Ettore Sottsass Tornano sempre le primavere, no? Spring always comes round again, doesn’t it ?
Giuseppe Varchetta
Happiness and melancholia were the two extremes that marked the life and artistic career of Ettore Sottsass: happiness at having experienced the lost but ever-present paradise of childhood; sorrow at not being able to return there, not being able to stop time. The organisational psychologist and photographer Giuseppe Varchetta started photographing Ettore Sottsass in 1978, when the designer was already sixty, and continued to do so for the rest of his life. In this discreet, attentive, at times intimate account, Varchetta examines his friend’s face and follows his gradual changes, capturing all the nuances of that mournful expression, and, beyond the sadness, a smile that was an explosion of empathy.
Ettore Sottsass
Felicità e malinconia sono gli estremi entro cui si colloca tutta l’avventura umana e artistica di Ettore Sottsass: felicità di essere appartenuto a un Eden perduto eppure sempre presente, che è l’infanzia, e insieme malinconia per non poterlo rivivere, non poter fermare il tempo. Giuseppe Varchetta, psicologo dell’organizzazione e fotografo, comincia a fotografare Ettore Sottsass nel 1978, quando il designer ha già sessant’anni, e lo segue sino agli ultimi giorni. In un racconto discreto, attento, a tratti intimo, Varchetta scruta per trent’anni il viso dell’amico e lo accompagna nel suo mutamento progressivo, cogliendo con acutezza le sfumature della sua malinconia e, al di là della tristezza, il suo sorriso così simile a un’esplosione di empatica energia.
Ritratti di / Portraits by
Giuseppe Varchetta
isbn 978-88-6010-106-8
Testi di / Texts by Marco Belpoliti Hans Ulrich Obrist Michele De Lucchi
© 2013 Johan & Levi Editore Progetto grafico / Graphic Design Paola Lenarduzzi Traduzione all’inglese / English Translation Anna Carruthers Stampa / Printing Arti Grafiche Bianca & Volta Truccazzano (mi) Finito di stampare nel mese di ottobre 2013 Printed in October 2013 isbn 978-88- 6010-106-8 Johan & Levi Editore www.johanandlevi.com Testi / Texts © Gli autori / The Authors Fotografie / Photographs © Giuseppe Varchetta Il presente volume è coperto da diritto d’autore e nessuna parte di esso può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti d’autore. This book is protected by copyright. No part of this publication may be reproduced, stored in a retrieval system, or transmitted in any form or by any means without the prior permission in writing of copyright holders and of the publisher.
Et tore Sot tsass Tornano sempre le primavere, no? Spring always comes round again, doesn’t it?
Ritratti di / Portraits by
Giuseppe Varchetta
Testi di / Texts by Marco Belpoliti Hans Ulrich Obrist Michele De Lucchi
8 Marco Belpoliti Per felicità Out of Happiness
17 Giuseppe Varchetta Ritratti Portraits
96 Hans Ulrich Obrist Intervista a Sottsass Interview to Sottsass
117 MIchele De Lucchi Caro Ettore Dear Ettore
118 Nota dell’autore Author’s Note 118 Ringraziamenti Acknowledgements
A Barbara Radice e a Nena e Guido Allavena To Barbara and to Nena and Guido Allavena
Marco Belpoliti
Per felicità
La canoa scende il fiume Menam Chao Phraya in Thailandia.
Ettore scopre che lui non è più l’universo, che ora sono in due:
Giorno caldissimo. Sull’imbarcazione Barbara ed Ettore.
lui e l’universo; cui segue un’altra, fondamentale rivelazione.
Hanno mangiato a una trattoria all’aperto, lungo il corso
C’è un terzo: gli altri. Oltre all’universo, c’è infatti la gente
d’acqua, un pesce appena pescato, bevuto tè e una specie
intorno a lui. Qui cominciano i problemi. Ettore non è più
di grappa riscaldata. Ettore come drogato dal caldo, dallo
contento. Da quel momento diventano rari i momenti di felicità
scivolare lento dell’imbarcazione, dal pranzo, dalla visione
simili a quelli che ha invece conosciuto nell’infanzia, quando
delle rive, a un certo punto si gira verso Barbara e le dice:
sé e il mondo intorno – sopra, sotto, di fianco, a lato, tutto
«Adesso mi butto nell’acqua e muoio». «Perché vuoi morire?»
attorno: non c’era separazione – erano una sola cosa, un’unità
gli chiede lei. «Perché non sarò mai più così contento come
indivisa. Gli resta di quel periodo un ricordo, la visione
sono adesso.» Lei si gira, gli sorride e gli mette la mano sulla
dell’uomo dalla capigliatura rossa che suona la fisarmonica
spalla. L’episodio è raccontato in quella sorta di autobiografia-
per lui camminando attraverso il bosco. La ricerca della felicità
testamento che è Scritto di notte, pubblicata tre anni dopo
diventa da quel momento la molla segreta del suo fare – non
la scomparsa di Ettore Sottsass, in modo icastico, cui segue,
lavoro, non opera, ma proprio fare, nel senso primigenio del
nella medesima pagina, con lo stacco di una riga bianca, il
termine, come quando Dio domanda a Adamo ed Eva nel
commento dell’autore: «Ma sono rari i suicidi per felicità».
Paradiso Terrestre: «Cosa avete fatto?».
In queste poche battute è racchiuso tutto il segreto di
Da quel momento la malinconia comincia ad abitare la sua
quest’uomo che è stato un grande artista, designer, architetto,
persona, e a palesarsi sul suo volto. Giuseppe Varchetta
progettista, senza che nessuna di queste attività, che pure
ha cominciato a fotografare Sottsass nel 1978, quando il
l’hanno reso famoso nel mondo, abbia completamente esaurito
designer ha già sessant’anni; lo segue sino agli ultimi giorni. La
la sua personalità di uomo. Felicità e malinconia sono infatti
malinconia ormai si è fissata sul suo viso. Lo scrive Varchetta,
gli estremi entro cui si colloca tutta la sua avventura, non solo
che non a caso, prima ancora che fotografo, è uno psicologo
artistica, ma appunto umana. La felicità di essere appartenuto
specializzato nell’organizzazione aziendale, ovvero uno che
a una sorta di Eden, perduto, eppure sempre presente, che
guarda gli uomini, per capire cosa fanno e soprattutto cosa
è l’infanzia, e insieme la malinconia per non poter risalire a
potranno fare.
ritroso l’intero percorso della propria esistenza, non tanto e
Lo coglie in uno scatto mentre solleva i sopraccigli, mentre
non solo per raccontarlo, come fa in realtà in Scritto di notte,
tre lunghe rughe segnano la sua fronte, gli occhiali da
bensì per riviverlo da capo. Presenza e distacco, passato e
presbite appoggiati sul naso e scivolati un po’ verso il basso,
presente: coppie di opposti che convivono.
i baffi bianchi e gli occhi che rivelano perplessità, ma non
In un’altra pagina del diario a posteriori della propria
scetticismo, come subito annota nel commento Varchetta.
vita Sottsass racconta il fondamentale costruirsi della sua
Una malinconia ricca di compassione, aggiunge il fotografo
personalità con una stupefacente lievità, processo primigenio
e psicologo. Per che cosa? Prima di tutto per se stesso, per
che appartiene contemporaneamente alla poesia e alla
la propria persona, come emerge anche dalle note di Scritto
psicologia. A un certo punto della sua esistenza, negli anni
di notte, testo redatto negli ultimi anni della sua vita, che fa
infantili trascorsi tra le montagne dell’Austria e del Trentino,
trasparire una nostalgia incredibile per il proprio passato.
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Out of Happiness
The canoe was plying the Menam Chao Phraya river in
universe, there were other people around him. This was
Thailand. It was a scorching day. On board were Barbara and
where the problems started. Ettore was happy no longer, and
Ettore. They had just eaten at an open-air restaurant, washed
from that moment on his moments of contentment were to be
down with tea and a kind of warm grappa. Ettore was groggy
rare, resembling those of his childhood, when there was no
with the heat, the gliding movement of the boat, the lunch, the
separation between himself and the world around him—above,
sight of the riverbanks, and at one point he turned to Barbara
below, beside, all around—when they were one and the same
and said: “Now I’m going to jump in there and drown”. “Why
thing, a single entity. He kept an abiding memory of that
do you want to die?”, she asked him. “Because I’ll never be
period, the vision of a red-haired man playing the accordion
this happy again”. She turned to him, smiled and put a hand
for him as they walk together through a forest. From then on
on his shoulder. This episode is incisively recounted in the
his search for happiness became the secret driving force of all
autobiography-testament Scritto di notte, published three years
he did—not just his work, or his art, but all his deeds, in the
after the death of Ettore Sottsass, followed on the same page,
primitive sense of the term, like in the garden of Eden when
after a one-line break, by his comment: “But few people commit
God asks Adam and Eve: “What have you done?”.
suicide out of happiness”.
From that moment on sadness entered his life and began to
This short passage encapsulates the secret of a man, a world
manifest itself on his face. Giuseppe Varchetta began
famous artist, designer and architect, who nonetheless had a
photographing Sottsass in 1978, when the designer was
personality that went beyond any of his callings.
already sixty, and continued to do so until the end. Sadness
Happiness and melancholy were the two poles of his existence,
had long accompanied Ettore and was etched on his face. This
in both art and life. The happiness of having experienced a
is what Varchetta writes, and it is no coincidence that
sort of paradise, his childhood, that was lost to him yet ever-
Varchetta, apart from being a photographer, was a
present in his life, and the sadness of not being able to retrace
psychologist specialised in business organisation, namely
his life’s path, not so much and not only in order to recount
someone who looks at people to understand what they do, and
it, as he does in Scritto di notte, but actually to experience it
above all what they are capable of.
over again. Engagement and detachment, past and present;
In one shot he captures Sottsass raising his eyebrows, with
opposites that coexist.
three long wrinkles marking his forehead and his reading
On another page of his retrospective diary, Sottsass talks
glasses slipping down his nose, his white moustache and his
about the early construction of his personality with astounding
eyes revealing an expression of perplexity, but not scepticism,
levity, depicting an elemental process that straddles poetry and
as Varchetta immediately notes in his comments. It is a
psychology. At a certain point in his life, during a childhood
melancholy infused with compassion, adds the photographer
spent among the mountains of Austria and South Tyrol, he
and psychologist. But compassion for what? First and foremost
made the discovery that he was no longer at one with the
for himself, as also emerges in the notes for Scritto di notte, the
universe, that there were two separate entities, himself and
book Sottsass wrote during the closing years of his life, and
the universe. This was followed by another vital revelation.
that expresses an incredible nostalgia for his past.
There was a third presence: other people. As well as the
Or rather, for his past self. Indeed what comes through in
9
Marco Belpoliti — Per felicità
Meglio: per il proprio sé passato. In effetti, quello che si coglie
del tram su cui va esplorando la sua nuova città, dove il padre
nello sguardo di Sottsass in questa immagine di Varchetta degli
si è trasferito con la famiglia. Vuole, lo scrive, fermare il tempo,
anni ottanta, come in altre del libro, non è solo la malinconia,
o almeno così spera.
l’espressione di una tristezza, bensì la nostalgia, quella che
Qui ha probabilmente origine non solo quella particolare
nasce dal “dolore del ritorno”, come indica l’etimo della parola.
espressione che poi si fisserà sul suo volto, ma anche la stessa
Ma c’è un aspetto fisico che questi scatti rivelano meglio: la
inclinazione artistica che lo connoterà nei decenni a seguire.
forma del volto di Sottsass, la configurazione degli occhi, dei
La sua arte è una forma elaborata di collezionismo: raccolta di
sopraccigli e delle palpebre, in particolare, con il passare degli
forme, immagini, idee, materie, segni, e altro ancora. Il tutto
anni pare accentuare questa tristezza, come è stato osservato
come remunerazione a posteriori degli addii detti dagli altri,
da altri. La nostalgia: un giovane medico svizzero, Johannes
e poi da lui stesso. Una ricompensa in forma di colore, segno,
Hoffer, alla fine del Seicento nella sua dissertazione ha
materia, idee. Colleziona dal mondo intorno a lui ciò che
descritto per primo questa malattia dell’umore, che provocava
meglio gli serve per fermare il tempo. «Non sono mai riuscito
persino problemi psichici nei soldati del suo paese, costretti a
a fermare il tempo anche se ho sempre provato» annota subito
emigrare per servire negli eserciti mercenari europei; alcuni di
dopo aver parlato degli addii, del dente estratto, dei biglietti
loro si consumavano in quel dolore lontano dalle valli alpine
del tram e del quaderno in Scritto di notte. Il suo desiderio di
d’origine, fino a morirne. Nostalgia come “dolore del ritorno”.
lasciare segni, di fare segni, ovunque, anche in modo a volte
Ma a cosa voleva ritornare Ettore Sottsass? Non è facile dirlo.
invisibile, o inafferrabile, trae origine da questo bisogno di
Proprio nelle prime pagine del suo racconto autobiografico,
fermare il tempo, di fissarlo. L’arte di Ettore Sottsass è fatta di
che mi appare il miglior commento a queste stesse immagini
una materia imprendibile, come i suoi affascinanti acquerelli; il
di Varchetta, insieme alle postille, le note e gli appunti, redatti
suo lavoro di designer – il design, in generale, o almeno quello
accanto agli scatti dal fotografo, Sottsass parla del dolore
che si è fatto e ancora si fa in Italia – non è solo il prodotto
degli addii.
geniale del nostro paese, dei suoi artigiani, delle piccole
Da piccolo, scrive, non si era reso conto di come «la vita
industrie, ma è, come la vita di Sottsass mostra molto bene, un
fosse un luogo affollato di addii». Subiva senza sapere le
racconto di storie, di sogni, che prendono la forma provvisoria
conseguenze di questo distacco. Ma quando si è fatto un
di oggetti.
giovanotto, un bel ragazzo, e comincia ad amare, si rende
Ludwig Binswanger, psichiatra svizzero e filosofo, in un libro
conto che gli addii sono un fatto comune nella vita, cui,
pionieristico dell’inizio del Novecento, Melanconia e mania,
tuttavia, fa fatica a adattarsi. Lo intristiscono, e addolorano
ha spiegato come il problema del tempo sia la principale
in particolare quelli che definisce “gli addii del non ritorno”.
ossessione dei melanconici, e di coloro che costruiscono
Ricorda un dettaglio illuminante: il dentista gli strappa con
collezioni di varia natura e forma. Il futuro è visto dai
forza un grande dente. Il piccolo Ettore pensa: “Questo dente
melanconici come una sostanziale perdita di godimento,
non lo avrò più”. Trasferitosi a Torino dalle sue montagne,
come una forma di fallimento. Può risultare davvero strano
dalla Innsbruck dei nonni materni, reagisce alla nostalgia
parlare di Sottsass come di colui che non si trova a proprio
collezionando. Attacca sulle pagine di un quaderno i biglietti
agio con il futuro; proprio lui che ha manifestato una continua
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Marco Belpoliti — Out of Happiness
Sottsass’ expression in this photograph taken by Varchetta
This is probably the origin not only of the expression destined
in the 1980s, and others in the book, is not just sadness, but
to characterise his face, but also the artistic inclination he was
nostalgia, “a painful longing to return” as per its etymology.
to be known for in the coming decades. His art is an elaborate
And these photos reveal a physical aspect—Sottsass’ face, and
form of collecting: collecting forms, images, ideas, matter,
the set of his eyes, eyebrows and eyelids in particular—that
signs and more. All like a kind of retroactive compensation for
appears to accentuate this sadness over the years, as others
the goodbyes of others, and his own. From the world around
have observed. Nostalgia: at the end of the seventeenth century
him he collected what he most needed to stop time.
a young Swiss doctor wrote a dissertation on this psychological
“I never succeeded in stopping time, though I always tried to”,
condition afflicting Swiss soldiers forced to go abroad to fight
he notes immediately after talking about his goodbyes, the
in Europe’s mercenary armies; far from the Alpine valleys they
extracted tooth, the tram tickets and the notebook in Scritto di
called home some of them suffered to the point of actually
notte. His desire to leave traces, to make a mark, anywhere,
dying from this “yearning to return”. But what did Ettore Sottsass
sometimes even invisibly, or elusively, originates from this need
want to return to? It is not easy to say. In the opening pages of
to stop time, to hold it still. Ettore Sottsass’ art is made of an
his autobiographical work—the finest accompaniment to these
indefinable matter, like his fascinating watercolours; his design
images of Varchetta’s, together with the jottings, notes and
work—and design in general, or at least the design that was
comments shown alongside the photos—Sottsass talks about the
and is still being produced in Italy—is not just the ingenious
pain of goodbyes.
product of our country, its artisans and its small companies,
When Ettore was small, he writes, he didn’t immediately
but is, as Sottsass’ life shows so well, about telling stories and
realise that “life was a place crowded with goodbyes”. He
dreams that take the temporary form of objects.
suffered without understanding the consequences of parting.
In the pioneering book Melancholy and Mania, the Swiss
But as a young man, and a handsome one at that, having his
psychiatrist and philosopher Ludwig Binswanger explained how
first experiences of love, he realised that goodbyes were a
the problem of time is the main obsession of the melancholy,
frequent fact of life, no matter how hard he found it to accept
of those who create collections of various kinds and forms.
them. Goodbyes always saddened him, and what he found
The melancholy see the future as a basic loss of enjoyment,
particularly painful were what he called “goodbyes with no
a form of failure. It might sound very strange to be talking
return”. He remembers a revelatory detail: a dentist forcibly
about Sottsass as someone not at ease with the future, the very
pulling out a big tooth. The young Ettore thought: “I’ll never
man who exhibited such incessant, fervent creative energy.
have that tooth back”. After moving to Turin from his home in
Yet nostalgia, like melancholy, in no way precludes action.
the mountains, from his maternal grandparents in Innsbruck, he
There are melancholy dispositions inclined to inactivity, to
channelled his feelings of nostalgia into creating a collection.
non-action, and others which develop, or demand forms of
He started an album, sticking in the tickets from the tram
hyper-productive activity. Ettore Sottsass’ sadness was infused
journeys taken when exploring the new city where his father
with this kind of activism, an immense capacity for work, an
had moved the family. He writes that he wanted to stop time,
intensity that was not however a quest for the future, a bridge
or at least that was what he hoped to do.
towards the time to come, or even a movement to capture the
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Marco Belpoliti — Per felicità
e indefessa energia creativa. Tuttavia la nostalgia, alla pari
E sincera commozione suscitano anche le immagini del
della malinconia, non sono per nulla contrarie all’azione. Ci
fotografo che accompagnano Sottsass negli ultimi trent’anni,
sono inclinazioni malinconiche che spingono all’inattività, alla
quando, proprio a partire dalla mostra “Memphis” del 1981, il
non-azione, e altre che sviluppano, o esigono come reazione,
suo talento e la sua importanza nel campo del design vengono
forme di attività iperproduttive. La tristezza di Ettore Sottsass
sancite in forma evidente, attraverso quella esposizione.
si è coniugata con questa forma di attivismo, di fantastica
Questi scatti costituiscono un racconto intimo, ravvicinato,
capacità di lavoro, un’intensità che tuttavia non è ricerca
persino devoto, nel momento della notorietà di Ettore Sottsass, e
del futuro, ponte gettato verso il tempo che sta per arrivare,
insieme il racconto del distacco da ogni riconoscimento sociale
e neppure movimento per cogliere il presente, per renderlo
da parte di quel bambino che tanti anni prima collezionava
attuale, bensì modo per risalire verso il passato, per ritornare
biglietti del tram. Nelle pagine dell’autobiografia Sottsass ne
al tempo precedente l’addio, per ricongiungersi con il proprio
parla quasi di sfuggita, prendendo le distanze dal suo momento
sé bambino, con quell’unità indissolubile di io, universo e altri,
di gloria, ritornando invece, come nell’intervista con Obrist,
come Ettore aveva sperimentato tra i boschi e le montagne
sugli inizi. Varchetta si è avvicinato a quel periodo della vita di
della sua terra nativa.
Sottsass in punta di piedi, eppure con ostinata passione visiva;
L’Eden promesso che alimenta il suo fare non è dunque davanti
scruta il viso dell’amico e lo accompagna nel suo mutamento
a sé, ma dietro le sue spalle, nel passato, fonte primigenia
progressivo in un racconto che a tratti sconfina nell’intimità,
di sentimenti totalizzanti e assoluti, cui si rivolge ogni segno
quella intimità cui Sottsass con gesto infantile dischiude di
tracciato dopo di allora, su quaderni infantili o album di
colpo, e di colpo richiude, al suo fotografo, così come fa con
adulto, su tavole di lavoro o ceramiche da cuocere, su riviste
il lettore dell’autobiografia. Vuole farsi conoscere, è indubbio,
da editare, libri da stampare. Anche l’attività fotografica, in
ma al tempo stesso si nasconde, prima di tutto a se stesso, pur
cui Sottsass è stato costante nel corso della sua vita – fissare
rivelando in modo inatteso il suo segreto di uomo e artista. Le
l’attimo fuggente, il momento felice, visivamente felice –, è un
prime righe del diario postumo recitano così: «Chi tiene nelle
modo per attingere a quel passato, per riprodurlo nel presente,
mani questo libro tiene nelle mani (forse) un uomo nudo, tutt’al
costruendo un ponte tra immagini e parole, tra pensieri
più con le mutande». Una frase spiritosa e insieme sincera, che
dell’occhio e della mente. Disegnare, scrivere, progettare,
ci dice come la nudità per Sottsass consista nella rivelazione
fotografare, manipolare, e altro ancora sono per Ettore
del proprio io quale principio organizzatore dell’universo,
Sottsass tutte azioni di riconquista dell’Eden, ben sapendo
del suo universo, e non in fatti o avvenimenti – ci sono anche
che il Paradiso è perduto – mentre perduta non lo sarà mai
quelli. È la storia del suo stesso sentire. Le mutande sono il
la nostalgia di quell’Eden. Da qui la malinconia come azione
simbolo, o metafora, dell’incessante pudore che permane come
seconda, luogo d’approdo cui lo destina quella compassione
sottrazione, distanza, gesto di allontanamento, anche là dove
di sé e del mondo che Varchetta sa cogliere con acutezza
mostra il proprio Self più scoperto.
con la sua macchina fotografica sul viso dell’amico e maestro.
Il pudore insieme alla nostalgia e alla malinconia è l’altro
L’empatico allargarsi al resto del mondo, scrive Varchetta, di cui
elemento che emerge da questi ritratti d’intimità. Varchetta lo
le pagine di Scritto di notte sono il diario commuovente.
ritrae quasi sempre di scorcio, di lato. Sottsass non guarda mai
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Marco Belpoliti — Out of Happiness
present and make it current, but a way to return to the past, to
his moment of glory and going back to his early days, as he
go back to the time before goodbyes, to be reunited with his
does in the interview with Obrist. Varchetta approached that
childhood persona, with that inseparable entity of the self, the
time in Sottsass’ life with great discretion but tenacious visual
universe and others that Ettore experienced among the woods
passion; he examined his friend’s face and accompanied him
and mountains of his homeland.
as he gradually changed, in an account that at times verges on
The promised land that inspired his work was therefore not in
intimacy, that intimacy that Sottsass, with a childlike gesture,
front of him, but behind him, in the past, a primeval source
reveals to his photographer all at once and then covers up
of overwhelming, absolute emotions that resonate in every
again, just as he does to the reader of his autobiography.
sign he made after that, in his childhood notebooks or adult
He wants to make himself known, that much is sure, but at the
albums, at his drafting table or on ceramics ready to be fired,
same time he hides, first and foremost from himself, albeit with
magazines to edit, books to print. And his photography too,
sudden revelations of his secrets as man and artist. The first
a constant presence in his life—a way to capture a fleeing
few lines of his posthumous diary read: “Those holding this
moment, an instant of happiness, visible happiness—was an
book in their hands are (perhaps) holding a man laid bare, or
attempt to connect up to that past, reproduce it in the present,
at least stripped down to his pants”. An irreverent yet sincere
and build a bridge between images and words, thoughts of
phrase that shows us how for Sottsass nudity consists in the
the eye and the mind. For Ettore Sottsass drawing, writing,
revelation of the self as the principle that lends order to the
designing, photographing, manipulating and other activities
universe, his universe, and not in facts or events—though those
were all ways to recapture his lost paradise, well aware that
are present too.
it was indeed lost forever, unlike his continued nostalgia for
It is the story of his emotions. Those pants are the symbol, or
it. This is what sparked his melancholy as a second action,
metaphor, of his enduring reserve, which lingers in the form
prompted by that compassion for himself and the world that
of evasion, distance, a gesture of detachment, even when he
Varchetta captured so perceptively on the face of his friend
is at his most unguarded. Reserve, together with nostalgia
and teacher. An empathetic vision that extended to encompass
and melancholy, is the other element that emerges from these
the rest of the world, as Varchetta writes, and as is movingly
intimate portraits. Varchetta almost always photographs him
recorded on the pages of Scritto di notte. And equally moving
in glimpses, from the side. Sottsass, except in one single
are Varchetta’s images of the last thirty years of Sottsass’
shot, never looks straight at the camera. The intimacy of the
life, from the “Memphis” exhibition of 1981, the official
photographer consists in this sidelong glance, the quest for
confirmation of his talent and renown in the design field.
a discreet, attentive contact, the polar opposite of the forms
These photographs are an intimate, close-up, even devoted
of intimacy that have come to dominate various levels of
account of Ettore Sottsass at the height of his fame, and at
society today: as psychologists remind us, narcissism is one
the same time a record of the detachment from any kind of
of the prevailing emotional experiences of the new era. The
social acknowledgement of that child who collected tram
new brand of intimist society we live in “makes the individual
tickets all those years ago. In his autobiography Sottsass
an artist without an art”. In Sottsass’ case it was the exact
talks about his fame as if in passing, taking his distance from
opposite: the art and the person were one and the same thing,
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Marco Belpoliti — Per felicità
– salvo in uno scatto – direttamente verso l’obiettivo. L’intimità
una voce sorniona, beffarda, ironica. Il suo lavoro di designer
del fotografo consiste proprio in questo sguardo accanto.
e artista possiede le medesime qualità, certo più difficili da
Si tratta della ricerca di un contatto discreto, attento, tutto il
cogliere perché non espresse nel linguaggio naturale, nella
contrario dell’intimità oggi dominante a vari livelli nella nostra
lingua che parliamo quotidianamente. La felicità di Sottsass
società, dove il narcisismo, come ci ricordano gli psicologi,
consiste proprio in questa intonazione. Varchetta ci mostra
è diventato una delle esperienze psichiche prevalenti nella
la felicità dell’artista e dell’uomo, il suo sorriso, al di là della
nuova epoca. La società intimista di nuovo tipo che ci circonda
tristezza, un sorriso di felicità così simile a quella paradossale
«fa dell’individuo un artista privo della sua arte». Nel caso di
frase pronunciata sulla canoa thailandese. Un’esplosione di
Sottsass è esattamente il contrario: l’arte e la persona sono
energia.
tutt’uno in lui, come queste foto mostrano con evidenza – diario
In Scritto di notte Sottsass ricorda una frase del suo maestro di
di intimità lungo trent’anni. La parola “intimità” ha un’origine
pittura, Luigi Spazzapan, frequentato lungamente a Torino negli
latina; non è nient’altro che il superlativo di interum, interiore.
anni della formazione: «Quello che c’è di ignoto nella vita uno
Nel corso del Medioevo il termine, usato dai teologi, indicava
ce l’ha nascosto dentro chissà dove. Per trovarlo, per farlo
ciò che era “situato all’interno dell’animo”; poi lentamente
apparire, bisogna raccogliere tutta l’energia a disposizione e
è passato a indicare ciò che c’è di più segreto, di nascosto.
lasciarla andare improvvisamente in una paurosa esplosione».
L’interiorità come intimità. La successiva trasformazione
Ebbene, aggiunge Ettore, quello «che resta quando il fuoco se
della parola ha preso a indicare la natura di un rapporto
n’è andato, quello è l’ignoto che ci resta nelle mani». Un
tra le persone: una strettissima amicizia. Georg Simmel ha
commento perfetto anche per queste bellissime fotografie.
scritto che il termine ha sempre avuto un evidente significato spaziale. Del resto, il senso chiamato a definire, per addizione o per sottrazione, l’intimità è la vista. La sfera dell’intimità è quella che non è sottoposta all’ispezione visiva, allo sguardo, inaccessibile agli altri in generale. Si può parlare riguardo al fare di Sottsass di segni, oggetti, forme sottratte allo spazio visivo? Com’è possibile che un designer istituisca un rapporto non-visivo con il mondo delle cose? Questo è un altro degli aspetti particolari dell’attività artistica di Ettore Sottsass, che è tutt’uno con il suo animo di uomo, con la sua vocazione originaria alla nostalgia. Meglio: per quanto totalmente affidato al campo del visivo – del visibile si dovrebbe dire – l’attività di quest’artista si alimenta di un’intimità con se stessi che confina con l’esercizio dell’ironia, del paradosso. Come ha notato l’anonimo estensore del risvolto di Scritto di notte, Sottsass narratore di se stesso possiede
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Marco Belpoliti — Out of Happiness
as these photos clearly show, images of an intimate, thirty
knows where. To find it, to bring it out, we need to gather
year long diary. The word “intimate” comes from the Latin, the
all the energy we have and let it go all at once, in a great
superlative form of interum, interior. In the Middle Ages the
explosion”. Well, Ettore adds, “when the fire has died down,
term was used by theologians to indicate what was “situated
what is left in our hands is the unknown”. The perfect comment
inside the soul”, before it gradually came to mean simply
to these wonderful photographs.
what is most secret, hidden. Interiority and intimacy. It was later on that the term came to apply to relationships between people, close bonds. Georg Simmel wrote that this word has always had clear spatial implications. In any case the sense that defines intimacy, in terms of presence or absence, is that of sight. The intimate sphere is the dimension not subjected to visual inspection, to the gaze, inaccessible to others in general. In Sottsass’ work can we talk about signs, objects and forms removed from visual space? How can a designer forge a nonvisual rapport with the world of things? This is another of the distinctive aspects of Ettore Sottsass’ art, which merged fully with his identity, his quintessential inclination for nostalgia. Or rather, while being totally immersed in the visual field—or the visible—this artist’s work drew on an intimacy with himself that verges on irony, paradox. As the anonymous writer of the cover flap of Scritto di notte notes, when telling his own story Sottsass adopts an ambiguous, mocking, ironic tone. His work as a designer and artist possesses the same qualities, though this is undoubtedly more difficult to capture because it is not expressed in our natural language, the language we speak on a daily basis. Sottsass finds his fulfilment in this tone. Varchetta shows us the happiness of the artist and the man, his smile beyond the sadness, a smile of contentment that has a great deal in common with his paradoxical utterance on the canoe in Thailand; an explosion of energy. In Scritto di notte Sottsass recalls the words of his painting teacher Luigi Spazzapan, who he frequented at length during his training: “In life the unknown is hidden inside of us, who
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Giuseppe Varchetta
Ritratti Portraits
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Conoscerlo Ho conosciuto Ettore Sottsass nel 1976 insieme a Barbara Radice nella casa di Giorgia ed Ennio Brion, a Milano, dove in quegli anni si potevano fare incontri straordinari. Gli ho subito voluto bene per ciò che di inafferrabile e di fragile mi è parso di cogliere nel suo sguardo, nei suoi tratti, nel suo conversare. Ricordo che subito, durante il nostro primo incontro, mi ha chiesto cosa facessi e alla risposta che lavoravo in una multinazionale e mi occupavo di formazione e sviluppo del personale mi ha gettato uno sguardo insieme di tenerezza e di interesse. La tenerezza poteva rinviare al suo pensare da intellettuale creativo quanto potesse essere gravoso e ripetitivo lavorare una decina d’ore al giorno in un’azienda zeppa di procedure e regolamenti; l’interesse poteva invece rinviare alla sua attenzione, malgrado tutto, per l’organizzazione come esperienza umana, che Ettore ha condiviso e straordinariamente interpretato con il suo lavoro di designer in Olivetti. Mi chiese subito di dargli del tu e mi chiamò subito Pino, come in famiglia e gli amici più intimi. Meeting him I met Ettore Sottsass and Barbara Radice in 1976 at the Milan home of Giorgia and Ennio Brion: you could meet some incredible people in Milan in those days. He grew on me right away: there was something elusive and fragile about his expression, his features, his way of talking. I remember that during that first meeting he asked what I did and when I replied that I worked for a multinational company, doing staff training and development, he looked at me with a mixture of compassion and interest—compassion perhaps due to his opinion, as a creative intellectual, of how stultifying and repetitive it would be to spend ten hours a day conforming to company rules and procedures. The interest in his eyes, in spite of all that, probably stemmed from his attention to organisation as a facet of human experience, an experience he shared and interpreted in his inimitable style during his time as a designer in Olivetti. He immediately invited me to use the informal “tu” form of address and began calling me Pino, as I am known to family and friends.
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Fotografarlo Ho cominciato a fotografarlo anno dopo anno, una sorta di rito tra noi due. A me procurava grande piacere ed Ettore adorava essere fotografato. Gli mandavo le fotografie dopo qualche tempo e immancabilmente ricevevo dei biglietti, delle storie a commento: sempre quella sua scrittura chiara a lettere maiuscole, testi brevi, ma colmi di evocazioni stupite… Era facile percepire, anche attraverso quei frammenti di carta, una quasi completa fusione tra l’uomo e il professionista. In ogni sua manifestazione si poteva cogliere lo spessore, spesso doloroso, di una testimonianza personale: un professionista, un uomo, un inventore intensamente immerso nel proprio lavoro, non interessato ad alcuno statuto formale, perché il problema era la propria trasformazione come persona nella consapevolezza intensa che quel processo dovesse costituire in sé un’esperienza estetica. E l’esperienza estetica è, delle prove umane, quella che più rende evidente la consapevolezza che in essa piacere e sofferenza, successo e caduta, sono inestricabilmente legati tra loro. Photographing him As the years went by, photographing Ettore became a sort of ritual between the two of us. I liked that, and Ettore enjoyed being photographed. I would send him the shots and later I would receive notes, little stories from him: always in that clear handwriting of his, in capital letters, phrases that were short but full of wonderment… It was easy to see, even in those little scraps of paper, the almost complete fusion between the man and the professional. In every side of him you could perceive the often painful burden of his very personal approach: a professional, a man, an inventor, intensely caught up in his work, not interested in any kind of formal status, because the key issue at stake was his own development as an individual, keenly aware that such a process was an aesthetic experience in itself. And of all human trials and tribulations the aesthetic experience is that which most clearly shows how pleasure and pain, rise and fall, are inextricably linked.
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Diapositive «Facciamo così: Marco (Zanini) proietta le diapositive e io commento un po’. Deve essere chiaro che non faccio una conferenza, rispondo solo a domande del pubblico. È meglio così per tutti. Il pubblico vede le immagini, ascolta qualche commento e poi reagisce. Andiamo con la tua macchina e ritorniamo a Milano da Barbara quando tutto sarà finito. Faremo i bravi, pubbliche relazioni, sorrisi, buffet, beviamo un po’ anche.» Andò tutto come da copione: una serata del Progetto Cultura della Banca Agricola Commerciale di Reggio Emilia (oggi credem), voluta da Franco Bizzocchi, l’allora direttore generale, che aveva fatto dell’estetica una leva nella relazione con il mercato. Si tornò molto tardi, nella notte, a Milano. Guidavo piano la mia piccola Citroën. Ettore seduto davanti era silenzioso, ogni tanto canticchiava sottovoce. Marco semiaddormentato dietro. Era una notte di primavera del 1980. Slides “Here’s how we’ll do it: Marco (Zanini) can show the slides and I’ll talk about them. It has to be clear that it’s not a conference, I’ll just be answering questions from the audience. That’s what’s best for all concerned. The audience can see the pictures, listen to a few comments and then respond. We’ll take your car and then go back to Barbara in Milan once it’s finished. We’ll be on our best behaviour: public relations, pleasantries, buffet, and get in a few drinks too.” And it went according to plan, the Progetto Cultura evening staged by the Banca Agricola Commerciale di Reggio Emilia (now Credem), conceived by Franco Bizzocchi, who was its director at the time, and who drew on aesthetics as a factor in market relations. We got back to Milan very late that night, me driving my little Citroën. Ettore, sitting in the front, was quiet, humming to himself every so often. Marco was half asleep in the back. It was a spring evening in 1980.
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Melanconico Lo guardavo ogni tanto, distraendomi dalla guida, provavo a vivisezionare quello sguardo melanconico su se stesso e sul mondo. Mi è sempre piaciuto molto fotografare la sua malinconia. La malinconia quando è scevra da scetticismo, ma ricca di compassione, assume una prospettiva densa, capace di ricomprendere, nel pensare al sé, un empatico allargarsi “al resto del mondo”. Ettore era sempre così, come uomo e come architetto e designer e fotografo e scrittore. Melancholy I always enjoyed photographing that melancholy gaze, Ettore’s wistful view of himself and the world. A form of melancholy devoid of scepticism but infused with compassion gives rise to a depth of perspective: the ability to empathise, to extend one’s thoughts of oneself to encompass “the rest of the world”. Ettore was always like that, as a man, architect, designer, photographer and writer.
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Memphis Quella sera del settembre 1981 l’inaugurazione di “Memphis” bloccò il traffico in corso Europa a Milano. Su “Memphis” si è scritto moltissimo. Quella sera Ettore era felice, appartato e insieme con tutti. Portava una cravatta Memphis sulla camicia bianca. Memphis On 18 September 1981 the opening of “Memphis” blocked the traffic in corso Europa in Milan. A great deal has been written about it. That night Ettore was happy, in a world of his own but there together with everyone else. He wore a white shirt and a Memphis tie.
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