such as the Pro-
thorised re-editions of increasingly sought-after works—as
grammed Art wing of the Museo del Novecento in Milan
can be seen in the exhibition, the catalogue and auction ar-
(which opened on December 2010), and the exhibitions Pro-
ranged by Christie’s (London, 2014),9 in a context of growing
5
grammare l’arte at the Olivetti showroom in Venice (2012),
global interest in Gruppo T from museums and galleries—is
and The Small Utopia: Ars Multiplicata at the Fondazione Pra-
largely ignored. To us, the finest example of a Gruppo T re-
da in Venice (also in 2012),6 and many more. Both museums
edition is the multiple edition (99 numbered pieces plus 9
and private lenders and galleries are particularly protec-
artist’s proofs) developed from the Miriorama objects that
tive of the works, appearing to attribute their value and
were featured in the exhibition Miriorama 8 at the Danese
uniqueness not to their visual, sound and somatic effects,
gallery (Milan, 1960), in collaboration with artists, heirs,
but rather to the integrity and chronological authenticity
and archives of the members of Gruppo T, curated by Azal-
of their parts: better to have a broken 1960s motor than a
ea Seratoni for Officina Alessi. We chose this because of the
fully working piece with components updated to today’s
precision with which it was carried out, and because it is
technological standards.
such a good example of a continuation of something that
The result of this fetishistic approach is that the original
was started fifty years before, and faced difficulties in its
works can no longer be used or performed as the artists in-
reception. These difficulties, inherent in the pieces by the
tended, and public and private collectors combat the obso-
artists of Gruppo T, show the farsighted, even prophetic na-
lescence of the works by limiting them to mere private con-
ture of the group’s work and their vision of the art of the fu-
templation or inert conservation.
ture: reproducible, interactive, and distributed.
Re-enactment as a method
online platform under a Creative Commons license (repro-
The members of Gruppo T who are still active have author-
grammed-art.cc). The material includes critical, historical
ised re-editions of original works in different sizes and with
and theoretical documents; a description of the hacking
the due technological updates. We welcome these re-edi-
process of Gruppo T works, and the open source versions of
tions as the fulfilment of the promise inherent in the works
the projects produced by the artists and designers involved
of Gruppo T in the 1960s, namely a vision of art as reproduc-
in the project: Thibault Brevet, Martin Fröhlich, todo (Fa-
The results of this action research are collected in an
13
I risultati di questa ricerca-azione sono raccolti in una piattaforma online (reprogrammed-art.cc) che rende disponibili sotto licenza Creative Commons documenti criti-
2 E. Goffman, “On Fieldwork”, in Journal of Contemporary Ethnography, n. 18, pp. 123-132. 3 G. Formenti, Scultura da prendere a calci. sirbec scheda oarl -
ci, storici e teorici; la descrizione del processo di hacking delle
A0060-00077, disponibile online http://www.lombardiabenicul-
opere del Gruppo T; le versioni open source dei progetti rea-
turali.it/opere-arte/schede/A0060-00077/ (ultimo accesso 27
lizzati dagli artisti e designer coinvolti nel progetto: Thibault Brevet, Martin Fröhlich, todo (Fabio Franchino e Giorgio Olivero), Yvonne Weber, oltre a chi scrive. Se Arte ri-programmata è un manifesto aperto, lo strumento metodologico che offriamo a chi vorrà proseguire la nostra esperienza è quello del re-enactment: non solo una rimessa in scena o una ri-costruzione superficiale, ma re-design, ri-pensamento, aggiornamento e ri-programmazione di una serie di opere e di un’esperienza, quelle del Gruppo T,
gennaio 2015). 4 Questo problema è comune alle opere di altri artisti affini al Gruppo T, come quelle del movimento giapponese Gutai, cfr. M. Franciolli (a c. di), Gutai. Dipingere con il tempo e lo spazio, Silvana, Cinisello Balsamo 2010. 5 M. Meneguzzo, E. Morteo, A. Saibene (a c. di), Programmare l’arte. Olivetti e le neoavanguardie cinetiche, Johan & Levi, Milano 2012. 6 G. Celant, C. Costa (a c. di), The Small Utopia: Ars Multiplicata, Progetto Prada Arte, Milano 2012.
che ci sono sembrate fuori da ogni schema – anche perché si
7 M. Mergozzi, L. Meloni, F. Lardera (a c. di), Gli ambienti del Grup-
insediano nel difficile territorio di confine tra arte e design –
po T. Le origini dell’arte interattiva, Silvana, Cinisello Balsamo 2006;
e talmente innovative da essere state poste, troppo a lungo,
cfr. L. Meloni, Gli ambienti del Gruppo T. Arte immersiva e interattiva,
ai margini della storia dell’arte “mainstream”.
Silvana, Cinisello Balsamo 2004. 8 F. Bonami (a c. di), Italics. Arte italiana fra tradizione e rivoluzione
14
1968-2008, Electa, Milano 2008. Note
9 D. Leak, J. Uecker (a c. di), Turn Me On. European and Latin American
1 M. Pollner, R.M. Emerson, “Ethnomethodology and Ethnogra-
Kinetic Art 1948-1979, Christie’s, Londra, 24 febbraio - 7 aprile 2014,
phy”, in P. Atkinson et al. (a c. di), Handbook of Ethnography, Sage,
catalogo online: http://www.christies.com/privatesales/turn-
London 2001, p. 130.
me-on/ (ultimo accesso 27 gennaio 2015).
bio Franchino and Giorgio Olivero), Yvonne Weber, and the present authors.
00077, in http://www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/ schede/A0060-00077/ (last retrieved: 27 January 2015).
If Re-programmed Art is an open manifesto, the meth-
4 This problem is common to the works of other artists in a simi-
odological tool we offer to those who wish to continue our
lar vein, such as those by the Japanese Gutai movement, see M.
experiment is re-enactment: not just a superficial re-stag-
Franciolli (ed.), Gutai. Painting with Time and Space, Silvana, Cinisel-
ing or reconstruction, but re-designing, re-thinking, updating and re-programming a series of works and revisiting a movement that we thought out of the box, occupying the no man’s land on the dividing line between art and design; a movement that was so innovative that it was confined to the margins of mainstream art history for far too long.
lo Balsamo 2010. 5 M. Meneguzzo, E. Morteo, A. Saibene (eds.), Programmare l’arte. Olivetti e le neoavanguardie cinetiche, Johan & Levi, Milan 2012. 6 G. Celant, C. Costa (eds.), The Small Utopia: Ars Multiplicata, Progetto Prada Arte, Milan 2012. 7 M. Mergozzi, L. Meloni, F. Lardera (eds.), Gli ambienti del Gruppo T. Le origini dell’arte interattiva, Silvana, Cinisello Balsamo 2006; cfr. L. Meloni, Gli ambienti del Gruppo T. Arte immersiva e interattiva, Sil-
Notes 1 M. Pollner, R.M. Emerson, “Ethnomethodology and Ethnography”, in P. Atkinson et al. (eds.), Handbook of Ethnography, Sage, London 2001, p. 130. 2 E. Goffman, “On Fieldwork”, in Journal of Contemporary Ethnography, n. 18, pp. 123-132. 3 G. Formenti, Scultura da prendere a calci. sirbec file oarl - A0060-
vana, Cinisello Balsamo 2004. 8 F. Bonami (ed.), Italics. Italian Art between Tradition and Revolution 1968-2008, Electa, Milan 2008. 9 D. Leak, J. Uecker (eds.), Turn Me On. European and Latin American Kinetic Art 1948-1979, Christie’s, London, 24 February - 7 April 2014, online catalogue: http://www.christies.com/privatesales/turnme-on/ (last retrieved: 27 January 2015).
15
Rendere open source i processi di produzione dell’arte ▪ Costantino Bongiorno, Zoe Romano When you tinker, you’re not following a step-by-step set of direction that leads to a tidy end result. Instead, you’re questioning your assumptions about the way something works, and you’re investigating it on your own terms. K. Wilkinson, M. Petrich, The Art of Tinkering1
16
Joris Laarman, designer olandese presente nelle collezio-
scenza attraverso Internet grazie al web 2.0 e l’accessibilità
ni permanenti del moma, del Victoria & Albert Museum e
diffusa di macchine a controllo numerico, disponibili in spa-
del Rijksmuseum di Amsterdam, pone il concetto di design
zi interdisciplinari animati da designer, studenti, professio-
dai codici aperti (open design) nei valori alla base delle radici
nisti, insegnanti, adulti e bambini che imparano gli uni dagli
del Modernismo che, nel corso del tempo, ha poi intreccia-
altri (fab labs e makerspaces).
to il suo percorso con quello dell’industrializzazione e della
All’interno di tale contesto si fanno strada piattaforme e
produzione di massa.2 Secondo Laarman poi il movimento
spazi per l’innovazione dal basso dove l’utilizzo di strumenti
del Modernismo ha finito per mettere in quegli anni tutto il
per la prototipazione e/o piccola produzione e macchine per
valore prodotto nelle mani di un gruppo molto ristretto di
la fabbricazione digitale genera oggetti, community e pro-
aziende e produttori che ne hanno centralizzato e protetto
getti che costituiscono i mattoni di una nuova cultura del
le creazioni. Il risultato è stato la trasformazione di ciò che
fare e dell’imparare facendo. A poca distanza questo con-
era nato con un desiderio di democratizzazione del design
testo si intreccia con una nuova organizzazione del lavoro
in una serie di prodotti accessibili a pochi.
alla luce di un’economia più sostenibile, con un’attenzione
La storia del design è ricca di manifestazioni di questo
all’impatto sociale a lungo termine più che al guadagno a
desiderio di democratizzazione: lo stesso designer moder-
breve termine. WeMake è uno spazio dotato di diverse tec-
nista Rietveld aveva pubblicato istruzioni dettagliate su co-
nologie che sono utilizzate in una serie di iniziative e percor-
me creare le sue famose sedie già negli anni trenta, ma la
si di formazione, sempre inseriti in questa rinnovata corni-
possibilità di autoproduzione all’epoca poteva difficilmente
ce di senso. Non si tratta di strumenti tecnologici nuovi, più
diffondersi a causa della mancanza di strumenti e capacità.
semplici ed economici, piuttosto di elementi di un nuovo
Se quindi la realizzazione delle creazioni dei designer
ecosistema che vede numerosi attori mettersi in gioco su
modernisti era stata presa in carico dalle aziende produt-
diversi livelli di relazione per produrre valore materiale e im-
trici, che in cambio ne detenevano il controllo, il monopo-
materiale caratterizzato da rapporti di forza più bilanciati.
lio della produzione e distribuzione e della fetta più ampia
Nell’attività quotidiana di un makerspace come WeMake
dei profitti, tali aziende sono diventate, allo stesso tempo,
si tratta di fare esperienza diretta delle implicazioni prati-
anche un collo di bottiglia per l’innovazione in quanto gate-
che di ciò che Yochai Benkler definisce “produzione oriz-
keepers, ossia i decisori di fatto di quello che è producibile o
zontale basata sui beni comuni”,3 un termine coniato pro-
meno attraverso un’idea di profittabilità guidata sempre
prio dal professore di Harvard nel suo libro La ricchezza della
più dal marketing del brand.
rete per descrivere un nuovo modello socio-economico di
Oggi ci troviamo di fronte a un cambiamento di para-
produzione reso possibile grazie a Internet. Si tratta di una
digma. Un ribaltamento dei rapporti di forza diventa pos-
produzione organica, radicalmente decentralizzata, gene-
sibile grazie a due opportunità tecnologiche disponibili a
ralmente non proprietaria e collaborativa, animata da indi-
molti nell’era contemporanea: la condivisione della cono-
vidui che cooperano in modo volontario. Esempio cardine
Open Sourcing Processes in the Making of Art ▪ Costantino Bongiorno, Zoe Romano When you tinker, you’re not following a step-by-step set of directions that leads to a tidy end result. Instead, you’re questioning your assumptions about the way something works, and you’re investigating it on your own terms. K. Wilkinson, M. Petrich, The Art of Tinkering1
Joris Laarman, a Dutch designer featured in the permanent
spread access to high-end manufacturing equipment like
collections of moma, the Victoria & Albert Museum and
cnc machines installed in interdisciplinary spaces used by
the Rijksmuseum in Amsterdam, identifies the concept of
designers, students, professionals, teachers, adults and
open design as one of the fundamental values of Modern-
children, who all learn from each other (e.g. fab labs and
ism, whose evolution has intersected over time with that of
makerspaces).
2
industrialization and mass production. According to Laar-
Platforms and spaces for bottom-up innovation flour-
man, the modernist movement ended up putting all the
ish in this context. Indeed, the use of 3D printers and tools
value produced in those years into the hands of a very small
for making prototypes and/or small-scale production is
number of companies and manufacturers, who centralised
generating not only objects but also communities and in-
and protected their creations. This resulted in the transfor-
novative projects, which together form the building blocks
mation of what had begun with the dream of democratiz-
of a new culture of making and learning to make. It is only
ing design into a series of expensive products beyond the
a matter of time until this milieu intersects with a new or-
reach of all but the privileged.
ganization of work, one reflecting a more sustainable econ-
The history of design is full of manifestations of this desire for the democratization of design. As far back as the
omy that prioritises long-term social impact over shortterm earnings.
1930s, modernist designer Rietveld published detailed in-
WeMake is a space equipped with various technologies
structions on how to create his renowned chairs, though
that are used for a series of initiatives and learning expe-
a lack of adequate tools and expertise meant that this op-
riences. These are not new technological tools, nor more
portunity for autoproduction was never widely exploited.
simple or economical ones; rather they are elements in a
In effect, the manufacturers took over production of
new ecosystem that involves many participants on a va-
modernist designer creations and, in exchange, exerted
riety of levels to produce material and immaterial value
monopoly control over production and distribution, not
emerging from more balanced power relations.
to mention retaining the lion’s share of the profits. Mean-
The daily activity in a makerspace like WeMake involves
while, they also slowed the pace of innovation through
direct experience of the practical implications of what Yo-
their role as gatekeepers, that is, those who effectively de-
chai Benkler called ‘commons-based peer production’,3 a
cided what could or could not be produced, determined in
term coined by the Harvard professor in his book The Wealth
this case on the basis of an idea of profitability increasingly
of Networks to describe a new socio-economic model of
dictated by brand marketing.
production made possible by the Internet. This is a sys-
Today, however, a paradigm change is underway. A rad-
tematic, highly decentralised, production that is typically
ical shift in the balance of power is now possible thanks to
non-proprietary and collaborative, energised by individuals
two widely-available technological opportunities: infor-
working together on a voluntary basis. A prime example of
mation sharing via Internet thanks to web 2.0 and wide-
this type of production is the Linux open source software,
17
di questa produzione sono i software open source come Li-
Attingere al percorso storico del Gruppo T di Milano è
nux, che nel corso degli anni si sono affermati sul mercato
un’opportunità, e lo sarà per molti altri dopo di noi in que-
diventando competitivi e, anzi, proponendo modelli con un
sta strada. L’obiettivo è quello di renderlo pubblico e acces-
successo maggiore rispetto ai software proprietari.
sibile attraverso lo sguardo e il lavoro di designer e artisti
Ora ci sentiamo protagonisti di una fortunata inter-
contemporanei che reinterpretano le opere del Gruppo con
sezione, in cui all’immateriale, al software, si affianca
processi, metodi e tecniche dei domini open source, in ferti-
l’hardware; o come spesso si dice, gli atomi stanno diven-
le scambio tra l’Italia e la Svizzera.
tando i nuovi bit. L’immateriale e il materiale si stanno avvicinando sempre di più perché il passaggio dal file digita-
In galleries in Milan, people only ever see perfect
le all’oggetto concreto ha intrapreso un percorso verso la
pieces. In this exhibition, I wanted people to see the
semplificazione e l’abbassamento delle barriere all’entrata,
research part of design, what is behind all the pretty
permettendo anche ai non specialisti di attingere a queste
shapes, and how they could eventually be of use in
risorse. L’open design, l’open hardware e l’open manufacturing
the world.4
uniti alle forme di crowdfunding e social lending stanno rendendo possibile una produzione locale alternativa ai modelli riconosciuti fino a oggi. Essa scaturisce da pratiche basate
Note
sul tinkering, o ancora meglio thinkering, e da una coproget-
1 K. Wilkinson, M. Petrich, The Art of Tinkering, Weldon Owen, San
tazione su scala globale affiancata a una declinazione sul
18
Francisco (ca) 2014, p. 13.
territorio. Il luogo in cui si è immersi infatti con le sue comu-
2 G. Kennedy, “Joris Laarman’s Experiments with Open Source
nità, risorse e identità è l’elemento principale con il quale i
Design”, in B. van Abel, R. Klaassen, L. Evers, P. Troxler (a c. di),
maker devono interagire e in questo contesto makerspaces
Open Design Now. Why Design Cannot Remain Exclusive, Bis Publi-
e fab labs sono al centro dell’azione perché nel loro dna in-
shers, Amsterdam 2011, pp. 118-125, disponibile online: http://
terdisciplinari e attivi sperimentatori. Esistono ancora mol-
opendesignnow.org/index.php/article/joris-laarmans-experi-
ti limiti ma anche mille rivoli possibili per il miglioramento
ments-with-open-source-design-gabrielle-kennedy/ (ultimo ac-
e l’ottimizzazione dei nuovi processi in atto, e il percorso di WeMake si arricchisce a partire proprio dal contributo che può offrire a progetti sperimentali che indagano i punti di forza e debolezza di questi nuovi approcci.
cesso 9 gennaio 2015). 3 Y. Benkler, La ricchezza della rete. La produzione sociale trasforma il mercato e aumenta le libertà, Università Bocconi, Milano 2007. 4 J. Laarman, citato in G. Kennedy, op. cit., p. 120.
which has expanded its presence on the market over the
It is a great opportunity to be able to draw from the his-
years, becoming increasingly competitive and even offer-
tory of Milan’s Gruppo T. Now, many others after us will al-
ing models that have proven more successful than propri-
so benefit from this opportunity, thanks to this project to
etary software.
make it public and accessible through the eyes and work of
So now we find ourselves participants at the felicitous
contemporary designers and artists who have reinterpret-
intersection of immaterial software with material hard-
ed Gruppo T’s work using open source processes, methods
ware, or as is often said, atoms are being turned into new
and techniques as part of a fertile exchange between Italy
bits. The immaterial and the material are drawing ever
and Switzerland.
closer together as the transition from digital file to concrete object is being simplified and the barriers to access
In galleries in Milan, people only ever see perfect
lowered, allowing non-specialists to take advantage of
pieces. In this exhibition, I wanted people to see the
these resources. Open Design, Open Hardware and Open
research part of design, what is behind all the pretty
Manufacturing, along with various forms of crowdfund-
shapes, and how they could eventually be of use in
ing and social lending, are fostering a new type of local pro-
the world.4
duction that offers an alternative to today’s classic models. This production has sprung from the practice of tinkering— or one might say, ‘thinkering’—as well as that of co-design
Notes
on a global scale, though with regional variations. In fact,
1 K. Wilkinson, M. Petrich, The Art of Tinkering, Weldon Owen, San
makers must interact with the specific place where they
Francisco (ca) 2014, p. 13.
find themselves, with its unique communities, resources
2 G. Kennedy, “Joris Laarman’s Experiments with Open Source De-
and identity. In this context, makerspaces and fab labs take
sign”, in B. van Abel, R. Klaassen, L. Evers, P. Troxler (eds.), Open
centre stage thanks to their profoundly experimental and
Design Now. Why Design Cannot Remain Exclusive, Bis Publishers, Am-
interdisciplinary character.
sterdam 2011, pp. 118-125, online at: http://opendesignnow.org/in-
There are still many limits and thousands of operational hitches to be overcome in order to improve and optimise these new processes, but WeMake is evolving through the contribution it can provide to experimental projects studying the strengths and weaknesses of these new approaches.
dex.php/article/joris-laarmans-experiments-with-open-sourcedesign-gabrielle-kennedy/ (last retrieved 9 January 2015). 3 Y. Benkler, The Wealth of Networks. How Social Production Transforms Markets and Freedom, Yale University Press, New Haven (ct) 2006. 4 J. Laarman, in G. Kennedy, op. cit., p. 120.
19
Rendere open source l’immaginazione di artisti, designer e maker ▪ Massimo Banzi
20
Arduino è la storia di un virus che si è ormai diffuso in tutto il
avere a che fare con la tecnologia. Questo significa che ar-
mondo. Essa ha avuto inizio all’Interaction Design Institute
tisti e designer dovrebbero averne almeno una conoscenza
di Ivrea, in Italia, la scuola dove insegnavo physical comput-
generale per essere in grado di costruire cose. Per realizzare
ing. Il progetto Arduino era il risultato del lavoro svolto da
prototipi hanno bisogno di strumenti che consentano loro
cinque persone: Tom Igoe, David Cuartielles, David Mellis,
di creare oggetti reali e opere d’arte che riescano a funzio-
Gianluca Martino e io, Massimo Banzi. Alcuni di noi, una
nare abbastanza bene da permettere alle persone di inte-
volta arrivati a Ivrea, si erano trovati di fronte al problema
ragire con essi in un museo, in una galleria d’arte e in una
che se si volevano insegnare nuovi modi di fare design –
mostra o nella vita di tutti i giorni.
nello specifico interaction design – probabilmente si doveva
Quando lavoravo a Ivrea, la maggior parte degli stru-
cominciare a pensare a quale tipo di strumenti – dei nuovi
menti per prototipare artefatti interattivi erano stati pro-
strumenti – si potevano usare per aiutare le persone a pro-
gettati per professionisti come ingegneri esperti: erano
gettare in un modo nuovo.
complessi, molto difficili da affrontare e caratterizzati da
Se sei uno studente o un professionista nel campo dell’in-
un linguaggio di programmazione concepito per persone
teraction design, il tuo lavoro normalmente si basa sulla co-
che vogliono imparare a fondo la tecnologia. L’applicazio-
struzione di molti prototipi. Ci sono diversi parametri che en-
ne di questo tipo di strumenti in un contesto educativo era
trano in gioco quando si deve costruire un prototipo, ma per
troppo impegnativa. Alcuni di essi erano costosi e gli stu-
essere veloci e costruirne molti gli strumenti che si devono
denti non potevano permettersi di spendere, per esempio,
usare dovrebbero essere poco costosi e veloci, e le conoscen-
cento euro solo per l’acquisto di un piccolo circuito che ser-
ze che li riguardano dovrebbero essere di facile accesso. Era
viva a costruire un solo oggetto.
chiaro in quel momento che tutto ciò che era proprietario e proveniva da un’unica fonte rappresentava un problema.
Così, siamo arrivati all’idea di creare una piattaforma basata su quattro elementi principali. In primo luogo, un
Così, prendemmo come punto di riferimento il modo
componente hardware delle dimensioni di una carta di cre-
in cui alcuni progetti open source erano stati elaborati, e in
dito, dal costo di una ventina di euro: un semplice computer
particolare Processing, una piattaforma software sviluppa-
che gli studenti possono programmare utilizzando un soft-
ta al mit Media Lab, ideata per insegnare a programmare ad
ware, cioè il secondo elemento della piattaforma. Il soft-
artisti e designer.
ware Arduino è stato sviluppato con la stessa interfaccia
A partire dal linguaggio di Processing, abbiamo deciso di
utente di Processing per insegnare agli studenti come pro-
sviluppare uno strumento per il physical computing, Arduino.
grammare usando quel linguaggio semplificato e portarli poi facilmente al physical computing attraverso il software.
Cos’è Arduino
Il terzo elemento è la metodologia di insegnamento hands-
In sostanza, se una persona vuole prototipare dispositivi,
on, che si basa più sul fare e sulla sperimentazione che sulla
opere d’arte o installazioni interattive in questo secolo deve
teoria, portando gradualmente le persone stesse al punto
Open Sourcing the Imaginations of Artists, Designers and Makers ▪ Massimo Banzi
Arduino is the story of a virus that has now spread all around
der to be able to build things. In order to make prototypes,
the world. It started at the Interaction Design Institute of
they need tools that allow them to create real functioning
Ivrea in Italy, the school where I used to teach physical com-
objects and artworks, things that work well enough that
puting. The Arduino project was the outcome of the work
people can interact with them in museums, art galleries,
of five people: Tom Igoe, David Cuartielles, David Mellis,
exhibitions or everyday life.
Gianluca Martino and myself, Massimo Banzi. Some of us
When I was working in Ivrea, most of the tools for pro-
arrived in Ivrea and found ourselves faced with the fact that
totyping interactive artefacts were designed for profes-
if we wanted to teach new ways of doing design—specifi-
sionals such as expert engineers: they were complex, very
cally interaction design—we probably had to start thinking
hard to wield and they featured a programming language
what kind of tools, new tools, we could make in order to
designed for people who need or are willing to learn the
help people design in a new way.
technology in great depth. Applying this kind of tool in an
If you are a student or a practitioner of interaction de-
educational context was too challenging. Some of them
sign, your work is essentially based on making lots of pro-
are expensive and students could not afford, for example,
totypes. There are many parameters that come into play
to spend 100 euros just for one small circuit that is needed
when you have to build a prototype, but in order to be fast
to build a single object.
and make a lot of prototypes, your tools should be cheap
So, we came up with this idea of creating a platform
and fast, and it should be easy to learn how to use them.
that is based on four main elements. First, one piece of hard-
It seemed clear at that time that everything that is propri-
ware the size of a credit card and costing around twenty eu-
etary and comes from a single source is a problem.
ros, a simple computer that students can program by using
So we took as our philosophy the way some other open-
the software, which is the second element of the platform.
source projects were designed, and in particular the Pro-
The Arduino software was developed with the same user
cessing project, a software platform developed at the mit
interface as Processing in order to teach students how to
Media Lab, designed to teach programming to artists and
program using that simplified language and then lead them
designers.
easily into physical computing through Arduino. The third
Starting from the Processing approach, we decided to develop a tool for physical computing, dubbing it Arduino.
element is the hands-on teaching method, which is mainly based on making and experiencing without too much theory until the students themselves get to the point where
What is Arduino?
they want to know more about theory. The fourth element
Essentially, if people want to prototype interactive devices,
is the community. The community is incredibly important
artworks or installations in this century, they have to deal
because Arduino was designed to be open-source, so it rep-
with technology. This means that artists and designers
resents a mix of available technologies that are very power-
should have, at least, an understanding of technology in or-
ful but too difficult for non-experts to handle.
21
di voler sapere di più sull’aspetto teorico. Il quarto elemento
nasce dal grande interesse nel costruire cose da soli. La dif-
è la comunità. La comunità è incredibilmente importante
ferenza è che invece di fare un tavolo e una sedia, le persone
perché Arduino è stato progettato per essere open source,
che si definiscono dei maker hanno iniziato a fare oggetti
quindi rappresenta un mix di diverse tecnologie già dispo-
che contengono tecnologia e sono interattivi.
nibili e molto potenti ma troppo difficili da affrontare per i non esperti.
22
Il progetto Arducopter è un buon esempio per spiegare come funziona il movimento dei maker. Qualcuno ha cre-
L’aspetto innovativo introdotto da Arduino è la user ex-
ato qualcosa solo per divertirsi, e poi ha pensato: “Perché
perience di tutta la piattaforma: dal punto di vista tecno-
non facciamo un elicottero che vola da solo?”. Dopo alcuni
logico, l’elettronica della scheda è molto semplice. Abbia-
esperimenti, l’elicottero è stato costruito e quando si è ca-
mo deciso di lavorare in questa prospettiva per cambiare
pito che era un vero e proprio oggetto commerciabile è sta-
il modo in cui le persone si avvicinano a questa tecnologia.
ta messa in piedi una società per la produzione e la vendita
Si può fare qualcosa di molto complesso e molto accessibi-
seguendo un processo completamente diverso dalla crea-
le, ma lavorare sulla user experience può davvero influenza-
zione tradizionale di un’azienda start-up.
re un progetto. Inoltre, c’era un problema riguardo le licen-
Nella scena della New Media Art ci sono altri esempi.
ze. Abbiamo deciso di rilasciare l’hardware in open source.
spampoetry di Varvara Guljajeva e Mar Canet è una serie di
Questo significa che tutti possono utilizzare, modificare la
lavori a maglia con ricamate poesie visive nate dal mate-
scheda e costruire a partire da essa. Il software è stato re-
riale contenuto nella cartella spam della posta elettroni-
alizzato sotto licenza gpl – la stessa usata da Linux – e la
ca. Dopo aver generato le poesie, i due artisti hanno mo-
documentazione è stata realizzata sotto licenza Creative
dificato una macchina per maglieria elettronica attraver-
Commons.
so un Arduino per trasformare spampoetry in un oggetto
Le licenze aperte permettono oggi a tutti di avere ac-
concreto. In seguito, Guljajeva e Canet hanno sviluppato
cesso a tutte le diverse parti della tecnologia senza chiede-
nuove opere basate sulla stessa tecnologia, come Neu-
re autorizzazioni. Sono un mantra per noi, perché rendono
roknitting, un dispositivo che traduce l’attività delle onde
possibile l’idea che non c’è bisogno di chiedere il permesso a
cerebrali in un ricamo a maglia; esso rappresenta un nuo-
nessuno per innovare.
vo processo di design e fabbricazione, entrambi personali
Tuttavia, c’è una cosa che è protetta ed è il marchio: il
e generativi, che riunisce affective computing e artigianato
logo e il nome sono marchi commerciali per comunicare al
digitale. Da queste esperienze, attraverso collaborazioni
pubblico che quando stanno comprando l’hardware origi-
e l’hacking di tecnologie per la maglieria, gli artisti hanno
nale stanno sostenendo il progetto Arduino. Mentre il mar-
dato vita a un nuovo circuito per la costruzione di macchi-
chio è protetto, il resto è progettato per consentire ad altri
ne per maglieria fai da te basate su Arduino e tecnologie
la fabbricazione, la costruzione, il miglioramento o la crea-
open source.
zione di altre versioni del prodotto. In questo senso il con-
Nils Völker nel 2010 ha creato One Hundred and Eight,
cetto di shield ha fortemente sostenuto la possibilità di co-
un’installazione interattiva a muro fatta di normali sac-
struire a partire da Arduino: gli shields sono moduli che pos-
chetti per la spazzatura. Controllato da Arduino e da Pro-
sono essere semplicemente acquistati e montati su Ardui-
cessing, ciascuno dei sacchetti è selettivamente gonfia-
no per costruire applicazioni complesse.
to e sgonfiato a turno da due ventole di raffreddamento. L’installazione funziona in “modalità pattern” (generando
Che cosa si può fare con Arduino?
comportamenti automatici) o reagendo alle persone in-
Arduino è diventato oggi un virus che alimenta quello che
torno. Arduino è l’unità di base, il cervello di un impianto
viene definito il “movimento dei maker”, un movimento che
che sarebbe complicato da realizzare senza lo sviluppo di
The innovative aspect introduced by Arduino regards
a helicopter that flies by itself?”. After some experiments,
the user experience across the whole platform. The elec-
they made it and when they realized that they had a prod-
tronics of the Arduino board are very simple technologi-
uct, they set up a company for producing and selling it by
cally. We decided to work on the user experience in order
following a process completely different from that applied
to change how people approach this technology. You can
in traditional start-ups.
make something very complex or very approachable, but
We find other examples in the new media-art scene.
working on the user experience is what can really affect
spampoetry by Varvara Guljajeva and Mar Canet is a series
your project. Furthermore, there was an issue concern-
of knitted works containing visual poetry from collected
ing licenses. We decided to release the hardware as open-
spam. After the generation of poetry from collected spam,
source. This means that everybody can use it, modify the
the two artists used Arduino to modify an electronic knit-
board, and build on it. The software was produced under
ting machine in order to give spampoetry a knitted form. Af-
gpl license—the same used by Linux—and the documenta-
ter this work, the artists developed new works based on
tion was produced under Creative Commons licenses.
the same technology. These included Neuroknitting, a device
The open licenses allow everybody to access all the dif-
that plots brainwave activity into a knitted pattern, repre-
ferent parts of the technology without need for permis-
senting a novel way of personalized, generative design and
sion. Open licenses are a mantra for us, because they re-
fabrication that brings together affective computing and
move the roadblock of permissions from the route to inno-
digital crafts. From these experiences, by working together
vation.
to hack knitting technologies, the artists came up with a
The only thing that is protected is the brand: the logo and the name are trademarks allowing us to communicate
new diy circuit for building diy, open-source knitting machines based on Arduino.
to people that when they are buying the original hardware
In 2010, Nils Völker created One Hundred and Eight, an
they are supporting the Arduino project. While the brand
interactive wall-mounted installation made out of ordi-
is protected, the rest is designed in order to allow others to
nary garbage bags. Controlled by Arduino and Processing,
manufacture, build, fix or create other versions of the prod-
each of the bags is selectively inflated and deflated in turn
uct. Introducing the concept of the shield strongly support-
by two cooling fans. The installation runs in either ‘patter
ed the possibility of building on the Arduino project: shields
mode’ or reacts to nearby people. Arduino is the core unit,
are modules that people can add to Arduino to build com-
the brain of an installation that would be complicated to
plex applications just by buying modules and snapping one
make without the development of complex codes and elec-
on top of another.
tronic components. As a platform for simplifying physical computing projects, Arduino has become an important
What can you make with Arduino?
hardware element for people interested in kinetic physi-
Arduino has become a virus that feeds what is known as the
cal works, especially for artists working on large physical
‘Maker Movement’. This movement has grown out of the
displays. And nowadays it is also the favourite platform for
fact that nowadays there is a big interest in making things
exploring the field of small-scale devices such as the draw-
yourself, but instead of making a table and chair, people
ing robots and vertical plotters. A new generation of art-
started being interested in making objects that embody
ists and designers is experimenting with the possibility of
technology and that are interactive.
creating their own ‘brushes’ through moving technological
The Arducopter project is a good example to explain
objects that embed the principles of their art. Kinetic de-
how the Maker Movement works. Somebody did some-
vices that produce endless, infinite and ever-changing gen-
thing for fun, pure fun, and then thought: “Why not make
erative visuals.
23
codici complessi e componenti elettronici. Come piatta-
Riferimenti
forma per semplificare progetti di physical computing, Ar-
www.mcanet.info/blog/?p=404
duino è diventato un elemento hardware importante per
www.knitic.com/neuro
le persone interessate a progetti cinetici ambientali, so-
www.knitic.com
prattutto per gli artisti che lavorano su grandi allestimenti
www.lara-grant.com/ruffletr0n-2
di questo tipo. E oggi è anche la piattaforma preferita per
www.lucaderosso.com/otto/otto
esplorare il settore dei dispositivi di piccole dimensioni, co-
www.tokyohackerspace.org/en/blog/tokyo-hackerspacerdtn-
me i robot da disegno e i plotter verticali. Una nuova gene-
geiger-shield-dev-history
razione di artisti e designer sta sperimentando la possibili-
www.openpcr.org
tà di creare i propri “pennelli” attraverso oggetti tecnologici in movimento che incorporano i princìpi della loro arte. Dispositivi cinetici che producono innumerevoli immagini generative, infinite e in costante variazione. Grazie al supporto di Internet e di piattaforme per la prototipazione come Arduino, le persone – studenti, designer, artisti e cultori – possono collaborare tra loro e condividere conoscenze per progettare e fare cose in un modo nuovo. L’elenco dei lavori realizzati con Arduino è molto lungo e comprende una vasta gamma di 24
prodotti e soluzioni applicate in diversi campi, dall’arte e dal design alle tecnologie innovative: ci sono i rdtn Geiger Shields sviluppati da Tokyo HackerSpace per fornire dati crowdsourced riguardo le radiazioni in Giappone; o Openpcr, versione economica di una macchina da laboratorio per il dna. Luca De Rosso ha usato Arduino per costruire il prototipo di Otto, uno strumento musicale per il beat-slicing di campioni audio, mentre Lara Grant ha scelto LilyPad Arduino – una scheda Arduino speciale progettata per le tecnologie indossabili e i tessuti intelligenti – per creare Ruffletron, uno strumento musicale indossabile incorporato in una gonna. Arduino è dietro lo sviluppo di dispositivi open source a basso costo e stampanti 3D – come la Materia 101 – che avranno un impatto fondamentale sul lavoro dei designer, in quanto consentono di allestire sistemi di produzione locale e distribuzione attraverso piattaforme di condivisione. Questo è per il team Arduino il modo migliore per rendere open source l’immaginazione di progettisti, artisti e produttori di tutto il mondo, e amplificare le loro capacità.
Thanks to the support of the Internet and of prototyp-
References
ing platforms such as Arduino, people, whether students,
www.mcanet.info/blog/?p=404
designers, artists or amateurs, can collaborate and share
www.knitic.com/neuro
their knowledge of a new way of designing and making
www.knitic.com
things. The list of projects created with Arduino is very long
www.lara-grant.com/ruffletr0n-2
and includes a variety of products and solutions applied in
www.lucaderosso.com/otto/otto
different fields, from art and design to innovative technol-
www.tokyohackerspace.org/en/blog/tokyo-hackerspacerdtn-
ogies. There are the rdtn Geiger Shields developed by the
geiger-shield-dev-history
Tokyo HackerSpace to provide crowd-sourced data on ra-
www.openpcr.org
diation in Japan, or Openpcr, a cheap version of a desktop dna machine. Luca De Rosso used Arduino to make the prototype of Otto, a musical instrument for beat-slicing audio samples, while Lara Grant used the LilyPad Arduino, a special Arduino board designed for wearables and e-textiles, in order to create Ruffletron, a wearable musical instrument embedded in a skirt. Arduino is behind the development of cheap opensource devices and 3D printers—like the Materia 101— which will have a major impact on designers’ work since they enable local production and design distribution systems across sharing platforms. For the Arduino team, this is the best way to open-source imagination and empower designers, artists and makers all over the world.
25
È il Tempo che si è avvicinato al Gruppo T ▪ Azalea Seratoni
28
Il Pirellone era un cantiere. Un grattacielo giusto per Mila-
po l’azzeramento post-Informale, e su ciò che era “avanti”
no, come si dice di un vestito. Moderno com’era la città di
e ciò che era invece “indietro”. Andavano moltissimo a te-
allora. Umberto Eco lavorava alla rai. Due piani sopra il suo
atro e al cinema, quando le sale cinematografiche erano di
ufficio c’era lo studio di fonologia musicale, allora diretto
quartiere ed era discreto ma diffuso il piacere di divertirsi.
da quegli inventori del suono e della musica elettronica che
Ma si sono “fatti” soprattutto tutti i film di Fernand Léger,
erano Luciano Berio e Bruno Maderna. Ugo Mulas e Mario
Man Ray, Marcel Duchamp, Hans Richter, Dziga Vertov,
Dondero fotografavano la comunità del Bar Jamaica. Lucio
Jean Epstein ecc. alla Cineteca Italiana dei Comencini, dei
Fontana nel suo studio di corso Monforte produceva Con-
Lattuada e dei Rognoni, che viveva i suoi anni ruggenti.
cetti spaziali e radunava i giovani artisti di ogni tendenza in
Leggevano libri come Il pensiero artificiale di Pierre de Latil,
un seminario continuato, che era però anche una scuola di
ma anche Bergson, Husserl e Merleau-Ponty. Conoscevano
vita. Nel ’49 aveva ideato il suo primo ambiente alla Galleria
i manifesti delle avanguardie storiche del Futurismo, Dadai-
del Naviglio, l’Ambiente spaziale a luce nera. Yves Klein espo-
smo, Surrealismo e degli spazialisti. Avrebbero presto usa-
neva i suoi monocromi blu alla Galleria Apollinaire di Guido
to alcuni dei “mezzi necessari” alla costruzione di complessi
Le Noci. Piero Manzoni faceva i suoi primi Achrome e le Linee,
plastici che nel 1915 Balla e Depero avevano elencato nella
Azimuth e Azimut.
Ricostruzione futurista dell’universo: «Fili metallici, di cotone,
Luciano Anceschi guidava sulle pagine del verri la sperimentazione dei poeti Novissimi, e ne nacque il Gruppo 63.
lana, seta, d’ogni spessore, colorati. Vetri colorati, carteveline, celluloidi, reti metalliche, trasparenti d’ogni genere,
Davide Boriani, Grazia Varisco e Gianni Colombo fre-
coloratissimi, tessuti, specchi, làmine metalliche, stagno-
quentavano l’Accademia di Brera e il corso di Achille Funi.
le colorate, e tutte le sostanze sgargiantissime. Congegni
Imparavano la tecnica dell’affresco. Con Gabriele Devecchi
meccanici, elettrotecnici; musicali e rumoristi; liquidi chi-
erano stati compagni di scuola al liceo artistico. Giovanni
micamente luminosi di colorazione variabile; molle; leve;
Anceschi si era iscritto a Filosofia in Statale, dove seguiva i
tubi, ecc.».1 Si stavano costruendo una posizione teorica
corsi di Enzo Paci sulle tematiche di temporalità e relazione,
precisa nell’ambiente artistico culturale di allora. Avevano
e in particolare sulle Meditazioni cartesiane di Husserl, e par-
fatto alcune mostre in Svizzera, tra Bellinzona e Lugano.
tecipava alle lezioni di Cesare Musatti incontrando la per-
Dal 1958 Boriani aveva iniziato a realizzare opere monocro-
cettologia e la psicanalisi, ma si era deciso a intraprendere
me che, asciugandosi, davano questo effetto craquelé molto
la carriera artistica e Funi lo aveva accolto come “uditore”
simile a quello che Alberto Burri avrebbe poi fatto con i suoi
a Brera.
Cretti. In Accademia preparava una tesi sul Dadaismo, Co-
Una volta incontrati, non si sono separati più. In quei
lombo su Max Ernst. Devecchi si divideva tra questa «gang
pochi e cruciali anni di trapasso tra i cinquanta e i sessanta,
giovanile»2 e la rigida volontà paterna di farlo lavorare nella
si vedevano tutte le sere, al Bar Titta, in via Brera, di fron-
ditta di argenteria. Nell’estate del 1959 Anceschi e Boriani
te al Jamaica, e discutevano freneticamente sul da farsi do-
sono in vacanza in Liguria, a preparare i quadri polimaterici
Time Has Caught Up with Gruppo T ▪ Azalea Seratoni
Milan’s iconic office tower, the ‘Pirellone’, was just going up.
would assemble every night at the Bar Titta on Via Brera,
It was a skyscraper that, like an outfit, ‘looked good’ on Mi-
across the street from Bar Jamaica, and indulge in heated
lan, and it was just as modern as Milan at the time. Umberto
discussions on how to proceed in the wake of the ‘Azzera-
Eco was then working at rai television network. The studio
mento’, the demolition of Italy’s ‘Informal art’ movement,
of musical phonology, situated two floors up, was direct-
arguing over what was up-and-coming and what was passé.
ed by two inventors of electronic music and sound, Luciano
They were frequent theatre-goers and enjoyed the neigh-
Berio and Bruno Maderna. The artsy crowd at Bar Jamaica
bourhood movie theatres, which then provided a reasona-
was immortalized by photographers Ugo Mulas and Mario
bly good quality entertainment for one and all. Mostly, how-
Dondero. Meanwhile, in his studio on Corso Monforte, Lu-
ever, they devoured all the films by Fernand Léger, Man Ray,
cio Fontana was turning out his Concetti spaziali, and young
Marcel Duchamp, Hans Richter, Dziga Vertov, Jean Epstein,
artists of all stripes flocked to his ongoing informal semi-
etc., at the Cineteca Italiana established by Luigi Comenci-
nars, which were also life lessons. In 1949 he’d created his
ni, Alberto Lattuada and Luigi Rognoni, then in its heyday.
first environment at the Galleria del Naviglio, Ambiente spa-
They would read books like Pierre de Latil’s Thinking by Ma-
ziale a luce nera. At Guido Le Noci’s Galleria Apollinaire, Yves
chine, along with the works of Bergson, Husserl and Mer-
Klein was showing his blue monochrome paintings. Piero
leau-Ponty. They were acquainted with the manifestos of
Manzoni was creating his first Achrome and Linee, his Azimut
the historic avant-gardes of the Futurist, Dada, Surrealist
gallery and Azimuth journal.
and Spatialist movements. They would soon be using some
Luciano Anceschi spearheaded the experimental forays
of the “necessary materials” for complex plastic construc-
of the Novissimi poets from the pages of his literary maga-
tions, tools that Giacomo Balla and Fortunato Depero had
zine il verri and Gruppo 63 came into being.
listed in their 1915 Futurist Reconstruction of the Universe: “Met-
Davide Boriani, Grazia Varisco and Gianni Colombo
al wires and cotton, wool and silk threads of different thick-
were all Achille Funi’s students at the Accademia di Brera,
nesses and colours. Colored glass, tissue paper, celluloid,
learning the fresco technique. They’d been classmates with
mesh, all kinds of colourful transparencies, fabrics, mirrors,
Gabriele Devecchi at the art high school. Giovanni Anceschi
metal sheets, coloured tin foil, and any other eye-catching
was studying philosophy at Milan’s Università Statale, tak-
substances. Mechanical devices, electrotechnical contrap-
ing Enzo Paci’s courses on temporality and relationality and
tions, music and noise makers; different coloured, chemi-
Husserl’s Cartesian Meditations in particular; he also attended
cally treated luminescent liquids; springs, levers, pipes, etc.1”
Cesare Musatti’s courses on perceptology and psychoanaly-
They were developing their own theoretical stance and tak-
sis. He was bent on an artistic career, however, and Funi had
ing their place in the cultural milieu of their time. They had
accepted him as an auditor at Brera.
exhibited their works in Switzerland, in Lugano and Bellin-
Once they all met, they were inseparable. In those few
zona. Boriani had started producing monochrome paint-
pivotal years as the 1950s turned into the 1960s, the artists
ings in 1958; as they dried, the craquelé effect was quite simi-
29
30
che avrebbero presentato con Devecchi e Colombo in quel
1”. Questa prima mostra va raccontata perché non è anco-
settembre nella galleria che Mino Pater aveva aperto in via
ra considerata quel paradigma della storia delle esposizioni
Borgonuovo 10 a Milano con la moglie Zita Vismara. An-
del xx secolo che invece rappresenta. Prima di tutto il nome:
che Piero Manzoni era in Liguria, ad Albisola Mare dove, al
miriorama. La parola vuol dire “infinite visioni” (dal greco
Pozzetto Chiuso, aveva srotolato la più lunga delle sue Linee
orao, vedere, e da myrio, che indica diecimila cioè una quan-
lungo la parete di quel capanno senza finestre imbiancato
tità pressoché infinita) e – come propose al Gruppo T un
di calce e illuminato da una lampadina che fingeva di essere
amante delle curiosités esthétiques come il pittore Enrico Bor-
uno spazio espositivo.
doni – designa un giocattolo ottico molto popolare nel xix
È in questa estate che ormai fa parte della storia dell’ar-
secolo consistente nel disporre e ricombinare un set di car-
te che Manzoni propone loro di partecipare all’organizza-
te illustrate che raffigura, ad esempio, un paesaggio.3 “Mi-
zione e all’attività della galleria Azimut. E così accade in
riorama 1” fu la prima manifestazione – come dicevano loro
settembre. Anceschi, Boriani, Colombo e Devecchi, che da
e non “mostra” – di una serie numerata progressivamente
lì a poco avrebbero costituito il Gruppo T, realizzano par-
(1-14) per sottolineare la continuità di un programma comu-
ti dell’arredo, come le luci, incontrano, tra gli altri, Heinz
ne che orienta per diversi anni il loro lavoro. Le quattordi-
Mack, Enzo Mari, Manfredo Massironi e il gruppo Motus
ci “Miriorama” sono documentate da cataloghi di straordi-
(poi Groupe de Recherche d’Art Visuel) ed espongono nel-
naria qualità grafica, quasi fossero un progetto di collana
la mostra collettiva che inaugura in dicembre. Alla mostra
editoriale, con testi di Bruno Munari, Lucio Fontana, Shuzo
alla Galleria Pater i quattro giovanissimi – erano ragazzi po-
Takiguchi, uno dei più importanti uomini di cultura giappo-
co più che ventenni, erano nati in sequenza, Boriani nel ’36,
nesi, che aveva importato il Surrealismo in Giappone, e un
Colombo nel ’37, Devecchi nel ’38, Anceschi nel ’39, mentre
poema combinatorio di Nanni Balestrini. E naturalmente
alfabetico era l’ordine dei loro nomi A-nceschi, B-oriani, C-
gli scritti degli artisti.
olombo, D-evecchi – espongono opere ancora informali. E
Il gruppo aveva deciso di chiamare “miriorama” tutti i
il successo di vendite è uno strepitoso sold out tanto che il
propri risultati: oltre alle manifestazioni e le mostre, anche
gallerista propone a ognuno di loro una personale per i pri-
le dichiarazioni programmatiche, gli ambienti e le opere.
mi mesi dell’anno dopo. In vista di questo programma espo-
Tanto che la parola aveva creato un poco di confusione: a
sitivo serratissimo Boriani propone agli altri tre di realizzare
volte erano indicati come Gruppo miriorama e a volte co-
“opere in divenire”. Ne aveva già parlato con Anceschi che
me Gruppo T. “Miriorama 1” era una mostra collettiva e vi
aveva preso dalla biblioteca filosofica del padre Luciano il li-
erano esposte quattro opere firmate Gruppo T a carattere
bro di Bergson, L’evoluzione creatrice, e gliel’aveva portato da
fortemente sperimentale: la Pittura in fumo era una bacheca
leggere. Segue una fase di discussione collettiva in cui que-
trasparente dove l’immagine, prodotta da vapori di anidri-
sta ipotesi iniziale di inserire nelle opere la nozione di tempo
de carbonica, era variata da correnti d’aria aspirata; la Su-
(la T del nome del gruppo sta proprio per Tempo) attraver-
perficie in ossidazione era una superficie in rame sulla quale,
so la variazione data dal movimento viene sviluppata con i
per effetto della polarizzazione provocata da una sorgen-
contributi di ognuno: l’approccio fenomenologico e relazio-
te di calore, apparivano degli aloni di colore variabili; poi la
nale si combina all’idea di rompere la ciclicità del movimen-
Superficie in combustione, in cui il calore emanato dal fornello
to per un divenire irreversibile e imprevedibile e all’introdu-
elettrico retrostante investiva un foglio di polietilene su cui
zione di una componente casuale, che si individua nell’in-
era stampato un reticolo geometrico, che si distorceva pro-
tervento dello spettatore.
gressivamente. Si formava in seguito sulla superficie un’ul-
L’ipotesi delle quattro personali, dettata dagli appetiti
cerazione. Protraendo l’azione del calore, la plastica fonde-
del gallerista, si sbriciola di fronte a un’epifania: “Miriorama
va, bruciava e cadeva a pezzi, così da causare la distruzione
lar to what Alberto Burri would come up with for his Cretti.
would be combined with the idea of interrupting the cycli-
Boriani was working on a dissertation on Dadaism; Colom-
cal nature of motion in the name of an irreversible and un-
bo’s was on Max Ernst. Devecchi was torn between run-
predictable becoming, introducing a random element: the
ning with this “youthful gang”2 and his father’s firm plans for
viewer’s direct participation.
him to work in his silver factory. In the Summer of 1959, An-
However, the profit-hungry gallery owner’s scheme for
ceschi and Boriani were on vacation in Liguria, putting to-
four solo shows would come to nothing, thanks to an ‘epiph-
gether the multi-material paintings they would be showing,
any’ that would take the name of Miriorama 1. The story of
along with Devecchi and Colombo, in September, at the gal-
this first exhibition by the group deserves a retelling, since it
lery that Mino Pater and his wife Zita Vismara had opened
is still not considered that paradigm of the history of xx cen-
in Via Borgonuovo 10 in Milan. Piero Manzoni happened to
tury art exhibitions that it truly represents. The name, first
be in Liguria as well, where, at the Pozzetto Chiuso in Albi-
of all: ‘miriorama’. The word means ‘infinite visions’ (from the
sola Mare, he had unfurled the longest of his Linee along the
Greek orao, see, and myrio, which means ten thousand, or a
wall of a whitewashed, windowless shed, lit by a single light
virtually infinite amount). Moreover, as a lover of aesthet-
bulb, that passed for an exhibition space.
ic oddities like the painter Enrico Bordoni would explain to
It was during this Summer, a historic one for Italian art,
the group, ‘miriorama’ also refers to an optical toy that was
that Manzoni would invite the others to take part in set-
quite popular in the xix century, involving the display and re-
ting up his Azimuth gallery and showing their works there.
arranging of a set of illustrated cards depicting, for example,
It came together in September. Anceschi, Boriani, Colom-
a landscape.3 Miriorama 1 would be the first ‘manifestation’—
bo and Devecchi, who would shortly thereafter found the
the artists preferred this term to ‘exhibition’—in a series of
Gruppo T, did some of the interior design, such as the light-
such events numbered from 1 to 14, in order to stress the con-
ing, and met artists such as Heinz Mack, Enzo Mari, Man-
tinuity of this shared program that would orient their artistic
fredo Massironi and the Motus group (later dubbed the
efforts for several years. The 14 Miriorama exhibitions were
Groupe de Recherche d’Art Visuel). The first group show
accompanied by graphically impeccable catalogues, more
opened that December. The four fledgeling artists, exhib-
like a series of published books, with essays by Bruno Mu-
iting works that were still ‘informal’ at the Galleria Pater,
nari, Lucio Fontana, Shuzo Takiguchi—one of Japan’s lead-
were in their twenties. Born one after the other—Boriani in
ing cultural figures, who had introduced Surrealism to Ja-
’36, Colombo in ’37, Devecchi in ’38 and Anceschi in ’39—they
pan—and a combinatory poem by Nanni Balestrini. As well
had their works arranged in alphabetical order, from ‘A’ to
as, naturally enough, writings by the artists themselves.
‘D’. The works sold out and the show’s success earned them
The group had decided to call their combined efforts
offers of solo shows in the following months from the gal-
‘miriorama’ (an umbrella term for not only the exhibitions
lery’s owner. In light of what promised to be a tight exhibi-
but also their declarations concerning their program, the
tion schedule, Boriani suggested that all four of them cre-
environments and the works themselves). In other words,
ate ‘works in progress’. He had already discussed the idea
Gruppo T was sometimes called ‘Gruppo miriorama’, and
with Anceschi, who had fetched Bergson’s book Creative
this was confusing to people. Miriorama 1 was a group show
Evolution from his father’s philosophical library and brought
and consisted of four highly experimental works signed
it to Boriani to read. A group discussion ensued, in which
Gruppo T. Pittura in fumo was a transparent display board
everyone had his say as to the initial idea of adding the no-
on which an image produced by carbon dioxide fumes was
tion of time (the ‘T’ in the group’s name, in fact, stood for
altered by puffs of air. Superficie in ossidazione consisted of
‘time’) to the artworks, by means of the variations caused
a copper surface on which haloes of variable colours ap-
by motion. The phenomenological and relational approach
peared, due to the polarization caused by a heat source. Su-
31
32
dell’opera. Scherzando i T dicevano che si passava da Vasa-
saggio erano quelle dei testi dell’avanguardia storica (Klee,
rely a Burri. E infine l’Ambiente a volume variabile, ribattezza-
Kandinsky, Boccioni, Fontana, Balla e Depero), le immagini
to da Bruno Munari Grande oggetto pneumatico: sette tubi in
quelle di artisti para o protocinetici come Calder, Brancusi,
materia plastica trasparente di quaranta centimetri di dia-
Gabo, Pevsner e Duchamp. Completavano questo antefat-
metro e lunghi sei-otto metri che, spinti dall’aria compres-
to teorico-critico le opere originali di compagni e sodali del
sa, gonfiandosi, si espandevano nell’ambiente, disponen-
gruppo, tutte incentrate sulla nozione di tempo: un Concet-
dosi in diversi modi. L’aria era alternativamente immessa
to spaziale di Fontana (il tempo gestuale dell’esecuzione), un
e aspirata in modo che i tubi avanzassero e retrocedesse-
Meta-Malevich di Tinguely (il tempo in modificazione mec-
ro, scacciando dalla stanza gli spettatori. L’Ambiente a volu-
canica), uno Specchio rotto di Baj (il tempo dell’interazione
me variabile, che è stato progettato e realizzato tra la fine
dello spettatore), una Linea di Manzoni (il tempo congelato
del ’59 e l’inizio del ’60 e poi più volte riproposto, 4 è il primo
nel concetto), e infine una Macchina inutile di Munari (il tem-
ambiente del Gruppo T. La ricerca sugli ambienti, che costi-
po degli spazi in variazione).
tuisce lo sviluppo consapevole e il completamento delle ri-
In questa prima parte, pur riproponendo certe moda-
cerche iniziate con le opere, continuerà a partire dal 1964,
lità della managerialità culturale anticipate da Futurismo,
quando si avvia una nuova forma di collaborazione che uni-
Dadaismo e Surrealismo, è come se i quattro del gruppo
sce, di volta in volta, due o tre artisti attorno a un progetto
avessero indossato sopra il cappello d’artista quello di una
specifico – una formula che continuerà anche dopo il 1968,
figura eclettica, tra il critico, il teorico, l’organizzatore di
anno in cui il gruppo firma per l’ultima volta un lavoro col-
cultura e il curatore. Un artista che era insomma soprattut-
lettivo, il Percorso dinamico ad ostacoli programmati, a Greno-
to un intellettuale: un approccio decisamente anticipatore
ble – e il gruppo partecipa a “Nouvelle Tendance”, l’edizione
rispetto alla nostra attualità.6 La dichiarazione7 che era sta-
francese di quell’impresa collettiva e internazionale che era
ta pubblicata in occasione di “Miriorama 1” e che si configu-
stata avviata tre anni prima da intellettuali come Božo Bek,
ra come piattaforma teorica e manifesto tecnico iniziava
Radoslav Putar e Matko Meštrović, questa volta organizza-
con un riferimento allo spazio-tempo: «Ogni aspetto della
ta al Musée des Arts Décoratifs, Palais du Louvre, Pavillon
realtà, colore, forma, luce, spazi geometrici e tempo astro-
de Marsan. Non si può qui approfondire, ma va almeno ci-
nomico è l’aspetto diverso del darsi dello spazio-tempo o
tato l’Ambiente per un test di estetica sperimentale di Anceschi
meglio: modi diversi di percepire il relazionarsi fra spazio e
e Boriani presentato al Muzej za umjetnost i obrt (Museo di
tempo». Nel testo erano espliciti i riferimenti al vitalismo di
arti e mestieri) di Zagabria nel 1965 per “Nove Tendencije 3”,
Bergson – «noi ravvisiamo nelle arti una tendenza ad espri-
un’autentica ricerca scientifica mascherata da opera d’ar-
mere la realtà nei suoi termini di divenire» –, alla fenome-
te. Lo spettatore entra nell’ambiente aspettandosi di frui-
nologia di Husserl e al relazionismo di Paci: «Con questo noi
re di un’opera d’arte e il suo ruolo effettivo di visitatore e di
non rifiutiamo la validità di mezzi quali colore, forma, luce,
utente viene strumentalizzato a sua insaputa. L’obiettivo di
ecc., ma li ridimensioniamo immettendoli nell’opera nel-
ricerca consiste nell’esplorare la relazione fra informazione
la situazione vera in cui li riconosciamo nella realtà, cioè in
estetica e complessità strutturale del messaggio visivo.
continua variazione che è l’effetto del loro relazionarsi re-
Ma le quattro opere del Gruppo T costituivano solo la
ciproco».
seconda parte di “Miriorama 1”. Nella prima erano esposti
Le prime sei mostre sono state tutte organizzate alla
testi, immagini riprodotte e opere originali di quegli ar-
Galleria Pater di Milano. A “Miriorama 1” seguono quattro
tisti che erano considerati i precursori, in una sorta di ge-
personali. “Miriorama 6” è la seconda collettiva del gruppo
nealogia della tematica temporale nell’arte contempora-
in cui entra a far parte Grazia Varisco.8 E poi ci saranno quel-
nea, quasi un «saggio per immagini». Le parole di questo
le fuori Milano, a Genova, in Giappone, alla galleria La Salita
5
perficie in combustione involved an electric burner at the back
tion and the structural complexity of the visual message.
of the work, which heated a sheet of polyethylene with a
The four works by Gruppo T constituted the second part
geometric grid printed on it; the sheet gradually became
of Miriorama 1. The first part consisted of texts, reproduced
deformed and an ulceration formed on the surface. Under
images and original works by those artists the group con-
the effect of the heat, the plastic melted and then started
sidered their precursors, forming a virtual genealogy of the
to burn, until the work literally fell apart. Gruppo T liked to
theme of time in contemporary art, a sort of ‘essay in im-
joke that the work had gone from Vasarely to Burri. Last-
ages’.5 The words of this essay were those found in the writ-
ly, Ambiente a volume variabile was nicknamed Grande ogget-
ings of the historic avant-garde (Klee, Kandinsky, Boccioni,
to pneumatico by Munari, given that it consisted of seven
Fontana, Balla and Depero), while the images were bor-
pipes made of transparent plastic, 40 cm in diameter and
rowed from artists who were para-kinetic or proto-kinetic,
6 to 8 m long, which, jerking into action due to the com-
such as Calder, Brancusi, Gabo, Pevsner and Duchamp. This
pressed air inside them, expanded into the environment,
theoretical and critical background was rounded out by the
arranging themselves into different patterns. Air was al-
original works of friends of the group, all of which hinged on
ternately pumped into the pipes and sucked out, making
the notion of time: a Concetto spaziale by Fontana (the ‘ges-
them jerk forward or recoil, forcing the viewers out of the
tural time’ of execution), a Meta-Malevich by Jean Tinguely
room. Ambiente a volume variabile, designed and mounted
(time being mechanically modified), a Specchio rotto by En-
in late 1959 and early 1960, and frequently restaged, 4 was
rico Baj (the time represented by the viewer’s interaction),
Gruppo T’s first environment. The artists’ research on en-
a Linea by Manzoni (time frozen in the concept), and lastly, a
vironment, through which they developed and matured
Macchina inutile by Munari (‘varying spaces in time’).
the ideas found in their initial works, would resume in
For this initial part of the exhibition, which did in fact
1964, when a new form of collaboration was launched that
epitomize certain aspects of the cultural management
would commit two or three of the artists in the group at a
skills anticipated by Futurism, Dadaism and Surrealism, the
time to a specific project. The formula would persist even
four members of the group seem to have been wearing two
after 1968, the last year the group produced a collective
hats: that of the artist and that of an eclectic figure: critic,
artwork, their Percorso dinamico ad ostacoli programmati, in
theoretician, cultural impresario and curator all at once. An
Grenoble. In 1964 the group joins Nouvelle Tendance, the
artist, that is, who was first and foremost an intellectual,
French spin-off of that international collective endeavour
and an approach that was decidedly ahead of its time, if we
which had been launched three years earlier by intellectu-
consider the present-day scene.6 The Declaration7 that had
als such as Božo Bek, Radoslav Putar and Matko Meštrović,
been published on the occasion of Miriorama 1, and which
and it was held this time around at the Museum of Deco-
stands as its theoretical platform and technical manifesto,
rative Arts at the Louvre, in the Marsan Pavilion. No more
began with a reference to space-time: “Every aspect of real-
than a passing mention can be made here of Anceschi and
ity, colour, form, light, geometrical spaces and astronomic
Boriani’s Ambiente per un test di estetica sperimentale, an envi-
time, is a different aspect of the way space-time is given, or
ronment which they exhibited at Zagreb’s Museum of Arts
better: different ways of perceiving the relation between
and Crafts in 1965 for Nove Tendencije 3. This was a scientific
space and time.” The text made explicit references to Hen-
research project disguised as an artwork: viewers entered
ri Bergson’s vitalism: “We recognize in the arts a tendency
the installation expecting to see a work of art, unaware
towards the expression of reality in terms of variation.” It
that their actual role as visitors and users of the work was
also alluded to the phenomenology of Edmund Husserl and
being exploited at the same time. The aim of the project
the relationism of Enzo Paci: “Thus we do not refuse the va-
was to explore the relationship between aesthetic informa-
lidity of media such as colour, form, light and the like, but
33
di Roma, nello studio del Gruppo N a Padova, nelle gallerie
li,10 ma questo non significa la fine del lavoro collettivo che
di Carlo e Renato Cardazzo, il Cavallino di Venezia e il Na-
si traduce, fino al 1974, nell’ideazione e realizzazione di am-
viglio di Milano, fino alla quattordicesima organizzata da
bienti. Colombo e Varisco portano avanti con consapevolez-
Anceschi allo studio f, la galleria di Kurt Fried, molto pros-
za la professione dell’artista. Devecchi conferma il proponi-
sima, e non solo topograficamente, alla Hochschule für Ge-
mento del padre e diventa un entrepreneur designer di fama
staltung di Ulm dove, su indicazione di Gillo Dorfles,9 si era
internazionale. Anceschi è a Ulm già da due anni, si laurea e
iscritto e aveva instaurato relazioni con i teorici dell’esteti-
poi va a verificare il proprio impegno terzomondista in Alge-
ca informazionale come Max Bense e Abraham A. Moles. Le
ria. Boriani affianca l’impegno politico all’attività didattica.
primissime opere del Gruppo T avevano ancora una componente informale, soprattutto quelle di Boriani e Ance-
34
La scelta dell’insegnamento è, in qualche misura, la cosa che li fa continuare a essere un gruppo.
schi mostravano ancora questa idea di materia in divenire.
Ci vogliono anni per capire la portata di un avvenimen-
Le Superfici magnetiche di Boriani, le Tavole di possibilità liqui-
to, fa parte della logica della storia. È il tempo che crea i suoi
de di Anceschi ma anche in fondo le Superfici in vibrazione di
miti, è la prospettiva che definisce il contorno delle cose, e
Devecchi sono appunto polvere di ferro, liquidi e spilli che si
ne determina la misura. Per il Gruppo T di anni ce ne sono
muovono, colano, si accendono, vibrano come una sorta di
voluti cinquanta. Si può ben capire quanto sia stato diffi-
spettacolo della natura ricreato “in vitro”. Quando iniziano
cile leggere, comprendere e accettare il Gruppo T. Perché
a usare i motorini, la questione si sposta sulla componente
si è costituito come un organismo che superava l’idea ro-
percettiva. Nascono nuove sfide che hanno a che fare con la
mantica dell’artista individuale che agisce isolato e del ge-
ripetitività del movimento meccanizzato: come si fa a non
sto autoriale. Il modello comportamentale dei suoi com-
far apparire ripetitivo quello che è ripetitivo per definizio-
ponenti era più prossimo a quello degli scienziati che fan-
ne? La Strutturazione acentrica di Colombo, che combina ef-
no ricerche secondo programmi collettivi, condividono i
fetti ottici e cinetici in una forma percettiva più complessa
risultati, ma poi li firmano responsabilmente. Se metteva-
attraverso l’interferenza di sistemi alveolari di diaframmi,
no in comune le informazioni e agivano per una comuni-
gli Schemi luminosi variabili di Varisco, in cui lo spettatore os-
tà, il sapere diventava se non oggettivo almeno intersog-
serva la continua variazione dell’immagine prodotta dalla
gettivo.11 La loro era un’arte concepita come attività cultu-
programmazione meccanica della rotazione e dalla sovrap-
rale. L’approdo nell’insegnamento è la conferma di questa
posizione di due retini abbinati specularmente, e la Struttu-
posizione.12 E anche la scelta di aderire alla politica, appro-
ra tricroma di Anceschi, un dispositivo luminoso che produ-
priandosi dell’idea che il mestiere dell’artista, di quello che
ce effetti volumetrici e cromatici attraverso la ripetizione,
si chiamava operatore estetico, è al servizio della socie-
variata nella dimensione e nel colore, di un elemento pun-
tà. In fondo il gruppo anticipava anche l’idea di collettivo.
tiforme che, con l’avvento dell’informatica dell’immagine,
Hanno proposto opere in movimento che configuravano il
sarà definito pixel, sono tra le risposte a queste nuove sol-
continuo fluire del mondo in opposizione alla sacra fissità
lecitazioni.
degli artefatti tradizionali, campi di accadimenti che si fan-
Nel 1964, a giugno, qualche mese prima di “Miriorama
no mentre li osserviamo. Si pongono contro la passività del-
14”, inaugura la xxxii Biennale di Venezia che premierà Rob-
la contemplazione per la partecipazione attiva dello spetta-
ert Rauschenberg segnando il definitivo trionfo della Pop
tore, collocandosi in una precisa geografia culturale che da
Art nel sistema e nel mercato dell’arte. Il Gruppo T partecipa
«i quadri li fanno coloro che li guardano» di Duchamp passa
con una sala personale. Sarebbe dovuta essere la loro Bien-
al «noi porremo lo spettatore al centro del quadro»13 dei futu-
nale, ma la storia dell’arte ha seguito altri percorsi. Da que-
risti. Nella prima versione della dichiarazione del Gruppo T
sta data gli artisti iniziano a tenere anche mostre persona-
si legge: «Faremo divenire lo spettatore insieme all’opera».14
we reappraise them by inserting them in the artwork in the
element, with the advent of computer imaging, would one
real situation where we recognize them in reality, which is
day come to be known as a ‘pixel’.
in constant variation, an effect of their reciprocal relationship.”
In June 1964, just a few months before Miriorama 14, the xxxii Venice Biennale would get underway and go on to hon-
The first six exhibitions were all held at the Galleria Pater
our Robert Rauschenberg; it was the definitive triumph of
in Milan. Miriorama 1 was followed by four solo shows. Mirio-
Pop Art in the art world and the art market. Gruppo T had a
rama 6 was the second group show in which Grazia Varisco8
room to itself at this year’s event. Indeed, the group should
took part. There would follow shows outside of Milan, in
have ‘owned’ this Biennale, but the History of Art had other
Genoa and Japan; at La Salita gallery in Rome and the stu-
plans. At this time the artists started to hold solo shows as
dio of Gruppo N in Padua; at the galleries run by Carlo and
well,10 but that didn’t mean their group shows were a thing
Renato Cardazzo, the Cavallino in Venice and the Naviglio
of the past; until 1974 they continued to create their envi-
in Milan; and all the way to the 14th exhibition organized by
ronments. Colombo and Varisco persevered as professional
Anceschi and held at the studio f, the gallery of Kurt Fried,
artists, while Devecchi followed his father’s advice and be-
closely linked to (and in the geographical vicinity of) the
came a world-famous design entrepreneur. Anceschi had
Hochschule für Gestaltung in Ulm, which, at Gillo Dorfles’
already spent two years in Ulm and after graduation he
suggestion,9 Anceschi had attended, becoming acquainted
would demonstrate his commitment to the Third World by
with theorists of information aesthetics such as Max Bense
going to Algeria. Boriani combined political activity with
and Abraham A. Moles. The early works created by Gruppo
teaching. To some extent, in fact, the choice to teach was
T had a lingering ‘informal’ component, especially those by
the common thread that kept the group going.
Boriani and Anceschi, which still reflected this idea of mate-
It takes years to understand the significance of an
rial in the making. Boriani’s Superfici magnetiche, Anceschi’s
event; it’s all part of the logic of history. Time itself creates
Tavole di possibilità liquide, but also, in ultimate analysis, De-
its own legends, and perspective is what sharpens the out-
vecchi’s Superfici in vibrazione, all consisted of iron filings, liq-
lines of things and takes their measure. Gruppo T would
uids and pins that moved, spilled, turned on and vibrated
have to wait a good fifty years. After all, it’s clear how dif-
like a sort of nature show recreated ‘in vitro’. When the art-
ficult it must have been to ‘read’, understand, and accept
ists started to employ small motors in their works, the fo-
Gruppo T: it had set itself up as an entity that superseded
cus shifted to the perceptive component. New challenges
the romantic idea of the individual artist who acted alone,
arose, in fact, involving the repetitive nature of mechanized
with the ‘authorship’ of his own works. By contrast, Grup-
movement: how to avoid making something that is repeti-
po T’s behavioural model was more akin to that of scien-
tive by definition appear repetitive? The artists’ response to
tists carrying out research projects that are part of a col-
this new input was prompt. Colombo’s Strutturazione acen-
lective agenda, sharing the results with the public, each of
trica combined optical and kinetic effects to create a more
them responsibly acknowledging his or her own role. If they
complex perceptive form through the interference of cell-
share their information and act in the name of a commu-
like systems of diaphrams. In Varisco’s Schemi luminosi varia-
nity, knowledge becomes if not objective, at least intersub-
bili, the viewer observed the continuous variation of the im-
jective.11 Theirs was an art conceived as a cultural activity,
age caused by the mechanical programming of the rotation
and their embrace of teaching was further proof of this po-
of two overlapping screens that mirrored each other exact-
sition.12 Even the choice of going into politics was consist-
ly. In Anceschi’s Struttura tricoma, a light source produced
ent with this, as they internalized the idea that the artist—
volumetric and chromatic effects by the repetition of a dot-
who was known at the time as an ‘aesthetic operator’—had
like element, its size and colour undergoing variations; this
to serve society. All in all, the group anticipated the idea of
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36
Contro l’illusionismo della rappresentazione, si schierano a
una pioggia leggera – un arcobaleno (Beauty, 1994) o im-
favore della produzione di opere che progettano l’esperien-
merge lo spettatore in una nebbia fittissima di colore can-
za dello spettatore, di dispositivi che fanno presa sul com-
giante e lo costringe a usare i sensi, il proprio corpo, più che
portamento e sul corpo e lo fanno godere.
la vista, per orientarsi (Your Blind Movement, 2010), produce
L’interesse per la tecnologia è sempre stato strumen-
un oggetto che non viene percepito come un’opera d’arte e
tale – semmai ironico o provocatorio – alla costruzione
che può considerarsi un’ipotesi di attualizzazione dell’arte
dell’effetto, in un’accezione molto simile a quella del Ba-
moltiplicata (Little Sun, 2012) o ancora concepisce il suo stu-
rocco, di un incantamento di fronte a un fenomeno inat-
dio come un luogo dove si combinano ricerca, produzione
teso che sempre si rigenera. La loro era un’arte lonta-
e insegnamento; quando Tomás Saraceno progetta in una
na anni luce dal feticismo oggettuale del mercato. Die-
stanza di un palazzo del Seicento uno spazio che continua-
tro la fattura anonima e depersonalizzata delle loro ope-
mente si trasforma in base al movimento di chi lo abita16 e ci
re, progettate per essere prodotte industrialmente co-
fa provare un piacere profondo come quando si conversa o
me oggetti di design, e l’idea di fare leva su un gioco che
si danza con qualcuno, i passi avanzano e arretrano e un’a-
abbia delle regole precise di convivenza, c’era l’intenzio-
zione ha effetto sul prossimo gesto e sull’ambiente, un pun-
ne di andare verso una democratizzazione della cultura.
golo ad avere più responsabilità dei nostri comportamenti
Nei fatti, il Gruppo T è scomparso per decenni dalla storia
e dei meccanismi che strutturano le comunità contempo-
dell’arte ufficiale. A partire però dal nuovo millennio, un’ope-
ranee; quando Philippe Parreno usa una mostra come me-
razione culturale di respiro internazionale sta riscoprendo e
dium (“Anywhere, Anywhere, Out of the World”, 2013) met-
riconoscendo il valore di anticipazione del gruppo milanese,
tendo in scena tutto un apparato artificiale come un novel-
dell’Arte Cinetica e Programmata e delle Nuove Tendenze.15
lo Bernini, architetto, scultore, pittore, ma anche regista e
Non solo l’arte, ma soprattutto la nostra realtà mobile, iper-
scenografo delle spettacolari feste fra il sacro e il profano
connessa, variabile e metamorfica, è tornata a cercarli.
che si organizzavano a Roma, o come François Vatel nella
Nella nostra epoca, più che in epoche precedenti, è proprio
Francia di Luigi xiv;17 quando Carsten Nicolai progetta un’e-
la nozione di Tempo che si è fatta urgente. Si sono universa-
sperienza visiva, auditiva, spazio-temporale disponendo
lizzati concetti come immersività e interazione. È un mon-
lungo la navata di un hangar un’installazione con cui il pub-
do che non c'è se non in presenza di un interlocutore che lo
blico interagisce seduto su una panca come in un giardino
vive, lo gode e naviga dentro di esso, fatto di protesi del cor-
secco giapponese (Unidisplay, 2012) o fa pulsare la facciata
po, di dispositivi pilotabili e pilotati a distanza.
di un grattacielo di Hong Kong attraverso un’applicazione
La riconsiderazione dell’opera di certi artisti che già nel
mobile (α (alpha) pulse, 2014); quando Anish Kapoor allestisce
vocabolario degli anni sessanta usavano parole come spa-
una colonna di fumo nella basilica palladiana di San Giorgio
zio-tempo, divenire, relazione, variazione, partecipazio-
Maggiore a Venezia (Ascension, 2011) o Leandro Erlich produ-
ne, è da ricondurre anche all’affacciarsi di una nuova scena
ce un capovolgimento fisico e percettivo dello spazio quoti-
dell’arte e del design che è nata con quelle stesse parole in
diano ricostruendo in scala reale la facciata di una casa vit-
bocca. Senza insistere nella costruzione di una ragnatela di
toriana tardo ottocentesca (Dalton House, 2013), è difficile
corrispondenze e influenze, che pur tuttavia esistono, ma
non pensare ai corsi e ricorsi della Storia alla luce di nuove
privilegiando un approccio fenomenologico, come se delle
consapevolezze.
particelle avessero circolato e fertilizzato dopo decenni, si
Gli artisti del Gruppo T si sono trovati a sguazzare nel-
possono constatare parallelismi folgoranti. Quando Olafur
la Milano fertilissima del dopoguerra e della ricostruzione
Eliasson riproduce con mezzi semplici ed economici – una
e in un contesto internazionale. Si sono nutriti di una certa
stanza buia, una luce bianca, una canalina da cui scende
idea di futuro che, di fatto, si sta verificando. C’erano Lucio
collective as well. Gruppo T offered viewers artworks that
enjoys it and navigates its way through it; a world made
moved, works that represented the continuous flow of the
of devices that are extensions of the human body, devices
world as a contrast to the sacred fixedness of traditional
that can be guided and remote-controlled.
artefacts. They were fields of happenings that were creat-
The reappraisal of the work of certain artists who used
ed before our very eyes. They rejected the passivity of con-
words like space-time, becoming, relation, variation and
templation in favour of active participation on the part of
participation as part of their 1960s vocabulary can also be
the viewer. This placed Gruppo T in a specific cultural land-
explained by the emergence of a new art scene and design
scape that ranged from Duchamps’ “it is really the beholder
scene that has uttered those exact same words from the
who makes the work of art” to the Futurists’ “we shall put
start. Without labouring the point of how closely-knit cer-
the viewer in the centre of the painting.13” Indeed, the first
tain influences and similarities undoubtedly are, one would
version of Gruppo T’s Declaration read, “We shall shape the
do well to adopt a phenomenological approach that leads
viewer along with the work.14 ” Against illusion in represen-
to astonishing parallels: it’s as if tiny particles circulating for
tation, the group championed the production of artworks
decades have indeed sown the seeds of contemporary art.
that triggered the experience of the viewers, using devic-
Olafur Eliasson reproduces a rainbow (Beauty, 1994) by sim-
es that involved their bodies and their behaviour and made
ple, economical means—a dark room, a white light, a duct
them enjoy of this experience.
from which a light rain falls—or plunges the viewer into a
The group’s enthusiasm for technology, ironic or pro-
dense fog of changing colours and forces him to use his own
vocative, if anything, was always instrumental in achieving
senses and body, more than his sight, to find his way (Your
the effects they sought, just like Baroque art, an enchant-
Blind Movement, 2010); or produces an object that is not per-
ment before an unexpected phenomenon that endlessly re-
ceived as a work of art but could be considered an attempt
generated itself. Their oeuvre was light years away from the
to actualize ‘multiplied art’ (Little Sun, 2012); or conceives
commodity fetishism of the art market. Underlying their
his studio as a place that combines experimentation, pro-
anonymous, depersonalized output, designed for indus-
duction and teaching. Tomás Saraceno took a xvii century
trial production as design objects—with the idea of play-
palazzo and designed a space that was continuously trans-
ing a game with strict rules of coexistence—was the aim of
formed by the people who lived in it,16 and makes us feel a
moving in the direction of a democratization of culture. As
deep pleasure, akin to what we experience when we dance
it turned out, for decades Gruppo T was written out of the
or converse with someone, taking a step forward, a step
official History of Art. With the dawn of the new millenni-
back, with one action having an effect on the next gesture
um, however, a cultural reappraisal that is international in
or the environment. This interconnection also spurs us to
scope can be said to be underway, rediscovering these art-
be more responsible for our behaviour and the mechanisms
ists and acknowledging the present day art scene’s debt to
that provide a structure for contemporary communities.
precursors that include the Milan group, Kinetic and Pro-
Philippe Parreno uses an exhibition as a medium (Anywhere,
grammed Art and Nuove Tendenze.15 And not only the art
Anywhere, Out of the World, 2013), staging an entire artificial
world has sought out the group after so long: our own mo-
apparatus, like a latter-day Bernini, an architect, sculptor
bile, hyperconnected reality, variable and metamorphic as
and painter, of course, but also a stage director and set de-
it is, has rediscovered them. In this day and age, more than
signer for the spectacular events poised between the sa-
in earlier times, it is the very notion of time that has become
cred and the profane that were arranged in Rome and al-
of the utmost urgency. Concepts like immersivity and in-
so in Louis xiv’s France, by his counterpart François Vatel.17
teraction have become universal. It’s a world that simply
Carsten Nicolai creates a visual, auditory and space-time ex-
doesn’t exist unless it has an audience that experiences it,
perience by setting up an installation that runs the length of
37
Manifesti e pieghevoli Miriorama: Gruppo T, Dichiarazione “Miriorama 1”, Galleria Pater, Milano, 1960 ▪ “Miriorama 2”, personale di Boriani, Galleria Pater, Milano, 1960 ▪ “Miriorama 3”, personale di Devecchi, Galleria Pater, Milano, 1960 ▪ “Miriorama 4”, personale di Colombo, Galleria Pater, Milano, 1960 ▪ “Miriorama 5”, personale di Anceschi, Galleria Pater, Milano, 1960 ▪ “Miriorama 6”, Galleria Pater, Milano, 1960 ▪ “Miriorama 7”, Seconda dichiarazione, Galleria San Matteo, Genova, 1960 ▪ “Miriorama 8”, galleria Danese, Milano, 1960 ▪ “Miriorama 9”, Minami Gallery, Tokyo, 1961 ▪ “Miriorama 10”, galleria La Salita, Roma, 1961 ▪ “Miriorama 11”, studio del Gruppo N, Padova, 1962 ▪ “Miriorama 12”, Galleria del Cavallino, Venezia, 1962 ▪ “Miriorama 13”, Galleria del Naviglio, Milano, 19631964 ▪ “Miriorama 14”, studio f, Ulm, 1964.
Miriorama posters and leaflets: Gruppo T, Dichiarazione Miriorama 1, Galleria Pater, Milan, 1960 ▪ Miriorama 2, Boriani’s solo exhibition, Galleria Pater, Milan, 1960 ▪ Miriorama 3, Devecchi’ solo exhibition, Galleria Pater, Milan, 1960 ▪ Miriorama 4, Colombo’s solo exhibition, Galleria Pater, Milan, 1960 ▪ Miriorama 5, Anceschi’s solo exhibition, Galleria Pater, Milan, 1960 ▪ Miriorama 6, Galleria Pater, Milan, 1960 ▪ Miriorama 7, Second statement, Galleria San Matteo, Genoa, 1960 ▪ Miriorama 8, Danese gallery, Milan, 1960 ▪ Miriorama 9, Minami Gallery, Tokyo, 1961 ▪ Miriorama 10, La Salita gallery, Rome, 1961 ▪ Miriorama 11, studio del Gruppo N, Padua, 1962 ▪ Miriorama 12, Galleria del Cavallino, Venice, 1962 ▪ Miriorama 13, Galleria del Naviglio, Milan, 1963-1964 ▪ Miriorama 14, studio f, Ulm, 1964.
Fontana che comprava le loro opere, una grande azienda
recenti la rassegna “Carte Blanche” del Palais de Tokyo nata nel
come Olivetti che produceva le loro mostre, Munari che le
2007 da un’idea di Marc-Olivier Wahler e The Artist as Curator, a cu-
organizzava. Nel 1962 nel negozio Olivetti in Galleria Vitto-
ra di Elena Filipovic, Mousse Publishing, 2013-2015.
rio Emanuele a Milano, si inaugura “Arte programmata. Arte
7 E qui sveliamo un segreto dello spirito dadaista che guizzava nel
cinetica. Opere moltiplicate. Opera aperta” con le opere di
gruppo, pungolato dal costo proibitivo a quei tempi dei cliché:
Munari – che ne è anche il curatore –, Mari, del Gruppo T e
la didascalia della foto recita spudoratamente «Boriani, Colom-
del Gruppo N. Il testo in catalogo è di Umberto Eco: «Non so
bo, Anceschi, Devecchi a Bellinzona», ma il giovanotto reclinato
bene come abbia fatto, ma è sempre stata l’arte, per prima,
in avanti che dovrebbe essere Anceschi in realtà è Kiki Berta che
a modificare il nostro modo di pensare, di vedere, di sentire, prima ancora, certe volte cento anni prima, che si riuscisse a capire che bisogno c’era». A proposito dell’arte che è tornata a cercarli.
aveva fatto tempo prima una mostra con gli altri. 8 Nessuna delle opere esposte nelle prime sei mostre “Miriorama” aveva motore. Le uniche apparecchiature elettriche erano le elettrocalamite di Boriani – erano autocostruite, per cui dopo un po’ ronzavano e fumavano – e il vibratore di un campanello elettrico, ma senza suoneria, inserito da Devecchi dietro a una Superficie in
Note
40
vibrazione esposta nella sua personale “Miriorama 3”.
1 G. Balla, F. Depero, Ricostruzione futurista dell’universo, 11 marzo 1915.
9 È stato proprio Gillo Dorfles a dire a Luciano Anceschi: «Ho un
2 «L’aut aut era fatto più che altro per tagliare fuori non l’arte e nep-
amico argentino che è rettore di una scuola in Germania che po-
pure l’arte cinetica in sé – per la quale il cuore dinamista e velo-
trebbe essere giusta per il Giovannino». Parlava della Hochschule
cista di Pierino, del quale si sussurrava che avesse partecipato a
für Gestaltung di Ulm, l’“amico argentino” era Tomás Maldonado.
una mostra futurista, non poteva non battere – ma per esclude-
10 Tranne Anceschi, che si fa vanto di non aver mai fatto una perso-
re quella organizzazione, quella “gang giovanile”, quella struttura
nale dopo “Miriorama 5”.
concorrenziale alla famiglia che rischiava di essere ed era il Grup-
11 «La schematizzazione (accanto ad altre forme come la constata-
po T. […] Una coercizione, quella esercitata da Pierino e che fini-
zione quantitativa, la registrazione ecc.) è una delle forme possibili
rà per portare Gabriele “dentro all’argento”, che testimoniava so-
di oggettivazione. E oggettivare è ancora dire poco, perché il met-
prattutto la speranza e la fedeltà all’ideale di una dinastia artigia-
tere in comune le informazioni andrebbe piuttosto, con maggio-
na.» G. Anceschi, “Una dinastia”, in T. Faravelli Giacobone (a c. di),
re sottigliezza terminologica, chiamato inter-soggettivare, se la
La lingua degli specchi. L’atelier Devecchi. 50 anni di storia dell’argento,
parola non fosse un bruttissimo neologismo. E l’intersoggettività,
Electa, Milano 1997, p. 9.
cioè la compresenza confrontabile dei dati e la loro condivisione e
3 Boriani poi nell’ultimo capitolo dell’Ulisse di Joyce, il flusso di co-
la loro accessibilità da parte dei partner è la conditio sine qua non per
scienza di Molly, ha trovato un riferimento a un “Myriorama di Po-
l’effettività, se non per l’esistenza tout court, di un dialogo e di una
ole”: «[…] e lui che non era sposato da molto a fare il pollo con una
critica». G. Anceschi, “Confini: design e arte”, in aa.vv., Made in iuav
ragazzina al Myriorama di Poole» (J. Joyce, Ulisse, Arnoldo Monda-
01>08. L’università del design fra ricerca e progetto, cat. mostra (14 set-
dori Editore, Milano 1960).
tembre - 2 novembre 2008, xi Biennale di architettura, Arsenale
4 Da “Miriorama 7”, aprile 1960, allo spettacolo Off Off al Teatro Manzoni di Milano, settembre 1969, fino all’happening organizzato ad Asolo nel 2004 con un tubo lungo cinquecento metri.
Novissimo, Spazio Thetis), Dindi Editore, Udine 2008, p. 50. 12 Come nel corso di basic design di Giovanni Anceschi che promette di insegnare la competenza che rappresenta il cuore della discipli-
5 Come dice Giovanni Anceschi, che ha sempre riconosciuto al
na e cioè la capacità di attribuire una precisa configurazione a og-
Gruppo T la capacità di pensare l’artista come un intellettuale.
getti, comunicati, processi ed eventi. Le conoscenze non vengono
6 Il tema dell’“artista come curatore” è attualissimo e stimola il di-
trasmesse in modo deduttivo ma vengono fatte scoprire indut-
battito contemporaneo sulla pratica curatoriale. Tra i progetti
tivamente attraverso una serie di esercitazioni, ciascuna dedica-